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Sommario del 22/02/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Battesimo "dono di Dio", al centro del Messaggio del Papa per la Quaresima 2011: l'elemosina è all'opposto dell'idolatria dei beni
  • Il cardinale Sarah: con il Messaggio per la Quaresima, il Papa invita a scegliere la logica dell'amore verso i più poveri
  • Il Papa nomina il vescovo indiano Kalathiparambil segretario del dicastero per i Migranti e gli Itineranti
  • Benedetto XVI nomina mons. Adams nuovo nunzio in Grecia
  • Rinuncia e nomine
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Libia, raid aerei e centinaia di morti. Il nunzio, mons. Caputo: i religiosi non lasciano la popolazione. Padre Samir: i popoli oppressi uniti nella primavera araba
  • Il cardinale Ricard sul documento Ue che condanna le persecuzioni anticristiane e di altri culti: giusta presa di posizione pubblica
  • Violenze domestiche: quando la vittima è il bambino che assiste. Rapporto di Save the children
  • Il sacerdozio secondo il Concilio Vaticano II: una rilettura della "Presbyterorum Ordinis"
  • Chiesa e Società

  • Libia. Suore missionarie a Bengasi: "Stiamo bene e proseguiamo il nostro lavoro"
  • Il cardinale Bagnasco sul Maghreb: le popolazioni mortificate alla fine reagiscono
  • L’arcivescovo di Tunisi: l'uccisione del sacerdote salesiano non fermerà il dialogo
  • Sisma in Nuova Zelanda: danneggiata anche la cattedrale cattolica di Christchurch
  • Costa Rica: la donazione del Papa per le vittime della tempesta Tomás
  • Pakistan: un’altra donna cristiana arrestata con l’accusa di blasfemia
  • India: raduno interconfessionale contro il rapporto che ridimensiona i pogrom del 2008
  • Plauso della Comece sulle conclusioni dell'Ue sull'intolleranza religiosa
  • I vescovi dell’Africa australe preoccupati per la situazione dello Zimbabwe
  • Incontro Ifad a Roma: dare opportunità ai piccoli contadini dell’Africa
  • Vescovi del Regno Unito: coppie gay mai unite in matrimonio religioso in una chiesa cattolica
  • Spagna: lotta di vescovi e Caritas contro povertà ed esclusione sociale
  • Irlanda: presentato il documento dei vescovi sul tema del bene comune
  • I vescovi della Slovacchia in difesa dei cristiani perseguitati in Oriente
  • Sinodo dei greco-cattolici ucraini: il 21 marzo l'elezione dell'arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč
  • Indonesia: epidemia di leptospirosi a Bantul
  • Cambogia: picco dell’Aids a causa delle politiche di controllo delle nascite
  • Benin: il Santuario mariano di Allada affidato ai Francescani dell'Immacolata
  • Etiopia: la Chiesa locale vicino alle donne e ai poveri
  • Spagna. A Burgos una nuova Congregazione di religiose: le chiamano “suore in jeans”
  • Cina: morto il compositore cattolico più famoso del Paese autore di canti sacri in lingua cinese
  • 24 Ore nel Mondo

  • Entrate nel canale di Suez le due navi da guerra iraniane
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Battesimo "dono di Dio", al centro del Messaggio del Papa per la Quaresima 2011: l'elemosina è all'opposto dell'idolatria dei beni

    ◊   “Con Cristo siete sepolti nel Battesimo, con lui siete anche risorti”. Il tema del messaggio del Papa per la Quaresima 2011, presentato stamane in sala stampa vaticana. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Il Battesimo “non è un rito del passato” – scrive Benedetto XVI nel Messaggio quaresimale – ma l’incontro con Cristo che informa tutta l’esistenza del battezzato, gli dona la vita divina e lo chiama ad una conversione sincera, avviata e sostenuta dalla Grazia”. Di certo, il Battesimo “è un dono di Dio: nessuno merita la vita eterna con le proprie forze”, ricorda il Santo Padre. E “un nesso particolare lega il Battesimo alla Quaresima come momento favorevole per sperimentare la grazia che salva”. Dunque, “questo dono gratuito deve essere sempre ravvivato in ciascuno di noi e la Quaresima ci offre un percorso analogo al catecumenato, che per i cristiani della Chiesa antica, come pure per i catecumeni d'oggi, è una scuola insostituibile di fede e di vita cristiana: davvero essi vivono il Battesimo come un atto decisivo per tutta la loro esistenza”.

    Sollecita quindi il Papa ad “intraprendere seriamente il cammino verso la Pasqua”, “la festa più gioiosa e solenne di tutto l’Anno liturgico”, lasciandosi “condurre dalla Parola di Dio”, nei testi evangelici delle domeniche quaresimali, laddove nella prima si evidenzia la condizione dell’uomo su questa terra, consapevole della propria fragilità, in lotta contro le tentazioni, per accogliere “la Grazia che libera dal peccato e infonde nuova forza in Cristo, via verità e vita”; mentre nella seconda domenica la Trasfigurazione del Signore ci invita “a prendere le distanze dal rumore quotidiano per immergersi nella presenza di Dio”; quindi nella terza domenica la richiesta di Gesù alla samaritana, "Dammi da bere", esprime la passione di Dio per ogni uomo; nella quarta domenica del cieco nato, che risponde a Cristo “credo, Signore” facendosi “voce di ogni credente”, il miracolo della guarigione “è il segno che Cristo, insieme alla vista, vuole aprire il nostro sguardo interiore, perché la nostra fede diventi sempre più profonda; nella quinta ultima domenica la risurrezione di Lazzaro “ci prepara a superare il confine della morte, per vivere senza fine” in Cristo.

    Non manca, Benedetto XVI, di raccomandare a tutti i fedeli le pratiche tradizionali del digiuno, dell’elemosina e della preghiera per un “cammino di conversione verso la Pasqua”, che conduca a riscoprire il proprio Battesimo. Nel digiuno – scrive il Papa – “rendendo più povera la nostra mensa impariamo a superare l’egoismo per vivere nella logica del dono e dell’amore”. Così “la pratica dell’elemosina è un richiamo al primato di Dio e all’attenzione verso l’altro” per fuggire la tentazione “dell’avere, dell’avidità di denaro”, poiché “la bramosia del possesso provoca violenza, prevaricazione e morte”, e “l'idolatria dei beni” “non solo allontana dall'altro, ma spoglia l'uomo, lo rende infelice, lo inganna, lo illude senza realizzare ciò che promette, perché colloca le cose materiali al posto di Dio”. Infine la preghiera che permette di acquisire una nuova concezione del tempo”, tempo che “senza la prospettiva dell'eternità e della trascendenza, “scandisce semplicemente i nostri passi verso un orizzonte che non ha futuro”.


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    Il cardinale Sarah: con il Messaggio per la Quaresima, il Papa invita a scegliere la logica dell'amore verso i più poveri

    ◊   A parlare in Sala Stampa Vaticana del Messaggio del Papa per la Quaresima è stato, tra gli altri, il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum e Myriam García Abrisqueta, presidente della Ong cattolica Manos Unidas. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Cambiare la prospettiva del nostro cuore da una dimensione egoistica a quella dell’amore per il prossimo nel bisogno”: questo, ha detto il cardinale Sarah, è la sfida lanciata dal Papa con il Messaggio per la Quaresima. Un documento, ha soggiunto, che mette l’accento sull’importanza della “formazione del cuore” alla luce del Battesimo, tema chiave del Messaggio. Il porporato si è così soffermato sull’impegno concreto di Cor Unum per assistere i fratelli sofferenti, con un’attenzione particolare alla popolazione di Haiti, sconvolta dal terremoto di poco più di un anno fa. Il cardinale Sarah ha rivelato che il Papa ha offerto oltre 2 milioni di dollari di aiuti ad Haiti, destinati soprattutto alla ricostruzione di chiese e scuole. Dato a cui è seguita una riflessione rivolta all’attualità:

    “In un ambiente mediatico, che ama parlare soltanto degli errori commessi dai membri della Chiesa, è necessario far conoscere la carità concreta della Chiesa cattolica”.

    Del resto, il capo dicastero ha ribadito come per la Chiesa non sia sufficiente rispondere solo ai bisogni materiali. Il Papa, ha proseguito, ci propone il periodo della Quaresima come “un cammino” per far fruttificare il seme piantato con il Battesimo. “Dio – ha aggiunto il porporato – ci ha destinati all’amore” e dobbiamo allora accogliere il dono della vita divina che ci è stato fatto con il Battesimo:

    “Ecco l’avventura che ci propone Papa Benedetto per questa Quaresima. A Pasqua, quando raccoglieremo quanto abbiamo seminato, “l’uomo vecchio” che è in noi s’inabisserà. In tal modo, mediante la grazia divina, potremo innalzarci e divenire nuove creature. L’invito papale non è utopia!”

    La conferenza stampa ha anche offerto l’occasione di conoscere l’organismo laicale femminile di volontariato "Manos Unidas", nato in Spagna e oggi presente in oltre 60 Paesi con migliaia di progetti di sviluppo. Il presidente dell’Ong, la signora Abrisqueta, ha tenuto a sottolineare che con il loro impegno, sintesi di spiritualità e carità, i volontari di "Manos Unidas" vogliono sostenere l’incontro dell’uomo di oggi con Cristo, attraverso la promozione di uno sviluppo integrale delle popolazioni.

    Rispondendo alle domande dei giornalisti a proposito della nuova guida della Caritas Internationalis, il cardinale Sarah ha ringraziato la signora Knight per il lavoro svolto, ma ha affermato che serve un’altra persona per rispondere alle nuove sfide, e in particolare per rafforzare l’identità cattolica dell’organismo caritativo.

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    Il Papa nomina il vescovo indiano Kalathiparambil segretario del dicastero per i Migranti e gli Itineranti

    ◊   Benedetto XVI ha nominato segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti mons. Joseph Kalathiparambil, finora vescovo di Calicut in India. Nato nel 1962 a Vaduthala nel Kerala, è stato ordinato sacerdote nel 1978. Laureatosi in Diritto canonico alla Pontificia Università Urbaniana, è stato vicario generale dell’arcidiocesi indiana di Verapoly, dal 1998 al 2002, anno in cui ha ricevuto l’ordinazione episcopale.

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    Benedetto XVI nomina mons. Adams nuovo nunzio in Grecia

    ◊   Benedetto XVI ha nominato nunzio apostolico in Grecia mons. Edward Joseph Adams, arcivescovo titolare di Scala, finora nunzio apostolico nelle Filippine. Mons. Adams è nato a Filadelfia nel 1944. Ordinato sacerdote nel 1970, è stato consacrato vescovo nel 1996. Nel 2007 è stato nominato nunzio nelle Filippine.

