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Sommario del 03/01/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Strage dei copti. Il cardinale Tauran: perversione della religione; evitare collera e indifferenza
  • Padre Lombardi: la solidarietà per le vittime si opponga al disegno di odio che mira a dividere
  • Benedetto XVI e lo "spirito di Assisi": chi cammina verso Dio non può che trasmettere la pace
  • Nomina
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Afghanistan: 2010, l'anno più sanguinoso. A Roma i funerali dell'alpino Matteo Miotto
  • Scissione della Fiat, debutto in Borsa. Attesa per il referendum allo stabilimento di Mirafiori
  • Chiesa e Società

  • Incendiate chiese in Nigeria e nel Caucaso
  • Strage in Egitto. Appello delle Chiese cristiane europee: salvaguardare il diritto di culto
  • India: tentato omicidio di un leader cristiano in Karnataka
  • Pakistan: Asia Bibi ancora in carcere. Il governo arretra sulla legge contro la blasfemia
  • Costa d'Avorio: migliaia di persone in fuga verso Liberia e Guinea
  • Senegal: primo sacerdote di etnia peul, segno della convivenza tra cristiani e musulmani
  • San Salvador: i vescovi chiedono agli ex-combattenti di porre fine all’occupazione della cattedrale
  • Messico: il dramma degli immigrati sottoposti a violenze e sequestri
  • Brasile: Campagna dei vescovi contro la violenza e lo sterminio dei giovani
  • Argentina: i vescovi propongono un patto per vincere l'esclusione sociale
  • Filippine. Il messaggio dei vescovi: "Povertà e violenza non hanno l'ultima parola"
  • Cina: nella diocesi di Hong Kong aperto l’Anno dei Laici
  • In Canada i vescovi intervengono sulla procreazione assistita
  • Irlanda: il cardinale Brady chiede il rinnovamento della fede e della speranza
  • Aibi: in Ucraina 100mila minori abbandonati negli istituti in attesa di adozione
  • Manifestazioni e iniziative a Turku e Tallin, capitali europee della cultura 2011
  • 24 Ore nel Mondo

  • Iraq: donna cristiana uccisa da uomini armati nella sua casa a Baghdad
  • Il Papa e la Santa Sede



    Strage dei copti. Il cardinale Tauran: perversione della religione; evitare collera e indifferenza

    ◊   Tensione in Egitto, dove anche oggi sono previste manifestazioni di protesta della comunità cristiana copta, a tre giorni dalla terribile strage nella notte del 31 dicembre alla chiesa copta di Alessandria d’Egitto che ha provocato la morte di 22 persone e circa cento feriti. Ieri, all’Angelus, condannando tale “vile gesto di morte”, il Papa aveva chiesto ai fedeli di “perseverare nella fede e nella testimonianza di non violenza che ci viene dal Vangelo”. Sulle strage di Alessandria d’Egitto, Romilda Ferrauto ha raccolto la riflessione del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del dicastero vaticano per il Dialogo Interreligioso:

    R. – Le mot qui est venu a mon esprit c’est « abjection », parce-que nous sommes…
    "La parola che mi è venuta in mente è “abiezione”, perché ci troviamo di fronte ad una perversione della religione; nessuna religione può “giustificare” un tale modo di procedere, nella misura in cui questo modo viene a toccare uomini e donne che stanno pregando e che quindi esprimono la dimensione più nobile della persona umana. Questa è stata la mia prima reazione. Poi, io credo che debbano essere evitate due cose: la collera, che è sempre cattiva consigliera, e l’indifferenza. E’ quanto disse Giovanni Paolo II in occasione della crisi dei Balcani: “non abbiamo il diritto di essere indifferenti”. Qual è, allora, la soluzione? La soluzione è il dialogo. Si dice spesso: “guardate dove vi ha portato il vostro dialogo! Questi sono i risultati!”. Noi ci troviamo di fronte alle forze del male: ma il male si vince con il bene. Questo significa che il dialogo dev’essere intensificato, come ha detto il Papa nel suo ultimo messaggio per la Giornata mondiale della pace, citando Paolo VI: “E’ necessario, prima di tutto, dare alla pace armi diverse che non quelle destinate ad uccidere e a sterminare l’umanità”. Sono necessarie prima di tutto le armi ‘morali’, che danno forza e prestigio al diritto internazionale, a cominciare dall’osservanza degli Accordi. Quindi, cerchiamo di mettere in pratica tutte le belle dichiarazioni comuni che abbiamo fatto!". (gf)

    La chiesa copta di Alessandria di Egitto, attaccata il 31 dicembre, era su una lista di obiettivi di attentati di Al Qaeda pubblicata il 2 dicembre da un sito web dove trovano spesso spazio le comunicazioni dell'organizzazione terroristica. Una notizia, diffusa oggi, che porta ancora più in primo piano la questione della sicurezza nelle chiese cristiane in Egitto. Sugli ultimi sviluppi della situazione, ci riferisce Alessandro Gisotti:

    Dolore, paura, rabbia: sono i sentimenti con i quali la comunità cristiana copta sta vivendo questi giorni dopo la strage nella notte di Capodanno ad Alessandria d’Egitto. Ieri, è stata una giornata tesa con scontri tra manifestanti e forze dell’ordine in diverse località del Paese e il ferimento di almeno 40 persone. La tensione resta dunque molto alta, nonostante gli appelli all’unità da parte delle autorità istituzionali e della stampa egiziana. Ieri, migliaia di persone hanno partecipato ai funerali di 12 vittime, al monastero di Mari Mina, mentre sono state rafforzate le misure di sicurezza nelle chiese copte in vista del Natale, che la comunità cristiana celebrerà il 7 gennaio prossimo. Dal canto suo, il nunzio in Egitto, mons. Michael Louis Fitzgerald, ha manifestato al Patriarca copto Shenouda III, le condoglianze e il dolore per le vittime dell’attentato auspicando “la preghiera per la pace, e di non mettersi gli uni contro gli altri, ma di lavorare per l’unità nazionale”. “I cristiani – sottolinea il nunzio all’agenzia Fides – non si sentono abbastanza protetti”. Solidarietà alla comunità copta è giunta anche dal Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill. Intanto, anche in Germania i copti sono purtroppo a rischio. E’ quanto denunciato dal vescovo Anba Damian che ha chiesto protezione per la sua comunità che ha ricevuto minacce da gruppi fondamentalisti islamici.

    Come, dunque, la comunità copta sta vivendo questa terribile prova? Alessandro Gisotti ha raccolto la commossa testimonianza di mons. Barnaba El Soryany, vescovo della diocesi Copto-Ortodossa di San Giorgio a Roma:

    R. - Lutto totale per tutte le Chiese e tutte le persone. Anche l’anno scorso il sei gennaio, proprio nel giorno della festa di Natale, sono stati uccisi altri sei ragazzi. Siamo rimasti malissimo tutti quanti, anche nella comunità locale, qui, a Roma, perché molte persone hanno perso i propri fratelli in Egitto.

    D. - La Chiesa copta è davvero una Chiesa martire ancora oggi ...

    R. - Tutta la sua storia ha offerto tanti martiri e specialmente negli ultimi 30 anni, non è passato un anno senza che venissero offerti martiri per il cristianesimo. Il governo in Egitto lo sapeva già venti, trenta giorni prima, che al Qaeda aveva minacciato dicendo che sarebbe toccato alle chiese copte in Egitto. Loro sanno che nella notte di capodanno si celebra la Messa solenne: perchè non hanno messo guardie di fronte alla chiesa, specialmente davanti a questa chiesa che aveva già subito un attentato?

    D. - Qual è l’appello che lei si sente di fare?

    R. - Io chiedo giustizia. Siamo egiziani a tutti gli effetti, siamo l’origine dell’Egitto, siamo cittadini egiziani. Il nostro Paese noi non lo lasceremo mai. Domenica 9 gennaio faremo una manifestazione a Roma, in Piazza della Repubblica, dall’una e mezzo fino alle tre e mezzo.

    D. – Quindi, l’appello è chiaramente di venire numerosi per esprimere solidarietà ...

    R. – Certo: questo è l’aiuto che i nostri fratelli possono darci! (bf)

    Per una riflessione sul contesto in cui si è verificata la strage di Alessandra, padre Seweryn Wasik, della redazione polacca, ha intervistato il padre gesuita Samir Khalil Samir, docente di Storia della Cultura araba e d'Islamologia presso l'Università “Saint Joseph” di Beirut, in Libano:

    R. – In Egitto, il confronto tra musulmani e cristiani sta crescendo. L’Egitto è sempre stato il centro del pensiero fondamentalista islamico, nato già nel 1928 con i Fratelli musulmani, ma si rinnova e si è rafforzato in questi ultimi tempi a causa della situazione politica del Paese. I Fratelli musulmani approfittano della debolezza sul piano politico interno e della crisi economica per dire: vedete, questi governi laici non vi aiutano. Noi vi aiutiamo! Hanno anche creato centri sociali per aiutare la gente. Poi, usano anche l’argomento internazionale di Israele e degli Stati Uniti per indicare che “questi governi sono alleati con i nostri nemici, mentre noi difendiamo l’islam”. Mirano ad un conflitto politico con il governo e i cristiani sono solo un pretesto, un’occasione per rafforzare la posizione dei fondamentalisti.

