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Sommario del 28/02/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Libertà religiosa e tutela delle minoranze cristiane al centro del colloquio tra il Papa e il presidente del Parlamento europeo
  • Benedetto XVI: la Chiesa impari i linguaggi dei nuovi media per innestare il Vangelo nella cultura digitale
  • Altre udienze e nomine
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Libia. L'Ue approva le sanzioni. Gheddafi sempre più solo ma non cede
  • Rischio di guerra civile in Costa d’Avorio. Il cardinale Sarr: accettare “la verità delle urne”
  • Nuove manifestazioni di protesta in Cina
  • Afghanistan: ucciso un militare italiano
  • Giornata mondiale delle malattie rare per abbattere barriere e discriminazioni
  • Al via la Carovana antimafia
  • La Notte degli Oscar premia "Il discorso del re" di Tom Hooper
  • Chiesa e Società

  • India: il Rapporto sulle violenze anticristiane presentato e appoggiato dal Governo federale
  • Parigi: incontro tra rappresentanti del mondo ebraico e delegati della Santa Sede
  • Terre des Hommes: in Costa d'Avorio l'esodo potrebbe assumere proporzioni enormi
  • Terremoto in Nuova Zelanda: ancora 200 i dispersi
  • Cile: l’invito dell’arcivescovo di Santiago a ricostruire il Paese dopo il sisma di un anno fa
  • Svizzera: sarà dedicata al Cile la Giornata ecumenica di preghiera del 4 marzo
  • Perù: lettera pastorale dei vescovi della foresta amazzonica
  • Copenaghen: riunione Oms-Europa-Italia per affrontare la crisi del Maghreb
  • Spagna: aperta a Madrid la plenaria della Conferenza episcopale
  • Cipro: incontro dei presidenti delle Conferenze episcopali del sud-est Europa sui giovani
  • Terra Santa: presto a Gerusalemme 80 appartamenti per famiglie cristiane
  • Afghanistan. Organizzazioni locali chiedono leggi più rispettose dei diritti umani
  • Filippine: congregazione di suore impegnate contro la prostituzione minorile
  • Sud Sudan: i vescovi lanciano una iniziativa per l’unità nel nuovo Stato
  • Niger: inaugurate tre università, una svolta per il futuro dei giovani del Paese
  • Burkina Faso: al via il Festival del Cinema panafricano
  • Burkina-Niger: conclusa la plenaria della Conferenza episcopale
  • Plenaria dei vescovi tedeschi a Paderborn su dialogo, ecumenismo e visita del Papa
  • Germania: per mons. Feige la visita del Papa sarà un impulso per l'ecumenismo
  • Spagna: presentazione del primo Congresso mondiale delle Università Cattoliche
  • La rivista internazionale dei Gesuiti “Popoli” leggibile anche sull’iPad
  • Otranto: fiaccolata a 20 anni dai primi sbarchi di extracomunitari, in memoria delle vittime
  • 24 Ore nel Mondo

  • Proteste in Oman e Yemen. In Egitto vietato l’espatrio per Mubarak
  • Il Papa e la Santa Sede



    Libertà religiosa e tutela delle minoranze cristiane al centro del colloquio tra il Papa e il presidente del Parlamento europeo

    ◊   Stamani, il Papa ha ricevuto in Vaticano il presidente del Parlamento europeo, Jerzy Buzek, che poi ha incontrato il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, e mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. “I colloqui, svoltisi in un clima di cordialità – riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana - hanno permesso un utile scambio di opinioni sulle relazioni fra la Chiesa cattolica, il Parlamento europeo e le altre istituzioni europee, nonché sul contributo che la Chiesa può offrire all’Unione. Nel corso dell’incontro ci si è soffermati anche su temi di attualità quali l’impegno per la promozione della libertà religiosa e la tutela delle minoranze cristiane nel mondo”. Ma ascoltiamo il presidente Jerzy Buzek al microfono del nostro collega del Programma polacco della Radio Vaticana, Krzysztof Bronk:

    R. – That was a very moving visit…
    E’ stato certamente un incontro molto emozionante e intenso. Stiamo vivendo purtroppo tempi difficili, tempi di difficoltà e di crisi, e incontrare un uomo di così grande fede e intelligenza è stato veramente importante, perché ci ha permesso di comprendere quanto il Papa possa fare per l’Europa e per tutto il mondo. Abbiamo discusso degli ultimi eventi che si stanno verificando nel Nord Africa e in Medio Oriente. La nostra speranza è che in questi Paesi possa esserci una democratizzazione e che questo possa portare ad una società che promuova i diritti umani. Abbiamo anche sottolineato come sia importante lottare per difendere le minoranze religiose, riferendoci in particolare ai diritti delle minoranze cristiane nel mondo. Abbiamo parlato ampiamente anche della prossima Beatificazione di Giovanni Paolo II e ricordato insieme il discorso che Papa Wojtyla tenne al Parlamento europeo. Infine ho colto l’occasione per invitare Benedetto XVI al Parlamento europeo. (mg)

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    Benedetto XVI: la Chiesa impari i linguaggi dei nuovi media per innestare il Vangelo nella cultura digitale

    ◊   Studiare con accuratezza i linguaggi della moderna cultura digitale, per aiutare la missione evangelizzatrice della Chiesa a trasfondere in queste nuove modalità espressive i contenuti della fede cristiana. È la sostanza del discorso che Benedetto XVI ha rivolto questa mattina ai membri che partecipano – da oggi a giovedì prossimo – alla plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Un linguaggio “emotivo”, esposto al rischio costante della banalità. Di contro, un linguaggio ricco di simboli, da migliaia di anni al servizio del trascendente. Cos’hanno in comune la comunicazione digitale con quella della Bibbia? Poco, apparentemente, se non fosse che per la Chiesa non esiste linguaggio nuovo che non possa essere compreso e utilizzato per annunciare il messaggio di sempre, quello del Vangelo. Benedetto XVI ha scandagliato le implicazioni di questo confronto, tornando su un tema toccato spesso negli ultimi anni: quello delle nuove tecnologie e dei cambiamenti che esse inducono nel modo di comunicare, al punto ormai da aver configurato “una vasta trasformazione culturale”. Le reti web, ha affermato il Papa, sono la dimostrazione di come “inedite opportunità” stiano delineando un “nuovo modo di apprendere e di pensare”, di “stabilire relazioni e costruire comunione”. Ma, ha osservato, esserne consapevoli non basta. L’analisi deve essere spinta più a fondo:

    “I nuovi linguaggi che si sviluppano nella comunicazione digitale determinano, tra l’altro, una capacità più intuitiva ed emotiva che analitica, orientano verso una diversa organizzazione logica del pensiero e del rapporto con la realtà, privilegiano spesso l’immagine e i collegamenti ipertestuali. La tradizionale distinzione netta tra linguaggio scritto e orale, poi, sembra sfumarsi a favore di una comunicazione scritta che prende la forma e l’immediatezza dell’oralità”.

    Essere “in rete”, ha proseguito Benedetto XVI, richiede che la persona sia coinvolta in ciò che comunica. E dunque, a questo livello di interconnessione le persone non si limitano a scambiare solo delle informazioni, ma “stanno già condividendo se stesse e la loro visione del mondo”. Una dinamica che, per il Papa, non è esente da punti deboli:

    “I rischi che si corrono, certo, sono sotto gli occhi di tutti: la perdita dell’interiorità, la superficialità nel vivere le relazioni, la fuga nell’emotività, il prevalere dell’opinione più convincente rispetto al desiderio di verità. E tuttavia essi sono la conseguenza di un’incapacità di vivere con pienezza e in maniera autentica il senso delle innovazioni. Ecco perché la riflessione sui linguaggi sviluppati dalle nuove tecnologie è urgente”.

    Qui, ha asserito il Pontefice, si innesta il lavoro che deve compiere la Chiesa e in particolare il Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali. “Approfondire la cultura digitale” e quindi “aiutare quanti hanno responsabilità nella Chiesa” a “capire, interpretare e parlare il ‘nuovo linguaggio’ dei media in funzione pastorale”. Ben sapendo che nemmeno la dimensione spirituale della persona è estranea al mondo della comunicazione:

    “La cultura digitale pone nuove sfide alla nostra capacità di parlare e di ascoltare un linguaggio simbolico che parli della trascendenza. Gesù stesso nell’annuncio del Regno ha saputo utilizzare elementi della cultura e dell’ambiente del suo tempo: il gregge, i campi, il banchetto, i semi e così via. Oggi siamo chiamati a scoprire, anche nella cultura digitale, simboli e metafore significative per le persone, che possano essere di aiuto nel parlare del Regno di Dio all’uomo contemporaneo”.

    Benedetto XVI ha ribadito che la “relazione sempre più stretta e ordinaria tra l’uomo e le macchine”, siano esser computer o telefoni cellulari, può trovare nella ricchezza espressiva della fede e nei “valori spirituali” una dimensione ancor più ampia di quella già sconfinata che sembrerebbe garantire la tecnologia. Ciò seppe dimostrarlo, quattro secoli fa, il gesuita padre Matteo Ricci, il grande apostolo della Cina, riuscendo a cogliere “tutto ciò che di positivo si trovava” nella tradizione di quel popolo, e di “animarlo ed elevarlo con la sapienza e la verità di Cristo”. E altrettanto sono chiamati a fare i credenti di oggi, che nel mondo dei media, ha concluso il Pontefice, possono contribuire ad aprire “orizzonti di senso e di valore che la cultura digitale non è capace da sola di intravedere e rappresentare”. L'obiettivo di questo contributo è quello di "promuovere una comunicazione veramente umana":

    “Al di là di ogni facile entusiasmo o scetticismo, sappiamo che essa è una risposta alla chiamata impressa nella nostra natura di esseri creati a immagine e somiglianza del Dio della comunione. Per questo la comunicazione biblica secondo la volontà di Dio è sempre legata al dialogo e alla responsabilità, come testimoniano, ad esempio, le figure di Abramo, Mosè, Giobbe e i Profeti, e mai alla seduzione linguistica, come è invece il caso del serpente, o di incomunicabilità e di violenza come nel caso di Caino".

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina alcuni presuli della Conferenza episcopale delle Filippine, in visita “ad Limina”.

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Riobamba (Ecuador), presentata da mons. Víctor Alejandro Corral Mantilla, per raggiunti limiti di età.

    Ha quindi nominato consigliere della Pontificia Commissione per l’America Latina mons. Nikola Eterović, arcivescovo tit. di Cibale, segretario generale del Sinodo dei Vescovi, e membro della medesima Commissione il cardinale Jaime Lucas Ortega y Alamino, arcivescovo di San Cristóbal de La Habana (Cuba).

    Il Santo Padre ha nominato direttore dell'Ufficio del Fondo Pensioni l’avv. Stefano Di Pinto, officiale del medesimo Ufficio.

    Il Papa ha nominato, per un quinquennio, dirigente dell'«Area Controllo di gestione e procedure» dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica il dott. Stefano Loreti, finora capo ufficio nella Sezione Ordinaria della medesima Amministrazione, e ha nominato capo ufficio nella Sezione Ordinaria della stessa Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica il rag. Francesco Anastasi, finora officiale della Sezione Straordinaria, e capo ufficio nella Sezione Straordinaria il dott. Roberto Carulli e il dott. Stefano Lori, finora officiali della medesima Sezione.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Per difendere la comune umanità: in prima pagina, Lucetta Scaraffia riguardo al discorso di Benedetto XVI sull’aborto.

    Nuovi linguaggi digitali per parlare di Dio all’uomo: nell'informazione vaticana, il Papa alla plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.

    Uno stile di vita più semplice e sobrio: all'Angelus Benedetto XVI ricorda che non si può servire Dio e la ricchezza.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, la Libia: Gheddafi non cede e si prepara allo scontro finale.

    Nel progetto di Dio non ci sono trovatelli: in cultura, Inos Biffi sul mistero della Provvidenza.

