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Sommario del 12/02/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa alla Fraternità San Carlo: nell’amicizia con Gesù, il sacerdote trova le energie per prendersi cura degli uomini
  • Altre udienze, rinunce e nomine
  • Gli 80 anni della Radio Vaticana: dalle onde ai bit, quando i Papi sconfissero la babele delle lingue
  • Il cardinale Re: con la Radio Vaticana, Pio XI diede alla Chiesa la possibilità di comunicare col mondo
  • Ottant'anni di tecnica e missione: una riflessione di padre Lombardi
  • L’Osservatore vaticano all’Onu: la dignità umana fondamento dello sviluppo sociale
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Egitto, iniziato il dopo Mubarak, poteri all’esercito. Mons. Fitzgerald: momento storico
  • Giornata mondiale del malato, fra Marco Fabello: serve un nuovo approccio pastorale per rispondere ai profondi cambiamenti del mondo della malattia
  • La Giornata di raccolta del farmaco, gesto di solidarietà per chi è nel bisogno
  • Il commento al Vangelo della domenica del teologo, padre Bruno Secondin
  • Chiesa e Società

  • A Bologna, il cardinale Ravasi inaugura il “Cortile dei gentili”
  • India, "gurkha" cristiani protestano contro le discriminazioni
  • Pakistan, non sarà abolito il Ministero per le minoranze religiose
  • Uganda: appello dei vescovi per lo “svolgimento pacifico del voto”
  • I vescovi scandinavi celebrano la loro plenaria a Gerusalemme
  • Taiwan, celebrazioni per i 50 anni della diocesi di Tai Nan
  • A S. Giovanni Rotondo, dal 14 marzo, la Settimana internazionale della riconciliazione
  • Dal 16 febbraio, a Roma, Convegno sull’esperienza religiosa “tra libertà e manipolazione"
  • Gerusalemme, aperto alle visite un antico canale di 2000 anni fa
  • La presentazione del libro del prof. Mandelli "Ho sognato un mondo senza cancro"
  • 24 Ore nel Mondo

  • Manifestazioni nello Yemen e in Algeria. Scontri e arresti ad Algeri tra i dimostranti che chiedono libertà
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa alla Fraternità San Carlo: nell’amicizia con Gesù, il sacerdote trova le energie per prendersi cura degli uomini

    ◊   Un appassionato discorso sull’importanza del sacerdozio nella vita della Chiesa e del mondo: è quello pronunciato stamani da Benedetto XVI ai partecipanti all’Assemblea generale della Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo, in occasione del 25.mo anniversario della nascita. Il Papa ha ricordato la sua “lunga amicizia” con don Luigi Giussani, sottolineando come la Fraternità testimoni “la fecondità del suo carisma”. Quindi, ha invitato seminaristi e sacerdoti ad alimentare la propria fede con la preghiera e la vita in comune. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Il sacerdozio ha bisogno di “rinnovarsi continuamente, ritrovando nella vita di Gesù le forme più essenziali del proprio essere”: è l’esortazione di Benedetto XVI nell’udienza ai membri della Fraternità San Carlo, fondata da mons. Massimo Camisasca 25 anni fa. Nel suo discorso, il Papa ha innanzitutto ribadito che “il sacerdozio cristiano non è fine a sa stesso”. Esso, ha infatti sottolineato, “è stato voluto da Gesù in funzione della nascita e della vita della Chiesa”:

    “La gloria e la gioia del sacerdozio è di servire Cristo e il suo Corpo mistico. Esso rappresenta una vocazione bellissima e singolare all'interno della Chiesa, che rende presente Cristo, perché partecipa dell’unico ed eterno Sacerdozio di Cristo. La presenza di vocazioni sacerdotali è un segno sicuro della verità e della vitalità di una comunità cristiana.

    Ed ha soggiunto che “non vi è crescita vera e feconda nella Chiesa senza un'autentica presenza sacerdotale che la sorregga e la alimenti”. Ha così messo l’accento sull’importanza della meditazione e della preghiera da vivere come “dialogo con il Signore risorto”. Ed ha rivolto il pensiero al “valore della vita comune”, non solo come risposta alle urgenze del momento quali la carenza di sacerdoti. Il Papa si è infatti riferito innanzitutto al significato teologico della realtà della comunione:

    “La vita comune è infatti espressione del dono di Cristo che è la Chiesa, ed è prefigurata nella comunità apostolica, che ha dato luogo ai presbiteri. Nessun sacerdote infatti amministra qualcosa che gli è proprio, ma partecipa con gli altri fratelli a un dono sacramentale che viene direttamente da Gesù”.

    La vita comune, ha proseguito, esprime allora “un aiuto che Cristo dà alla nostra esistenza”. Vivere con altri, ha osservato, “significa accettare la necessità della propria continua conversione e soprattutto scoprire la bellezza di tale cammino, la gioia dell'umiltà, della penitenza, ma anche della conversazione, del perdono vicendevole, del mutuo sostegno”. Il Papa ha concluso il suo intervento riaffermando che “nessuna autentica vita comune è possibile senza la preghiera”:

    “Occorre stare con Gesù per poter stare con gli altri. È questo il cuore della missione. Nella compagnia di Cristo e dei fratelli ciascun sacerdote può trovare le energie necessarie per prendersi cura degli uomini, per farsi carico dei bisogni spirituali e materiali che incontra, per insegnare con parole sempre nuove, dettate dall'amore, le verità eterne della fede di cui hanno sete anche i nostri contemporanei”.

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    Altre udienze, rinunce e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, i cardinali Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e Ricardo J. Vidal, arcivescovo emerito di Cebu, nelle Filippine, in Visita ad Limina, nonché l’arcivescovo Antonio Mennini, nunzio Apostolico in Gran Bretagna, il vescovo Antonio R. Rañola, ausiliare di Cebu.

    In Liberia, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell'Arcidiocesi di Monrovia, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Michael Kpakala Francis. Al suo posto, Benedetto XVI ha nominato mons. Lewis Zeigler, finora coadiutore della medesima arcidiocesi.

    In Francia, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Poitiers, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Albert Rouet.


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    Gli 80 anni della Radio Vaticana: dalle onde ai bit, quando i Papi sconfissero la babele delle lingue

    ◊   Un microfono aperto per amplificare nel mondo la voce dei Papi, raccontare la vita delle Chiese di ogni angolo del pianeta, difendere la fede cristiana da chi la considera superata o scomoda. Sono 80 anni che generazioni di giornalisti, di tecnici e di altre maestranze si mettono ogni giorno al lavoro alla Radio Vaticana per assolvere a questo preciso servizio. Con Benedetto XVI, sono sette i Pontefici che si sono avvalsi di questo strumento, che il primo fra loro, Pio XI, definì un “poderoso mezzo materiale per la diffusione dell’Idea”, cioè il Vangelo. E ad ogni traguardo raggiunto, ciascun Papa non ha dimenticato di celebrare l’importanza della “sua” Radio, come ricorda in questo servizio Alessandro De Carolis:

    (musica)

    Ottant’anni di storia mostrano, della Radio Vaticana, un aspetto incontestabile: la più moderna tecnologia non ha mai snaturato la sua anima più antica. Né i pesi della storia hanno reso meno veloci i suoi messaggi. È un principio che vale da quando chi la volle, Pio XI, per primo tracciò nell’etere la traiettoria di un contenuto e di uno stile: la Radio del Papa intende parlare delle cose del cielo a chi sta sulla terra, senza distinzioni. E vuole farlo in quante più lingue possibili, quasi a voler sancire la sconfitta di Babele, dove all’inizio del mondo la diversità di idiomi oscurò la comprensione di Dio, mentre l’accordo col quale oggi lavorano le oltre 40 lingue portate al microfono può aiutare a ritrovare il sentore di quella perduta unità.

    La grande storia parte con la cronaca di un memorabile pomeriggio. Sono circa le 16.40 e una leggera tramontana serpeggia tra la folla riunita sulla collinetta alle spalle della Basilica di San Pietro, sede della nuova Statio Radiofonica della Città del Vaticano. Il 56.enne Guglielmo Marconi – celebrato genio della fisica ma soprattutto principale autore delle portentose macchine che da ore stanno rombando a pieno regime – si avvicina al grande microfono e dice:

    “Ho l’altissimo onore di annunziare che fra pochi istanti il Sommo Pontefice Pio XI inaugurerà la Stazione radio dello Stato della Città del Vaticano. Le onde elettriche trasporteranno in tutto il mondo, attraverso gli spazi, la sua parola di pace e di benedizione. Per circa 20 secoli, il Pontefice Romano ha fatto sentire la parola del suo divino magistero nel mondo, ma questa è la prima volta che la sua viva voce può essere percepita simultaneamente su tutta la superficie della terra…”.