    D. – Quali possono essere le conseguenze della strage?

    R. – A livello politico, lo scopo è sempre quello di destabilizzare il governo, e questa sarà una conseguenza; mentre a livello interno, nei rapporti tra cristiani e musulmani, le conseguenze saranno di maggiori conflitti tra di loro, e questo è l’aspetto pericoloso. Già c’era tensione, perché era stato proposto di cancellare le festività natalizie e la maggioranza del popolo ha detto “no: anzi, dobbiamo digiunare e pregare di più per prepararci alla festa del Natale”, che sarà celebrato nella notte tra il 6 e il 7 gennaio, secondo il calendario copto. Un tema che torna spesso nelle parole dei cristiani è quello del martirio; dicono: “Noi siamo stati sempre la Chiesa dei martiri”; ricordano anche che il calendario copto non parte dalla nascita di Cristo, ma dall’inizio dell’ultima persecuzione, quella di Diocleziano nel 284. E si ripete nuovamente che sono la Chiesa dei martiri! E questo è stato ribadito: sono pronti a dare la vita per testimoniare la fede! (gf)

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    Padre Lombardi: la solidarietà per le vittime si opponga al disegno di odio che mira a dividere

    ◊   Sulla vicenda degli attacchi anticristiani in Egitto ascoltiamo la riflessione del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi:

    Nella dichiarazione ufficiale che è stata diffusa dal Grande imam di Al-Hazar egli condanna duramente l’attentato e si è anche recato a portare le sue condoglianze al Papa copto Shenuda, non credo quindi opportuno in un momento così delicato e concitato, e in cui tutti devono essere uniti contro il terrorismo, discutere su altri particolari il cui senso non ci è chiaro.

    Per quanto riguarda la posizione del Papa è chiarissima, come sempre. Condanna radicale della violenza, vicinanza alla comunità orribilmente colpita, preoccupazione per la libertà religiosa delle minoranze cristiane, ma nel contesto della preoccupazione per la libertà religiosa di tutti, non solo dei cristiani, come ha detto nel Messaggio per la giornata della Pace.

    Il Papa ha condannato innumerevoli volte la violenza nei confronti di tutti e non solo dei cristiani, basti ricordare il suo recente discorso al nuovo ambasciatore dell’Iraq presso la Santa Sede, dove parlava proprio delle vittime innocenti della violenza, sia musulmani sia cristiani.

    In questo momento è necessario naturalmente l’impegno di tutti i responsabili per la lotta contro il terrorismo e per la sicurezza delle popolazioni; ma anche l’impegno di tutti gli operatori di pace, di tutte le fedi e di tutte le tendenze per opporsi a un disegno di odio, che evidentemente mira a dividere, a suscitare tensione, odio e conflitto. Occorre quindi che la doverosa solidarietà per i cristiani colpiti non diventi in alcun modo occasione per alimentare un conflitto fra le religioni o le civiltà che sarebbe deleterio.

    L’invito del Papa ad Assisi per il prossimo ottobre dimostra la sua volontà di ribadire il messaggio fondamentale che in nome di Dio non si può fare guerra, ma solo pace. Ma ora, nei prossimi giorni, ricordiamo che fra il 6 e il 7 gennaio i cristiani copti celebrano il Natale. Uniamoci a loro in profonda solidarietà, nella loro sofferenza e nella preghiera per la pace per tutte le loro comunità.

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    Benedetto XVI e lo "spirito di Assisi": chi cammina verso Dio non può che trasmettere la pace

    ◊   “Fare memoria” dello storico Incontro interreligioso di Assisi del 1986, voluto da Giovanni Paolo II, ma anche “rinnovare solennemente l’impegno dei credenti di ogni religione a vivere la propria fede religiosa come servizio per la causa della pace”. Sono gli intendimenti che, in ottobre, guideranno Benedetto XVI alla volta della città francescana, dove avrà luogo un nuovo incontro tra i leader delle maggiori religioni mondiali. In passato, in molte occasioni il Papa ha pronunciato parole ferme e intense sull’importanza, nell’economia della pace mondiale, del ruolo giocato dalla religione. Alessandro De Carolis ne ricorda alcune in questo servizio:

    Quando si è sotto lo sguardo di Dio, non contano le diverse parole o i diversi gesti con i quali gli uomini Gli danno culto, ma il coraggio di quegli uomini di essere nel mondo, diversamente eppure insieme, l’anima di Dio. E’ questo il palpito che batte nel cuore della Chiesa, specie da quando 25 anni fa Giovanni Paolo II ebbe l’intuizione di rendere visibile l’“impossibile”: mettere fianco a fianco, cuore a cuore, le grandi religioni della terra perché fosse visibile agli Stati che l’architrave della pace poggia e poggerà sempre sulle colonne di una fede. Il perché Benedetto XVI lo ha dimostrato con un assunto stringente all’Angelus del primo dell’anno: “Chi è in cammino verso Dio – ha detto – non può non trasmettere pace” e “chi costruisce pace non può non avvicinarsi a Dio”. E’ con questa certezza che il Papa prenderà in ottobre la strada per la città di San Francesco dove tutto è cominciato. Benedetto XVI lo sottolineò con chiarezza anche tre anni fa, il 21 ottobre 2007, mentre si trovava in visita a Napoli in concomitanza con l’incontro “Uomini e religioni” della Comunità di Sant’Egidio, una delle iniziative internazionali più partecipate e longeve prodotte dallo “spirito di Assisi”:

    “Nel rispetto delle differenze delle varie religioni, tutti siamo chiamati a lavorare per la pace e ad un impegno fattivo per promuovere la riconciliazione tra i popoli. E’ questo l’autentico ‘spirito di Assisi’, che si oppone ad ogni forma di violenza e all'abuso della religione quale pretesto per la violenza. Di fronte a un mondo lacerato da conflitti, dove talora si giustifica la violenza in nome di Dio, è importante ribadire che mai le religioni possono diventare veicoli di odio; mai, invocando il nome di Dio, si può arrivare a giustificare il male e la violenza. Al contrario, le religioni possono e devono offrire preziose risorse per costruire un’umanità pacifica, perché parlano di pace al cuore dell’uomo”.

    Lo scenario attuale spesso racconta l’opposto. E cioè che spesso i primi a finire nei bersagli di un kamikaze o di un’autobomba – piazzati per uccidere da chi non crede in Dio o ha trasformato il suo nome nella bandiera di una propria guerra – sono proprio donne e uomini che una fede la posseggono e la nutrono con coerenza. E che magari perdono la vita nel sangue all’uscita da una chiesa o da una moschea. Benedetto XVI lo riconobbe all’inizio dello scorso luglio, ricevendo il nuovo ambasciatore iracheno presso la Santa Sede. Sul punto, le parole di solidarietà del Papa furono inequivocabili: “Negli ultimi anni – constatò – si sono verificati molti atti tragici di violenza commessa contro membri innocenti della popolazione, sia musulmani sia cristiani, atti che come lei ha evidenziato – disse al diplomatico iracheno – sono contrari agli insegnamenti dell'Islam nonché a quelli del cristianesimo”. Ma questo “dolore condiviso – soggiunse Benedetto XVI – può costituire un vincolo profondo, rafforzando la determinazione dei musulmani e dei cristiani a lavorare per la pace e per la riconciliazione”. La storia, proseguì, “ha dimostrato che alcuni degli incentivi più potenti per superare la divisione derivano dall'esempio di quegli uomini e di quelle donne che, avendo scelto la via coraggiosa della testimonianza non violenta di valori più elevati, sono morti a causa di atti codardi di violenza”.

    Vigliacchi che causano morte nel nome del Dio che è vita e sconosciuti eroi che sfidano il rischio di perderla pur di non tradire la fede nel loro Dio: è in questo scontro – non di civiltà, come sbrigativamente si dice, ma fra chi ha scelto gli interessi dell’odio e chi quelli dell’uomo e di Dio – che si consumano i destini del mondo. Tutto questo, il Papa lo porterà ad Assisi che, a riprova di quanto detto, da 25 anni è epicentro di pace internazionale non solo religiosa. Lo ricorda il portavoce del Sacro Convento della città francescana, padre Enzo Fortunato, intervistato dalla collega della redazione spagnola della nostra emittente, Cecilia Avolio de Malak:

    “Penso al 1986, in piena Guerra fredda, e a come quell’incontro fu foriero di pace: ci fu distensione subito dopo. Penso all’incontro per la Bosnia-Erzegovina, nel ’93: dopo l’incontro con ebrei, musulmani e cristiani in Assisi, ci fu la pace. E così anche nel 2002: l’incontro con tutti i leader religiosi, dopo i terribili attentati alle Twin Tower, la testimonianza che Dio non viene più invocato come Colui che veste l’uomo per andare in guerra, ma lo veste per portare la pace”.

    Le campane hanno suonato “a distesa e a lungo” all’annuncio del futuro arrivo di Benedetto XVI, ha raccontato padre Enzo. E certamente hanno portato lontano l’eco dello “spirito di Assisi” e dei desideri del Papa:

    “Auspico vivamente che questo spirito si diffonda sempre più soprattutto là dove più forti sono le tensioni, là dove la libertà e il rispetto per l'altro vengono negati e uomini e donne soffrono per le conseguenze dell’intolleranza e dell’incomprensione”.

