Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 17/02/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa riceve il presidente russo Medvedev: impegno comune nel rafforzare i rapporti tra Mosca e Santa Sede
  • Vaticano: bilanci preventivi 2011 tra ripresa, nonostante la crisi, e aggravio di costi di gestione
  • Presentato il volume “L’Anno Paolino” curato da Graziano Motta, testo di riferimento per ripercorrere "un anno di grazia"
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Egitto: tra incertezze e speranze, prosegue il processo di transizione guidato dai militari
  • La liturgia fondamento della fede. Convegno a Padova sull’"Opera Omnia" di Joseph Ratizinger
  • Sette religiose: quando la proposta di un culto copre truffe e manipolazioni. Intervista con don Aldo Buonaiuto
  • Convegno Cei, il sociologo Diotallevi: il momento è difficile ma la Chiesa è in buona salute
  • Il Rapporto 2010 della rete "Social Watch": per un'economia a misura d'uomo e contro la speculazione
  • Chiesa e Società

  • Iraq: liberato il cristiano rapito a Kirkuk. Pagato il riscatto dalla famiglia
  • Pakistan: incriminata per blasfemia la deputata che aveva chiesto l’abrogazione della legge
  • Svizzera: appello delle Chiese per i cristiani in Turchia ancora vittime di aggressioni
  • Il Libano, un esempio di libertà religiosa: così il nunzio all’assemblea dei vescovi
  • Uganda: domani elezioni generali. I vescovi auspicano un voto corretto
  • Usa: i vescovi chiedono che la Finanziaria 2011 dia priorità ai poveri
  • Cambogia: vescovi invocano la pace nel conflitto Cambogia-Thailandia sul tempio di Preah Vihear
  • Nepal: cristiani chiedono al governo un terreno per costruire un cimitero
  • Sud Corea: commemorato il secondo anniversario della morte del card. Stephen Kim
  • Restrizioni di Seoul sui visti per i missionari cristiani che intendono recarsi all’estero
  • Messico: appello di mons. Arizmendi a continuare con gli accordi per la riforma indigena
  • Brasile: la Caritas pianifica gli interventi post-emergenza alluvioni
  • Argentina: concluso il 29.mo corso di Missionologia
  • Aiuto alla Chiesa che Soffre: un sostegno alla Chiesa ucraina per le vocazioni
  • Repubblica Ceca: raccolta fondi della Chiesa per i giovani della Gmg di Madrid
  • Burkina Faso: centinaia di fedeli al pellegrinaggio mariano di Yagma
  • Cisa: più contenuti e nuova veste grafica per l’Agenzia cattolica per l’Africa
  • Hong Kong: un sito dedicato agli edifici storici della diocesi
  • Festival di Berlino: drammi pubblici e crisi del privato al centro della 61.ma edizione
  • 24 Ore nel Mondo

  • Proteste in Bahrein: quattro vittime negli scontri di piazza
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa riceve il presidente russo Medvedev: impegno comune nel rafforzare i rapporti tra Mosca e Santa Sede

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto stamani in Vaticano il presidente della Federazione Russa, Dmitry Medvedev. Nel corso del colloquio, informa una nota della Sala Stampa Vaticana, “ci si è compiaciuti per i buoni rapporti bilaterali e si è sottolineata la volontà di rafforzarli, anche in seguito all’allacciamento dei pieni rapporti diplomatici”. Il Papa e il presidente russo hanno riconosciuto “l’ampia collaborazione tra la Santa Sede e la Federazione Russa sia nella promozione degli specifici valori umani e cristiani, sia in ambito culturale e sociale”. Successivamente, informa la nota, “si è rilevato il contributo positivo che il dialogo interreligioso può offrire alla società”. Infine, “ci si è soffermati sulla situazione internazionale, con particolare riferimento al Medio Oriente”.

    Successivamente, il presidente Medvedev insieme al ministro degli Affari Esteri Sergei Lavrov, ha incontrato il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, accompagnato da mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati.

    inizio pagina

    Vaticano: bilanci preventivi 2011 tra ripresa, nonostante la crisi, e aggravio di costi di gestione

    ◊   Segnali di ripresa, da un lato, aumento dei costi, dall’altro. È la “forbice” che l’organismo preposto alla valutazione dei bilanci amministrativi della Santa Sede e dello Stato vaticano ha individuato per quanto riguarda i bilanci di previsione per il 2011. Sulla riunione, svoltasi martedì e mercoledì scorsi, riferisce in questo servizio Alessandro De Carolis:

    I cardinali membri del Consiglio per lo Studio dei Problemi Organizzativi ed Economici della Santa Sede lo scrivono chiaramente nel comunicato finale che riassume la due giorni di lavori: il “quadro complessivo” che emerge sia dal Bilancio preventivo Consolidato della Santa Sede, sia dal Bilancio preventivo del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano – entrambi riguardanti il 2011 e illustrati in Consiglio dal cardinale Velasio De Paolis, presidente della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede – risente ancora, “pur in presenza di chiari segnali di ripresa”, “delle incertezze del sistema economico globale, ma anche degli accresciuti costi di gestione”. Ciò “appare evidente – prosegue il comunicato – soprattutto per la Santa Sede, la cui insostituibile fonte di sovvenzionamento è costituita dalle libere offerte dei fedeli”. Fedeli ai quali i membri del Consiglio, si legge nella nota, esprimono “profonda gratitudine per il sostegno che essi danno, spesso in forma anonima, al ministero universale del Santo Padre", e che esortano "a perseverare in tale opera di bene”.

    Alla riunione presieduta dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, hanno preso parte il cardinale Giovanni Lajolo, presidente della Commissione Cardinalizia per la Città del Vaticano, e mons. Carlo Maria Viganò, segretario generale del Governatorato. Presenti anche i massimi responsabili dell'Apsa, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica: il cardinale presidente, Attilio Nicora, e il segretario, mons. Domenico Calcagno. Anche il direttore generale della Radio Vaticana, padre Federico Lombardi, e il direttore amministrativo, Alberto Gasbarri, “sono intervenuti – informa il comunicato – per la materia di loro competenza”.

    Nell’evidenziare che, come di consueto, i Bilanci sono stati sottoposti “a verifica e controllo da parte della Prefettura degli Affari Economici”, la nota ufficiale conclude ricordando che, nel merito dei Bilanci consolidati, “l’area di consolidamento riguarda gli Organismi facenti parte della Curia Romana, la Camera Apostolica e le istituzioni ‘mediatiche’ della Santa Sede, vale a dire: la Radio Vaticana, la Tipografia Vaticana - Editrice "L'Osservatore Romano"—, il Centro Televisivo Vaticano e la Libreria Editrice Vaticana”. Il Governatorato, si specifica ancora, ha “un’Amministrazione indipendente da contributi provenienti dalla Santa Sede o da altre Istituzioni” e “provvede alle esigenze economiche e alla gestione territoriale dello Stato, fornendo la necessaria struttura di supporto alla Sede Apostolica e alle relative attività”.

    inizio pagina

    Presentato il volume “L’Anno Paolino” curato da Graziano Motta, testo di riferimento per ripercorrere "un anno di grazia"

    ◊   Un anno di grazia, indimenticabile: sono stati il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo e il cardinale Francesco Monterisi, arciprete emerito ed arciprete attuale della Basilica Papale di San Paolo, a presentare stamane nella Sala Stampa della Santa Sede, il volume “L’Anno Paolino”, a cura di Graziano Motta, edito dalla Libreria Editrice Vaticana. Presente all’incontro anche l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “Estremamente preciso, ricco ma non trionfalistico”: un libro “L’Anno Paolino”, ha spiegato il cardinale Cordero Lanza di Montezemolo, dedicato alla memoria di “un evento storico”, celebrato per la prima volta dalla Chiesa – tra giugno 2008/giugno 2009. Ha ricordato il porporato, primo arciprete della Basilica di San Paolo, nominato nel 2005 da Benedetto XVI, l’entusiasmo del Papa per l’avvio dell’Anno Paolino:

    "Mi ha detto: ‘San Paolo è una delle ricchezze principali, come fonte della nostra fede, ma è poco conosciuto, o mal conosciuto, e male interpretato’. E’ un’occasione e anzi abbiamo – ha detto – due motivi per fare questo. Il primo motivo era questa ricchezza di significati. Io pensavo tra me: quale sarà il secondo motivo? E lui mi ha detto: ‘Tutto quello che facciamo, non facciamolo da soli, ma facciamolo con i nostri fratelli cristiani, fratelli separati’”.

    Un anno di innumerevoli eventi, a Roma e nel mondo, ha aggiunto il cardinale Cordero Lanza di Montezemolo, che Graziano Motta ha saputo ordinare con “estrema chiarezza e meticolosità”:

    “Un anno di grazia, veramente un anno di grazia, che si è manifestato anche al di là di quelle che potevano essere le nostre previsioni”.

    Iniziative religiose e culturali, pellegrinaggi, cerimonie liturgiche, conferenze, mostre, concerti, lavori di ristrutturazione e restauro della Basilica per offrire una nuova area penitenziale, per rendere accessibile la Tomba di San Paolo e per realizzare la nuova Porta Paolina.

    E, se uno dei paradossi del nostro tempo è lo scorrere degli avvenimenti, ha osservato l’arcivescovo Rino Fisichella, il libro “L’Anno Paolino” è un “prodotto originale” che rimarrà negli anni futuri come un punto di riferimento storico fondamentale:

    “Perché l’autore permette di riportare alla mente, in uno sviluppo tematico, avvenimenti che hanno segnato nella loro progressiva dinamica un anno indimenticabile non solo per la Chiesa, ma per l’intera comunità internazionale, che è stata inondata da una serie di iniziative di diverso carattere”.

    Pagina dopo pagina nel libro, ha concluso il presule, viene incontro ai lettori Paolo una persona viva, al quale accostarsi in una forma più moderna:

    “Attingere a lui, tanto al suo esempio apostolico quanto alla sua dottrina, sarà quindi uno stimolo, se non una garanzia, per il consolidamento dell’identità cristiana di ciascuno di noi e per il ringiovanimento dell’intera Chiesa”.(ap)

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il mondo arabo e il seme della rivolta: in rilievo, nell’informazione internazionale, le manifestazioni antigovernative segnalate in Bahrein e in Libia.

    Il genio artistico celebra l’intesa tra Stato e Chiesa; due capolavori in mostra, da domani, all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede per l’anniversario dei Patti Lateranensi e dell’Accordo di modificazione del Concordato: in cultura, anticipazione del testo del ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, e di stralci degli interventi di Andrea De Marchi, Giovanni C. Federico Villa, Gabriello Mancini e Federico Manzoni.