    Gli sguardi sono ora tutti su Pio XI. Questi si alza dalla poltrona rossa, guadagna il tozzo microfono lasciato libero da Marconi e comincia a parlare. Sono le 16,49 e mezzo mondo – da New York a Melbourne – sta ascoltando in simultanea. È il “miracolo” del primo Papa che conquista la dimensione dello spazio-tempo:

    (parole in latino)

    “…Ci rivolgiamo primieramente a tutte le cose e a tutti gli uomini, loro dicendo, qui e in seguito, con le parole stesse della Sacra Scrittura: ‘Udite, o cieli, quello che sto per dire, ascolti la terra le parole della mia bocca. Udite, o genti tutte, tendete l'orecchio, o voi tutti che abitate il globo, uniti in un medesimo intento, il ricco e il povero. Udite, o isole, ed ascoltate, o popoli lontani’”.

    In principio, dunque, è il magistero “hertziano”. Cinque dei sette Papi della Radio viaggeranno solo sulle onde. Da questa impalpabile via di comunicazione si scrivono pagine di storia, come quando nel radiomessaggio del 24 agosto 1939 Pio XII invita le nazioni a desistere dai propositi bellici – “perché nulla è perduto con la pace, ma tutto può esserlo con la guerra”. O si scrivono pagine di speranza, quelle contenute del milione e 240 mila messaggi che la Radio Vaticana lancia dal ’40 al ’46, permettendo a madri, mogli e fidanzate di avere notizie sulla sorte dei loro uomini, dispersi o prigionieri di guerra. Finché, ristabilita la pace, arriva il momento di tornare agli obiettivi iniziali, di allargare gli orizzonti, di garantire alla voce del Papa e della Chiesa una gittata più vasta. Lo dichiara lo stesso Pio XII, il 27 ottobre 1957, inaugurando il Centro Trasmittente di Santa Maria di Galeria e trovando, per l’occasione, accenti simili a quelli di Pio XI:

    (parole in latino)

    “Ascoltate o popoli lontani, porgete tutti l’orecchio; dalla nuova Stazione Radio Vaticana, da questa selva di antenne, cui sovrasta, alta e invitta la Croce, segno di verità e carità, si rivolge a voi la nostra parola (…) L’invenzione della Radio mette a disposizione nuovi mezzi e nuove energie perché si adempia su più larga scala e più facilmente il comandamento dato da Gesù agli Apostoli (…) Predicate il vangelo ad ogni creatura”.

    Gli Anni Sessanta sono quelli dell’affermazione della tv, la “sorella della radio”, come dirà Giovanni XXIII. Ma sono anche gli anni del Concilio, “fucina” di pensiero e di spirito che cambierà per sempre la Chiesa. La Radio Vaticana racconta per intero le fasi dell’assise – tremila ore di trasmissione, 30 lingue al microfono – mentre, su un altro versante, si ingegna nell’inventare trasmissioni che portino al di là dei muri, dove la Chiesa è silenzio e in schiavitù, il soffio della novità che spira da Roma. Dirà Papa Roncalli il 12 febbraio 1961, celebrando il 30.mo dell’emittente vaticana:

    “Le onde radiofoniche poste a servizio del perenne magistero della Chiesa diffondono così un invito alla verità, che sola può salvare l'uomo dal pericolo di arrendersi alle inclinazioni sensibili, restituendolo alla sua dignità di figlio di Dio. Esse sono monito a dire la verità, a vivere in essa (…) E diffondono ed amplificano ancora un invito alla carità, per il superamento — nel reciproco rispetto — delle barriere di nazionalità, di stirpe, di distinzioni sociali, per richiamare all'alto bene della unione, della mutua collaborazione, dell'intesa concorde e costruttiva”.

    Storia religiosa, cultura biblica, approfondimenti spirituali. E ancora, il catechismo sminuzzato al microfono per adulti e bambini e la critica serrata alle ideologie che servono i totalitarismi. Dal suo esordio nell’etere, la Radio Vaticana ha sempre prodotto trasmissioni di “formazione”. L’informazione c’è, ma si limita essenzialmente alle vicende vaticane; le cronache di altro genere, di taglio più giornalistico, non hanno ancora i loro spazi. Chi inverte questo senso di marcia è Paolo VI. Nell’etere che si va affollando di voci, Papa Montini vuole che la Radio Vaticana non si più solo un altoparlante del magistero, ma un opinion maker, incisivo, che dica la sua su ciò che accade nel mondo. Intenzioni nette, che Paolo VI dichiara il 30 giugno 1966, tra i macchinari del Centro di Santa Maria di Galeria:

    “La soddisfazione, che Ci procura questa visita, Ci suggerisce a confidare a voi tutti, che stimiamo amici della Nostra Radio-Vaticana, il proposito di darle nuovi perfezionamenti e nuovi incrementi, specialmente per quanto riguarda il settore dei programmi. È questa la parte principale dell’opera relativa alla Radio: cioè il suo scopo, il suo uso, la sua effettiva utilità. A nulla servirebbe avere un magnifico strumento, se poi non lo sapessimo magnificamente adoperare”.

    Non riuscirà a servirsi della “sua” Radio, perché un superiore disegno ha disposto altrimenti. Ma le intenzioni c’erano tutte. Giovanni Paolo I è il Pontefice dal tratto amabile che passa “come una meteora nel cielo della Chiesa”, come scrisse Fernando Bea nel libro che racconta i primi 50 anni di vita della Radio Vaticana. Tuttavia, sei giorni dopo l’elezione, nella tradizionale udienza riservata ai giornalisti che avevano seguito il Conclave, Papa Luciani fa una promessa allo stuolo di cronisti davanti a lui. È il 1 settembre 1978:

    “La promessa di un'attenzione speciale, di una franca, onesta ed efficace collaborazione con gli strumenti della comunicazione sociale, che voi qui degnamente rappresentate. E' una promessa che volentieri vi facciamo, consapevole come sono della funzione via via più importante che i mezzi della comunicazione sociale sono andati assumendo nella vita dell'uomo moderno.”

    Poi, arriva da lontano il Papa che renderà il mondo più vicino. Giovanni Paolo II è l’uomo che raggiunge latitudini inesplorate da un successore di Pietro, percorrendole da atleta di Dio e da uomo piegato dalla croce. La Radio Vaticana lo segue metro dopo metro nel milione e passa di chilometri dei suoi viaggi all’estero, raccogliendo e archiviando le migliaia di ore dei suoi discorsi. Gli è accanto, sempre: quando cade colpito il 13 maggio ’81 e quando risorge con la Chiesa dopo l’89, e avanti fino alle masse felici del grande Giubileo (6 mila ore di trasmissione) e a quelle in lacrime la sera del 2 aprile 2005. La Radio dei Papi svolge un servizio prezioso e nella sua visita alla sede dell’emittente del 5 febbraio 1980, Giovanni Paolo II lo certifica con parole tanto più significative se si considera che a pronunciarle è un uomo venuto dall’est:

    “Si sforza di rendere presente il cuore stesso della Chiesa ad ogni sua parte, soprattutto collegando immediatamente con la sede di Pietro e tra loro quelle Chiese locali che si trovano in precarie condizioni di libertà religiosa. So per esperienza personale quanto la voce della Radio Vaticana sia attesa per confortare la fede e sostenere la speranza dei credenti”.