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    Nomina

    ◊   Benedetto XVI ha nominato vescovo ausiliare dell’Ordinariato Militare per gli Stati Uniti d’America il rev. Neal J. Buckon, del clero della diocesi di Cleveland, finora cappellano militare in Corea, assegnandogli la sede titolare vescovile di Vissalsa. Il rev. Neal J. Buckon è nato il 3 settembre 1953 a Columbus (Ohio) ed è cresciuto a Cleveland (Ohio). Ha ottenuto il "B.S." in Biologia presso la "John Carroll University" a University Heights (Ohio). Dal 1975 al 1982, ha prestato servizio nella Forza Armata U.S.A., in seguito ha ottenuto il "B.A." in Storia presso la "Cleveland State University". Ha seguito gli studi filosofici presso il "Borromeo College" a Wycliffe (Ohio) e quelli teologici presso il "St. Mary’s Seminary" a Cleveland. È stato ordinato sacerdote il 25 maggio 1995 per la diocesi di Cleveland. Dal 1995 al 1998 ha svolto l’ufficio di vicario parrocchiale della "St. Margaret Mary", a South Euclid in Ohio. Dal 1998 è al servizio dell’Ordinariato militare U.S.A. I suoi incarichi come sacerdote sono stati primariamente come cappellano nella Forza Armata U.S.A.: Fort Stewart, GA (1998-2001); Arabia Saudita (2001-2002); Fort Stewart, GA (2002-2003); Baghdad, Iraq (2003-2004); Heidelberg, Germania (2004-2006); Fort Still, Oklahoma (2006-2008); dal 2008 ad oggi Seoul, Corea. Conosce la lingua spagnola, tedesca, portoghese e coreana.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo "Il sangue dei fedeli"; nell'informazione religiosa, intervista a monsignor Botros Fahim Awad Hanna, vescovo ausiliare del patriarcato cattolico di Alessandria dei Copti, dopo l'attentato.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la Costa d'Avorio, dove la mediazione africana s'intensifica per evitare la guerra civile.

    In cultura, un articolo di Marco Beck dal titolo "Per una lettura verticale della vita": riedito "Prière et Poesie" di Henri Brémond.

    Cercava nel suo libro aperto e Dio le ha donato il Verbo: Timothy Verdon sulla Madre di Dio nel "Tondo Pitti" di Michelangelo.

    Profondamento cattolico: la poesia cristiana di Giuseppe Gioacchino Belli riletta da "Il Foglio".

    Contro il Fuhrer tutti insieme appassionatamente: Manuel Disegni ricorda la cantante e scrittrice austriaca (naturalizzata statunitense) Agathe von Trapp, morta il 28 dicembre.

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    Oggi in Primo Piano



    Afghanistan: 2010, l'anno più sanguinoso. A Roma i funerali dell'alpino Matteo Miotto

    ◊   Si sono svolti a Roma presso la Basilica di Santa Maria degli Angeli i funerali solenni del caporal maggiore degli alpini Matteo Miotto, ucciso in Afghanistan da un cecchino lo scorso 31 dicembre. Presenti le più alte cariche dello Stato e una rappresentanza di tutte le forze armate. Intanto, secondo i dati diffusi oggi dal governo di Kabul, il 2010 è stato l’anno più sanguinoso dall’inizio della guerra nel Paese asiatico. Il servizio di Cecilia Seppia:

    Sono soldati, poliziotti, guardie private, civili, tra cui donne e bambini e anche talebani le 9381 persone morte nel 2010 in Afghanistan, vittime di una guerra feroce e sanguinosa che, secondo i dati diffusi oggi dal governo di Kabul, sembra intensificarsi e non risparmiare nessuno. Anche per le truppe straniere quello appena concluso è stato l’anno peggiore: 710 militari caduti, uno dopo l’altro, per difendere la pace e assicurare la stabilità, contro i 529 del 2009; tra questi anche 13 italiani. Cosa sta succedendo dunque nel Paese asiatico? Andrea Margelletti del Centro Studi Internazionali:

    “Sta succedendo che vediamo il prezzo di una guerra sanguinosa, combattuta contro un nemico capace, determinato e che ha una chiara e lineare strategia politica. Chi si aspettava un’operazione di peacekeeping in stile balcanico, si sta accorgendo quanto invece sia drammaticamente diversa la realtà nella nazione centroasiatica. Il vero punto è che purtroppo i talebani o, più generalmente, gli insorti si rendono conto che le cose per loro stanno volgendo al meglio, anche grazie alle divisioni all’interno della coalizione internazionale su come affrontare la strategia politica, e quindi hanno poca voglia di dialogare al tavolo della pace. Abbiamo perso molto, moltissimo tempo cercando di avere una soluzione solo militare. Le soluzioni nella guerra insurrezionale sono esclusivamente di carattere politico”.

    Oggi a Roma, presso la Basilica di Santa Maria degli Angeli sono stati celebrati i funerali solenni di Matteo Miotto, il caporal maggiore ucciso in Afghanistan, nella valle del Gullistan da un cecchino, lo scorso 31 dicembre. Tra le autorità, il premier Berlusconi, il ministro della Difesa La Russa, molti leader ed esponenti del mondo politico istituzionale, centinaia di persone, giunte per dare l’ultimo saluto ad un ragazzo che come ha detto mons. Vincenzo Pelvi, ordinario militare per l’Italia, nella sua omelia, “ha sempre creduto nella giustizia, nella verità e nella forza interiore della compassione, fino a dare la vita per la pace”:

    “Di fronte alle minacciose tensioni del momento, specialmente alle discriminazioni, ai soprusi, alle intolleranze religiose, Matteo invita a non cedere allo sconforto, alla rassegnazione. Come poter credere ad un domani di pace, se non fossimo in quelle terre a dichiarare che l’amore è l’unica via che pone fine alla vendetta, alle uccisioni?”.

    Intanto in Italia non si placa la polemica politica: restare sul terreno nonostante il tributo di sangue che il Paese sta pagando in termini di vite umane, oppure pensare ad una veloce exit-strategy? (gf)

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    Scissione della Fiat, debutto in Borsa. Attesa per il referendum allo stabilimento di Mirafiori

    ◊   Nessun investimento sarà possibile per la Fiat a Mirafiori se vincerà il no al referendum sull’accordo per rilanciare lo stabilimento. E’ quanto ha detto questa mattina l’amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, in occasione del debutto in Borsa di Fiat Auto e Fiat Industrial, dopo la scissione delle attività nell’azienda automobilistica italiana, decisa a Torino nelle scorse settimane. Il servizio di Giampiero Guadagni.

    Primo giorno a Piazza Affari per la doppia Fiat, il gruppo auto e il gruppo industriale, formati rispettivamente da 18 e 6 mila dipendenti. “Dobbiamo valorizzare tutte le nostre attività”, ha spiegato l’amministratore delegato Marchionne per il quale di fronte alle grandi trasformazioni in atto nel mercato era impossibile tenere insieme settori che non hanno in comune alcuna caratteristica economica industriale. Frenata, invece, sull’annunciata uscita di Fiat da Confindustria giudicata possibile ma non probabile. Ma il debutto in Borsa è stata anche l’occasione per fare il punto sulla vicenda Mirafiori, la condizione dell’accordo e la governabilità dello stabilimento. “Dunque - avverte Marchionne - se al referendum dei lavoratori vince il no, la Fiat non farà investimenti”. Aggiunge il manager del Lingotto: “Non abbiamo lasciato nessuno fuori dall’intesa ma noi siamo in grado di produrre vetture con o senza la Fiom”. I metalmeccanici della Cgil non hanno, infatti, firmato né l’accordo per Mirafiori, né quello per Pomigliano e hanno indetto uno sciopero generale della categoria per il 28 gennaio. In vista del referendum, che si svolgerà entro metà mese, Cisl e Uil chiedono alla Fiom di tornare sui propri passi. A tentare una mediazione il nuovo segretario della Cgil, Susanna Camusso.(bf)

    I nuovi accordi Fiat rappresentano una svolta nel rapporto impresa-sindacati in Italia. L’intesa sul nuovo contratto dei lavoratori dello stabilimento di Pomigliano salva il posto di lavoro a 4.600 persone in una realtà difficile del Sud, ma le condizioni non sono più quelle di un tempo. Adesso si attende il referendum a Mirafiori. Fabio Colagrande ha sentito il parere del prof. Luigino Bruni, docente di economia politica all’Università Bicocca di Milano e all'Istituto universitario Sophia del Movimento dei Focolari:

    R. - Certamente Marchionne sta portando nelle relazioni industriali uno stile che è più anglosassone e, quindi, un po’ lontano dalla trazione italiana, che era più centrata sulla contrattazione collettiva, con un maggior ruolo assegnato ai tavoli, alle lunghe trattative ed anche alla mediazione politica dei partiti. Marchionne porta uno stile diverso, fatto di luci ed ombre.

    D. - Partiamo dai punti di condivisione?

    R. - Il primo punto di condivisione è che il mondo è cambiato: dobbiamo renderci conto che tutta la generazione dei diritti dei lavoratori è il frutto delle prime grandi battaglie della prima Rivoluzione Industriale, fra l’800 e il ‘900. In un mondo come quello di oggi, dove le imprese di fatto si spostano in tutto il mondo e vanno a produrre dove costa meno, non è possibile continuare a pensare ai rapporti sindacali come li immaginavamo semplicemente 30 o 40 anni fa. Occorre veramente un nuovo patto sociale. Quindi Marchionne denuncia un problema: o si cambia o si va a fondo tutti! Sono anche d’accordo nel dire che non solo deve cambiare la Fiat ed aprire a delle modalità nuove nei rapporti di lavoro, ma deve anche cambiare il sindacato in un approccio meno ideologico e più concreto e più realistico ai rapporti di lavoro.

    D. - E’ d’accordo con chi dice che c’è una cultura, soprattutto della sinistra in Italia, che fatica ad adeguarsi ad una nuova economica globalizzata?

    R. - Fa fatica anche perché il processo è contraddittorio e qui ci sono dei punti di disaccordo con Marchionne. C’è bisogno - e lui stesso lo dice - di un nuovo patto sociale: benissimo, però occorre anche che il patto sociale sia un patto veramente di reciprocità. Finché la Fiat continua a muoversi in un’ottica di grande capitale, con stipendi a manager - compreso Marchionne - di milioni di euro e che sono centinaia di volte maggiori degli stipendi degli operai, i discorsi sul nuovo patto sociale, sono discorsi un po’ astratti. Ci vorrebbero dei segnali di una nuova stagione contrattuale, dove l’impresa si legga veramente come un gioco cooperativo, che coinvolga tutte le parti e dove ci si metta tutti in gioco: i sindacati devono cambiare, ma devono cambiare anche i modi di concepire i rapporti industriali.