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    Rinuncia e nomine

    ◊   In Canada, Benedetto XVI ha nominato arcivescovo metropolita di Québec mons. Gérald Cyprien Lacroix, dell’Istituto secolare Pio X, finora ausiliare della medesima arcidiocesi. Il presule, 53 anni, ha svolto la sua formazione teologica presso l’Università di Laval, ottenendo il baccalaureato in Teologia e una "maîtrise ès art". Accolto presso l’Institut Séculier Pie X, è poi diventato segretario generale dell’Istituto e, più tardi, consigliere del Consiglio generale. Dal 1985 al 1987 ha assunto l’incarico di direttore generale della Maison du Renouveau, centro di formazione cristiana e spirituale del suddetto Istituto secolare. Ordinato sacerdote, ha quindi svolto la sua missione in Colombia, dove ha aperto nuove case per conto del suo Istituto. Dal 2001 al 2004 ne è stato anche direttore generale, incarico rinnovato per un quinquennio a partire dal 2005. È stato nominato ausiliare di Québec il 7 aprile 2009 ed ha ricevuto l’ordinazione episcopale il successivo 24 maggio.

    Sempre in Canada, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Amos, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Eugéne Tremblay. Al suo posto, il Pontefice ha nominato mons. Gilles Lemay, finora ausiliare di Québec. Il 62.enne presule ha svolto gli studi teologici presso la Facoltà dell’Università di Laval, ottenendo una Licenza in Teologia. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha svolto, tra gli altri, gli incarichi di segretario per la regione pastorale Lotbinière/Bois-Francs, membro dell’équipe dei preti dell’arcidiocesi di Québec in missione in Paraguay - diocesi di Asunción - e parroco della parrocchia della Vergine del Rosario de Luque in Paraguay. Rientrato nell’arcidiocesi di Québec, è stato nominato parroco e quindi, l’11 febbraio 2005, ausiliare di Québec. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il successivo 10 aprile.

    In Nuova Zelanda, Benedetto XVI ha nominato coadiutore della diocesi di Palmerston North mons. Charles Drennan, del clero di Christchurch, cancelliere della medesima diocesi e amministratore della Cattedrale di Christchurch. Il neo presule ha 50 anni e ha compiuto gli studi universitari all’University of Canterbury e al Christchurch Teacher’s College. Dopo aver esercitato la professione di insegnante è entrato nel Seminario Holy Cross, allora a Mosgiel. È stato poi inviato alla Pontificia Università Urbaniana di Roma per gli studi superiori. Ordinato sacerdote, ha ricoperto fra l’altro gli incarichi di docente al Good Shepherd College e formatore al Seminario Holy Cross, Auckland. Dal 2002 al 2009 è stato minutante nella Prima sezione della Segreteria di Stato. Dal 2010 è amministratore della Cattedrale di Christchurch, Parroco della St. Anne’s Parish, Cancelliere della diocesi di Christ Church, e membro del Consiglio dei consultori e del Consiglio presbiterale della medesima diocesi.

    In Belgio, il Papa ha nominato ausiliari dell’arcidiocesi di Malines-Bruxelles i sacerdoti Jean Kockerols, del clero di Malines-Bruxelles, finora Decano di Bruxelles-Sud, Jean-Luc Hudsyn, del clero di Malines-Bruxelles, finora vicario episcopale per il Brabante Vallone, e Léon Lemmens, del clero di Hasselt, finora officiale della Congregazione per le Chiese Orientali.

    Mons. Jean Kockerols, 52 anni, ha compiuto studi superiori in Diritto civile, esercitando per un periodo la professione di avvocato. Poi si è dedicato come volontario alle comunità dell’Arche di Jean Vanier. Entrato in seminario, ha cominciato la sua formazione filosofica e teologica nel Seminario Maggiore di Bruxelles, continuando poi a Roma presso la Pontificia Università Gregoriana, ottenendo il Dottorato in Teologia. Ha molti titoli accademici: licenza in diritto civile, licenza in diritto marittimo, baccalaureato in diritto canonico, baccalaureato in filosofia, diploma in cooperazione e sviluppo. Ordinato sacerdote, ha ricoperto poi gli incarichi di parroco, docente, responsabile e corresponsabile della pastorale francofona in diverse parrocchie. È fondatore e direttore del Centro di Studi Pastorali a Bruxelles ed è stato direttore dell’Ecole de la foi, commissario apostolico incaricato degli affari economici e patrimoniali delle Suore dell’Eucaristia. È autore del libro "L’Esprit à la Croix. La dernière onction de Jésus" e pubblica regolarmente articoli nella rivista diocesana Pastoralia e nelle riviste di spiritualità, specialmente nel quadro dell’Ecole de la Foi.

    Mons. Jean-Luc Hudsyn, 63 anni, a Uccle, a Buxelles. Ha compiuto studi di filosofia e di teologia presso il Seminario Maggiore di Bruxelles. Possiede il titolo accademico di "candidat" in Filosofia e Lettere (Storia moderna) ed una licenza in Teologia, ambedue conseguiti all’Università Cattolica di Louvain-la-Neuve. Ordinato sacerdote, è stato, fra l’altro, cappellano degli studenti a Bruxelles, responsabile del servizio della formazione cristiana nel Vicariato del Brabante Vallone, dove ha assunto anche la carca di Adjoint dell’ausiliare el medesimo Vicariato. È stato corresponsabile diocesano della preparazione al diaconato permanente, nonché dell’accompagnamento dei diaconi. Fa anche parte della direzione della Radio cattolica RCF come amministratore della società, e del Comitato di redazione della rivista diocesana Pastoralia, in cui ha pubblicato numerosi articoli. Inoltre, è membro della direzione del Centro di Studi Pastorali. Dal 1992 è Canonico titolare.

    Mons. Léon Lemmens, 56 anni, ha compiuto gli studi di Filosofia e di Teologia al Seminario maggiore diocesano, ottenendo il grado di baccalaureato in Teologia all’Università Cattolica di Leuven. Dopo l’ordinazione, ha completato la sua formazione a Roma presso la Pontificia Università Gregoriana, ottenendo la Licenza in Teologia morale, e poi il Dottorato. Ordinato sacerdote, ha ricoperto gli incarichi di docente al Seminario di Hasselt, di cui è stato Rettore. È stato anche membro della Commissione interdiocesana per la liturgia, responsabile nazionale per la pastorale delle vocazioni, responsabile per l’organizzazione dell’incontro del Papa con i giovani a Bruxelles, vicario episcopale per la formazione permanente, i media e la cultura. È stato anche rettore del Collegio Rumeno a Roma. Dal 2005, è officiale alla Congregazione per le Chiese Orientali, dove è responsabile del settore "Formazione e Studi" e Segretario della riunione Opere Aiuto Chiesa Orientali (ROACO). Ha pubblicato alcuni libri e numerosi articoli, principalmente in fiammingo, in varie riviste cattoliche, soprattutto di carattere liturgico. Dal 1996 è Canonico titolare.


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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Liberi dall’egoismo nella logica del dono e dell’amore: il messaggio del Papa per la Quaresima.

    L’Europa si ricorda delle violenze contro i cristiani: in prima pagina, a proposito della dichiarazione firmata ieri dopo settimane di trattative, con il commento, nella pagina religiosa, della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece).

    Il giorno più buio nella storia della Nuova Zelanda: nell’informazione internazionale, Stefano Girola, da Brisbane, sul terremoto che ha colpito la città di Christchurch.

    In cultura, un articolo di Silvia Guidi dal titolo “Ridere nel nome di Isacco”: in occasione di Purim “Pagine ebraiche” dedica un dossier alla comicità e alla parodia (accanto a una serie di cloni parodistici di giornali italiani c’è anche un esilarante “L’Osservatore Nostrano”).

    Il vero significato della sessualità: il vescovo Enrico dal Covolo, rettore della Pontificia Università Lateranense, sull’attualità dell’“Humanae vitae”.

    Andy Warhol e il suo doppio: Sandro Barbagallo analizza il sentimento religioso del padre della Pop Art.

    Diritto e religione tornano alleati: sulla testimonianza, dalle università statunitensi, di una realtà sempre più evidente, l’articolo di John Witte Jr. contenuto nell’ultimo numero della rivista “Oasis”.

    Sventurata Gertrude: Franco Camisasca sulla forza del male nei “Promessi Sposi”.

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    Oggi in Primo Piano



    Libia, raid aerei e centinaia di morti. Il nunzio, mons. Caputo: i religiosi non lasciano la popolazione. Padre Samir: i popoli oppressi uniti nella primavera araba

    ◊   In Libia, per il secondo giorno consecutivo l’aviazione avrebbe compiuto raid aerei sui manifestanti riuniti nel centro di Tripoli. Le informazioni mancano di verifiche, ma si parla ancora di centinaia di morti. E intanto, mentre si procede all’evacuazione degli stranieri, si segnala il progressivo stop delle forniture di gas verso i Paesi esteri. Lo si apprende da fonti qualificate di settore, che spiegano come la situazione sia particolarmente complicata. La cronaca delle ultime ore, nel servizio di Amina Belkassem:

    Continua il massacro in Libia. Secondo il canale satellitare Al Jazeera, uno dei pochi presenti nel Paese, nuovi raid aerei sono avvenuti anche questa mattina su Tripoli, mentre siti dell’opposizione parlano di migliaia di manifestanti diretti verso la Piazza Verde nel centro della capitale. Alcuni abitanti riferiscono di continui scontri e di un vero e proprio massacro compiuto contro i manifestanti che reclamano la fine del regime del colonnello Gheddafi, al potere da 42 anni – un record per l’Africa e per tutto il mondo arabo. Dopo le voci che lo davano in fuga verso il Venezuela, Gheddafi ha fatto ieri notte una breve apparizione alla televisione di Stato: “Sono a Tripoli”, ha esclamato. Seif al Islam, uno dei figli del leader, ritenuto suo probabile successore – almeno fino alla rivolta di questi giorni – ha ammesso che sono stati effettuati dei bombardamenti dell’esercito, però non contro la popolazione ma su depositi di armi lontani dai centri abitati. Intanto, continua l’esodo degli stranieri. L’aeroporto di Tripoli è nel caos, mentre si segnala la fuga via terra di migliaia di tunisini. Anche l’Anp si è detta pronta ad accogliere gli sfollati palestinesi, mentre l’esercito egiziano ha annunciato che rafforzerà i confini con la Libia, lasciati ormai senza nessun controllo. Un valico, ha comunque assicurato il Cairo, sarà aperto per permettere il passaggio dei feriti.