    L’apparente debolezza della fede: sulla vittoria storica dei martiri del comunismo, l’articolo di Romano Scalfi contenuto nel nuovo numero di “Luoghi dell’Infinito”.

    Un articolo di Emilio Ranzato dal titolo “Vince il re”: come previsto agli Oscar trionfa “The King’s Speech”.

    Spiragli di luce in un mondo brutale: Gaetano Vallini recensisce il film di Debra Granik “Un gelido inverno”.

    Un articolo di Marcello Filotei dal titolo “Niente divismo siamo musicisti”: Martha Argerich suona Prokofiev all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.

    Solo la liturgia ci pone dinanzi a Dio stesso: nell’informazione religiosa, un ampio estratto dell’intervista rilasciata dal cardinale Antonio Cañizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, al settimanale Vida Nueva.

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    Oggi in Primo Piano



    Libia. L'Ue approva le sanzioni. Gheddafi sempre più solo ma non cede

    ◊   In Libia, forze ribelli hanno abbattuto un elicottero militare nei pressi di Misurata e catturato cinque soldati che erano a bordo del velivolo. Gli insorti, intanto, avanzano verso Tripoli. Ed è ormai limitata alla sola capitale l’area ancora sotto il controllo delle forze governative. Il procuratore del Tribunale penale internazionale dell'Aia, Luis Moreno Ocampo, ha avviato intanto indagini preliminari sulle violenze in Libia. L'Ue approva le sanzioni. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    La Libia è un Paese a due facce, quelle di Tripoli e Bengasi. La capitale continua ad essere controllata da forze governative. A Bengasi, invece, è stato istituito il Consiglio nazionale libico per governare il resto del Paese liberato dal regime. Gli insorti sono alle porte della capitale ma le forze governative, secondo diversi analisti, dispongono ancora di una potenza di fuoco capace di scatenare una guerra civile. Il destino dell’attuale governo libico appare segnato ma Muammar Gheddafi non cede e resta asserragliato nel bunker nel centro di Tripoli. In un’intervista rilasciata alla televisione serba, oltre a ribadire la responsabilità di Al Qaeda per le rivolte, il colonnello ha anche condannato l’Onu per aver imposto le sanzioni e, soprattutto, per l’inchiesta lanciata dalle Nazioni Unite contro di lui per crimini contro l’umanità. Ma la comunità internazionale prende in esame diverse misure restrittive. L'Unione Europea ha adottato le sanzioni contro il colonnello libico e altre 25 persone tra suoi familiari ed alleati. Tra queste vi sono: il congelamento dei beni, l'embargo sulla vendita di armi e il divieto di ingresso nei territori europei. L’Unione Europea sta anche cercando di stabilire contatti con l'opposizione. Il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha affermato che gli Stati Uniti sono “pronti ad aiutare gli oppositori di Gheddafi”. Anche il governo italiano, che ha sospeso il ‘Trattato di amicizia italo-libico’, esprime ferma condanna per la sanguinosa repressione delle proteste. L’Italia – ha detto il ministro degli Esteri Franco Frattini - è pronta all’uso della forza contro gli uomini fedeli al colonnello Gheddafi per riportare la pace in Libia a patto che ci sia in tal senso “uno sforzo corale da parte di tutti”. Stamani si è aperta a Ginevra la riunione del Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu, incentrata sulle rivolte popolari nel mondo arabo e sulla necessità di trovare una soluzione alla grave situazione libica. L’Alto Commissario delle Nazioni Unite, Navi Pillay, ha chiesto alla comunità internazionale di appoggiare le riforme in Medio Oriente e di vigilare sulla Libia per evitare violente rappresaglie. In Libia, infine, prosegue l’impegno della Chiesa locale per aiutare la popolazione libica e anche gli stranieri che non rientrano in liste di evacuazione. E’ quanto sottolinea il nunzio apostolico nel Paese, mons. Tommaso Caputo:

    “Ad oltre dieci giorni dall’inizio dei disordini in Libia, i sacerdoti e le suore dei due vicariati apostolici di Tripoli e Bengasi proseguono nel loro servizio a favore della popolazione e dei fedeli, specialmente negli ospedali. In questi giorni i religiosi stanno ricevendo insistenti richieste di aiuto da persone che non rientrano nelle liste di coloro i cui governi provvedono all’evacuazione dalla Libia. In particolare, a Tripoli segnalano la gravissima situazione di migliaia di eritrei che non hanno punti di riferimento e, nel contesto attuale, risultano i più abbandonati. Questi nostri fratelli eritrei sperano fortemente che qualche governo si possa occupare della loro evacuazione e li accolga come rifugiati”.

    Ha lanciato un accorato appello in favore degli eritrei anche il vicario apostolico di Tripoli, mons. Giovanni Innocenzo Martinelli. "Ci duole il cuore - ha detto il presule - perchè non possiamo fare niente per loro. Sono veramente gli ultimi del Vangelo. Chiedo che queste persone possano essere assistite e possano trovare rifugio da qualche parte".

    A differenza di quanto avvenuto in Egitto, numerosi Paesi, con in testa gli Stati Uniti, non hanno esitato a schierarsi in favore degli insorti libici, offrendo anche il proprio sostegno. A Eric Salerno, inviato del quotidiano “Il Messaggero” Stefano Leszczynski ha chiesto il perché di una presa di posizione americana così decisa e rapida in favore dell’opposizione libica.

    R. – Credo che fondamentalmente è il petrolio ed è la posizione strategica della Libia nel Mediterraneo. Gli americani hanno paura – e non soltanto loro – che la situazione possa sfuggire di mano e vogliono entrare subito nel gioco per dire: “Noi siamo con voi questo significa che domani ci dovrete ringraziare”.

    D. – Si può immaginare un qualche coinvolgimento dei servizi segreti internazionali per quanto sta succedendo in Nord Africa?

    R. – Le situazioni sono diverse. Per quanto riguarda quella egiziana, credo che la Cia ha fatto sapere da molto tempo che la situazione interna all’Egitto era fragile, in difficoltà per Mubarak e per le persone che gli erano vicine. Quello che è importante notare, però, è che i servizi segreti americani, i militari ed i servizi segreti egiziani sono in contatto costante. C’è, perciò, una presenza americana in Egitto, anche quando non c’è Mubarak.

    D. – Mentre in Libia la situazione sembra più contorta...

    R. – I servizi segreti libici e americani sono in contatto già da molti anni. Sono loro che mantengono i contatti. Anche negli anni di difficoltà, nel periodo dell’embargo, gli americani ed i libici si parlavano in qualche modo. Non è una cosa nuova, sono sempre stati presenti. Non credo che gli americani abbiano avviato il processo di cambiamento che sta avvenendo in Libia, non credo che si siano dati da fare in quel senso. (vv)

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    Rischio di guerra civile in Costa d’Avorio. Il cardinale Sarr: accettare “la verità delle urne”

    ◊   Continua in Costa D’Avorio lo scontro tra i sostenitori del capo di Stato uscente, Laurent Gbagbo, e il presidente eletto nel ballottaggio del 28 novembre scorso, Alassane Ouattara. Nel Paese si susseguono manifestazioni e disordini, tanto che molti osservatori parlano ormai di guerra civile. Sono migliaia le persone in fuga dalle violenze: e si sta profilando una vera e propria emergenza umanitaria. Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha chiesto una riunione d'urgenza del Consiglio di Sicurezza per fermare la crisi. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Massimo Alberizzi, esperto di Africa del Corriere della Sera:

    R. – C’è un braccio di ferro in corso tra i due presidenti. Ouattara sicuramente è stato accettato come vincitore ufficiale dalla comunità internazionale, dalla Francia, gli Stati Uniti e anche dalle Nazioni Unite. Gbagbo sostiene che ci sono stati dei brogli. Il fatto più grave è che, comunque, non si riesca a trovare una soluzione e che si rischi la guerra civile.

    D. - Su quali linee stanno conducendo la mediazione i capi di Stato dell’Unione Africana?

    R. – In realtà dovranno tentare una mediazione sul tipo di quella portata avanti con successo in Kenya, dove appunto il presidente Kibaki aveva vinto le elezioni in modo non trasparente e Raila Odinga, il suo oppositore, ovviamente chiese invece che le elezioni fossero invalidate. Si è riusciti a trovare un accordo: Kibaki presidente e Raila Odinga primo ministro. Era quello che si pensava di fare in Costa d’Avorio: lasciare in carica Gbagbo come presidente e nominare Ouattara primo ministro. Il problema è che però queste soluzioni sono sempre incostituzionali. Io credo che: chi ha perso le elezioni deve lasciare il posto a chi ha vinto le elezioni.

    D. – Sono molte le organizzazioni umanitarie che lanciano l’allarme in Costa d’Avorio proprio a causa di questa situazione e di questo rischio di guerra civile…

    R. – Sì, da quando sono cominciati gli scontri tra le due fazioni, devo dire che Gbagbo ha scatenato i suoi pretoriani: di notte vanno nelle case ad Abidjan a saccheggiare le abitazioni degli oppositori. Quindi, la situazione sta diventando sempre più difficile. A me sono arrivate delle fotografie e un video che francamente non è possibile pubblicare, in quanto sono veramente raccapriccianti. Per questo credo che ci sia già una forte emergenza umanitaria. (bf)

    Nei giorni scorsi una delegazione di leader religiosi africani, accompagnati dal cardinale Théodore Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar e primo vice presidente del Secam ( il Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar) si è recata in Costa d’Avorio per incontrare le forze vive della società civile e religiosa, nonché i protagonisti della crisi, Gbagbo e Ouattara, e tentare una mediazione. Hélène Destombes ha chiesto al cardinale Sarr gli obiettivi di questa missione:

    R. - L’objectif c’était donc de marquer notre solidarité…
    L’obiettivo era quello di ribadire la nostra solidarietà al popolo ivoriano e alla Chiesa della Costa d’Avorio. Perciò, abbiamo voluto incontrare i vescovi della Costa d’Avorio per dire loro la nostra solidarietà attraverso la preghiera ma anche valutando cosa poter fare come leader religiosi nel continente; abbiamo quindi incontrato le principali parti coinvolte nella crisi, i due presidenti, quello uscente e quello che è stato riconosciuto come eletto.

    D. - Qual è il messaggio che avete trasmesso a Laurent Gbagbo e Alassane Ouattara?

    R. - C’est que peut-être il faut certainement…
    Che certamente è necessario che le due parti accettino di riconoscere quella che io personalmente chiamo la “verità delle urne”: le elezioni ci sono state, sono stati comprovati i processi verbali dei seggi elettorali e dunque penso che la verità delle urne già esista e bisogna riconoscerla e accettarla. Noi abbiamo insistito su questo fatto e penso che le due parti sappiano dov’è la verità delle urne e speriamo che la missione dell’Unione Africana possa cambiare qualcosa. Ad ogni modo, se il problema rimane, noi ci domandiamo se non potremo allora prendere in considerazione un’altra delegazione, un’altra missione e vedere se associando l’autorità morale dei capi religiosi sia possibile contribuire ulteriormente al superamento della crisi.

    D. - Durante la visita in Costa d’Avorio dei quattro capi di Stato delegati dall’Unione Africana per risolvere la crisi politica, il rappresentante sudafricano ha proposto una condivisione del potere o l’organizzazione di nuove elezioni… E’ la soluzione?

    R. - Moi, je ne vois pas la nécessité vraiment de nouvelles élections…
    In realtà, io non vedo la necessità di nuove elezioni, non sono sicuro che servano… Ho detto che la verità delle urne è da qualche parte ed è meglio individuare un’istanza neutrale che voglia riesaminare i processi verbali per vedere se le conclusioni di una parte e dell’altra possano considerarsi conformi e vedere quindi dov’è la verità delle urne. Per quanto mi riguarda, ripeto, sono convinto che questa verità esiste!

    D. - Dall’inizio della crisi qualcuno ha accennato a divisioni anche all’interno dell’episcopato ivoriano… Lei l’ha constatata?

