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Sommario del 21/02/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Concistoro per la canonizzazione di don Guanella, mons. Conforti e suor Rodríguez de Castro: saranno proclamati Santi il 23 ottobre
  • Optatio di alcuni cardinali dall’Ordine dei diaconi all’Ordine dei presbiteri. Il cardinale Tauran nuovo Protodiacono
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • La protesta infiamma la Libia. Il vicario di Tripoli: giovani in attesa di risposte, serve il dialogo
  • Immigrazione dal Nord Africa: l'Acnur chiede adeguati piani di intervento
  • Corsa al rialzo per il prezzo del petrolio
  • La protesta dei cristiani nel Karnataka per il Rapporto sugli attacchi alle chiese
  • Dimostranti in piazza a Pechino e Shanghai per una "Rivoluzione dei gelsomini" cinese
  • Aumenta tra i giovani italiani il consumo di alcol finalizzato allo "sballo"
  • Chiesa e Società

  • Belgrado: il contributo delle Chiese cristiane d'Europa all'integrazione del continente
  • Ue: lettera delle Chiese d'Europa alla Ashton per i cristiani perseguitati
  • I cristiani del Punjab indiano manifestano per Asia Bibi al confine con il Pakistan
  • Bangladesh: un villaggio bruciato, tribali cristiani cacciati dai coloni musulmani
  • Diritti umani negati alle minoranze etniche e religiose del Bangladesh
  • Costa d'Avorio: visita di leader religiosi africani per cercare di risolvere la crisi
  • Parigi: convegno all'Unesco sugli idiomi a rischio nella Giornata della lingua madre
  • Honduras: nota dei vescovi sull’importanza della convivenza democratica
  • Repubblica Dominicana: lettera pastorale dei vescovi a sostegno dei poveri
  • Epidemia di colera ad Haiti: oltre 4.500 i morti
  • Argentina: la malnutrizione dei bambini aborigeni causata dall'incapacità dello Stato
  • Cuba: la presenza cattolica nel web
  • Usa: plauso dei vescovi per l'emendamento che vieta il finanziamento pubblico dell'aborto
  • La Chiesa Usa contro la legge sui matrimoni gay nel Maryland e nelle Hawaii
  • Germania: per il presidente dei vescovi il memorandum dei teologi sulle riforne "non è utile"
  • Inghilterra: la Chiesa invita a pregare per il Papa e i vescovi
  • Vietnam: a Ho Chi Minh City un corso di dialogo interreligioso aperto a tutti
  • Cina: i 376 cresimati di Hong Dong, “semi di evangelizzazione” nel Paese
  • Perù: dalla Germania innovativo depuratore per l’acqua potabile alle suore di Cuzco
  • “Condividiamo il pane quotidiano”: incontro del Sermig all’arsenale della Pace di Torino
  • Ricerca dell’Osservatorio di Pavia sulla presenza delle donne nei notiziari tv di cinque Paesi europei
  • 24 Ore nel Mondo

  • Cinque morti in Marocco, uno in Yemen: continuano le manifestazioni in Nord Africa e Medio Oriente
  • Il Papa e la Santa Sede



    Concistoro per la canonizzazione di don Guanella, mons. Conforti e suor Rodríguez de Castro: saranno proclamati Santi il 23 ottobre

    ◊   Il Papa ha tenuto stamani, durante la celebrazione dell’Ora sesta, il Concistoro Ordinario Pubblico per tre Cause di Canonizzazione. I tre Beati che verranno proclamati Santi, il prossimo 23 ottobre, sono mons. Guido Maria Conforti, fondatore dei Missionari Saveriani, la religiosa spagnola Bonifacia Rodríguez de Castro e don Luigi Guanella. Tre Santi vissuti tra il XIX e il XX secolo, modelli di carità e spirito missionario. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    (Canto in latino)

    “Sei tu Signore, la mia speranza, la mia fiducia fin dalla mia giovinezza”: questo passo del Salmo 70, recitato nell’Ora media, descrive bene il tratto che accomuna i tre nuovi Santi: la fiducia incrollabile nel Signore. Nel Concistoro, il Papa ha dunque approvato la Canonizzazione dei Beati Conforti, Guanella e Rodriguez de Castro:
    “Venerábiles Fratres, opportunitátem iam sínguli perpendístis Beátos Guidónem Maríam Conforti, Aloísium Guanella, et Bonifátiam Rodríguez de Castro in Sanctórum número censéndi... ”
    La religiosa spagnola Bonifacia Rodríguez de Castro, fondatrice della Congregazione delle Missionarie Serve di San Giuseppe, nacque a Salamanca nel 1837 da una famiglia di umili artigiani. Lei stessa si guadagnò da vivere come cordonaia. Forte della sua esperienza fondò una Congregazione per il sostegno delle donne operaie. Un progetto coraggioso che fu però avversato dal clero diocesano. Disprezzata dalle sue stesse consorelle, non rispose alle offese ma visse nel silenzio e affidamento a Cristo. Solo dopo la morte, nel 1905, caddero le calunnie contro di lei e ne venne riconosciuta la santità.

    Sulla figura di don Luigi Guanella, Santo della Carità nell’Italia dell’800 al fianco di bisognosi e disabili, si sofferma il postulatore della Causa di Canonizzazione, don Mario Carrera:

    R. – Questa figura è stata davvero grande nella sua vita, non soltanto perché ha fondato due congregazioni, “I servi della carità” e “Le figlie di Santa Maria della Provvidenza”, ma è stato davvero un grande uomo che ha saputo dare una risposta, nei limiti del possibile, ai gemiti dell’umanità sofferente. Davvero è stato un buon samaritano.

    D. – Un Santo della carità che è arrivato davvero dove solo una testimonianza come la sua poteva arrivare …

    R. – Direi che il santo davvero porta dentro la sua carne le urgenze e le sofferenze dei poveri e sente il gemito che tante organizzazioni a livello statale non riescono ad udire. Direi che oggi, in questo momento in cui la Chiesa annuncia questa Canonizzazione, è festa per noi, certamente, che siamo i suoi figli spirituali, ma è la festa dei poveri perché don Guanella è sempre stato vicino agli emarginati: ha ristretto il cerchio della loro emarginazione e ha fatto in modo che potessero sempre di più stare accanto al centro in modo da sentire una partecipazione viva alla vita della Chiesa ma anche della società.

    D. – Don Guanella rispondeva a chi gli chiedeva di dare una sintesi della sua opera: “E’ Dio che fa” ...

    R. – Certo noi siamo delle tavolozze con cui Dio dipinge i quadri della vita. Paolo VI il giorno della Beatificazione ha sottolineato soprattutto questo aspetto: è Dio che fa. Siamo strumenti di questa bontà misericordiosa di Dio che costruisce i nostri giorni nel servizio ai poveri e ai sofferenti con la partecipazione totale della nostra esistenza. Don Guanella è stato un appassionato della vita e voleva che la vita davvero fosse vissuta in pienezza da parte di tutti e soprattutto dei poveri che non hanno la possibilità di vivere in pienezza la loro esistenza. Quindi vivere con passione questa realtà come missione sentita da Dio: è Dio che fa.

    D. – Qual è, secondo lei, il messaggio più forte che don Guanella dà agli uomini del nostro tempo in particolare alla luce di questa canonizzazione?

    R. – Direi che in una stagione di emergenza educativa questa assenza, questo essere orfani di valori, l’aspetto grande sia questo: cioè, don Guanella appassionato della vita, un appassionato educatore che voleva passare attraverso il cuore delle persone, perché diceva spesso che l’educazione è un affare di cuore e se non si passa nel cuore delle persone l’educazione, la scienza, forse hanno la durata di un fiore di campo; noi, invece, dobbiamo dare il fondamento perché una vita sia vissuta in pienezza e con gioia. Infatti, don Guanella credo sia davvero quest’uomo appassionato della vita, un appassionato educatore. (bf)

    Luminoso esempio di missionarietà è il futuro Santo Guido Maria Conforti. Sull’importanza di questa Canonizzazione, si sofferma padre Rino Benzoni, superiore generale dei Missionari Saveriani, congregazione fondata dal Beato Conforti:

    R. – Al di là della celebrazione vorremmo fare in modo che questa Canonizzazione servisse alla congregazione per crescere in santità e missionarietà e alla Chiesa italiana e universale proprio per riscoprire la missione dell’annuncio del Vangelo a tutte le genti. Questo diventa un impegno non indifferente per noi per quest’anno.

    D. – La missione è davvero al cuore di questa figura e della sua opera …

    R. – Fin dall’inizio, potremmo dire, della sua vita la missione è stato ciò che ha uniformato questa personalità sia dal punto di vista umano che spirituale e poi nelle realizzazioni, anche se non ha potuto realizzarla nel modo classico a causa della salute, a causa del fatto che a 37 anni poi il Papa lo ha chiamato ad essere arcivescovo di Ravenna. Ma l’ha realizzata in questa sintesi vitale forte tra l’essere pastore di una Chiesa italiana prima come prete e poi come vescovo; quindi vescovo, prete e fondatore di una congregazione missionaria.

    D. - Questo è un aspetto, direi, fondamentale: non si può essere cristiani se non si è annunciatori …

    R. - Questo senz’altro, ma direi ancora di più, e qui sta la significatività di mons. Conforti: non si può essere sacerdoti e non si può essere vescovi se non vedendo la propria ordinazione sacerdotale, la propria consacrazione episcopale, in vista dell’evangelizzazione del mondo intero. E’ quello che il Vaticano II dirà in seguito: un vescovo non è consacrato solo per la sua diocesi ma per tutto il mondo.