    Ritorna il Grinta: Emilio Ranzato sul remake - firmato dai fratelli Coen - del film di Henry Hathaway.

    Un articolo di Rossella Perna dal titolo “L’oratorio intelligente”: al via i lavori dell’innovativa struttura a Premolo in Val Seriana.

    Si chiama solitudine l’anticamera della setta: Raffaele Alessandrini sul convegno, a Roma, “L’esperienza religiosa dell’umanità tra libertà e manipolazione”.

    L’aborto non è mai una buona medicina: nell’informazione religiosa, a proposito di una sentenza in Gran Bretagna che regolamenta l’uso della pillola Ru486.

    Il ruolo della donna nella missione della Chiesa locale: nell’informazione vaticana, intervista di Nicola Gori all’arcivescovo José Palma, vice presidente della Conferenza episcopale delle Filippine.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Egitto: tra incertezze e speranze, prosegue il processo di transizione guidato dai militari

    ◊   In Egitto, nonostante l’appello dei militari, continuano gli scioperi. Critiche alle forze armate vengono rivolte anche dal leader dell’opposizione, El Baradei, che parla di un processo di transizione “opaco e non inclusivo”. Ieri pomeriggio, intanto, il Ministero della sanità ha reso noto che sono state 365 le persone uccise durante la rivolta che ha portato alla fine del regime di Hosni Mubarak. Sulle sorti dell’ex presidente egiziano, del resto, proseguono ad alternarsi versioni contrastanti. Se nei giorni scorsi si era parlato di stato di coma per l’ex rais, Mubarak sarebbe invece in buone condizioni di salute, secondo la tv “Abc”. Per una testimonianza su come la popolazione egiziana sta vivendo questa fase di passaggio ad una nuova realtà, Antonella Palermo ha intervistato Marco Masulli, studente di arabo al Cairo che vive a Piazza Tahrir, cuore della rivolta anti Mubarak:

    R. – Sta ritornando quasi tutto come prima: la vita è quasi tornata alla normalità, anche se abbiamo ancora il coprifuoco da mezzanotte fino alle sei del mattino. Si tratta comunque di un problema minimo. C’è, invece, la paura di molta gente che teme che i militari cerchino di rafforzare unicamente i propri privilegi, senza dare realmente ascolto a quelle che erano le richieste della piazza.

    D. – Parleresti ancora di euforia?

    R. – A dir la verità una cosa che ho notato è che quando parlo con le persone un po’ più anziane mi sembra non siano contente al cento per cento di quello che è successo: molti dicono che un presidente che ha governato il Paese per 30 anni non può essere stato mandato via così e molti dicono che il problema non era Mubarak in sé, ma la gente di cui si era circondato. I giovani sono invece tutti, tutti molto felici e molto euforici, perché sentono di avere l’opportunità di costruire qualcosa di nuovo. C’è grande speranza.

    D. – In questi giorni continuano gli scioperi?

    R. – Gli scioperi, a dire la verità, sono endemici e sono soprattutto i lavoratori del settore pubblico che stanno scioperando: la Polizia, ad esempio, ma anche i dipendenti delle società del gas e del petrolio stanno scioperando, così come i lavoratori del tessili che sono sempre stati l’avanguardia delle proteste, anche nel periodo pre-rivoluzionario. Tutti coloro che possono avanzare delle istanze dal punto di vista economico, perché a questo punto si tratta soprattutto di istanze economiche, stanno facendo sentire la loro voce. D’altro lato, però, c’è un esercito che invita a non scioperare proprio per via del momento economico particolare che sta vivendo l’Egitto e a seguito alle grosse perdite economiche che si sono registrate durante la rivoluzione.

    D. – Quanto percepiscono?

    R. – I poliziotti – ad esempio – percepiscono 400 ghiné al mese di base, che sono un po’ più di 50 euro.

    D. – Quanto avete paura di questi Fratelli musulmani?

    R. – Secondo me si tratta di un allarme ingiustificato. Se ci sarà un momento democratico di elezioni e di campagna elettorale nel Paese, non si potrà fare a meno di avere a che fare con i Fratelli musulmani. (mg)


    inizio pagina

    La liturgia fondamento della fede. Convegno a Padova sull’"Opera Omnia" di Joseph Ratizinger

    ◊   “La fondazione sacramentale dell’esistenza cristiana” è il tema del Convegno organizzato oggi a Padova dalla Facoltà teologica del Triveneto, dedicato all’Opera Omnia di Joseph Ratzinger, aperta dal volume “Teologia sulla liturgia”. L’incontro, in preparazione della visita del Papa ad Aquileia e Venezia, il 7 ed 8 maggio prossimi, è stato aperto dal preside prof. Andrea Toniolo, che ha introdotto la Lectio Magistralis affidata al vescovo di Ratisbona, Gerhard Ludwig Muller, dal titolo “Una visione di teologia per oggi”. A seguire, l’intervento su “Joseph Ratzinger, un teologo di fronte alla liturgia” del prof. Luigi Girardi, preside dell’Istituto di Liturgia Pastorale di S. Giustina a Padova, intervistato da Roberta Gisotti:

    D. – Prof. Girardi, in che modo la riflessione del Papa, teologo e pastore, interroga oggi il Popolo di Dio sul significato della liturgia nell’esperienza di fede?

    R. – Credo lo interroghi in un modo molto forte. Il Papa stesso ricorda di aver scelto di dedicarsi alla teologia fondamentale come materia per rispondere alla domanda: perché noi crediamo? E proprio per questo – scrive – ha sempre avuto a cuore anche quest’altra domanda: qual è la giusta risposta da dare a Dio? Ed è la domanda che lo apre al culto. Oggi diremmo, in altri termini, che la liturgia appartiene alla dimensione fondamentale della fede, appartiene al modo originario in cui la fede si esprime, non è accessoria. La liturgia, in particolare i Sacramenti, ci aprono a Dio in questa relazione verticale con Dio e insieme ci inseriscono nella storia della salvezza, che è ancorata a Gesù in questa dimensione o traiettoria orizzontale. Il Papa stesso si esprime in questi termini all’interno dei suoi scritti.

    D. – Prof. Girardi, si è letto più volte nei media, e si ascolta talvolta anche tra la gente, che Benedetto XVI sia un Papa "conservatore": quale valore assume questa considerazione alla luce del primo volume edito della sua Opera Omnia?
    R. – Sì, credo sia opportuno uscire da certe "etichette" che a volte si usano con troppa disinvoltura. Certamente, la riflessione del Papa mostra di non seguire la moda o il plauso. Quindi, lui è veramente al di là del pensarsi conservatore o progressista. Lui scrive quello che ritiene - attraverso la sua riflessione - corretto per comprendere e vivere la realtà della liturgia. Credo che questi suoi scritti si inseriscano nel dibattito, nel cammino che la scienza liturgica sta percorrendo e si propongano come scritti di un interlocutore certamente valido. Il Papa mette in guardia da tante cose: per esempio, in maniera molto forte, dal rischio di una celebrazione autoreferenziale, che può venire tanto per la cura di un estetismo vuoto, come per la caduta in forme di intrattenimento, di autocompiacimento. Credo che agli scritti del teologo Ratzinger - questi scritti appartengono a questa fase della sua vita – stia a cuore semplicemente la cura perché la liturgia sia se stessa.
    D. – Prof. Girardi, il cardinale Tarcisio Bertone nella prefazione al volume sottolinea la capacità comunicativa del Papa che sa rivolgersi non solo alla fede del credente ma anche alla ragione di ogni uomo. Quindi un libro per tutti?

    R. – Certamente è un libro impegnativo, proprio perché il Papa coniuga sempre fede e ragione. Occorre, però, veramente riconoscere un grande merito: c’è una capacità comunicativa, argomentativa, una chiarezza espositiva che è invidiabile, che rende certamente questo volume molto più facilmente accessibile ai lettori. (ap)

    inizio pagina

    Sette religiose: quando la proposta di un culto copre truffe e manipolazioni. Intervista con don Aldo Buonaiuto

    ◊   Vivere un’esperienza spirituale “liberante”, mentre in realtà si è vittime inconsapevoli di una manipolazione. Sono decine di migliaia le persone che ogni anno finiscono nella rete di sette o gruppi pseudo-religiosi, dalla quale riemergono sovente con profonde ferite psicoemotive. Al problema è stato dedicato ieri un Convegno ospitato dall’Università Lateranense e promosso dall’Associazione Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi. Al centro del dibattito, il diritto alla ricerca e alla libertà di espressione religiosa in rapporto a quei culti estremi che utilizzano il sacro a fini strumentali. Fabio Colagrande ne ha parlato con don Aldo Buonaiuto, dell’Associazione Papa Giovanni XXIII:

    R. – Ogni persona è sempre alla ricerca di Dio, è alla ricerca di un senso profondo della vita, è alla ricerca del suo creatore e questa esperienza è un diritto che tutti devono poter vivere liberamente. Però, nello stesso tempo noi - che ormai da quasi 10 anni abbiamo attivato un numero verde denominato “antisette” - vogliamo anche precisare che ci sono delle realtà che non sono religiose, ma che invece vorrebbero entrare nella porta della religione per il raggiungimento di altri obiettivi. Ecco le sette, questa parola scomoda che a volte può anche un po’ turbare ma è importante, perché fa capire la grande distinzione che c’è tra ciò che deve essere garantito e tutelato e ciò che invece deve essere osservato con attenzione e con una prevenzione forte, per far sì che la gente non incappi in queste trappole, in queste realtà falsate.

    D. - Don Aldo, è possibile avere un criterio di orientamento per distinguere una setta religiosa da una vera e propria religione?

    R. – Sicuramente la parola “libertà” è la base: la libertà di professare ma anche la libertà di scegliere senza essere manipolati. Sappiamo che sono diversi anni che non c’è più una legge che possa sottolineare e approfondire l’aspetto della schiavitù psicologica: cioè, quando una persona viene assoggettata in un momento di fragilità, di debolezza e quindi ridotta in una forma di schiavitù psichica. Così, anche, dobbiamo avere quell’attenzione non solo per il mondo delle “psicosette”, ma anche delle sette magico-esoteriche. Sappiamo quanto oggi l’esoterismo sia praticamente l’altra faccia della stessa medaglia dell’occultismo. Allora, bisogna essere molto, molto attenti perché oggi questi "guru" dell’occulto sono presenti specialmente anche nelle fasce dei ragazzi, del mondo giovanile.