    R. - “Divisions” c’est peut-être un peu fort mais des divergences de vue…
    Il termine “divisioni” mi pare un po’ forte; credo si tratti piuttosto di divergenze di opinioni e credo che sia normale … Penso che in questa situazione alcuni ascoltano una parte e forse pensano che quella parte abbia ragione e magari altri vescovi pensano che invece sia l’altra parte ad avere ragione … Diciamo che ci sono divergenze di opinioni ma che queste non hanno impedito loro di incontrarsi e di produrre documenti comuni. Ma noi stessi avevamo consigliato loro di fare sempre lo sforzo di porsi al di sopra delle parti e di evitare di essere etichettati come “partigiani”, di una parte o dell’altra. Ma è facile a dirsi quando ci si trova all’esterno; quando si è coinvolti non è facile. Ma è necessario aiutare a considerare la situazione con distacco. (bf)

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    Nuove manifestazioni di protesta in Cina

    ◊   Nuovi appelli sono comparsi in queste ore sul web in Cina per continuare le manifestazioni della cosiddetta "rivoluzione dei gelsomini", sull’esempio del Nord Africa, alla vigilia dell’inaugurazione domani a Pechino della sessione annuale del Parlamento cinese. Ieri dimostrazioni pro democrazia, organizzate su internet, si sono tenute nella capitale, a Shanghai e in altre 18 città. Massiccio lo schieramento dell'apparato di sicurezza cinese: a Pechino, gli agenti hanno fatto ricorso anche alla forza, malmenando un cameraman americano e trattenendo un gruppo di giornalisti tra cui uno dei corrispondenti della Bbc. L'ambasciata Usa in Cina definisce "inquietanti" gli attacchi condotto contro i giornalisti chiedendo a Pechino di rispettare il diritto della stampa straniera a informare sul Paese. Sui timori delle autorità cinesi, Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente ad Hong Kong Ilaria Maria Sala, del quotidiano “La Stampa”:

    R. – Ogni tipo di protesta organizzata è un qualcosa che la Cina cerca di avere il meno possibile. Ciò detto, manifestazioni in Cina ce ne sono tutti i giorni, ma sono quasi sempre legate a dei problemi molto locali. Per cui si assiste a manifestazioni di lavoratori, di operai per vari tipi di problemi legati direttamente al lavoro, ai salari, alle condizioni in fabbrica e così via. Pur essendo un avvenimento molto frequente, è qualcosa che Pechino cerca di controllare il più possibile e mantenere localizzato, per evitare appunto che delle proteste possano diffondersi su larga scala ed agglomerare invece scontento a livello nazionale. Per cui, le manifestazioni legate a questa “rivoluzione dei gelsomini” rappresentano un rarissimo esempio di un tentativo di scendere in piazza a livello nazionale non più per delle cause specifiche – se vogliamo, anche materiali – ma per degli ideali: quindi maggiore democrazia, maggior trasparenza, minor corruzione, che sono fra l’altro gli stessi temi portanti che si erano avuti nel 1989, quando c’erano state le manifestazioni di piazza Tien’anmen.

    D. – Da chi sono organizzate queste proteste pro-democrazia?

    R. – La chiamata iniziale è venuta dall’estero, tramite dei server che non sono basati in Cina. E’ venuta in lingua cinese, per cui probabilmente da cinesi residenti all’estero o anche da cinesi residenti in Cina che sono in grado di superare quella barriera della censura che consente di accedere a siti oscurati in Cina. Va però notato che, malgrado la maggioranza dei cinesi sia consapevole del fatto che delle manifestazioni di questo tipo presentano dei rischi personali molto grandi, c’è stata una risposta piuttosto pronta sul territorio. Internet è stato il veicolo principale ed unico. La rivoluzione nelle comunicazioni è ormai un dato di fatto, per cui per le persone questo è un modo pratico ed accessibile per diffondere su scala nazionale delle informazioni o, appunto, delle mobilitazioni.

    D. – Domani è in programma la sessione annuale del Parlamento cinese. Wen Jiabao ha deciso di rallentare la crescita per evitare l’aumento dell’inflazione…

    R. – L’inflazione direi che è, probabilmente, uno dei grandi grattacapi per la dirigenza cinese. Una forte crescita economica - che è stata vista finora come indispensabile dalla dirigenza cinese per placare lo scontento, prevenire possibili movimenti sociali di massa o il ripetersi dei fatti del 1989 - ha però proprio nel suo interno, inevitabilmente, dei problemi legati all’inflazione. (vv)

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    Afghanistan: ucciso un militare italiano

    ◊   Il cordoglio delle istituzioni e di tutto il mondo politico italiano per la morte del tenente Massimo Ranzani, deceduto stamani in un attentato nei pressi di Shindad, nell’ovest dell’Afghanistan. Nell’esplosione di un ordigno rudimentale sono rimasti gravemente feriti anche altri quattro militari italiani del quinto Reggimento alpini di Vipiteno. Il servizio di Debora Donnini:

    L’Italia piange la sua 37.ma vittima dall’inizio della presenza militare in Afghanistan nel 2004. Massimo Ranzani, 36 anni, di Ferrara, è morto stamattina quando il veicolo blindato Lince su cui viaggiava è stato investito dall’esplosione di un ordigno rudimentale. Altri quattro militari italiani sono rimasti gravemente feriti e si trovano ora presso l'ospedale militare della base "Shaft" di Shindand, sede del comando della Task Force Centre. I soldati stavano rientrando da una missione di assistenza medica alla popolazione locale. Esprime profonda commozione il presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano; “un calvario”, dice il premier Silvio Berlusconi. Tutte le volte, ci si chiede se questo sacrificio serva ma, precisa, “dobbiamo andare avanti”. Il nostro dovere è rispettare gli impegni internazionali, afferma ancora il ministro degli esteri Franco Frattini. E la violenza oggi ha colpito anche altri 3 soldati dell’Isaf, deceduti in altre zone del Paese.

    Sul tipo di attacco effettuato dai ribelli contro la pattuglia italiana, sentiamo Alessandro Politi, analista politico e strategico.

    R. – Non c’è, ormai, nulla di particolarmente strano in questo tipo di attacchi. Siamo in una zona pesantemente infiltrata dalle forze talebane, dai ribelli, e quindi è assolutamente normale che i nostri avamposti vengano attaccati, le nostre pattuglie cadano in questo tipo di imboscate con ordigni improvvisati. Tutto questo andrà avanti fino a quando noi non riusciremo non solo a creare delle bolle di sicurezza ma a soppiantare i governi ombra talebani che si stanno sistematicamente insediando nei villaggi.

    D. – Come mai l’Isaf non riesce appunto sradicare questa presenza talebana?

    R. - Perché non bastano le operazioni militari. Bisogna fare in modo che le forze afghane e, soprattutto il governo afghano, sia presente e in molti posti è semplicemente assente. Mentre, invece, i talebani arrivano con un capo - spesso dall’esterno per evitare favoritismi tribali - quattro, cinque sezioni specializzate per i bisogni della popolazione tra cui la giustizia, ed esistono anche dei tribunali mobili che la amministrano con molta rapidità, efficacia, anche se con spietatezza. Questo, naturalmente, porta i villaggi gradualmente ad allinearsi sulle posizioni dei ribelli.

    D. – Perché non si punta sul potenziamento del governo afghano?

    R. – Perché questo è un problema del governo afghano. E’ un governo profondamente diviso: è diviso per linee etniche, per linee di famiglia e, purtroppo, è anche affetto da fenomeni importanti di corruzione e quindi risulta meno credibile quando ci si allontana dalla capitale. Questo non lo possono fare gli stranieri per il governo di Kabul, questo lo deve fare il governo stesso. (bf)

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    Giornata mondiale delle malattie rare per abbattere barriere e discriminazioni

    ◊   “Rari, ma uguali”: è questo lo slogan della quarta Giornata mondiale delle malattie rare che viene celebrata oggi con l’obiettivo di abbattere le diseguaglianze che contribuiscono a isolare i pazienti sia in ambito medico che sociale. Ieri il Papa all’Angelus ha incoraggiato la ricerca in questo settore. A tutt’oggi si conoscono circa ottomila patologie di questo tipo: la maggior parte è ancora senza cure e tante sono croniche, degenerative e dolorose; circa l’80 per cento ha un’origine genetica, mentre il restante è dovuto a infezioni, allergie o cause ambientali. In Europa sono oltre 30 milioni le persone colpite da queste malattie; due milioni solo in Italia, di cui il 70 per cento sono bambini. E sono molto difficili da diagnosticare. Ascoltiamo in proposito l’esperienza del prof. Giovanni Neri, direttore dell’Istituto di genetica medica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, intervistato da Eliana Astorri:

    R. - Quando si ha di fronte un bambino in ambulatorio con una condizione - nel nostro caso, in genere, si tratta di sindromi, malformazioni o non malformazioni con ritardo dello sviluppo intellettivo - bisogna capire in primo luogo che cosa ha questo bambino. Ci sono condizioni che sono abbastanza facilmente diagnosticabili, ma ce ne sono altre che proprio per la loro rarità rappresentano un problema diagnostico molto significativo. Infatti, ancora oggi, nonostante i grandi progressi che sono stati compiuti dalla genetica, dal progetto genoma e dagli avanzamenti tecnologici, una buona parte di questi bambini rimane non diagnosticato. In un certo modo, nella categoria delle malattie rare ci vorrebbe anche la categoria “sconosciuto” perché, effettivamente, ci sono tanti pazienti che sicuramente hanno una malattia rara alla quale noi però non riusciamo a dare un nome.

    D. - Professor Neri, la cura delle malattie rare è più difficile perché essendo tali, e quindi riguardando pochi pazienti, le case farmaceutiche non hanno interesse ad investire nella ricerca e quindi nella scoperta di nuovi farmaci: è così?

    R. - Questo è sicuramente stato così e probabilmente lo è ancora in parte. Però, anche per esperienza diretta, devo dire che alcune cose si stanno muovendo in maniera abbastanza importante. Innanzitutto, c’è un fiorire di piccole compagnie biotech che si occupano di farmaci orfani, però ci sono anche delle grandi multinazionali del farmaco che si stanno attivamente impegnando nella ricerca di farmaci per malattie rare. Questo è un segnale importante che va colto e che va sottolineato.

    D. - Le famiglie del paziente affetto da malattia rara hanno bisogno di sostegno…

    R. - Hanno bisogno di sostegno perché per quanti sforzi siano stati compiuti - e devo dire che l'Italia è stata in prima linea nell’integrazione dei ragazzi con delle disabilità -, ciò nonostante, rimane ancora il fatto che questi ragazzi vengono spesso isolati dagli altri. E se, oltre ad avere questo problema, per di più vengono in qualche maniera anche puniti attraverso un’emarginazione, questo veramente è qualcosa di inaccettabile. (ma)

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    Al via la Carovana antimafia

    ◊   Un viaggio attraverso l’Italia e l’Europa per sensibilizzare sul problema della criminalità organizzata. E’ la Carovana antimafia che partirà domani da Roma e che per 96 giorni toccherà tutte le regioni italiane, oltre a Francia, Svizzera, Albania, Bosnia, Bulgaria e Serbia. L’iniziativa è stata presentata stamattina a Roma. Alessandro Guarasci:

    Oltre 120 tappe e quasi 17500 chilometri percorsi da due furgoni in nome della legalità. Era il 1994 quando nasceva la Carovana antimafia, e ora gli organizzatori, Arci, Libera e Pubblico Avviso, portano questa iniziativa anche all’estero, perché le mafie si stanno sempre più internazionalizzando. Ad ogni tappa, un pezzo di stoffa con il nome della città protagonista sarà aggiunto alla bandiera della legalità democratica, simbolo della Carovana. Questa è un’edizione speciale per il Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso:

    “Quest’anno ha una caratteristica particolare, quella dell’Unità d’Italia che unisce un po’ tutta una serie di manifestazioni in quest’ottica. A parte il respiro internazionale, perché si va anche in altre parti d’Europa, penso che ci sia bisogno di questi momenti per cogliere l’occasione per avere contatti con i giovani e per cercare di far prendere coscienza della situazione e dell’impegno che è necessario”.