    D. – Qual è secondo lei il messaggio che oggi il Beato Conforti dà agli uomini del nostro tempo?

    R. – Per me l’attualità di questa figura sta nel fatto della sua santità ed è poi quello che ci viene ricordato dal Papa Giovanni Paolo II: il missionario per essere tale deve essere santo. Quindi, io credo che la cosa che non vada assolutamente dimenticata sia proprio il cammino, durato tutta una vita, di mons. Conforti per lavorare secondo quello che il Signore voleva da lui. (bf)

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    Optatio di alcuni cardinali dall’Ordine dei diaconi all’Ordine dei presbiteri. Il cardinale Tauran nuovo Protodiacono

    ◊   Durante il Concistoro di stamani si è svolta l’Optatio di alcuni cardinali dall’Ordine dei diaconi all’Ordine dei presbiteri:

    su richiesta del cardinale Agostino Cacciavillan, la diaconia dei Santi Angeli Custodi a Città Giardino è stata elevata pro hac vice a titolo presbiterale ed assegnata al medesimo cardinale;
    su richiesta del cardinale Sergio Sebastiani, la diaconia di Sant'Eustachio è stata elevata pro hac vice a titolo presbiterale ed assegnata al medesimo cardinale;
    su richiesta del cardinale Zenon Grocholewski, la diaconia di San Nicola in Carcere è stata
    elevata pro hac vice a titolo presbiterale ed assegnata al medesimo cardinale;
    su richiesta del cardinale Jorge María Mejía, la diaconia di San Girolamo della Carità è stata elevata pro hac vice a titolo presbiterale ed assegnata al medesimo cardinale;
    su richiesta del cardinale Walter Kasper, la diaconia di Ognissanti in Via Appia Nuova è stata elevata pro hac vice a titolo presbiterale ed assegnata al medesimo cardinale;
    su richiesta del cardinale Roberto Tucci, la diaconia di Sant'Ignazio di Loyola a Campo Marzio è stata elevata pro hac vice a titolo presbiterale ed assegnata al medesimo cardinale.

    In seguito all’opzione del cardinale Agostino Cacciavillan per l’Ordine presbiterale, accede
    all’officio di Protodiacono il cardinale Jean-Louis Tauran, diacono di Sant'Apollinare alle Terme Neroniane-Alessandrine, confermato dal Santo Padre in tale officio.
    In assenza del cardinale Walter Kasper, la sua richiesta è stata presentata dal segretario del
    Collegio Cardinalizio, mons. Manuel Monteiro de Castro.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Vite plasmate dall'amore: all'Angelus Benedetto XVI parla della testimonianza dei cristiani.

    Tre nuovi santi il prossimo 23 ottobre: nell'informazione vaticana, il Concistoro ordinario pubblico per il voto su alcune cause di canonizzazione.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la protesta in Libia: in fiamme, a Tripoli, gli edifici governativi.

    Attraverso la porta del dubbio: in cultura, su Ungaretti e la ricerca di Dio stralci dal primo capitolo del libro di Lucio Coco "Interrogare la fede. Le domande di chi crede oggi".

    Vagabondo inquieto e solitario: Antonio Paolucci recensisce in anteprima la mostra, alle Scuderie del Quirinale, su Lorenzo Lotto.

    Con la grazia di Raffaello e la potenza di Caravaggio: Marco Agostini sul primato di Pietro riletto attraverso la "Crocifissione" dipinta nel 1605 da Guido Reni.

    Se vuoi comprendere il poeta chiedi al mistico: sull'assioma di Henri Brémond l'articolo di Antonio Spadaro contenuto nell'ultimo numero della "Civiltà Cattolica".

    Un luogo della memoria per l'Italia: appello sul "Corriere della Sera".

    Primi passi a Washington in difesa della vita: nell'informazione religiosa, a proposito dell'approvazione, alla Camera, di due proposte contro il finanziamento pubblico dell'aborto.

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    Oggi in Primo Piano



    La protesta infiamma la Libia. Il vicario di Tripoli: giovani in attesa di risposte, serve il dialogo

    ◊   Sempre più drammatica la situazione in Libia, dove non si placa l’ondata di proteste che ha portato, nelle ultime ore, agli attacchi contro la sede del Parlamento, il Palazzo del Governo e diversi edifici pubblici. Alle migliaia di manifestanti che sono scesi in piazza si sono aggiunti anche soldati. Fonti libiche parlano anche di un possibile golpe militare. Secondo gli ultimi bilanci, ancora provvisori, sono inoltre più di 300 le persone morte dall’inizio delle manifestazioni antigovernative. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    La protesta, dopo Bengasi, raggiunge Tripoli. Dalla capitale libica giungono notizie di edifici pubblici devastati, banche e negozi e saccheggiati. Secondo fonti locali, sono stati incendiati il Palazzo del Parlamento e quello del Governo. Anche le sedi della Radio nazionale e della Televisione pubblica sono state date alle fiamme e diversi soldati si sarebbero uniti ai manifestanti. Ed il bilancio delle vittime, in tutto il Paese, è sempre più pesante. Gli ospedali di Bengasi, in particolare, hanno lanciato un accorato appello spiegando che non sono più in grado di soccorrere i feriti. Le testimonianze che arrivano da questa città parlano di “spaventosa carneficina”. A questo dramma si aggiungono poi altri preoccupanti segnali: Internet e le comunicazioni telefoniche sono interrotte in diverse aree del Paese e ad essere paralizzata è anche parte della produzione di greggio. In Libia, membro del’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (Opec) e quarto produttore di petrolio in Africa, altri fattori di destabilizzazione sono inoltre innescati da possibili spaccature tra i clan. Il Paese, composto essenzialmente da clan tribali riuniti fra loro, vive infatti momenti di grande divisione anche sotto questo profilo. Contro il colonnello Muammar Gheddafi si sono già schierate le tribù del sud. Sulla sorte del leader libico, intanto, si susseguono diverse voci. Secondo alcune fonti sarebbe rimasto a Tripoli, secondo altre, invece, sarebbe fuggito in Venezuela. Per tentare di fermare la rivolta Saif al Islam, figlio di Muammar Gheddafi, è intervenuto ieri alla tv pubblica. Ha promesso riforme, una nuova Costituzione e affermato di comprendere le ragioni dei manifestanti. Ma ha anche parlato di un complotto ordito dall’estero e avvertito che, se la protesta non rientrerà, la guerra civile sarà inevitabile e i morti saranno migliaia. Le dichiarazioni del figlio di Gheddafi sono analizzate in queste ore con particolare attenzione dall’intelligence degli Stati Uniti per cercare di capire se ci sono prospettive reali per una significativa riforma. A Bruxelles, infine, sono riuniti i ministri degli Esteri dell’Unione Europea, che sta elaborando un piano di evacuazione dei cittadini europei dal Paese. Germania e Gran Bretagna condannano la repressione, la Finlandia sollecita sanzioni e l’Italia chiede che sia mantenuta e difesa l’integrità territoriale del Paese. Si temono anche nuove ondate migratorie dalle coste del Nord Africa verso quelle dei Paesi della sponda opposta del Mediterraneo.

    Dalla Libia, oltre a notizie incomplete e frammentarie, arrivano anche testimonianze telefoniche di giovani che chiedono cambiamenti tangibili. Ma quali sono le richieste che accompagnano questa dura protesta alla quale aderiscono soprattutto le nuove generazioni? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto vicario apostolico di Tripoli, mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, raggiunto telefonicamente nella capitale libica:

    R. - La Libia non è un Paese povero come l’Egitto, come la Tunisia. Ci sono delle richieste giuste per cui il popolo reclama. E le richieste sono le richieste fondamentali dei giovani: poter avere una casa, poter avere uno stipendio migliore, poter avere un posto di lavoro. Sono tutte richieste giuste, però la Libia - forse a differenza di altri Paesi - ha la possibilità di soddisfare queste richieste, perché è un Paese che sta bene. E’ qui forse che nasce un po’ la crisi nei giovani che vedono un Paese che potrebbe fare, ma che secondo loro purtroppo non li aiuta.

    D. - Come vive la Chiesa in Libia questi momenti di grande tensione?

    R. - Per quanto riguarda la Chiesa, in generale, non ci sono problemi particolari. Qualche difficoltà, invece, l’abbiamo a Bengasi, dove si trovano le suore in diverse località. Le comunità religiose e le suore lavorano negli ospedali, lo fanno anche con dedizione e vogliono anche restare. Lavorano tutte quante con generosità, in situazioni difficili, soprattutto negli ospedali. Le autorità sanitarie e il popolo sono vicini a queste religiose, che donano se stesse in questo servizio. Anche i sacerdoti sono rimasti in loco, dove ci sono cristiani, soprattutto filippini. Tutti sono rimasti e tutti vogliono continuare a rimanere, finché sarà possibile, proprio anche per essere a servizio del popolo libico.

    D. - Qual è a questo punto il cammino auspicabile per la Libia?

    R. - E’ difficile poter discernere un cammino. Noi desideriamo - e lo vogliamo proprio con tutto il cuore - una forma di riconciliazione, affinché il popolo libico abbia veramente quello che è giusto. Questa crisi, io la chiamo una crisi generazionale: ci sono tanti giovani che hanno bisogno della casa, del lavoro, etc… Ma è importante ritrovare una fase di dialogo tra le parti.

    D. - Motore della protesta in vari Paesi arabi è stata la rete di Internet, che nelle situazioni di crisi, però, non sempre è attiva. E’ così anche in Libia?

    R. - Internet non mi sembra che funzioni in questo momento ed io mi rendo conto che è importante per comunicare. Purtroppo c’è la zona di Beida, a 200 chilometri da Bengasi, dove da due giorni non riesco a comunicare con le suore. Ci sono due comunità religiose e non riusciamo a comunicare sia telefonicamente sia attraverso Internet.

    D. - Abbiamo parlato dell’impegno in Libia dei religiosi. A questo si deve aggiungere anche quello di tanti laici…

    R. - Sì. Ci sono le suore che fanno tanto, ma ci sono anche tanti laici. Ci sono tante donne filippine che lavorano negli ospedali e nelle diverse zone, anche le più isolate nel deserto, e lo fanno con tanta passione, in nome della fede e in nome della fraternità. (mg)

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    Immigrazione dal Nord Africa: l'Acnur chiede adeguati piani di intervento

    ◊   Le crisi del mondo arabo e islamico stanno provocando un aumento dell’immigrazione sulle coste nord del Mediterraneo. Si susseguono gli arrivi soprattutto a Lampedusa, dove stamani ci sono stati nuovi momenti di tensione tra immigrati e forze dell’ordine. Sul fenomeno si è pronunciata la Conferenza Episcopale Siciliana. I vescovi esprimono preoccupazione per il possibile aumento dell’intolleranza. Al contempo, insieme con gli organismi della Cei, la Commissione per le Migrazioni e la Fondazione Migrantes, esortano le istituzioni italiane a dare vita a politiche improntate all’accoglienza e all’integrazione piuttosto che al rifiuto. Un Paese di 60 milioni di abitanti come l’Italia – sottolineano i presuli – non può entrare in crisi per l’arrivo di meno di 5 mila disperati in fuga da fame e violenze. Ma come a livello di istituzioni internazionali ci si prepara ad affrontare l’aggravarsi del fenomeno immigrazione? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Laura Boldrini, portavoce dell’Acnur, l’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati:

    R. – E’ evidente che ci troviamo di fronte a dei cambiamenti importanti, quasi epocali, per cui gran parte di questi Paesi del Nord Africa oggi vivono una fase di cambiamento, di transizione e si sta verificando anche una tendenza a voler lasciare il Paese. Perlomeno, in Tunisia è stato così. E’ vero che per adesso i numeri sono contenuti e gestibili, però ritengo sia anche doveroso apprestare piani d’intervento, piani logistici, nell’eventualità che le situazioni possano degenerare, come mi pare stia accadendo al momento in Libia. Questo significa quindi che bisogna essere pronti a tutti gli scenari e mettere in atto programmi di emergenza.