    E poi fu il magistero “digitale”. L’epoca, la nostra, è preda di sigle anglofone, ognuna delle quali rappresenta una pista della grande fuga in avanti prodotta dalla comunicazione degli ultimi 15 anni, da quando Internet ha concentrato il mondo in una stanza. Bit, mail, web, link, blog, podcast, Youtube, Twitter e così via, navigando nel magma di un vocabolario infinito. La Radio si adegua: adesso la voce del Papa “scende” sempre più spesso dalle onde per viaggiare via cavo. Ma sempre in tutte le lingue possibili. E sempre richiamata dai Papi, che la spingono all’avanguardia, a ricordare l’antico principio. Come fa Benedetto XVI, il 3 marzo 2006, quando visita la Radio che compie 75 anni:

    “Continuate, cari amici, ad operare nel grande areopago della comunicazione moderna (...) Ma non dimenticate che, per portare a compimento la missione affidatavi, occorre certo un'adeguata formazione tecnica e professionale, ma è necessario soprattutto che coltiviate incessantemente in voi uno spirito di preghiera e di fedele adesione agli insegnamenti di Cristo e della sua Chiesa”.

    (musica)

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    Il cardinale Re: con la Radio Vaticana, Pio XI diede alla Chiesa la possibilità di comunicare col mondo

    ◊   Lo Stato della Città del Vaticano nasce l’11 febbraio del 1929. La Stazione della Radio Vaticana viene inaugurata il 12 febbraio del 1931. Su questi passaggi storici si sofferma il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto emerito della Congregazione per i vescovi, nel discorso – di cui anticipiamo alcuni stralci – che il porporato pronuncerà nel pomeriggio a Desio, nella casa natale di Papa Ratti. L’occasione è l’incontro organizzato dal Centro internazionale di Studi e Documentazione Pio XI e dedicato agli 80 anni della Radio Vaticana. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    L’inaugurazione della Radio Vaticana avvenne con un radiomessaggio del Papa al mondo. Pio XI – ricorda il cardinale Giovanni Battista Re – volle così “abbracciare col suo saluto l’intero globo terrestre”. Profonda impressione destò poi il messaggio natalizio del 1938, “mentre nei cieli d’Europa si infittivano le nubi” della guerra. Papa Pio XI, che morì il 9 febbraio del 1939, volle che la Radio cercasse di mantenersi al passo con la storia. E la Radio Vaticana – afferma il cardinale Re – “diede alla Chiesa la possibilità di farsi sentire dall’opinione pubblica”. “Fece così conoscere la sollecitudine del Papa per l’annuncio del Vangelo, per la conservazione del patrimonio della fede, per la coraggiosa difesa del popolo di Dio dagli errori nefasti (fascismo, nazismo e comunismo), per la difesa della libertà, della giustizia e dei diritti umani”.

    Il porporato ricorda, infine, che pochi mesi dopo la morte di Pio XI, allo scoppio della seconda guerra mondiale, la Radio Vaticana si rivelò un mezzo prezioso di libera informazione, “nonostante le intimidazioni che dovette subire”. Sembra anche assodato storicamente che il bombardamento, che ebbe luogo in Vaticano la sera del 5 novembre del 1943, avesse come obiettivo proprio la stazione della Radio Vaticana. Un ordigno schivò la sede della Radio, un altro non scoppiò e così quella voce, al servizio del Vangelo, continuò e continua ad aprirsi al mondo.

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    Ottant'anni di tecnica e missione: una riflessione di padre Lombardi

    ◊   La comunità della Radio Vaticana è oggi in festa per l’80.mo della sua fondazione. Una ricorrenza che viene celebrata con diverse iniziative, da una mostra permanente ai Musei Vaticani alla pubblicazione di un libro, che ripercorre la storia dell’emittente sotto i Pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Su questo traguardo della “Radio del Papa”, ascoltiamo il commento di padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    “Le mie invenzioni sono per salvare l’umanità, non per distruggerla!”. Queste parole di Guglielmo Marconi, il grande scienziato inventore della radio, sono state per lui come un motto. Il fatto che tramite la radio si potessero salvare molte vite umane nei naufragi delle grandi navi fu uno dei primi meriti umanitari gli vennero riconosciuti e di cui fu giustamente fiero. Ottanta anni fa Pio XI inaugurava la Radio Vaticana, costruita appunto da Marconi come nuovo strumento a disposizione della missione della Chiesa. Forse non molte fra le realizzazioni marconiane hanno potuto tradurre in pratica così sistematicamente l’ideale dello scienziato.

    Diffondere i grandi radiomessaggi dei Papi per la pace in un mondo drammaticamente travagliato dalla guerra o dai venti di guerra, come ai tempi di Pio XI, Pio XII e Giovanni XXIII. Diffondere centinaia di migliaia di messaggi delle famiglie per i prigionieri e i dispersi in guerra. Sostenere e confortare popoli e chiese oppresse dai totalitarismi nelle diverse parti del mondo. Amplificare le parole di speranza per i popoli più diversi dei Papi viaggiatori attraverso i continenti. Parlare continuamente dei valori dello spirito, dell’attualità del Vangelo di Gesù, della costruzione della giustizia e della pace, del dialogo fra le confessioni cristiane, le culture, le religioni, i popoli.

    Quale missione più bella poteva desiderare Marconi per la sua invenzione? Noi dobbiamo continuare oggi a usare la tecnica più nuova per questi scopi. Lo facciamo abbastanza? Le invenzioni del genio umano sono usate per salvare l’umanità o per distruggerla?

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    L’Osservatore vaticano all’Onu: la dignità umana fondamento dello sviluppo sociale

    ◊   Non si può misurare lo sviluppo considerando solo i parametri economici: è il monito dell’arcivescovo Francis Chullikatt, Osservatore permanente della Santa Sede al Palazzo di Vetro di New York. Intervenendo, ieri, alla Commissione Onu sullo sviluppo sociale, il presule ha affermato che nell’impegno a sradicare la povertà va sempre tenuta in conto la dimensione etica e spirituale e non solo quella politica ed economica. “I bisogni più profondi della persona umana”, ha affermato mons. Chullikatt, vanno oltre il bisogno di cibo e acqua.

    In particolare, il diplomatico vaticano ha messo l’accento sul ruolo della famiglia che viene oggi sfidata da molti fattori. Il presule ha esortato alla difesa della “missione procreativa ed educativa dei genitori” a beneficio dei bambini che hanno il diritto di crescere in un sano ambiente familiare. L’arcivescovo Chullikatt non ha quindi mancato di porre l’attenzione sul declino della popolazione nei Paesi occidentali, ribadendo la necessità di investimenti adeguati a tutela dell’infanzia. Infine, ha rammentato ai membri della Commissione Onu che il Summit di Copenaghen del 1995 ha messo in evidenza la centralità della persona nelle politiche di sviluppo. (A.G.)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il principio dell’Incarnazione: in prima pagina, una riflessione del cardinale Josip Bozanić sul motu proprio “Ubicumque et semper”.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, l’Egitto senza Mubarak.

    L’antico tempio della discordia: Francesco Citterich sui difficili rapporti fra Thailandia e Cambogia.

    Rischi di una libertà nevrotica: in cultura, Francesco Botturi su Anselmo d’Aosta e le radici culturali dell’occidente.

    Ricorda che in te abita qualcosa di buono: sulla ricerca dell’uomo nella società secolarizzata, l’articolo di Ol’ga Sedakova contenuto nel numero in uscita della rivista “La Nuova Europa”.

    Anche l’ovvio vuole la sua parte: Umberto Broccoli su proposte (neanche troppo originali) per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali.

    Renzo e la realtà impossibile: Franco Camisasca sulla forza del male nei “Promessi sposi”.

    Occorre stare con Gesù per poter stare con gli altri: nell’informazione vaticana, il Papa alla Fraternità sacerdotale dei missionari di San Carlo Borromeo.

    Giovanni Paolo II e la “Pastores dabo vobis”: nell’informazione religiosa, il cardinale Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione per il Clero, sul celibato sacerdotale nell’insegnamento dei Pontefici.

    Gli occhi della chiesa: Inos Biffi su san Tommaso d’Aquino e la vera libertà dei teologi.

    Modelli positivi per le nuove generazioni: riflessione dell’Azione cattolica italiana su alcune tematiche dell’attualità.