    Il 21 marzo poi ci sarà una mobilitazione in tutte le città italiane, perché tutta la nazione sia unita nel contrasto alle mafie. Per il presidente di Libera, don Luigi Ciotti, va fatta principalmente un’azione culturale. Ma poi servono anche leggi più efficaci:

    “L’Italia è dal 1999 che non traduce nel codice penale i reati contro la corruzione. E’ la Convenzione di Strasburgo che ci chiede, a livello europeo, di farlo; ed è per questo che Libera sta raccogliendo un milione e mezzo di firme per chiedere che si applichino queste convenzioni”.

    Per don Luigi Ciotti, positivo è il lavoro che sta facendo l’agenzia per i beni confiscati. Almeno il 45% delle proprietà tolte alla mafia non può però essere utilizzato perché gravato da ipoteche.

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    La Notte degli Oscar premia "Il discorso del re" di Tom Hooper

    ◊   Assegnati al Kodack Theatre di Los Angeles i Premi Oscar, giunti alla loro 83.ma edizione: parzialmente confermati i pronostici, con “Il discorso del re, “The social network, “Inception e “The Fighter a dividersi i premi. Il servizio di Luca Pellegrini:

    La storia e i suoi personaggi a contendersi gli Oscar, che alla storia del cinema sono una delle porte d'ingresso, forse la principale: così il balbuziente Giorgio VI e i suoi discorsi interrotti, sullo sfondo drammatico di un mondo che cammina spedito verso una nuova guerra mondiale, conquistano Hollywood e l'Academy premia, come ampiamente preventivato, “Il discorso del re”, un film classico, maturo, perfetto, che porta a casa le più importanti, dorate statuette: quella per il miglior film, la migliore regia - a Tom Hooper - la sceneggiatura originale e, scelta indiscutibile, Colin Firth come migliore attore protagonista. Film in cui anche il potere, in questo caso regale, si fa protagonista, nella centralità della vita di una nazione in pericolo. Un servizio, dunque, non privilegio, e una lezione per la nostra attualità. Concorrente diretto un'altra biografia, un'altra storia, molto più vicina a noi: “The social network” di David Fincher, dedicato alla nascita di Facebook e alle azioni - più o meno lecite - del suo logorroico e nevrotico inventore. Prende però soltanto tre statuette ed esce, dunque, sconfitto dalla competizione. Migliore attrice risulta la ballerina bipolare Natalie Portman nel thriller psicologico “Black Swan” di Darren Aronofsky, una sofferta, incisiva interpretazione per un film piuttosto velleitario. Altro dramma, questa volta sportivo, legato alla storia vera del pugile Micky Ward, “The Fighter” - in uscita sugli schermi italiani la prossima settimana - in cui coraggio e riscatto animano una famiglia piena di contraddizioni ma anche di spirito di sacrificio, una storia umanamente toccante, di grande spessore e perfettamente interpretata da Christian Bale e Melissa Leo che vincono come migliori non protagonisti. La fantascienza intellettuale di Christopher Nolan – “Inception” - vince quattro Oscar tecnici, ma la complessità e la profondità sofisticata del film meritavano certo di più. Caso singolare: “Il Grinta”, revival western dei fratelli Coen, che aveva dieci candidature, riceve zero statuette, ma non sembra davvero un'ingiustizia. Infine, tra i ventiquattro premi distribuiti nel corso di una noiosissima cerimonia e noiosissimi ringraziamenti, ne spiccano altri tre da ricordare: “Toy Story 3” come miglior film d'animazione - perché i giocattoli hanno qualche cosa di umano da dire, affermano i suoi realizzatori ritirando felici l'Oscar - il documentario breve “Strangers no more” - in quaranta minuti bambini profughi da quarantotto paesi ci confermano come attraverso istruzione e tolleranza la pace sia possibile - e, sempre a proposito di tolleranza e pace, il meritatissimo Oscar come miglior film straniero a “In un mondo migliore” della danese Susanne Bier, in cui un medico coltiva l'utopia della ragione, del perdono e dell'amore e due ragazzi in lotta ne subiscono il giusto fascino. In questo caso il cinema si è già fatto migliore e aspetta che a seguirlo siano l'uomo e le sue complesse vicende.

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    Chiesa e Società



    India: il Rapporto sulle violenze anticristiane presentato e appoggiato dal Governo federale

    ◊   Il Rapporto del giudice Michael Saldanha, che ristabilisce la verità sulle violenze anticristiane avvenute nello stato di Karnataka del 2008, è stato presentato ufficialmente a tre Ministri del governo federale dell’India. Come informano fonti dell'agenzia Fides, il Ministro degli Interni, P. Chidambaram, il Ministro per gli Affari delle Minoranze, Salman Khurshid e il Ministro della Giustizia, Veerappa Moily, hanno accolto con favore l’opera, ne hanno pienamente condiviso le conclusioni e hanno assicurato il loro sostegno per azioni future. Sono tre Dicasteri di peso nel governo dell’Unione indiana ad aver preso ufficialmente posizione nella vicenda che vede fronteggiarsi due diversi Rapporti: il primo è quello elaborato dal giudice B. K. Somasekhara, su commissione del governo dello stato del Karnataka, guidato dal partito nazionalista indù Baratiya Janata Party (Bjp). Il testo nega del tutto le responsabilità dei gruppi fondamentalisti indù nelle violenze anticristiane del 2008. I cristiani, ma anche molti cittadini indù lo ritengono “zeppo di pregiudizi e falsità” e lo definiscono “un rapporto teleguidato” dalla politica, che voleva assolvere i gruppi radicali indù. Il secondo Rapporto, commissionato da un gruppo di Ong come il “Catholic-Christian Secular Forum” (Csf) e pubblicamente sostenuto dalla Chiesa cattolica indiana, è stato affidato al giudice Micha el Saldanha che, dopo una indagine sul campo con oltre 3.000 testimoni, ha ristabilito la verità, portando prove inequivocabili sul fatto che la violenza fu pianificata ed eseguita dai gruppi estremisti indù, che agirono con la copertura del governo dello Stato. Joseph Dias, presidente del Csf, che ha presentato il Rapporto ai Ministri, esprime soddisfazione e ottimismo: “Siamo molto felici dell’incontro con gli esponenti del governo federale, che hanno appoggiato la nostra campagna per la verità. Abbiamo mostrato filmati e testimonianze, prove schiaccianti. I Ministri hanno assicurato l’intervento del governo: dovremo incontrarci di nuovo nei prossimi giorni per sottoporre all’esecutivo un concreto piano d’azione. Siamo ottimisti per il successo di questa campagna, che sta riscuotendo l’appoggio di cristiani e delle altre minoranze, ma anche di molti intellettuali e leader religiosi indù che deplorano i gruppi radicali”. Il punto è, nota Dias, che “in Karnataka gli estremisti indù hanno un immenso potere: sono al governo, sono infiltrati nel sistema giudiziario, nella burocrazia e nella polizia. Dunque è impossibile avere giustizia in quello Stato”. Per questo gli attivisti chiedono che il governo dell’Unione rigetti ufficialmente il Rapporto del giudice Somasekhara; che gli oltre 330 casi di false accuse contro i cristiani, registrati nei tribunali del Karnataka, siano cancellati; che le chiese e gli istituti danneggiati nel 2008 ricevano un adeguato risarcimento; che si metta fine all’impunità, individuando e perseguendo i colpevoli. Il Csf ha consegnato il Rapporto Saldanha anche al nunzio apostolico, mons. Salvatore Pennacchio, che lo ha preso in “seria considerazione” e intende coinvolgere nella campagna associazioni che difendono i diritti umani, di statura e diffusione internazionale. Nell’ondata di violenza anticristiana del 2008, si registrarono 113 attacchi in 29 distretti. (R.P.)

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    Parigi: incontro tra rappresentanti del mondo ebraico e delegati della Santa Sede

    ◊   Si è aperto ieri a Parigi presso il Collège des Bernardins la 21ª sessione degli incontri biennali promossi dalla International Jewish Committee for interreligious Consultation (Ijcic) e la Commissione per le relazioni religiose con il giudaismo della Santa Sede. Partecipano all’incontro – che quest’anno celebra il suo 40° anniversario - una settantina di persone provenienti da tutto il mondo. A prendere ieri la parola nel corso della sessione pubblica inaugurale sono stati Gilles Bernheim, Gran Rabbino di Francia, Richard Prasquier, presidente del Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche in Francia (Crif), il cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani (all’interno del quale vi è una commissione preposta alle relazioni religiose con il giudaismo) e il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi. L’incontro si concluderà mercoledì con la pubblicazione di una dichiarazione congiunta. Oggi i partecipanti pianteranno una quercia nella città di Raincy (Seine-Saint-Denis) in memoria di Ilan Halimi, un francese ebreo torturato e ucciso nel 2006. Domani invece è il giorno dedicato alla memoria con una visita dei delegati al memoriale della Shoah a Parigi alla quale seguirà poi un pellegrinaggio al campo di Drancy dove si svolgerà una cerimonia commemorativa. Ieri, nel suo discorso, il presidente del Crif Richard Prasquier ha annunciato la creazione di Israele, di un memoriale dedicato al cardinale Jean-Marie Lustiger, attore instancabile del dialogo tra le due religioni. Sarà situato nel Negev vicino Arad, sulla rotta indicata nella Bibbia come la "Strada dei Re". Nel presentare l’evento, il cardinale André Vingt-Trois ha ripercorso questi 40 anni di dialogo tra gli ebrei e la Chiesa cattolica. Sul sito dell’arcidiocesi parigina, ha parlato della “secolare eredità di sospetti e fantasmi” che pesavano sui rapporti e di come questa eredità abbia potuto “trasformarsi” nel giro di solo mezzo secolo. “Abbiamo progredito molto – ha detto - soprattutto sul modo in cui ebrei e cattolici si rapportano vicendevolmente. Abbiamo cioè chiaramente espresso che l’obiettivo dei cattolici non è quello di convertire gli ebrei e che l’obiettivo degli ebrei non è quello di convertire i cattolici. Occorre piuttosto prendere coscienza di quello che ci unisce, delle nostre identità differenti e di misurare come il nostro radicamento comune nell’Antico Testamento ci chiama ad azioni comuni per la società”. Secondo l’arcivescovo la sfida attuale è soprattutto quella di passare da un livello di dialogo “istituzionale alle relazioni di base, ai rapporti tra la parrocchia e la sinagoga a lei più vicina. Questo è un cammino anche da percorrere”. (R.G.)

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    Terre des Hommes: in Costa d'Avorio l'esodo potrebbe assumere proporzioni enormi

    ◊   Terre des Hommes esprime profonda preoccupazione per l'emergenza umanitaria che sta vivendo la Costa d'Avorio, causata dalla crisi post-elettorale e sta intervenendo per dare soccorso alla popolazione civile. “Migliaia di persone sono in fuga - afferna Alessandro Rabbiosi, delegato di Terre des Hommes in Costa d'Avorio - e l’esodo potrebbe assumere proporzioni enormi. A causa della violenza nelle strade di Yopougon, una delle municipalità di Abidjan, abbiamo dovuto chiudere la nostra Casa del Sole, un Centro d'accoglienza per bambini di strada che negli ultimi giorni aveva registrato il triplo di frequentazioni e di richieste d'aiuto e sostegno psicologico rispetto all’attività di routine. Nonostante la chiusura del Centro, continueremo ad occuparci dei bambini, monitorando la situazione delle famiglie e rispondendo ai loro bisogni più urgenti”. Nel frattempo - riferisce l'agenzia Sir - Terre des Hommes ha organizzato nei giorni scorsi un intervento di distribuzione di materiale igienico, biscotti ad alto valore energetico, stuoie di plastica, acqua e pastiglie di cloro avute da Unicef per gli sfollati nel quartiere di Abobo, dove 2 mila persone sono rifugiate nella parrocchia di Saint Mathieu e migliaia stanno scappando cercando riparo nelle zone non ancora sottoposte a scontri. (R.P.)

