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Sommario del 05/02/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI ordina cinque vescovi: siate intrepidi annunciatori della verità di Dio, non servi dello spirito del tempo
  • Nomine
  • Il cardinale Ravasi: grande interesse per il Cortile dei Gentili voluto dal Papa per rilanciare il dialogo con i non credenti
  • Guardando al Nord Africa: l’editoriale di padre Federico Lombardi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Egitto, prosegue la protesta. Esplode un gasdotto nel Sinai. Al via i negoziati tra Suleiman e l'opposizione
  • Cinque anni fa l’uccisione di don Andrea Santoro. Mons. Feroci: testimone di Cristo per il Medio Oriente
  • "Agenda della convivenza" tra cristiani e musulmani: l'iniziativa della Comunità di Sant'Egidio
  • Congresso latinoamericano sulle vocazioni. Il cardinale Damasceno Assis: scoprire il progetto di Dio per ciascuno di noi
  • Sugli schermi in Italia “Biutiful” di González Iñárritu
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Costa d'Avorio: dono del Papa agli sfollati in seguito agli scontri inter-etnici
  • I vescovi pakistani: un errore ritirare gli emendamenti alla legge sulla blasfemia
  • Etiopia: cristiani minacciati e obbligati a convertirsi
  • Congo. Un battello della solidarietà: così l’Onu sostiene le donne vittime di violenza sessuale
  • Domani Giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili
  • Germania: la risposta dei vescovi al documento di 143 teologi tedeschi
  • Messico. Uccisa missionaria protestante: dietro l’omicidio l’ombra del narcotraffico
  • Colombia: “Giornata delle mani rosse” per dire basta ai bambini soldato
  • Perù. L’arcivescovo di Lima: un politico abortista non è preparato a governare
  • Cile: parlamentari cattolici chiedono un dialogo frequente con la Chiesa sui valori fondamentali
  • Somalia: l'Onu lancia un nuovo piano contro la pirateria
  • Il cardinale Etchegaray: “La Chiesa in Cina ha bisogno dell’unità con il Papa"
  • Pakistan: Radio Veritas Asia in urdu compie 25 anni
  • Isole Salomone: inaugurata una nuova scuola superiore dedicata a Don Bosco
  • I Gesuiti di Asia-Pacifico: una regione enorme, giovane e in crescita
  • Il cardinale Tauran: “Il dialogo è via maestra alla pace e collaborazione tra i popoli”
  • Usa: allo studio un nuovo Ordinariato per anglicani
  • Indagine Usa: i giovani cattolici non hanno abbandonato la fede
  • Parigi: incontro nazionale delle comunità cristiane delle "Grandi Scuole"
  • Il cardinale Bagnasco ai giovani: distinguere la vera vita da quella apparente
  • Napoli: il cardinale Sepe presenta l'Anno Giubilare nello spirito delle opere di misericordia
  • Milano: il cardinale Tettamanzi invita ad apprezzare di più i politici cattolici

  • 24 Ore nel Mondo

  • Tregua dopo 24 ore di scontri al confine tra Thailandia e Cambogia
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI ordina cinque vescovi: siate intrepidi annunciatori della verità di Dio, non servi dello spirito del tempo

    ◊   “Gettare la rete del Vangelo nel mare agitato del nostro tempo” per tirare fuori gli uomini “dalle acque saline della morte”: quelle di un mondo che nega Dio. Nella cornice solenne dell’Altare della Cattedra, nella Basilica San Pietro, Benedetto XVI ha lasciato questa consegna spirituale ai cinque nuovi vescovi da lui stesso ordinati questa mattina. Il Papa ha invitato i neo presuli a curare i quattro fondamenti sui quali da duemila anni si regge la comunità cristiana: la perseveranza nell’insegnamento degli Apostoli, la comunione, l’Eucaristia e la preghiera. La cronaca della celebrazione nel servizio di Alessandro De Carolis:

    (musica)