    D. - Possono convivere aspetti come il controllo degli arrivi, con quelli del rispetto del diritto di asilo e degli interventi umanitari di prima necessità?

    R. – E’ un grande dilemma. E’ evidente che bisogna trovare un equilibrio in questo. Le situazioni vanno valutate caso per caso. E’ però fisiologico che ad un crollo di un regime voluto dal basso ci possano anche essere delle fughe, sia perché questo vuol dire esercitare la libertà, sia perché si possono creare nel Paese situazioni tali per cui c’è chi può essere in pericolo in questa fase storica.

    D. - La Libia appare sempre più impossibilitata a controllare le partenze clandestine. Tripoli potrebbe utilizzare questo argomento di pressione sulla comunità internazionale?

    R. – Sembrerebbe che Tripoli questo lo abbia già fatto presente. Penso però che in una fase come questa le logiche che devono essere tenute presenti siano il rispetto dei diritti delle persone che stanno manifestando e non utilizzare in modo sproporzionato la forza. L’Europa ha richiamato a questo, ad ascoltare anche le voci che vengono dalla piazza, anche perché l’Europa è tenuta a dei principi, ad una Carta Costituzionale e di certo non può fare diversamente.

    D. - L’emergenza riguarda solo l’Italia o anche le altre coste mediterranee della Spagna e della Grecia. Ci sono allo studio sinergie nelle more di una posizione paneuropea?

    R. – E’ chiaro che, dal punto di vista geografico, l’Italia diventa il primo posto d’approdo. Detto questo, è vero che c’è anche una componente europea in questo flusso, anche perché molti dei giovani che abbiamo sentito dicono chiaramente di voler andare in Francia o in altri Paesi europei dove hanno dei parenti o dei conoscenti. E’ una situazione che va comunque considerata anche nell’ottica europea, perché c’è una componente europea di questo movimento verso l’altra parte del Mediterraneo. (vv)

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    Corsa al rialzo per il prezzo del petrolio

    ◊   Il caos in Libia e negli altri Paesi arabi sta spingendo al rialzo il prezzo del petrolio. Il Brent, punto di riferimento del mercato europeo, schizza al massimo da oltre due anni arrivando a più di 105 dollari al barile. Il prezzo del petrolio Usa vola oltre gli 89 dollari. Alcune compagnie petroliere, Bp Statoil e in parte Shell, hanno iniziato a evacuare il personale così come anche Finmeccanica. Ripercussioni anche in borsa. Una situazione che sta, dunque, provocando effetti sull’economia europea, come ci conferma Gianfranco Viesti, professore di economia all’Università di Bari. L’intervista è di Debora Donnini:

    R. – Dato che adesso siamo in una situazione in cui non sappiamo che cosa succederà da qui ad un mese o due in questi Paesi, si hanno ovviamente delle ripercussioni immediate. I prezzi tendono a salire, anche nel momento in cui non ci sono effettive carenze: tutto quello che è incerto provoca un effetto immediato sui prezzi. E per l’Italia sia il gas algerino sia il petrolio libico sono componenti essenziali della bilancia energetica del Paese.

    D. – Sono fondati, secondo lei, i timori che si possa scatenare, in Europa, un’altra crisi come quella del 1973, quando i Paesi arabi decisero di abbassare i livelli di produzione del petrolio ed aumentare i prezzi per l’appoggio degli Stati Uniti e dell’Europa ad Israele? E’ possibile questo - anche se per ora l’Opec si dice pronto ad aumentare le forniture - o no?

    R. – Questa mi sembra una preoccupazione estrema, in questo momento. Non sappiamo cosa può succedere in questi Paesi. Gli analisti che provano a spiegarcelo ci dicono che non é detto che questi cambiamenti possano provocare un mutamento in peggio nelle relazioni con l’Europa. Direi quindi che questo scenario così negativo è, per fortuna, decisamente prematuro.

    D. – Da problemi nel campo petrolifero, gli Stati Uniti avrebbero eventualmente gli stessi danni dell’Europa?

    R. – No. Ci sarebbero danni minori, perché la dipendenza dell’Europa dalle forze energetiche importate è maggiore. Queste vengono sia dall’Est – Russia – sia dal Sud-Est – Medio Oriente – sia dal Sud – Nord Africa. I consumi sono molto alti e c’è necessità di un approvvigionamento continuo, per cui il tema è senz’altro delicato per noi, e per l’Italia ancor di più rispetto alla media europea.

    D. – Ci possono essere conseguenze da questi rivolgimenti del Nord Africa e del Medio Oriente anche per altri aspetti dell’economia europea, oltre al petrolio?

    R. – Certamente. Guardiamo anche ad uno scenario positivo, cioè al fatto che questi Paesi riescano ad avere un ritorno a condizioni economiche normali. Alcuni di questi stavano andando molto bene negli ultimi anni, come l’Egitto. Con una distribuzione del reddito e del potere d’acquisto un po’ più democratica, nel medio periodo da questi Paesi può nascere una domanda molto forte di beni di consumo e di prodotti industriali europei. Uno dei possibili sbocchi della crisi è che si rafforzino, dall’altra parte del Mediterraneo, delle economie che crescono, che hanno più consumi e che quindi sono ancora di più legate a noi. Naturalmente può succedere anche il contrario: una situazione d’instabilità permanente o dei danneggiamenti che portino ad una crisi economica, oppure una chiusura di queste economie verso il mondo occidentale. Gli scenari sono tutti aperti. Apparentemente non ci sono elementi per cui debbano per forza prevalere quelli negativi, ma certamente, nel pieno degli eventi, è impossibile per chiunque fare delle previsioni. (vv)

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    La protesta dei cristiani nel Karnataka per il Rapporto sugli attacchi alle chiese

    ◊   Oltre 50mila cristiani hanno manifestato ieri a Mangalore, nello Stato indiano del Karnataka, contro il Rapporto della Commissione Somasekhar sugli attacchi contro decine di chiese nel 2008. I dimostranti hanno sfilato in silenzio, vestiti di nero e con la bocca coperta da un bavaglio, per denunciare le falsità di un Rapporto che - affermano - nasconde i veri responsabili delle violenze anticristiane. In piazza sono scesi anche alcuni vescovi. Ascoltiamo in proposito l'arcivescovo di Bangalore, capitale del Karnataka, mons. Bernard Blasius Moras, al microfono di Emer McCarthy:

    R. - On 28th of January 2011, the highlight of the final report that is submitted …
    Il 28 gennaio 2011 è stato reso pubblico il Rapporto finale della Commissione che era stato sottoposto al governatore del Karnataka. Con nostro grande sgomento, il Rapporto è assolutamente ostile alla comunità cristiana mentre ha assolto da ogni responsabilità il governo dello Stato, il partito al potere, il Bjp (Bharatiya Janata Party), i gruppi fondamentalisti, come il Bajrang Dal, e anche la polizia, che pure era stata accusata nel Rapporto preliminare. Inoltre, hanno perfino accusato i cristiani di essere gli esecutori stessi degli attacchi, e hanno anche formulato l’accusa di conversioni su larga scala, pur affermando che la Chiesa cattolica non fa proselitismo: cercano così di dividere la confessione cattolica dalle altre confessioni cristiane. Il Rapporto chiede anche che questi gruppi cristiani siano posti sotto il controllo del governo, e ci sono segnali che ci dicono che sia in preparazione una legge anti-conversione. Si vuole anche che i fondi e le donazioni che vengono dall’estero siano gestiti dal governo, e si suggerisce l’istituzione di un registro delle religioni. Tutto ciò è molto, molto anti-cristiano e contro la religione.

    D. – Voi state cercando una riconciliazione nella giustizia…

    R. - Of course, we are trying for the reconciliation; we have met the people …
    Ovviamente, noi ci stiamo impegnando per la riconciliazione. Ci siamo incontrati con le autorità locali e abbiamo detto loro che noi siamo per la giustizia e per i diritti costituzionali; abbiamo affermato pubblicamente che siamo un popolo che ama la pace, che amiamo i nostri fratelli e le nostre sorelle e che continueremo a fare del bene come abbiamo fatto finora. Siamo pronti a soffrire, ma non smetteremo di fare il bene che stiamo facendo perché la Chiesa è conosciuta per le sue opere di bene. (gf)

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    Dimostranti in piazza a Pechino e Shanghai per una "Rivoluzione dei gelsomini" cinese

    ◊   Le manifestazioni che stanno percorrendo il mondo arabo stanno avendo un’appendice anche in Cina. La polizia ha disperso ieri a Pechino e Shanghai raduni ispirati da un appello circolato su Internet per una ''Rivoluzione dei gelsomini'', proprio sul modello di quelle avvenute in Tunisia, Egitto, Algeria e non solo. A Pechino, a radunarsi sono state alcune decine di persone e uno studente, poi fermato, ha lanciato un mazzo di gelsomini in aria. Un'altra manifestazione di qualche decina di dimostranti si è svolta a Shanghai, dove tre giovani sarebbero stati fermati dalla polizia. Sulla possibilità che l’onda delle proteste nel mondo arabo dilaghi anche in Cina, Giada Aquilino ha raccolto il commento di Fernando Mezzetti, esperto di questioni asiatiche:

    R. – Ci potrebbe essere un’onda che arrivi nello Xinjiang: lo Xinjiang è la regione musulmana della Cina, nell’Asia centrale. Ci sono già state proteste negli anni scorsi, anche con delle stragi, con decine e decine di morti. La Cina ormai non è più chiusa come lo era un tempo: sicuramente tutto lo Xinjiang sa ciò che è avvenuto in Tunisia, in Egitto, nel Bahrein.

