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Sommario del 08/02/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • I vescovi filippini in visita ad Limina: no al piano di Manila per il controllo delle nascite, la povertà è causata da corruzione e ingiustizia
  • Educare è un atto di amore: il cardinale Grocholewski sulle parole del Papa al dicastero per l'Educazione cattolica
  • Rinunce e nomine
  • Sinodo. Il Consiglio speciale per il Medio Oriente chiede rispetto per le comunità cristiane
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Indonesia: musulmani attaccano tre chiese e un orfanotrofio cristiano. Il vescovo di Semarang: cresce l'intolleranza
  • I parlamentari amici del Pakistan: se trasferita in un altro carcere, Asia Bibi rischia di morire
  • Egitto. 15.mo giorno di proteste. Mubarak vara una Commissione per la riforma costituzionale
  • Sud Sudan verso l'indipendenza: potrebbe essere uno dei Paesi più poveri del mondo
  • Il Concilio Vaticano II, bussola del Terzo Millennio: il dialogo con le religioni non cristiane
  • Le “Antiche Madonne d’Abruzzo” in mostra al Castello del Buonconsiglio di Trento
  • Giornata mondiale per la sicurezza on line: opportunità e rischi della Rete
  • Chiesa e Società

  • Usa: dure critiche dei vescovi ai rimpatri forzati dei cittadini haitiani fuggiti dal terremoto
  • Nepal. Indù e cristiani: false le denunce di conversioni forzate al cristianesimo
  • L'arcivescovo di Bangalore: pieno di falsità il rapporto sui massacri anti-cristiani in Karnataka
  • Sri Lanka: un milione e 200 mila sfollati per le alluvioni che hanno colpito il Paese
  • Sudan: Allarme di Medici Senza Frontiere: per gli scontri in Darfur, migliaia di famiglie in fuga
  • Kenya: appello dei vescovi per il rientro degli sfollati delle violenze post-elettorali del 2008
  • Roma: il cardinale Vallini presiederà la veglia di preghiera per i bambini rom
  • Spagna: il cardinale Ouellet inaugura a Madrid il congresso sulla Sacra Scrittura
  • Scandinavia: conclusa a Gerusalemme la Plenaria dei vescovi
  • Terra Santa: le autorità palestinesi candidano Betlemme a Patrimonio dell’Umanità
  • Il vescovo indiano di Guwahati pronto ad evangelizzare nel vicino Bhutan
  • Brasile. Il cardinale Scherer ai cristiani: non scoraggiatevi di fronte alle discriminazioni
  • Messico: i vescovi invitano all’impegno e alla solidarietà verso gli ammalati
  • Afghanistan. Protestano le Ong: nuova legge mette a rischio i centri delle donne maltrattate
  • Mauritius: contestato l'insegnamento della "Conoscenza della Bibbia" nelle scuole
  • Russia: per il patriarca Kirill le relazioni ecumeniche sono una priorità
  • Belgio: i giovani cattolici si preparano alla Gmg di Madrid
  • Svizzera: l'omaggio dei vescovi a suor Hedwig Walter, monaca e poetessa benedettina
  • In Campidoglio il presidente Napolitano rende l’ultimo omaggio a Giovanni Bollea
  • 24 Ore nel Mondo

  • Crisi ambientale al centro oggi del Forum sociale mondiale in Senegal
  • Il Papa e la Santa Sede



    I vescovi filippini in visita ad Limina: no al piano di Manila per il controllo delle nascite, la povertà è causata da corruzione e ingiustizia

    ◊   Con il gruppo di presuli ricevuti ieri dal Papa, in Vaticano torna in primo piano la situazione della Chiesa delle Filippine. I vescovi che si tratterranno fino al 19 febbraio in visita ad Limina fanno parte del secondo gruppo della Conferenza episcopale del Paese asiatico ospite a Roma, dopo che un primo gruppo era stato ricevuto da Benedetto XVI a cavallo tra novembre e dicembre scorsi e un terzo, e ultimo, lo sarà a fine mese. L’attuale visita coincide con un passaggio importante della vita della nazione: l’approvazione parlamentare del progetto di legge sulla salute riproduttiva, fortemente osteggiato dalla Chiesa locale. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Una lunga battaglia tra due opposte e inconciliabili visioni sta per giungere al suo atto finale. A giocarla, da un lato, i promotori del disegno di legge sulla salute riproduttiva, di impronta laicista, e dall’altro la Chiesa delle Filippine, che lo respinge senza appello. Il riflesso di questo confronto ormai annoso è giunto in Vaticano assieme alla preoccupazione dei presuli filippini che ancora nelle ultime settimane e negli ultimi giorni hanno assunto posizioni nette in merito, arrivando a prospettare una campagna di “disobbedienza civile” se la legge verrà approvata. Legge che, in sostanza promuove un programma di pianificazione familiare che invita le coppie a non avere più di due figli, sanziona il personale medico contrario all’aborto e favorisce la sterilizzazione volontaria.

    Da parte loro, la Chiesa e le associazioni cattoliche sostengono invece il “Natural Family Programme” (Nfp), che mira a diffondere tra la popolazione una cultura di responsabilità basata sui valori cristiani. Il presidente della Conferenza episcopale filippina, mons. Nereo Odchimar, arcivescovo di Tandag, spiega al microfono di Lisa Zengarini come la Chiesa si stia muovendo per rafforzare questa sua proposta a livello politico e sociale:

    “Nella loro opera di advocacy su questa, come su altre questioni, i vescovi stanno lavorando per intavolare un dialogo con il governo e per fare sentire la propria voce anche alla televisione. A questo scopo abbiamo deciso di avvalerci della consulenza di laici competenti e impegnati su questo fronte, perché ci sono campi in cui i vescovi non hanno le competenze necessarie per parlare: come la demografia, l’economia, la medicina, in particolare quando si parla di farmaci abortivi. (…). Ci sono forti lobby economiche che premono sul Congresso per l’approvazione della RH Bill, quindi abbiamo promosso una vasta campagna di informazione”.

    In questa sua azione, la Chiesa delle Filippine può contare sull’appoggio del presidente, Beniño Aquino, che nei giorni scorsi aveva annunciato una revisione dei punti più controversi della legge. Al punto attuale, il progetto originario è stato “congelato” e ripresentato in una nuova veste come “legge sulla paternità e la maternità responsabili”, il quale tuttavia mantiene le norme più controverse sull’uso dei contraccettivi considerati abortivi, la sponsorizzazione della legge nelle scuole e il divieto di obiezione di coscienza per i medici. Afferma ancora mons. Odchimar:

    “Quello che si vuole fare passare è l’idea che la sovrappopolazione sia la causa principale della povertà nelle Filippine. In realtà ci sono altre cause (…) come la corruzione (…) o l’iniqua distribuzione delle risorse. Il nostro è un Paese agricolo e non è stata data abbastanza attenzione alla nostra agricoltura (…) con il risultato di una massiccia emigrazione dalle campagne verso le grandi città come Manila e la conseguente nascita di slum e periferie degradate. Questa immagine drammatica della gente negli slum è stata presentata come la conseguenza della sovrappopolazione. Di fatto la povertà che affligge tanta parte del popolo filippino potrebbe essere alleviata con una maggiore attenzione alle aree rurali”.

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    Educare è un atto di amore: il cardinale Grocholewski sulle parole del Papa al dicastero per l'Educazione cattolica

    ◊   “Educare è un atto d’amore, esercizio della ‘carità intellettuale’, che richiede responsabilità, dedizione, coerenza di vita”. Lo ha sottolineato Benedetto XVI ai partecipanti alla plenaria della Congregazione per l’Educazione cattolica che si è aperta ieri in Vaticano. Nel suo discorso il Papa ha ricordato ieri alcuni dei temi che sono nell’agenda dei lavori del dicastero, tra i quali l’approvazione di un documento dedicato all’uso di Internet nei Seminari. A sottolineare come l’opera educativa sia una delle sfide più urgenti per la Chiesa è anche il prefetto della Congregazione, il cardinale Zenon Grocholewski, intervistato da Fabio Colagrande:

    R. – Ci rendiamo perfettamente conto di questo, come ci rendiamo conto anche che oggi “educare” sia più difficile che in passato, come ha indicato lo stesso Santo Padre, a motivo di una cultura che troppo spesso fa del relativismo il proprio “credo”, per cui c’è minore sensibilità nei riguardi della verità oggettiva, ai valori sui quali deve basarsi la vita. Tutto questo rende l’educazione molto più difficile. Se non ci sono ideali, se non c’è verità oggettiva, se tutto è relativo, a che cosa educare, allora? Qui inizia il grande problema per l’educazione. Il Santo Padre ha sottolineato una cosa molto importante: che educare è un grande atto di carità. Un atto di carità non è soltanto dare cose materiali, e dare una solida educazione rappresenta un atto di carità. Il Santo Padre richiama molto spesso questo concetto di “carità intellettuale” che esige, da parte della Chiesa, grande responsabilità, dedizione e coerenza perché “educazione” non significa soltanto “insegnare” ma anche testimoniare e vivere profondamente, con la propria vita, queste verità.

    D. – Il Papa vi ha anche esortato a continuare ad elaborare questo documento dedicato ad Internet e la formazione nei Seminari. Può darci qualche anticipazione, qualche dettaglio su questo testo a cui state lavorando?

    R. – Questo testo è già stato ampiamente discusso, anzi, abbiamo impegnato tanti esperti! Da un lato, infatti, come ha sottolineato il Papa, Internet può svolgere un grande ruolo, ha cambiato tutta la cultura odierna. Può essere paragonato alla rivoluzione industriale e può essere molto utile per il servizio pastorale, non solo per lo studio ma anche per l’evangelizzazione, per l’azione missionaria, per la catechesi, per progetti educativi e – come dice il Santo Padre stesso – anche per la gestione delle istituzioni. Quindi è importante. Dall’altro lato, ha però sottolineato il Pontefice, è assolutamente necessario un discernimento per un uso intelligente e prudente, per un uso corretto e positivo di questi mezzi. Infatti, all’uso di Internet sono legati anche determinati pericoli: noi sappiamo che oggi vengono curate persone per la loro dipendenza da Internet, e questo ci indica che è possibile distruggere la persona. Nella stessa maniera si può diventare dipendenti dall’alcol, dalla droga, così si può diventare dipendenti da Internet. Questo significa che Internet in assoluto non è adatto all’evangelizzazione, deve esserne uno strumento. Sappiamo anche che in Internet ci sono anche tante cose che possono essere nocive per un sacerdote che assume l’obbligo del celibato, della castità. Poi, Internet può anche favorire, in un certo senso, una certa superficialità: si trasmettono tante notizie, per cui in realtà si sa un poco di tutto ma praticamente, alla fine non si sa niente. Nel nostro documento, noi cercheremo di affrontare tutta la problematica proprio per poter poi utilizzare questo strumento magnifico per il bene, per la formazione, per l’educazione prevenendo i pericoli che ne possono nascere.