    Un vescovo, nel momento in cui sul suo capo Dio pone le sue mani, assume un compito chiaro: quello di liberare l’uomo “dalla povertà di verità”, donandogli quella di Cristo, e di non essere mai, in nessun caso, un “servo dello spirito del tempo”. È un contrasto vivido quello che Benedetto XVI disegna gradualmente al cospetto dei quattro sacerdoti che di lì a poco consacrerà vescovi: il cinese Savio Hon Tai-Fai, lo spagnolo Celso Morga Iruzubieta, il venezuelano Edgar Peña Parra e i due italiani Marcello Bartolucci e Antonio Guido Filippazzi. Il vostro primo compito, ha detto loro, è quello di entrare “nel campo della storia umana”, il campo dove si lavora per la messe di Dio, la cui luce l’umanità oggi spesso rifugge:

    “La messe è abbondante” – anche oggi, proprio oggi. Anche se può sembrare che grandi parti del mondo moderno, degli uomini di oggi, volgano le spalle a Dio e ritengano la fede una cosa del passato – esiste tuttavia l’anelito che finalmente vengano stabiliti la giustizia, l’amore, la pace (...) È la nostalgia del Redentore, di Dio stesso, anche lì dove Egli viene negato (...) Al tempo stesso il Signore ci lascia capire che non possiamo essere semplicemente noi da soli a mandare operai nella sua messe; che non è una questione di management, della nostra propria capacità organizzativa”.

    Un “grande compito”, quindi, che Benedetto XVI declina nei “quattro elementi portanti”, come li chiama, sui quali prese forma la prima comunità cristiana, divenendo modello per le successive. Il primo, ha ricordato, è la “perseveranza” nell’insegnamento degli Apostoli, cioè in una fede che “non è una spiritualità indeterminata”, ma ha un contenuto concreto” immune da condizionamenti:

    “Il Pastore non deve essere una canna di palude che si piega secondo il soffio del vento, un servo dello spirito del tempo. L’essere intrepido, il coraggio di opporsi alle correnti del momento appartiene in modo essenziale al compito del Pastore. Non deve essere una canna di palude, bensì (… ) deve essere come un albero che ha radici profonde nelle quali sta saldo e ben fondato. Ciò non ha niente a che fare con la rigidità o l’inflessibilità. Solo dove c’è stabilità c’è anche crescita”.

    Secondo pilastro dell’esistenza ecclesiale è la “comunione”, quella “catena” che lega i cristiani a chi prima di loro ha conosciuto e materialmente toccato Dio, attraverso Gesù. Una catena di testimoni che proprio la successione apostolica deve mantenere unita:

    “Voi, cari Confratelli, avete la missione di conservare questa comunione cattolica. Sapete che il Signore ha incaricato San Pietro e i suoi successori di essere il centro di tale comunione, i garanti dello stare nella totalità della comunione apostolica e della sua fede. Offrite il vostro aiuto perché rimanga viva la gioia per la grande unità della Chiesa, per la comunione di tutti i luoghi e i tempi, per la comunione della fede che abbraccia il cielo e la terra”.

    Ciò che la prima comunità cristiana aveva subito compreso era che essa poteva sentirsi tale solo attorno “allo spezzare del pane”. Da lì l’Eucaristia, ha ripetuto Benedetto XVI, è divenuta il “centro della Chiesa”. Deve esserlo dei sacerdoti quanto di ogni singola persona di fede:

    “Spezzare il pane – con ciò è espresso insieme anche il condividere, il trasmettere il nostro amore agli altri. La dimensione sociale, il condividere non è un’appendice morale che s’aggiunge all’Eucaristia, ma è parte di essa. (…) Stiamo attenti che la fede si esprima sempre nell’amore e nella giustizia degli uni verso gli altri e che la nostra prassi sociale sia ispirata dalla fede; che la fede sia vissuta nell’amore”.