    D. - Nell’intesa per Pomigliano, così come per Mirafiori, c’è un peggioramento delle condizioni di lavoro degli operai e della funzione di diritto del sindacato?

    R. - Un po’ c’è ed è ovvio con tutte queste richieste: una maggior flessibilità; la battaglia nei confronti dell’assenteismo e, quindi, se si supera una certa percentuale di assenteismo, la prima giornata di malattia non viene pagata; una richiesta di maggiori ore di straordinario da contratto - vanno nella direzione dell’impresa postmoderna che richiede velocità, flessibilità e che nei momenti importanti ha bisogno che non vi siano scioperi che blocchino tutta la catena produttiva. Questo è importante, ma noi sappiamo anche che non si può gestire un contratto di lavoro soltanto con regolamenti più severi: se non riesco, con strumenti innovativi, a far sentire il lavoratore una risorsa e quindi a stimarlo e lo tratto semplicemente come un opportunista e un furto e quindi gli aumento e gli rendo più dure e più aspre le regole per controllarlo e monitorarlo - come dimostrano oggi migliaia di studi - gli effetti sono opposti! Quindi non bastano regolamenti più severi per aumentare la produttività… E’ una delle condizioni che vanno accompagnate con un sistema di incentivi, di premi, di riconoscimento, di stima nei confronti del lavoratore, che non è semplicemente un costo o un vincolo, ma la principale risorsa di una impresa! (mg)

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    Chiesa e Società



    Incendiate chiese in Nigeria e nel Caucaso

    ◊   Le violenze anticristiane non si fermano nel mondo. Una chiesa ortodossa è stata data alle fiamme in Inguscezia, piccola Repubblica autonoma russa situata nel Caucaso settentrionale: non ci sarebbero vittime. Il rogo è stato appiccato da una granata lanciata da ignoti che ha colpito il tetto di una chiesa a Ordzhonikidze, cittadina a ridosso del confine con la Cecenia, spesso violato dai ribelli separatisti islamici per compiere incursioni e attentati. E oggi è stato reso noto un ennesimo attacco anti-cristiano nella Nigeria settentrionale, a maggioranza musulmana. Ignoti assalitori hanno incendiato una chiesa pentecostale a Maiduguri, capitale del turbolento Stato federato di Borno. Anche in questo caso non ci sarebbero vittime. Alla fine della settimana scorsa nella stessa città erano stati arrestati 92 integralisti islamici, accusati di essere coinvolti nei recenti attacchi contro civili cristiani con un bilancio di circa ottanta morti. (S.C.)

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    Strage in Egitto. Appello delle Chiese cristiane europee: salvaguardare il diritto di culto

    ◊   "Atti di terrorismo come questi ci ricordano che dobbiamo rimanere uniti, cristiani e musulmani. Tutti i luoghi di culto devono essere protetti. Ci uniamo ai nostri fratelli e sorelle di Egitto e con loro chiediamo il diritto fondamentale alla libertà di culto”. Così oggi la Conferenza delle Chiese europee (Kek), in un comunicato di cordoglio - ripreso dall'agenzia Sir - in seguito all’attentato di Alessandria. Il metropolita ortodosso Emmanuel, presidente dell’organismo europeo che coordina da Ginevra le Chiese cristiane europee di tradizioni anglicane, ortodosse e protestanti, ha inviato un messaggio di solidarietà a tutti i cristiani copti che vivono in Europa, a tutto il popolo egiziano e al primate, Shenouda III di Alessandria. Si è mobilitato anche il Consiglio mondiale delle Chiese (il Wcc) che ha fatto appello al presidente egiziano Mubarak, ai leader religiosi e ai governi del Medio Oriente di “agire prontamente e congiuntamente per salvaguardare i diritti religiosi fondamentali dei credenti di tutte le fedi, assicurare la sicurezza dei luoghi di culto e garantire giustizia a tutti i popoli”. Anche l’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams ha espresso il suo personale dolore. “Conosciamo la lunga e onorevole storia della coesistenza dei cristiani e musulmani in Egitto e siamo fiduciosi che la stragrande maggioranza del popolo egiziano è unito nel condannare questo e altri simili atti”. (R.P.)

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    India: tentato omicidio di un leader cristiano in Karnataka

    ◊   Tentato assassinio di un leader cristiano in India. Il pastore Isaac Samuel, coordinatore del Consiglio globale dei cristiani indiani a Davanagere, nello stato del Karnataka, è stato aggredito ieri. Isaac Samuel stava guidando un incontro di preghiera per alcuni fedeli cristiani che appartengono alla comunità nomade, gli Akki Pikki, e vivono in un accampamento vicino alla stazione di autobus di Davanagere. L’aggressione è avvenuta sotto gli occhi della moglie e dei due figli del pastore. “I fondamentalisti indù che erano contrari al servizio di preghiera hanno attaccato il pastore con una mannaia con la chiara intenzione di ucciderlo” ha dichiarato ad AsiaNews Sajan George, presidente del Consiglio globale dei cristiani indiani. La vittima è stata trasportata subito all’ospedale statale a Davanagere. E’ sotto trattamento nella corsia di emergenza; ha subito una trasfusione di sangue e sembra fuori pericolo. “L’aggressione a Isaac Samuel rende solo più attuale l’appello urgente contenuto nel messaggio del Santo Padre, secondo cui la libertà di religione è la via alla pace” ha aggiunto Sajan George. “Inoltre il governo del Bharatiya Janata Party deve considerare che la legge ‘anti-conversione’ ha una storia di uso improprio da parte dei fondamentalisti indù, e ha fornito pretesto per violenze anti-cristiane in altri Stati”. Grazie all’intervento del Consiglio globale dei cristiani indiani la polizia si è attivata e ha aperto un’inchiesta sull’aggressione, che è stata coperta ampiamente dai media e dalle televisioni locali. Un uomo, identificato solo con il nome di Bansava, è stato arrestato.(C.P.)

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    Pakistan: Asia Bibi ancora in carcere. Il governo arretra sulla legge contro la blasfemia

    ◊   Asia Bibi attende ancora, in carcere, che l’Alta corte di Lahore decida la data del suo appello contro la condanna a morte per blasfemia emanata nel novembre 2010. E nell’imminenza di una crisi governativa - riferisce l'agenzia AsiaNews - i partiti religiosi islamici aumentano le pressioni contro il governo per impedire modifiche alla controversa legge sulla blasfemia. In un tentativo di alleggerire la pressione, il governo ha annunciato in termini chiari che non ha nessun piano per eliminare o emendare la legge sulla blasfemia. In una dichiarazione fatta davanti all’Assemblea Nazionale il 1° gennaio, il ministro per gli Affari Religiosi Khursheed Shah ha detto che il governo non è responsabile della proposta di un parlamentare del Pakistan People Party (Ppp) per modificare la legge. La parlamentare Sherry Rheman ha iscritto in Parlamento questa proposta di modifica. “Il governo non ha intenzione di eliminare la legge sulla blasfemia; assicurare il rispetto del Santo profeta è parte della nostra fede”, ha dichiarato Kursheed Shah. Il ministro ha assicurato le minoranze che il governo prenderà i passi necessari per assicurare che la legge non venga usata in maniera impropria contro di loro. Le proteste dei partiti islamici sono cominciate quando il presidente Asif Ali Zardari ha annunciato l’intenzione di graziare Asia Bibi, una cristiana condannata a morte su accuse manipolate. Il governo in precedenza aveva indicato di voler emendare la legge,e aveva formato un comitato a questo scopo, guidato dal ministro per le Minoranze Shabahz Bhatti. Uno sciopero nazionale di protesta contro le proposte di modifica della legge ha avuto luogo il 31 dicembre 2010 organizzato dai partiti radicali islamici. I manifestanti hanno cercato di raggiungere la residenza del presidente Zardari a Karachi, hanno tirato pietre e sono stati respinti dalla polizia con gas lacrimogeni. Gridavano slogan contro Asia Bibi e la parlamentare Sherry Rheman, e in difesa di Maometto: “Sacrificheremo le nostre vite, salveremo la santità del profeta”. Il dott. Nazir Bhatti, presidente del Pakistan Christian Congress, ha criticato duramente gli slogan cantati dai radicali, e anche il silenzio dei parlamentari cristiani durante le dichiarazioni del ministro per gli Affari Religiosi. “E' vergognoso che non abbiano avuto il coraggio di uscire dall’aula, ma abbiano ascoltato in silenzio la sconfessione del ministro”, ha dichiarato. (R.P.)

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    Costa d'Avorio: migliaia di persone in fuga verso Liberia e Guinea

    ◊   Continua a peggiorare la situazione in Costa d’Avorio, oltre 6.200 persone sono fuggite ad ovest, in Liberia e Guinea: 6 mila si trovano nella zona della Nimba County, nella Liberia orientale, ed il resto in Guinea. La maggior parte sono donne e minori in cerca di un rifugio. E' quanto afferma un comunicato dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) che ha inviato ulteriore personale nella Nimba County al fine di monitorare il transito nella zona di confine, registrare i rifugiati in arrivo e dare i primi aiuti. Centri di registrazione - riferisce l'agenzia Fides - sono stati istituiti in 16 villaggi dove vengono distribuite coperte, taniche, materassi, lampade al cherosene, sapone e teli di plastica. Il governo liberiano ha distribuito 1,8 tonnellate di riso e ha riparato le pompe d’acqua in alcuni villaggi al fine di aumentare la disponibilità di acqua pulita, che scarseggia da quando il 29 novembre è iniziata l’ondata di arrivi di rifugiati. (R.P.)