    D. – La Congregazione di cui lei è prefetto sta lavorando ad una revisione della Costituzione apostolica “Sapientia cristiana” sugli studi ecclesiastici. Recentemente, avete lavorato in particolare sugli studi di filosofia. Perché è stato necessario questo aggiornamento?

    R. – Perché oggi il concetto di filosofia è molto, molto confuso. Io ho visto il programma di una nascente facoltà di filosofia, e la mia conclusione a chi la presentava è stata questa: qui c’è tutto, fuorché la filosofia. Oggi, infatti, nel concetto di filosofia vanno a comprendersi tutte le scienze umanistiche come psicologia, sociologia, letteratura, lingue, mentre per noi la filosofia è importante per la formazione di teologi, di sacerdoti, e in particolare la filosofia nel senso stretto, cioè la metafisica, il saper ragionare, il saper vedere la verità nella sua globalità. E il nostro documento, in pratica, fa una distinzione tra facoltà di filosofia come tale – per la quale abbiamo un po’ allungato gli studi – e la filosofia che è parte integrante degli studi teologici. Noi sappiamo che nello studio della teologia, nella facoltà di teologia i primi due anni sono dedicati alla filosofia, ed è per noi di estrema importanza indicare che cosa è necessario insegnare che sia di preparazione e utile allo studio della teologia, affinché non ci si dilunghi su tanti aspetti che poi non servono. Nel nostro documento citiamo anche una frase del cardinale Ratzinger che ha detto che oggi la crisi della teologia origina in gran parte dalla crisi della filosofia, dei fondamenti filosofici. Per questo, crediamo che il nostro documento sia molto importante. Il Santo Padre l’ha approvato e tra pochi giorni lo presenteremo al pubblico. (gf)

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    Rinunce e nomine

    ◊   Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Nebbi (Uganda), presentata da mons. Martin Luluga, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Sanctus Lino Wanok, vicario generale della medesima Diocesi. Mons. Sanctus Lino Wanok è nato il 7 aprile 1957, nel villaggio Atyak-Yamo, parrocchia di Warr, allora diocesi di Arua. Ha studiato la Filosofia nel Seminario Maggiore Nazionale di Alokolum, Gulu, e la Teologia presso il Seminario Maggiore Nazionale di Mary’s Ggaba. Ha ottenuto il Dottorato in Teologia Biblica presso l’Università Urbaniana a Roma. È stato ordinato sacerdote il 27 settembre 1986 ed incardinato nella diocesi di Arua.

    Benedetto XVI ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare dell’arcidiocesi di Bologna (Italia), presentata da mons. Ernesto Vecchi, per raggiunti limiti di età.

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    Sinodo. Il Consiglio speciale per il Medio Oriente chiede rispetto per le comunità cristiane

    ◊   Dal 20 al 21 gennaio scorsi, presso la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi si è svolta la seconda riunione del Consiglio speciale per il Medio Oriente della Segreteria Generale. Il segretario generale, mons. Nikola Eterović, ha presieduto i lavori, il cui ordine del giorno prevedeva, tra l’altro, lo studio dei documenti sinodali in vista di una collaborazione diretta alla preparazione del futuro documento pontificio postsinodale. Prima di passare al lavoro di gruppo – riferisce un comunicato dell’organismo vaticano - il segretario generale ha esposto una sintesi degli argomenti trattati nelle Propositiones dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente per offrire al Consiglio un immediato sussidio per il dibattito successivo. Inoltre ha invitato i singoli membri ad un intervento per illustrare la ricezione del Messaggio e di altri documenti dell’Assise sinodale nell’attuale situazione ecclesiale e socio-politica. La situazione ecclesiale nella fase postsinodale – prosegue il comunicato - entra nei programmai ordinari dei media locali, che svolgono il loro servizio collegandosi direttamente alla rete informatica o alla Radio Vaticana oppure a Noursat e Voix de la Charité. Il Messaggio e gli altri documenti sinodali sono stati diffusi e talvolta tradotti per promuovere conferenze, studi, dibattiti da parte di clero, religiosi e laici. Il Messaggio è stato recapitato anche a personalità politiche. In Siria si è svolto un Congresso internazionale sullo stato attuale delle relazioni islamo-cristiane soprattutto nei Paesi arabi. Anche a Gerusalemme ha avuto luogo un incontro organizzato per iniziativa del “Jerusalem Center for Jewish-Christian Relations” e dell’“Interreligious Coordinating Council”, con partecipazione di cristiani ed ebrei, che ha favorito una informazione più oggettiva sull’Assemblea sinodale. In ambito cristiano si sono svolti incontri ecumenici e sessioni di dialogo islamo-cristiano, con notevole partecipazione anche di Ortodossi. Ora si attende con interesse la pubblicazione dell’Esortazione postsinodale. Dai contributi dei singoli membri si è potuto constatare che le condizioni socio-politiche generali restano tese in vari Paesi del Medio Oriente. Le comunità cristiane soprattutto nei luoghi duramente colpiti da violenze e attentati – sottolinea il comunicato della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi - hanno bisogno di sostegno materiale e morale e hanno diritto di esercitare la loro libertà di culto e di religione. Il rispetto delle comunità cristiane aiuta a spegnere in Medio Oriente eventuali focolai anti cristiani, ad arrestare l’emigrazione dei cristiani dalla regione, loro terra nativa, e favorisce il bene comune. Di seguito al dibattito generale i membri del Consiglio si sono divisi in due gruppi linguistici per approfondire la materia trattata e soprattutto per concordare un metodo di studio completo e fedele alle indicazioni dei Padri Sinodali. Così ai due tavoli di lavoro i membri del Consiglio hanno analizzato le Proposizioni votate in Aula e gli altri documenti sinodali, compresi quelli diffusi nel periodo presinodale, elaborandone una sintesi ragionata, che poi è stata fissata in uno schema logico comprensivo delle diverse istanze emerse dallo studio sistematico della intera documentazione. Dopo aver concordato la data della prossima terza riunione del Consiglio nei giorni 30 e 31 marzo 2011, i membri hanno concluso i lavori con la preghiera affinché per intercessione della Beata Vergine Maria, Regina della Pace, il Medio Oriente e le regioni limitrofe ottengano il dono della pace nella giustizia per tutti.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Religione ed elettricità: in prima pagina, una riflessione di Isabella Ducrot sull’ora del tramonto.

    Difese le cose di Dio contro la falsa onnipotenza dell’uomo: nell’informazione vaticana, l’omelia pronunciata nel 1998 da Joseph Ratzinger nel centenario della nascita del cardinale Alojzje Stepinac.

    Sullo scontro sui bonus, nell’informazione internazionale, un articolo di Luca M. Possati dal titolo “Obama e il fortino dei manager”.

    Giuseppe Caramazza sull’Africa e le esigenze di giustizia.

    Torna a splendere la Sistina di vetro: in cultura, Silvia Guidi sull’inizio del restauro della Sainte-Chapelle a Parigi.

    Sulla croce forma e sostanza delle planimetrie delle antiche basiliche, il saggio di Maria Antonietta Crippa dal volume “Gesù. Il corpo, il volto nell’arte”.

    Un articolo di Angelo Paoluzi dal titolo “Per amore ci si può anche dire addio”: la fede in Cristo e l’opposizione al nazismo nelle ultime lettere dei coniugi Freya ed Helmuth von Moltke.

    “Il continente interiore” di Carlo Ossola, riflessione sulla necessità di viaggiare all’interno di se stessi: recensione di Claudio Toscani e intervista di Stas’ Gawronski all’autore.

    Come si riconosce una chiesa: sul “Corriere della Sera” il dibattito sugli spazi liturgici.

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    Oggi in Primo Piano



    Indonesia: musulmani attaccano tre chiese e un orfanotrofio cristiano. Il vescovo di Semarang: cresce l'intolleranza

    ◊   In Indonesia, migliaia di fedeli musulmani inferociti hanno attaccato tre chiese, un orfanotrofio cristiano e un centro sanitario. Le violenze sono avvenute stamani dopo la decisione di un tribunale su un controverso caso di blasfemia. L’attacco anticristiano si è concluso solo con l’intervento della polizia in tenuta antisommossa. Dal canto suo, il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, ha chiesto all’Unione europea di agire in difesa dei cristiani perseguitati. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    La rivolta è avvenuta nella località di Temanggung, nel cuore dell’Isola di Java. La folla ha prima assalito il tribunale dove si è tenuto un processo contro Antonius Richmond Bawengan, un cristiano, accusato di proselitismo e blasfemia. Bawengan, riferisce l’agenzia AsiaNews, era stato arrestato nell’ottobre 2010 con l’accusa di aver distribuito materiale missionario offensivo verso alcuni simboli islamici. L’uomo è stato condannato a cinque anni di prigione, ma la folla chiedeva la condanna a morte. Di qui l’inizio delle accese proteste che i poliziotti non sono riusciti a sedare. Gli estremisti musulmani hanno quindi cominciato a marciare in massa per colpire i luoghi di culto cristiani sulla strada principale della città. È stata attaccata la chiesa cattolica dei Santi Pietro e Paolo. La folla ha poi bruciato una chiesa pentecostale. Il gruppo di fanatici ha quindi assalito un orfanotrofio cattolico e un centro sanitario delle Suore della Provvidenza. Infine, prima dell’intervento della polizia, è stata bruciata un'altra chiesa protestante. Per mons. Johannes Pujasumarta, arcivescovo di Semarang, diocesi in cui si trova il luogo degli attacchi si tratta di “violenza orchestrata”. Christopher Altieri lo ha raggiunto telefonicamente in Indonesia:

    R. – Right now the situation...
    Al momento la situazione sta migliorando, ma ci sono stati davvero dei grossi disordini. Sono state saccheggiate delle chiese: è stato dato fuoco a due chiese protestanti e la chiesa cattolica è stata attaccata. Il parroco è stato colpito dai rivoltosi.

    D. – Qual è la situazione con gli estremisti islamici in Indonesia, in questo momento?

    R. – I was so disappointed because…
    Sono molto rammaricato, perché in questo ultimo periodo, negli ultimi mesi in particolare, sta crescendo l’intolleranza da parte di gruppi fanatici. (ap)

    Un dato, questo, confermato anche da un rapporto indipendente, riportato dall’agenzia Fides. Nel 2010, infatti, si sono verificati oltre 216 casi di flagranti violazioni della libertà religiosa in Indonesia. Secondo il rapporto del “Setara Institute for Peace and Democracy”, sono ben 43 i luoghi cristiani attaccati l’anno scorso.