    Infine, quarto cardine, la preghiera. Sia personale e intensa, ha raccomandato il Papa – una “lotta” con Dio, una “ricerca”, e insieme una lode. Perché solo nella profondità dell’anima si trova l’altezza, la “misura alta” della vita.

    (musica)

    L’omelia si dissolve sulle fisionomie dei cinque nuovi pastori, su quel loro volo, “voglio”, ripetuto nove volte a suggello di altrettanti impegni. Sulle loro figure prone a terra mentre le litanie cercano il cielo, sulle mani di Benedetto XVI che si posano in preghiera sulla loro testa e poi sul libro del Vangelo, poggiato su coloro che sono stati unti come nuovi pilastri della fede. E mentre la consegna dell’anello, della mitra e del pastorale rendono più netta per ciascuno la nuova dignità che li riveste, i loro volti sembrano riflettere l’ultima consegna del Papa:

    “Siete chiamati a gettare la rete del Vangelo nel mare agitato di questo tempo per ottenere l’adesione degli uomini a Cristo; per tirarli fuori, per così dire, dalle acque saline della morte e dal buio nel quale la luce del cielo non penetra. Dovete portarli sulla terra della vita, nella comunione con Gesù Cristo”.

    (musica)

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    Nomine

    ◊   Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Karaganda (Kazakhstan), presentata da mons. Jan Paweł Lenga, in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede mons. Janusz Kaleta, finora vescovo titolare di Felbes, lasciandogli in pari tempo, donec aliter provvideatur, l’incarico di amministratore apostolico di Atyrau

    Il Papa ha nominato vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Maria Santissima in Astana (Kazakhstan) mons. Athanasius Schneider, vescovo titolare di Celerina, finora ausiliare di Karaganda.

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    Il cardinale Ravasi: grande interesse per il Cortile dei Gentili voluto dal Papa per rilanciare il dialogo con i non credenti

    ◊   Poco più di un anno fa, il 21 dicembre 2009, Benedetto XVI aveva espresso il desiderio che la Chiesa aprisse una sorta di “Cortile dei Gentili”, un luogo – disse il Papa – “in cui gli uomini possano, in una qualche maniera, agganciarsi a Dio, senza conoscerlo e prima che abbiano trovato l’accesso al suo mistero”. Queste parole hanno ispirato la creazione, in seno al Pontificio Consiglio della Cultura di una nuova struttura permanente destinata a favorire lo scambio e l’incontro tra credenti e non credenti. Il “Cortile dei Gentili”, nome che evoca lo spazio del Tempio di Gerusalemme aperto anche ai non credenti, sarà varato ufficialmente a Parigi il 24 e 25 marzo, ma la presentazione avrà un preambolo italiano a Bologna il prossimo 12 febbraio. Fabio Colagrande, ha chiesto i dettagli dell’appuntamento parigino al cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura:

    R. - E’ sicuramente un evento particolarmente complesso, vasto, perché sono coinvolte le presenze più alte della cultura francese. I momenti fondamentali saranno quattro: il primo momento sarà alla Sorbona e vedrà un dialogo tra intellettuali; il secondo momento, si terrà all’Unesco, dove verrà invece affrontata più la dimensione socio-politico-culturale; il terzo momento, sarà rappresentato da un luogo esclusivo, dove saranno per eccellenza i membri ad essere interlocutori e cioè l’Accademia di Francia, la celebre “Coupole”; nel quarto momento, infine, abbiamo voluto allargare questo “Cortile” ed entrare in un cortile spaziale, l’immensa piazza che si trova davanti alla Basilica di Notre-Dame, dove saranno convocati i giovani, che assisteranno certamente ad uno spettacolo, ma che avranno anche l’occasione per poter varcare - forse - questo "Cortile" ed entrare - se lo vogliono - credenti e non credenti, all’interno del Tempio, dove la comunità di Taizé preparerà un modulo di preghiera per mostrare anche ai non credenti come il credente invoca il suo Dio.