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    Terremoto in Nuova Zelanda: ancora 200 i dispersi

    ◊   “Sembra un campo di battaglia! E’ la descrizione di più reporter che si aggirano per le strade di Christchurch, mentre altri sono ammutoliti dallo scenario di distruzione che circonda la città" racconta padre Paul Shannahan, direttore nazionale della Pontificie Opere Missionarie della Nuova Zelanda in un aggiornamento inviato all'agenzia Fides: "Le immagini diffuse in televisione parlano chiaro. Le squadre internazionali di soccorso - afferma il sacerdote - non si sono mai fermate nella speranza di ritrovare ancora qualche persona viva, ma dopo quattro giorni di ricerche inutili, gli interventi ora sono mirati al recupero dei cadaveri. Finora 146 corpi sono stati trasferiti in obitori temporanei dove 164 specialisti stanno cercando di dimostrare la vera identità di ognuno di questi tra oltre 20 nazionalità diverse. Ci sono ancora 200 dispersi. Oltre 20 corpi sono sotto le macerie della Cattedrale anglicana. I soccorritori riescono a vedere i corpi ma il recupero è ostacolato dalle continue scosse di assestamento e dal pericolo di crolli" prosegue padre Shannahan. "Continuano ad arrivare aiuti da ogni parte, il Governo australiano ha donato $5,000,000, oltre 250 poliziotti australiani stanno lavorando insieme alla polizia locale. La Croce Rossa e i militari dell'Esercito insieme al personale sanitario si stanno occupando dei feriti e dei tanti cittadini gravemente terrorizzati. Gli agricoltori di Canterbury sono stati accolti con i loro grandi macchinari per dare una mano nelle operazioni di salvataggio e nella pulizia delle strade. Il vescovo cattolico della città, mons. Barry Jones, ha comunicato che non si celebreranno Messe nelle chiese parrocchiali fino a quando non saranno messi in sicurezza tutti gli edifici. Migliaia di cittadini hanno dovuto abbandonare la città perchè le loro case sono distrutte o inaccessibili o semplicemente perchè sono impauriti dalla città che continua a traballare. Continuano ad arrivare preghiere da tutto il mondo, da quelle di Papa Benedetto XVI a quelle di padre John e dei suoi studenti del Mali, in Africa, che stanno pregando per la gente di Chistchurch". (R.P.)

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    Cile: l’invito dell’arcivescovo di Santiago a ricostruire il Paese dopo il sisma di un anno fa

    ◊   Ricostruire il Cile, non solo materialmente, ma soprattutto spiritualmente: questo, in sintesi, l’invito lanciato da mons. Ricardo Ezzati Andrello, arcivescovo di Santiago del Cile, nella Messa celebrata ieri nella capitale per ricordare le vittime del terribile terremoto di un anno fa. Il 27 febbraio 2010 un violento sisma devastò il Paese: più di 700 i morti, dei quali solo la metà identificati, decine i dispersi, mezzo milione gli edifici danneggiati. Una catastrofe che non accenna a placarsi: in questi giorni, infatti, la terra ha ripreso a tremare sia lungo la costa orientale cilena che al centro del Paese. Nella sua omelia, mons. Ezzati ha ricordato l’importanza di “aprire i cuori alla speranza”, una speranza “che scaturisce dalla fede nella Parola di Dio”, poiché il Signore è sempre accanto all’uomo, “non solo nei fenomeni naturali, ma anche e soprattutto in quei terremoti interiori che spesso ci scuotono come persone”. Di qui, la riflessione del presule sulla necessità di ristrutturare il Cile: “Se veramente vogliamo ricostruire il Paese – ha detto – non dobbiamo pensare soltanto alla ricostruzione materiale, ma dobbiamo ancor di più dare consistenza a quest’opera, rilanciando la persona e la società”. Infatti, ha ribadito mons. Ezzati, “il tempio più sacro che Dio ha costruito è la persona umana. E di essa dobbiamo preoccuparci in primo luogo”, perché “solamente con la solidarietà e con l’amore, possiamo costruire una popolazione in cui ogni persona trova la dignità che Dio le ha donato, poiché la gloria del Signore è la vita degli uomini, in modo che essi vivano nella dignità di figli di Dio”. In questo contesto, l’arcivescovo di Santiago ha invitato i fedeli ad offrire, nella propria vita, una testimonianza cristiana, senza preoccuparsi di quell’apparenza tanto esaltata dalla cultura contemporanea. “Bisogna chiedersi – ha detto mons. Ezzati – cosa dà alla vita il suo giusto valore: è l’aspetto esteriore o sono la santità e la giustizia del nostro modo di agire?”. Mai, quindi, sopravvalutare le cose materiali, ha ribadito il presule, perché non bisogna mai “trasformare in Dio ciò che non è Dio”. Infine, mons. Ezzati Andrello ha esortato i fedeli a contribuire alla colletta speciale raccolta durante la Messa e il cui ricavato sarà devoluto ai giovani più colpiti dal sisma del 2010, per aiutarli negli studi. (A cura di Isabella Piro)

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    Svizzera: sarà dedicata al Cile la Giornata ecumenica di preghiera del 4 marzo

    ◊   Una giornata di preghiera e solidarietà dedicata al Cile: è ciò che la Svizzera si prepara a vivere il prossimo 4 marzo. L’iniziativa ha carattere ecumenico ed è portata avanti da una rappresentanza di donne cristiane. La ricorrenza è fissata ogni anno per il primo venerdì di marzo. Lo slogan della Giornata è “Informarsi per pregare, pregare per agire” ed ha l’obiettivo di invitare i cristiani alla solidarietà, al fine di migliore la condizione delle donne e delle loro famiglie in tutto il mondo. Quest’anno, il frutto della colletta raccolta durante le Messe del 4 marzo sarà devoluta alla ricostruzione della regione cilena di Concepción, distrutta da un devastante terremoto il 27 febbraio 2010. Il tema dell’iniziativa di quest’anno è “Quanti pani avete?” ed è tratto da un passo del Vangelo di Marco: “Il gruppo ecumenico delle donne cilene – informa una nota – vuole invitare ogni cristiano del mondo ad interrogarsi su cosa fare delle proprie ricchezze, delle proprie qualità e su come aiutare gli altri”. Celebrata ufficialmente per la prima volta nel 1927, la Giornata mondiale di preghiera affonda le sue radici nel lontano 1887, quando negli Stati Uniti, le donne della Chiesa presbiteriana lanciarono un appello per un momento di preghiera a favore delle missioni interne. Tre anni dopo, furono le donne battiste a lanciare lo stesso appello per le missioni estere. Oggi la Giornata coinvolge 170 Paesi ed un migliaio di parrocchie solo in Svizzera. (I.P.)

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    Perù: lettera pastorale dei vescovi della foresta amazzonica

    ◊   A conclusione del quarto incontro sulla Pastorale indigena nell’Amazzonia peruviana, i vescovi delle diocesi incluse nella foresta peruviana hanno pubblicato una lettera pastorale per riflettere sulla ricchezza dell'Amazzonia peruviana e sulla difesa delle comunità indigene che vi abitano. Nel documento, inviato all’agenzia Fides, i vescovi scrivono a tutti i fedeli per condividere il patrimonio missionario, le loro convinzioni circa il lavoro della pastorale indigena e l'impegno di accompagnare i fratelli e le sorelle indigeni - sia quelli che vivono lungo il fiume sia quelli che abitano nelle città costiere dell'Amazzonia - nella maturazione della fede, nello sforzo di avvicinarsi ad essa e nel raggiungimento di una vita degna come figli e figlie di Dio. I vescovi sottolineano che fin dall'inizio i missionari si sono dovuti adoperare, con grande zelo e dedizione, per dare vita ad una evangelizzazione che riuscisse a coprire tutti gli aspetti della realtà vissuta nella giungla dagli uomini e dalle donne. Così i missionari hanno lavorato nella formazione cristiana di animatori, catechisti e operatori pastorali, ma anche hanno dovuto dedicare molto tempo all'istruzione, alla salute, allo sviluppo umano, familiare e sociale, allo sviluppo economico e all'organizzazione delle comunità, dei quartieri e delle province, promovendo la dignità umana, rafforzando le organizzazioni indigene, proteggendo i loro territori e, negli ultimi anni, educando alla cura dell'ambiente. “La difesa della dignità umana è una eredità lasciata dei primi missionari”. (R.P.)

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    Copenaghen: riunione Oms-Europa-Italia per affrontare la crisi del Maghreb

    ◊   Incontro ieri pomeriggio a Copenaghen, tra il direttore regionale per l'Europa dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Zsuzsanna Jakab e il ministro italiano della Salute, Ferruccio Fazio per affrontare la crisi nel Mediterraneo in rapida evoluzione. “Dobbiamo fare tutto il possibile – ha affermato il capo dicastero - per garantire la salute sia nel nostro Paese sia in Europa ma anche portare il nostro aiuto alle popolazioni africane”. Per questo ha riferito “abbiamo concordato una serie di iniziative che vanno dall'aumento della sorveglianza epidemiologica dei migranti in Italia sino al rafforzamento dell'assistenza sanitaria nei diversi Paesi coinvolti dalla crisi''. L'Oms Europa – ha dichiarato Zsuzsanna Jacab - ha già lavorato “in molte occasioni” in caso di conflitto “per assicurare assistenza sanitaria ai profughi e alle popolazioni dei Paesi ospitanti”. E’ quindi “pronta ad offrire supporto, dove e quando necessario, in cooperazione con gli altri Uffici regionali Oms, con i Governi e con le altre Agenzie internazionali''. Nel corso del colloquio, riferisce una nota del ministero della Salute, è stato concordato che in relazione all'evoluzione della crisi nel Mediterraneo, il Governo italiano e l'Oms Europa organizzeranno un incontro a Roma il 18 marzo prossimo a cui saranno invitati altri Ministri della Salute dei Paesi Europei direttamente coinvolti negli sbarchi, l'Ufficio regionale dell'Oms per il Mediterraneo dell'Est e gli altri soggetti interessati, per coordinare gli aiuti necessari e i piani di intervento se la crisi dovesse peggiorare . Fazio e Jacab hanno discusso anche misure di supporto per la diffusione di servizi sanitari locali attraverso la cooperazione tecnica a operazioni di sanità pubblica come l'aumento della sorveglianza epidemiologica, il monitoraggio sanitario e il rafforzamento delle misure di prevenzione nel caso di aumento del flusso di migranti verso il nostro Paese. (R.G.)