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    I parlamentari amici del Pakistan: se trasferita in un altro carcere, Asia Bibi rischia di morire

    ◊   Chiederemo che per motivi di sicurezza il processo di appello ad Asia Bibi si tenga nel carcere dove la donna si trova attualmente: così la presidente dell’Associazione parlamentari amici del Pakistan, Luisa Santolini. L’organizzazione, che riunisce parlamentari italiani in modo trasversale, ha recentemente organizzato a Roma una manifestazione in difesa della donna cristiana pakistana, condannata a morte in base alla legge sulla blasfemia e che ora attende, appunto, il processo di appello. Sugli ultimi sviluppi della situazione di Asia Bibi, Debora Donnini ha intervistato la stessa Luisa Santolini:

    R. - L’unica cosa che è stata decisa è di non spostarla e questo per motivi di sicurezza, perché rischia la vita tutti i minuti: è guardata a vista 24 ore al giorno e controllano addirittura quello che mangia!

    D. - Secondo lei, perché l’Alta Corte di Lahore non ha ancora fissato la data del processo di appello?

    R. - Perché certamente si tratta di una questione molto scottante, che mette il Pakistan, a livello internazionale, sotto i riflettori: tra l’altro il capo di governo rifarà un rimpasto di tutti i ministri e quindi c’è il rischio che il ministro delle minoranze, il ministro Bhatti, che è cattolico e che finora aveva una sua autonomia ed una sua dignità, non venga rinominato e che il ministero rientri nel Dipartimento degli Affari Religiosi.

    D. - Alcuni giorni fa, la deputata pachistana Sherry Rehman, che aveva proposto modifiche alla legge sulla blasfemia, ha ritirato la proposta di emendamenti. Perché?

    R. - L’ha ritirata perché è stata oggetto di minacce di morte. Non è che sia facile laggiù riuscire a portare avanti una battaglia di questo genere: in Pakistan, ci sono continue manifestazioni di estremisti, che continuano a minacciare chiunque metta mano alla legge sulla blasfemia. E non solo: anche la commissione che doveva valutare la legge sulla blasfemia è ferma, perché sottoposta a pressioni e minacce fortissime. E’ veramente una situazione drammatica ed è chiaro, quindi, che tutti si muovono con estrema prudenza e con grande fatica. L’importante è che Asia Bibi non sia trasferita dal carcere dove si trova attualmente ad un nuovo carcere, perché rischierebbe veramente la vita. Noi chiederemo - anche attraverso canali ufficiali - che l’Alta Corte di Lahore, che si deve pronunciare su questa questione, tenga il processo in quel carcere e non permetta che Asia Bibi venga trasferita.

    D. - Come Associazione Parlamentari Amici del Pakistan, di cui lei è presidente, cosa aveva intenzione concretamente di fare ora?

    R. - Noi abbiamo intenzione di muoverci verso l’Europa e questo è proprio un compito dell’Associazione parlamentari amici del Pakistan, perché si tratta proprio di un rapporto tra parlamento europeo e parlamento italiano; come comitato promotore abbiamo, invece, intenzione di riuscirci a breve per decidere i passi che dovranno essere ulteriormente compiuti sia a livello di ministero degli Affari Esteri e del ministro Frattini, sia a livello di iniziative da prendere con le associazioni del Pakistan. Anche perché le adesioni stanno aumento e quindi speriamo di arrivare veramente ad un numero consistente di adesioni, che sono di credenti e non credenti, ebrei, musulmani moderati, cattolici. E’ veramente un variegato mondo, che può fare molto! (mg)

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    Egitto. 15.mo giorno di proteste. Mubarak vara una Commissione per la riforma costituzionale

    ◊   Nuova giornata di proteste in Egitto. Anche oggi sono migliaia al Cairo i manifestanti presenti in piazza Tahrir, simbolo della rivolta che ormai prosegue da 15 giorni, per chiedere le dimissioni di Hosni Mubarak. Nel Paese, intanto, sono attesi nuovi negoziati tra governo e opposizione. Da sottolineare, poi, che il presidente egiziano ha istituito una Commissione per monitorare il processo di riforma della Costituzione. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Piazza Tahrir si conferma l’ago della bilancia della politica egiziana. Sono migliaia coloro che restano in piazza per partecipare ad una nuova giornata di mobilitazione. Hanno promesso di proseguire nella protesta fino a quando il presidente Hosni Mubarak non si dimetterà. I manifestanti, che hanno creato un loro quotidiano “Midan al Tahrir”, chiedono anche riforme costituzionali e garanzie di una completa libertà di informazione. Mubarak, che oggi ha istituito una Commissione incaricata di supervisionare il processo di riforma costituzionale, ha però ribadito di non voler dimettersi. Il capo di Stato egiziano ha anche rivendicato alcune aperture, tra cui un aumento di salari e la richiesta di creare una Commissione d’inchiesta imparziale sulle violenze dei giorni scorsi. Violenze che, secondo Human Rights Watch, hanno provocato finora almeno 297 morti. Fonti locali riferiscono poi che da giorni non si hanno notizie di diverse persone. Ufficialmente sono scomparse ma si teme che siano state prelevate dai servizi segreti egiziani. Intanto, sul precario equilibrio dello scenario politico egiziano potrebbero pesare le sempre maggiori pressioni internazionali, soprattutto di Stati Uniti ed Israele. Barack Obama ha ribadito, nei giorni scorsi, il proprio appello per una transizione “ordinata” che porti ad un “governo rappresentativo”. In Israele, invece, si teme che la rivolta possa portare gruppi integralisti al potere e alla fondazione nel, post Mubarak, di un emirato islamico.

    L’incertezza politica, dunque, preoccupa sempre più gli Stati Uniti e i suoi alleati per le possibili ricadute negative sull’intero processo di pace mediorientale. Sentiamo Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera, intervistato da Stefano Leszczynski:

    R. – E’ inevitabile che tutto questo porti a qualche cosa che non sappiamo quali sbocchi possa avere: ecco i timori di Israele! I “fratelli musulmani” potrebbero essere tentati, nonostante il loro prudente tatticismo di oggi, a diventare più forti e dominanti contando sul fatto di essere stati vittime di oppressione politica da parte del regime di Mubarak; oppure ci potrebbero anche essere altre forze che, agli occhi e alle orecchie esperte di Israele, potrebbero suonare come pericolose e potrebbero anche mettere in discussione il trattato di pace tra Egitto e Israele.

    D. – Quali sono gli equilibri fondamentali che si reggono su questo trattato?

    R. – Pensiamo soltanto alla fornitura di gas: credo che Israele dipenda dal gas egiziano per il 40-50 per cento, quindi un’enormità.

    D. – In questo contesto quello che sorprende un po’ oggi è la posizione degli Stati Uniti: insomma, la situazione sembra quasi sfuggire loro di mano e Mubarak è ancora lì …

    R. - Secondo me era molto ingenuo e molto da “jacquerie” infantile pensare che tutto si sarebbe risolto come in Tunisia, come hanno pensato in tanti: Mubarak se ne andrà … Mubarak non se ne va, anche perché Mubarak è espressione del potere militare e non viceversa. Gli Stati Uniti hanno sempre avuto un rapporto speciale con il potere militare egiziano, esattamente come quello che hanno avuto con il potere militare turco. E’ chiaro che oggi l’America è confusa: i militari restano la forza che ha condizionato il passato e che condizionerà il futuro. Il fatto che le forze armate non siano intervenute e, anzi, abbiano fraternizzato quasi con i dimostranti dimostra una semplice cosa: i militari saranno ancora una volta il baricentro che può garantire la stabilità.

    D. – L’Egitto ha subito un danno enorme da un punto di vista economico, ma allo stesso tempo c’è il timore che ci possa essere una fuga di capitali …

    R. – Ci sono grandi industrie, anche multinazionali, che hanno in Egitto il loro punto di riferimento, che ai loro vertici hanno generali, personaggi dell’esercito, quindi di quell’apparato “industrial-militare” che ha sempre rappresentato il potere più grande dell’Egitto. Dall’altra parte, c’è la necessità di finanziare l’aumento del 15 per cento di stipendi e pensioni, che porterà naturalmente a un aumento dell’inflazione ma che era necessario - visto che gran parte della rivolta era anche dovuta agli aumenti dei prezzi dei generi di prima necessità - anche per cercare di compensare con qualche passo concreto le sofferenze della gente. (bf)

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    Sud Sudan verso l'indipendenza: potrebbe essere uno dei Paesi più poveri del mondo

    ◊   Nonostante i toni concilianti, con i quali il presidente del Sudan, Omar Al Bashir, ha commentato positivamente il risultato del referendum che sancisce l’indipendenza del Sud del Paese, si aprono ora delicate questioni relative alla definizione, entro il 9 luglio, dei confini di quello che sarà il nuovo Stato e alla distribuzione delle zone ricche di risorse petrolifere. Rimane, inoltre, ancora irrisolta la situazione della regione nord-occidentale del Darfur, dove non si arrestano gli scontri armati tra esercito di Karthoum e gruppi di opposizione. Le violenze stanno costringendo migliaia di famiglie a fuggire dai propri villaggi. Di questi temi Giancarlo La Vella ha parlato con padre Franco Moretti, direttore della rivista dei Comboniani, “Nigrizia”:

    R. – Rimangono tuttora in piedi gli stessi problemi, che non sono stati risolti in sei anni, tra il 2005 e il referendum: per esempio, lo status dei sud-sudanesi residenti al Nord e dei nord-sudanesi che vivono al Sud. Si parla di due-tre milioni di persone. Difficoltosa rimane, poi, la questione della ripartizione delle risorse. Ricordiamo che i pozzi petroliferi sono per lo più al Sud o molto vicini al confine, soprattutto nella regione dell’Abyei, dove si attende ancora che venga svolto il referendum. Ci si chiede che cosa possa accadere. E’ ovvio che il Sud Sudan non vuole perdere questa regione, ma è altrettanto ovvio che anche Karthoum non possa farne a meno. Rimane, infine, anche la questione del debito estero. Si parla di un debito di 45 o 50 miliardi di dollari. Come verrà spartita questa cifra colossale?

    D. – In base a questi problemi, e non solo, molti osservatori parlano dello Stato nascente come una delle Nazioni più povere del mondo. Come fare ad uscire da questa situazione di impasse?

    R. – Esatto. Il dubbio nasce quando si pensa al fatto che i leader politici del nuovo governo del Sud Sudan sono tutti ex militari, ex combattenti della guerra civile. Loro forse non hanno ancora le necessarie capacità politiche per realizzare le tante cose che mancano: non ci sono maestri, professori, medici e addetti alla preparazione del personale sanitario, università. Speriamo solo che ci sia la capacità da parte di questi leader di essere davvero responsabili di questa nuova Nazione e che usino le tante ricchezze naturali per lo sviluppo di tutti.