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    Oggi in Primo Piano



    Egitto, iniziato il dopo Mubarak, poteri all’esercito. Mons. Fitzgerald: momento storico

    ◊   Primo giorno del dopo-Mubarak in Egitto. Diverse migliaia di persone da oggi all’alba erano ancora in piazza Tahrir, fulcro della protesta di questi giorni, dopo aver festeggiato tutta la notte le dimissioni del presidente. A dare l’annuncio, ieri alle 17, era stato in diretta tv il vicepresidente, Suleiman, che aveva così sancito il passaggio di potere alle Forze armate. L'esercito ha fatto sapere di essere “consapevole della pericolosità della situazione” e ha garantito che agirà “per venire incontro alle richieste dei cittadini”. Da un carcere del Cairo, intanto, è arrivata la notizia dell’evasione di 600 detenuti. Il servizio di Linda Giannattasio:

    Il dopo Mubarak è iniziato. L’Egitto si prepara a una fase di transizione dopo la svolta, giunta ieri alle 17 del pomeriggio, quando il vicepresidente Suleiman ha annunciato le dimissioni del capo dello Stato. Dopo trent’anni di potere, ha vinto la protesta della piazza, che da 18 giorni chiedeva al presidente di lasciare e al governo di avviare riforme subito. Immediate le reazioni internazionali: il presidente Usa loda la “forza morale della non violenza”.“Spetta ora all'esercito – dice – assicurare un passaggio di poteri credibile e pacifico e tutelare i diritti dei propri cittadini''. Obama sa che il Medio Oriente non sarà lo stesso e auspica “libertà e democrazia”. Appello all’esercito anche da Teheran, che chiede però che la rivolta divenga rivoluzione islamica. Soddisfatta anche Hamas. Il rischio di una deriva fondamentalista dell’Egitto emerge in tutta la stampa occidentale. L’ago della bilancia sembra ormai essere l’esercito. Di questo non parla il segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa, che oggi ha però annunciato di voler lasciare l’incarico. Intanto, al Cairo l’esercito sta smantellando le barricate, mentre il coprifuoco in vigore dall'inizio della rivolta è stato ridotto, da mezzanotte alle 6 del mattino. Mercoledì scorso, in programma anche la riaperture della Borsa. Su Internet continua il tam-tam, stavolta per chiedere ai protagonisti delle proteste di partecipare anche al dopo rivolta, a partire dalla ripulitura delle strade. I media del Levante arabo, dal canto loro, esaltano la ''vittoria del popolo egiziano'' e la ''caduta del dittatore''. Tra loro il coro è unanime, nessuna eccezione.

    E proprio l’esercito è stato il grande protagonista della crisi egiziana, che ha portato alla caduta del presidente Mubarak. Ai militari è stato ora affidato il potere di gestire il processo di transizione. A Paolo Mastrolilli, inviato del quotidiano La Stampa al Cairo, Stefano Leszczynski ha chiesto se non via sia ora il pericolo strisciante di un golpe militare:

    R. – In sostanza, il potere è passato adesso dalle mani di un ex generale, Mubarak, alle mani di una giunta militare. Hanno promesso che utilizzeranno questo potere per favorire la transizione dell’Egitto verso una democrazia pacifica e compiuta. I ragazzi della protesta e i partiti dell’opposizione hanno salutato questo passo in maniera positiva, perché al momento si fidano dell’esercito e ritengono che non farà un colpo di Stato, non terrà il potere per sé.

    D. – Anche perché Amr Moussa ha annunciato che si dimetterà dalla Lega araba...

    R. – Amr Moussa ha delle ambizioni personali. Non ha escluso di candidarsi alla presidenza e potrebbe essere un uomo di compromesso fra il vecchio regime, i militari e i giovani della protesta. Lo stesso Moussa, in un’intervista, ci ha detto che gli eventi che abbiamo visto accadere in Egitto hanno un impatto su tutto il mondo arabo. Ritiene che sia effettivamente iniziato un movimento che può cambiare l’intero mondo arabo, per quello che riguarda appunto la gestione politica di questi Paesi e questo, naturalmente, è uno sviluppo molto importante. Uno sviluppo al quale dobbiamo prestare molta attenzione.

    D. – Qual è, oggi, l’atteggiamento degli egiziani nei confronti dell’Europa e dell’Occidente in generale?

    R. – Devo dire che in tutta questa protesta non ci sono stati forti connotati antioccidentali o antiamericani. Non si sentivano degli slogan contro gli Stati Uniti o contro i Paesi europei. Certamente, qui in Egitto, erano tutti consci del fatto che il regime di Mubarak era sopravvissuto grazie al sostegno degli Stati Uniti e dell’Europa, che secondo l’interpretazione dei membri della protesta l’avevano appoggiato soprattutto a causa dello spauracchio, del timore che il fondamentalismo islamico si potesse impossessare del Paese. Ora c’è un po’ di risentimento nei confronti degli occidentali, forse perché non hanno appoggiato con convinzione la protesta dal principio. Naturalmente, questo è un Paese che adesso si sta rifondando: il rapporto con gli occidentali resta importante, ma potrebbe svilupparsi adesso in una nuova luce, in una nuova chiave.

    D. – Insomma, ci vorrà ancora qualche giorno per capire, più o meno, in che direzione andrà l’Egitto...

    R. – Sì, queste sono ore decisive. Si tratta di capire come intende muoversi la giunta militare per la transizione del potere. Sono già cominciate le riunioni di costituzionalisti e di giuristi per cercare di identificare i cambiamenti della Costituzione necessari per favorire questa transizione. Bisogna aspettare un po’ per vedere in che maniera, dal punto di vista pratico, prende forma questo passaggio dei poteri, questo cambiamento epocale del Paese. (vv)

    "Un momento storico": così ha definito la giornata trascorsa in Egitto, l'arcivescovo Michael Fitzgerald, nunzio apostolico nel Paese, al microfono di Chris Altieri:

    R. – Credo che il presidente Mubarak, prima di arrivare alle sue dimissioni, abbia voluto preparare questo momento, affidando al vice presidente, Omar Suleiman, il compito di vegliare sulla riforma costituzionale. E’ stato costituito un Comitato proprio per esaminare i diversi articoli della Costituzione, cercando così di preparare nuove elezioni presidenziali. Spero anche che il consiglio dell’esercito continui su questa strada, riuscendo anche a dare risposta alle domande del popolo: richieste che non sono soltanto sulla libertà politica, ma che riguardano anche temi sociali. Abbiamo assistito a scioperi di lavoratori e ci sono domande legittime, come è stato detto. Il popolo è molto contento: c’è una atmosfera di gioia che coinvolge non soltanto i giovani, ma anche le famiglie che oggi si sono recate in piazza. E’ un momento veramente storico per il popolo egiziano. Speriamo e preghiamo che questo porti frutti al Paese. (mg)

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    Giornata mondiale del malato, fra Marco Fabello: serve un nuovo approccio pastorale per rispondere ai profondi cambiamenti del mondo della malattia

    ◊   La Giornata mondiale del malato, celebrata ieri nella ricorrenza della memoria della Beata Vergine di Lourdes, è “un’occasione propizia per riflettere sul mistero della sofferenza”. E soprattutto – ha scritto Benedetto XVI nel suo messaggio – è un’occasione “per rendere più sensibili le nostre comunità e la società civile verso i fratelli e le sorelle malati”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    La Giornata, che in molte parrocchie in Italia e in diversi Paesi verrà celebrata domani, punta a sensibilizzare le comunità cristiane e l’intero mondo della sanità. Dal messaggio del Papa emergono, in particolare, la misura dell’umanità come elemento imprescindibile nel rapporto con la sofferenza e con il sofferente e il valore della famiglia di fonte al dramma della malattia. Sulla Giornata mondiale del malato, ascoltiamo fra Marco Fabello, direttore della rivista Fatebenefratelli:

    “E’ un grande appuntamento che trova in tutte le nostre realtà una manifestazione di coinvolgimento degli operatori, dei malati, dei loro familiari. E’ il giorno privilegiato anche per la nostra attività pastorale e per la nostra presenza nei nostri centri. Il Papa, in particolare, si sofferma molto anche sull’opportunità che la famiglia condivida dei momenti di sofferenza dei loro congiunti. D’altra parte, sono questi i momenti in cui diviene più tangibile il discorso legato alle difficoltà della famiglia ama anche al suo valore: molto spesso, proprio in occasione della malattia, ci sono dei riavvicinamenti familiari”.

    “Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e che non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente – ha scritto inoltre Benedetto XVI nell’enciclica Spe Salvi – è una società crudele e disumana”. Ma come è cambiato, con il mutare della società, il rapporto del mondo ospedaliero con il malato?