    D. – Da Piazza Tienanmen ad oggi sono cambiate le richieste dei giovani cinesi?

    R. – Ci sono aspettative crescenti, naturalmente. La paura di Pechino è proprio quello di una nuova Tienanmen. E’ troppo somigliante a Tienanmen quello che è successo al Cairo: Piazza Tahrir presidiata dai manifestanti e dagli oppositori, come a lungo avvenne nel 1989 a Tienanmen. La Cina non permetterà un ripetersi di quegli eventi. E questo con una repressione in atto, che è già in corso. In altri termini: “Fate quello che volete, purché non vi occupiate di politica”. Questa sarà la sfida, perché c’è anche malcontento sociale. Con le riforme si sono create classi sociali che non esistevano sotto il maoismo: c’è il contrasto tra ricchi e poveri; tra chi ha e chi non ha.

    D. – Le notizie delle proteste a favore della democrazia nei Paesi arabi hanno avuto vasta eco in Cina sull’equivalente locale di Twitter, che peraltro invece è bloccato dalla censura. Il presidente Hu Jintao ha annunciato di voler rafforzare i controlli su Internet…

    R. – Certamente. Loro parlano sempre di erigere una “grande muraglia elettronica”: ma questa “grande muraglia elettronica” non potrà mai impedire il flusso delle notizie. Non dimentichiamo che la Cina è il Paese in cui è più diffuso Internet, siamo a 450 milioni di abbonati, più o meno. Quindi è un’illusione pensare di poter fermare il flusso di notizie. I cinesi sanno quello che è avvenuto. Comunque la prevenzione è sempre stata in atto, non soltanto da Piazza Tienanmen in poi, ma da sempre. Oggi in Cina c’è questo dualismo tra pluralismo economico e monopolio del potere da parte del partito. E’ una tensione in atto ormai da anni, che stanno cercando di ammortizzare, favorendo la creazione di ricchezza. Ma quanto potrà durare ancora la compressione di questa tensione è il grande punto interrogativo. (mg)

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    Aumenta tra i giovani italiani il consumo di alcol finalizzato allo "sballo"

    ◊   Circa un terzo dei ragazzi che va in discoteca, all’entrata ha un tasso di alcol che supera i 0,5 grammi per litro. E’ uno di risultati che preoccupano di più e che emergono dalla campagna “Naso Rosso”, promossa dal Ministero della Gioventù e dall’Istituto Superiore di Sanità per mettere un freno alle “stragi del sabato sera”. I dati sono stati presentati stamani a Palazzo Chigi. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    Gli incidenti stradali sono la prima causa di morte tra i ragazzi. "Operazione Naso Rosso" ha visto fare quasi sessantamila test da febbraio 2010 ad agosto per l’alcool nel sangue. Controlli fatti in 11 regioni fuori delle discoteche, che hanno messo in luce una realtà preoccupante. Il 34% dei ragazzi che va in discoteca ha un tasso di alcool superiore ai 0,5 grammi per litro, percentuale che sale al 44 una volta usciti dal luogo di ballo. Il ministro per la Gioventù, Giorgia Meloni:

    “Aumenta il consumo di alcol e aumenta il consumo di alcol finalizzato allo 'sballo', e si conferma un altro dato che non sempre viene tenuto nella debita considerazione, e cioè che i due terzi dei ragazzi che entrano nei locali hanno già fatto uso di alcol e un terzo dei ragazzi che arrivano nei locali è già sopra la soglia”.

    Le campagne d’informazione comunque cominciano a fare effetto. I dati infatti dimostrano che chi ha bevuto troppo, ora si mette meno facilmente al volante, e cede quindi la guida a un amico più sobrio. Non bisogna però abbassare la guardia. Ancora il ministro Meloni:

    “Il 36,6 per cento di coloro che sono morti sulle strade nel fine settimana, nel primo quadrimestre del 2010, aveva meno di 30 anni. Per essere sinceri, dobbiamo sottolineare anche un dato positivo, di contro, e cioè la diminuzione del numero dei morti sulle strade italiane: tra il 2008 e il 2009 è di circa il 10 per cento”.

    Che cosa fare? Più controlli, anche al di fuori dei tradizionali locali di divertimento.(gf)

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    Chiesa e Società



    Belgrado: il contributo delle Chiese cristiane d'Europa all'integrazione del continente

    ◊   “Come cristiani abbiamo un contributo specifico da offrire in Europa, e ci auguriamo che l'ecumenismo, in quanto luogo d’incontro fra tradizioni, comunità e singole persone, possa continuare a svilupparsi e testimoniare l'impegno dei cristiani nel mantenere sempre vivo l'amore che ci spinge a seguire Gesù, per poter diventare costruttori della vera pace, che ha le sue radici nei cuori dei popoli e delle nazioni”. Si conclude con questa dichiarazione il comunicato finale - ripreso dall'agenzia Sir - diffuso al termine dell’incontro del Comitato congiunto Ccee-Kek dedicato quest’anno al tema “Identità nazionale e integrazione europea: Il contributo dei cristiani”. L’incontro si è svolto a Belgrado su invito dell'arcivescovo metropolita cattolico mons. Stanislav Hocevar. L’ecumenismo – affermano i partecipanti – “va visto come uno spazio d’incontro e di dialogo tanto a livello personale che fra le comunità che vogliono intraprendere un cammino verso un'unità più profonda, un cammino che coinvolge l'identità radicata in ognuno e che ci permette di scoprire i doni degli altri. Questo richiede una continua conversione. Senza tutto questo, l'unità della Chiesa rimarrà sempre un'aspirazione irrealistica”. Quest’anno – si ricorda nel comunicato - ricorre il 10° anniversario della firma della Charta Oecumenica (22 aprile 2001). L’Istituto ecumenico dell’Università di Friburgo (Svizzera) organizzerà un Convegno il 9 maggio prossimo sul tema Comunione ecclesiale in Europa. A Belgrado si è parlato anche di crisi economica sottolineando come “senza la solidarietà e altri valori che l'esperienza della fede permette di scoprire e conservare, l'Europa non potrà mai conseguire uno sviluppo integrale. Sarebbe corretto affermare che la crisi economica ha posto i nostri Paesi di fronte alla sfida di dover scegliere tra protezionismo e solidarietà. Siamo convinti che solo quando si è sicuri della propria identità si è in grado di riconoscere il valore dell'altro e l'importanza dei legami che promuovono l‘aiuto reciproco”. L’Europa dunque ha bisogno anche del contributo dei cristiani. “La fede ci aiuta ad amare la nostra identità e coloro a cui apparteniamo e, allo stesso tempo, apre i nostri cuori agli altri e ci incoraggia ad intraprendere tutte le iniziative necessarie per poter andare incontro a chiunque è nel bisogno”. Vari a questo proposito i temi affrontati a Belgrado. Riguardo alla presenza dei Rom nell’Europa orientale, Ccee e Kek hanno deciso di avviare un un processo comune di riflessione sulla situazione dei Roma provenienti dai paesi membri dell’Ue (Slovacchia, Ungheria, Romania e Bulgaria). Questo processo sarà accompagnato da esperti e sarà volto a promuovere iniziative concrete che permettono, da una parte, una loro migliore integrazione nel loro paese di origine e, dall’altra, di modificare l’erronea percezione che troppo spesso si ha di essi in Europa. (R.P.)

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    Ue: lettera delle Chiese d'Europa alla Ashton per i cristiani perseguitati

    ◊   Le Chiese cristiane d’Europa, delle varie tradizioni cristiane (cattolica, ortodosse, protestanti, anglicane e vecchio-cattoliche) hanno inviato una lettera alla Catherine Ashton, Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza dell’Unione Europea, chiedendole che “la questione della difesa della libertà religiosa e dei cristiani nel mondo venga inserita nell’ordine del giorno dell’incontro dei Ministri degli Esteri dell'Ue, in corso oggi a Bruxelles”. La lettera - riferisce l'agenzia Sir - è stata resa nota oggi in un comunicato finale congiunto diffuso dal Comitato Congiunto del Ccee (Consiglio delle Conferenze episcopali europee) e Kek (Conferenza delle Chiese d’Europa) al termine del loro incontro annuale che si è svolto a Belgrado. All’incontro i membri del Comitato hanno parlato anche di libertà religiosa affermando che essa “rappresenta un diritto e un valore che ogni società democratica dovrebbe essere pronta a difendere e a promuovere”. In questo spirito, i membri del Comitato Congiunto hanno deciso di redigere e inviare una lettera alla Ashton nella quale hanno anche chiesto che “venga offerto un chiaro segnale riguardante le decisioni sulle politiche comuni che dimostri l'impegno dell'Unione Europea nella difesa della libertà religiosa per i fedeli di tutte le religioni in tutto il mondo. Il riferimento alla persecuzione dei cristiani, la cui urgenza appare evidente davanti ai recenti avvenimenti (in particolare nel Medio Oriente e in Iraq) – scrivono i responsabili delle Chiese cristiane in Europa - non può essere dimenticato o seppellito da politiche astratte e inconcludenti. I Paesi occidentali che hanno speciali rapporti con aree in cui è attestata la persecuzione, dovrebbero dimostrare il loro impegno concreto nel difendere coloro che sono perseguitati a motivo della loro fede, di qualunque fede si tratti”. Dedicato al tema del contributo dei cristiani all’identità nazionale e all’integrazione europea, all’incontro – si legge nel comunicato – “è emersa la convinzione che ogni essere umano è dotato di una dignità non negoziabile. Tale dignità gli deriva dall'essere stato creato a immagine di Dio, che è essa stessa una comunione di Persone”. “Pertanto, la persona umana non è limitata alla dimensione individuale ma partecipa anche intrinsecamente della dimensione sociale”. Per questo motivo – affermano i rappresentanti delle Chiese cristiane - la libertà religiosa non può significare relegare la dimensione religiosa alla vita privata”. (R.P.)

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    I cristiani del Punjab indiano manifestano per Asia Bibi al confine con il Pakistan

    ◊   Centinaia di attivisti del Christian Front Punjab (Cfp) hanno tenuto un digiuno di protesta al confine indo-pakistano, nel villaggio di Attari, per manifestare contro la pena di morte decretata ad Asia Bibi, la cristiana pakistana accusata di blasfemia. I membri del Cfp - riferisce l'agenzia AsiaNews - hanno chiesto al governo la revoca della condanna, e alla comunità internazionale di fare pressione sul Pakistan affinché abolisca la legge. Il presidente del Cfp, Lawarance Chaudhary, ha consegnato un memorandum alle autorità locali, affinché lo inoltrino all’Alta commissione del Pakistan. Il documento chiede al presidente pakistano e al ministro della Giustizia di riconsiderare la situazione di Asia Bibi, accusata e condannata grazie alle pressione di potenti esponenti locali. Il vescovo P.K. Samantaroy, della diocesi di Amritasr, ha chiesto che la legge sulla blasfemia venga cancellata. Il presule ha dichiarato: “La legge sulla blasfemia è utilizzata metodicamente per sistemare questioni personali, e di altro genere. Noi, la Chiesa del nord dell’India facciamo campagna affinché questa infame legge sulla blasfemia venga sradicata. E per questo partecipiamo alla dimostrazione ad Attari”. Il vescovo Samantaroy ha poi aggiunto: “Abbiamo sollevato questo argoemtno con diverse istituzioni cristiane, in tutto il mondo, per far campagna per Asia Bibi e per far pressione sul governo pakistano in merito alla legge”. (R.P.)