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    Senegal: primo sacerdote di etnia peul, segno della convivenza tra cristiani e musulmani

    ◊   Don Bernard Boiro, primo sacerdote di etnia peul, è stato ordinato il 28 dicembre scorso nel villaggio di Pakour, nella diocesi di Kolda. “Si tratta di un avvenimento straordinario se si pensa che l’etnia peul, sparsa in tutta l’Africa sub-sahariana, è quasi totalmente islamizzata da secoli” dice all’agenzia Fides padre Bruno Favero, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie del Senegal. Nel 1958 - spiega padre Favero - a seguito dei disordini nella Repubblica di Guinea, i missionari dello Spirito Santo si erano installati alla frontiera tra Senegal e Guinea, con la speranza di tornare a visitare le loro comunità di tanto in tanto. A Pakour, nei pressi della frontiera guineana, un gruppo minoritario animista dell’etnia peul ha aderito al cattolicesimo in condizioni difficili e in un clima di aperta persecuzione. La perseveranza del piccolo gruppo ha portato frutto: dei catechisti peul hanno iniziato a percorrere la zona ed è stata stabilita una parrocchia con il clero diocesano di Ziguinchor. Dalla creazione della diocesi di Kolda, il villaggio di Pakour e i suoi dintorni fanno parte di questa diocesi, il cui centro dista circa 150 chilometri. L’ordinazione di don Bernard è stata una magnifica festa caratterizzata dai colori e dai ritmi della musica tradizionale dei peul dove cristiani e musulmani hanno collaborato in perfetta armonia” dice padre Favero. “Il primo prete di etnia peul è un segno che marca fortemente la convivenza e la collaborazione tra cristiani e musulmani” sottolinea il direttore nazionale delle Pom del Senegal. “Mons. Jean Pierre Bassene, vescovo di Kolda, che ha presieduto l’ordinazione, ha messo l’accento su questa collaborazione e sulle relazioni che sono necessarie tra i credenti per lo sviluppo delle comunità e degli individui”. (R.P.)

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    San Salvador: i vescovi chiedono agli ex-combattenti di porre fine all’occupazione della cattedrale

    ◊   “Come pastori della Chiesa nel Salvador esigiamo la consegna immediata della Cattedrale di San Salvador e chiediamo inoltre che non si ripetano mai più gesti di questo tipo”. Così si legge in una breve dichiarazione in cinque punti diffusa ieri dalla Conferenza episcopale nel 14.mo giorno di occupazione del principale tempio del Paese da parte di un gruppo di ex combattenti. I manifestanti, con questo gesto da più parti definito “deplorevole e inopportuno”, intendono protestare contro il governo del presidente Mauricio Funes per i ritardi con cui si applicano i programmi di reinserimento sociale di numerosi salvadoregni che presero parte alla guerra civile conclusa con gli accordi di pace del 16 gennaio 1992. Mons. Luis Escobar Alas, arcivescovo della capitale, costretto in questi giorni a presiedere le cerimonie natalizie in altre chiese della capitale, parlando ieri con i giornalisti - oltre a leggere il Comunicato dei vescovi - ha voluto rilevare: “Esistono altri mezzi e altri spazi, molto più appropriati per esigere e chiedere al governo e alle autorità di adempiere gli accordi che riguardano questo settore della nostra società e i suoi diritti”. D’altra parte il presule ha ribadito la richiesta indirizzata al governo affinché si “prendano le misure destinate a facilitare il dialogo con queste persone”, tra le quali ci sono alcuni disabili a causa della lunga guerra interna (14 anni) alla quale presero parte come combattenti del Fronte Farabundo Martí para la Liberación Nacional, oggi movimento politico costituzionale e al governo con il presidente Funes. L’arcivescovo ha anche precisato che “per la Chiesa non è possibile alcun ruolo di mediazione o facilitazione del dialogo finché il tempio resta occupato”. Mons. Escobar Alas ha ribadito di non voler chiedere l’uso della forza, impropria in un tempio, specificando di confidare nella ragionevolezza degli occupanti. Fra pochi giorni sarà celebrato il 19° anniversario della firma degli accordi di pace, mediati dall’Onu, tra l'allora presidente Alfredo Cristiani ed i ribelli del Fronte Farabundo Martí. La guerra interna provocò 75.000 morti e più di 7.000 dispersi e migliaia di mutilati, spesso adolescenti. Per gli ex combattenti gli accordi prevedono dei programmi di reinserimento sociale, con un minimo di sostegno economico e sociale, ma i fondi Onu in realtà sono fermi da alcuni anni e d’altra parte la situazione economica del Paese non consente di rispettare gli impegni e ciò è accaduto anche con i governi del passato. (A cura di Luis Badilla)

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    Messico: il dramma degli immigrati sottoposti a violenze e sequestri

    ◊   Un totale di 222 denunce di sequestri di immigrati centro-americani in Messico sono state presentate nel 2010: lo ha riferito il commissario dell'Istituto nazionale di migrazione (Inm), Salvador Beltrán del Río. Parlando ai giornalisti nello Stato meridionale messicano di Oaxaca, Beltran del Rio ha spiegato che il maggior numero di casi riguarda gli stati settentrionali di Tamaulipas, San Luis Potosí e Nuevo León, e gli Stati meridionali del Chiapas e di Oaxaca. Tali denunce - riferisce l'agenzia Fides - sono esaminate, ha detto ancora il funzionario, dall'Ufficio del Procuratore generale della Repubblica (Pgr, Fiscalia), mentre il personale dell'Inm "fornisce tutti i servizi" per fare in modo che le vittime possano rivolgersi alle ambasciate o ai consolati per presentare le loro richieste o farle via Internet. Per quanto riguarda la denuncia del presunto rapimento di 50 migranti centroamericani fatta dal sacerdote Alejandro Solalinde Guerra, coordinatore dell'albergo "Hermanos en El Camino", il funzionario ha detto che finora non c'è alcun indizio sul caso, nonostante 12 testimoni hanno presentato la loro testimonianza del presunto rapimento dinanzi un agente del Ministero pubblico federale. Il presunto rapimento è avvenuto il 16 dicembre nel villaggio Chahuites di Oaxaca, che confina con lo stato del Chiapas. Lo scorso 22 dicembre è avvenuto un altro rapimento di migranti centroamericani: i membri di una banda del crimine organizzato hanno assassinato un emigrato di El Salvador, tre di loro sono riusciti a fuggire e cinque sono dispersi. Le informazioni dell'Inm contrastano con quelle presentate la settimana scorsa dalla Commissione nazionale dei diritti umani del Messico (Cndh, Difensore civico) secondo cui nel 2010 risultano 20.000 segnalazioni di sequestri di migranti, illegali o senza documenti. Ogni anno sono tra 200.000 e 300.000 gli emigranti del centroamerica che provano ad attraversare il Messico con l'intenzione di raggiungere gli Stati Uniti, ma nel loro percorso sono sorpresi da bande criminali organizzate che li derubano o li rapiscono per chiedere alla loro famiglia di pagare un riscatto. Anche i cartelli della droga sono coinvolti in queste azioni malavitose, in quanto li rapiscono per farli lavorare alle loro dipendenze come assassini o sicari. Gli sforzi della comunità messicana sono tanti, soprattutto quelli della Chiesa, che tramite la Conferenza episcopale del Messico ha denunciato molte volte i maltrattamenti e la terribile situazione dei migranti. (R.P.)

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    Brasile: Campagna dei vescovi contro la violenza e lo sterminio dei giovani

    ◊   La Conferenza episcopale del Brasile ha pubblicato una nota, ripresa dall’agenzia Fides, riguardante la Campagna contro la violenza e lo sterminio dei giovani, che mette in rilievo le azioni promosse per approfondire il dibattito con la società ed elaborare proposte concrete che affrontino la violenza, oltre a ricordare le priorità della Campagna per i prossimi anni. Nella valutazione del coordinamento nazionale, elaborata in un incontro che si è svolto nei giorni precedenti il Natale, sono state discusse le proposte per costruire nuovi orizzonti. L'incontro ha infatti analizzato le prospettive del primo anno della Campagna e ha sottolineato le sfide per il prossimo periodo. Il piano prevede per l’anno 2011 la pubblicazione del “testo base” nel mese di aprile, un workshop nazionale nel mese di agosto e la prima Settimana nazionale di azione contro la violenza e lo sterminio della Gioventù nel mese di novembre, che precede la Giornata nazionale della Coscienza Negra. Il piano mira anche a preparare la Marcia nazionale della Campagna, che si svolgerà nel luglio 2012 a Brasilia. Nell'ambito della strategia, sono comprese le attività in corso della Pastorale Giovanile (Settimana della Cittadinanza, Settimana dello Studente e Giornata Nazionale della Gioventù) che avranno come orientamento i temi della Campagna. Le azioni previste hanno lo scopo di continuare a sensibilizzare la società e di condannare lo sterminio dei giovani brasiliani. Un'altra sfida è quella di allargare il dialogo con le forze sociali interessate, per discutere il tema della violenza e proporre come affrontare questo problema. "Riflettere sui temi come la droga, la violenza nei media, la brutalità della polizia e la violenza domestica, per esempio, è fondamentale per andare avanti" dice il responsabile del Coordinamento della Campagna, Felipe da Silva Freitas. Iniziata nel novembre 2009, la Campagna è un'iniziativa della Pastorale giovanile del Brasile, con il sostegno del Settore giovanile della Conferenza nazionale dei vescovi cattolici del Brasile (Cnbb). L'intento è quello di discutere le varie forme di violenza contro i giovani, denunciare l'assassinio di migliaia di giovani in Brasile e attivare iniziative che possano cambiare la realtà. Con un tasso di 51,7 omicidi per 100.000 persone, il Brasile è il terzo Paese con il maggior numero di omicidi di giovani nel mondo, preceduto da Colombia e Venezuela. La Seconda relazione della Rete di informazione tecnologica latino-americana (Ritla), afferma che in Brasile ogni giorno muoiono in media 54 giovani, vittime di omicidio. (R.P.)