    D. - Chi saranno i partecipanti annunciati a questa due-giorni parigina?

    R. - L’elenco è, ovviamente, lunghissimo. Io penso che potremmo evocare i nomi della cultura francese, partendo da Julia Kristeva a Luc Ferry, a Jean-Luc Marion, a Besançon, a Bourgeois, a Dubreuilh: personalità molto varie del mondo della cultura francese, convocate soprattutto affinché siano loro ad essere gli attori di questo momento. La mia presenza sarà soltanto di saluto, di apertura. C’è poi, naturalmente, la presenza del Papa, che in videoconferenza lancerà il suo messaggio ai giovani, la sera, che saranno presenti nell’area del cortile di Notre-Dame.

    D. - Precederà questo varo del “Cortile dei Gentili” a Parigi una sorta di preambolo italiano, a Bologna, sabato 12 gennaio…

    R. - E’ sbocciata all’interno dell’università stessa, un’università ovviamente laica, che - avendo avuto notizia soprattutto dell’evento che si sarebbe celebrato alla Sorbona - ha fatto notare che, in verità, la prima grande università europea è proprio quella di Bologna. E’ per questo motivo che ha voluto idealmente rinverdire l’antica tradizione delle “questioni disputate” - come si usava dire allora - tra credenti e non credenti in questo caso, mentre allora era tra le diverse opinioni e le diverse tesi. Sarà costituito da quattro docenti che, a loro modo, interloquiranno e presenteranno profili differenti, nei quali può accadere lo scontro e il dialogo tra credenti e non credenti: il diritto, la filosofia, la letteratura e la scienza. E poi un’attrice intervallerà questi momenti con la voce dei grandi del passato - Pascal, la voce di Agostino, ma anche la voce Nietzsche - in modo che si mostri che questo dialogo è un dialogo che affonda le sue radici anche in un lontano passato.

    D. - Questi incontri di Bologna e di Parigi saranno, però, solamente i primi di una serie di iniziative internazionali: possiamo magari citare qualche città e dire che l’iniziativa del “Cortile dei Gentili” sta incontrando un grandissimo interesse?

    R. - L’interesse che sta registrando è veramente sorprende anche per me, che pure ho dato l’avvio con qualche reticenza, pensando quasi inizialmente di poter celebrare qualcosa a Parigi come città-emblema della laicità, ma in un ambito cattolico e cioè nel Collegio dei Bernardins. Poi invece ho visto questo ramificarsi e questo ramificarsi sta allargandosi sempre più e con tipologie molto diverse. Sarà ora compito nostro seguirlo, ma soprattutto lasciare che anche altri lo facciano. Pensiamo ora a Tirana, pensiamo di poterlo fare anche a Stoccolma il prossimo novembre. E in questo caso sarà curioso, perché a patrocinare l’evento sarà indubbiamente il Pontificio Consiglio della Cultura - un organo tipicamente cattolico - ma ci saranno poi dei teologi o comunque dei credenti luterani. Si pensa poi di varcare l’Oceano e di andare in Paesi più remoti, partendo dagli Stati Uniti dove c’è già un interesse a Chicago e a Washington; e poi ancora in Paesi dove il cattolicesimo non è presente in maniera significativa, ma dove è presente una religiosità di altro genere: pensiamo all’Asia. (mg)

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    Guardando al Nord Africa: l’editoriale di padre Federico Lombardi

    ◊   La comunità internazionale segue con grande attenzione, in questi giorni, gli sviluppi della situazione in Egitto alle prese con una vera e propria rivoluzione sociale e politica. Su quanto sta accadendo in Nord Africa, ascoltiamo il commento di padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    Il mondo guarda in queste settimane all’Africa settentrionale e al Medio Oriente. Prima alla Tunisia, poi all’Egitto e agli altri Paesi dove si sono messi in movimento processi di cambiamento politico ancora difficili da definire e valutare, ma certamente così significativi da far parlare di una “rivoluzione”.