    D. – Don Aldo, cosa chiedete voi allo Stato per contrastare questo fenomeno?

    R. – Noi chiediamo che lo Stato prenda coscienza che questo fenomeno non è relegato a poche persone: è un fenomeno purtroppo molto diffuso, che vede intere famiglie distrutte, ragazzi che sono distrutti psicologicamente e con problemi psichiatrici pr via di questi delinquenti, perché poi dobbiamo chiamarli anche per nome. Un buon 80 per cento sono truffatori, delinquenti senza scrupoli, pronti a tutto per il raggiungimento di profitti o di tipo economico o di altro tipo. Questa è un’ingiustizia insopportabile. Vedere che ci sono persone - per non parlare di tutto quello che fanno i maghi - che possono esercitare quella che loro chiamano un’attività lecita quando invece non è riconosciuta come un’attività: è il mondo della menzogna che viene legittimato e purtroppo anche pubblicizzato ovunque. C’è un’istigazione a portare le persone ad affidarsi, a credere a ciò che è veramente irrazionale e senza un minimo di logica e soprattutto di verità. Nulla di tutto questo ha a che fare con l’esperienza spirituale della ricerca dell’uomo del trascendente. (bf)

    inizio pagina

    Convegno Cei, il sociologo Diotallevi: il momento è difficile ma la Chiesa è in buona salute

    ◊   La Chiesa è ancora un punto di riferimento per la società italiana, anch'essa però in qualche modo risente della crisi che il Paese sta attraversando. Di questo si è parlato stamani al convegno del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa, che ha visto arrivare a Roma gli incaricati diocesani. Per mons. Giancarlo Bregantini, presidente della Commissione episcopale per il lavoro della Cei, i vescovi in questo momento hanno un ruolo ancor più importante nel costruire una società più equa. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    L’Italia è un Paese ancora profondamente cattolico, seppure nella società c’è chi vuole mettere da parte le radici cristiane. Infatti, secondo la ricerca elaborata da Eurisko e presentata stamani al convegno di Sovvenire: nel 2010, il 77 per cento degli italiani si è detto d’accordo con la presenza del Crocifisso nelle scuola. Ed ancora, il 63 per cento degli intervistati ritiene importante la presenza dei sacerdoti nelle carceri e negli ospedali. Chi dice di frequentare assiduamente la Messa è il 32 per cento e il 41 per cento afferma di devolvere offerte economiche alle parrocchie e alle diocesi. “Dunque, una presenza forte quella della Chiesa, seppur con le difficoltà del momento”, dice il sociologo Luca Diotallevi:

    R. - Si notano lievi segni di flessione e la conferma di una presenza capillare. La Chiesa, con tutto il Paese, sta attraversando un momento difficile e lo attraversa in uno stato di salute, non assoluto, ma migliore rispetto ad altre istituzioni popolari”.

    D. – Ma che deve fare la Chiesa nei prossimi anni?

    R. – Rinnovare i modelli che propone e comprendere - ma del resto i vescovi italiani sulla scia di Benedetto XVI, hanno messo al centro il tema dell’educazione religiosa - che oggi c’è bisogno di una fede radicata molto più nel profondo, che non pochi anni fa.

    Difficoltà che appunto si acuiscono nei momenti di crisi economica, in cui il rischio è che lo spirito solidale possa venire meno, afferma mons. Giancarlo Bregantini

    “Può essere una grossa occasione per rivivere in modo diverso i grandi valori della sobrietà, gli stili di vita, il rispetto dell’ambiente e ovviamente la ridistribuzione della ricchezza. Non è ovviamente un fatto automatico, perché il rischio è che la crisi attuale ci metta paura e la paura fa avvertire 'la coperta corta', che poi ognuno cerca di tirare a sé. In questo momento, questo è il grande rischio”.

    Massima attenzione anche al federalismo che, per mons. Bregantini, se non ben gestito rischia di diventare uno strumento di divisione, non di unione del Paese.(ma)

    inizio pagina

    Il Rapporto 2010 della rete "Social Watch": per un'economia a misura d'uomo e contro la speculazione

    ◊   Mattinata di mobilitazione in favore di un’economia più attenta ai bisogni delle società, con la presentazione nazionale del Rapporto 2010 della rete Social Watch – un coordinamento internazionale che associa oltre 400 organizzazioni impegnate nella promozione della giustizia sociale – e lo svolgimento di manifestazioni a sostegno della Campagna ZeroZeroCinque per la tassazione delle transazioni finanziarie, sia in piazza a Roma che in altri 30 Paesi nei cinque continenti. “La lotta alla povertà non rappresenta ancora una priorità per i governi, gli obiettivi del Millennio non saranno raggiunti entro il 2015, e i movimenti sociali in Tunisia e in Egitto – Stati che pure hanno registrato tassi di crescita annui del 5-6 per cento – ne sono un segnale chiaro”. Lo ha affermato Jason Nardi, coordinatore per l’Italia di Social Watch, al quale Silvia Koch ha chiesto di spiegare i punti salienti del Rapporto 2010 e i parametri usati per valutare il livello di sviluppo umano:

    R. – Noi guardiamo al cosiddetto sviluppo sociale o progresso non tanto in termini di crescita economica. Noi abbiamo due indici: l’indice di capacità di base e l’indice di equità di genere, che sono un po’ i nostri parametri principali e che si confrontano con gli indici classici sulla povertà basati, invece, sul prodotto interno lordo e sui dati economici. Quello che vediamo è che, specialmente negli ultimi due anni, a seguito della cosiddetta crisi finanziaria globale, ma anche delle altre crisi concomitanti – quella energetica, quella alimentare, quella democratica in generale – a fronte di crescite economiche di vari Paesi, i nostri indici registrano invece che il benessere e la qualità della vita in molti Stati è diminuito. Una buona parte della popolazione, soprattutto quella giovanile, non ha lavoro ed anche una variazione del costo del pane o dei generi primari fa la differenza.

    D. – Quale eco ha il Rapporto di Social Watch in Italia e all’estero?

    R. – A livello delle Nazioni Unite c’è una certa attenzione: lo Undp, che si occupa di programmi di sviluppo, ha adottato nelle ultime edizioni anche i nostri indici nelle ultime edizioni. A livello italiano, è più complesso e la situazione è molto grave: la risposta in termini di politiche non c’è. E’ tempo veramente di ripensare il paradigma di sviluppo, di ripensare il ruolo della società civile, di pretendere dai governi che rispettino non solo gli impegni presi, ma che rispettino anche i diritti umani fondamentali, sociali ed economici di tutti.

    Andrea Baranes, portavoce della Campagna ZeroZeroCinque: l’altra mobilitazione in piazza oggi a Roma e in molte altre città del mondo, ci spiega cos’è la Ttf, la tassa sulle transazioni finanziarie…

    R. – E’ una tassa molto piccola dello 0,05 per cento sulla compravendita di titoli: cosa vuol dire questo? Se io sono uno speculatore che compro e vendo centinaia di volte questo titolo per guadagnare su piccole oscillazioni dei prezzi, dovrei pagare centinaia di volte questa tassa molto piccola, ma che diventerebbe una tassa molto grande. Quindi si tratta di uno strumento straordinario per fermare la speculazione e senza danneggiare in nessun modo gli investimenti, l’economia reale o i piccoli risparmiatori. Se applica nella sola zona euro, il gettito sarebbe di 200 miliardi di euro l’anno; se applicata a livello internazionale, sarebbe di 650 miliardi di dollari, che secondo le reti della società civile dovrebbero andare per metà per obiettivi interni di spese sociali – welfare – per rimettere in sesto i conti pubblici devastati dalla crisi; l’altra metà per obiettivi internazionali e cioè per la cooperazione allo sviluppo e per la lotta ai cambiamenti climatici. (mg)

    inizio pagina

    Chiesa e Società



    Iraq: liberato il cristiano rapito a Kirkuk. Pagato il riscatto dalla famiglia

    ◊   È libero e in buone condizioni fisiche Iyad Dawoud Salman Askar, il cattolico di Kirkuk, rapito lo scorso 13 febbraio da un gruppo di criminali. L’uomo è stato rilasciato ieri sera dietro pagamento di un riscatto. L'agenzia AsiaNews riferisce della grande soddisfazione per il buon esito della vicenda da parte di tutta la comunità cristiana che, tuttavia, non nasconde timori per il futuro dell’Iraq. Iyad Dawoud Salman Askar, cattolico di 53 anni, sposato e padre di due figli è stato prelevato dai malviventi davanti la sua abitazione, nell’area di Dor al-Zira’a, vicino piazza al-Ithifalat, nella parte sud-occidentale della città. In un primo momento i sequestratori hanno chiesto 50mila dollari per il riscatto. Fonti della polizia confermano il pagamento di una somma di denaro, ma non si conosce l’importo; ieri nel tardo pomeriggio la liberazione. La famiglia di Askar già nel 2009 era stata vittima di un tentativo di sequestro. In quell'occasione aveva perso la vita il fratello Sabah Daud Askar. Fonti di AsiaNews a Kirkuk, anonime per motivi di sicurezza, manifestano “gioia e soddisfazione” per la liberazione dell’uomo. In queste settimane si vivono momenti di “attesa e speranza”, ma anche di “paura per ciò che accade in Egitto e in altri Paesi dell’area Medio orientale”. Speranza perché possa nascere un movimento a favore della democrazia e, al contempo, timori per la deriva fondamentalista che potrebbero assumere queste manifestazioni. “Gli estremisti – conclude la fonte – possono riprendere a colpire”.(M.G.)

    inizio pagina

    Pakistan: incriminata per blasfemia la deputata che aveva chiesto l’abrogazione della legge