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    Argentina: i vescovi propongono un patto per vincere l'esclusione sociale

    ◊   “La povertà e l'esclusione sociale sono mali strutturali e costituiscono un nodo difficile da sciogliere. Sono il risultato della negazione del problema a livello istituzionale e sociale ed evidenziano la mancanza di lungimiranza da molti anni”. Il vescovo di San Isidro e presidente della Commissione episcopale per la pastorale sociale della Conferenza episcopale argentina, monsignor Jorge Casaretto, commenta così i recenti episodi di occupazione di terreni per rivendicare, la mancanza di abitazione per numerosi nuclei familiari argentini. Queste persone vivono in una situazione di grande umiliazione e profondo disagio, e quindi “è logico che cerchino ambienti che permettono loro di vivere meglio”. Nelle settimane prima di Natale — ricorda il presule all’Osservatore Romano — il popolo argentino “ha vissuto momenti di grande tensione con morti, occupazione del suolo, lotta dei poveri contro poveri, con atteggiamenti negativi e atti di violenza perpetrati contro i nostri fratelli provenienti dai Paesi limitrofi. Situazioni che portano a profonda angoscia e incertezza circa il futuro”.Questi fatti, insieme con altre negatività, povertà antiche e nuove, sono una sfida per la vita di ognuno e interpellano tutti i soggetti istituzionali, politici e sociali dell'Argentina. Per superare questa tendenza così radicata nella società argentina e di fronte alla crescente frammentazione del Paese, occorre incoraggiare “una cultura del dialogo, dell'incontro e della ricerca del consenso, una cultura della solidarietà e dell'amicizia”. Se si aprono le porte, i confini, occorre creare le condizioni e gli ambienti che facilitino l'integrazione dei fratelli che vogliono vivere in mezzo a noi. Secondo il presule ogni analisi riduttiva e strumentale sui fatti accaduti e più in generale sulla situazione sociale dell'Argentina, segnata dal non rispetto della vita, dalla violenza dalle piaghe della droga, della corruzione e del gioco d'azzardo, allontanano possibili soluzioni del problema o addirittura stabilizzano situazioni gestite occultamente da pochi attraverso la malavita organizzata. Le possibili soluzioni a tali problemi, secondo il presule, necessitano di una condizione indispensabile: un accordo, un patto sociale profondo per “canalizzare le politiche statali permanenti che ripristino uno stato di giustizia, di legalità, di sana e costruttiva convivenza”. Occorre allora — conclude il presidente della Commissione episcopale per la pastorale sociale — favorire uguali opportunità nell'ambito dello sviluppo umano garantendo a tutti, in particolare i più deboli, un minimo di sicurezza sociale. I vescovi argentini nel proclamare il 2011 Anno della Vita, hanno richiamato, di recente, valori comuni che sono principi inviolabili, come “la dignità della persona umana, incomparabile rispetto a qualsiasi condizionamento; la libertà religiosa e la libertà educativa e scolastica; la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna. È solo su questi fondamenti che si possono basare altri diritti come quello al lavoro e alla casa, alla libertà di impresa finalizzata al bene comune; l'attenzione ai deboli e agli emarginati della società, l'accoglienza verso gli immigrati che sia rispettosa della legge, ma anche dell'integrazione; il rispetto creato”. (C.P.)

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    Filippine. Il messaggio dei vescovi: "Povertà e violenza non hanno l'ultima parola"

    ◊   I motivi di preoccupazione non mancano, ma il futuro è nelle mani di Dio. Per questo un cambiamento per il Paese è realmente possibile. E il raggiungimento di questo traguardo dipende anche dalla collaborazione che ciascun cittadino vorrà dare al progetto di Dio. È quanto, in sintesi, affermano i vescovi filippini in un messaggio per il nuovo anno, nel quale auspicano un 2011 di pace e prosperità. L'intervento, firmato dal presidente dell'episcopato, il vescovo di Tangad, Nereo P. Odchimar, traccia un bilancio del 2010 e, nonostante i tanti segnali negativi che emergono dalla realtà, spalanca comunque le porte alla speranza. In realtà — sostengono i presuli — “Dio ci assicura che la trasformazione sociale può accadere. La pace e la prosperità sono alla nostra portata. E la certezza di questa realizzazione sta nel fatto che non siamo soli in questo compito. Dio è con noi! Quindi, all'inizio di questo nuovo capitolo della storia umana, siamo invitati, più che mai a comprendere qual è il progetto di Dio e collaborare con la sua opera”. I presuli, come accennato, non nascondono i tanti motivi di difficoltà e di preoccupazione che attanagliano il Paese. “Siamo soliti iniziare il nuovo anno con i migliori auguri e con nobili propositi, ma prima che le illusioni si consumino, è bene essere risvegliati da questa realtà inquietante. Noi speriamo che non sia così, ma nel prossimo anno ad attendere la maggior parte del popolo filippino saranno le stesse condizioni di povertà disumanizzante, di ingiustizia e di violenza”. Si tratta di realtà che riguardano ampi strati sociali: i contadini senza terra, i disoccupati, gli emarginati delle città, i gruppi tribali sfollati. Citando Giovanni Paolo II, ricordano appunto come la condizione di miseria della popolazione sia essa stessa una delle più serie minacce alla pace. Infatti, “la povertà è spesso un fattore che contribuisce ad aggravare i conflitti, anche armati. E a loro volta, questi alimentano tragiche situazioni di povertà”. Da parte delle istituzioni e di organizzazioni private — rilevano i presuli all’Osservatore Romano — non mancano le iniziative per combattere tale povertà. Tra queste la più ragguardevole e apprezzabile è senz'altro la campagna volta a combattere la corruzione. Uno sforzo che — sostengono — va intensificato e sostenuto. Ci sono, al contrario, altre iniziative che contrastano con la coscienza di molti filippini e che puntano a ridurre la povertà puntando su campagne di riduzione della natalità con metodi che spesso non rispettano il diritto alla vita. Ma la povertà — sostengono i presuli citando Benedetto XVI — si deve e si può sconfiggere con altre vie più rispettose della vita e della dignità delle persone. (C.P.)

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    Cina: nella diocesi di Hong Kong aperto l’Anno dei Laici

    ◊   La diocesi di Hong Kong ha aperto l’Anno dei Laici il 31 dicembre scorso, con una solenne celebrazione eucaristica sul tema “Un pellegrinaggio di ringraziamento – dall’Anno delle vocazioni sacerdotali all’Anno dei Laici”. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese ripreso dall'agenzia Fides), numerosi sacerdoti e fedeli hanno partecipato all’apertura dell’Anno dei Laici 2011 indetto dalla diocesi, che si è svolta nella Cattedrale dedicata all’Immacolata Concezione. Numerose sono poi le iniziative che accompagnano l’apertura di questo Anno particolare, come il Corso sull’Anno dei Laici con il tema “Seguitemi (Mc 1, 17) – chiamata, comunione e missione” guidato da padre Stephen Bevans, (professore di Missione e cultura della Catholic Theological Union, Chicago, Usa) e la realizzazione di un sondaggio diocesano sulla vita spirituale dei fedeli, non solo utile ad avere un’idea della situazione, ma che verrà utilizzato soprattutto come base per organizzare iniziative adeguate durante l’Anno dei Laici. Secondo i risultati dell’indagine realizzata tra 2.600 fedeli sulla lettura della Bibbia, sulla preghiera, sui sacramenti e sull’evangelizzazione, è stato accertato che il 35% degli interpellati legge la Bibbia una o più volte durante la settimana; il 30% non la legge mai in tutto l’anno; il 67% prega una o più volte al giorno; il 14% almeno una volta alla settimana; l’1% non prega mai; il 73% partecipa alla Messa una volta alla settimana; il 55% si è confessato l’anno scorso; il 54% non si è mai confessato nell’anno passato; il 64% si dichiara disponibile a diffondere la fede presso gli altri; il 48% ad invitare i non cristiani a prendere parte alle attività cattoliche; il 24% ad invitare altre persone agli incontri di fede. Inoltre dal sondaggio risulta l’invecchiamento dei fedeli di Hong Kong. Tale rapporto offre anche una chiave di lettura della vita dei fedeli della diocesi di Hong Kong ed un orientamento per la pastorale diocesana. (R.P.)