    In queste ore, sono stati approntati diversi piani di evacuazione per consentire ai cittadini stranieri di lasciare la Libia, teatro di sanguinosi scontri e violenze. Ma c’è anche chi non vuole abbandonare il territorio libico per continuare a manifestare la propria vicinanza alla popolazione. E’ il caso di sacerdoti, religiosi e religiose presenti in Libia, come ricorda il nunzio apostolico nel Paese, mons. Tommaso Caputo, intervistato da Amedeo Lomonaco:

    D. - In merito alla grave situazione che si è determinata negli ultimi giorni in Libia, le comunità religiose che operano nei due vicariati apostolici di Tripoli e Bengasi continuano ad essere pienamente al servizio della popolazione e dei fedeli. La maggioranza delle 16 comunità femminili composte da suore provenienti da diverse nazioni presta la propria opera nel settore sanitario e in queste ore ha intensificato l’assistenza alla popolazione.

    D. – La comunità della Chiesa, quindi, resta accanto alla popolazione…

    R. – Le religiose hanno espresso la volontà di restare accanto a chi soffre. Allo stesso modo anche i due vescovi e i 15 sacerdoti proseguono il loro servizio ed intendono continuare la missione loro affidata. Pur nel difficile frangente che il Paese si trova a vivere l’atteggiamento dei missionari presenti in Libia mira ad infondere coraggio e ad assicurare ogni forma di assistenza possibile alla comunità cattolica, che è di circa 100 mila fedeli, e all’intera popolazione. (bf)

    In Libia, come in diversi Paesi del Nordafrica e del mondo arabo, le popolazioni che hanno conosciuto regimi durati anche decenni sembrano ora unite in una sorta di "primavera araba". E’ quanto sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco il gesuita egiziano, padre Samir Khalil Samir, docente di Storia della Cultura araba e d'Islamologia presso l'Università "Saint Joseph" a Beirut, in Libano:

    R. – Il mondo arabo sta vivendo la sua “primavera araba”: c’è un denominatore comune dappertutto. La gente è stufa di regni o repubbliche che durano da decenni, che non danno spazio alla democrazia, alla libertà, all’uguaglianza, alla condivisione delle decisioni, e soprattutto con una situazione economica e sociale in cui molta gente si trova a disagio. Questo è un movimento che ormai non si può più fermare. In particolare, grazie a Internet, Youtube, Facebook, Twitter, la comunicazione istantanea arriva in un minuto in tutto il mondo, in tutte le agenzie. La globalizzazione, per me, è questa: la globalizzazione delle idee, dei desideri, delle attese del popolo sta passando attraverso Internet. Tutti trovano normale che succeda da noi quello che è successo altrove. Magari non sanno niente di quello che è successo nel blocco dell’est europeo durante gli anni Ottanta, ma sanno che ormai hanno diritto ad avere gli stessi diritti umani di tutti.

    D. – C’è però una differenza, rispetto alla rivoluzione nel mondo sovietico: in questo caso della “primavera araba”, come lei l’ha chiamata, il futuro sembra ancora più incerto, ovvero sono diversi i possibili scenari che possono aprirsi nel post-Mubarak, nel post-Gheddafi …

    R. – Sì, proprio perché non è guidato da un partito. E’ un movimento popolare che dice: non vogliamo più questi governi, vogliamo libertà etc. Ma come si concretizzerà? Questa è la domanda. Manca un leader, in questi Paesi. La paura che c’è in Occidente è in sostanza questa: chi prenderà la leadership di questi movimenti? Saranno gli estremisti musulmani? Non credo che sarà possibile, proprio perché questa “primavera”, questa rivoluzione è contraria a tutti i pesi che gravano su di noi. Il 90 per cento della gente si dirà musulmana, ma non vogliono essere musulmani secondo il modo islamico di tale gruppo o gruppuscolo. La gente preferisce dire: ognuno segua la propria coscienza.

    D. – Padre Samir, queste caratteristiche della “primavera araba”, ovvero la mancanza di un leader di riferimento e di partiti, ci fa capire che siamo di fronte ad un laboratorio politico popolare?

    R. – Lo spero. Il motivo è molto concreto: siccome talvolta i partiti sono stati vietati, si formeranno – penso – partiti che non saranno identici a quelli dell’Occidente. Si tratterà di vedere un partito più religioso, un partito più liberale economicamente… Tutto questo è ancora un punto interrogativo. Mi ha colpito il fatto che finora in nessuno di questi movimenti di massa abbiamo visto alcuna affermazione contro l’estero: il problema è interno; vogliamo risolvere il problema interno del mondo arabo tra musulmani. Il primo mondo – l’Occidente – può aiutarci incoraggiando la giustizia, la democrazia, senza paura e senza intervenire, perché questo è un aspetto odiato: l’ingerenza negli affari locali. Ricordandoci però i principi che sono alla base anche dell’Europa e dell’Occidente, per dimostrare che si tratta di un movimento mondiale e che siamo alla ricerca di un mondo più pulito e più giusto. (gf)

    La crisi che sta sconvolgendo la Libia è destinata ad avere fortissime ripercussioni economiche in tutta l’Unione Europea. Immediate sono state, ad esempio, le reazioni dei mercati energetici, con la crescita del prezzo del greggio e la minaccia di sospensione delle forniture di gas. Una situazione pericolosa, generata soprattutto dagli stretti interessi energetici e finanziari, che negli anni hanno legato questo Paese arabo – e in particolare la sua leadership politica – ai sistemi economici degli Stati membri. Ad Andrea Santini, docente di Diritto dell’Unione Europea, Stefano Leszczynski ha chiesto come mai l’Unione non abbia mai messo in pratica i principi etici a quali è giuridicamente vincolata:

    R. – Il trattato come modificato dal Trattato di Lisbona contiene chiare indicazioni sui principi e gli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione ed è molto chiaro nel dire che l’azione dell’Unione sulla scena internazionale si fonda su principi che comprendono, tra l’altro, la democrazia, lo stato di diritto, l’universalità ed indivisibilità dei diritti dell’uomo e il rispetto della dignità umana. Quindi, questi principi sono enunciati come chiari riferimenti che l’Unione ha nel costruire relazioni con Paesi terzi.

    D. – Tuttavia, professore, sembra che questa condizionalità spesso ceda il passo a interessi economici…

    R. – Questo, se vogliamo, è poi anche uno dei problemi concreti nel passare dalle affermazioni di principio alla fattiva realizzazione di questi principi. E questo fa sì che, in effetti, queste clausole di condizionalità siano state applicate fino ad oggi solamente in situazioni estreme, mentre in altro modo sono state aggirate, hanno trovato applicazioni molto più flebili in situazioni pur difficili ma non così estreme.

    D. – Oltre al malfunzionamento tecnico della politica estera europea, a volte si ha un po’ l’impressione che l’Europa abbia paura di andare contro i propri interessi. E’ così?

    R. – Certamente, in questo momento probabilmente l’Unione sta vivendo anche una sorta di crisi di identità, in questo come – direi – anche in altri settori più prettamente economici, se vogliamo.

    D. – Cosa dovrebbe fare l’Unione Europea per recuperare terreno, rispetto a quanto sta avvenendo ora nel Mediterraneo?

    R. – Innanzitutto, l’Unione Europea sarà necessariamente costretta, in qualche modo, dagli sviluppi più recenti che riguardano la Libia da ultima, ma che nei giorni scorsi hanno riguardato l’Egitto e, prima ancora, la Tunisia, a ripensare in qualche modo la propria politica nei confronti del Mediterraneo.

    D. - Insomma, una interpretazione del Mediterraneo che vada un al di là della mera fucina di migranti clandestini…

    R. – Sì: migranti da un lato; energia, forse, dall’altro. Finora, i rapporti con il Mediterraneo sono stati probabilmente troppo centrati solo ed esclusivamente su questi due aspetti. (gf)

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    Il cardinale Ricard sul documento Ue che condanna le persecuzioni anticristiane e di altri culti: giusta presa di posizione pubblica

    ◊   Un documento che stigmatizza in modo concorde le persecuzioni subite negli ultimi tempi da cristiani e da fedeli di altri culti. È quello siglato ieri dai 27 ministri degli Esteri dell'Unione Europea, riuniti ieri in Consiglio. Nel testo si parla di "ferma condanna" nei confronti degli attacchi terroristici "perpetrati recentemente, in diversi Paesi, contro i cristiani e i loro luoghi di culto, i pellegrini musulmani e altre comunità religiose". L'Ue, si afferma ancora, "è risolutamente impegnata nella promozione e protezione della libertà religiosa o di convinzioni senza nessuna discriminazione". Su questo documento – di tenore sensibilmente diverso rispetto a quello dello scorso gennaio nel quale ci si riferiva a una generica difesa delle "minoranze religiose" – si sofferma con un commento l'arcivescovo di Bordeaux, cardinale Jean-Pierre Ricard, vicepresidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, al microfono della collega della redazione francese della nostra emittente, Helene Destombes:

    R. – Notre prise de position n’est pas une prise de position partisane …
    La nostra non è una presa di posizione di parte, non il desiderio di manifestare la nostra solidarietà soltanto ai cristiani. Al contrario, è una presa di posizione rivolta a qualsiasi tipo di persecuzione di qualsiasi fedele. Allo stesso tempo, però, ci siamo detti che se non siamo noi a prendere le difese di coloro che oggi, in tutto il mondo, sono forse maggiormente presi di mira, cioè i cristiani, chi lo farà mai? Mi rallegro dell’iniziativa e del fatto che i ministri degli Esteri – tenendo conto che c’erano state reticenze da parte di cinque Paesi – abbiano infine assunto questa posizione in difesa delle comunità cristiane perseguitate.

    D. – Si tratta quindi di un segnale forte che mancava da tempo, dal momento che i 27 non avevano trovato un accordo. Lei deplora il fatto che hanno tardato tanto a farsi sentire?

    R. – Oui. Mais ce qui aurait été catastrophique ça aurait été d’en rester à une espèce …
    Sì, ma ciò che sarebbe stato veramente catastrofico sarebbe stato il restare in quella sorta di silenzio dovuto all’incapacità di prendere una posizione. Ora, finalmente, esiste un’espressione pubblica. Mi auguro, peraltro, che questa espressione pubblica possa tradursi in realtà in un certo numero di Paesi. Credo sia comunque positivo il fatto che i ministri degli Esteri abbiano saputo superare le riserve o le reticenze tra di loro e possano quindi parlare con una voce comune. Di questo veramente mi rallegro.

    D. – Il testo adottato ieri mattina invita, peraltro, Catherine Ashton a rendere conto delle misure prese e dei propositi concreti adottati per rafforzare ulteriormente l’azione dei 27 riguardo la promozione e la tutela della libertà religiosa. In concreto, che cosa vi aspettate?

    R. – Nous attendons que les relations d’un certain nombre de pays de l’Union …
    Noi ci aspettiamo che un certo numero di Paesi dell’Unione Europea possano far sentire la loro voce nei riguardi di quegli Stati nei quali si verificano persecuzioni di minoranze religiose ed eventualmente esercitare pressioni. Esiste, infatti, la tentazione – per ragioni economiche o commerciali – di mantenere un prudente silenzio… Mi sembra una cosa molto importante perché, al di là di ogni questione, è in gioco la tutela della libertà di coscienza e il rispetto della dignità dell’uomo.