    D. – Rimane la questione irrisolta della regione nord occidentale del Darfur…

    R. – Sì, l’unica speranza è che lo sforzo fatto dalla comunità internazionale per il Sud Sudan si concentri ora sul Darfur e si arrivi presto ad un accordo di pace promosso e sorvegliato dalla comunità internazionale: non si può più andare avanti accettando una situazione come quella del Darfur. Ricordiamo che, dopo il genocidio rwandese, la comunità internazionale disse a a gran voce: “Mai più un Rwanda!”. Ma in Darfur siamo già arrivati a metà del bilancio delle vittime del Rwanda: i morti sono già circa 500 mila, più 2 milioni gli sfollati e la comunità internazionale non sembra proprio preoccupata di quanto sta avvenendo. Mi chiedo come sia possibile che non si riesca ad intervenire sul regime di Karthoum, ad obbligarlo a venire a patti con i popoli del Darfur, che non vogliono più essere considerati cittadini di seconda classe in un Paese come il Sudan. (ap)

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    Il Concilio Vaticano II, bussola del Terzo Millennio: il dialogo con le religioni non cristiane

    ◊   Il 28 ottobre 1965 Paolo VI promulgava la Dichiarazione conciliare Nostra aetate sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane. Un documento importante che rilanciava il dialogo interreligioso. Ce ne parla, per la nostra rubrica sul Concilio Vaticano II, il padre gesuita Dariusz Kowalczyk:

    Tutte le religioni sono uguali? Tutte le religioni sono vere? La risposta a queste domande deve essere “no”. Non si può, infatti, ragionevolmente sostenere che le affermazioni “Gesù Cristo è Dio” e “Gesù Cristo non è Dio” sono uguali e allo stesso modo corrispondono alla verità. Allora quale è la religione vera? Il Vaticano II insegna che la vera religione è quella che “Dio stesso ha fatto conoscere al genere umano” e che “crediamo che questa unica vera religione sussista nella Chiesa cattolica e apostolica” (DH, 1). Allo stesso tempo nella Dichiarazione “Nostra aetate” il Concilio afferma che “la Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo” in altre religioni, le quali “non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini” (n. 2). Così il dialogo interreligioso significa non il livellamento di tutte le religioni, ma una ricerca comune della verità e un'azione comune per il bene di tutti. Il dialogo però non pregiudica il compito della Chiesa di “annunciare, il Cristo che è «via, verità e vita»” (n. 2). La “Nostra aetate” si riferisce soprattutto all’islam e all'ebraismo. “La Chiesa – leggiamo – guarda con stima i musulmani che adorano l'unico Dio” (n. 3). E oggi Benedetto XVI ripete quell'affermazione facendo notare che il dialogo con l’islam deve essere “fondato sulla comune comprensione di libertà e verità” (Luce del mondo, cap. 9). Per quanto riguarda l'ebraismo, il Concilio fa ricordare che i cristiani sono “spiritualmente legati con la stirpe di Abramo” (n. 4). Tutte le manifestazioni dell'antisemitismo quindi vengono condannate con forza. Il Vaticano II non vuole però ridurre il dialogo con gli Ebrei alla tragedia della Shoah e afferma che al reciproco rispetto si giunge soprattutto "con degli studi biblici e teologici e con un fraterno dialogo” (n. 4). Allora, anche se nell’incontro tra le religioni non si può evitare la politica, è Dio che sta al centro del dialogo interreligioso.

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    Le “Antiche Madonne d’Abruzzo” in mostra al Castello del Buonconsiglio di Trento

    ◊   Sopravvissute al peggio, ora tornano ad essere esposte alla contemplazione del pubblico e alla venerazione dei fedeli. Sono le “Antiche Madonne d’Abruzzo” in mostra fino al 1 maggio prossimo al Castello del Buonconsiglio di Trento: si tratta di pregiati dipinti e sculture lignee, dall’Alto Medioevo al Rinascimento, provenienti dal Museo Nazionale dell’Aquila e salvate dal terremoto dell’aprile 2009 in cui persero la vita 308 persone. Il servizio è di Paolo Ondarza.

    Ieratiche sovrane benedicenti, madri affettuose, testimoni di una fede millenaria. I calcinacci e la polvere non ne hanno offuscato bellezza e sacralità. Sono le Madonne del Castello dell’Aquila: sculture lignee o tavole dipinte tra l’Alto medioevo e il primo rinascimento sopravvissute al terremoto del 2009. Essenziali, pur nell’eleganza dell’oro delle corone, del rosso e del cobalto delle vesti, le Vergini raccontano le antiche, e sempre vive, radici cristiane del popolo abruzzese. La curatrice della mostra Lucia Arbace.

    “Qualche volta le Madonne che hanno una storia più ricca non sono quelle più importanti dal punto di vista storico ed artistico, ma ci sono anche queste fragili Madonnine a rappresentare l’umanità e la devozione di piccole comunità montane”.

    Come gli aquilani non dimenticheranno mai quei giorni di lutto e paura scanditi dalle interminabili scosse, così i segni della catastrofe resteranno sempre incisi nel legno dei manufatti. La trecentesca scultura della Madonna di Fossa è una delle opere salvate tra le macerie dai vigili del fuoco: il crollo a terra ha danneggiato il tabernacolo che incorniciava la scultura, la corona che ricopriva il volto della Vergine e il naso del bambino Gesù. Ancora Lucia Arbace.

    “Naturalmente abbiamo potuto assemblare di nuovo il tettuccio del tabernacolo e la parte della corona che si era staccata di netto. Il nasino del Bambino Gesù è rimasto, però, con questa piccola fessura provocata dall’urto. In effetti, il terremoto è un evento storico e non può essere del tutto cancellato”.

    Pulite per l’occasione, ma non restaurate visti gli ingenti costi di realizzazione, le Antiche Madonne d’Abruzzo rappresentano un segno di speranza perché tornano a vivere e a testimoniare una fede che nessun sisma potrà mai distruggere.(ap)

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    Giornata mondiale per la sicurezza on line: opportunità e rischi della Rete

    ◊   Cresce la dipendenza dai social network: lo rivela una ricerca europea, pubblicata in occasione della Giornata mondiale della sicurezza nella rete Internet. Allarme per i contatti tra bambini ed estranei. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “È più di un gioco, è la tua vita!”: questo il motto della Giornata mondiale per la sicurezza on line al fine di promuovere l’uso sicuro e responsabile di Internet, innanzitutto tra bambini e giovani. Il tema scelto quest’anno “Vite virtuali” riguarda soprattutto i giochi in rete e i social network. In vista di questa ricorrenza l’Unione Europea ha finanziato una ricerca che ha coinvolto 25 mila minori, insieme ai loro genitori, in 25 Paesi. Lo studio rivela ciò che, forse, è già sotto gli occhi di tutti: “i social network sono diventati parte della vita dei ragazzi” e non solo visto il successo enorme dei profili di adulti ma anche di associazioni, gruppi, enti e istituzioni; ma le cose si complicano quando prendiamo coscienza che “per il 20% degli intervistati è più facile essere se stessi in Internet rispetto alla vita reale” e fra questi il 5 per cento riesce ad essere se stesso quasi esclusivamente on line. E’ dunque importante che tutti capiscano - i ragazzi in primo luogo - le opportunità ma anche i rischi della rete, che può catturare e stritolare.

    La sfida è quella di “essere autentici, fedeli a se stessi”, fuggendo il rischio di creare artificialmente un proprio profilo pubblico, come ha ricordato il Papa nel recente messaggio per la prossima Giornata mondiale per le comunicazioni sociali, dedicata proprio all’ambiente virtuale. Per quanto riguarda la sicurezza online, l’Europa ha tracciato delle ‘linee guida’, alcune accettate dai principali provider mondiali di Internet come l’impegno – non sempre rispettato - a mantenere privati i profili dei minori pubblicati su internet. Un ragazzo su due - rileva la ricerca - è stato contattato da estranei e tra questi oltre la metà ha accettato la richiesta di amicizia. Oltre l’80 per cento ha ammesso inoltre di avere inviato messaggi o postato sul web commenti negativi o intimidatori. Esprimere opinioni forti risulta l’attività on line più gradita dai ragazzi, seguita dal fare confidenze personali agli amici. Ma “il contatto virtuale non può e non deve sostituire il contatto umano diretto con le persone”, come ha ammonito anche il Papa, nella speranza che gli adulti colmino le loro carenze virtuali: la metà confessa di avere ancora una conoscenza superficiale della Rete.

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    Chiesa e Società



    Usa: dure critiche dei vescovi ai rimpatri forzati dei cittadini haitiani fuggiti dal terremoto

    ◊   I vescovi degli Stati Uniti sono “turbati e costernati” per la ripresa per quelle che definiscono le "deportazioni dei cittadini haitiani" fuggiti dall’isola dopo il terribile terremoto del 12 gennaio 2010. La decisione è stata annunciata dal Dipartimento per la Sicurezza Nazionale (Dhs) lo scorso dicembre e da allora circa 300 haitiani sono stati deportati in Louisiana per essere rimpatriati e altri 700 sono attesi entro la fine dell’anno. In una lettera congiunta alla Segretaria del Dipartimento Janet Napolitano, mons. José Gòmez, presidente della Commissione episcopale per le migrazioni, e mons. Gerald Kicanas a capo dei “Catholic Relief Services (l’agenzia umanitaria della Usccb) chiedono l’immediata cessazione dei rimpatri “a tempo indeterminato”. “Questo non è il momento giusto per riprendere le deportazioni ad Haiti e non sarebbe moralmente o politicamente corretto farlo nel prossimo futuro”, si legge nella missiva inviata ieri. Secondo i vescovi, continuare le deportazioni di fronte alle drammatiche condizioni in cui si trova l’isola, colpita in questi mesi anche dal colera, “rappresentebbe un atto di cosciente disprezzo per la vita e la dignità degli haitiani destinati alla deportazione”. Inoltre darebbe un messaggio sbagliato al popolo haitiano che dipende dagli Stati Uniti per la ricostruzione. La lettera suggerisce quindi al Dipartimento tre misure per aiutare Haiti a risollevarsi: la concessione dello status temporaneo di protetto (il cosiddetto Tps) a tutti i cittadini haitiani fuggiti dall’isola dopo il terremoto; l’estensione della tutela umanitaria ai familiari dei cittadini haitiani venuti negli Stati Uniti per cure mediche e l’avvio di un programma per il ricongiungimento familiare a favore di 55mila haitiani che ne hanno fatto richiesta. Tutte queste misure, argomentano in conclusione i vescovi americani, darebbero un “importante segnale al popolo haitiano che gli Stati Uniti manterranno l’impegno ad aiutarlo nel lungo termine”. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Nepal. Indù e cristiani: false le denunce di conversioni forzate al cristianesimo