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    Spagna: aperta a Madrid la plenaria della Conferenza episcopale

    ◊   E’ iniziata oggi a Madrid la prima delle due assemblee generali che la Conferenza episcopale spagnola celebra ogni anno. Quella di oggi ha un'importanza particolare tenendo conto che saranno rinnovate tutte le cariche della Conferenza, con una durata di tre anni, tranne quella di segretario che ha una durata di cinque anni. Il cardinale Antonio M. Rouco Varela, arcivescovo di Madrid e Presidente attuale della Conferenza, ha aperto i lavori con un intervento nel quale ha affrontato in particolare due argomenti: la prossima Giornata Mondiale della Gioventù che si terrà a Madrid il prossimo mese d’agosto, e l’importanza oggi di una riproposta del Vangelo dell’amore per i giovani in particolare ma anche per tutta la società. “La Giornata Mondiale della Gioventù, ha detto il cardinale, è uno strumento provvidenziale per l’evangelizzazione dei giovani. Ma subito dopo ha fatto una riflessione sui giovani attuali precisando che sono molto diversi da quelli delle prime Giornate mondiali di 25 anni fa. Dopo diverse profonde trasformazioni culturali e sociali negli ultimi anni, con la scomparsa anche di certe ideologie - ha detto - il Concilio Vaticano continua a dare a dare i suoi frutti con un ampio rinnovamento sociale ed ecclesiale. I movimenti attuali nel mondo giovanile sono molto legati all’ambito della cibernetica anche in campo sociopolitico. Ma in questa nuova situazione - ha osservato il cardinale Rouco Varela - si registra anche, con un forte relativismo, una grande incertezza tra i molti giovani. In questo contesto sono particolarmente attuali le parole di Benedetto XVI che invitano a cercare nuove radici e fondamenta più solide. Uno fra gli obiettivi fondamentali delle Giornate Mondiali della Gioventù - ha affermato il porporato - è quello della scoperta dell’incontro personale con Gesù. Infine queste giornate sono anche una forte esperienza di Chiesa e offrono ai giovani le tre vie per questo incontro spirituale: i sacramenti, il servizio ai fratelli e l’ascolto della Parola divina. Il cardinale Rouco Varela ha affrontato poi il tema del vero senso dell’amore umano, nel mondo giovanile, ma anche nel mondo degli adulti. E’ una questione sempre attuale che riguarda specialmente la famiglia, la scuola e la parrocchia. “L’ignoranza sulla verità dell’amore - ha detto il cardinale - è all’origine di molta sofferenza e di molte vite spezzate”. Annunciare il Vangelo del matrimonio e della famiglia, secondo il cardinale, è uno fra gli aspetti più belli della nuova evangelizzazione. Nel suo saluto ai vescovi riuniti in assemblea, mons. Renzo Fratini, nunzio della Santa Sede a Madrid, ha fatto in primo luogo una forte difesa del rispetto alla vita umana in tutte le sue fasi fino alla morte naturale. Ha messo in risalto poi l’importanza della educazione, ed in particolare della missione della scuola cattolica affermando che l’educazione è una parte integrante della missione che Dio ha affidato alla Chiesa. In questa assemblea sono 75 i vescovi elettori, tra i quali due cardinali e 14 arcivescovi. Possono partecipare alle sedute i 38 vescovi emeriti ma senza diritto al voto. Le elezioni cominceranno domani, per le cariche di Presidente e Vicepresidente della Conferenza. Sarà poi la volta del Comitato esecutivo, e infine quella dei presidenti delle 14 commissioni e di altri organismi. Sarà eletto anche il Comitato Permanente del quale fanno parte gli appartenenti al Comitato Esecutivo ed i Presidenti dei Comitati episcopali. Dopo questa fase elettorale per il rinnovamento di tutte le cariche, l’assemblea affronterà altre questioni. Secondo l’agenda dovrà approvare un messaggio ai giovani facendo un appello alla loro partecipazione alla Giornata Mondiale che avrà luogo a Madrid il prossimo mese d’agosto. E prenderà in esame due documenti: l’uno sulla cooperazione missionaria tra le diocesi e l’altro sulla trasmissione della fede attraverso il coordinamento della parrocchia, la famiglia e la scuola. Oltre allo studio di altri argomenti, e l’esame della situazione economica o l’adempimento del piano Pastorale in corso, la Conferenza darà il suo parere alla Santa Sede sulla persona che potrà assumere la direzione delle Opere Missionarie Pontificie. (Dalla Spagna, padre Ignacio Arregui)

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    Cipro: incontro dei presidenti delle Conferenze episcopali del sud-est Europa sui giovani

    ◊   I giovani al centro dell’11° incontro dei presidenti delle Conferenze episcopali del Sud-Est Europa, che su iniziativa della Ccee avrà luogo a Nicosia (Cipro) dal 3 al 6 marzo. Nove saranno le Conferenze episcopali rappresentate: Albania, Bosnia e Erzegovina, Bulgaria, Cipro, Grecia, Moldavia, Romania, la Conferenza episcopale internazionale SS. Cirillo e Metodio e la Turchia. Nel corso dell’incontro - riferisce l'agenzia Sir - interverranno anche l’arcivescovo ortodosso di Cipro, Crisostomos II, il Patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal, il rappresentante del Patriarcato maronita, mons. Guy Noujaim e l’Osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa, mons. Aldo Giordano. Il tema – scelto in vista dell’apertura della XXVI Giornata Mondiale della Gioventù (Madrid, 16-21 agosto 2011) - sarà introdotto da don Eric Jacquinet, responsabile della Sezione Giovani del Pontificio Consiglio per i Laici, e da don Francesco Pierpaoli, direttore del centro Giovanni Paolo II di Loreto, a cui seguiranno i rapporti delle singole Conferenze episcopali. “Oggi, essere un giovane cattolico nei nostri Paesi – dice mons. Franjo Komarica, vescovo di Banja Luka e presidente della Conferenza episcopale di Bosnia Erzegovina - non è facile, però è una sfida ricca con tante buone possibilità”. Non è facile perché significa – racconta mons. Komarica – “accettare di sentirsi ‘diverso’ dalla maggior parte della popolazione locale fino all’eventualità di essere discriminato sul piano lavorativo e sociale”. “Per questo motivo – aggiunge il vescovo -, è nostro compito mettere in opera quanto è possibile per aiutare i nostri giovani a vivere, senza complesso d’inferiorità e vivendo con dignità la loro fede. Vuol dire mostrare loro con le parole e la testimonianza che possono vivere da cristiani e che vale la pena, nonostante le difficoltà, seguire Gesù vero consolatore e dispensatore della vera gioia”. “A Cipro – testimonia l’arcivescovo cattolico locale dei maroniti di Cipro, mons. Youssef Soueif - i giovani sono veramente un segno di speranza e di vita. Hanno un dinamismo e una capacità di creare un mondo nuovo, una mentalità nuova, basata sull’equilibrio tra la presa di coscienza della propria identità e l’apertura alla diversità”. La riflessione sulla pastorale giovanile si concluderà con un momento di festa con i giovani e i gruppi pastorali nella scuola di ‘San Marone’ a Anthoupolis, nella serata di sabato 5 marzo. Sempre sabato, i vescovi visiteranno alcune comunità dei villaggi maroniti (Assomatos, Karpasha e Kormakitis) presenti nella parte nord dell’isola, a testimonianza della loro solidarietà nei confronti di una comunità divisa per causa della separazione dell’isola. (R.P.)

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    Terra Santa: presto a Gerusalemme 80 appartamenti per famiglie cristiane

    ◊   Un progetto per la costruzione di 80 appartamenti a sud di Gerusalemme, a Beit Safafa, sarà ultimato a breve per contenere l’esodo dei cristiani dalla Terra Santa. L’idea è del patriarcato latino di Gerusalemme per alloggiare soprattutto giovani coppie. Lo spiega al mensile “Gerusalemme”, il nuovo periodico del patriarcato, mons. William Shomali, vescovo ausiliare di Gerusalemme, che sottolinea come la popolazione cristiana a Gerusalemme sia diminuita significativamente negli ultimi anni. Nel 1948 i cristiani erano 25 mila, oggi non sono più di 10 mila. Al fine di evitare l’emigrazione dei cristiani il patriarcato ha così acquistato un ampio terreno per farvi costruire alloggi. Saranno abitati da impiegati e operai che lavorano presso istituzioni e associazioni cristiane di Gerusalemme. “Sono state scelte anche due famiglie musulmane – dice mons. Shomali –, i primi 40 appartamenti, quindi la metà del progetto, saranno abitabili tra undici mesi”. Ci sono voluti 15 anni per iscrivere il progetto nel catasto cittadino. Oggi il Patriarcato coordina i contatti tra gli acquirenti e i diversi gruppi che intervengono nel cantiere (avvocati, ingegneri, finanziatori...) e rappresenta i beneficiari presso le diverse istanze amministrative. Per l’assegnazione dei primi 40 alloggi è stata organizzata un’estrazione a sorte tra le famiglie ritenute idonee sulla base di un’accurata istruttoria. Sono gli acquirenti stessi che hanno assicurato il finanziamento del progetto pagando il terreno con denaro chiesto in prestito alla Arab Bank, che ha concesso mutui su mediazione del Patriarcato. Il progetto avrà un costo totale di 15 milioni di dollari e ha beneficiato di 2 milioni di dollari sotto forma di donazioni e sovvenzioni. 600 mila dollari sono dono dell’Ordine del Santo Sepolcro, delle sue Luogotenenze e soprattutto di iniziative personali mentre la cooperazione italiana ha partecipato con la quota di oltre un milione di dollari. “Un progetto simile non può certo pretendere di risolvere tutti i problemi della comunità cristiana di Gerusalemme – ha spiegato mons. Shomali – e nemmeno il crescente bisogno di alloggi. Ma vuole contribuire a risolvere in parte il problema e soprattutto a creare un progetto pilota che potrebbe essere imitato da altre istituzioni religiose”. Il progetto si aggiunge ad altri realizzati dal Patriarcato stesso e dalla Custodia di Terra Santa che ne ha appena ultimato uno di 71 unità abitative, a Betfage, nel settore Est di Gerusalemme. (T.C.)

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    Afghanistan. Organizzazioni locali chiedono leggi più rispettose dei diritti umani

    ◊   Un cristiano è stato salvato, ma altri rischiano la morte: l’Afghanistan ha bisogno urgente di “nuove leggi che rispettino pienamente i diritti umani, la libertà di coscienza, di espressione e di religione”. E’ quanto dichiara all’agenzia Fides, Afzal Nooristani, avvocato e direttore esecutivo della “Organizzazione per l’assistenza legale in Afghanistan” (Laoa), esprimendo la sua soddisfazione per la salvezza di Sayed Musa, afgano convertito dall’islam al cristianesimo, che rischiava la pena di morte. 45 anni, padre di 6 figli ed operatore della Croce Rossa, Sayed era stato arrestato il 31 maggio 2010 dopo che la Tv nazionale aveva trasmesso un servizio in cui narrava la sua conversione. Nelle scorse settimane, attivisti cristiani e difensori dei diritti umani avevano lanciato una campagna internazionale, anche sul social network Twitter, chiedendo al presidente Usa Barak Obama di intervenire per salvare Musa Sayed. L’organizzazione, che garantiva all’uomo assistenza legale, conferma che Sayed Musa è stato liberato la notte del 26 febbraio e potrebbe trovare asilo politico all’estero, probabilmente in Pakistan, dove risiede parte della sua famiglia. L’avvocato Nooristani spiega che “se il processo fosse iniziato davanti a un tribunale, l’uomo avrebbe avuto una condanna più che certa”. “Credo che l’Afghanistan – sottolinea ancora l’avvocato - abbia bisogno di nuove leggi che rispettino pienamente i diritti umani, la libertà di coscienza, di espressione e di religione”. “Penso che occorra una complessiva riforma del sistema giuridico - continua - ma il Paese attualmente attraversa un complesso di problemi e di sfide, come il terrorismo, la presenza di forze ultra conservatrici, la nebulosità della classe politica, che rendono piuttosto arduo questo processo”. “La speranza – conclude – sta nella progressiva coscientizzazione, crescita e sviluppo della società civile afgana. Speriamo che la comunità internazionale possa incoraggiare questo processo”. Settori della società civile afgana sono sensibili al tema del rispetto dei diritti umani e della protezione delle libertà fondamentali dell’individuo, e molti avvocati condividono l’approccio della Laoa. (M.I.)