    D. – Un passo importante è stato fatto. Quale sarà il prossimo?

    R. – D’abord, ce que je souhaite, ce que j’espère, ce pourquoi je prie, c’est que …
    Intanto, quello che mi auguro, quello che spero e quello per cui prego è che queste persecuzioni finiscano o se non altro diminuiscano: questo è il primo aspetto. Ma poi, vorrei che la tutela della libertà di coscienza, della libertà religiosa, della libertà della pratica religiosa, diventi sistematica in ogni Paese. So che in alcuni Paesi, in particolare in alcuni Paesi arabi, i cristiani non hanno il diritto di praticare la religione nell’ambito della loro vita sociale, e penso che questo fatto stesso sia un attentato alla libertà religiosa dell’uomo. Mi auguro che in futuro si possa compiere un passo anche in questa direzione. (gf)

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    Violenze domestiche: quando la vittima è il bambino che assiste. Rapporto di Save the children

    ◊   Sono almeno 400 mila i minori in Italia che assistono in casa a episodi di violenza di vario genere in cui è vittima la loro madre. Ma, viste le conseguenze, è come se a venire violati fossero i bambini stessi. E’ una consapevolezza che ancora non c’è né a livello istituzionale né di opinione pubblica. Da qui nasce il rapporto presentato oggi a Roma da Save the Children e dal Garante dei diritti dell’Infanzia del Lazio, nell’ambito del progetto comunitario Daphne III. Il titolo è “Spettatori e vittime: i minori e la violenza assistita in ambito domestico. Analisi dell’efficienza del sistema di protezione”. Approfondite anche tre realtà regionali del Lazio, del Piemonte e della Calabria. Gabriella Ceraso ne ha parlato con Raffaela Milano responsabile dei programmi Italia - Europa di Save the Children:

    R. - Una delle cifre più significative è la stima del numero dei minori vittime di questa violenza assistita, almeno 400 mila, ma questo è un fenomeno sommerso su cui c’è ancora poca attenzione, quindi immaginiamo che i numeri possano essere anche molto più alti. C’è bisogno di sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che un bambino che assiste ad una violenza è vittima di questa violenza diretta o indiretta che sia. Allo stesso tempo, noi abbiamo in Italia dei centri eccellenti di sostegno alle donne, centri antiviolenza, case rifugio. Però, questa rete non è diffusa su tutto il territorio nazionale, perciò tutto quello che noi chiediamo è che questo servizio diventi uno standard di tutta Italia.

    D. – Quindi più servizi, più coordinati, ma anche una legislazione apposita?

    R. – Per i bambini, in effetti, non c’è una legge specifica. Quindi, spesso, questo tema rientra come violenza psicologica, cioè diventa un aggravante per la persona che maltratta una donna. Certamente, è importante anche un intervento legislativo che rafforzi questa tutela dei minori: alcune regioni si sono mosse in questa direzione, anche se a livello nazionale questo resta ancora da fare.

    D. – Dal Rapporto emerge pure che, spesso, le donne sono le prime a essere inconsapevoli di quanto può subire il bambino...

    R. – Sì, è una frase ricorrente: “Con me è violento, però è un buon padre”. Su questo, è necessario far capire invece i danni enormi che si possono verificare nella crescita di un bambino.

    D. – Ci sono i danni, ma ci sono anche soluzioni...

    R. – E’ vero che non ci sono leggi specifiche, però l’Italia ha una buona legislazione sulla volenza, sulle donne, ed è importante non arrendersi ad una situazione di questo tipo. (ma)

    Ma quali sono le conseguenze effettive sui minori della violenza domestica assistita e quale il ruolo dei servizi sul territorio? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Paola Re, psicoterapeuta dell’età evolutiva:

    R. – Assistere alla violenza vuol dire subire un trauma. Le conseguenze sono molteplici, a volte non immediate in rapporto all’età: alcune sono più somatiche, alcune destrutturano l’apparato psichico del bambino... Cosa vuol dire? Che il bambino è inondato da forme di aggressività non contenute, alle quali non può dare un nome: ne derivano confusione e meccanismi di difesa forti per contenere questa angoscia. Ne deriva un impoverimento dell’io e delle sue funzioni.

    D. – Quindi, questo vuol dire che non si tratta solo di un problema del presente, ma che è anche un problema del futuro?

    R. – Gli stessi bambini possono, se non aiutati assieme al nucleo familiare, mettere in atto la stessa aggressività. Ciò può essere un tentativo per superare il trauma.

    D. - Dal Rapporto sembrerebbe che, in realtà, in Italia oggi siamo un po’ indietro con i servizi. Che tipo di assistenza ci dovrebbe essere?

    R. – Più che interventi specializzati, che ci sono, manca veramente una rete che accompagni le varie istituzioni. O, potremmo dire, che ci sono dei "buchi" in questa rete. Quindi, è necessario un coordinamento tra i vari interventi e promuovere servizi finalizzati a tutta la famiglia. Altro aspetto che il Rapporto delinea è quello della cultura e della prevenzione, dove venga veramente sottolineato che la violenza non può essere qualcosa di circolante all’interno delle mura familiari e che il legame non può essere di aggressività non gestita. (bf)




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    Il sacerdozio secondo il Concilio Vaticano II: una rilettura della "Presbyterorum Ordinis"

    ◊   Sacerdoti nuovi per una Chiesa realmente nuova. Fu questo lo spirito di fondo che guidò il Vaticano II quando si trattò di ridefinire il ministero sacerdotale, alla luce degli orizzonti aperti dal Concilio. Il frutto della riflessione conciliare si condensò nel decreto Presbyterorum Ordinis, che Paolo VI promulgò il 7 dicembre 1965. Il gesuita padre Dariusz Kowalczyk ne parla nella 16.ma puntata della rubrica dedicata alla riscoperta dei documenti conciliari:

    Non c'è rinnovamento nella Chiesa senza rinnovamento dei presbiteri. Tale affermazione non è segno di mentalità clericale ma la verità, radicata nella struttura della Chiesa voluta dal Signore. Il Concilio ricorda che Cristo stesso promosse alcuni dei discepoli “come ministri, in modo che nel seno della società dei fedeli avessero la sacra potestà dell'ordine per offrire il sacrificio e perdonare i peccati” (n. 2).

    Il Vaticano II ricorda “a tutti l'alta dignità dell'ordine dei presbiteri” (n. 1) ma dall'altro lato insegna invece che i presbiteri non “cadono dal cielo”, ma vengono presi dal popolo dei fedeli e “vivono in mezzo agli altri uomini come fratelli in mezzo ai fratelli” (n. 3). I sacerdoti quindi devono essere consapevoli della grandezza della loro vocazione, senza celebrare se stessi, in quanto non possiedono nulla che non abbiano ricevuto. Sono, infatti, da ricordare le parole di sant’Agostino: “Per voi io sono vescovo, con voi sono cristiano”.

    Il decreto Presbyterorum Ordinis indica i tre doveri fondamentali dei presbiteri: proclamare la parola di Dio, celebrare i sacramenti, e esercitare il ministero della carità. Il sacerdote deve ricordare che il suo compito “non è di insegnare una propria sapienza [come vorrebbero alcuni teologi], bensì di insegnare la parola di Dio” (n. 4). Tuttavia, tale insegnamento non consiste nel ripetere automaticamente le stesse formule, ma nell’"applicare la perenne verità del Vangelo alle circostanze concrete della vita” (n. 4).

    Il Concilio sottolinea la necessità di comunione nei rapporti tra vescovi, presbiteri e diaconi, tra clero e religiosi (NMI, 45). Non si tratta però di una solidarietà nel nascondere i problemi che invece dovrebbero essere analizzati e risolti. Il Concilio indica piuttosto quella “spiritualità di comunione”, che permette ai presbiteri di aiutarsi vicendevolmente, contribuendo insieme al bene della Chiesa.

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    Chiesa e Società



    Libia. Suore missionarie a Bengasi: "Stiamo bene e proseguiamo il nostro lavoro"

    ◊   “Noi stiamo bene, continuiamo la nostra opera sebbene la situazione in città non sia chiara ne è chiaro se ci sia chi controlli realmente la città. Polizia ed esercito sono scomparsi, ognuno pensa alla propria sicurezza facendo da guardia ad abitazioni, negozi, quartieri”: Raggiunta dall'agenzia Misna a Bengasi, suor Elisabetta, missionaria delle Suore di Carità dell’Immacolata Concezione, rassicura sulle condizioni di salute sue e delle consorelle e riferisce di numerosi feriti ricoverati negli ospedali di Bengasi. “Non so con esattezza il numero dei feriti né quello delle vittime – precisa suor Elisabetta che presta la sua opera in un reparto di ostetricia – ma sappiamo che sono molti”. Secondo suor Elisabetta prima che scoppiassero gli incidenti non c’era in realtà sentore di una situazione di particolare malessere che avrebbe potuto portare ai fatti e agli episodi di violenza di questi giorni: “Niente poteva farci presagire quanto avvenuto – prosegue la missionaria che, almeno per Bengasi, nega l’uso di mezzi aerei come riferito da alcuni media per Tripoli – e ora c’è tanta cautela tra la gente. Durante il giorno, i negozi sono aperti, non ci sono particolari problemi per il reperimento di generi di prima necessità, ma già al calare della notte le strade si svuotano e tutti restiamo chiusi in casa in attesa di notizie”. (R.P.)