    ◊   Sherry Rehman, parlamentare del Pakistan People’s Party, la donna che aveva presentato al parlamento pakistano una mozione per modificare la legga sulla blasfemia, è stata formalmente incriminata per blasfemia. Lo rileva l’agenzia Fides riportando la decisione presa da un tribunale di Multan, che ha dato incarico alla polizia locale di registrare l’accusa di blasfemia contro la Rehman. La Corte ha accolto la denuncia di un commerciante locale, che accusa la donna di blasfemia per un discorso tenuto in televisione nel novembre 2010. Nelle scorse settimane vi erano stati altri tentativi di incriminarla, ma altri tribunali pakistani avevano negato l’autorizzazione. La notizia crea “sconforto e profondo sconcerto nella comunità cristiana” che, come conferma una autorevole fonte locale di Fides, vede realizzarsi i suoi timori: che passi l’idea di definire “blasfemo”, e dunque di poter incriminare, chiunque si opponga alla legge sulla blasfemia. Intanto si moltiplicano i casi in cui i gruppi estremisti islamici inneggiano apertamente alla “guerra santa”, alla disobbedienza civile, all’omicidio. Fonti di Fides nella società civile pakistana esprimono crescenti preoccupazioni per questi atteggiamenti che tuttavia “non producono alcuna reazione concreta da parte del governo pakistano”, che “dovrebbe fermare questi predicatori di odio e di illegalità”. Numerosi mullah utilizzano la predica del venerdì per veicolare messaggi ostili, per alimentare tensioni sociali e interreligiose, per calpestare lo stato di diritto. “Alcuni chiedono perfino l’uso della bomba nucleare contro l’India, in nome della guerra santa in Kashmir” si legge in un nota inviata a Fides dell’Asian Human Rights Commission. Di recente lo ha fatto a Lahore Hafiz Saeed, leader del gruppo radicale islamico Jamaat-ud-Dawah (JuD), parlando a una platea di oltre 20mila militanti. Sebbene il leader sia ricercato per terrorismo, ha potuto arringare la folla indisturbato. “E’ davvero incomprensibile che il governo pakistano chiuda gli occhi e permetta a questi terroristi di circolare a piede libero diffondendo idee radicali” nota una fonte di Fides. “Le autorità non possono continuare in questa politica conciliante verso gli estremismi religiosi. Incitare alla guerra di religione è un crimine contro l’umanità”. Il forum della società civile pakistana “Cittadini per la democrazia”, in una nota inviata a Fides, chiede al governo di fermare e perseguire legalmente quanti incitano all’odio religioso all’omicidio. (M.G.)

    inizio pagina

    Svizzera: appello delle Chiese per i cristiani in Turchia ancora vittime di aggressioni

    ◊   La Conferenza episcopale svizzera (Ces) e la Federazione delle Chiese protestanti svizzere (Feps) hanno rivolto un appello congiunto per i cristiani in Turchia che continuano ad essere oggetto di crescenti minacce e vessazioni. La nota si riferisce in particolare al caso del monastero siro-ortodosso di Mor Gabriel (o "Dayro d-Mor Gabriel"), nel sud-est dell’Anatolia, al centro di un'aspra battaglia legale avviata nel 2008 e vinta dallo Stato turco grazie a una sentenza della Corte di Cassazione di Ankara resa nota lo scorso 26 gennaio. Il tribunale di ultima istanza, capovolgendo il precedente verdetto di un tribunale ordinario, ha accolto la tesi sostenuta dal Ministero del Tesoro turco: quella di appropriazione indebita dei terreni. Secondo questa tesi, infatti, il monastero sarebbe stato costruito nel luogo dove sorgeva in precedenza una moschea. Un'accusa – evidenziano la Ces e la Feps - chiaramente infondata dal momento che Mor Gabriel è stato costruito nel 397 d.C., ben prima della nascita dell’Islam. Nella nota, i leader cristiani elvetici si dicono costernati dalla vicenda e dal crescente numero di attacchi contro i cristiani in Turchia e chiedono al governo turco di garantire a tutte le minoranze cristiane nel Paese la libertà religiosa. Intanto dalla Turchia giunge la notizia di un altro episodio di violenza avvenuto qualche settimana fa. Teatro dell’aggressione è stata la chiesa di Santa Maria a Trebisonda, la stessa dove don Andrea Santoro fu ucciso il 5 febbraio del 2006 da un giovane fanatico vicino agli ambienti ultranazionalisti della città. Secondo quanto riferito in questi giorni da alcuni giornali turchi, ai primi di gennaio un gruppo di giovani avrebbe intimato di togliere la croce dalla sommità della chiesa, lanciando molotov, bottiglie e slogan nazionalisti. La polizia non avrebbe ancora identificato i responsabili. (L.Z.)

    inizio pagina

    Il Libano, un esempio di libertà religiosa: così il nunzio all’assemblea dei vescovi

    ◊   “Le Chiese cattoliche in Libano e le Proposizioni del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente” è il tema della 44.ma assemblea dei patriarchi e dei vescovi cattolici del Libano che si è aperta lo scorso 14 febbraio presso il patriarcato maronita a Bkerké. Mons. Gabriele caccia, nunzio apostolico in Libano, in apertura dei lavori ha parlato del Libano come “esempio di libertà religiosa tanto nei suoi dettami costituzionali che nelle tradizioni dei suoi abitanti. Un esempio che potrebbe allo stesso modo essere fonte di ispirazione per molti altri Stati, specialmente in questo tempo nel quale soffia, in questa regione, un vento di libertà”. Oltre a promuovere un autentica libertà religiosa e di coscienza, secondo mons. Caccia, “i cristiani d’Oriente sono chiamati a dare alla Chiesa e al mondo una testimonianza di dialogo con l’Islam che non è solo possibile ma necessario”. “In un contesto di tensioni crescenti e di rischio di scontro tra civiltà, con atti di violenza inumani ed ingiustificabili, non posso che gioire – ha aggiunto il nunzio citato dal Sir – alla scelta controcorrente di istituire, lo scorso anno, la festa dell’Annunciazione del 25 marzo, per permettere alla stragrande maggioranza dei libanesi, musulmani e cristiani, di festeggiare insieme. La fede autentica unisce gli uomini e li invita a rispettarsi e a conoscersi”. L’assemblea chiuderà i lavori sabato 19 febbraio e in questi giorni, come detto dal cardinale Nasrallah Boutros Sfeir, patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente, verranno affrontati anche altre temi come il sostentamento dei sacerdoti, la missione dei laici, la famiglia, la preparazione al matrimonio, gli istituti scolastici e la dottrina sociale della Chiesa. (M.G.)

    inizio pagina

    Uganda: domani elezioni generali. I vescovi auspicano un voto corretto

    ◊   Circa 14 milioni di ugandesi al voto domani, 18 febbraio, per le elezioni presidenziali e parlamentari. Il Presidente uscente, Yoweri Museveni, è dato favorito, contro altri 7 candidati. Il principale avversario è Kizza Besigye, ex medico personale di Museveni, già candidato nelle precedenti elezioni. L’opposizione - riferisce l'agenzia Fides - ha espresso alcuni timori sulla correttezza della composizione delle liste elettorali. Il Democracy Monitoring Group (DemGroup), un consorzio di 4 organizzazioni della società civile (compreso l’Uganda Joint Christian Group, un gruppo ecumenico al quale partecipa anche la Chiesa cattolica), ha effettuato una verifica delle liste elettorali, che pur rilevando alcuni problemi (come i 4mila seggi con un numero di votanti superiore a 800 persone), afferma che “la qualità della lista elettorale è soddisfacente per numerosi aspetti”. Nel giugno 2010 i vescovi ugandesi in una dichiarazione e in una successiva Lettera Pastorale, dopo aver espresso preoccupazione per “gli avvenimenti in corso nel Paese, i quali indicano che cresce la paura e l’ansia per il futuro politico del Paese, soprattutto per quel che può succedere prima, durante e dopo le prossime elezioni”, avevano auspicato “un processo elettorale corretto, leale e gestito da un organismo elettorale credibile, che garantisca la trasparenza e l'imparzialità”. (R.P.)

    inizio pagina

    Usa: i vescovi chiedono che la Finanziaria 2011 dia priorità ai poveri

    ◊   Promuovere un approccio equilibrato che concili le ragioni di bilancio con la necessità di salvaguardare le fasce sociali più deboli: è in sintesi il messaggio che i vescovi degli Stati Uniti hanno rivolto ai deputati del Congresso in due distinte lettere, firmate da mons. Howard James Hubbard e mons. Stephen Edward Blaire - rispettivamente presidenti della Commissione per la giustizia internazionale e la pace e della Commissione per la giustizia nazionale e lo sviluppo umano della Conferenza episcopale (Usccb). Le lettere sono state presentate martedì in occasione di un incontro al Congresso al quale ha partecipato un gruppo di oltre trecento responsabili diocesani della pastorale sociale (Catholic Social Ministry), riuniti a Washington per il loro congresso annuale. Le due missive — alla cui stesura ha contribuito anche il presidente dei Catholic Relief Services, Ken Hackett — esprimono la preoccupazione dell’episcopato per i tagli di bilancio proposti dall’Amministrazione Obama per l’Anno Finanziario 2011, che inciderebbero anche sugli aiuti umanitari internazionali. Sul totale dei tagli proposti, infatti, circa il 26% riguarderebbe proprio gli aiuti ai poveri nei Paesi stranieri. Secondo i vescovi americani è “inaccettabile che il Paese faccia ricadere il peso del risanamento dei conti pubblici sui poveri dentro e fuori dagli Stati Uniti”. Essi indicano, quindi come una priorità quella di affrontare le esigenze dei più bisognosi, ma anche di coloro che giorno dopo giorno allungano la lista dei disoccupati. “In un tempo di crisi economica — spiegano — i poveri e i più vulnerabili si trovano ancora di più nel bisogno. Preservare la sicurezza della nazione è senza dubbio fondamentale, ma non possiamo garantire questa sicurezza, favorendo allo stesso tempo l’insicurezza dei poveri e dei più vulnerabili”. Pertanto vengono chieste “soluzioni ragionevoli e strategie per affrontare il deficit federale, che garantiscano tuttavia stabilità e sicurezza per le generazioni future”. Le due lettere della Usccb si aggiungono ad appelli analoghi rivolti in questi giorni alle amministrazioni statali dai vescovi di diversi Stati dell’Unione. (L.Z.)

    inizio pagina

    Cambogia: vescovi invocano la pace nel conflitto Cambogia-Thailandia sul tempio di Preah Vihear