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    Bangladesh: un villaggio bruciato, tribali cristiani cacciati dai coloni musulmani

    ◊   Un villaggio è stato dato alle fiamme e decine di tribali sono stati feriti e scacciati da Ragipara, nel distretto montuoso di Rangamati, nella diocesi di Chittagong. Gli indigeni che hanno subito la violenza, perpetrata da coloni musulmani, sono buddisti, indù e cristiani appartenenti alle minoranze etniche: è la denuncia che giunge all’agenzia Fides dalla Commissione “Giustizia e Pace” della Chiesa locale. Il 17 febbraio scorso oltre 300 coloni musulmani, che intendono impadronirsi di nuove terre per l’agricoltura, hanno organizzato una spedizione punitiva contro il villaggio abitato da indigeni. I coloni erano appoggiati da agenti della polizia locale che hanno legittimato gli abusi. Altri casi del genere (tribali attaccati e privati della terra) si sono registrati nei giorni scorsi nell’area di Gulishakhali. I coloni musulmani hanno trovato il pretesto della morte di un loro compagno, Ali Saber, trovato morto nell’area di Ragiparam, e hanno inscenato una reazione violenta, calpestando i diritti delle minoranze. “Hanno dato fuoco alle nostre case e ai nostri piccoli negozi”, ha raccontato un testimone oculare. Da tempo i coloni musulmani, mirano a scacciare dalla zona gruppi etnici locali, non musulmani, per acquisire nuovi terreni agricoli. In molti casi ci sono riusciti, in quanto nessuno, nemmeno le autorità civili, rispetta e garantisce i diritti delle minoranze etniche e religiose. L’avvocato King Devasish Roy, anch’egli un tribale, ha scritto una lettera aperta alle autorità civili e alla Commissione Nazione per i Diritti Umani del Bangladesh, denunciando l’accaduto e notando “la complicità delle forze di polizia”. La lettera chiede una indagine sull’episodio di Ragipara, con l’identificazione e la condanna dei colpevoli, e invita il governo a proteggere e tutelare i diritti dei cittadini membri di minoranze etniche o religiose. (R.P.)

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    Diritti umani negati alle minoranze etniche e religiose del Bangladesh

    ◊   Le condizioni di vita delle minoranze etniche e religiose in Bangladesh sono molto difficili e i loro diritti umani sono di continuo negati e calpestati: è la denuncia all’agenzia Fides dell’organizzazione “Hotline Human Rights Bangladesh” (Hhrb), creata con il sostegno della Commissione “Giustizia e Pace” dei vescovi bengalesi, come antenna per monitorare il rispetto dei diritti umani sul territorio. Una recente assemblea tenutasi a Dacca, organizzata in collaborazione con il “Resource Centre for Christian Youth in Bangladesh”, ha lanciato l’allarme: i gruppi etnici e religiosi minoritari – fra i quali comunità indù, buddiste e cristiane – subiscono quotidiane discriminazioni, abusi e violenze da parte di altri cittadini musulmani (in larga maggioranza nel Paese), anche da funzionari di polizia e dell’amministrazione pubblica. Secondo il quadro tracciato da Hhrb, le minoranze sono spesso defraudate indebitamente della terra che hanno coltivato o delle case che hanno abitato per secoli; le donne subiscono stupri, sequestri, conversioni e matrimoni forzati; i cittadini non musulmani sono discriminati nella ricerca di lavoro e nell’istruzione. “Vi sono aperte e continue violazioni dei diritti umani fondamentali, senza che nessuno intervenga” nota l’organizzazione. Gli oltre 100 partecipanti all’incontro, giunti da diversi distretti, hanno testimoniato comuni difficoltà, riferendo anche abusi compiuti da funzionari di polizia o governativi. Per questo si chiede al governo che tutti i cittadini bengalesi, a qualsiasi gruppo etnico o religioso appartengano, godano di uguali diritti e di pari opportunità, che si fermino oppressione e discriminazioni che “considerano i non musulmani cittadini di seconda classe”. In Bangladesh su una popolazione di circa 165 milioni di cittadini, i musulmani sono oltre l’85%, gli indù il 10%, i buddisti lo 0,6%, i cristiani lo 0,3%. Fra le minoranze tribali, i gruppi etnici principali sono gli Oroun ed i Santal. Le minoranze, non essendo contemplate e garantite in alcun modo dalla Costituzione, hanno scarse possibilità di sviluppo ed emancipazione. (R.P.)

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    Costa d'Avorio: visita di leader religiosi africani per cercare di risolvere la crisi

    ◊   Una visita di solidarietà di leaders religiosi africani per “cercare una soluzione” alla crisi politica in Costa d’Avorio. E’ stata compiuta nei giorni scorsi, dal 17 al 19 febbraio, da una delegazione di undici persone guidata dal cardinale Théodore Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar (Senegal) e vice-presidente del Secam (Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar), che ha organizzato la visita insieme al Consiglio delle Chiese di tutta l’Africa (Ceta) e al Consiglio africano dei leaders religiosi (Clra). Nel corso della visita la delegazione è riuscita a parlare anche con i due contendenti: il presidente uscente Laurent Gbagbo (che non vuole lasciare il potere) e Alassane Ouattara, che rivendica la vittoria delle elezioni dello scorso novembre. In una nota pervenuta oggi all'agenzia Sir, la delegazione invita “i leader politici e religiosi africani a creare una piattaforma per un dialogo sincero e reale tra Alassane Ouattara e Laurent Gbagbo, per trovare una soluzione pacifica alla crisi politica. Devono ricordare entrambi ciò che ha detto il presidente degli Usa Barack Obama nel corso della sua visita in Ghana nel 2009, quando ha invitato gli africani “ad assumere pienamente le proprie responsabilità per il futuro”. Nella nota si esorta la Conferenza episcopale della Costa d’Avorio e tutte le altre istituzioni religiose a “proseguire nel ruolo profetico di mediazione”. La popolazione della Costa d’Avorio è invitata “a non lasciarsi coinvolgere dalle divergenze politiche” che potrebbero distruggere la coesione sociale. In particolare i credenti “sono invitati a raddoppiare gli sforzi nella preghiera e a non permettere mai che la politica corrompa la loro fede”. All’Onu, all’Unione africana, alla Cedeao (Comunità economica dei Paesi dell’Africa dell’est) e a tutte le altre istituzioni internazionali viene chiesto di “fare tutto il possibile, nei limiti del proprio mandato, per contribuire ad una risoluzione pacifica della crisi in Costa d’Avorio”. La delegazione ha incontrato anche i leaders religiosi della Costa d’Avorio e altri attori socio-politici. Oltre al cardinale Sarr, erano presenti mons. John Onaiyekan, arcivescovo di Abuja (Nigeria) e co-presidente del Consiglio africano dei leaders religiosi (Clra) e Sheikh Rahman Ahmad Abdur, rappresentante del Sultano di Sokoto (membro del Clra). (R.P.)

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    Parigi: convegno all'Unesco sugli idiomi a rischio nella Giornata della lingua madre

    ◊   Si celebra oggi la Giornata internazionale della lingua madre (Imld). In questa occasione – riferisce l’agenzia Sir - si tiene oggi pomeriggio a Parigi presso l’Unesco il Convegno "Progetti per il pluralismo linguistico e le nuove tecnologie". Rappresentanti dell'Organizzazione dell’Onu per l’educazione, la scienza e la cultura e dell’Organizzazione internazionale della Francofonia e dell'Unione latina sono chiamati a confrontarsi insieme a linguisti ed altri esperti sulle tendenze linguistiche dal 1950 ad oggi, aggiornando in particolare l'Atlante mondiale degli idiomi a rischio, la metà delle 6 mila lingue del pianeta. All'ordine del giorno anche il dibattito su educazione bilingue e nuove tecnologie. L'Unesco annuncia il lancio a breve di una campagna attraverso i social network Twitter e Facebook per incoraggiare gli utenti a condividere storie, foto e video che illustrino le potenzialità delle nuove tecnologie per la promozione della diversità linguistica. Numerosi i progetti promossi in tutto il mondo dall’agenzia Onu che ha istituito la Giornata nel 1999. In Cile, ad esempio, l’Unesco ha pubblicato materiale didattico in tre lingue indigene: mapuche, aymara e rapa nui. Per preservarle, in Brasile vengono inventariate le lingue e le culture indigene in via di estinzione. In Africa invece sono stati avviati nella regione di Koutammakou (Togo) un programma per salvaguardare la cultura batammariba e l'insegnamento della lingua ditrammari in 12 scuole locali. (R.G.)