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    Il cardinale Bagnasco sul Maghreb: le popolazioni mortificate alla fine reagiscono

    ◊   “Se mortificate nella dignità e nei diritti fondamentali le popolazioni alla fine reagiscono”. Così il cardinale Angelo Bagnasco, stamattina a Genova, ha commentato gli eventi nordafricani di questi giorni a margine di un convegno sul disarmo nucleare. “A un certo momento, le popolazioni reagiscono necessariamente, oltre che per problemi economici e politici, contro un’antropologia, una visione dell'uomo contraria ai suoi diritti fondamentali e alla sua dignità. Oltre gli elementi di tipo economico, certamente c'è questo dato di fondo che non può essere compresso da nessun regime, da nessuna dittatura e prima o poi esplode”. Il presidente della Cei e arcivescovo della città, ha poi ricordato come quanto sta accadendo sembri corrispondere a quanto già avvenuto nell'Est europeo. “Quando la persona viene conculcata nei suoi diritti fondamentali – ha detto - prima o poi non può non reagire e chiedere quello che è giusto, maggiore libertà e sicurezza anche per il tenore di vita e le opportunità”. Popolazioni tuttavia sofferenti ed è per questo che “tutti guardiamo con dolore” agli eventi, ha aggiunto il porporato, auspicando che ci siano esiti positivi in senso democratico e non peggioramenti, e ricordano che “quando prevale la categoria dell'utile sul bene, i danni possono essere incommensurabili, come la storia ci insegna”. “L'universo – lo ha definito il cardinale – è splendore di energia, bellezza, positività, accoglienza, nostra casa, che dobbiamo riconsegnare ad altri dopo di noi”. Mentre sul tema del disarmo ha osservato che “la possibilità concreta della riconversione delle testate di uranio è qualcosa che da una parte aiuta la pace in generale e, dall'altra, pare una risorsa non piccola, anzi molto consistente, da impiegare per scopi pacifici e utili per la società e i Paesi più poveri”. (Da Genova, Dino Frambati)

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    L’arcivescovo di Tunisi: l'uccisione del sacerdote salesiano non fermerà il dialogo

    ◊   Nessun crimine, per quanto atroce, potrà fermare il dialogo: questo il messaggio che l’arcivescovo di Tunisi, Maroun Elias Lahhaam ha voluto dare al popolo nel corso della Messa di domenica scorsa in suffragio di don Marek Rybinski, il sacerdote polacco assassinato venerdì all’interno della scuola salesiana. Alla celebrazione, organizzata dalla comunità polacca, hanno partecipato anche un rappresentante del ministero degli Esteri e il ministro per gli Affari religiosi. “Il dialogo con altre fedi e tradizioni è fondato su basi molto solide e non può essere fermato da un atto criminale”, ha detto il presule, che ha incontrato anche il primo ministro tunisino Mohamed Ghannouchi, il quale gli ha espresso la solidarietà del governo. Intanto le forze dell’ordine, nella serata di ieri, hanno arrestato il presunto assassino del prete: si tratterebbe di Chokri Ben Mustapha Bel-Sadek El-Mestir, falegname di 44 anni che prestava servizio all’interno della scuola. Alla base dell’omicidio ci sarebbe una lite finita in tragedia: il sacerdote, infatti, aveva scoperto che l’uomo utilizzava per sé parte dei soldi che gli venivano consegnati per l’acquisto dei materiali. Non è ancora stata fissata la data dei funerali di don Rybinski, ma nel fine settimana si sono svolte due manifestazioni in suo ricordo, cui hanno preso parte molti genitori, allievi ed ex allievi della scuola. (R.B.)

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    Sisma in Nuova Zelanda: danneggiata anche la cattedrale cattolica di Christchurch

    ◊   Non sarebbe crollata, ma soltanto danneggiata la cattedrale cattolica di Christchurch, la seconda città della Nuova Zelanda colpita oggi da un terremoto di magnitudo 6.3. Queste le notizie ricevute dalla Radio Vaticana da parte della nunziatura apostolica, mentre è accertato che la guglia della cattedrale anglicana della città sia crollata sulla piazza. Cresce, inoltre, di ora in ora il bilancio delle vittime e si prosegue alla ricerca dei dispersi sotto gli edifici di una città praticamente rasa al suolo all’ora di pranzo di un qualunque giorno feriale, con gli uffici e le scuole in piena attività. Non si contano, inoltre, i senzatetto che stanno trascorrendo la notte all’addiaccio. L’ospedale locale è ancora aperto, mentre è stato chiuso l’aeroporto e tutti i voli sono stati deviati sullo scalo della capitale Wellington. "Ma il danno principale è quello riportato dalle persone", è la drammatica testimonianza rilasciata alla Fides da padre Paul Shannahan, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) in Nuova Zelanda, che ha lanciato un appello alla preghiera e al sostegno anche economico: a tal proposito le Pom australiane hanno già predisposto un indirizzo mail: prayers@catholicmission.org.au. “Profondamente scioccata” si è detta la Regina Elisabetta, che ha voluto esprimere la propria “intensa partecipazione” alle persone colpite in uno dei Paesi del Commonwealth. (A cura di Roberta Barbi)

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    Costa Rica: la donazione del Papa per le vittime della tempesta Tomás

    ◊   "Oltre a ciò che rappresenta il suo aiuto economico, ciò che più importa e ci commuove è la sua solidarietà e partecipazione, il suo incoraggiamento e affetto". Con queste parole, il capo della diplomazia del Costa Rica, il ministro degli Affari esteri René Castro, ha commentato ieri la donazione di 30mila dollari fatta da Benedetto XVI alle persone colpite dalla tormenta tropicale Tomás, che, nelle settimane scorse, ha causato notevoli danni sia in Costa Rica sia in Nicaragua. La donazione del Papa è stata consegnata alla Conferenza episcopale della piccola nazione centroamericana dal nunzio apostolico, come ha confermato l'ambasciatore di San José presso la Santa Sede, Fernando Sánchez. Il ministro Renè Castro, parlando con i giornalisti, ha ribadito la gratitudine del popolo del Costa Rica al Papa che, ha sottolineato, "ha molto a cuore la nostra gente e, oltre alle sue preghiere, ci fa arrivare un sostegno concreto di grande valore". La tormenta Tomás, alla fine dell'anno scorso ha causato in Costa Rica 23 morti e gravissime perdite materiali. Le vittime del disastro vennero ricordate dal Papa nel messaggio Urbi et Orbi di Natale. (A cura di Luis Badilla)

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    Pakistan: un’altra donna cristiana arrestata con l’accusa di blasfemia

    ◊   Nuovo caso di donna cristiana accusata di blasfemia in Pakistan: si tratta di Agnes Nuggo, che è stata arrestata a Faisalabad, nella provincia del Punjab. La notizia è arrivata all’agenzia Fides dalla Chiesa locale che si sta adoperando per il suo rilascio. La donna, 50 anni, sposata con figli e residente nel quartiere cristiano di Waris Pura, è accusata da alcuni vicini di casa musulmani di aver pronunciato ingiurie contro Maometto e contro l’Islam, ma si proclama innocente. Secondo alcune religiose che la conoscono bene, la donna sarebbe caduta in una trappola di qualcuno che voleva vendicarsi di lei dopo che aveva accettato di testimoniare in tribunale per denaro. “La situazione è critica per noi cristiani – racconta il parroco dell’area, padre Pascal Paulus, dominicano – i radicali islamici intendono sfruttare tali casi per attaccare le minoranze cristiane”. “Una nuova Asia Bibi”: così l’ha definita Haroon Barket Masih, della Masihi Foundation, che ha testimoniato come le famiglie di cristiani spesso tacciano per paura di ritorsioni, mentre le istituzioni sono assenti. “Essere donna cristiana in Pakistan è una duplice sfida – ha detto la responsabile della Pakistan Catholic Woman Organization, Rosmary Noel – già la condizione femminile è di per sé esposta a discriminazioni, violenze e sopraffazioni”. Con Agnes arrivano a 16 le donne cristiane arrestate tra il 1987 e il 2011, cui si aggiungono una musulmana e una indù, ma si presume che ci siano molti casi non denunciati. (R.B.)

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    India: raduno interconfessionale contro il rapporto che ridimensiona i pogrom del 2008

    ◊   Un grande raduno interconfessionale cui hanno partecipato 30mila cristiani si è svolto ieri a Bangalore, in India, per protestare pacificamente contro un rapporto non obiettivo, diffuso nei giorni scorsi, sui pogrom anticristiani del 2008 e le violenze che ne sono seguite. Il rapporto in questione, firmato dalla Commissione Somasekhar, è giudicato unilaterale e parziale sugli attacchi alle chiese cristiane a Mangalore e in altri distretti del Karnataka, che sono iniziati dopo il cambio del governo del maggio 2008. Le persecuzioni, in particolare, ricorda AsiaNews, sono iniziate fra il 13 e il 14 settembre a Mangalore, Dakshina Kannada, Udupi e altri distretti tra cui Bangalore e Kolar. La protesta è stata organizzata sotto la bandiera del Forum per i diritti umani dei cristiani uniti del Karmataka davanti alla cattedrale di San Francesco Saverio ed è stata introdotta dall’intervento dell’arcivescovo di Bangalore, mons. Bernard Moras, che ne è anche presidente, in cui ha spiegato la precisa cronologia degli eventi. “La disposizione all’accettazione delle leggi, la natura pacifica e la mitezza dei cristiani – ha concluso il presule – sono stati interpretati come una debolezza”. (R.B.)

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    Plauso della Comece sulle conclusioni dell'Ue sull'intolleranza religiosa

    ◊   Le conclusioni adottate dall’Ue sull’intolleranza e la violenza fondate sulla religione sono “un passo nella giusta direzione”. Lo afferma la Comece in una nota diffusa ieri e ripresa dall'agenzia Sir. Per la Commissione degli episcopati della Comunità europea “buon senso e volontà politica hanno permesso una presa di posizione forte. Questa era necessaria per contrastare i numerosi atti di terrorismo e di settarismo contro i cristiani in tutto il mondo”. “La sicurezza e la sopravvivenza delle comunità cristiane, specie in Medio Oriente, richiedevano un’azione concreta. L’accordo raggiunto ieri – prosegue la nota della Comece – fa seguito alle proteste che molti Stati membri avevano sollevato dopo l’esito negativo di una riunione precedente”, quella del 31 gennaio scorso. La Comece ritiene che “il Consiglio dei Ministri Ue debba ora tradurre questa affermazione in azione per garantire ai cristiani e alle altre minoranze religiose in tutto il mondo il necessario rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, compresa la libertà di religione”. “La Comece – si legge nel testo – spera che l’Ue traduca queste conclusioni in azione politica concreta per mettere fine al settarismo religioso, alla guerra tra culture e religioni e all’ondata di pulizia religiosa”. (R.P.)

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    I vescovi dell’Africa australe preoccupati per la situazione dello Zimbabwe

    ◊   “Ci rivolgiamo ai leader della Sadc (South African Development Community) in un momento critico nella vita della nazione dello Zimbabwe” scrivono i vescovi dell’Imbisa (Inter-Regional Meeting of the Bishops of Southern Africa, che riunisce i vescovi di Angola, Botswana, Lesotho, Namibia, Mozambico, Sao Tome e Principe, Sudafrica e Zimbabwe) al termine della loro 9° Sessione plenaria. In un comunicato inviato all’agenzia Fides i membri dell’Imbisa ricordano “il ruolo importante che la Sadc ha avuto nel facilitare il Global Political Agreement (Gpa) che ha portato al governo di unità nazionale”. Del governo di unità nazionale fanno parte sia il partito del Presidente Robert Mugabe sia quello del Premier Morgan Tsvangirai. Quest’ultimo è il principale oppositore di Mugabe. Il duro scontro politico tra le due parti aveva portato ad una grave crisi che è sfociata nella negoziazione del Gpa e nella formazione del governo di unità nazionale. “Tuttavia, due anni dopo la firma dell’accordo, siamo preoccupati per la mancanza di progressi significativi - scrivono i vescovi dell’Imbisa -: non tutti gli aspetti del Gpa sono stati rispettati entro il termine convenuto. Nonostante alcuni miglioramenti, constatiamo che i cittadini dello Zimbabwe continuano a soffrire per l’estrema povertà, gli alti livelli di disoccupazione, gli inadeguati servizi sanitari e dell’istruzione, la mancanza di investimenti e di fiducia nell'economia del Paese. Si tratta di una forma di grave ingiustizia, se si considera la ricchezza del Paese in relazione alle sue risorse umane e materiali”. Nel 2011 sono previste le elezioni presidenziali e parlamentari. L’Imbisa si mostra preoccupata per le gravi carenze riscontrate nella preparazione della sessione elettorale: la non completa attuazione del Gpa; i ritardi del processo di riforma costituzionale (“non si sa quando si terrà il referendum sulla nuova Costituzione”); le liste elettorali che non sono state aggiornate; le pesanti limitazioni alla libertà di associazione e di stampa; sono in crescita le intimidazioni e le violenze mentre la campagna elettorale entra nel vivo. Quarantasei persone sono state arrestate mentre guardavano le registrazioni video delle proteste in Tunisia ed Egitto, con l’accusa di preparare “attività per sovvertire un governo legittimo”. (R.P.)