    ◊   I vescovi cambogiani sono profondamente addolorati per “l’inutile perdita di vite umane” nei nuovi scontri scoppiati poco più di una settimana fa nei pressi del tempio induista di Preah Vihear, conteso alla frontiera fra Cambogia e Thailandia. La ripresa dei combattimenti tra il 4 e il 7 febbraio ha causato 8 morti, portando a 24 il bilancio degli incidenti dal 2008, e ha costretto migliaia di thailandesi e cambogiani a fuggire dall’area. In una nota firmata da mons. Olivier Schmitthaeusler, vicario apostolico di Phnom Penh, i vescovi cambogiani rivolgono un pressante appello ai due Paesi e “alle organizzazioni nazionali e internazionali a collaborare a tutti i livelli per porre fine al conflitto”. Oltre alla perdita di vite umane, la nota rileva anche i gravi danni materiali portati al monumento religioso inserito nel patrimonio dell’umanità. I presuli pregano quindi “Dio onnipotente di benedire le due parti con la pace e di guidare i leader dei due Paesi perché possano risolvere il contenzioso con mezzi pacifici ed evitare ulteriori spargimenti di sangue”. All’appello dell’episcopato si sono uniti altri organismi e organizzazioni cattoliche nel Paese. Intanto in Thailandia la Chiesa locale si è mobilitata per accogliere nuovi flussi di sfollati qualora la situazione dovesse di nuovo peggiorare. “Le nostre organizzazioni cattoliche sono pronte a portare assistenza immediata a tutte le popolazioni colpite”, ha confermato all’agenzia Ucan mons. Banchong Chaiyara, vescovo della diocesi di Ubon Ratchathani al confine con la Cambogia. Costruito nell’undicesimo secolo, il tempio di Preah Vihear è conteso dalla Cambogia e dalla Thailandia dai primi anni ‘50. Nonostante la Corte internazionale dell’Aja abbia attribuito alla Cambogia la sovranità sul sito, i conflitti armati tra i due Paesi sono continuati anche dopo l’inserimento del tempio nella lista del patrimonio Unesco nel 2008. (L.Z.)

    inizio pagina

    Nepal: cristiani chiedono al governo un terreno per costruire un cimitero

    ◊   Una terra dove seppellire i propri morti. Questo chiedono i politici cristiani nepalesi, chiamando in causa il nuovo primo ministro Jhala Nath per gestire il contrasto in corso sul cimitero vicino al tempio indù di Pashupati . Secondo quanto riferisce l'agenzia AsiaNews, ieri mattina circa 180 rappresentanti delle comunità cristiane di 63 distretti si sono riuniti a Kathmandu per scrivere un memorandum da consegnare al premier e alle associazioni per i diritti umani nazionali e internazionali. “Se non ci daranno una terra dove seppellire i nostri morti chiederemo le dimissioni di Khanal”, è il monito C.B. Gahatraj, segretario generale del Comitato cristiano per la nuova costituzione (Christian Advising Committee for the New Costitution – Cacnc). “Siamo nepalesi – continua il leader cristiano - e il governo non può intervenire nella nostra tradizione presentando istanze che favoriscono solo gli indù”. In questi anni, la speculazione edilizia a Kathmandu ha ridotto le aree per la sepoltura e i costi dei terreni liberi sono così alti che nessuna delle comunità cristiane può acquistarli. Costretti a utilizzare una tomba per più corpi, cristiani, musulmani, baha’i e indigeni hanno chiesto al governo centrale di concedere a basso costo delle aree da adibire a cimitero. In contrasto con le autorità locali e con la comunità indù il governo ha concesso uno spazio nella foresta adiacente al tempio indù di Pashupati, luogo sacro per l’induismo e patrimonio dell’Unesco. Ciò ha scatenato le proteste degli indù e costretto il governo locale a vietare l’utilizzo della zona. Di recente il divieto è stato tolto, ma a tutt’oggi polizia e autorità del tempio impediscono, anche con la violenza le sepulture, che dannegerebbero il sito. (M.G.)

    inizio pagina

    Sud Corea: commemorato il secondo anniversario della morte del card. Stephen Kim

    ◊   Il 16 febbraio di due anni fa moriva all’età di 86 anni il cardinale Stephen Kim Sou-hwan, già arcivescovo di Seoul e una delle figure più carismatiche della Chiesa in Sud Corea. Per commemorare l’anniversario il movimento “Un corpo, uno spirito”, l’organizzazione caritativa dell’arcidiocesi di Seoul fondata dal cardinale Kim nel 1989, ha organizzato ieri una giornata di promozione della donazione di organi, una causa in cui l’anziano porporato era impegnato in prima persona. “Piantare semi di speranza” era il titolo dell’iniziativa cui hanno partecipato centinaia di volontari del movimento che hanno girato per le strade della capitale per reclutare nuovi donatori e raccogliere fondi. “Con questa campagna - ha spiegato all’agenzia Ucan il vice-direttore di Obos padre Augustine Minn Kyoung-il - abbiamo voluto ricordare il cardinale Kim ed esaudire il suo ultimo desiderio dando un messaggio di speranza ai pazienti che attendono trapianti”. Prima di morire, infatti, il porporato aveva espresso la volontà di donare le sue cornee, un gesto che ebbe una grande risonanza nel Paese spingendo migliaia di coreani a seguirne l’esempio. Il cardinale Kim era nato a Daegu e aveva studiato filosofia alla Sophia University di Tokyo e all’Università cattolica della Corea nel 1947-1951. In seguito aveva studiato sociologia in Germania. Creato cardinale da Paolo VI nel 1969, è stato il primo cardinale della Corea. Durante gli anni della dittatura in Sud Corea aveva contrastato con forza il regime, conquistando alla Chiesa le simpatie anche dei non cattolici. Nel 1998 si era ritirato dal governo dell’arcidiocesi di Seoul, pur continuando ad avere grande influenza nella società coreana. Un particolare posto nella sua azione pastorale aveva occupato la ricerca del dialogo con i non-cristiani e il coordinamento degli sforzi comuni in campo caritativo e assistenziale. (L.Z.)

    inizio pagina

    Restrizioni di Seoul sui visti per i missionari cristiani che intendono recarsi all’estero

    ◊   Il governo sudcoreano ha imposto limitazioni alla concessione di visti per i missionari cristiani coreani che intendono recarsi all’estero, specialmente nei Paesi del Medio Oriente e dell’Asia centrale, a maggioranza islamica. Come riferiscono all'agenzia Fides fonti locali, la misura ha creato malumori nella comunità cristiana, specialmente in quei gruppi cristiani protestanti che promuovono un movimento missionario di vasta portata: si calcola infatti che ogni anno circa 1.000 missionari laici cristiani, di diverse denominazioni, si rechino all’estero per evangelizzazione, spesso introducendosi in gruppi di ricerca, in attività di cultura e di cooperazione allo sviluppo. Secondo il governo coreano, il provvedimento serve a tutelare l’immagine della nazione e la sicurezza della comunità coreana in diaspora, che è una delle maggiori del pianeta: sono infatti oltre 5 milioni i coreani che soggiornano all’estero, sparsi nei cinque continenti. Attività di “proselitismo troppo aggressivo”, anche in quei Paesi islamici dove è vietato, possono creare pregiudizi e ostilità verso l’intera comunità di immigrati coreani. Il governo ha ricordato alcuni precedenti: nei giorni scorsi l’Uzbekistan ha espulso dal paese un predicatore cristiano coreano, che conduceva attività missionaria non autorizzata. Stessa sorte è toccata, lo scorso anno, ad altri sette cristiani coreani. La Corea ha ricevuto una lamentela ufficiale dal governo uzbeko. Nel 2009 un pastore coreano è stato espulso dal Marocco, mentre altri missionari sono entrati in Mauritania e in Pakistan. Nel 2007 i talebani hanno rapito 23 volontari coreani cristiani in Afghanistan e due di loro stati uccisi. Nel 2004 un missionario coreano è stato freddato in Iraq da un gruppo terrorista islamico. Il Ministero degli Esteri di Seul ha dunque giustificato il nuovo provvedimento con il timore di nuovi rapimenti o uccisioni di civili coreani e spiegando di dover operare per garantire protezione e sicurezza ai cittadini coreani espatriati. I gruppi missionari cristiani in Corea hanno criticato questa mossa parlando di “indebita volontà di controllo delle attività missionarie”. (R.P.)

    inizio pagina

    Messico: appello di mons. Arizmendi a continuare con gli accordi per la riforma indigena

    ◊   Il vescovo di San Cristobal de las Casas, mons. Felipe Arizmendi Esquivel, ha lanciato un appello per andare avanti con gli accordi di San Andres Larrainzar sulle questioni indigene, un problema che non deve essere "accantonato", ma che deve promuovere il dialogo e la riforma indigena. In un'intervista all’agenzia messicana Notimex - ripresa dall'agenzia Fides - in occasione della commemorazione della firma di questi accordi, avvenuta nella città di San Andres Larrainzar nel 1996, mons. Arizmendi ha detto che sarebbe deplorevole che non ci fosse nessun progresso su questo tema. "E' una questione che non può rimanere sigillata nel congelatore, ma dobbiamo prenderla come punto di partenza per continuare con altri aggiornamenti su questi accordi. Non possiamo pensare che si possano applicare così come sono stati proposti in un primo momento" ha detto il vescovo, sottolineando la necessità di un aggiornamento. Mons. Arizmendi ha chiesto alle parti interessate e alle forze politiche di avere fiducia nel dialogo, riconoscendo che i popoli indigeni hanno diritti specifici per la loro storia, la loro cultura, la loro particolarità. Della questione degli accordi di San Andres, mons. Arizmendi ha parlato in diverse occasioni. Nel mondo ci sono 42 milioni di indigeni, in Messico sono circa 12 milioni, appartenenti a 56 gruppi etnici riconosciuti, che subiscono gravi attacchi alla loro identità e alla loro sopravvivenza. La grande maggioranza non gode di diritti, tra cui il diritto alla sanità, sono oggetto di fenomeni di razzismo inumano e anticristiano. Sebbene ci siano alcuni servizi per loro, mancano tuttavia nel campo delle comunicazioni e dell’educazione. (R.P.)