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    Filippine: congregazione di suore impegnate contro la prostituzione minorile

    ◊   Contrastare la tratta delle ragazze. É questo l’impegno assunto dalle suore filippine della Congregazione dell'arcidiocesi di Cebu “Missionarie Maria Immacolata Regina del Paradiso (IMQHM)”. Le Filippine sono infatti il quarto dei dieci Paesi con il più alto numero di prostituzione minorile. Questa piaga - riferisce l’agenzia Fides - riguarda ragazze tra i 15 e i 20 anni, ma spesso anche bambine di soli 8 anni. Attraverso un programma pilota, le suore missionarie cercano di sottrarle alla prostituzione offrendo il loro aiuto. Si recano negli stessi villaggi dove gli sfruttatori reclutano le ragazze con la promessa di un buon lavoro in città. Durante la loro missione non portano l'abito religioso. Di solito una delle due entra in un bar per avvicinare qualche giovane donna che potrebbe avere bisogno di aiuto, mentre l'altra rimane fuori per segnalare eventuali pericoli. Se riescono ad avvicinare la minorenne che vuole sottrarsi al giro della tratta, le suore la indirizzano nel loro istituto di Cebu, chiamato “Casa dell'Amore”. Qui le religiose offrono un riparo, cibo, istruzione, assistenza sanitaria, formazione professionale alle ex prostitute e ai loro bambini. Ma anche istruzione a 800 studenti della scuola elementare e a 275 della scuola superiore. Attualmente sono 20 le vittime della tratta ospitate. Le suore hanno grandi progetti per la loro missione: realizzare un Centro di accoglienza più grande, che possa ospitare fino a 500 persone, donne e bambini fino a cinque anni di età. Entro il 2012 sperano di introdurre corsi vocazionali e classi di studi superiori. La Congregazione, fondata nel 1996 da Suor Corazon Salazar, conta otto suore professe, 11 con voti temporanei e tre novizie. Il loro carisma è sviluppato non solo a favore delle donne e dei bambini vittime della prostituzione, ma anche nella lotta alla povertà che è la causa principale della prostituzione. (M.I.)

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    Sud Sudan: i vescovi lanciano una iniziativa per l’unità nel nuovo Stato

    ◊   In vista della proclamazione dell’indipendenza del Sud Sudan, prevista il 9 luglio di quest’anno, la Conferenza episcopale sudanese lancerà, a partire dal prossimo mese di maggio, una nuova iniziativa di preghiera per l’unità e la pace nel nuovo Stato. Lo ha annunciato mons. Cesare Mazzolari, vescovo di Rumbek, dopo una riunione nei giorni scorsi dei vescovi sudanesi a Juba. L’iniziativa - riferisce l’agenzia cattolica africana Cisa - si intitolerà “Dieci passi verso l’unità in Sud Sudan” e prevede non solo un programma di preghiere fino al giorno della dichiarazione dell’indipendenza, ma anche una riflessione su alcuni temi tratti dalla Dottrina sociale della Chiesa. L’idea è di dedicare ogni settimana a un tema specifico del Magistero sociale cattolico. Il programma dettagliato sarà studiato nelle prossime settimane con l’aiuto del comitato di religiosi e religiose per la solidarietà con il Sud Sudan (Solidarity with Southern Suda – Sss) e in collaborazione con i Catholic Relief Services (Crs), l’organizzazione caritativa dei vescovi degli Stati Uniti. La nuova iniziativa della Chiesa in Sudan segue quella dei “Centouno giorni di preghiera per un referendum pacifico”, promossa nel 2010 in vista del voto sull’indipendenza del Sud Sudan celebrato lo scorso gennaio che ha deciso la secessione dal Nord. (L.Z.)

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    Niger: inaugurate tre università, una svolta per il futuro dei giovani del Paese

    ◊   E’ stato ufficialmente inaugurato il primo anno accademico nelle tre neo-università nigeriane di Zinder (seconda città del Paese), Maradi (centro-sud) e Tahoua (centro). Per il governo di transizione - si legge sul sito di informazione della diaspora del Niger - l’evento rappresenta “una svolta per il settore dell’insegnamento superiore”. I tre nuovi atenei sono autonomi rispetto a quello della capitale Niamey, creato nel 1971 e da più di dieci anni l’unico nel Paese del Sahel. “Quando un Paese ha più di un’università viene interrotta la logica del monopolio dell’educazione e della conoscenza: ciò favorisce la competizione e crea una sana emulazione”, ha sottolineato il ministro dell’Istruzione e della Ricerca, Mahamane Laouali Dan Dah, insistendo sul forte potenziale umano alla base dei tre nuovi centri universitari. L’università di Maradi, per ora punta alla biologia, alla fisica e alla matematica anche con master professionali e di ricerca. “L’obiettivo globale della nostra università è uno sviluppo sostenibile sia a livello regionale che nazionale, motivo per cui collaboreremo strettamente con tutti gli attori sociali, in particolare con l’industria locale”, ha riferito il rettore dell’università di Maradi, il professore Saadou Mahamane. A Zinder (centro), invece, accanto all’Istituto universitario di tecnologia (Iut) nasce una Facoltà di lettere e scienze umane composta da tre dipartimenti: inglese, geografia e sociologia. (M.I.)

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    Burkina Faso: al via il Festival del Cinema panafricano

    ◊   Più di 25 mila persone hanno assistito sabato scorso alla cerimonia di apertura del XXII Festival panafricano del Cinema e della Televisione di Ouagadougou, nel Burkina Faso, più noto come ‘Fespaco’. Lo spettacolo è stato una proiezione nel futuro della gioventù africana in cerca di un avvenire di sviluppo e crescita. Tema di grande attualità nel contesto delle rivolte della ‘primavera araba’, il cui vento dovrebbe farsi sentire anche al ‘Fespaco’ con una forte presenza del Cinema nord-africano (Algeria e Marocco) e il ritorno dell’Egitto, dopo 15 anni di assenza, con due lungometraggi. Fino al 5 marzo - riferisce l’agenzia Misna - verranno proiettati 195 film, di cui 111 in gara tra lungometraggi, corti, fiction per la televisione e documentari; il prestigioso premio dello stallone d'oro di Yennenga, ricompenserà il migliore dei 18 lungometraggi in competizione. L’ultima edizione, nel 2009, era stata vinta del regista etiopico Haile Gerima con il suo ‘Teza’. Tra le importanti novità introdotte in questa nuova edizione c’è il Premio destinato alle scuole africane di Cinema, che sono in gara con 11 pellicole, e il Premio della critica internazionale. Secondo gli organizzatori, il Cinema africano attraversa un periodo di grande vitalità alla luce del numero record di film che si sono candidati, in tutto 475, e dei 195 che verranno proiettati nelle 12 sale cinematografiche cittadine e in altre sale appositamente adibite. Seppur rappresenti solo il 3% della produzione mondiale, il Cinema africano riesce ad essere presente nei Festival internazionali, come quelli di Berlino e Venezia, grazie ad opere che celebrano l’Africa in tutta la sua diversità culturale e sociale. (M.I.)

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    Burkina-Niger: conclusa la plenaria della Conferenza episcopale

    ◊   I sacerdoti in difficoltà, l’organizzazione dei cappellani nei licei e negli istituti e l’insegnamento cattolico: sono alcuni degli argomenti di cui ha discusso la Conferenza episcopale del Burkina-Niger, riunitasi nei giorni scorsi a Niamey, nel Niger, al centro spirituale Siloé, per la seconda Assemblea generale del 2011. In un comunicato pubblicato sul sito www.egliseduburkina.org, i presuli informano che nel corso dei lavori si è svolto un incontro con il Capo dello Stato, il generale Salou Djibo, al quale sono stati rivolti incoraggiamenti perché il Niger possa essere condotto sul cammino della democrazia. Ad offrire ai vescovi spunti di riflessione è stato il vescovo emerito di Niamey, mons. Guy Romano, che partendo dall’esortazione post-sinodale Verbum Domini, ha esortato i confratelli nell’episcopato a mantenere familiarità con la Parola di Dio, li ha incoraggiati ad amare come Cristo ha amato e a coltivare quella stessa umiltà e quello stesso coraggio di Maria. Mons. Romano ha inoltre ricordato che vescovi e arcivescovi devono sempre ricordare la chiamata ricevuta da Dio, quella a seguirlo, perché tale chiamata è l’inizio di una storia d’amore, che comporta anche gioie, pene, difficoltà, infedeltà. Il presule ha aggiunto che così come Cristo, primo protagonista di questa storia d’amore, ha dato la sua vita per l’uomo, così ogni vescovo è chiamato a rischiare la sua vita per Cristo e il suo Vangelo. Mons. Séraphin François Rouamba, arcivescovo di Koupéla e presidente della Conferenza episcopale, nel suo intervento ha invece richiamato i presuli a ricercare sempre la collegialità per affrontare le sfide del ministero episcopale. (T.C.)

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    Plenaria dei vescovi tedeschi a Paderborn su dialogo, ecumenismo e visita del Papa

    ◊   Il processo di dialogo, l’ecumenismo, l’imminente visita di Benedetto XVI in Germania: questi alcuni dei temi che verranno discussi nella sessione primaverile della Plenaria dei vescovi tedeschi, che si svolgerà a Paderborn dal 14 al 17 marzo. Al centro delle consultazioni – riferisce l’agenzia Sir - vi sarà la definizione della prosecuzione del processo di dialogo recentemente avviato dai vescovi con i laici, per trovare soluzioni alla crisi scatenata dallo scandalo degli abusi. All’ecumenismo verrà invece dedicata una giornata di studi, in particolare sulle Chiese della riforma, per fare il punto della situazione dell’ecumenismo in Germania e della discussione teologica, nonché per individuare opportunità di cooperazione a livello pratico. A questo riguardo si discuterà anche delle commemorazioni della Riforma, previste per il 2017. Alla giornata di studi parteciperanno anche esperti che illustreranno le prospettive future dell’ecumenismo in Germania. I presuli si consulteranno infine sulla visita del Papa, prevista tra il 22 e il 25 settembre prossimo. (R.G.)

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    Germania: per mons. Feige la visita del Papa sarà un impulso per l'ecumenismo

    ◊   L’imminente visita di Benedetto XVI in Germania sarà un ulteriore impulso per il cammino ecumenico: lo ha auspicato mons. Gerhard Feige, vescovo di Magdeburgo, in un’intervista pubblicata ieri dall’agenzia di stampa cattolica tedesca Kna. Mons. Feige ha fatto inoltre riferimento al recente appello del Papa a celebrare nel 2017 il cinquecentenario della Riforma con una commemorazione ecumenica comune. “Mi ha rallegrato che il Papa abbia dato questo impulso”, ha commentato. “In questo modo, questo obiettivo ecumenico, che riveste importanza soprattutto per la Germania, è stato innalzato quasi a livello mondiale”. Mons. Feige - riferisce l'agenzia Sir - ha osservato che le differenti posizioni di Chiesa cattolica e protestante sui temi bioetici “rendono sicuramente più difficile l’ecumenismo”, pur sottolineando che “esistono figure leader” tra i protestanti “che propugnano appassionatamente le stesse soluzioni” ipotizzate dalla Chiesa cattolica. Nell’illustrare le attività a livello ecumenico nella propria diocesi, in un territorio a prevalenza protestante, mons. Feige ha ricordato che esiste una tradizione improntata ad “un rapporto di grande fiducia” con un approccio “reciprocamente costruttivo e corretto”. (R.P.)

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    Spagna: presentazione del primo Congresso mondiale delle Università Cattoliche

    ◊   “Identità e missione dell’università cattolica”: sarà questo il tema del primo Congresso mondiale degli atenei cattolici che avrà luogo a Madrid, in Spagna, dal 12 al 14 agosto prossimi, quindi pochi giorni prima della Giornata mondiale della gioventù in programma nella capitale iberica. L’evento, informa una nota, ha l’obiettivo di “riflettere sull’identità e lo spirito delle università cattoliche, a partire dalla Spagna e con uno sguardo sull’intera comunità universitaria internazionale”. Il congresso è stato presentato oggi alla stampa, presso l’Università Ceu San Pablo, alla presenza del Rettore dell’ateneo cattolico di Avila, Maria del Rosario Sáez Yuguero. E' seguita poi una conferenza del direttore de L’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian, intitolata “L’idea dell’università”. Molti gli atenei spagnoli che hanno aderito all’iniziativa, tra i quali quelli di Navarra, di Murcia e di Valencia. (P.R.)