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    Incontro Ifad a Roma: dare opportunità ai piccoli contadini dell’Africa

    ◊   Se il mondo si occupasse dei piccoli contadini in Africa, ne otterrebbe in cambio derrate alimentari in eccedenza: questo in sintesi il messaggio che è uscito dall’incontro annuale del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad) che si è svolto lo scorso fine settimana a Roma. “L’Africa ha la terra e il capitale umano per sviluppare un sistema agricolo in grado di produrre eccedenze per garantire la sicurezza alimentare globale negli anni a venire – ha detto durante il Consiglio dei governatori dell’Ifad Kofi Annan, ex segretario generale dell’Onu e presidente dell’Alleanza per la rivoluzione verde nel continente – finora l’Africa è stata penalizzata dalla mancanza di tecnologie e infrastrutture, ma la situazione sta cambiando”. Nel corso del fine settimana, riferisce la Misna, l’Ifad ha discusso strategie di lotta alla povertà e ha presentato iniziative in sostegno della sicurezza alimentare. Il presidente Kanayo Nwanze ha sottolineato, inoltre, la necessità di offrire alle popolazioni rurali la possibilità di realizzare maggiori profitti: “Gli eventi recenti – ha detto in riferimento alle rivolte nel Maghreb – mostrano l’energia delle giovani generazioni e l’importanza che abbiano un futuro alle società in cui vivono”. Nel corso della riunione, infine, è stato istituito anche il nuovo Forum per le popolazioni indigene, ad opera dell'organismo Onu con sede a Roma e specializzato in questioni legate allo sviluppo rurale e nel microcredito. Il Forum si pone l'obiettivo di accrescere la partecipazione dei gruppi indigeni alle decisioni che li riguardano da vicino. (R.B.)

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    Vescovi del Regno Unito: coppie gay mai unite in matrimonio religioso in una chiesa cattolica

    ◊   Nessuna coppia omosessuale sarà mai unita in matrimonio religioso in un luogo di culto cattolico e “la Chiesa si opporrà con ogni mezzo a qualsiasi provvedimento volto a modificare la natura fondamentale del matrimonio”. È quanto ha dichiarato l’arcivescovo Peter Smith, responsabile del Dipartimento per la cittadinanza cristiana della Conferenza episcopale inglese e gallese, in merito al via libera dato dal Governo conservatore di David Cameron al matrimonio religioso degli omosessuali. Il disegno di legge, presentato nei giorni scorsi al Parlamento da Lynne Featherstone, Sotto-segretario alle pari opportunità, vuole cambiare la definizione legale del matrimonio come unione tra un uomo e una donna, permettendo alle coppie omosessuali di celebrare un rito religioso e ai due partner di definirsi "marito" e "moglie" come le coppie eterosessuali. Una norma - rileva nella nota mons. Smith - mai prevista da nessuna legge sinora approvata dal Parlamento, neanche dall’Equality Act (la legge con cui il precedente Premier laburista Tony Blair aveva legalizzato nel 2005 le unioni civili tra persone dello stesso sesso, ndr). “Il matrimonio – sottolinea il presule - non appartiene allo Stato più di quanto non appartenga alla Chiesa” trattandosi di “un’ istituzione fondamentale che ha la sua radice nella stessa natura umana. Un ministro del culto è perfettamente libero di celebrare un rito religioso prima o dopo la registrazione di un’unione civile, perché ciò rientra nella sfera della libertà religiosa, ma - afferma in conclusione la nota – per questo non è necessaria una legge dello Stato”. Oltre alla Chiesa cattolica, anche la Chiesa anglicana, le autorità religiose ebraiche e islamiche inglesi si sono sinora opposte alle unioni religiose tra persone omosessuali. Di diverso avviso, peraltro, altre confessioni protestanti britanniche. Nel Regno Unito finora circa 26 mila coppie omosessuali hanno celebrato unioni civili, ma si prevede che, se la nuova legge passerà, saranno molte di più. (L.Z.)

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    Spagna: lotta di vescovi e Caritas contro povertà ed esclusione sociale

    ◊   “Il dovere del governo di aumentare le risorse per i servizi sociali per le persone più vulnerabili” è stato ricordato dal Segretario generale della Caritas spagnola, Sebastian Mora, al termine della 67° Assemblea annuale, tenutasi a El Escorial. Al tempo stesso la Caritas mette in guardia “sul fatto che l'aiuto che può dare la Caritas ha dei limiti, che sono ormai superati e che, tenendo conto dei tagli ai fondi pubblici, saranno ancora di più”. La Conferenza episcopale spagnola ha consegnato alla Caritas, attraverso il suo segretario generale, mons. D. Juan Antonio Martinez Camino, un contributo di 4 milioni di euro. Nell’ultima riunione plenaria della Cee, tenutasi nel novembre 2010, i vescovi spagnoli - riferisce l'agenzia Fides - avevano deciso di incrementare la cooperazione economica con la Caritas. La donazione è stata di 4 milioni di euro, invece dei 2,9 consegnati lo scorso anno, pari al 1,62% del Fondo comune interdiocesano. E’ il terzo anno consecutivo che la Conferenza episcopale ha deciso di donare una percentuale del Fondo comune interdiocesano per i programmi di risposta alla crisi sviluppati dalle diverse Caritas diocesane in tutto il Paese. Mons. Martínez Camino ha affermato che "la Caritas è la Chiesa nel ruolo della sua funzione e nella missione di solidarietà cristiana. Non è una Ong, ma è la Chiesa cattolica nell’esercizio della carità a cui il Signore invita i cristiani". (R.P.)

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    Irlanda: presentato il documento dei vescovi sul tema del bene comune

    ◊   La Commissione della giustizia e della pace della Conferenza episcopale irlandese ha pubblicato un documento dedicato alla crisi economica nel Paese e all’impegno dei cattolici nella difesa della dignità umana, della giustizia sociale e dell’uguaglianza. Il documento, presentato ieri a Dublino, si intitola “Dalla crisi alla speranza: lavorare per raggiungere il bene comune”, a sottolineare la centralità del bene comune contro il prevalere degli egoismi e degli interessi particolari che tanta parte hanno avuto nella crisi economica. In questa fase particolarmente difficile per il Paese, dominata dalla sfiducia, esso vuole essere un richiamo alle forze politiche, sociali ed economiche ai valori della solidarietà con i più poveri e i più vulnerabili che della recessione sono le prime vittime. “La povertà e l’esclusione sociale che molti in Irlanda stanno vivendo rappresentano delle palesi violazioni della dignità umana”, ha sottolineato con forza alla conferenza stampa mons. Raymond Field, presidente della Commissione Giustizia e Pace. Il presule ha ricordato quindi che la difesa della dignità umana per un cristiano significa “proteggere la vita umana dal concepimento alla sua fine naturale; difendere i bambini dalla povertà assicurando loro l’accesso a tutti i servizi; garantire ai giovani possibilità di un futuro evitando loro di costringerli ad emigrare; rafforzare la famiglia; assicurare a tutti l’accesso all’assistenza sanitaria; assistere le persone disabili e permettere agli anziani di vivere una vita indipendente e dignitosa. Con questo documento – ha concluso mons. Field – vogliamo che sia dato il giusto riconoscimento ai costi umani della crisi e che questi non siano dispersi nel mare di numeri e di statistiche. La dignità umana è il fondamento di ogni diritto”. Alla conferenza stampa è intervenuto anche padre Eoin Cassidy, uno degli autori del documento, che ne ha illustrato i temi principali e gli obiettivi: “’Dalla crisi alla speranza’ - ha detto - vuole dimostrare la necessità di porre il bene comune al primo posto, perché è l’unico sistema di valori alternativo al rozzo individualismo e alla legge del più forte che ha dato forma alla nostra cultura consumistica”. Sulla stessa linea l’intervento di mons. John Kirby presidente dell’agenzia caritativa dei vescovi irlandesi Trocaire che ha indicato nell’ingordigia e nel tradimento della fiducia l’origine della recessione. (A cura di Lisa Zengarini)

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    I vescovi della Slovacchia in difesa dei cristiani perseguitati in Oriente

    ◊   Preoccupazione per la situazione nei vari Paesi del Vicino e Medio Oriente e per l’esposizione dei cristiani che vi abitano alla violenza è stata espressa dai vescovi della Slovacchia in una dichiarazione in cui hanno chiesto all’Unione europea di attivarsi. “Vogliamo manifestare solidarietà ai nostri fratelli che ogni giorno affrontano ogni tipo di ingiustizia solo per il fatto di professare la loro fede – scrivono nel documento riportato dalla Zenit – siamo consapevoli del fatto che in qualsiasi luogo del mondo sia importante difendere la libertà religiosa e la libertà di coscienza”. L’episcopato, poi, ha chiesto un’azione diretta dei ministri degli Esteri degli Stati membri dell’Ue e una posizione chiara dell’Europa in favore della protezione dei cristiani perseguitati, soprattutto in Iraq. “Sarebbe un frutto adeguato del continuo dialogo tra l’Unione e le Chiese, basato sull’articolo 11 del Trattato di Lisbona”, hanno concluso. (R.B.)