    inizio pagina

    Brasile: la Caritas pianifica gli interventi post-emergenza alluvioni

    ◊   La Caritas Brasiliana è in prima linea nella fase di ricostruzione nello stato brasiliano di Rio di de Janeiro colpito un mese fa da devastanti alluvioni che hanno provocato 878 morti e oltre 35mila sfollati. Secondo quanto ha reso noto il dipartimento per le comunicazioni dell'arcidiocesi di Rio, le persone tentano di tornare alla propria vita, nonostante il lavoro delle squadre impegnate nella rimozione delle macerie. La situazione della regione è aggravata dai casi di leptospirosi e dalla mancanza di medici. Pensando al periodo post-emergenza, la Caritas Brasiliana, in collaborazione con le Caritas locali, sta tracciando un piano a lungo periodo. Sono state istituite piccole équipes che, passata la fase dell'emergenza, hanno ricevuto obiettivi da raggiungere. Il presidente della Caritas di Rio de Janeiro, padre Manuel Managão, ha spiegato alla Zenit che sono stati costituiti gruppi di lavoro con persone scelte dalle Diocesi che organizzeranno, a medio e a lungo termine, l'assistenza alle famiglie colpite dal dramma. Le équipes aiuteranno a distribuire le risorse che arrivano alle diocesi, in base alle necessità. Forniranno anche assistenza agli sfollati. “All'inizio abbiamo ricevuto una gran quantità di donazioni, ma con il tempo tutto si raffredda. Le équipes avranno due compiti fondamentali: censimento delle famiglie e coordinamento con il potere pubblico”, ha spiegato padre Managão. La Caritas Brasiliana ha raccolto fino all'inizio di febbraio circa 1,1 milioni di reais in donazioni per la campagna nazionale a favore delle vittime delle piogge, intitolata “Sos Sudeste”. Una delle preoccupazioni dei responsabili dell'opera assistenziale della Chiesa è che con il passare del tempo le donazioni iniziano a diminuire. Anche a causa del ritorno a scuola e al lavoro, inoltre, il numero dei volontari diminuisce considerevolmente. Un'altra preoccupazione è data dall’alto indice di disoccupazione verificatosi dopo la tragedia, visto che molte persone che lavoravano nel settore del commercio e negli alberghi hanno perso le proprie fonti di reddito. Le équipes locali stanno studiando come agire nel recupero di piccole imprese, nell'assistenza sanitaria e nella costruzione di abitazioni. Saranno coinvolte in questo lavoro a medio e lungo termine la Caritas arcidiocesana di Rio de Janeiro e le diocesi di Petrópolis e Nova Friburgo. Fino a questo momento, le diocesi hanno già distribuito circa 650 tonnellate di donazioni e sono responsabili della maggior parte degli alloggi della regione. Solo a Nova Friburgo, dei 73 alloggi registrati presso la segreteria per l'Assistenza Sociale e i Diritti Umani di Rio de Janeiro, 45 sono mantenuti dalla Chiesa. (M.G.)

    inizio pagina

    Argentina: concluso il 29.mo corso di Missionologia

    ◊   Con una partecipata Eucaristia si è concluso a Buenos Aires il XXIX corso di Missionologia in Argentina. La cerimonia di chiusura ha avuto luogo il 12 febbraio con la Santa Messa e la consegna degli attestati ai 14 partecipanti, che si è svolta nella parrocchia di Santa Maria di Betania, proprio davanti alla sede nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (Pom). La Messa è stata presieduta dal vescovo ausiliare di Buenos Aires, mons. Vincent Bokalic, concelebrata dal padre Osvaldo Leone, direttore nazionale delle Pom dell'Argentina e da altri sacerdoti. Hanno partecipato 58 persone di diverse circoscrizioni ecclesiastiche argentine e studenti provenienti da Cile, Uruguay, Paraguay, Venezuela e Messico, e missionari della Repubblica Dominicana e della Nigeria. Il 29° Corso di Missionologia è stato organizzato dalle Pontificie Opere Missionarie (Pom), approvato dalla Pontificia Università Urbaniana di Roma, con il sostegno e l'impegno della Conferenza episcopale argentina, tramite la Commissione episcopale per le Missioni. Come indicato dalla nota inviata all’agenzia Fides dalle Pom dell’Argentina, il corso è durato 3 settimane e ha avuto come novità la realizzazione di due workshop: uno sul tema: "Il Magistero di Giovanni Paolo II", presentato da Marco Gallo, direttore della Cattedra "Giovanni Paolo II" presso la Pontificia Universidad Católica Argentina; e il secondo su: "Le sfide della Pastorale attuale" del prof. Juan Pablo Gasme, docente di Filosofia e Scienze della formazione con orientamento nella Pastorale giovanile. (R.P.)

    inizio pagina

    Aiuto alla Chiesa che Soffre: un sostegno alla Chiesa ucraina per le vocazioni

    ◊   La Chiesa ucraina sta conoscendo una nuova primavera delle vocazioni. In alcuni seminari del Paese ci sono tre candidati per ogni posto libero e la metà di questi in alcune zone dell'Ucraina occidentale deve essere respinta per mancanza di spazio. La situazione viene illustrata all'agenzia Zenit dal vescovo ausiliare, mons. Jaroslav Pryryz, dell'eparchia greco-cattolica di Sambir-Drohobych, che ringrazia l'associazione caritativa internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) per il suo impegno nella formazione dei futuri sacerdoti. Il presule ha espresso la propria riconoscenza per il fatto che ci siano persone e realtà come Acs che contribuiscono al sostentamento dei seminaristi comprendendo “l'importante ruolo che una vocazione sacerdotale può avere nel mondo di oggi”. “Insieme a voi”, ha affermato in un messaggio ai benefattori dell'associazione, “stiamo costruendo il Tempio delle anime umane, la cui grandezza dipende unicamente dalla sincerità degli sforzi che ciascuno di noi sta compiendo in base alla propria capacità personale”. “Avete permesso alla nostra Chiesa di recuperare una presenza normale nella vita pubblica del nostro Paese”, ha aggiunto riferendosi alle difficoltà di ristabilire la realtà ecclesiale dopo la caduta del comunismo. “Avete risposto alle necessità della nostra Chiesa e dei fedeli – ha aggiunto -, e noi, in cambio, promettiamo di fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità per promuovere la speranza che abbiamo in comune”. In un Paese in cui un terzo della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, Aiuto alla Chiesa che Soffre sostiene gli 86 seminaristi della diocesi e continua a contribuire dopo l'ordinazione provvedendo alla retribuzione dei 287 sacerdoti. Secondo mons. Pryryz, i ragazzi sono attirati dal sacerdozio perché sono alla ricerca di una “sfida”. “Quando vedono bravi sacerdoti – spiega il presule - , e che la Chiesa vive il Vangelo sociale, questo li ispira”. “Molti ragazzi vedono l'aspetto positivo e quello negativo – l'aspetto positivo di come la Chiesa serve il popolo, e quello negativo di come sia dura la vita nelle strade e nei villaggi”. Mons. Pryryz Ha quindi ricordato il sacerdote diocesano beato Omelian Korch, che ha aiutato gli ebrei durante l'occupazione nazista, come “un grande esempio per i giovani”. Korch venne ucciso nel campo di concentramento di Majdanek, alla periferia di Lublino (Polonia), nel 1944. “I suoi familiari cercarono di liberarlo, ma scrisse loro dicendo di non preoccuparsi – ha detto in conclusione il vescovo –. È rimasto con le persone di religione ebraica ed è morto con loro”. (M.G.)

    inizio pagina

    Repubblica Ceca: raccolta fondi della Chiesa per i giovani della Gmg di Madrid

    ◊   Una raccolta fondi per finanziare la partecipazione dei giovani della Repubblica Ceca alla Gmg di Madrid. L’iniziativa, resa nota con un comunicato ripreso dall'agenzia Sir, è promossa dall’Associazione delle comunità giovanili cristiane in collaborazione con l’ufficio per la pastorale giovanile della Conferenza episcopale ceca. Gli organizzatori della campagna intendono inoltre finanziare l’allestimento nella capitale spagnola del centro di raccolta dei pellegrini e realizzare materiali in lingua ceca per l’adorazione, la catechesi e le messe. Il centro di raccolta di Madrid fornirà informazioni, traduzione, assistenza sanitaria con medici e infermieri di nazionalità ceca, assistenza per risolvere eventuali problemi, supporto tecnico, ufficio stampa e così via. Il denaro verrà raccolto fino a fine settembre anche attraverso con la vendita di gadget della Gmg e con l'attivazione di sponsor nelle parrocchie locali. Si prevede che saranno tra 1.500 e 2.000 i giovani della Repubblica Ceca che parteciperanno alla Gmg di Madrid. Questa non è la prima iniziativa di raccolta fondi organizzata in Repubblica Ceca: campagne analoghe di finanziamento sono state organizzate per eventi dedicati ai giovani nel 2007 e nel 2008.

    inizio pagina

    Burkina Faso: centinaia di fedeli al pellegrinaggio mariano di Yagma

    ◊   I dieci comandamenti di Dio devono essere integrati nella vita di ogni cristiano perché possano essere concretizzati in nobili gesti. E’ quanto ha detto alle migliaia di fedeli radunatisi domenica scorsa, a Yagma, nel Burkina Faso, mons. Charles Gabriel Palmer Buckle, arcivescovo di Accra. A quanti hanno preso parte al 43.mo pellegrinaggio mariano, riferisce la testata on line www.lepays.bf, il presule ha ricordato che Cristo invita i suoi discepoli ad essere luce del mondo e sale della terra, ossia a dar gusto alla vita umana e sociale, ed ha chiesto di coltivare le virtù della solidarietà, della condivisione, e del senso della famiglia come bussola. A quanti sono giunti dalle diocesi di Accra e di Ouagadougou al santuario mariano di Yagma, mons. Buckle ha raccomandato di rifiutare tutto ciò che non è bene e di accettare la verità come cammino, quindi ha esortato al servizio verso il prossimo e verso Dio. La celebrazione che ha concluso il pellegrinaggio a Yagma - che quest’anno ha avuto come tema “Attraverso Cristo con Maria, costruiamo comunità cristiane di base, dinamiche, sante e missionarie” - è stata preceduta da un triduo ed è stata animata con canti ed intensi momenti di preghiera. Al pellegrinaggio ha partecipato anche mons. Philippe Ouedraogo, arcivescovo di Ouagadougou, che si è appellato alla generosità dei fedeli perché la chiesa del santuario di Yagma possa essere ultimata per accogliere i pellegrini. Il presule, che ha ricordato la posa della prima pietra, nel 1970, ha auspicato l’inaugurazione del luogo di culto per il mese di ottobre, tradizionalmente dedicato al Rosario. (T.C.)