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    La rivista internazionale dei Gesuiti “Popoli” leggibile anche sull’iPad

    ◊   Il mensile internazionale dei Gesuiti, “Popoli”, è ora leggibile anche su iPad. Dall’Apple Store e da iTunes Store sono scaricabili gratuitamente l’applicazione e il numero di febbraio, con una selezione di articoli arricchiti da contenuti multimediali. Nei prossimi mesi il prodotto assumerà la forma di un bimestrale: ogni numero conterrà il meglio di reportage, inchieste, commenti e rubriche pubblicati in due fascicoli dell’edizione cartacea. “Popoli” è la prima rivista cattolica italiana a sviluppare un’applicazione per iPad e tra le prime in Europa. Mensile internazionale dei Gesuiti italiani, nato quasi cento anni fa, “Popoli” si occupa di Sud del mondo, diritti umani, sviluppo, immigrazione, dialogo interculturale e interreligioso. Temi letti alla luce dell’insegnamento sociale della Chiesa, nel desiderio di raccontare le modalità con cui oggi il Vangelo viene vissuto e annunciato in un mondo che cambia. Un obiettivo che richiede la capacità di utilizzare nuovi linguaggi e nuovi modi di comunicare. Anche per questo da alcuni mesi “Popoli” ha rinnovato il proprio sito (www.popoli.info) ed è presente sui principali social network ( e ). Il nome dell’applicazione è “As Popol” poiché è in previsione la realizzazione per iPad della rivista “Aggiornamenti Sociali”, edita, come Popoli, dalla Fondazione Culturale San Fedele di Milano. La realizzazione di “Popoli” su iPad è nata dalla collaborazione con Progetto Rosetta, che nasce con l'intento di valorizzare il mondo editoriale grazie a nuove forme di comunicazione digitale su supporti personali, sempre connessi. (M.I.)

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    Otranto: fiaccolata a 20 anni dai primi sbarchi di extracomunitari, in memoria delle vittime

    ◊   Per ricordare il ventennale dei primi sbarchi di extracomunitari, che hanno visto nel tempo migliaia di uomini, donne e bambini arrivare sulle coste salentine, la città di Otranto ha organizzato una fiaccolata che si svolgerà il 3 marzo prossimo. Una nota del Comune sottolinea che ''la città vuole ricordare i momenti vissuti ma, sopratutto, tutte le vittime legate a questo esodo''. La fiaccolata partirà dalla piazza degli Eroi, presso il porto di Otranto, e giungerà al Centro Don Tonino Bello, dove, nella sala 'laboratori urbani' dell'associazione Art'Etica, la Comunità tutta si raccoglierà in un momento di riflessione e preghiera insieme all'arcivescovo di Otranto, Donato Negro. L'iniziativa è stata organizzata dal Comune di Otranto in collaborazione con la Caritas Idruntina, Agimi Otranto e Misericordie. (R.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Proteste in Oman e Yemen. In Egitto vietato l’espatrio per Mubarak

    ◊   Si estende ancora l’ondata di proteste che sta attraversando tutto il mondo arabo. La tensione cresce in particolare in Oman, dove si registrano nuove azioni di protesta dopo quelle di ieri, che hanno visto le forze dell’ordine aprire il fuoco contro la folla. Incerto il numero dei morti. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

    Centinaia di dimostranti hanno bloccato la strada che conduce al porto dell'Oman, quello di Sohar. Il corteo chiede nuovamente riforme, lavoro e aumenti dei salari, mentre due elicotteri sorvolano la folla. Testimoni riferiscono di un tentativo di attacco a un posto di polizia, che avrebbe disperso i manifestanti con i lacrimogeni. Resta ancora da definire il bilancio degli scontri di ieri: almeno sei morti secondo fonti mediche, solo uno per il ministro della Sanità. Tensione protagonista anche nello Yemen: nella capitale Sanaà e in altre città in migliaia invocano “la caduta dell’oppressore”. L’opposizione ha rifiutato l'invito del presidente Saleh a formare un governo di unità nazionale. Speranze invece per l’apertura del dialogo nel vicino Bahrein: il capo della Casa Bianca, Barack Obama, ha sottolineato l’importanza di coinvolgere il popolo apprezzando il rimpasto di governo annunciato dal re Al Khalifa. Sul versante egiziano, la procura del Cairo ha vietato al deposto presidente Mubarak e alla sua famiglia di lasciare il Paese. Deciso, inoltre, il congelamento dei loro beni: si tratta di diversi conti segreti, al centro di alcune denunce in queste settimane. Intanto, all’indomani delle nuove manifestazioni in piazza Tahir contro il governo di transizione, il segretario generale della Lega Araba, Amr Mussa, non ha ancora chiarito in merito alla sua possibile candidatura alla presidenza. In Tunisia, primo giorno di lavoro per il neo premier Sebsi, nominato ieri. Elezioni e profughi libici le priorità del suo governo che ha ricevuto apprezzamenti dall’Unione Europea. Migliaia di persone stamattina si sono recate in segno di solidarietà davanti all’abitazione dell’ex premier, Gannouchi, rimosso dopo le continue pressioni del popolo che lamentava la sua vicinanza all’ex leader, Ben Ali. Sugli ultimi sviluppi è intervenuto anche il numero due di Al Qaeda, al-Zawahiri. In un nuovo audio messaggio, ha criticato i nuovi leader di Tunisia ed Egitto invitando i musulmani a sollevarsi “contro gli invasori”.

    Iran
    Le contestazioni nel Maghreb stanno avendo forte eco anche in Iran. Dopo le proteste contro il governo di metà febbraio, costate la vita ad almeno due persone, per domani è stata indetta una nuova marcia a Teheran. Intanto, però, si infittisce il mistero sulla sorte dei leader dell'opposizione, Mir Hossein Mussavi e Mehdi Karrubi, irreperibili da circa due settimane. Fonti israeliane sostengono che si troverebbero in un carcere della capitale iraniana. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con il portavoce di Amensty International Italia, Riccardo Noury:

    R. – Ci sono oltre 600 prigionieri di coscienza. Si può dire che tutta la dirigenza del movimento nato all’indomani delle elezioni presidenziali del giugno 2009 è in prigione: giornalisti, avvocati per i diritti umani, blogger, sindacalisti. Ora, la leadership più rappresentativa, cioè i due candidati presidenti Moussavi e Karroubi, rischiano – secondo queste notizie, ancora in attesa di conferma – di avere un destino simile. Questa sarebbe un’evoluzione ancora più preoccupante. Dipende, naturalmente, da quello che accade intorno all’Iran e dal fatto che il movimento che chiede riforme, diritti umani, democrazia ed elezioni eque, a febbraio di quest’anno è nuovamente sceso in piazza.

    D. – Dopo le grandi contestazioni anti-Ahmadinejad del 2009, l’opposizione è tornata in piazza a febbraio e per domani è indetta un’altra manifestazione...

    R. – C’è un risveglio del movimento, con centinaia di migliaia di persone scese in piazza. In particolare, il 14 ed il 20 febbraio scorsi, con arresti di massa ed almeno due manifestanti uccisi. Si può quindi dire che il tentativo del governo di Teheran di ridurre nuovamente al silenzio l’opposizione è fallito e anche se i due punti di riferimento principali – Moussavi e Karroubi – possono essere privati della loro libertà, non di meno questo movimento ha dimostrato una grande vitalità.

    D. – Qual è, dunque, l’appello, considerando anche il moto di contestazioni partito dal Maghreb?

    R. – Consentire l’espressione delel proprie idee nel corso di manifestazioni, che nascono sempre pacifiche e che, come tali, devono essere garantite e protette, anziché assalite dai basiji, dalle guardie rivoluzionarie e dalle forze di sicurezza iraniane. Rilasciare tutti i prigionieri di coscienza – che sono centinaia e centinaia – e far sì che questo Paese possa consentire a chi ha desiderio di chiedere riforme, cambiamento, democrazia e diritti umani di poterlo fare com’è previsto dalle norme internazionali. (vv)

    Medio Oriente
    Sale la tensione tra Israele e la Striscia di Gaza. Due palestinesi sono stati uccisi nelle ultime ore da militari israeliani, che, in due distinti episodi, hanno aperto il foco contro gruppi di persone che si trovavano a ridosso del confine.

    Repubblica Democratica del Congo
    Attaccata a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, una residenza del presidente Kabila. Il fatto è avvenuto ieri. I soldati della Guardia repubblicana hanno risposto al fuoco uccidendo almeno sei assalitori. Il capo dello Stato africano non si trovava all’interno dell’edificio al momento del raid. Alcuni uomini sarebbero stati catturati, mentre in città sono stati intensificati i controlli.

    Nuova Zelanda
    In Nuova Zelanda, è altamente improbabile la possibilità di trovare dei sopravvissuti in seguito al sisma di sei giorni fa che ha provocato 148 morti. Lo ha affermato il capo delle operazioni di soccorso. Le ricerche potrebbero essere sospese per qualche ora, in vista di una tempesta in arrivo nell’area.

    Italia-Yara
    In programma oggi all’Istituto di medicina legale di Milano l’autopsia sul corpo di Yara Gambirasio, rinevenuto sabato scorso a poca distanza da Brembate di Sotto, nel bergamasco, da dove la tredicenne era scomparsa tre mesi fa. Spetterà all’esame stabilire le esatte cause del decesso e il tempo di permanenza del corpo nel luogo del ritrovamento. Nel Comune lombardo, intanto, vige il lutto cittadino. Stasera, invece, ci sarà una fiaccolata che terminerà con una Messa. “Non vogliamo alimentare alcun tipo di vendetta, ma sappiamo che questo momento è oscuro”, ha detto il vescovo di Bergamo, mons Francesco Beschi. Parole condivise dal parroco di Brembate, don Corinno Scotti. Gabriella Ceraso ha raccolto la sua testimonianza:

    R. – Ho messo nella bacheca, fuori dalla Chiesa, una foto della ragazza di quando ha fatto la Cresima, l’anno scorso, proprio di questi tempi. Avevo scritto: “Yara, siamo smarriti, aiutaci”. Dobbiamo fare il possibile perché proprio questo senso di smarrimento non diventi panico, rabbia, che non ci faccia chiudere in noi stessi. Effettivamente, in Chiesa c’è sempre gente, in silenzio, che sosta, che prega. Poco fa mi si è avvicinato un papà che mi ha detto: “Guardi, la mia famiglia stava per saltare. Questa bambina ci aiuta a continuare a essere fedeli e a volerci bene”. Per me questi sono i miracoli con cui il Signore si fa vivo, si fa presente. Ieri un giornalista mi ha chiesto: “Lei ha sempre parlato di speranza. E adesso che la speranza non c’è più?”. Ho risposto: “Per carità, guai se la nostra speranza terminasse con la vita. La nostra speranza è il dono del Signore. Cristo è la nostra speranza. Cristo è vivo e Yara è nella vita.

    D. – Il rischio, in questo momento, è anche, come lei diceva, la paura. Ma anche il fatto che nella comunità ci si guardi con sospetto...

    R. – Sì, la paura è legittima, guai se non ci fosse, perché sarebbe segno di irresponsabilità. Questo però non deve creare dei sospetti fra noi, perché non aiuterebbe a guardarci con libertà. Diventar prudenti sì, aiutare i nostri ragazzi a guardare la vita, che è bella anche. Ma la vita è anche fatica e c’è il peccato, perché la morte di questa bambina si imputa evidentemente alla cattiveria degli uomini. I genitori sono andati per il riconoscimento del cadavere: è così decomposta, così mal ridotta che sono sconvolti. (vv)

    Processo Mediaset
    Ripreso stamani al Tribunale di Milano il processo sui presunti fondi neri di Mediaset relativi alla compravendita dei diritti tv e cinematografici. Fra gli imputati, il premier Silvio Berlusconi, oggi assente e quindi dichiarato contumace. La sua difesa non ha presentato istanza di legittimo impedimento.

    Kosovo
    Il neoeletto presidente del Kosovo, il miliardario Behgjet Pacolli, ha annunciato che devolverà il suo stipendio di 2.500 euro mensili a favore delle famiglie in condizioni economiche precarie. La presidenza in un comunicato ha precisato che la mossa serve a “migliorare la situazione economica e sociale del paese, per creare nuove opportunità per la popolazione e per le famiglie, poiché la situazione è allarmante”. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 59

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.