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    Sinodo dei greco-cattolici ucraini: il 21 marzo l'elezione dell'arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč

    ◊   Annunciato per il 21 marzo prossimo il Sinodo dei vescovi della Chiesa greco-cattolica ucraina (Ugcc), incaricato di eleggere il nuovo arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč. Parteciperanno alla riunione – che sarà ospitata nella casa di ritiro “Patriarca Josyf Slipyj” a Lviv-Briuchovychi - una cinquantina di presuli provenienti dall’Ucraina e dall’estero, tenuti a restare nella sede del Sinodo fino alla conferma dell’elezione da parte di Benedetto XVI e alla proclamazione ufficiale del nuovo arcivescovo maggiore. Il Sinodo, organismo legislativo della Chiesa, composto da vescovi e convocato di norma una volta all’anno, determina la politica interna ed esterna, si prende cura della costruzione delle strutture ecclesiali, prende decisioni su questioni pastorali, ecumeniche ed educative. L’elezione del nuovo arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč - riferisce L'Osservatore Romano - segue la rinuncia del cardinale Lubomyr Husar, accettata il 10 febbraio scorso dal Papa, che ha contestualmente nominato mons. Ihor Voznyak amministratore temporaneo dell’arcivescovado. Il cardinale Husar - alla guida per 10 anni della Chiesa greco-cattolica ucraina, dopo la morte del cardinale Myroslav Ivan Lubachivsky - è stato il primo capo dell’Ugcc eletto da uno speciale Sinodo dei vescovi, convocato dopo l’uscita dei greco-cattolici dalla clandestinità e l’indipendenza dell’Ucraina. (R.G.)

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    Indonesia: epidemia di leptospirosi a Bantul

    ◊   Stato di emergenza a Bantul, nella regione centrale di Giava in Indonesia. Le organizzazioni sanitarie del Paese hanno lanciato l'allarme in seguito ad una epidemia di leptospirosi, malattia mortale di origine animale che può portare febbre alta, emorragie interne ed insufficienze degli organi. Dall'inizio dell'epidemia a fine gennaio - riferisce l'agenzia Fides - sono morte quattro persone su 15 contagiate, un tasso del 27% di fatalità. Secondo quanto riportato in una dichiarazione del direttore generale del “Disease Control and Environmental Health” al Ministero della Sanità indonesiano, l'infezione è stata causata dai topi che continuano ad invadere la zona. La leptospirosi si sviluppa nelle baraccopoli urbane attraverso i ratti, ma colpisce anche le zone rurali, uccidendo un numero imprecisato di contadini che lavorano a piedi nudi nelle risaie, di bufali d'acqua e di lavoratori di canna da zucchero. A causa delle precarie condizioni di lavoro l'Oms, dal 2007, ha calcolato circa un miliardo di agricoltori a rischio di infezione nel sudest asiatico. Le epidemie sono seguite alle inondazioni e agli uragani che hanno colpito l'intera regione. Nel 2010 in Indonesia sono stati registrati 110 contagi, ma le cifre sono sottostimate. Mancano la ricerca e il monitoraggio di questa pandemia che spesso viene trascurata o scambiata con altre malattie simili, come la dengue, che da 64 mila casi registrati nel 2000 è arrivata a 258 mila nel 2009. Negli anni 90 i ricercatori hanno isolato circa 80 dei 250 tipi di batteri in Indonesia e Malesia. (R.P.)

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    Cambogia: picco dell’Aids a causa delle politiche di controllo delle nascite

    ◊   La causa principale del picco nella diffusione dell’Aids in Cambogia è la politica di controllo delle nascite e la promozione della contraccezione artificiale: è quanto spiega all’agenzia Fides una delegazione del movimento pro-vita Human Life International che ha compiuto di recente una missione nel paese del Sudest asiatico. La Cambogia è uno dei Paesi in cui hanno sede le maggiori agenzie internazionali che operano per la pianificazione familiare e il controllo demografico: “Engender Health”, Usaid (United States Acency for International Development) e il suo programma Racha (Reproductive and Child Health Alliance). Negli scorsi 20 anni, grazie ai fondi stanziati da queste organizzazioni, lo Stato ha speso oltre 600 milioni di dollari in programmi di controllo demografico e contraccezione. Il bilancio di tali azioni ha visto scendere la fertilità delle donne cambogiane (da 6 a 3 figli in media), ma anche la rapida diffusione dell’Aids: da quando fu scoperto il primo caso di infezione nel 1991, nei 15 anni successivi sono morte di Aids 94 mila persone e gli infetti sono cresciuti a dismisura, fino a 160 mila casi su una popolazione di 13 milioni, che fanno della Cambogia uno dei paesi del Sudest asiatico più colpiti dall’epidemia. “Questi programmi, a detta dei promotori, avrebbero dovuto fermare l’Aids”, nota Human Life International. Il paradosso è, invece, che proprio la campagna di larga diffusione dei contraccettivi e del preservativo, inteso come “panacea” contro l’Aids, “ne ha invece favorito la diffusione, alimentando la cultura della mercificazione della sessualità”. La Chiesa e numerose Ong di ispirazione cristiana si sono attivate per contrastare tale approccio: movimenti cristiani come “Coppie per Cristo” promuovono seminari di formazione per le giovani coppie, mentre ordini religiosi come le suore di Maria Ausiliatrice operano nel campo dell’istruzione delle nuove generazioni per diffondere la cultura del rispetto della vita, della persona, della corporeità e della sessualità. (R.P.)

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    Benin: il Santuario mariano di Allada affidato ai Francescani dell'Immacolata

    ◊   Con una solenne celebrazione, domenica 13 febbraio mons. Antoine Ganye, neo arcivescovo di Cotonou, ha affidato il santuario della Madonna della Divina Misericordia di Allada alla cura pastorale dei Frati Francescani dell'Immacolata. Il Centro mariano Allada, eretto in santuario mariano diocesano il 1 ottobre 1997 da mons. Isidore de Souza, ha conosciuto sotto la direzione padre Alfonso Maria Bruno, durata un decennio, una crescita esponenziale fino all’inaugurazione della bellissima chiesa con campanile, avvenuta il 15 aprile 2007. L'allora arcivescovo Marcel Agboton, aveva in seguito riorganizzato il santuario, dove già viveva una comunità di sacerdoti e missionari, religiosi e religiose, con la nomina di un animatore pastorale proveniente dal clero diocesano di Cotonou. Dopo una sperimentazione durata più di tre anni, il vescovo Ganye ha voluto tornare al vecchio modulo, stipulando con i frati Francescani dell’Immacolata una convenzione canonica. L'Istituto religioso, inoltre, celebrerà il 13 dicembre la sua presenza ventennale nel Benin. Il Superiore della comunità di Allada, padre Michele Maria Iorio, è stato nominato rettore del Santuario. Questo gesto è stato accolto come segno di comunione ecclesiale e di efficace collaborazione tra la Diocesi e i religiosi, mentre si avvicina il viaggio apostolico in Benin di Benedetto XVI, previsto a novembre. (R.P.)

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    Etiopia: la Chiesa locale vicino alle donne e ai poveri

    ◊   La Chiesa in Etiopia è in prima linea accanto alle donne africane per promuoverne i diritti, favorirne la dignità, l’uguaglianza e curare l’educazione delle più giovani. Nella cultura locale, infatti, se una ragazza resta incinta prima del matrimonio, viene venduta a un’altra tribù: la Chiesa ha pian piano contribuito a modificare questi costumi, insegnando l’uguale dignità di donne e uomini di fronte a Dio. L’agenzia Zenit, riguardo la realtà in Etiopia, ha raccolto la testimonianza del missionario padre Boniface Isenge, attivo nel sud, presso la tribù Borana Oromo. Accanto a lui e agli altri missionari, sta l’associazione cattolica internazionale Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs). “La gente ama ascoltarci – ha detto – le persone sono ospitali e sanno che siamo qui per aiutarle”. L’area, vicino al villaggio di Hako Bake, ha bisogno di una nuova chiesa, perché la più vicina si trova a oltre dieci miglia di distanza: Acs ha inviato 15mila euro per la realizzazione dell’opera che permetterà alla fede di mettere “profonde radici”, come ha detto padre Isenge. (R.B.)

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    Spagna. A Burgos una nuova Congregazione di religiose: le chiamano “suore in jeans”

    ◊   Le hanno ribattezzate le “suore in jeans” per il loro abito confezionato con questo tessuto, sono circa 200 e hanno tutte un’età compresa fra i 18 e i 35 anni, le religiose di "Iesu communio", nuovo istituto femminile approvato in Spagna, a Burgos, che si è già conquistato il primato di congregazione più giovane d’Europa. Riporta L’Osservatore Romano che l’istituto è stato riconosciuto nel dicembre scorso da Papa Benedetto su proposta dell’allora prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, cardinale Franc Rodé. Nei giorni scorsi, proprio nella cattedrale di Burgos, è stata celebrata una Messa di ringraziamento officiata dall’arcivescovo della città, Francisco Gil Hellín, alla presenza del cardinale arcivescovo di Madrid, Antonio María Rouco Varela; del nunzio apostolico in Spagna, arcivescovo Renzo Fratini; dell’arcivescovo di Pamplona y Tudela, Francisco Pérez González e del neovescovo di Ciudad Rodrigo, Cecilio Raúl Berzosa Martínez, fratello di suo Veronica María, fondatrice e superiora della comunità. Il nuovo istituto, nato da una costola dei monasteri di Lerma e La Aguilera, è di forte indole contemplativa, pur senza raccogliere monache di clausura e risponde alle nuove necessità e sensibilità del mondo e della Chiesa. (R.B.)

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    Cina: morto il compositore cattolico più famoso del Paese autore di canti sacri in lingua cinese

    ◊   I fedeli della diocesi di Tai Yuan nella provincia dello Shan Xi ricordano con grande commozione il musicista e compositore cattolico Antonio Geng Hui. Secondo quanto riporta il sito diocesano ripreso dall'agenzia Fides, il professor Geng, che era direttore artistico del coro della Cattedrale diocesana di Tai Yuan, si è spento il 20 febbraio 2011 all’età di 70 anni. Da lungo tempo aveva dedicato la sua vita e il suo talento musicale alla Chiesa e alla musica sacra. Era nato in una famiglia cattolica, e fin da piccolo aveva fatto il chierichetto ed era membro del coro parrocchiale, per servire la Chiesa e vivere la fede. Ha posto la prima pietra per la musica sacra nella comunità cattolica della provincia dello Shan Xi. Dal 1985 insegnava musica sacra nel seminario maggiore regionale di S. Giovanni da Montecorvino, nella provincia dello Shan Xi, e cominciato a comporre la musica per la Messa in lingua cinese. Nel 1995, grazie al suo studio della Costituzione sulla Liturgia del Concilio Vaticano II, compose numerosi pezzi di musica sacra che sposano armonicamente la tradizione melodica cinese con la musica sacra tradizionale. Nel 2006 compose la "Messa dei bambini". Lungo questi anni di dedizione alla fede e alla liturgia, ha prodotto più di trenta pezzi popolari di musica sacra che si usano oggi durante la Messa. E’ stato riconosciuto come il compositore cattolico più famoso della Cina continentale degli ultimi 30 anni. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Entrate nel canale di Suez le due navi da guerra iraniane

    ◊   Sono entrate all’alba di stamani nel Canale di Suez le due navi da guerra iraniane di cui si parla da giorni. Si tratta del primo passaggio del genere dalla Rivoluzione iraniana del 1979. Il servizio di Fausta Speranza:

    Il passaggio delle due navi, una fregata ed una nave di approvvigionamento, è stato autorizzato dal Consiglio militare al potere in Egitto dall'11 febbraio, dopo la cacciata di Mubarak. Una scelta diplomatica non semplice per il giovane governo ad interim: il Cairo è un alleato degli Stati Uniti, ha un trattato di pace con Israele e le sue relazioni con l'Iran sono tese da oltre tre decenni. A proposito di Israele, ha parlato subito di “grave provocazione”. Al momento si è pronunciato un portavoce del Ministero israeliano degli esteri: la presenza militare iraniana nel Mediterraneo – ha detto - “è provocatoria, senza precedenti e rappresenta una sfida alla comunità internazionale”. Bisogna dire però che si tratta di commenti alle notizie che vengono dall’Egitto: non ci sono ancora conferme ufficiali della presenza delle navi da parte di Israele. Le due navi dovrebbero raggiungere un porto siriano, presumibilmente quello di Tartus.