    “La sanità di oggi e il mondo della malattia di oggi è molto diverso da quello di soli pochi anni fa. Basti pensare al fatto che oggi il malato va in ospedale per quei pochissimi giorni - un intervento o una malattia molto acuta - dopodiché il tutto si svolge tra altre strutture e la famiglia. Questo comporta, chiaramente, una visione diversa che anche, ad esempio, la Pastorale della salute deve porsi, perché essendo cambiato tutto un mondo deve cambiare anche l’approccio pastorale nei confronti della realtà sanitaria che si è venuta a creare”.

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    La Giornata di raccolta del farmaco, gesto di solidarietà per chi è nel bisogno

    ◊   Acquistare un farmaco per donarlo a chi ne ha bisogno. È il semplice gesto che la Fondazione Banco Farmaceutico Onlus invita oggi a compiere in Italia, nella Giornata nazionale di Raccolta del Farmaco, giunta all’11.ma edizione. Chi intende aderire, può farlo andando nelle farmacie del territorio nazionale che espongono al locandina del Banco. Eliana Astorri ne ha parlato con Marcello Perego, vicepresidente della Fondazione Banco Farmaceutico Onlus, chiedendogli alcuni dati sull’andamento di questa iniziativa:

    R. – Fortunatamente, il Banco cresce ogni anno sempre di più. L’anno scorso, in un solo giorno, abbiamo raccolto più di 350 mila farmaci, che sono un risultato davvero enorme. Una cosa molto positiva è che ogni anno cresciamo in termini numerici ma anche per il coinvolgimento, sempre più numeroso, di farmacie e di cittadini che vengono appositamente a donare i farmaci.

    D. – Questo per quanto riguarda i cittadini. Ma le case farmaceutiche partecipano all’iniziativa? Chi, più di loro, può fare molto?

    R. – Le aziende ci aiutano, nel senso che noi lavoriamo sulla Giornata di Raccolta ma anche sulle donazioni delle aziende, che in particolar modo intervengono soprattutto su quei farmaci che non riusciamo a raccogliere durante la Giornata. Non riusciamo a soddisfare il bisogno di alcune categorie, per cui l’intervento da parte delle aziende è certamente molto importante per noi, davvero prezioso.

    D. – Farmaci da banco: ce ne sono alcuni, in particolare, di cui c’è maggiormente bisogno?

    R. – Principalmente, le richieste vanno sui farmaci antinfiammatori e per la febbre. Queste sono le due categorie più richieste. Noi, però, facciamo una raccolta che è specifica, proprio perché ogni ente è a sé, è diverso, per cui ci sono enti che aiutano i bambini che necessariamente avranno bisogno di farmaci per bambini. In ogni farmacia spiegheremo proprio, in modo preciso, a chi andranno questi farmaci.

    D. – Per l'appunto, a chi vanno i farmaci raccolti e soprattutto tramite quali canali vengono distribuiti?

    R. – Gli enti convenzionati con il Banco sono circa 1.300. Quindi sono molto variegati: abbiamo enti che aiutano bambini, altri che hanno rapporti con anziani, con tossicodipendenti, extracomunitari. Sono molto variegati. I numeri sono molto elevati, perché questi enti aiutano circa 420 mila persone. Il Banco cerca di aiutarli dal punto di vista sanitario.

    D. – Per avere informazioni sulle iniziative ed anche l’elenco delle farmacie coinvolte?

    R. – Basta andare sul nostro sito www.bancofarmaceutico.org, in cui verranno segnalati sia le farmacie sia gli enti che riceveranno i nostri farmaci. Anzi, i vostri farmaci. (vv)

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    Il commento al Vangelo della domenica del teologo, padre Bruno Secondin

    ◊   Nella sesta Domenica del tempo ordinario, il Vangelo presenta il brano di Matteo nel quale Gesù, soffermando con gli Apostoli sui precetti della legge mosaica, dice fra l’altro:

    “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà dalla legge neppure un iota o un segno, senza che tutto sia compiuto”.

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del carmelitano, padre Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Continuità ma anche superamento, propone Gesù oggi di fronte alle molte prescrizioni della legge mosaica. Nel lungo brano del Vangelo – che fa sempre parte del discorso della montagna – per sei volte appare il ritornello: “Fu detto… ma io vi dico…”. Non una maggiore severità o nuove norme per schiacciare ancor di più, ma una nuova interiorità, o con le parole stesse di Gesù: “Per un giustizia superiore”, che abiti nel cuore e non solo nelle formalità.

    In questa giustizia, che è riflesso della bontà fedele e generosa di Dio Padre, sta la continuità e anche la novità rispetto alle tradizioni e alle norme consolidate. È una logica di fondo che a volte sembrava smarrita nel groviglio delle prescrizioni dettagliate e severe. E invece andava recuperata, come fedele obbedienza alla volontà di Dio, di cui la legge era pallido segnale, storpiato da meschine determinazioni concrete e da una miriade di precetti che soffocavano e incutevano paura.

    Il rispetto della vita, l’offerta all’altare, la riconciliazione, lo sguardo limpido e non impudico, la fedeltà coniugale, il giuramento e mille altre prescrizioni, vanno riportati alla radice: come richiamo alla bontà di Dio, che in queste situazioni vi si deve riflettere, per un autentico cammino di vita. Tutto ritorna al cuore. Se davvero Dio abita il nostro cuore, cammineremo verso la libertà autentica.

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    Chiesa e Società



    A Bologna, il cardinale Ravasi inaugura il “Cortile dei gentili”

    ◊   “Fratello ateo, nobilmente pensoso, alla ricerca di un Dio che io non so darti. Attraversiamo insieme il deserto, di deserto in deserto andiamo oltre la foresta delle fedi. Liberi e nudi verso il Nudo Essere e là dove anche la parola muore abbia fine il nostro cammino”. Questi i versi di David Maria Turoldo che il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio della cultura ha posto a sigillo dell’anteprima bolognese de “Il Cortile dei gentili”, la struttura di dialogo tra credenti e non credenti nata su suggerimento del Santo Padre. E’ stato il rettore dell’Università bolognese, Ivano Dionigi, a fare gli onori di casa dinanzi a una platea affollata e qualificata. “Penso che parlare dell’uomo equivalga a parlare di Dio e parlare di Dio equivalga a parlare dell’uomo”, ha esordito. “Riscoprire fino in fondo la natura, il non limite che è nell’uomo significa porsi le questioni ultime, interpretare la vita come una continua interrogazione, come ricerca della verità che non è mai né comoda né consolatoria”. “All’interno del Cortile dei Gentili, per ora, e sottolineo per ora”, ha affermato il cardinale Ravasi, “abbiamo pensato di escludere alcuni: sostanzialmente i troppo poco atei. Dovremo tuttavia entrare anche lì. In quello che è l’orizzonte della superficialità, dell’amoralità, dell’indifferenza, dell’ovvietà, del luogo comune, dello stereotipo, del secolarismo banale e della religione devozionale incolore e insapore. È il luogo dell’ateismo dello sberleffo se si vuole. Questo ambito è un ambito che si estende, come una sorta di sudario dobbiamo dire, non soltanto sulla cultura, pensavo sulla politica, dove per molti versi è diventato ormai il vessillo”. Quattro gli interventi: il chimico Vincenzo Balzani, che ha spiegato come salvaguardare l’astronava Terra, il costituzionalista Augusto Barbera che si è soffermato sulle collaborazioni tra pensiero liberale e personalismo cristiano; delle differenze tra nichilismo e ateismo si sono occupati i filosofi Sergio Givone e Massimo Cacciari. Quest’ultimo ha messo in guardia i cristiani da un’alleanza mortale con l’ateismo pratico, ovvero quello fondato sull’indifferenza. (Da Bologna, Stefano Andrini)

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    India, "gurkha" cristiani protestano contro le discriminazioni

    ◊   Migliaia di gurkha di origine nepalese hanno manifestato ieri a New Delhi, in India, per chiedere giustizia e la fine delle discriminazioni, dopo la morte di due donne uccise dalla polizia durante una manifestazione a Darjeeling. L’incidente è avvenuto nei giorni scorsi e ha causato rivolte e scontri nella città al confine con il Nepal, secondo quanto riferisce l’agenzia Misna. Per mantenere la sicurezza, il governo ha schierato truppe paramilitari nelle principali città dello Stato e imposto il coprifuoco. I gurkha, che nel 2007 hanno anche dato il via a un’organizzazione che chiede l’autonomia del distretto, accusano i governi centrale e locale di discriminare la popolazione, imponendo una pressione fiscale ingiusta sulla minoranza nepalese. A Darjeeling, la maggioranza degli etnici nepalesi è impiegata nelle piantagioni di the. Si tratta in gran parte di cristiani, protestanti e cattolici, fuggiti dal Nepal dopo la proclamazione della monarchia assoluta di religione Indù. A tutt’oggi, i cattolici della zona sono circa ottomila. (L.G.)