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    In Canada i vescovi intervengono sulla procreazione assistita

    ◊   “La procreazione umana rischia di essere considerata sempre più come un mero affare di sanità e di sicurezza individuale piuttosto che come un'importante questione etica”: ad affermarlo è la Conferenza dei vescovi cattolici del Canada (Cecc) che nei giorni scorsi, in una nota, ha commentato con preoccupazione la sentenza con la quale la Corte suprema, il 22 dicembre, ha dichiarato incostituzionali alcune disposizioni dell'attuale legge sulla procreazione assistita. Pur definendo i risultati di questa decisione “non ancora perfettamente chiari”, i presuli ritengono che, sia in ambito legislativo sia giuridico, dovrebbero essere sempre presi in considerazione i fattori fondamentali che garantiscono il rispetto e la protezione dell'embrione umano. Nella nota la Cecc annuncia che in questo mese di gennaio, tornerà sull'argomento con un'analisi più approfondita. Il dibattimento vedeva di fronte il procuratore generale del Canada e il procuratore del Québec (provincia francofona dove è da tempo attivo un forte movimento separatista). Quest'ultimo contestava la prerogativa del Governo federale di regolamentare le tecniche di procreazione assistita e la ricerca genetica, mettendo in discussione soprattutto quella parte della legge che riguarda la maternità surrogata e la fecondazione in vitro. Anche se i commenti degli esperti, su alcuni punti, appaiono discordi, la Corte suprema sembra aver dato ragione, nel principio, al Québec, riconoscendo che sono le province e non il Governo federale ad avere il potere di regolamentare le nuove tecniche di riproduzione e l'attività delle “cliniche della fertilità”.La stretta maggioranza dei giudici ha ritenuto infatti che diverse norme della legge sono da considerarsi “non valide”, perché eccedono le competenze del Parlamento canadese. La Conferenza episcopale - riferisce L'Osservatore Romano - ricorda che, nel 1993, la Commissione reale sulle nuove tecnologie di riproduzione aveva riconosciuto che la ricerca, lo sviluppo e l'uso di tali tecnologie “sollevano preoccupazioni nazionali che riguardano tutte le istituzioni e pareri sociali, etici, giuridici, medici, economici”. Uno dei principali effetti del rapporto della commissione — contraria fra l'altro a che tali importanti questioni venissero affrontate in maniera frammentata e incoerente, per settori o per province — era stato proprio quello di spingere il Parlamento canadese ad adottare, nel 2004, la legge sulla procreazione assistita ora messa in discussione.Il 24 aprile 2009 la Cecc, in una memoria congiunta scritta con l'Alleanza evangelica del Canada e inviata alla Corte suprema, sottolineava essenzialmente tre punti: la procreazione umana assistita non è solo una questione di cure sanitarie ma costituisce un problema più profondo che tocca il bene comune, il carattere sacro della vita umana e la protezione dei più vulnerabili; la biotecnologia solleva vaste questioni morali, etiche e sociali che è importante controllare nell'interesse pubblico; la biotecnologia è potenzialmente in grado di portare a svalutare la natura umana e a minare le fondamenta della dignità umana. (C.P.)

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    Irlanda: il cardinale Brady chiede il rinnovamento della fede e della speranza

    ◊   “All’inizio del Nuovo Anno è opportuno fissare lo sguardo sul Salvatore del mondo. Egli è venuto a proteggere il suo popolo e a infondergli speranza”. Questo l’augurio del cardinale Seán Brady, arcivescovo di Armagh e primate di tutta l’Irlanda, nell’omelia della Santa Messa celebrata nella cattedrale di St. Patrick in occasione della speciale giornata di preghiera per il rinnovamento della fede e della speranza, e per le necessità di tutta l’Irlanda. L’iniziativa è stata indetta per ieri, prima domenica del 2011, dalla Conferenza episcopale irlandese durante l’assemblea plenaria di dicembre da cui era nata la dichiarazione “Nell’aiuto vicendevole è la nostra speranza”. Nel richiamare la Lettera pastorale di Benedetto XVI ai cattolici d’Irlanda, il porporato Brady ha rammentato le “grandi tribolazioni” conosciute dalla Chiesa “nell’ultimo anno”. “Chiediamo la grazia – ha aggiunto - di accettare l’umiliazione come un invito alla verità e al rinnovamento”. Questo, ha osservato, è anche il momento di ringraziare “chi si impegna nel sostegno alle vittime degli abusi, aiutandole a recuperare fiducia nella Chiesa”. Infine il ringraziamento per “i santi preti” che testimoniano “nell’umiltà e nella fedeltà la bontà del Signore”. (C.P.)

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    Aibi: in Ucraina 100mila minori abbandonati negli istituti in attesa di adozione

    ◊   Sono ancora troppi in Ucraina i bambini abbandonati in attesa di una famiglia che li possa accogliere stabilmente. Per questo l’associazione Aibi-Amici dei Bambini annuncia l’intenzione di potenziare nel 2011 il suo impegno a favore dell’adozione internazionale. Secondo le statistiche sono 100mila i minori costretti a vivere negli istituti. Per tutti questi bambini l’adozione internazionale rappresenta una concreta possibilità in grado di garantire loro l’amore di una famiglia. Tre attualmente le coppie in lista d’attesa, ma Aibi conta di ricevere quest’anno nuovi mandati per l’Ucraina da parte di coppie che desiderano adottare in questo Paese. “Pur nella consapevolezza che l’iter adottivo in Ucraina è peculiare e pone non poche difficoltà – spiega una nota dell’associazione ripresa dall'agenzia Sir -, vogliamo potenziere le nostre strutture nel Paese per far fronte alle esigenze di questi minori”. In particolare Aibi si propone di dare la possibilità ai bambini più grandi che già conoscono l’Italia attraverso i soggiorni terapeutici di poter essere adottati, e sottolinea l’importanza che il governo di Kiev si sia dichiarato disponibile ad esaminare la possibilità di sottoscrivere accordi bilaterali con i Paesi di accoglienza, “iniziativa che potrebbe contribuire a regolarizzare l’attività di adozione in questo Paese”. (R.P.)

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    Manifestazioni e iniziative a Turku e Tallin, capitali europee della cultura 2011

    ◊   La città finlandese di Turku e la capitale dell’Estonia, Tallin, sono state designate dall’Unione Europea quali capitali europee della cultura per il 2011, avendo così l’ulteriore possibilità di mettere in mostra di fronte al mondo il loro modo di vita e il rispettivo sviluppo culturale. L’iniziativa di istituire questa particolare distinzione culturale, con lo scopo di avvicinare i vari cittadini europei, venne proposta da Melina Mercouri il 13 giugno 1985, con il nome di “Città europea della cultura”, ribattezzata poi nel 1999 come “Capitale europea della cultura”. Le capitali europee della cultura vengono selezionate tenendo in considerazione un loro specifico programma culturale con riferimento europeo e contemplando anche - a breve e a lungo termine - una evoluzione dell’immagine della città favorevole ad un aumento turistico orientato anche verso la cultura. La Piazza del Senato della capitale finlandese, Helsinki, sarà quest’anno il centro di confluenza dello scambio informativo sulle centinaia di programmi che i responsabili della finlandese Turku e della capitale estone, Tallin, intendono divulgare ai potenziali visitatori. Ci saranno avvenimenti di musica popolare e di musica rock, di musica classica e di opera lirica, di attrazioni per l’infanzia e per gli adolescenti, e di circhi equestri, oltre alla possibilità di visitare luoghi storici come la Cattedrale medievale - rimasta intatta nei secoli - e il castello di Turku del 1280, uno dei monumenti storici finlandesi più importanti. A Tallin, principale porto e prestigiosa capitale dell’Estonia, la divulgazione culturale avrà come linea principale tutto quanto si svolge sul mare, con il Golfo di Finlandia sul Mar Baltico settentrionale, che da sempre ha fatto da ponte tra Finlandia ed Estonia. La storia, spesso comune nei secoli, metterà in evidenza anche caratteristiche moderne dei tradizionali cori, ma anche concerti di strumenti a percussione di produzione estone dell’Orchestra Tramith, che ha le sue radici nel movimento afro-reggae delle favelas di Rio de Janeiro. Per i giovani ci saranno spettacoli di musica pop. Il commissario europeo per l’istruzione e la cultura, Androulla Vassiliou, ha recentemente sottolineato che l’evento relativo alle capitali della cultura 2011, Turku e Tallin, costituisce una delle iniziative più prestigiose dell’Unione Europea in ambito culturale.(mg) (A cura di Vincenzo Lanza)

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    24 Ore nel Mondo



    Iraq: donna cristiana uccisa da uomini armati nella sua casa a Baghdad

    ◊   In questo inizio del 2011, sono già numerosi i sanguinosi attacchi in varie zone dell'Iraq. Da segnalare anche un nuovo attentato ai danni della comunità cristiana irachena. Una donna è stata uccisa a Baghdad nella sua abitazione. Il servizio di Giancarlo La Vella:

    La drammatica situazione dei cristiani iracheni, ricordata ieri dal Papa in occasione del dolore espresso all’Angelus per l’eccidio dei copti in Egitto, annovera purtroppo un altro fatto di sangue. Si è trattato probabilmente di un attacco preorganizzato e studiato nei minimi particolari. Un gruppo di uomini armati alle prime ore di oggi ha fatto irruzione nell’abitazione della donna, situata nel quartiere Al Wahda della capitale irachena. Secondo l’ipotesi più probabile, Rafah Toma, questo il nome della donna, è stata freddata da un commando che ha utilizzato pistole munite di silenziatore, proprio a motivo della sua fede. Sempre secondo fonti locali, la vittima abitava nei pressi della cattedrale siro-cattolica di Nostra Signora del Soccorso, teatro il 31 ottobre scorso del sanguinoso attacco da parte di terroristi di al Qaeda, nel quale morirono oltre 50 persone. Con la stessa tecnica, sono stati eliminati nelle ultime ore anche poliziotti e militari locali. Ma quella descritta è solo l’ultima delle violenze che stanno caratterizzando in Iraq l’inizio del 2011. Almeno una decina le vittime tra le forze dell’ordine irachene di vari attacchi avvenuti in varie zone del Paese del Golfo. Vittime anche tra le forze americane presenti ancora in Iraq. Due soldati statunitensi sono stati uccisi la notte scorsa nel corso di uno scontro armato nella regione di Baghdad. Si tratta delle prime perdite subite dal contingente Usa nel 2011. Sale così a 4.432 il totale dei militari di Washington che hanno perso la vita dal marzo 2003, quando scattò l'invasione per rovesciare il regime di Saddam Hussein. Altre vittime causate da un’autobomba esplosa stamani a Baquba, davanti ad un ufficio dei Servizi d’informazione della polizia. Il 2011, dunque, inizia per l’Iraq drammaticamente in linea con il 2010, che, tra l’altro, è stato caratterizzato da un'inattesa inversione di tendenza: l’anno scorso, infatti, sono morti più iracheni rispetto al 2009. Un tributo di sangue che rischia di rendere ancor più difficoltoso il processo di stabilizzazione interno, che vede proprio nella convivenza pacifica tra le varie etnie e comunità religiose del Paese uno dei corollari fondamentali.