    In Egitto, tre generali parlano del cambiamento politico in atto nel Paese
    Il vicepresidente nominato da Hosni Mubarak prima di lasciare il potere, il capo dei servizi segreti Omar Suleiman, non è al palazzo presidenziale, come qualcuno aveva sospettato, ma si trova a casa sua e non avrà alcun ruolo nel futuro dell'Egitto. Lo hanno affermato con certezza, mettendo così fine ad una serie di voci che continuavano a circolare in Egitto, tre generali che fanno parte del Consiglio Supremo delle Forze Armate, Mohamed el Addar, Mokhtar el Molla e Mahmoud Shaheen, in un'intervista alla rete tv egiziana "Dream". Inoltre i tre alti ufficiali hanno sostenuto che il governo attuale, presieduto dal generale Ahmed Shafiq, anch'esso nominato da Mubarak nei suoi ultimi giorni al potere, e che oggi ha subito un rimpasto, non avrà alcun ruolo nell'organizzazione alle prossime elezioni legislative e presidenziali. Ne sarà nominato uno nuovo per questo scopo, ma non è stato precisato quando. Stamane si è recato al Cairo il ministro degli Esteri italiano, Frattini. Ha incontrato il capo del Consiglio Supremo delle Forze armate egiziane, maresciallo Tantawi e poi il segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa.

    Ancora scontri in Yemen tra manifestanti e filogovernativi
    Brevi scontri sono avvenuti oggi a Sanaa tra manifestanti antigovernativi e sostenitori del presidente Ali Abdallah Saleh con un bilancio di cinque feriti. Circa 200 manifestanti, in gran parte studenti, accampati in una piazza davanti all'università hanno tentato di avvicinarsi ad un'altra piazza ad qualche centinaio di metri dove si erano radunati militanti del Congresso popolare generale (Cpg, il partito al potere). Questi hanno allora attaccato i dimostranti con bastoni e pugnali, ferendone cinque, prima che la polizia intervenisse a separare i due gruppi. La notte scorsa sono stati circa un migliaio i dimostranti che hanno passato la seconda notte consecutiva sulla piazza di fronte all'università di Sanaa, ribattezzata “Piazza della liberazione”, senza incursioni dei filogovernativi. Saleh, al potere da 32 anni, ha detto ieri che lascerà solo se sconfitto in elezioni.

    In centinaia in piazza in Bahrein per respingere le concessioni del governo
    Centinaia di manifestanti rimangono stamani nel centro della capitale del Bahrein, Manama, respingendo le concessioni del governo, mentre la città si prepara a una manifestazione dell'opposizione. Contemporaneamente, in un altro quartiere di Manama, una processione funebre ha accompagnato le spoglie di un manifestante sciita ucciso da spari dell'esercito. Le forze dell'ordine non si vedono nei pressi della centrale Piazza delle Perle, ribattezzata piazza della Liberazione, occupata da sabato scorso dai manifestanti. "No al dialogo, no al dialogo", grida la folla. Volontari controllano il traffico, mentre gruppi di studenti si dirigono verso la piazza.

    Algeria: i disoccupati scesi nuovamente in piazza ad Anabba
    Ancora proteste dei disoccupati ad Annaba, nell'Est dell'Algeria. Diversi tafferugli sono scoppiati ieri tra le forze di sicurezza e le decine di manifestanti riuniti davanti alla sede della prefettura (wilaya). 7 giovani sono rimasti feriti, uno è grave. Le autorità stanno tentando di riportare le calma. Hanno avviato un censimento dei disoccupati e annunciato la creazione di circa 7 mila posti di lavoro.

    Ancora sbarchi di irregolari sulle coste italiane
    Proseguono gli sbarchi di migranti provenienti dalle coste della Tunisia verso Lampedusa, nonostante le avverse condizioni del mare. Stamane i carabinieri ne hanno bloccati 43, che erano riusciti ad approdare direttamente sulla terraferma. Nel corso della giornata di ieri altri 197 tunisini avevano raggiunto l'isola su quattro barconi. In questo momento, nel Centro di prima accoglienza di Lampedusa si trovano meno di mille immigrati, dopo i massicci trasferimenti avvenuti a partire dal pomeriggio di ieri con un ponte aereo verso altri Cpt di Sicilia, Puglia e Calabria.

    Pakistan: duplice attentato in Baluchistan e Peshawar, 1 morto e diversi feriti
    Doppio attacco dinamitardo in Baluchistan e Peshawar, in Pakistan. Un camionista è stato ucciso e un altro è rimasto ferito nella provincia meridionale pachistana di Baluchistan. A Peshawar, capoluogo della provincia nord occidentale di Khyber Pakhtukwa, un altro ordigno azionato a distanza ha seminato il panico tra i passanti in un popolare bazar della zona centrale di Saddar. Almeno 14 passanti sono stati feriti. La bomba si trovava davanti a un negozio.

    L’Ue all’Afghanistan: indipendenza per chi assiste le donne vittime di violenza
    L'Unione europea (Ue) ha raccomandato al governo dell'Afghanistan di sostenere le organizzazioni indipendenti che aiutano le donne che hanno subito violenza, rinunciando a prendere il controllo delle istituzioni che se ne occupano, come è stato annunciato. In un comunicato diffuso a Kabul, di cui dà conto oggi l'agenzia Pajhwok, l'Alto rappresentante per la politica estera comunitaria, Catherine Ashton, ha manifestato preoccupazione per l'annuncio di modifiche nei regolamenti dei rifugi dove vengono accolte donne che sfuggono a abusi fisici e matrimoni forzati. La settimana scorsa il ministro pro tempore per gli Affari delle donne, Husn Bano Ghazanfar, ha annunciato, ricevendo subito l'appoggio del presidente Hamid Karzai, l'intenzione di assumere la supervisione diretta delle undici istituzioni registrate in Afghanistan.

    In Cina la moglie del Premio Nobel Liu Xiaobo parla di famiglia in ostaggio
    Liu Xia, moglie del premio Nobel per la pace, Liu Xiaobo, ha detto che lei e la sua famiglia sono ancora “tenuti in ostaggio”. Le parole, pronunciate nel corso di una breve conversazione on line con un amico, che le ha riportate, costituirebbero i primi contatti con la donna dallo scorso ottobre, quando fu dato l'annuncio della vittoria del Nobel al marito. Le informazioni sulla situazione di Liu Xia sono da allora state pochissime. In un primo tempo si era ritenuto che la donna fosse stata messa agli arresti domiciliari nella casa di Pechino, dove viveva con il marito, mentre più di recente l'ipotesi più probabile sembra essere quella che Liu Xia si trovi presso l'abitazione dei suoi genitori. Liu Xiaobo sta scontando una condanna di 11 anni di carcere per incitamento alla sovversione di stato come autore della Carta 08, un documento in cui si auspicano riforme democratiche nel Paese e si affrontano anche diversi temi di natura politica considerati sensibili dal governo di Pechino. Alla consegna del premio Nobel il dissidente cinese è stato rappresentato da una sedia vuota in quanto nè alla moglie nè ad altri membri della famiglia o amici è stato consentito di recarsi ad Oslo a ritirare il premio in sua vece. Le autorità cinesi, subito dopo la notizia della vittoria del premio, misero anche sua moglie agli arresti domiciliari, impedendole da allora qualsiasi contatto con l'esterno.

    65 morti accertati per il terremoto in Nuova Zelanda
    Una devastante scossa di terremoto ha colpito la città di Christchurch, nell'Isola Meridionale della Nuova Zelanda, mentre in Italia era piena notte. Almeno 65 persone hanno perso la vita. Il servizio di Mariapia Iacapraro:

    Il terremoto, di bassa profondità e magnitudo 6.3, ha devastato la città di Christchurch, seconda città del Paese per importanza, di circa 400 mila abitanti. Il sisma ha colpito la città durante l'ora di pranzo quando palazzi, uffici e centri commerciali erano molto affollati. Forte dunque la preoccupazione per almeno 200 persone che potrebbero essere rimaste sotto le macerie. In tutto questo un particolare segnale di speranza è arrivato da alcuni studenti nipponici rimasti intrappolati in un edificio di sei piani che hanno chiesto aiuto via mail. "Stiamo assistendo a quello che può rivelarsi il giorno più buio nella storia neozelandese", ha commentato il primo ministro, John Key, che ha proclamato lo stato di emergenza nazionale. Il aindaco di Christchurch ha paragonato la città a una zona di guerra. Dalle autorità, intanto, è arrivato l'ordine ai cittadini di lasciare libere le strade per favorire il transito dei servizi di emergenza. Lo scorso 4 settembre un'altra scossa aveva colpito la città, senza però causare vittime.

    Mediazione indonesiana tra Thailandia e Cambogia
    Thailandia e Cambogia hanno accettato oggi il dispiegamento di un contingente di osservatori indonesiani non armati nell'area del tempio di Preah Vihear, conteso tra i due Paesi, per il cui controllo quattro giorni di scontri a inizio febbraio hanno causato almeno 11 morti. La decisione è stata annunciata dall'Asean, l'organizzazione dei Paesi del sud-est asiatico, dopo un vertice tenutosi a Jakarta. Le violenze scoppiate il 4 febbraio - anche a colpi di artiglieria - sono state le peggiori dall'inizio della disputa nel 2008, quando l'Unesco inserì l'antico luogo di culto indù nella lista del Patrimonio mondiale dell'umanità, riaprendo così la ferita thailandese provocata dall'attribuzione del Preah Vihear alla Cambogia da parte dell'Onu, nel 1962. Nelle ultime settimane, i due Paesi sono apparsi più volte a un passo dalla guerra, con entrambi i governi ad accusarsi a vicenda sulla responsabilità di aver iniziato gli scontri, utilizzando la carta del nazionalismo anche per scopi di politica interna. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 53

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