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    Pakistan, non sarà abolito il Ministero per le minoranze religiose

    ◊   Il Ministero Federale per le Minoranze Religiose in Pakistan non sarà abolito. Dopo il rimpasto di governo e la drastica riduzione dei dicasteri – passati da oltre 50 a 22 – nel nuovo esecutivo del Paese presentato dal primo ministro, Raza Gilani, è stata confermata l’esistenza del Ministero, che rischiava secondo fonti locali di essere trasformato in dipartimento del Ministero per gli Affari Religiosi (che si occupa delle questioni della comunità musulmana). Soddisfatto il titolare del dicastero, il cattolico Shahbaz Bhatti: “Sono felice – ha spiegato all’agenzia Fides – i partiti religiosi e i movimenti estremisti avevano esercitato forti pressioni sul governo per abolire il Ministero, ma il presidente del Pakistan e il premier hanno resistito e, per il bene comune della nazione, hanno scelto di mantenerlo”. Secondo Bhatti, “si tratta, dunque, di un chiaro segnale di attenzione del governo verso le minoranze religiose”. “La mia nuova nomina – prosegue il Ministro – creerà certo proteste e malumori in molti estremisti islamici. Ma la mia battaglia continuerà, nonostante le difficoltà e le minacce che ho ricevuto. Il mio unico scopo è difendere i diritti fondamentali, la libertà religiosa e la vita stessa dei cristiani e delle altre minoranza religiose”. “Ora vi è ancora molto lavoro da fare – conclude – dobbiamo affrontare sfide molto serie come quella sulla blasfemia”. “Siamo felici che il Ministero sia stato confermato”, commenta ancora padre Mario Rodrigues, direttore delle Pontificie Opere Missionarie in Pakistan. “Il ministro resta un interlocutore istituzionale importante per noi. Il suo impegno contro la legge sulla blasfemia è stato chiaro e pubblico, e gli costa minacce alla sua vita”. Ora però – è l’appello di padre Rodrigues – chiediamo al nuovo governo di intraprendere una nuova strada, e di compiere concreti passi in avanti per tutelare i nostri diritti, eliminare le discriminazioni, promuovere lo sviluppo sociale delle minoranze religiose”. (L.G.)

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    Uganda: appello dei vescovi per lo “svolgimento pacifico del voto”

    ◊   “Ci stiamo avvicinando alle prossime elezioni con molta paura, perché si moltiplicano i segni di possibili violenze. Per questo, la Conferenza episcopale ugandese ha chiesto ufficialmente al governo e alla Commissione elettorale di garantire lo svolgimento pacifico del voto”. Così, mons. Sabino Odoki, vescovo di Arua, diocesi al confine con Sudan e Repubblica Democratica del Congo, intervenendo ieri pomeriggio all’Università cattolica di Milano al convegno: “Nord Uganda e Sud Sudan, quale futuro per i cristiani?”. A riferirlo è l’agenzia Sir. “Nella fase pre-elettorale - ha spiegato mons. Odoki - abbiamo assistito a molti episodi di violenza, per questo temiamo che la situazione possa degenerare in occasione del voto”. Il 18 febbraio, si apriranno le urne per le presidenziali, che vedono in lizza otto candidati eleggibili nonostante il grande favorito resti l’attuale presidente Museveni, al potere dal 1986 e vincitore delle elezioni del 2001 e del 2006. Mons. Odoki è quindi intervenuto sulla situazione del nord Uganda e in particolare dell’area di Gulu, dove fino allo scorso dicembre ricopriva la carica di vescovo ausiliare, sottolineando come la popolazione “stia affrontando la sfida di un nuovo inizio”. “Dopo vent’anni trascorsi nei campi profughi a causa della guerra – ha proseguito – la popolazione sta tornando ai propri villaggi dove però non c’é più nulla. Mancano le case, i servizi, ma anche semplicemente il cibo, le sementi e gli attrezzi agricoli. Per questo abbiamo ancora bisogno di aiuto”. Il nord Uganda è stato per 22 anni al centro degli scontri tra i ribelli dell’Esercito di resistenza del signore e l’esercito regolare. Le stime parlano di 20 mila bambini rapiti e costretti a combattere come soldati. “I problemi – ha concluso mons. Odoki – non sono solo materiali o fisici ma anche psicologici e sociali come evidenziato dai gravi problemi di violenza familiare. La guerra che si vedeva con gli occhi é finita ma quella nella mente dura per molto tempo”. (L.G.)

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    I vescovi scandinavi celebrano la loro plenaria a Gerusalemme

    ◊   Per la prima volta, i vescovi della Conferenza episcopale dei Paesi Scandinavi hanno celebrato la loro assemblea plenaria a Gerusalemme. L’evento, secondo quanto comunicato dall’agenzia Zenit, si è svolto dal 31 gennaio al 7 febbraio scorsi. I presuli hanno dedicato i lavori dell'assemblea a riflettere sul problema degli abusi sessuali da parte di membri del clero, e nel loro soggiorno nella Città santa hanno voluto esprimere il proprio sostegno alle comunità cristiane locali. La Conferenza episcopale dei Paesi Scandinavi riunisce i presuli di Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia e Islanda, per un totale di cinque diocesi – Copenhagen, Stoccolma, Oslo, Helsinki e Reykjavik – e due prelature – Trondheim e Tromsø – con circa 215 mila fedeli. Sul delicato tema degli abusi, attenzione è stata posta allo studio delle direttrici comuni per affrontare tali casi, oltre a quelle previste dalle leggi di ogni Paese, e sulle misure per prevenire questi casi nelle istituzioni cattoliche. I vescovi – si legge nel comunicato finale dell’incontro – hanno adottato “una guida come introduzione teologica, e si sta formalizzando una definizione comune di abuso sessuale e di misure di protezione e prevenzione”. I presuli avevano manifestato già in precedenza il loro desiderio di celebrare una plenaria a Gerusalemme, come dimostrazione di vicinanza e impegno nel dialogo interreligioso e “per pregare per la pace e la giustizia”. “La storia di questa Chiesa è la nostra storia; il futuro di questa Chiesa ci preoccupa profondamente e interessa tutti noi”, afferma il comunicato finale dell'incontro. “Nutriamo la speranza che Gerusalemme possa diventare una città di pace, proprio per la sua importanza profetica sia per gli ebrei e i musulmani che per i cristiani”. (L.G.)

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    Taiwan, celebrazioni per i 50 anni della diocesi di Tai Nan

    ◊   “Una nuova ondata di evangelizzazione è al centro delle celebrazioni per i 50 anni di fondazione della diocesi di Tai Nan”. É quanto emerge dalla lettera pastorale di mons. Bosco Lin Chi Nan, ordinario della diocesi taiwanese dal 2004. Secondo le informazioni raccolte dall’Agenzia Fides, mons. Lin richiama l’attenzione su due eventi importanti: le celebrazioni dell’"Anno dei laici" e del "giubileo della diocesi". Nel documento, Mons Lin fa riferimento alla Conferenza episcopale regionale di Taiwan e presenta il cammino diocesano per i 50 anni dalla fondazione, mettendo al centro l’intensificazione dell’evangelizzazione. “I cinque decanati - si legge nel testo - prendono l’impegno di organizzare a turno un seminario di spiritualità e formazione permanente per promuovere la lettura personale e comunitaria della Sacra Scrittura, studiare e condividere il metodo di evangelizzazione e la testimonianza della fede, realizzando l’obiettivo che tutti i fedeli costituiscano delle vie di evangelizzazione”. Tante le iniziative concrete presentate nella lettera, come la mostra dell’evangelizzazione diocesana, l’adorazione eucaristica e la preghiera per la diocesi, ma anche una serie di concerti e una pubblicazione speciale che ricordi gli eventi dell’anno. La chiusura solenne dell’anno giubilare della diocesi sarà celebrata ad ottobre, mese missionario. La diocesi di Tai Nan, molto attiva nei servizi sociali rivolti ai bambini e agli anziani, conta oggi oltre novemila fedeli ed è articolata in 5 decanati, 30 parrocchie e 10 stazioni missionarie. (M.I.)