    ◊   Indù e cristiani nepalesi protestano contro la denuncia fatta da Kamal Thapa, responsabile del partito monarchico Rastriya Pratajatantra Party, secondo il quale vi sarebbero un milione di conversioni forzate dall’induismo al cristianesimo, dalla fine della monarchia. Per i leader religiosi queste accuse sono false e ledono i rapporti tra le due fedi. Thapa ha denunciato le conversioni forzate lo scorso 29 gennaio a margine di una conferenza organizzata dalla comunità musulmana di Bhaktapur. Secondo i media laici nepalesi - riferisce l'agenzia AsiaNews - queste dichiarazioni servono a creare divisioni tra la minoranza cristiana e musulmana, di recente unite nelle proteste contro il divieto di sepultura nell’area del tempio indù di Pashupati (Kathmandu). Keshav Chaulagain, responsabile della World Hindu Foundation, si dissocia dalle accuse di Thapa. “Sappiamo che molti indù praticano il cristianesimo – afferma - ma nessuno di loro ha subito conversioni forzate”. Chaulagain sottolinea che i cristiani avvicinano la gente assistendo persone di qualsiasi ceto sociale e religione. “E’ questo – aggiunge – che porta le persone a convertirsi”. Mons. Anthony Sharma, arcivescovo cattolico di Kathmandu precisa che "i cristiani servono i bisognosi, ma non chiedono a nessuno di convertirsi. “La gente – aggiunge il prelato - si converte per grazia divina. Il battesimo avviene quando vi è un vero interesse e solo dopo due anni di catechismo”. Il crollo della monarchia indù nel 2006 e la nascita di uno Stato laico, hanno ridotto il potere e il numero dei fondamentalisti. Secondo K.B Rokaya, attivista per i diritti umani, il partito monarchico ha pochi consensi e ripristinare la monarchia è di fatto impossibile, così gli estremisti aizzano la popolazione indù contro i cristiani e le altre minoranze religiose. Narayan Sharma, vescovo della comunità protestante del Nepal, fa notare che i partiti politici strumentalizzano la religione per raccogliere consensi. “Le conversioni ci sono – continua - però non sono forzate. Se gli estremisti indù dimostrano il contrario siamo disposti a fare quello che vogliono, ma non possiamo negare alle persone che lo desiderano di pregare insieme a noi”. In Nepal vivono circa 150mila cristiani, di questi circa 8mila sono cattolici. Nonostante le discriminazioni da parte degli indù le conversioni sono in crescita. Secondo le stime della comunità cattolica di Kathmandu ogni domenica sono circa 200 i non cattolici che assistono alla messa nella cattedrale. (R.P.)


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    L'arcivescovo di Bangalore: pieno di falsità il rapporto sui massacri anti-cristiani in Karnataka

    ◊   Dura presa di posizione dei cattolici verso il rapporto della Commissione di Giustizia Somashekara sui massacri anticristiani nel Karnataka, Stato a sud dell’India, negli anni 2008 e 2009. L’arcivescovo di Bangalore Bernard Moras, presidente del Consiglio episcopale cattolico del Karnataka, ha espresso forti perplessità qualificando il rapporto come “divisionista” (parla dei cristiani come ‘gli altri’), “generico” (“non identifica le persone e le organizzazioni” che hanno voluto gli attacchi), “mera propaganda” (considera le conversioni cristiane ottenute con fondi stranieri e indica la necessità di leggi speciali per controllare i luoghi di culto e le attività dei cristiani, quasi fossero attività antisociali), “legittimante la posizione dello Stato” del Karnataka (che ha assistito agli attacchi contro i cristiani, spesso senza impedirli e prevenirli) e “fautore di uno Stato di Polizia” (proponendo un corpo speciale per i conflitti religiosi). A nome della comunità cattolica, mons. Moras ha chiesto un “immediato intervento del governo dello Stato” per riprendere le indagini e infine accertare la verità sulle violenze contro i cristiani e le chiese, identificare i responsabili, indicare le responsabilità delle autorità pubbliche e prevedere giusti indennizzi per gli individui e i gruppi colpiti, nello Stato indiano secolare, pluralista e rispettoso di tutte le fedi, tradizioni ed eredità. Analoghe critiche sono state rivolte da Sajan K George, presidente dal Global Council of Indian Christians (Gcic), chiedendo - attraverso una lettera indirizzata al governatore del Karnataka, Sr Hans Raj Bhardwai - di non accettare le conclusioni della Commissione e di metterla sotto accusa per “ingiuria e diffamazione per il biasimevole rapporto pubblicato per demonizzare la minuscola comunità cristiana del Karnataka”. La Commissione invece di accertare le responsabilità negli attacchi contro i cristiani, avrebbe usato il rapporto – denuncia il Gcic - per cercare di interferire con “i diritti, garantiti ai cristiani dalla Costituzione, di pregare, professare e praticare la loro fede”. Il Gcic, inoltre, ha sollecitato il governatore di indagare per accertare le ragioni dei continui attacchi contro i cristiani da parte di gruppi estremisti indù. (M.I.)

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    Sri Lanka: un milione e 200 mila sfollati per le alluvioni che hanno colpito il Paese

    ◊   Dopo una breve tregua nelle scorse settimane, sono riprese le alluvioni iniziate lo scorso dicembre e che finora hanno colpito oltre un milione di persone nel nord e nord ovest dello Sri Lanka. Le piogge - riferisce l'agenzia Fides - hanno sommerso strade e villaggi, molte aree sono inaccessibili ai soccorsi e sono stati registrati enormi danni anche all'agricoltura e alle infrastrutture. Secondo i dati del Centro di gestione dei disastri (Dmc) di Colombo, oltre 320 mila persone sono state costrette a lasciare le loro case e circa 88 mila famiglie si trovano ora in 430 tendopoli e negli alloggi pubblici. Ora si temono le epidemie, anche se le autorità sanitarie locali hanno dichiarato che finora non si è verificato nessun tipo di allarme. Prima dell'ultima ondata, la seconda in meno di un mese a colpire la zona, l'unità epidemiologica aveva diramato una circolare a tutti gli ufficiali sanitari regionali con le istruzioni sulle misure preventive da adottare. In un comunicato dell'Irin, agenzia delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari, Sinnathmabi Sharamuham, responsabile regionale per la sanità del distretto di Batticaloa, nella provincia orientale, ha dichiarato che nè tra gli sfollati nè tra le popolazioni colpite si sono registrate malattie. "Continuiamo a monitorare le zone con cliniche mobili – ha detto -. Inoltre gruppi speciali continuano a controllare lo stato nutritivo dei bambini con meno di cinque anni, le strutture sanitarie, la qualità dell'acqua potabile. Per il momento ce la possiamo fare. Il problema arriverà in caso di permanenza prolungata nei campi." Nei distretti di Ampara, Batticaloa e Polonnaruwa molte strade sono invalicabili, le piogge hanno spazzato via tutto. (R.P.)

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    Sudan: Allarme di Medici Senza Frontiere: per gli scontri in Darfur, migliaia di famiglie in fuga

    ◊   Negli ultimi due mesi, i nuovi scontri nel Nord Darfur tra il governo di Karthoum e i gruppi di opposizione, hanno costretto migliaia di famiglie ad abbandonare i propri villaggi. Medici Senza Frontiere (Msf) sta fornendo assistenza medico-umanitaria ai nuovi sfollati, che vivono in condizioni precarie in molti campi a Shangil Tobaya, Dar Alsalam e Tabit. “Le persone sono fuggite all’improvviso con nulla salvo i propri vestiti”, racconta Cristina Falconi, capo missione di Msf in Sudan. “Ora che tutti gli occhi sono puntati sul referendum in Sud Sudan, non dobbiamo dimenticare che ci sono urgenti bisogni medici nel Darfur”. Altrove, nel Sud Darfur, alcuni scontri avvenuti all’inizio di dicembre, hanno costretto alla fuga altre famiglie. Attualmente, una équipe di Msf sta valutando i bisogni più urgenti di centinaia di famiglie sfollate nella località di Shaeria. Msf in Sudan dal 1979 sta fornendo assistenza medica gratuita alla popolazione vittima degli effetti del conflitto armato, dello scarso accesso alle cure mediche, di alluvioni, siccità, epidemie sanitarie ed emergenze nutrizionali. (R.G.)

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    Kenya: appello dei vescovi per il rientro degli sfollati delle violenze post-elettorali del 2008

    ◊   I vescovi del Kenya hanno rivolto un nuovo appello al governo di Nairobi per il rientro degli sfollati costretti a fuggire durante le violenze post-elettorali del 2007-2008. In un comunicato firmato dal presidente della Commissione Giustizia e Pace mons. Zachaeus Okoth, i vescovi denunciano che a tre anni di distanza “ci sono ancora profughi lasciati all’abbandono costretti a vivere nella miseria, nella povertà, nella malattia e nella disperazione”. Si calcola che siano state più di 300mila le persone costrette a fuggire dalle violenze scoppiate dopo le contestate elezioni presidenziali del dicembre 2007 in Kenya, in cui più di mille persone avevano perso la vita. “Ricordiamo al governo – ammoniscono i vescovi keniani - che il suo dovere di assicurare ad ogni persona il diritto ad un’assistenza sanitaria di qualità, a un’abitazione decente, a condizioni igieniche accettabili, a una quantità sufficiente di cibo, acqua e sicurezza sociale”. I vescovi chiedono inoltre all’esecutivo di accelerare i tempi per l’attuazione della nuova Costituzione approvata dal referendum dell’estate scorsa: “ È ora – si legge nella nota – che la nostra Nazione guardi in faccia la verità e la giustizia. Quelli che hanno orecchie hanno inteso la voce del popolo keniano. Diciamo al Presidente e al Primo Ministro: seguite la Costituzione e la giustizia vi renderà liberi”. Quanto alla recente mozione sul ritiro del Kenya dalla lista dei firmatari del Trattato di Roma (atto fondativo della Corte Penale Internazionale), i vescovi invitano nuovamente l’esecutivo a muoversi con estrema cautela esortando tutti i leader politici “a sostenere questo processo di giustizia transitoria”. La misura – lo ricordiamo - era stata approvata dal Parlamento di Nairobi lo scorso 27 dicembre, dopo la pubblicazione da parte del Tribunale dell’Aja dell'elenco dei sospetti responsabili degli scontri del 2008. Nella lista compaiono tra gli altri ministri dell'attuale governo, un ex ministro e l'ex capo della polizia keniana. (L.Z.)

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    Roma: il cardinale Vallini presiederà la veglia di preghiera per i bambini rom

    ◊   Sarà il cardinale vicario di Roma Agostino Vallini a presiedere, domani alle 17.30 nella basilica di Santa Maria in Trastevere, la veglia di preghiera diocesana per i piccoli rom deceduti nella sera di domenica scorsa a seguito dell’incendio divampato nell’accampamento abusivo in cui vivevano, sulla via Appia Nuova. Nella giornata di lutto cittadino voluta dal sindaco Gianni Alemanno, tutta la diocesi di Roma si ritroverà nella chiesa madre della Comunità di Sant’Egidio, che da 43 anni è impegnata nell’assistenza ai poveri e agli emarginati, per pregare insieme ai Rom e ai Sinti della Capitale. Sebastian, Patrizia, Fernando e Raul, le quattro vittime del rogo, ma anche le loro famiglie, devastate dalla tragedia di domenica scorsa. Ci saranno anzitutto loro al centro della liturgia guidata dal cardinale, e con loro anche le tante famiglie rom della Capitale, alle quali va la solidarietà e la vicinanza nella preghiera di tutta la comunità ecclesiale diocesana. (R.P.)