    In India 30 persone hanno perso la vita per il maltempo
    Un'ondata di freddo e maltempo ha colpito il nord dell'India causando la morte di 30 persone e intrappolando migliaia di turisti nelle località turistiche dell'Himalaya. La colonnina di mercurio è scesa ieri fino a -23 gradi nella città di Leh, nel Ladakh, la regione buddista devastata dalle piogge monsoniche della scorsa estate. Il maggior numero di vittime si registra nei popolosi Stati settentrionali dell'Uttar Pradesh e del Bihar, dove la pioggia ha fatto precipitare le temperature minime con forti disagi per i poveri e senzatetto. Record stagionale di freddo anche nella capitale New Delhi. Nella città di Agra, dove sorge il celebre mausoleo del Taj Mahal, le autorità hanno deciso di chiudere le scuole (che sono prive di riscaldamento) per alcuni giorni. Una spessa coltre di neve ha paralizzato alcune note località himalayane, come Shimla, in Himachal Pradesh e la stazione sciistica di Gulmarg, nella valle del Kashmir, che erano affollate di turisti per le vacanze di fine anno.

    Terza vittima per le inondazioni nel nordest dell’Australia
    Aerei ed elicotteri militari hanno cominciato a rifornire di generi alimentari e di prima necessità le zone inondate del nordest dell'Australia, fra cui la città di Rockhampton (77 mila abitanti) presso la foce del fiume Fitzroy, in Queensland, dove il livello delle acque ha raggiunto i 9 metri, mentre l'aeroporto regionale rimane chiuso. Dopo un vertice con i servizi di emergenza, il capo della polizia del Queensland, Alistar Dawson, ha avvertito che l'alluvione potrà continuare ancora per un mese. Le inondazioni causate da un mese di piogge torrenziali, definite dalle autorità “un disastro di proporzioni bibliche”, coprono un'area grande quanto Francia e Germania messe insieme. Hanno causato almeno tre morti da sabato e colpito circa 200 mila persone in più di 30 città e centri minori, con migliaia di evacuazioni. Secondo le prime stime, i danni superano il miliardo di dollari australiani (circa 750 milioni di euro) in un'economia che dipende da agricoltura, allevamento e miniere. Mentre in alcune zone le acque cominciano a recedere, i rischi maggiori sono legati alle esondazioni dei fiumi. La polizia ripete gli avvisi di sicurezza dopo che due persone in località diverse sono annegate quando le loro auto sono state trascinate via dalle acque. Oggi, è stato recuperato da un fiume il corpo di un pescatore, mentre continuano le ricerche di due uomini in altre zone, dispersi dopo essere stati visti nelle acque in piena. La premier del Queensland, Anna Bligh, ha raggiunto oggi in aereo la città di Rockhampton, dove ha discusso con le autorità locali i rifornimenti e gli interventi di assistenza, in particolare ad agricoltori e allevatori.

    Crisi di governo in Pakistan
    Il premier pachistano, Raza Yusuf Gilani, sta cercando di scongiurare la crisi politica apertasi ieri dopo il ritiro dalla coalizione di governo del partito laico Muttahida Qaumi Movement (Mqm). Oggi, Gilani incontrerà un leader del principale partito dell'opposizione, Shahbaz Sharif, governatore della provincia del Punjab e fratello dell'ex premier, Nawaz Sharif, secondo quanto riporta la televisione Geo. Il premier ha dichiarato di non temere la caduta del governo, ma da ieri non gode più di una maggioranza in parlamento. Sempre oggi, i 25 deputati del Mqm chiederanno al presidente dell'assemblea legislativa di Islamabad di sedere sui banchi dell'opposizione. La coalizione guidata dal Partito popolare pakistano (Ppp) di Asif Ali Zardari, vedovo di Benazir Bhutto, si restringe così a 160 seggi su un totale di 342, diventando quindi un governo di minoranza.

    Bomba contro un convoglio Nato al confine tra Pakistan a Afghanistan
    Una bomba ha distrutto un'autobotte della Nato nella regione tribale di Khyber, al confine con l'Afghanistan. Lo riporta il sito web di Dawn, precisando che non si registrano vittime. L'esplosione è avvenuta vicino a una moschea sull'autostrada Peshawar-Torkham, dove transitano buona parte dei rifornimenti diretti alle truppe dell'Alleanza Atlantica. In seguito all'attacco, sul quale stanno indagando le forze di sicurezza, l'importante arteria che attraversa il confine afghano-pakistano è stata chiusa al traffico, causando lunghe file di veicoli.

    Sette uomini impiccati in Iran: dal 1° gennaio sono 11 le esecuzioni capitali
    Sette uomini condannati a morte per traffico di stupefacenti sono stati impiccati oggi in Iran, portando a 11 il numero delle esecuzioni capitali nel Paese dal primo gennaio. Le sette impiccagioni, riferisce l'agenzia Fars, sono avvenute nel carcere di Kermanshah, nell'ovest della Repubblica islamica. Il procuratore della città, Mojtaba Maleki, ha detto che i condannati erano stati trovati in possesso complessivamente di cinque chilogrammi di eroina e cento chili di crack. Secondo notizie di stampa, sono state 179 le esecuzioni capitali nel 2010 in Iran, dove la pena di morte è prevista per numerosi reati, quali l'omicidio, la rapina a mano armata, il traffico di droga, lo spionaggio e la violenza sessuale. Ma può essere applicata, anche se raramente avviene, anche per i colpevoli di adulterio e di omosessualità.

    Economia e Balcani tra le priorità della presidenza ungherese dell’Ue
    Dopo i giorni festivi inizia l’impegno di Budapest per il semestre di presidenza europea. Le priorità e gli obiettivi nel servizio di Laura Serassio:

    L’economia, rimane la priorità numero uno della presidenza ungherese, che continuerà il lavoro dei predecessori belgi, seguendo la messa in atto del meccanismo permanente anticrisi per l’eurozona e le conseguenti modifiche dei trattati. Nell’agenda di Budapest, poi, ci sarà la definizione del piano di finanziamento comunitario per il periodo 2014-2020. Un tema che si preannuncia delicato, con i maggiori contribuenti, quali Francia, Germania e Gran Bretagna, fautori di una linea di austerità, alla quale si oppone invece il blocco dei Paesi dell’Est. La presidenza ungherese dovrà occuparsi anche dell’ingresso di Romania e Bulgaria nell’area Shengen, un passaggio che i due Paesi avevano previsto intorno a marzo, mentre Parigi e Berlino, poco prima di Natale hanno espresso perplessità a questo proposito, preannunciando, di fatto, il proprio veto ad allargare ulteriormente l’area di libera circolazione. Il primo ministro ungherese, Viktor Orban, ha annunciato tra le priorità l’integrazione europea degli Stati balcanici occidentali, accelerando anzitutto l’adesione della Croazia. L’inizio dell’anno, oltre al cambio di guardia tra Belgio ed Ungheria, ha anche visto l’ingresso nell’eurozona dell’Estonia, diciassettesimo Paese ad adottare la moneta unica, il quinto tra il gruppo degli Stati membri dell’Unione europea dal 2004, dopo Slovenia, Cipro, Malta e Slovacchia. Un segnale positivo in questo periodo di crisi della moneta unica, anche se in controtendenza, rispetto agli altri Paesi europei, il cui processo di avvicinamento alla zona euro è stato rallentato dalla congiuntura economica. (ma)

    Dalle due Coree prime parole di dialogo
    Seul fa sapere che la porta del dialogo inter-coreano "resta aperta" e che la Corea del Sud è pronta "a rafforzare in maniera drastica la cooperazione economica" se Pyongyang darà prova di sincerità nella ripresa delle relazioni reciproche. Lo ha detto il presidente sudcoreano, Lee Myung-Bak, nel suo messaggio alla nazione per il nuovo anno. Per quanto riguarda la Corea del Nord non ci sono dichiarazioni ufficiali ma diversi articoli del maggior quotidiano nordcoreano auspicano un miglioramento delle relazioni fra le due Coree attraverso il dialogo. Il Rodong Sinmun, l'organo ufficiale del comitato centrale del partito dei lavoratori della Corea del Nord, ha scritto in diversi articoli che “il nuovo decennio dovrebbe essere un periodo di speranza per la fine della tragedia della divisione e raggiungere l'unificazione e la prosperità della penisola coreana”.

    Singapore registra il record di crescita per il 2010: +14,7% rispetto al 2009
    Crescita record per Singapore nel 2010. Il Pil del Paese asiatico mette a segno un rialzo del 14,7% rispetto all'anno precedente, trainato in particolar modo dal settore manifatturiero. Il record precedente era stato registrato nel 1970 con una crescita del 13,8%, riferisce la Bbc online. Nel 2009, l'economia aveva visto una contrazione dell'1,3%. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 3

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