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    Honduras: nota dei vescovi sull’importanza della convivenza democratica

    ◊   I vescovi dell’Honduras, in un ampio documento, riflettono - dopo la loro Assemblea plenaria - sulla situazione del Paese, e in particolare rilevano l’importanza della “convivenza democratica, impegno da vivere coerentemente con la fede e con i valori del Vangelo raccolti negli insegnamenti sociali della Chiesa”. I presuli rinnovano le loro preoccupazioni di fronte “all’accumularsi dei conflitti" alla politicizzazione estrema, “la corruzione, la violenza domestica, l’esclusione sociale, la mancanza di giustizia e l’acuta polarizzazione che ostacola la governabilità”. “Ci sentiamo moralmente obbligati - scrivono i vescovi honduregni - a rinnovare le nostre esortazioni in favore della vita; della sua difesa e della sua integrità”, poiché in numerose manifestazioni della realtà nazionale si palesa una totale “mancanza di rispetto per questo grande dono di Dio”. Di fronte a tanti mali che affliggono la società honduregna, in particolare i suoi settori sociali più poveri e i giovani, i presuli ricordano l’unica e migliore via possibile per superare la situazione: “il dialogo, la convivenza e la solidarietà”. Percorrendo questi sentieri, animati da un sincero “sentimento di riconciliazione - osservano i presuli - possiamo superare le nostre divisioni e gli scontri che bloccano la nostra convivenza democratica”. I vescovi dell’Honduras ritengono che la vera e autentica democrazia, con la partecipazione efficace del popolo, non possa mai essere disgiunta dal rispetto per la vita. “La vita umana, quale dono di Dio, si realizza pienamente nell’amore al prossimo e nella convivenza cittadina, in particolare quando la società si lascia guidare ed orientare dai valori del Regno di Dio proposto all’umanità nella Persona di Cristo”. “Tali valori”, da porre sempre al servizio della vita, “sono la giustizia, la verità, la libertà e la pace”. Assumere quest’impegno significa, secondo i vescovi honduregni, lavorare per evangelizzare i rapporti sociali e così costruire una cultura etica che si insegna e si sostiene nel rispetto della vita e della dignità della persona umana e ciò nella cornice di una democrazia partecipativa”. L’ora difficile del popolo dell’Honduras esige, secondo i presuli, di lavorare incessantemente in favore, come si legge nel documento di Aparecida, “nella riabilitazione etica della politica”. In concreto, prima di concludere le loro riflessioni, i vescovi si rivolgono a tutta la nazione per proporre un patto sociale, capace “di rinnovare la istituzionalità giuridica, politica, sociale e culturale come una risposta maggioritaria” del popolo honduregno. D’altra parte l’episcopato ricorda l’urgenza della solidarietà di fronte ad “un modello economico escludente”, che dunque cronicizza la povertà e spesso l’aumenta. Ricordando la precedente Lettera pastorale, “Cammini di speranza”, i vescovi honduregni ribadiscono alla comunità ecclesiale e a tutto il Paese che “la solidarietà è condizione indispensabile per raggiungere il bene comune”; che “aiuta a vedere l’altro come persona”, parte di un popolo e di una nazione, e “non come strumento da sfruttare” e quindi consente a tutti di vivere come comunità di fratelli “nella verità, nell’amore e nella giustizia”. (A cura di Luis Badilla)

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    Repubblica Dominicana: lettera pastorale dei vescovi a sostegno dei poveri

    ◊   La Conferenza episcopale della Repubblica Dominicana ha elaborato un documento a motivo dei "500 anni in difesa della dignità umana" che viene pubblicato in occasione del 167° anniversario dell’indipendenza nazionale di questo Paese, che ricorre il 27 febbraio. La lettera pastorale dei vescovi - riferisce l'agenzia Fides - denuncia la situazione di estrema povertà nella quale vivono tanti fratelli dominicani. Il documento è diviso in 5 parti: racconta la storia, presenta la Predica di Montesino, offre uno sguardo attuale della predica, presenta un giudizio e denuncia la situazione in cui vive il Paese, lancia un appello al cambiamento, all’impegno per costruire un nuovo paese secondo i principi della Costituzione. Nell’introduzione, dopo una rievocazione storica della nascita del paese e del lavoro svolto dai primi missionari, il documento sottolinea che “la missione della Chiesa nascente fu la predicazione, l'amministrazione dei sacramenti, l’istruzione e l’assistenza sociale”. Al n.12 si legge: "Con i primi missionari arrivò anche la difesa della dignità umana e dei diritti dei nativi. L'esempio migliore è stato la predica, che a nome della sua comunità sacerdotale fece Fray Antón Montesino e che ha aiutato fray Bartolomé de las Casas a diventare il grande difensore degli indios”. Alla luce di quella predica, i vescovi analizzano la situazione attuale e denunciano: “Secondo quale giustizia si mantiene la situazione di mala sanità della popolazione? Situazione che manca di dignità della persona e permette il contagio delle malattie e perfino la propagazione del colera?”. Il testo continua: “Con quale giustizia si permette ai nostri fratelli di vivere lungo i fiumi, in case indegne, costruite solo con delle canne? Dove sono i programmi di aiuto ai poveri?”. Inoltre i vescovi denunciano l'analfabetismo, la differenza tra gli stipendi dei diversi gruppi della società, i salari da fame dei lavoratori, nella consapevolezza del fatto che questi non gli permettono di vivere. Il documento si conclude con l’appello ai dominicani a compiere i loro doveri e a chiedere il rispetto dei loro diritti, in modo di poter vivere come figli di Dio, come “discepoli eletti e inviati per la missione”. (R.P.)

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    Epidemia di colera ad Haiti: oltre 4.500 i morti

    ◊   È di oltre 4500 morti - riferisce l’agenzia Misna - l’ultimo bilancio ufficiale dell’epidemia di colera cominciata lo scorso ottobre ad Haiti, dove almeno 231.070 persone hanno contratto il batterio letale veicolato soprattutto attraverso l’acqua. Il tasso di mortalità è comunque calato nelle ultime settimane, passando da un iniziale 9 al 2 per cento. Partita nei pressi di una base della Missione Onu ad Haiti (Minustah) a ridosso del fiume Artibonite, nel centro del Paese, l’epidemia ha fatto molte vittime nelle prime settimane della sua apparizione, espandendosi a macchia d’olio. Molte denunce di abitanti locali, confermate dal rapporto di un esperto epidemiologo francese, hanno concluso che a contaminare le acque sono state materie fecali provenienti dalla base della Minustah, che ospita caschi blu nepalesi. Sulla vicenda l’Onu ha fatto calare un velo, senza aver condotto finora un’indagine indipendente. Nelle campagne di Haiti i fiumi sono molto utilizzati dalla popolazione, che non ha accesso all’acqua potabile, mentre nelle città la povertà e le cattive condizioni igieniche sono propense alla diffusione del batterio. Un intenso lavoro di assistenza è stato svolto dal personale medico, haitiano e straniero, che ha curato i malati in numerosi centri di trattamento. Il colera non era mai stato diagnosticato ad Haiti prima d’ora. Adesso, la malattia è radicata nel Paese e la popolazione dovrà imparare a convivere con il rischio di contrarla. (R.G.)

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    Argentina: la malnutrizione dei bambini aborigeni causata dall'incapacità dello Stato

    ◊   La Commissione argentina per la Pastorale aborigena (Endepa) respinge quanto affermato dalle autorità di Salta, riguardo la morte di almeno 10 bambini per malnutrizione: “un problema culturale, né sanitario né sociale, perché gli indigeni non sono abituati ad andare in ospedale”. Tale dichiarazione viene contestata in una nota, inviata alle agenzie Aica e Fides, firmata da Alice M. Torres Secchi e da Thomas M. Torres Aliaga, medici impegnati da 30 anni nel programma di assistenza sanitaria alle comunità da Salta. “I popoli indigeni, quando sono trattati con rispetto e dignità da parte degli operatori sanitari, si accostano, e prontamente accettano la pratica della medicina ufficiale. Allo stesso modo la abbandonano o rifiutano di parteciparvi, se sottoposti a discriminazione, palese o occulta. Resistono in silenzio, perché non si sentono e non sono considerati parte delle istituzioni pubbliche” spiega la nota della Commissione, concludendo che questo accade “perché frasi come "malnutrizione culturale" o "razza di nani" (che un'altro funzionario di Salta ha usato), non sono altro che una forma di esclusione mascherata e di incapacità da parte di coloro che hanno la responsabilità e le risorse per risolvere tale violenza sociale”. (R.G.)

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    Cuba: la presenza cattolica nel web

    ◊   Il portale globale con gestione "wiki" dei media nella Chiesa cattolica (www.intermirifica.net) ha appena pubblicato l'elenco dei media cattolici presenti a Cuba: sono circa 60 gli enti impegnati nella comunicazione sociale in questo paese dove la Chiesa non possiede stazioni radio o televisive proprie. Si tratta di 52 pubblicazioni (stampate e virtuali), almeno 6 uffici di comunicazione e 2 case di produzione, tutti con scarso accesso a Internet. Secondo quanto comunica all’agenzia Fides padre Justo Ariel Beramendi, sacerdote boliviano responsabile per l'America Latina del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, il panorama della comunicazione della Chiesa cubana che emerge da questo elenco riflette l'evoluzione degli strumenti di annuncio della Buona Novella nel contesto della storia locale. Così dopo alcuni decenni di silenzio, apparvero piccole pubblicazioni che man mano diventarono popolari. Per esempio “Vida Cristiana”: nata nel 1967, diventata popolare negli anni '90 e più tardi stampata in centinaia di fogli o bollettini per la catechesi e la missione nelle parrocchie e nei gruppi. Grazie a questi molti hanno avuto per la prima volta notizie su Gesù Cristo e sulla Chiesa. Nel 1995 la Rete Informatica della Chiesa in America Latina (Riial) aveva creato una rete digitale interdiocesana di comunicazione, attraverso la nunziatura apostolica e la Conferenza episcopale. Con il boom di Internet nel mondo, alla fine degli anni '90, nonostante l'accesso limitato nell'isola, alcuni bollettini cominciarono ad essere pubblicati sul web. Ma lo sforzo per entrare nell'era digitale ha avuto ed ha ancora grandi difficoltà a causa dell'accesso limitato ad Internet: per i cubani non è ancora possibile accedervi da casa, quindi sono pochi gli operatori pastorali che possono usare sistematicamente la rete. Ma la vera sfida è il cambio di mentalità, entrare in questa nuova forma di comunicazione è una procedura graduale ma effettiva. Padre Beramendi cita come esempio il Pellegrinaggio dell’immagine della Virgen de la Caridad del Cobre in tutte le diocesi di Cuba, che è stato seguito da molti nel mondo grazie ad un gruppo di cubani che sono stati capaci di fornire notizie, foto, testimonianze e molto altro materiale attraverso il web. (R.P.)