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    Spagna: il cardinale Ouellet inaugura a Madrid il congresso sulla Sacra Scrittura

    ◊   "La relativizzazione della Bibbia, che nega il suo valore di Parola di Dio, rappresenta un'autentica crisi sia esterna che interna alla Chiesa stessa". Lo afferma il cardinale Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i vescovi. Il relatore del Sinodo dei vescovi del mondo sulla Parola di Dio, svoltosi in Vaticano nell'ottobre 2008, ha pronunciato ieri presso il Palazzo dei Congressi di Madrid, la prima conferenza del congresso “La Sacra Scrittura nella Chiesa”, che si chiuderà domani e al quale partecipano 800 persone. “Negli ultimi decenni, una profonda crisi scuote le basi della cultura europea”, ha constatato il porporato canadese. “Una nuova ragion di Stato impone la sua legge e cerca di relegare in secondo piano le radici cristiane dell'Europa. Sembrerebbe che, in nome della laicità, la Bibbia debba essere relativizzata, per dissolversi in un pluralismo religioso e scomparire come referente culturale normativo”, ha osservato. La crisi, ha aggiunto, “è penetrata anche all'interno della Chiesa, visto che una certa esegesi razionalista si è impossessata della Bibbia per sezionare le varie tappe e forme della sua composizione umana, eliminando i prodigi e i miracoli, moltiplicando le ipotesi e seminando non di rado confusione tra i fedeli”. In questo modo, ha riconosciuto, sorgono domande inquietanti: “La Sacra Scrittura non sarà altro che parola umana? Non è vero che i risultati delle scienze storiche invalidano la testimonianza biblica, e quindi la credibilità della Chiesa? Come possiamo continuare a credere, e chi dobbiamo ascoltare?”. Il Sinodo dei Vescovi del 2008, ha spiegato il suo relatore, ha confermato la risposta della Chiesa a queste domande. “Negli interventi dei vescovi si sentiva l'urgenza di approfondire il modo di affrontare il testo biblico. Oltre al metodo storico-critico, di cui si riconoscono meriti e limiti, i Padri del Sinodo hanno raccomandato intensamente la lectio divina”, la meditazione orante della Parola di Dio, “e hanno chiesto lo sviluppo del senso spirituale della Scrittura, sulla linea della grande tradizione patristica”. Parallelamente a questa riflessione della Chiesa universale, la Conferenza episcopale spagnola sta perfezionando una versione ufficiale della Bibbia adattata alla cultura attuale, con tutte le garanzie del rigore scientifico e della comunione ecclesiale, ha riconosciuto il cardinale Ouellet. “Spero che tutta la Spagna benefici di questa iniziativa e possa mostrare all'Europa, oggi come in altre epoche, un cammino rinnovato per l'annuncio del Vangelo”, ha confessato. Nel suo intervento, l'ex primate del Canada ha presentato l'esortazione apostolica postsinodale "Verbum Domini", in cui Benedetto XVI raccoglie le conclusioni del Sinodo sulla Parola e dà impulso alla nuova evangelizzazione, “invitando pastori, fedeli ed esperti nella Bibbia a ritrovare la Parola divina nelle parole umane del testo sacro”. “Di fronte alla sfida della secolarizzazione dell'Occidente cristiano e della crisi di identità del cristianesimo in ambienti pluralisti, la Chiesa risponde con un nuovo annuncio della Parola vivente di Dio in Gesù Cristo, che invita a un rinnovato atto di fede nella Sacra Scrittura”, ha indicato il cardinale. (R.P.)

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    Scandinavia: conclusa a Gerusalemme la Plenaria dei vescovi

    ◊   Durante la sessione plenaria della Conferenza episcopale scandinava che si è svolta a Gerusalemme da ieri al 31 gennaio, i vescovi hanno riflettuto della questione “urgente” degli abusi sessuali sui minori commessi da membri della Chiesa ed hanno discusso un documento che dovrebbe contenere un nuovo e più dettagliato e comprensivo regolamento della materia. “Poiché però – si legge in un comunicato diffuso oggi dalla Conferenza episcopale scandinava, ripreso dall'agenzia Sir – nei nostri Paesi ci sono differenze nella legislazione civile, è apparso impossibile pubblicare una identica serie di regole adatte a tutte le diocesi. E’ stata comunque preparata una linea guida come introduzione teologica e si sta ora formalizzando una comune definizione di abuso sessuale e misure di protezione e di prevenzione. Questi due capitoli saranno poi completati con le specifiche regole vigenti in ciascuno dei cinque Paesi” che compongono la Conferenza episcopale scandinava (Svezia, Danimarca, Norvegia, Finlandia, Islanda). A Gerusalemme i vescovi scandinavi hanno visitato i luoghi santi della città ed hanno potuto incontrare e parlare con i fedeli e i responsabili della Chiesa locale: “La storia della Chiesa di Gerusalemme – scrivono nel comunicato finale – è la nostra storia; il futuro di questa Chiesa ci preoccupa profondamente e riguarda tutti noi. La nostra speranza è che Gerusalemme possa diventare una città di pace proprio perché di profetica importanza per tutti, ebrei, musulmani e cristiani”. I vescovi hanno quindi rieletto per un ulteriore mandato di 4 anni, il vescovo di Stoccolma mons. Anders Arborelius, presidente della Conferenza episcopale; mons. Czeslaw Kozon, vice-presidente; mons. Bernt Eidsvig, membro del Consiglio e suor Anna Mirjam Kaschner, segretario generale. (R.P.)

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    Terra Santa: le autorità palestinesi candidano Betlemme a Patrimonio dell’Umanità

    ◊   Il Ministro del turismo palestinese ha presentato ieri la richiesta ufficiale perché la città di Betlemme entri a far parte del Patrimonio dell’umanità. A detta delle autorità palestinesi, l’inserimento della città nella lista Unesco sarebbe dovuto accadere diverso tempo fa, ma le tensioni tra israeliani e palestinesi hanno sempre frenato la questione. Ora c’è un anno di tempo prima che il comitato per il Patrimonio dell’umanità si riunisca e decida delle candidature, a luglio del 2012. Se Betlemme dovesse essere scelta - riferisce l'agenzia AsiaNews - si stima un’impennata del turismo, visti gli oltre due milioni di pellegrini già attesi per il 2011. Khulud Daibes, ministro del turismo, intervistato dai media locali ha dichiarato: “Siamo orgogliosi per aver presentato la candidatura di Betlemme: luogo dove è nato Gesù, dove si trova la chiesa della Natività”. Oltretutto, per il ministro si tratta di “un momento cruciale per noi palestinesi: il riconoscimento di Betlemme come Patrimonio mondiale dell’umanità è parte integrante del nostro piano per porre fine all’occupazione israeliana, e far nascere lo Stato di Palestina”. La questione è spinosa. Perché se è indubbio che “la chiesa della Natività è un sito del patrimonio mondiale”, come ha dichiarato Louise Haxthausen, capo dell’ufficio Unesco a Ramallah, che ha preparato insieme al ministero la proposta, tuttavia le Nazioni Unite potrebbero non considerare la richiesta. La ragione sarebbe la stessa per cui, ad oggi, Betlemme non è inserita nella lista: la Palestina non è ancora riconosciuta come Stato indipendente. Il conflitto israelo-palestinese è dunque un ostacolo per la nomina di Betlemme. All’inizio dello scorso anno Israele ha deciso di includere la tomba di Rachele a Betlemme e la tomba dei Patriarchi a Hebron in un programma nazionale per il restauro del patrimonio. Una decisione fortemente criticata dall’Unesco, che l’ha definita una “situazione di crescente tensione” nella zona. Entrambi i luoghi infatti sono considerati sacri dalle due religioni. In risposta alle critiche, nel novembre 2010 Israele ha ridotto la sua cooperazione con l’Unesco per protestare contro la descrizione della tomba della matriarca, da parte dell’organizzazione, anche come una moschea. Comunque, Daibes ha dichiarato che Betlemme è solo il primo sito che la Palestina ha deciso di candidare per la lista del Patrimonio dell’umanità, e che Hebron e l’antica città di Gerico saranno le prossime. A sostenere la candidatura di Betlemme anche la Chiesa greco-ortodossa, i cattolici e gli armeni. (R.P.)

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    Il vescovo indiano di Guwahati pronto ad evangelizzare nel vicino Bhutan

    ◊   La sua diocesi di Guwahati, nello stato di Assam (India Nordorientale), è al confine con il Bhutan, un territorio “che da sempre consideriamo con molta attenzione”: l’arcivescovo Thomas Menamparampil confida all’agenzia Fides che “sta studiando e seguendo da vicino le evoluzioni della situazione in Bhutan” e attende con fiducia di poter compiere “importanti passi avanti” nell’evangelizzazione. “Desideriamo con tutto il cuore aiutare la popolazione bhutanese” spiega l’arcivescovo. Naturalmente le difficoltà del presente sono ben note: i predicatori cristiani sono percossi e messi in carcere e non c’è libertà di missione nel Paese. In ogni caso, rimarca l’arcivescovo, “vi sono già vari gruppi cristiani di differenti denominazioni in Bhutan. La politica di volerli registrare ufficialmente potrebbe indicare il desiderio delle autorità di regolamentarne le attività”. Oggi soltanto un prete gesuita, il canadese Kinley Tshering, imparentato con la famiglia reale, è autorizzato a recarsi sporadicamente nel regno buddista. Dopo la parziale apertura del governo, che aveva manifestato l’intenzione di riconoscere le comunità cristiane esistenti, alcuni ordini missionari cattolici hanno offerto la loro disponibilità a recarsi nel Paese. L’arcivescovo Menamparampil, noto per la sua abilità di negoziatore – che ha portato alla pacificazione in diversi conflitti nello stato di Assam – è persona prudente e lungimirante: potrebbe essere la persona che, lontano dai riflettori, svolge un delicato lavoro diplomatico, esplorando nuove possibilità di far fiorire il Vangelo in terra bhutanese. (R.P.)

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    Brasile. Il cardinale Scherer ai cristiani: non scoraggiatevi di fronte alle discriminazioni

    ◊   Appello del cardinale Odilo Scherer, arcivescovo di San Paolo, ai cattolici in Brasile per incoraggiarli di fronte alle notizie sulla persecuzione dei cristiani in varie parti del mondo. Tra noi in Brasile “non c'è aperta persecuzione, né martiri frequenti”, ha osservato mons. Scherer, ad ogni modo, i cattolici e i cristiani in generale subiscono nel mondo “una certa pressione e discriminazione. Sono frequenti le notizie di attentati contro i cristiani nei quali molti perdono la vita, perfino nelle chiese durante le celebrazioni, come è accaduto a Baghdad, in Iraq, o la notte di Capodanno in Egitto”, ha affermato il porporato. “Costoro sono martiri, testimoni di Cristo – ha spiegato - non perché si sono immolati per una causa, ma perché sono stati perseguitati e uccisi per la loro fede. In tutti i periodi della storia del cristianesimo - ha continuato il porporato - ci sono stati martiri e oggi non è diverso”. Nei momenti di prova, ha concluso il cardinale Scherer, “bisogna tornare alle basi della fede per ritrovare le ragioni della nostra speranza e la forza per affrontare i giorni difficili e proseguire nel cammino”. (M.I.)