    inizio pagina

    Cisa: più contenuti e nuova veste grafica per l’Agenzia cattolica per l’Africa

    ◊   A dieci anni dalla sua fondazione l’agenzia cattolica per l’Africa “Cisa” rilancia la sua offerta d’informazione con un nuovo sito e tanti contenuti in più per sostenere diritti umani e giustizia sociale, contribuendo sempre a far sentire la voce della Chiesa. “Vogliamo migliorare i nostri servizi, a partire dall’invio dei bollettini e delle newsletter” dice all'agenzia Misna padre Daniel Mkado, direttore della rivista della Consolata “The Seed” tra gli organizzatori della presentazione del nuovo sito Web avvenuta ieri a Nairobi, in Kenya, nella sede regionale dei missionari della Consolata. Padre Franco Cellana, superiore regionale della Consolata, ha sottolineato che “senza una presenza nei mezzi di informazione la voce della Chiesa non sarebbe udita”. “Cisa” nacque nel 2001 dall’impegno di diversi enti e congregazioni religiose, la Consolata ma anche i Comboniani, i Padri bianchi e i Gesuiti. La ripresa delle trasmissioni, dopo una sospensione di circa due mesi, ha seguito un riassetto della proprietà che vede ora l’agenzia sotto l’ombrello del Consolata Media Center. (M.G.)

    inizio pagina

    Hong Kong: un sito dedicato agli edifici storici della diocesi

    ◊   Costruire un archivio di informazioni sugli edifici storici diocesani e realizzare la missione dell’evangelizzazione attraverso questa web piattaforma: sono gli obbiettivi che si propone il sito degli Edifici storici della diocesi di Hong Kong che ha appena concluso la sua fase di prova apertasi nel giungo scorso. Secondo quanto riferisce il bollettino diocesano citato dalla Fides, per il momento il sito, che intende raccontare 170 anni di storia missionaria di Hong Kong attraverso gli edifici storici, offre la presentazione della Cattedrale dedicata all’Immacolata Concezione, fondata nel 1888, quella della parrocchia di S. Giuseppe e della parrocchia dedicata alla Madonna di Fatima. Il vicario diocesano mons. Domenico Chan, in occasione del lancio ufficiale della piattaforma web avvenuto nelle scorse settimane, ha invitato tutti i fedeli a dare il proprio contributo per arricchire il sito: “Gli anziani possono offrire le loro testimonianza, i giovani possono offrire la loro capacità tecnologica. In futuro pubblicheremo anche la versione inglese”. Ma questo sito “non sostituisce in nessun modo il sito parrocchiale” ha precisato mons. Chan. Inoltre è anche un modo per ricordare i missionari, i sacerdoti e i fedeli che hanno dedicato tutta la loro vita alla Chiesa di Hong Kong. (M.G.)

    inizio pagina

    Festival di Berlino: drammi pubblici e crisi del privato al centro della 61.ma edizione

    ◊   Coppie in crisi, anime erranti, popoli senza terra: oscillando fra pubblico e privato la 61.ma edizione del Festival di Berlino introduce lo spettatore in quella che è la vera natura del cinema, l’incontro fra uno stato d’animo e lo stato del mondo. “Nader and Simin, a Separation” di Asghar Farhadi racconta lo sfaldamento di una coppia all’interno di un sistema rigidamente regolato come la società iraniana. Causa scatenante del conflitto è il contrasto fra le aspirazioni degli individui e i doveri familiari. Su una tale contraddizione si innestano altre situazioni poco chiare che faranno di lì a poco precipitare la situazione. Come nel suo film precedente, “About Elly”, il cineasta iraniano crea un complicato sistema di relazioni che capta la confusione del momento presente e impedisce di vedere chiaramente il torto e la ragione. Se la verità delle cose è sconosciuta all’uomo, qui il dubbio dice sulla situazione del Paese islamico molto di più di una certezza assoluta. Anche “The Future” di Miranda July e “Un mundo misterioso” di Rodrigo Moreno seguono la crisi di una coppia. Ma se nel primo caso la storia, raccontata dall'eccentrico punto di vista di un gatto, si tinge di fantastico, nel secondo la vicenda assume fino dall’inizio un tono straniante, lunare, come se il motore delle azioni umane non fosse più la passione ma il faticoso dovere di vivere. La regista americana si perde un po’ nel compiacimento autobiografico, quella argentina negli spazi assolati di un capodanno australe. Entrambi i film, un po’ divertenti e un po’ noiosi, sono frammenti dell’eterna commedia umana. Anche “The Turin horse” di Bela Tarr si riferisce all’umanità. Tuttavia nella parabola del regista ungherese questa è inquadrata fin dall’inizio nella sua situazione miserabile, senza speranza. Siamo nella Torino di fine Ottocento, laddove la genialità di Friedrich Nietzsche si trasforma in pazzia. Non è pero lui ad essere il protagonista del film quanto la famiglia dei proprietari del cavallo, abbracciando il quale Nietzsche rivela il suo malessere profondo. Ma se il filosofo, chiuso nella sua demenza, rimarrà estraneo al mondo, gli altri continueranno a portare sulle spalle il peso e la fatica della condizione umana. Cupo, lento ripetitivo, invaso dal rumore di un vento che non si placa mai, il film ricorda il tono di certe maledizioni bibliche che condannano l’uomo a misurarsi con la sua finitudine. Proprio da questa finitudine parte “Territoire perdu” di Pierre-Yves Wandeweerd, riportando alla conoscenza del mondo un popolo invisibile di cui il cinismo della geopolitica farebbe volentieri a meno. Qui siamo nel deserto del Sahara in quel triangolo di nulla dove sono confinati gli uomini e le donne dell’etnia Saharawi. Il regista belga ha girato il suo film in due riprese in totale clandestinità, la prima in super8, la seconda per riprendere suoni e voci. Il risultato è un film sgranato, spettrale, ipnotico; un film in stato di trance, che dà un volto agli invisibili e la parola a chi non l’ha mai avuta. (Da Berlino, Luciano Barisone)

    inizio pagina

    24 Ore nel Mondo



    Proteste in Bahrein: quattro vittime negli scontri di piazza

    ◊   In Bahrein, le forze di polizia hanno soffocato nel sangue la rivolta esplosa la notte scorsa soprattutto nella città di Manama, capitale del piccolo regno che si affaccia sul Golfo Persico. Il bilancio degli scontri tra manifestanti e polizia è già grave: si parla di 5 morti e decine di feriti. Decine di blindati dell'esercito presidiano la piazza della Perla dove migliaia di manifestanti si sono radunati per chiedere riforme democratiche. Il blocco di opposizione sciita al-Wefaq fa sapere che si appresta ad uscire dal Parlamento. Sulla realtà politica e sociale del Bahrein, Giancarlo La Vella ha intervistato Paolo Branca, docente di Storia dei Paesi arabi all’Università Cattolica di Milano:

    R. – Il Bahrein è una monarchia, un emirato, quindi dovrebbe essere più stabile rispetto alle Repubbliche, in quanto la dinastia regnante di solito ha una legittimazione tradizionale o religiosa più forte di quella repubblicana. E’, però, anche un caso particolare, perché più di metà della popolazione è sciita e, quindi, questa delegittimazione di tipo religioso è problematica; in più è un Paese che si sta modernizzando molto rapidamente e questa modernità estrema deve fare i conti anche con una maggiore democraticità del sistema.

    D. – Secondo lei, l’Occidente è stato colto di sorpresa dal fatto che si pensasse ai Paesi arabi come a qualcosa di più omogeneo dal punto di vista ideologico, quando invece la protesta ha messo in evidenza alcune contraddizioni?

    R. – Certamente. Noi abbiamo una visione troppo monolitica e statica di questo mondo, che invece è attraversato da forti tensioni, legate anche alle minoranze etniche - tipo i curdi e i berberi – o religiose – tipo gli sciiti – e dopo tanti decenni di governi autocratici, anche lo stesso sviluppo delle tecnologie moderne porta soprattutto le giovani generazioni a richiedere dei cambiamenti.

    D. – Queste proteste possono essere viste come una sorta di richiesta di "laicizzazione" dei Paesi che sono, per lo più, a maggioranza musulmana?

    R. – Implicitamente sì, perché mentre nei decenni passati l’opposizione era monopolizzata da movimenti di tipo islamico radicale, oggi abbiamo visto – soprattutto in Tunisia e in Egitto – manifestazioni invece prive di slogan islamisti. Direi che si tratta di una classe media che cerca di avere voce in capitolo in sistemi che sono ancora divisi tra ricchissimi e poverissimi.

    D. – Il Bahrein è uno di quei "paradisi" economici della Penisola arabica, dove il tenore di vita è elevato per tutte le classi sociali: evidentemente, però, viste le motivazioni di queste proteste, così non è...

    R. – Non sono tanto i poveri che stanno alzano la voce in questo momento... Sono piuttosto coloro che vorrebbero partecipare di più: quelli che usano Twitter, Facebook o i telefonini. Questo significa che non si trovano in una situazione di indigenza assoluta, ma che si sentono in qualche modo esclusi e non sono soprattutto più disposti ad accettare questa situazione. (ap)

    "Giornata della collera" in Libia, ma sono attese anche manifestazioni pro Gheddafi
    Gli oppositori del regime di Muammar Gheddafi hanno lanciato un appello a manifestare in tutta la Libia in questa che è stata definita la "giornata della collera". Non mancano le misure messe in campo dal governo e si parla di contro manifestanti in piazza. Intanto non ci sono notizie certe sugli scontri della notte. Il servizio di Fausta Speranza:

    Al Beida, terza città nel Paese, è stata teatro di manifestazioni nella notte e si è parlato di alcuni morti, 9 o 13, in seguito all’intervento delle forze dell’ordine. Ma in mattinata è difficile avere conferme. Certo, all’annuncio della mobilitazione popolare, le organizzazioni dei diritti umani mettono in guardia contro i rischi di una dura repressione, in un Paese poco abituato alla libera espressione del malcontento popolare. La stampa, anche quella considerata più riformista, non ha citato gli scontri di ieri a Bengasi e la televisione libica finora ha trasmesso solo immagini di manifestazioni di supporto a Gheddafi. In effetti ce ne sono state: ieri, dalle prime ore del mattino fino a tarda notte, in diverse città della Libia, da Tripoli a Bengasi, passando per Sirte e Sebha, si sono svolte manifestazioni popolari di giovani, donne e bambini che sventolavano drappi verdi, immagini del leader e gridavano slogan di supporto al colonnello e al sistema basato sul potere alle masse, dichiarandolo come una "scelta storica e strategica non rimpiazzabile". E ieri la giornata del colonnello libico si è conclusa con un bagno di folla all’inaugurazione del nuovo sport club della squadra di calcio libica Al Ahli. Come sarà la cosiddetta giornata della collera lo sapremo più tardi.