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    Usa: plauso dei vescovi per l'emendamento che vieta il finanziamento pubblico dell'aborto

    ◊   “Un importante passo verso un’autentica riforma della sanità che rispetti la dignità di tutti”. Con queste parole la portavoce del Segretariato per le attività pro-vita della Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb), Deirdre McQuade, ha plaudito il voto bi-partisan in sede di Commissione della Camera a favore della Protect Life Act, la Legge per la protezione della vita. La proposta, che prevede il divieto all’utilizzo dei fondi federali per finanziare gli aborti e garantisce la libertà di coscienza degli operatori sanitari, ha passato il vaglio della commissione con 33 voti contro 19 e può quindi ora passare all’esame in aula. La portavoce dei vescovi ha ringraziato la Commissione anche per avere rigettato tre emendamenti che avrebbero annacquato la legge e ha esortato i Rappresentanti ad appoggiare il testo durante il dibattito in aula opponendosi a modifiche che ne possano stravolgere il contenuto. I vescovi americani hanno espresso in più di un’occasione in queste settimane il loro sostegno a questa e ad altre proposte di legge che vogliono tutelare meglio la libertà di coscienza dei contribuenti e degli operatori sanitari in materia di aborto. Le questioni del finanziamento pubblico dell’aborto e della libertà di coscienza – lo ricordiamo - sono i punti sui quali più forti sono state le obiezioni dell’Episcopato durante il lungo dibattito per l’approvazione della riforma sanitaria voluta dal Presidente Obama. Un altro punto controverso della Patient Protection and Affordable Care Act per i vescovi è l’esclusione dalla copertura sanitaria di buona parte degli immigrati. (A cura di Lisa Zengarini)

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    La Chiesa Usa contro la legge sui matrimoni gay nel Maryland e nelle Hawaii

    ◊   Anche il Maryland si appresta a varare una legge sui matrimoni omosessuali. Il 17 febbraio la Commissione Giustizia del Senato dello Stato ha dato un primo via libera alla proposta che il prossimo 25 febbraio passerà all’esame della Camera dei Rappresentanti, mentre il Governatore Martin J. O'Malley ha preannunciato l’intenzione di firmare la legge se passerà. L’approvazione in Commissione – riferisce l’agenzia Cns - è stata preceduta da un vivace dibattito tra i fautori e gli oppositori del provvedimento, tra i quali la Chiesa. A preoccupare in particolare i vescovi, ha dichiarato in una deposizione scritta il direttore esecutivo della Conferenza cattolica del Maryland, Mary Ellen Russell, è il fatto che, a dispetto del suo titolo (Legge sulla protezione della libertà religiosa e sul matrimonio civile), essa non contiene alcuna effettiva garanzia a tutela della libertà religiosa. In questo senso, ha affermato, “tutte le organizzazioni confessionali dovrebbero preoccuparsi” se il testo passasse così com’è. Nei giorni scorsi l’arcivescovo di Baltimora Edwin F. O’Brien, ha ribadito che la definizione del matrimonio come unione tra un uomo e una donna non è un’imposizione arbitraria della Chiesa: “La visione del matrimonio quale viene tramandata dalle società in tutta la storia dell’umanità ha origine da un semplice fatto biologico”, ha detto il presule durante una Messa per la Giornata internazionale del Matrimonio celebrata lo scorso 13 febbraio. Solo “l’unione tra un uomo e una donna infatti è in grado di procreare e allevare figli”, ha aggiunto. Un altro argomento addotto dagli oppositori della legge è che l’ordinamento del Maryland già riconosce alcuni diritti alle coppie di fatto etero e omosessuali (tra cui la possibilità di decidere il trattamento medico per il partner, il diritto ad ereditarne i beni e alcuni vantaggi fiscali). Intanto, anche nelle Isole Hawaii è in discussione una proposta di legge sulle unioni omosessuali. Se le due leggi passeranno salirebbero a otto gli Stati americani che riconoscono nel proprio ordinamento le unioni civili o i matrimoni omosessuali. Gli altri sei sono la California, il Nevada, il New Jersey, l’Oregon, Washington e più recentemente l’Illinois. (L.Z.)

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    Germania: per il presidente dei vescovi il memorandum dei teologi sulle riforne "non è utile"

    ◊   Il “memorandum” delle riforme presentato di recente dai 256 teologi “non è utile”: lo ha affermato mons. Robert Zollitsch, presidente della Conferenza episcopale tedesca (Dbk), in un articolo pubblicato ieri da “Welt am Sonntag”. Mons. Zollitsch - riferisce l'agenzia Sir - ha criticato il fatto che il processo di dialogo tra laici, sacerdoti e vescovi, promosso dallo stesso presidente della Dbk, abbia originato l’equivoco “di riportare alla discussione obiettivi noti da tempo”. “In questa situazione”, ha proseguito, “forse è inevitabile, ma certamente non utile, che vengano rapidamente formulate richieste e postulati, sotto forma di elenchi di mancanze cui occorre porre immediatamente rimedio”. Tuttavia, “la Chiesa deve concentrarsi anche su come tener viva l’esigenza di Dio nella società moderna e su come dare una risposta cristiana a questa domanda”, ha affermato mons. Zollitsch, mettendo in guardia dall’idea che per avere una Chiesa migliore basti “un’officina di riparazioni ecclesiastica che dia qualche giro di vite in qualche punto”. Al contempo, mons. Zollitsch ha confermato la disponibilità al dialogo da parte dei vescovi, ribadendo la loro convinzione che “sia possibile e certamente necessario apportare modifiche alla vita e alle strutture della Chiesa”, tema che verrà affrontato a marzo nella prossima plenaria. (R.P.)

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    Inghilterra: la Chiesa invita a pregare per il Papa e i vescovi

    ◊   Domani, martedì 22 febbraio, la Chiesa celebra la Festa della Cattedra di San Pietro Apostolo. In vista di questo importante appuntamento, la Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles ha diffuso una nota per invitare i fedeli a pregare per il Papa ed i vescovi. Il testo, a firma di mons. Kieran Conry, direttore della Commissione episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi, sottolinea in particolare un punto: “Questa festa evidenzia come la Cattedra di Pietro sia simbolo dell’unità della Chiesa fondata sull’Apostolo. A lui fu affidata la missione di diventare Pastore della Chiesa e questa missione è proseguita nei secoli, senza interruzioni, fino all’attuale Papa. Per questo, siamo tutti invitati a pregare per il nostro Pontefice ed i nostri vescovi che ci guidano grazie all’autorità trasmessa loro da Cristo”. Ma attenzione, continua mons. Conry: “Questa ricorrenza non implica che dobbiamo seguire in modo cieco e acritico gli insegnamenti imposti da altri. Al contrario: come si legge nel Catechismo della Chiesa cattolica, l'uomo ha il diritto di agire in coscienza e libertà, per prendere personalmente le decisioni morali. L'uomo non deve essere costretto ad agire contro la sua coscienza. Ma non si deve neppure impedirgli di operare in conformità ad essa, soprattutto in campo religioso (1782)”. Ed ancora mons. Conry ribadisce: “La coscienza deve essere educata e il giudizio morale illuminato (1783). Il Magistero è un dono istituito da Gesù Cristo per ciascuno di noi. Egli ha conferito a Pietro e agli altri Apostoli l’autorità di trasmettere ed interpretare la verità di fede. E così fanno i loro successori, ovvero il Papa ed i vescovi: essi giudicano cosa è in accordo con il Vangelo di Gesù Cristo e cosa non lo è”. Il direttore della Commissione episcopale inglese per l’evangelizzazione e la catechesi sottolinea poi un altro aspetto essenziale della Festa di domani, ovvero “la chiamata, da parte della Chiesa, a testimoniare la nostra fede, ad evangelizzare, poiché chi segue Gesù Cristo viene chiamato a proclamare l’amore incondizionato di Dio e la sua misericordia”. I vescovi danno alcune indicazioni pratiche per lavorare quotidianamente nel campo dell’evangelizzazione come, ad esempio, collaborare all’organizzazione della Domenica missionaria, che si celebra ogni terza domenica di settembre, e supportare attivamente l’Ufficio diocesano per le Comunicazioni sociali. (I.P.)

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    Vietnam: a Ho Chi Minh City un corso di dialogo interreligioso aperto a tutti

    ◊   Il dialogo interreligioso come occasione per conoscersi meglio tra chi segue credenze diverse, non per discutere i differenti punti di vista in materia di fede o di politica, ma per “esplorare” l’azione di Dio tra i nostri fratelli e per presentare l’amore di Gesù verso ognuno. E’ in tale ottica che è cominciato sabato scorso il corso di formazione dell’arcidiocesi di Saigon “La pratica del dialogo interreligioso” e l’insegnamento della Chiesa sul dialogo, aperto a cattolici e non cattolici. L’iniziativa vuole essere un’occazione per aiutare il popolo cristiano ad avere la capacità di essere “ponte” nei rapporti e nel dialogo con i credenti di altre religioni. Attraverso contatti quotidiani con membri di altre fedi nelle famiglie, nella società, i partecipanti studiano le forme, l’organizzazione e le attività del dialogo interreligioso secondo la Chiesa cattolica. In realtà è dal 2009 che l’arcidiocesi svolge tale attività verso buddisti, caodaisti, protestanti, islamici e altri. I componenti del comitato per il dialogo interreligioso hanno visitato luoghi di preghiera e avuto incontri con rappresentanze di altre fedi per arricchire la loro esperienza e vivere in armonia con i fratelli e le sorelle che hanno credenze diverse dai cattolici. Ora sono capaci di incontrare e dialogare con i fedeli di altre religioni. Il gruppo per il dialogo conta più di 200 membri e comprende sacerdoti redentoristi, gesuiti, domenicani, suore e laici. (R.P.)

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    Cina: i 376 cresimati di Hong Dong, “semi di evangelizzazione” nel Paese

    ◊   Per la prima volta da 30 anni a questa parte, la parrocchia di Zhao Cheng della diocesi di Hong Dong (originale Lin Fen) nella provincia dello Shan Xi, ha conferito il Sacramento della Cresima ad un numero così elevato di fedeli: erano 376 i cresimandi che il 12 febbraio hanno ricevuto il Sacramento. Inoltre 10 catecumeni si stanno preparando a ricevere il Battesimo, la Cresima e l’Eucaristia nella prossima Pasqua. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, mons. Huo Cheng, vescovo ordinario della diocesi di Fen Yang, ha presieduto la solenne celebrazioni della Cresima, durante la quale ha incoraggiato i candidati ad essere “sentinelle di Cristo per difendere la fede e testimoniare la fede”. Il parroco ha invitato tutti a pregare perché i cresimati della parrocchia di Zhao Cheng diventino “semi di evangelizzazione” grazie al soffio dello Spirito Santo, e si spargano in tutta la Cina. La diocesi di Hong Dong (originale Lin Fen) composta da oltre 30.000 fedeli, conta 37 parrocchie, una trentina di sacerdoti, circa 70 religiose della congregazione diocesana del Sacro Cuore di Maria, 30 seminaristi. Gestisce inoltre un ospedale, 3 cliniche e una clinica oculistica. (R.P.)