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    Messico: i vescovi invitano all’impegno e alla solidarietà verso gli ammalati

    ◊   Venerdì prossimo, 11 febbraio, ricorre la Giornata mondiale del Malato. In vista di questo appuntamento, i vescovi della Conferenza episcopale del Messico hanno diffuso una nota in cui si ribadisce l’importanza di tale ricorrenza: “Una Giornata di preghiera come questa - si legge nel testo, a firma di padre José Juan Sánchez Jácome, dell’Arcidiocesi di Xalapa – esige che noi cristiani non viviamo ignorando i dolori e le sofferenze patite da molte persone. Preghiamo quindi il Signore perché tutti gli infermi avvertano la sua presenza amorevole e la sua consolazione. Ma anche noi dobbiamo impegnarci, attraverso le istituzioni sanitarie e le strutture pastorali, così che gli ammalati si sentano curati fisicamente, moralmente e spiritualmente, e confortati per le loro condizioni”. “L’11 febbraio - si legge ancora – ci aiuti a comprendere che il vero amore ha a che vedere con il dono, con l’impegno generoso, con il sacrificio e la rinuncia, vale a dire che l’amore autentico consiste nel dare e non soltanto nel ricevere”. I vescovi messicani fanno un richiamo, poi, anche alla Festa di San Valentino, che ricorre il 14 febbraio, e che nell’accezione comune ha una veste prettamente commerciale, legata alla vendita di fiori e cioccolatini: “L’amore è qualcosa di più di un cuore decorato artisticamente che si regala con un gesto d’affetto”, sottolinea la nota episcopale, invitando poi i fedeli ad impegnarsi nell’assistenza agli infermi ed a riscoprire, così, il vero senso cristiano dei sentimenti. Infine, la Conferenza episcopale messicana conclude con un ringraziamento a tutto il personale medico-sanitario che lavora negli ospedali, così come ai sacerdoti, ai religiosi ed ai laici che si impegnano “con una dedizione speciale” alla tutela della dignità dei malati. (I.P.)

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    Afghanistan. Protestano le Ong: nuova legge mette a rischio i centri delle donne maltrattate

    ◊   Nuovi rischi per i diritti delle donne in Afghanistan. Una nuova legge stabilisce che i centri per le vittime di abusi e violenze siano gestiti dal ministero afgano per gli Affari delle donne. A lanciare l’allarme sono l'Ong afgana Hawca (Humanitarian Assistence for Women and Children in Afghanistant) e l'italiana Cisda (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afgane), secondo cui queste strutture finirebbero per essere affidate a personale estraneo alla cultura dei diritti delle donne. La legge per decreto del presidente Karzai prevede il passaggio al ministero di tutti i centri entro 45 giorni, mentre un precedente provvedimento della Corte suprema già stabiliva che le donne rifugiatesi nelle strutture delle Ong senza un loro parente commettessero un reato. Il problema è sorto, spiega Selay Ghaffar responsabile di Hawca, quando “il presidente ha nominato due commissioni, una per monitorare i centri, composta tutta da persone non impegnate per i diritti delle donne”, l'altra per risolvere la questione dei centri sotto la guida della Corte suprema, anche in questo caso formata da persone convinte che "una donna che lascia la casa non è una buona donna”. Infine, segnala l'operatrice afgana, vi sono “tentativi del governo e di alcune ambasciate di legalizzare la giustizia informale”, quella cioè delle Jirga, le assemblee tribali degli anziani, “dove una donna diviene sempre vittima di sentenze come la lapidazione”. I centri di sostegno per le donne afgane sono da settimane oggetto di una campagna denigratoria nel Paese, dopo che un controverso conduttore di una Tv privata li ha accusati di incoraggiare la prostituzione o altri comportamenti immorali. (M.I.)

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    Mauritius: contestato l'insegnamento della "Conoscenza della Bibbia" nelle scuole

    ◊   “La ‘Conoscenza della Bibbia’ non è volta a propagare la fede cristiana”: risponde così l’Ufficio dell’Educazione cattolica (Bec) delle isole Mauritius alle affermazioni dell’associazione Kranti, secondo la quale l’insegnamento nelle scuole della materia Conoscenza della Bibbia verrebbe imposto nelle scuole cattoliche, e del Consiglio delle Religioni che auspica lo studio di tutte le religioni perché i bambini imparino a conoscere i diversi credo per una migliore comprensione dell’altro. Il Bec, riporta la testata on line www.lexpress.mu, specifica in comunicato che la “Conoscenza della Bibbia” è una materia scolastica registrata presso la Private Secondary Schools Authority come facoltativa e che essa non è imposta. In seguito ad una denuncia dell’associazione Kranti che critica l’acquisto per gli studenti, qualificato come “obbligatorio”, del libro di testo della materia “Conoscenza della Bibbia”. L’Ufficio dell’Educazione cattolica precisa che l’insegnamento è totalmente dissociato dalla catechesi, che la Bibbia è studiata come un testo letterario, storico e culturale e che è importante che i bambini vengano educati “nel rispetto di tutte le comunità e la conoscenza delle altre religioni”. Il comunicato del Bec specifica poi che “la scelta dei genitori per un collegio cattolico implica l’accettazione del Progetto Educativo che mira allo sviluppo integrale dei giovani che vuol dire anche un dialogo interculturale e interreligioso, nel mutuo rispetto di tutti”. Padre Philippe Goupille, presidente del Consiglio delle Religioni, sottolinea che “c’è un problema di incomprensioni reciproche a Mauritius” e che la polemica è da considerare come un’occasione per “riflettere sulle modalità di un nuovo approccio alla materia”. Per il presidente del Consiglio delle Religioni è positivo che bambini cristiani, indù e musulmani familiarizzino con le sacre scritture delle altre religioni. Da parte sua il responsabile dell’associazione Kranti, Ajeet Gopal precisa che l’associazione non è contro l’insegnamento della Conoscenza della Bibbia e che accanto alla Bibbia dovrebbero essere studiati altri testi sacri come il Corano o il Bhagavd Gita. (T.C.)

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    Russia: per il patriarca Kirill le relazioni ecumeniche sono una priorità

    ◊   I rapporti tra le diverse Chiese sono stati il tema centrale dell’intervento del patriarca Kirill svolto nel corso della riunione plenaria dei 216 vescovi della Chiesa ortodossa russa che si è tenuta a Mosca la settimana scorsa. Per Kirill, le relazioni con le altre Chiese ortodosse «sono una priorità nelle attività della Chiesa ortodossa». Con il Patriarcato di Costantinopoli — ha spiegato — «non deve esistere un atteggiamento di concorrenza e il rapporto deve basarsi sulla reciproca collaborazione». Per quanto riguarda la Chiesa cattolica - riferisce L'Osservatore Romano - il patriarca ha sottolineato «l’importanza del dialogo teologico che deve però svolgersi in modo coerente». Per Kirill la strada si preannuncia comunque «lunga e difficile», pur sottolineando che «ci sono molti temi su cui le nostre posizioni sono comuni come quelli sull’influenza nel sociale della laicità liberale, sugli aspetti negativi della globalizzazione, sui problemi di etica sociale ed economica, sulla crisi dei valori tradizionali della famiglia e sullo stravolgimento dello stesso concetto di moralità». Riguardo al rapporto con i protestanti, il patriarca ha osservato che con alcuni di loro il divario si è ulteriormente allargato fino al punto che «in materia di teologia, di ecclesiologia e d’insegnamento morale si nota un approccio sempre più secolarizzato da parte di molte comunità che aderirono alla riforma». Al termine dell’intervento, Kirill ha augurato che «le varie componenti della Chiesa possano sempre più lavorare insieme», che si possano «approfondire le relazioni tra il vescovo, i membri del clero e i fedeli laici, tra i presuli delle diverse diocesi, tra la Chiesa e lo Stato per diffondere la “cultura ortodossa” tra gli studenti delle scuole della Federazione Russa». (R.P.)

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    Belgio: i giovani cattolici si preparano alla Gmg di Madrid

    ◊   Per migliaia di giovani, l'avvenimento dell'anno 2011 sarà la Giornata mondiale della Gioventù dall'11 al 21 agosto a Madrid. Nella capitale spagnola si attendono 2 milioni di giovani provenienti da tutto il mondo. Tra loro ci saranno anche i giovani del Belgio che in questi giorni hanno iniziato un percorso di preparazione in vista di questo grande incontro della Chiesa, "festa della fede - si legge sul sito della Conferenza episcopale catho.be -, luogo di approfondimento e di scambio". Per l'occasione – riferisce l’agenzia Sir - anche in Belgio è stato predisposto un sito Internet dedicato alla Gmg www.jmj.be dove i giovani dal 17 ai 30 anni possono trovare tutte le informazioni per l'avvenimento e le modalità per parteciparvi . Sono proposti due differenti percorsi: una più breve, l'altro più lungo. Alla Gmg sono inviati tutti i giovani delle scuole, delle parrocchie e dei gruppi. Nei prossimi giorni poi in diversi punti del Paese, l'equipe nazionale di pastorale giovanile ha organizzato una serie di serate informative per quanti sono interessati alla Gmg, giovani e animatori. "Partire per una Gmg - viene spiegato sul sito - è una esperienza forte e importante per i giovani che vanno pertanto accompagnati, sostenuti in questa avventura un po' folle ma indimenticabile, che fa crescere nella fede". (L.Z.)

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    Svizzera: l'omaggio dei vescovi a suor Hedwig Walter, monaca e poetessa benedettina

    ◊   Una donna che ha messo il suo talento al servizio di Dio. Così la Conferenza episcopale svizzera (CES) ha voluto rendere omaggio a suor Hedwig (Silja) Walter, monaca benedettina e poetessa morta il 31 gennaio all'età di 91 anni nel convento di Fahr. In una nota diffusa nei giorni scorsi - riferiscono le agenzie Apic e Sir - i vescovi elvetici ricordano che la religiosa” ha dedicato tutta la sua vita alla ricerca di Colui che è la fonte di tutte le cose. Con il suo linguaggio unico, ella ha saputo guidare molte persone in questa ricerca". Vissuta sempre nella Chiesa, per lei "le esperienze difficili non sono state mai motivo di rassegnazione ma, al contrario, di sfida". Le sue opere, si legge ancora nella nota, ci fanno partecipare "alla sua lotta e alla sua ricerca. Attraverso le sue parole, ha toccato molte persone che la Chiesa non avrebbe raggiunto. Ma la sua presenza pervade anche il florilegio di preghiere della Chiesa attraverso canzoni, inni e poesie. In tutto il suo lavoro" suor Hedwig "si fa testimone della presenza di Dio. Nel mistero di Dio ha cercato il suo rifugio - qui e per sempre". Di qui il ringraziamento dei presuli a Dio "per averci donato questa benedettina che ha messo i suoi talenti al servizio della gloria di Dio". (L.Z.)