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    A S. Giovanni Rotondo, dal 14 marzo, la Settimana internazionale della riconciliazione

    ◊   Offrire un tempo di riflessione e di formazione per i presbiteri sul Sacramento della riconciliazione in un mondo secolarizzato. È questo l’obiettivo della “Settimana internazionale della riconciliazione”, organizzata dai Frati minori cappuccini dal 14 al 18 marzo, a San Giovanni Rotondo, il luogo in cui è vissuto il più noto confessore cappuccino, San Pio da Pietrelcina. Nel mondo attuale, “fortemente segnato dal processo di secolarizzazione che tende a cancellare Dio dall'orizzonte della vita e offusca un chiaro discernimento del bene e del male”, diventa “più urgente - hanno dichiarato gli organizzatori dell’evento all’agenzia Zenitil - il servizio di amministratori della Misericordia Divina e l’Anno Sacerdotale, da poco terminato, ce l’ha ricordato”. L'incontro è aperto a tutti i Cappuccini e ai presbiteri religiosi e secolari che parlano italiano, inglese o spagnolo. Il programma della Settimana è consultabile sul sito del Segretariato generale della formazione (gfofmcap.blogspot.com), o su quello del Santuario di San Pio da Pietrelcina a San Giovanni Rotondo (santuariopadrepio.it.) (M.I.)

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    Dal 16 febbraio, a Roma, Convegno sull’esperienza religiosa “tra libertà e manipolazione"

    ◊   “L’esperienza religiosa dell’umanità tra libertà e manipolazione”. Questo il tema del convegno nazionale che si terrà a Roma, presso la Pontificia Università Lateranense, il prossimo 16 febbraio. L'incontro, organizzato dall’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, affronterà i temi della libertà religiosa e gli argomenti relativi alle manifestazioni dei culti estremi che utilizzano il sacro a fini meramente strumentali. Tale iniziativa, riferisce l’agenzia Zenit, si inquadra nell’attività che la Comunità porta avanti da diversi anni con uno specifico servizio, che prevede un numero verde nazionale dedicato alle vittime e ai familiari delle persone attirate da gruppi pseudo religiosi e settari. Un progetto, quest’ultimo, finalizzato ad alimentare nei giovani speranze e prospettive, affinché possano operare scelte di senso, di fronte al proliferare di movimenti pseudo-religiosi che si propongono come alternativa manipolando i più deboli. (M.I.)

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    Gerusalemme, aperto alle visite un antico canale di 2000 anni fa

    ◊   Da alcune settimane, è possibile visitare un antico canale scavato nei pressi della piscina di Siloe, nel sottosuolo del centro storico di Gerusalemme. Il corso d’acqua, risalente a 2000 anni fa, scorre nell’area della città di Davide, la parte più antica della città. L’antica conduttura, riferisce l’Osservatore Romano, fiancheggia, ma non attraversa il Monte del Tempio (o Spianata delle Moschee), una zona particolarmente critica, dove si concentrano gli interessi di ebrei e musulmani. Secondo gli archeologi, un altro settore del canale si trova nelle vicinanze della Porta di Damasco. Il primo a scoprire il canale è stato l’esploratore britannico Charles Warren, nel 1867. Negli anni Novanta dello stesso secolo è stata la volta di Frederick J. Bliss e Archibald C. Dickey del British Palestine Exploration Fund. In larghezza il canale varia da 1 a 3 metri e ha un’altezza tra 1 e 2 metri. In alcuni punti ha una profondità di 15-20 metri, tanto che gli addetti agli scavi hanno potuto vedere gli strati inferiori del Muro del pianto. Gli archeologi assicurano che il tracciato del canale segue la valle del Tyropeion, l’area più bassa dell’antica Gerusalemme, con sezioni d’epoca asmonea ed erodiana. La strada che lo sovrastava è lastricata e a gradini e dalle dimensioni si deduce che doveva essere importante. Gli archeologi la datano tra il 50 a.C. e il 100 d.C., dunque al periodo erodiano. La sezione scoperta, lunga 40 metri, si trova in prossimità di un giardino di proprietà della Chiesa greco-ortodossa, da una parte, mentre dall’altra è in un’area posta sotto l’autorità del Waqf, l’Ente di gestione dei beni musulmani. L’area della strada scavata si trova a 550 metri dal lato meridionale della Spianata del Tempio. Da questo luogo, secondo quanto sostengono gli archeologi, i pellegrini iniziavano la salita verso il tempio, ed è verosimile che questa strada l’abbia percorsa anche Gesù. Nel nono capitolo del Vangelo di Giovanni, infatti, si ricorda che Gesù, dopo avere cosparso un po’ della sua saliva unita a della terra sugli occhi di un cieco, gli disse di andarsi a lavare nella piscina di Siloe. (M.I.)

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    La presentazione del libro del prof. Mandelli "Ho sognato un mondo senza cancro"

    ◊   Raccogliere fondi per la ricerca sulle leucemie e dare ai malati una speranza per il futuro. Sono questi gli obiettivi del libro “Ho sognato un mondo senza cancro - La vita e le battaglie di un uomo che non si arrende”, scritto dal prof. Franco Mandelli, famoso ematologo e presidente dell’Associazione Italiana contro le leucemie, i linfomi e il mieloma (Ail). Il volume sarà presentato lunedì prossimo a Roma, nell’Aula Magna dell’Università La Sapienza. Franco Mandelli, ematologo quasi per caso, nato a Bergamo il 12 maggio 1931, è una delle eccellenze della ricerca italiana nella lotta contro il tumore del sangue. Nel suo libro, racconta in prima persona, con sincerità e passione, la sua vita spesa nella cura della malattia e nell’assistenza ai malati: il "grazie" di una donna guarita dalla leucemia e diventata madre, le visite senza camice per non spaventare i bambini, e ancora l’euforia per un pionieristico trapianto di midollo e lo sconforto quando un'infezione vanifica tutto. Mandelli definisce la sua "una grande avventura", una corsa in salita, cominciata negli anni in cui le leucemie erano quasi sempre una condanna a morte. E sempre, comunque, "una sentenza da ribaltare". I proventi della vendita del libro saranno devoluti all’Ail. (M.I.)

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    24 Ore nel Mondo



    Manifestazioni nello Yemen e in Algeria. Scontri e arresti ad Algeri tra i dimostranti che chiedono libertà

    ◊   Proseguono le proteste nel mondo arabo e africano. Oggi massicce manifestazioni nello Yemen e in Algeria dove nella capitale Algeri, nonostante il divieto, migliaia di persone si sono radunate per chiedere le dimissioni della leadership del Paese, più democrazia e maggiore libertà. A seguire le dimostrazioni nella piazza centrale della città c’è Amina Belkassem:

    Tensione in Algeria dove almeno tremila persone si sono riunite in piazza Primo Maggio nel cuore di Algeri. Un imponente dispositivo di sicurezza è stato dispiegato nella capitale dove ogni manifestazione è vietata, ha ribadito pochi giorni fa lo stesso presidente Bouteflika. Un centinaio di arresti sono stati compiuti fino a adesso dalle forze di sicurezza. E’ stata arrestata anche la leader dell’Osservatorio contro la violenza sulle donne e presidentessa dell’associazione “Djazairouna” delle vittime contro il terrorismo, Cherifa Kheddar, e anche un noto cantante, Amazigh Kateb. In piazza ci sono anche i leader del collettivo per il cambiamento e la democrazia, che è stato il promotore di questa manifestazione. A manifestare anche l’ottantenne Ali Yahia Abdenour, presidente storico della lega algerina per i diritti umani. “Siamo stanchi di questo potere!”, “Bouteflika vattene!”, “Potere assassino!”: sono alcuni degli slogan scanditi dai manifestanti. Una trentina di giovanissimi pro Bouteflika hanno cercato di avvicinarsi alla folla, ma sono stati fermati dalle forze di sicurezza.