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    Perù: dalla Germania innovativo depuratore per l’acqua potabile alle suore di Cuzco

    ◊   Lo chiamano "lo zaino d’acqua", è un’invenzione recente dell'Università tedesca di Kassel, che permette di purificare circa 1.200 litri d’acqua al giorno senza usare energia elettrica o chimica né carburante. L’apparecchio, non ancora in vendita, è stato donato - riferisce l'agenzia Fides - dall’istituzione benefica Kinderhilfe, alle Ancelle di Cristo Sacerdote, che gestiscono una casa per bambini "Uñacha" nel distretto di Quiquijana, nei pressi di Cuzco, in Perù. La nuova invenzione consentirà alle religiose peruviane di far fronte alla richiesta di acqua potabile per oltre 1800 bambini che frequentano la casa dell’infanzia da loro gestita. Altri apparecchi sono andati in Cile, Pakistan, Vietnam, India, Haiti, Taiwan, Kenya, Bolivia. Tale dispositivo risulta ideale per le zone che non hanno accesso all'acqua potabile o che sono colpite da qualche disastro ambientale. (R.G.)

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    “Condividiamo il pane quotidiano”: incontro del Sermig all’arsenale della Pace di Torino

    ◊   Il dramma di 100 mila morti per fame al giorno, le cause, le possibili vie di uscita. I temi della giustizia e dello sviluppo saranno al centro domani a Torino dell’incontro promosso dall’Università del Dialogo del Sermig. Intitolato “Condividiamo il pane quotidiano. Regole e stili di vita per un mondo senza fame”, l’incontro, sarà ospitato a partire dalle 19, all’Arsenale della Pace di Torino. I giovani partecipanti si confronteranno con Luca Jahier, presidente del terzo gruppo del Cese, il Comitato economico sociale europeo, organo consultivo dell’Unione europea, istituito nel 1957 per elaborare pareri, in alcuni casi vincolanti, destinati al Parlamento europeo, alla Commissione e al Consiglio dei ministri. In particolare, il terzo gruppo del Cese rappresenta gli agricoltori, le piccole e medie imprese, il mondo del terzo settore, le associazioni e le fondazioni per i diritti umani. Jahier è impegnato da sempre sui temi dello sviluppo e nell’ultimo biennio ha presieduto il Comitato di monitoraggio sulle relazioni tra Europa e Paesi di Africa, Caraibi e Pacifico. Durante l’incontro del 22 febbraio sarà lanciata anche la campagna del Sermig contro la fame nel mondo, intitolata “Condividiamo il pane quotidiano”. Un’iniziativa già presentata al Parlamento italiano lo scorso 31 gennaio. L’Università del Dialogo del Sermig è uno spazio di formazione permanente per riflettere sui problemi che affliggono l’umanità, senza rinunciare alla speranza. Il tutto attraverso il confronto con testimoni di ogni campo, dai media alla scienza, dall’economia alla politica, dallo spettacolo alla spiritualità. Il ciclo di quest’anno è intitolato “Ogni porta ha la sua chiave”, nella convinzione che di fronte ai “muri” di oggi è possibile cercare “chiavi” nuove di comprensione. L'incontro proseguirà alle ore 21 con il consueto appuntamento dei Martedì dell'Arsenale, un momento di condivisione e preghiera aperto a tutti, animato dalla Fraternità del Sermig. (R.G.)

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    Ricerca dell’Osservatorio di Pavia sulla presenza delle donne nei notiziari tv di cinque Paesi europei

    ◊   Come vengono rappresentate le donne e gli uomini nell’informazione televisiva europea? A sciogliere l’interrogativo sarà una ricerca avviata dall’Osservatorio di Pavia con il compito di monitorare 15 testate Tv in Italia, Francia, Germania, Inghilterra e Spagna. Nato sul modello del Global Media Monitoring Project, il più ampio e longevo monitoraggio internazionale sulla rappresentazione delle donne e degli uomini nei mezzi di informazione, questo nuova indagine rileverà in particolare la quota di donne presenti nell’informazione dei telegiornali, come soggetti ed oggetti di notizia e come giornaliste, nonché il loro ruolo e le loro caratteristiche socio-demografiche. Dentro le notizie l’Osservatorio cercherà di cogliere anche eventuali stereotipi, così come la capacità di sfidarli o di portare nell’informazione quotidiana questioni e prospettive di genere. La dimensione allargata del campione in cinque diversi Paesi consentirà di confrontare i notiziari dei principali telegiornali europei, pubblici e privati, in una prospettiva più ampia e anche più efficace, rispetto alle ricerche e ai monitoraggi realizzate finora in ambiti nazionali. (A cura di Roberta Gisotti)

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    24 Ore nel Mondo



    Cinque morti in Marocco, uno in Yemen: continuano le manifestazioni in Nord Africa e Medio Oriente

    ◊   Non cessa la protesta nei Paesi del Nord Africa e Medio Oriente. Imponenti e pacifiche le manifestazioni ieri in diverse città del Marocco ad eccezione del Nord dove ci sono stati disordini e morti. Del Marocco e di altri Paesi teatro dell’ondata di rivolte di questi giorni, ci riferisce Fausta Speranza:

    Ad Al Hoceima, nel nord del Marocco, hanno perso la vita 5 persone. A Marrakech e Larache 128 feriti, 115 dei quali agenti di polizia. In manette 120 persone. Il ministro degli Interni parla di "provocatori". Da parte sua, la stampa marocchina palra di manifestazione pacifica e disciplinata. Ieri in molte città del Marocco migliaia di persone hanno sfilato chiedendo riforme politiche. Nonostante i tragici episodi episodi nel nord del Paese, il carattere pacifico della protesta, organizzata tramite Facebook, ha spinto un deputato islamico a presentare le dimissioni dal suo partito, Giustizia e sviluppo (Pjd): aveva invitato i suoi a non aderire alla manifestazione. Continuano le proteste anche in Yemen: decine di migliaia di sciiti stamane a Saada, nel nord dello Yemen, hanno manifestato chiedendo la caduta del regime del presidente AliAbdallah Saleh. Un manifestante è rimasto ucciso portando finora a 12 le vittime. Da parte sua il presidente yemenita fa sapere che non lascerà il potere "se non con le urne". A proposito di presidenti, è ancora incerta la sorte di Ben Ali: il governo tunisino di transizione ha chiesto all'Arabia Saudita notizie sulla sua salute e ne ha richiesto l’estradizione. Per quanto riguarda il Bahrein, il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, saluta con favore il “dialogo col popolo” avviato dalle autorità. Torna poi alla cronaca anche l’Algeria: tre disoccupati hanno tentato di darsi fuoco per protesta. Una trentina di persone si sono date fuoco in Algeria nelle ultime settimane, imitando il gesto del venditore ambulante tunisino, Mohamed Bouzizi, simbolo della “Rivoluzione dei gelsomini”. Resta da dire che in Egitto, teatro nei giorni scorsi di manifestazioni che hanno portato alla cacciata di Mubarak e che sono costate la vita a 365 persone, oggi centinaia di ufficiali e sottufficiali della Sicurezza di Stato stanno attuando una manifestazione davanti alla sede del ministero dell'Interno, al centro del Cairo. Si tratta di personale licenziato o rimosso in seguito agli incidenti, che chiede di essere riassunto.

    Iran: la polizia disperde i manifestanti. Fermata e rilasciata la figlia di Rafsanjani
    L'opposizione iraniana ha cercato di tornare in piazza ieri a Teheran, ma è stata fronteggiata da un massiccio schieramento di forze di sicurezza, che è subito intervenuto per disperdere i manifestanti, arrestando anche brevemente Faezeh Hashemi, figlia dell'ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani. Tentativi di manifestare ci sono stati in diversi punti di Teheran, oltre che in altre città, tra cui Isfahan e Shiraz. Le autorità hanno assicurato che la capitale è rimasta calma mentre i siti dell'opposizione riferiscono di scontri, lancio di lacrimogeni e almeno un morto. Ieri l’opposizione è tornata a protestare nel settimo giorno della morte di due giovani rimasti uccisi negli scontri avvenuti il 14 febbraio scorso, quando il fronte anti-governativo era tornato in piazza dopo oltre un anno.

    Bomba a Mogadiscio: 10 morti
    È di almeno 10 morti il bilancio dell'esplosione di una autobomba guidata da un kamikaze nei pressi di un campo di addestramento della polizia a Mogadiscio, in Somalia. Il bilancio delle vittime è destinato ad aumentare secondo le autorità.

    Almeno 30 morti in un attentato nella provincia settentrionale afghana di Kunduz
    Cresce di minuto in minuto il bilancio dell'attacco suicida oggi nel distretto di Imam Sahib (provincia settentrionale afghana di Kunduz) e al riguardo il responsabile distrettuale, Muhammad Ayub Haqyarm, ha detto all'ANSA che “i cadaveri finora recuperati sono 30 ed i feriti 35”. Il kamikaze, si è appreso, ha attivato la sua carica davanti all'ingresso dell'Anagrafe del distretto, dove erano in fila molte persone, fra cui donne e bambini.

    Attentato anche in Iraq: 10 morti a Samarra
    Un attentatore suicida a bordo di una macchina carica di esplosivo ha compiuto un attentato contro la polizia a Samarra, nel centro dell'Iraq, causando la morte di 10 persone ed il ferimento di altre 16. Lo riferisce la polizia.

    Terzo mese di scioperi dei trasporti in Grecia
    Continuano, per il terzo mese consecutivo, gli scioperi dei trasporti pubblici contro la riforma del settore. Mercoledi tutti i sindacati hanno proclamato il decimo sciopero generale contro il piano di austerity introdotto dal governo di Giorgio Papandreou per ottemperare alle condizioni poste dall'UE e dal Fmi per il prestito di 110 miliardi di euro concesso per evitare la bancarotta. Malgrado una dura recessione che continuerà nel 2011 e i sondaggi che danno il partito socialista Pasok ancora in testa ma in forte calo, Papandreou ha detto che non pensa ad elezioni anticipate e che, andrà avanti con il risanamento e le riforme senza tener conto dei costi politici per riportare la Grecia in crescita nel 2012.

    Dura sconfitta del partito della Merkel ad Amburgo
    “È stata una dura sconfitta per la Cdu” di Amburgo: la cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha commentato così la sconfitta subita ieri dal suo partito alle elezioni regionali nella città-Land di Amburgo. La Cdu, che governa insieme ai Verdi, è scesa al 21,9%, cioè 20,7 punti percentuali in meno rispetto al 42,6% ottenuto alle elezioni del 2008. I vincitori indiscussi di ieri, sono stati - secondo i risultati preliminari - i socialdemocratici (Spd), che hanno ottenuto il 48,3% delle preferenze, 14,2 punti in più rispetto al 34,1% del 2008. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 52

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.