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    In Campidoglio il presidente Napolitano rende l’ultimo omaggio a Giovanni Bollea

    ◊   Commozione stamane nella camera ardente allestita in Campidoglio per l’ultimo omaggio al prof. Giovanni Bollea, padre della neuropsichiatria infantile italiana, spentosi domenica a Roma, all’età di 97 anni. Tra le autorità, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, accolto dal Sindaco Gianni Alemanno. “Grande scienziato e terapeuta”, “grande educatore e comunicatore”, “protagonista del progresso civile e democratico” del suo Paese. Così Napolitano nella nota di cordoglio per la scomparsa di Bollea, lo studioso “che ha saputo aprire strade nuove alla conoscenza, allo sviluppo della medicina e della sanità pubblica a tutela dell'infanzia.” Laureato in medicina nel ’38, specializzatosi a Losanna, in Svizzera, Bollea era rientrato nel dopoguerra in Italia rivoluzionando la neuropsichiatria infantile, introducendo per la prima volta la psicoanalisi, la psicoterapia di gruppo e il lavoro d’equipe nella storica clinica universitaria della Sapienza a Roma, che oggi porta il suo nome. “Un’eredità che, insieme ai suoi 250 lavori e pubblicazioni rimarrà – auspica Napolitano - di esempio e di monito alla comunità scientifica e alle future generazioni.” Tanti i messaggi di stima e affetto giunti da autorità, pazienti, amici e collaboratori. Proprio su questi grava la più grande responsabilità di raccogliere l’eredità di Bollea, di proseguirne il “sogno incompiuto di fondare in Italia la Psichiatria dell’Infanzia e dell’Addolescenza”, sottolinea Gabriel Levi, che oggi dirige l’Istituto da lui fondato. Istituto a rischio di tagli economici, che lotta per sopravvivere, privato degli assistenti sociali e che certo non assolve bene ai suoi compiti, se ci sono liste di attesa fino a quattro mesi per i ricoveri e le visite ambulatoriali. Spesso critico sull’indifferenza della società e l’ignavia della politica verso l’infanzia, Bollea lamentava negli ultimi anni della sua vita: “oggi si è perso il valore essenziale dell’amore verso gli altri, bisogna tornare a valorizzarlo.” Si spera dunque che alle belle parole spese per la morte di Giovanni Bollea seguano fatti concreti per tramandarne l’opera umana e scientifica. (A cura di Roberta Gisotti)

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    24 Ore nel Mondo



    Crisi ambientale al centro oggi del Forum sociale mondiale in Senegal

    ◊   Terzo giorno a Dakar, in Senegal, del Forum sociale mondiale. Al centro del dibattito di oggi la crisi ambientale legata ai cambiamenti climatici, all’esaurimento di risorse naturali essenziali come l’acqua, all’accaparramento delle terre, alla desertificazione e alla perdita di biodiversità. Da Dakar, Marina Piccone:

    Diritti e protezione sociale dei migranti, cambiamenti climatici strategia di resistenza globale e diritti delle donne e dei bambini: sono alcuni dei circa 300 seminari che si terranno oggi qui al Forum. Tra questi, segnaliamo quello di Martine Aubry, segretario del partito socialista francese, che parlerà dell’acqua e quello di Massimo D’Alema, che interverrà sulla questione delle immigrazioni. Intanto, parallelamente, si tiene il Forum dei Padri comboniani riuniti qui dai vari Paesi del mondo. Ieri, l’intervento più atteso è stato quello dell'ex presidente brasiliano, Lula da Silva, che ha parlato tra l’altro dell’importanza dell’indipendenza politica dei Paesi e della protesta del popolo maghrebino contro i governi. “Negli incontri internazionali come il G20 - ha detto - si parla tanto dei Paesi in via di sviluppo ma nessuno è veramente interessato a risolvere il problema della povertà”. Polemiche ci sono state sull’intervento di Wade, presidente del Senegal, che ha criticato Lula sull'azione con la quale l'ex capo di Stato ha prodotto i cambiamenti per il suo Paese.

    Tunisia, transizione politica
    Situazione tesa in Tunisia, dove la Camera dei deputati ieri ha approvato un progetto di legge che conferisce pieni poteri al presidente ad interim, Foued Mebazaa, per la gestione della fase di transizione politica. Il Ministero della difesa, intanto, ha richiamato in servizio diversi riservisti per far fronte alle violenze che, a tre settimane dalla destituzione del presidente Ben Ali, ancora scuotono il Paese.

    Proteste estreme in Algeria
    Ancora proteste in Algeria. Sette giovani disoccupati si sono feriti con un coltello su diverse parti del corpo minacciando il suicidio collettivo durante una protesta davanti alla sede del comune di Sidi Ammar, vicino ad Annaba, nell’est del Paese. Almeno 16 persone sono inoltre rimaste ferite negli scontri esplosi ieri a El Harrouch, vicino a Skikda.

    Manifestazioni in Yemen e Marocco
    Nello Yemen, molti giovani si stanno preparando ad un’altra manifestazione, prevista per dopodomani contro il presidente, Ali Abdullah Saleh, e inscenata per chiedere riforme politiche per il Paese arabo. Anche in Marocco i partiti islamici chiedono un’urgente svolta democratica.

    Amnesty, in Iraq prigionieri torturati in carceri segrete
    Le forze di sicurezza irachene avrebbero torturato diversi prigionieri per estorcere confessioni con cui incriminarli. A denunciarlo è Amnesty International, secondo cui sono almeno 30 mila le donne e gli uomini detenuti nel in Iraq. Alcuni prigionieri sarebbero rinchiusi in strutture segrete gestite direttamente dal governo.

    Tribunale dell’Aja, processo a Taylor
    I crimini contro l’umanità commessi durante la guerra civile in Sierra Leone non sarebbero stati possibili senza le responsabilità Charles Taylor: è la tesi ribadita oggi dagli inquirenti, a conclusione della prima fase del processo nei confronti dell’ex-presidente della Liberia. All’Aja, la città olandese sede del Tribunale speciale incaricato di giudicare i responsabili dei crimini commessi in Sierra Leone negli anni ’90, i pubblici ministeri hanno affermato che Taylor si è reso colpevole di stragi e abusi dei diritti umani finanziando i ribelli del Fronte rivoluzionario unito (Ruf) attraverso la vendita di diamanti.

    Obama: al Qaeda sarà sconfitta
    Al Qaeda sarà sconfitta e i talebani non riprenderanno il potere in Afghanistan. E’ quanto ha affermato il presidente americano, Barack Obama, in un’intervista rilasciata ieri all’emittente televisiva statunitense "Fox News"’. Il capo di Stato americano ha anche affermato che le truppe statunitensi in Afghanistan hanno realizzato “un lavoro straordinario”. I talebani – ha aggiunto – non riprenderanno il Paese, anche se continueranno “a giocare un ruolo” in Afghanistan.

    Rivendicato l’attentato allo scalo di Mosca
    Doku Umarov, fondamentalista islamico ceceno che si autodefinisce “emiro del Caucaso del nord”, ha rivendicato in un video la responsabilità dell’attentato kamikaze all’aeroporto Domodedovo di Mosca che, lo scorso 24 gennaio, ha provocato la morte di 36 persone. Nel filmato, pubblicato su Internet, l’uomo minaccia ulteriori attacchi in Russia. Umarov, che è stato ministro della Sicurezza nel governo ceceno fra il 1996 e il 1999, lo scorso anno ha rivendicato anche l’attentato compiuto il 29 marzo del 2010 nella metropolitana di Mosca e costato la vita a 40 persone. Nel Caucaso, la guerriglia rivendica la creazione di uno Stato islamico comprendente Cecenia e Daghestan.

    Russia, espulso un giornalista britannico
    Luke Harding, il corrispondente da Mosca del Guardian e uno dei reporter del giornale che ha lavorato sul materiale pubblicato dal sito Wikileaks, è stato espulso dalla Russia. E’ la prima volta che un giornalista britannico viene cacciato da quel Paese dalla fine della Guerra fredda. La partenza forzata di Harding è avvenuta dopo che il giornalista aveva lavorato sui documenti segreti consegnati al Guardian dal sito di Julian Assange.

    Wikileaks, nuova udienza per Assange
    Nuova udienza al tribunale di Londra per il fondatore di Wikileaks, Julian Assange, per la sua estradizione in Svezia, formalizzata per un’accusa di stupro da parte di due donne. Assange si è sempre dichiarato innocente.

    Ungheria, emendamenti alla legge sui media
    L’Ungheria, Paese che detiene la presidenza di turno dell’Unione Europea, invierà giovedì prossimo a Bruxelles una bozza di possibili emendamenti alla controversa legge sui media. La Commissione dell’Ue non ha ritenuto tale legge conforme alle norme europee sull’audiovisivo. Le riserve di Bruxelles riguardano, principalmente, l’obbligo di registrazione per ogni tipo di testata e le multe per i media che non offrono “informazione equilibrata”, inclusi semplici blogger. La Commissione europea ha anche chiesto delucidazioni sull’autorità di sorveglianza dei media, composta esclusivamente da personalità vicine a Fidesz, il partito di destra del premier Viktor Orban.

    Banca centrale europea contraria a ristrutturazione dei debiti
    Parere positivo alla ristrutturazione dei conti pubblici secondo i programmi concordati con Grecia e Irlanda. Posizione contraria, invece, alla ristrutturazione dei loro debiti. Questo il messaggio lanciato ieri da Jean-Claude Trichet, presidente della Banca centrale europea, giunto a Bruxelles per l’audizione mensile davanti alla Commissione affari economici e monetari dell’europarlamento. “Invece di pensare alla ristrutturazione del debito - ha detto Trichet - vanno attuati i programmi di riduzione dei deficit e di risanamento dei conti pubblici in Grecia come in Irlanda allo scopo di ritrovare credibilità”.

    Oceano indiano, attaccata petroliera italiana
    Una petroliera italiana è stata attaccata dai pirati nell'Oceano Indiano, al largo delle coste somale. Cinque uomini a bordo di una piccola imbarcazione hanno sparato colpi di mitra e lanciato alcuni razzi verso la petroliera. Secondo diverse fonti, non ci sarebbero stati feriti. Nella zona, intanto, si sta dirigendo la fregata della marina italiana Zeffiro, impegnata nell'area nell'operazione anti-pirateria dell'Ue Atalanta. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 39



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