    Feriti a Sanaa nel quinto giorno di manifestazioni
    Nel quinto giorno consecutivo di manifestazioni almeno cinque persone sono rimaste ferite a Sanaa in nuovi scontri tra studenti antigovernativi e sostenitori del presidente yemenita Ali Abdallah Saleh. Lo rendono noto testimoni. I manifestanti, in gran parte studenti, sono stati attaccati dopo aver lasciato il campus universitario da un gruppo di fedelissimi del governo armati di bastoni. Le forze dell'ordine hanno "perso il controllo della folla", riferiscono testimoni, e gli studenti sono stati costretti alla fuga.

    I disoccupati protestano nell’area dell’Algeria a intensa estrazione di petrolio
    Proteste dei disoccupati sono scoppiate anche ad Hassi Messaoud, principale polo petrolifero del Sahara algerino. Secondo quanto riporta la stampa algerina, circa 500 giovani disoccupati hanno assediato la sede del comune e alcuni di loro hanno occupato per tutta la notte alcuni locali dell'edificio in attesa di essere ascoltati dai responsabili della regione. “Le autorità hanno mobilitato gli imam e i comitati di quartiere per tentare di calmare la gente”, ha detto Mahmoud Zegoune, portavoce del gruppo di disoccupati di Hassi Messaoud: "Ci hanno promesso posti di lavoro entro la prossima settimana”. “Se le promesse non saranno mantenute questa volta Hassi Messaoud brucerà", ha aggiunto, citato da El Watan. "C'è troppa miseria, vogliamo condividere le ricchezze della regione".

    Tre palestinesi uccisi al confine tra Striscia di Gaza e Israele
    Dopo alcuni giorni di calma relativa, sale di nuovo la tensione sul confine tra Israele e Gaza. Tre palestinesi sono rimasti uccisi la scorsa notte dopo uno scontro con i soldati israeliani nella Striscia di Gaza. Il servizio di Mariapia Iacapraro:

    Secondo fonti palestinesi, le vittime si sarebbero scontrate con le truppe locali mentre cercavano di infiltrarsi in Israele. Secondo fonti militari, invece, sarebbero stati sorpresi mentre cercavano di deporre una mina vicino al reticolato di confine, pattugliato dall’esercito. Allo scontro hanno preso parte un elicottero e un guardacoste della marina. Non è stata precisata finora l'organizzazione di appartenenza. Israele, per distanziare i militanti dalle sue truppe e torri di sorveglianza, ha imposto una zona cuscinetto di trecento metri oltre il confine con Gaza. I tre palestinesi uccisi dall’esercito israeliano erano pescatori e Israele si è reso responsabile di un “crimine di guerra”, ha così commentato un portavoce di Hamas, il movimento islamico che ha il potere di fatto nella Striscia. Dopo i molti fatti accaduti negli ultimi giorni si teme una escalation della tensione lungo i confini tra Israele, Egitto e Gaza. Le autorità egiziane hanno espresso la preoccupazione che alcuni elementi di Hamas possano introdursi in Egitto allo scopo di fomentare le rivolte ancora non totalmente sopite.

    Le navi da guerra iraniane non passeranno attraverso il Canale di Suez
    È stato annullato il passaggio attraverso il Canale di Suez di due navi da guerra iraniane che da ieri incrociano nel Mar Rosso. Lo riferiscono fonti dell'autorità del Canale, spiegando che la richiesta è arrivata dal rappresentante delle due imbarcazioni.

    Arrestati in Afghanistan leader di gruppo armato di ribelli
    Le forze di sicurezza afghane ed internazionali hanno arrestato in due diverse operazioni altrettanti “leader di alto livello” del gruppo oppositore armato Hezb-e-Islami guidato da Gulbuddin Hekmatyar. Lo rende noto la Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf, sotto comando Nato). In particolare, precisa un comunicato, è stato arrestato nel distretto di Charikar della provincia di Parwan il responsabile per i media del gruppo, che era basato a Kabul. Senza rivelarne l'identità, l'Isaf ha sottolineato che l'uomo aveva legami con il Movimento islamico dell'Uzbekistan e con insorti attivi in Afghanistan e Pakistan. Egli è inoltre fortemente sospettato di responsabilità in attacchi suicidi nella capitale il 12 novembre 2010 ed il 28 gennaio 2011. Quest'ultimo, in un supermercato del centro, causò la morte di otto persone ed il ferimento di molte altre. Il secondo leader del gruppo di Hekmatyar è stato invece catturato, insieme a due suoi aiutanti, nella provincia sud-orientale di Khost dove guidava un gruppo di 50 militanti.

    Terzo anniversario di indipendenza per il Kosovo
    Oggi il Kosovo festeggia il terzo anniversario della dichiarazione unilaterale di indipendenza dalla Serbia, approvata all’unanimità dal parlamento il 17 febbraio del 2008. Il servizio di Gerarta Zheji Ballo:

    Nel corso di questi 3 anni è arrivato a 75 il numero di Paesi che hanno riconosciuto l’indipendenza del Kosovo e festeggiamenti di Stato sono stati annunciati oggi dal presidente vicario Jakup Krasniqi. “Gli Stati Uniti sono onorati di essere vostri amici e partner”, ha detto il segretario di Stato Hillary Clinton, nel suo augurio al Kosovo. Ma gli occhi di tutti sono puntati al governo Thaçi 2, che esordirà lunedì, ponendo fine a uno stallo politico che dura dal 2 novembre scorso. Insieme ad esso inizierà i lavori anche il nuovo parlamento, espressione delle elezioni del 13 dicembre 2010. E il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, nel suo ultimo rapporto sul Kosovo, fa già appello al nuovo governo perché i negoziati con la Serbia inizino il prima possibile. Rimane invece ancora incerto il nome del prossimo presidente della Repubblica kosovara. A un passo dall’elezione é Bexhet Paçolli, leader del partito “Alleanza per il nuovo Kosovo” e uno dei più attivi verso il riconoscimento internazionale dello Stato. Intanto, il premier Thaçi indica le priorità del nuovo governo: la liberalizzazione dei visti entro 15 mesi, ma anche il dialogo con Belgrado, che secondo il primo ministro si concluderà con il riconoscimento reciproco dei due Stati.

    Il Parlamento europeo chiede attenzione sulla situazione dei diritti umani in Russia
    Allarme per lo tato di diritto in Russia: è quanto emerge dalla risoluzione della sessione plenaria del Parlamento europeo approvata ad una settimana dalla visita a Bruxelles di Putin e dei principali ministri russi. “Negli ultimi anni, diversi processi e procedimenti giudiziari hanno sollevato dubbi circa l'indipendenza e l'imparzialità delle istituzioni giudiziari” in Russia. È un passaggio della risoluzione in cui si “esprime preoccupazione” per il crescente numero di violazione dei diritti umani e si invitano di fatto le istituzioni europee, Consiglio e Commissione, a fare pressioni affinchè il governo di Mosca mantenga gli impegni di “rispettare gli standard europei in materia di democrazia, diritti umani fondamentali e stato di diritto”. Nella risoluzione vengono citati molti casi di processi chiaramente segnati dall'influenza della politica sul sistema giudiziario, in particolare si esprime “preoccupazione per la sentenza di condanna di Michail Khodorkovski, e Platon Lebedev nel secondo processo tenutosi di recente”. Poi si chiede la revisione del processo contro Oleg Orlov, vincitore del premio Sacharov 2009. Inoltre si sollecita “un’indagine concreta” sull'omicidio di Natalia Estemirova. Si invita la Commissione europea a presentare una valutazione sui processi sul caso Yukos. Nella dura risoluzione del Parlamento europeo si fa anche riferimento all'arresto di Boris Nemtsov e di altri 70 attivisti, incarcerati il 31 dicembre scorso a Mosca per aver tenuto una manifestazione di opposizione al governo Putin. E non manca il ricordo degli omicidi delle giornaliste Anna Politkovskaya e Anna Barburova, nonchè dell'avvocato Sergei Magnitsky “che non sono stati ancora risolti dalle autorità russe”.

    Il Parlamento europeo approva l’accordo di libero scambio Ue-Corea del Sud
    Via libera definitivo del Parlamento europeo alla ratifica dell'accordo di libero scambio con la Corea del Sud, mitigato da una forte clausola di salvaguardia a favore dell'industria europea, in particolare quella automobilistica. Con 465 voti a favore, 128 contrari e 19 astensioni la sessione plenaria riunita a Strasburgo ha approvato uno degli accordi bilaterali più ambiziosi nella storia dell'Unione europea. Il voto di oggi ha chiuso due anni e mezzo di negoziati. L'accordo entrerà in vigore a luglio prossimo. Secondo la clausola di salvaguardia, la Ue potrà sospendere ulteriori riduzioni delle barriere tariffarie o riportarle ai livelli precedenti nel caso che qualsiasi industria risulti colpita da un aumento delle importazioni con un danno considerevole. Il Parlamento europeo così come l'industria avranno il diritto di chiedere alla Commissione di lanciare un'inchiesta sulla situazione dei mercati. Il nuovo accordo di libero scambio eliminerà circa il 98% delle barrire tariffarie nei prossimi 5 anni su prodotti manifatturieri, agricoli e sui servizi e raddoppierà il volume di commercio fra Ue e Corea del Sud.

    In Vietnam, affonda imbarcazione turistica: 12 i morti e 15 i superstiti
    Sarebbe di almeno di dodici morti il bilancio delle vittime dell’affondamento del battello turistico avvenuto questa mattina nei pressi della baia Ha long Bay, località patrimonio dell’Unesco nel nord del Vietnam, una delle più belle e rinomate del Paese asiatico. A bordo dell’imbarcazione c’erano 27 persone, tra cui 19 turisti stranieri (italiani, statunitensi, inglesi, francesi, russi, danesi e svedesi), due vietnamiti e cinque membri dell’equipaggio. Finora la squadra di soccorso ha salvato 15 persone. Tra i sopravvissuti anche i due turisti italiani. Un funzionario dell'ambasciata italiana ha già contattato telefonicamente i due connazionali che “si sono dichiarati in buono stato di salute”. L’ambasciata fornirà loro l'assistenza del caso, in vista del prossimo rientro in Italia. L'incidente è avvenuto alle 5 (ora locale) di questa mattina nella baia di Ha Long. Secondo fonti locali, gran parte delle vittime stava dormendo in cabina quando la nave è affondata, mentre chi si trovava sul ponte è riuscito a salvarsi. Il gruppo di turisti aveva prenotato ad Hanoi un tour di due giorni nella baia, una popolare meta turistica a 170 chilometri dalla capitale. L'incidente, sul quale è stata aperta un'inchiesta, è avvenuto in condizioni metereologiche buone. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 48




    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.