    Sbarchi a Lampedusa
    Le turbolenze politiche nord-africane stanno provocando nuovi sbarchi di immigrati sulle coste italiane, tanto che l’odierno Consiglio dei ministri italiano si appresta a dichiarare lo stato d’emergenza umanitaria. A Lampedusa almeno 3 mila gli arrivi negli ultimi tre giorni, la maggior parte dalla Tunisia. Stamattina in 39 sono giunti nel porto dell’isola, mentre la Capitaneria di porto ha avvistato altre due imbarcazioni a largo. Il centro di accoglienza isolano resta chiuso. Tutti gli immigrati sono trasferiti in altre strutture italiane attraverso un ponte aereo e marittimo allestito in questi giorni. E oggi c’è stato uno sbarco anche nel crotonese, in Calabria. Si tratta di 31 persone che dicono di essere di nazionalità curda-irachena. Per mons. Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes, è necessario un maggiore impegno dei Paesi europei e dell’Italia come sottolinea al microfono di Alessandro Guarasci:

    R. – Deve continuare quell’attenzione che oggi sta crescendo nel contesto europeo nei confronti dei richiedenti asilo, nei confronti delle emergenze umanitarie, aumentando e rafforzando proprio sia il permesso di soggiorno per i richiedenti asilo, ma anche i permessi per protezione umanitaria, per protezione sussidiaria. Serve far crescere quella parte di tutela dei richiedenti asilo che forse l’Italia sta facendo poco in questi anni, visto che è tra gli ultimi Paesi in Europa per numero di accoglienza dei richiedenti asilo. La crisi dell’Egitto, della Tunisia e dell’Algeria - come anche precedentemente quella del Corno d’Africa, del centro d’Africa - ripropongono all’Italia di essere uno dei Paesi esemplari in questo percorso di accoglienza nella legalità, che strutturi anche una ipotesi di canale umanitario dall’Africa verso l’Europa che possa effettivamente non abbandonare ai "mercanti di esseri umani" le persone richiedenti asilo, le persone in fuga, come abbiamo visto in questi anni.

    D. - Secondo lei, si è puntato troppo sui respingimenti in questi ultimi mesi?

    R. – Io credo che la tutela di un Paese non avvenga solo attraverso il rifiuto, la chiusura, ma avvenga anche attraverso quegli strumenti di tutela internazionale che nel dopoguerra noi ci siamo dati e sono diventati strumenti importantissimi, quali appunto la protezione umanitaria, sussidiaria e l’asilo. Credo che sia il momento che anche l’Italia si doti di una legge sull’asilo e riesca veramente ad abbandonare una estemporaneità per quanto riguarda la protezione umanitaria e la tutela degli asilanti; riesca veramente a darsi una struttura fondamentale molto più ampia rispetto a quella che l’Anci, in particolar modo attraverso le risorse dell’otto per mille, attraverso lo Sprar e attraverso l’impegno dell’associazionismo cattolico e laico, ha realizzato in questi anni.

    D. – Serve, secondo, lei anche un maggior coinvolgimento però dell’Unione europea in questo momento?

    R. – Certamente, anche perché l’Europa ormai ha votato uno strumento, che è l’asilo europeo: si sta dotando di strumenti che possono essere applicativi di questo strumento importante e, quindi, effettivamente serve una sinergia, visto che comunque l’Italia è una frontiera dell’Europa. Anche il Mediterraneo, la Sicilia e le nostri regioni del Sud, oltre che essere una frontiera dell’Italia, sono anche una frontiera dell’Europa. (bf)

    Pakistan-Musharraf
    In Pakistan le autorità giudiziarie hanno spiccato un mandato di arresto per l’ex presidente, Musharraf, in relazione all’attentato della premier Benazir Bhutto avvenuto nel 2007. Musharraf, però, ha già fatto sapere che non si presenterà in tribunale. Il servizio è di Maria Grazia Coggiola:

    L’ex uomo forte del Pakistan, che dal 2009 vive in esilio a Londra, dovrà comparire davanti ai giudici il prossimo 19 febbraio, in base a quanto disposto dalla Corte. Musharraf è stato indicato come responsabile - anche se indiretto - della strage avvenuta a Rawalpindi nel 2007, su cui stanno indagando gli investigatori della Federal Investigation Agency, una sorta di Fbi pachistana. L’ex capo di Stato - salito al potere con un golpe nel 1999 - era stato indagato martedì scorso dallo stesso tribunale, con una decisione che ha preso di sorpresa anche lo stesso governo guidato dal partito della Bhutto. Secondo l’accusa, Musharraf non avrebbe garantito la necessaria protezione per la leader, pur sapendo che da quando era tornata dall’esilio era nel mirino dei terroristi islamici. Ci sarebbe stato inoltre un tentativo di depistaggio delle indagini della polizia dopo l’attentato, compiuto da un kamikaze che si era mescolato alla folla dei sostenitori.

    Pakistan - violenze
    Ancora violenze in Paksitan. Stamattina, nella zona nord occidentale del Paese, un kamikaze si è fatto saltare in aria mentre militari stavano cercando di arrestarlo nell’ambito di un’operazione antiterrorismo. E’ avvenuto nei pressi di un terminal per autobus. Il bilancio è di 5 feriti, tre soldati e due civili. I ribelli, inoltre, hanno attaccato nuovamente quattro gasdotti nella regione del Baluchistan.

    Iraq - attacco suicida
    Attacco suicida, in Iraq, contro un gruppo di fedeli sciiti in pellegrinaggio verso la città settetrionale di Samarra per ricordare il martirio dell'11.mo imam, Hasan al-Askari. Almeno 9 i morti e decine i feriti secondo il primo bilancio diffuso dalla polizia che non ha aggiuto altri dettagli.

    Afghanistan - violenze
    Sempre ai massimi livelli la tensione in Afghanistan. E’ almeno di tre morti e decine di feriti il bilancio dell’assalto di stamattina contro il quartier generale della polizia nella città meridionale di Kandahar. Un commando di ribelli si è asserragliato in un edificio della struttura dopo averla attaccata a colpi di kalashnikov e granate. La polizia ha reagito ed è sorta una vera e propria battaglia che ha coinvolto anche i civili. Tra i feriti, infatti, ci sono nove bambini. I talebani hanno rivendicato l’azione precisando che è stata condotta da nove uomini.

    Grecia economia
    La Grecia ha giudicato inaccettabile la richiesta di Unione Europea e Fondo Monetario Internazionale di realizzare nuove privatizzazioni per reperire 50 miliardi di Euro in 4 anni. “Abbiamo chiesto loro di aiutarci e stiamo mantenendo i nostri impegni. Ma nessuno – ha detto il portavoce del governo di Atene – può entrare negli affari interni del Paese”.

    Italia - Fiat
    La Fiat rimarrà italiana con la volontà di investire nel Paese. Così il ministro per lo Sviluppo Economico, Paolo Romani, al termine dell’incontro del Governo con i vertici della casa torinese che oggi hanno garantito i 20 miliardi per i progetti in Italia compresa Mirafiori. L’esecutivo – criticato dal leader del Pd Bersani per la tardività della presa di posizione – si è impegnato a creare le condizioni per questo processo.

    Italia - politica
    Il presidente della Repubblica italiana, Napolitano, in una nota è tornato sull’incontro di ieri con il premier Berlusconi in seguito ad alcuni articoli apparsi oggi sulla stampa. Nel documento il capo dello Stato ha espresso preoccupazione per l’asprezza dei toni dello scontro politico nel Paese negando di aver sollecitato un ricorso alla piazza. Domani, intanto, manifestazione delle donne in varie città italiane, dal titolo “Se non ora quando?”, sulla scia della vicenda Ruby. “Se fossi donna – ha scritto il direttore del quotidiano "Avvenire", Marco Tarquinio – domenica sarei in piazza”.

    Wikileaks
    Fissata a Londra, in Gran Bretagna l’udienza che potrebbe decidere sull'estradizione in Svezia di Julian Assange, il fondatore di Wikileaks accusato di violenza sessuale. L’appuntamento è per il prossimo 19 febbraio. L’annuncio è arrivato ieri dopo l’arringa difensiva dei suoi legali che hanno puntato il dito contro Stoccolma. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 43

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