    Tutti speriamo che ai popoli coinvolti vengano risparmiati la violenza ed il sangue e che non si prolunghino i tempi di instabilità in cui appunto il rischio di contrapposizioni e scontri è maggiore. Naturalmente le difficoltà economiche, la condizione di povertà che prova grandi strati delle popolazioni, acuita dalla crisi economica globale, ha avuto un peso molto grande nell’origine delle proteste; ma come hanno osservato i vescovi dell’Africa del Nord, si deve anche riconoscere un’attesa di maggiore “libertà e dignità” che riguarda “in particolare le generazioni più giovani della regione, che si traduce nella volontà che tutti siano riconosciuti come cittadini, e cittadini responsabili”.

    Le popolazioni dell’area hanno un’altissima percentuale di giovani, che non vedono davanti a sé prospettive aperte di futuro. In questo contesto tornano alla mente le istanze avanzate dal Sinodo per il Medio Oriente pochi mesi fa, quando auspicava per i cristiani i pieni diritti di cittadinanza nei loro rispettivi Paesi. Ora sono popoli interi che, per realizzare meglio la loro dignità, chiedono di esercitare più responsabilmente i diritti di cittadinanza che spettano a ogni persona umana, di ogni religione. I cristiani sono piccolissima minoranza, ma sono solidali con tutti in queste attese e in queste speranze. Se queste nazioni a maggioranza musulmana riusciranno nell’impresa cruciale di crescere nel dialogo, nel rispetto dei diritti di tutti, nella partecipazione, nella libertà, la pace del mondo sarà più sicura. E’ quanto auguriamo per il bene anzitutto loro, ma anche dell’intera famiglia dei popoli.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Per uscire dall'ideologia della solitudine: in prima pagina, Carlo Bellieni sulla Giornata per la vita.

    Nel campo di Dio: nell’informazione vaticana, l’omelia del Papa durante la Messa per l’Ordinazione episcopale di cinque presuli.

    La difesa dell’embrione non ammette deroghe: nell’informazione religiosa, il cardinale Jean-Pierre Ricard sul progetto di legge francese relativo alla bioetica.

    Dalla protesta alla proposta: nell’informazione internazionale, Pierluigi Natalia sulla crisi in Tunisia.

    In cultura, il cardinale Gianfranco Ravasi su Giovanni Mercati e Sergio Pignedoli diaconi di San Giorgio al Velabro.

    L’invidioso si sente figlio di un dio minore: sui mille volti del peggiore dei vizi capitali, l’articolo di Giovanni Cucci pubblicato su “La Civiltà Cattolica”.

    Un articolo di Claudia Di Giovanni dal titolo “Tutto Francesco in 430 metri”: restaurato il film di Enrico Guazzoni del 1911.

    Pittore sinfonico e compositore simbolista: Sandro Barbagallo recensisce la mostra - al Palazzo Reale di Milano - su Mikalojus Konstantinas Ciurlionis.

    La coscienza onesta di chi spezza il pane del sapere: Arturo Colombo sull’eredità ideale di Sofia Vanni Rovighi, storica della filosofia.

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    Oggi in Primo Piano



    Egitto, prosegue la protesta. Esplode un gasdotto nel Sinai. Al via i negoziati tra Suleiman e l'opposizione

    ◊   Grave atto di sabotaggio stamani in Egitto dove un'esplosione ha provocato un incendio del gasdotto che rifornisce Israele, nella cittadina di El Arish. Continuano intanto le trattative politiche e con l’esercito per sbloccare la situazione nel Paese dove per domani è annunciata una nuova manifestazione per chiedere le dimissioni del presidente Mubarak, che questa mattina ha convocato il nuovo governo per una riunione. Intanto il leader dell’opposizione e premio nobel per la pace El Baradei, ha confermato di essere pronto a guidare l'Egitto. Il servizio di Cecilia Seppia:

    Con l’esplosione di una condotta che porta il gas verso Israele, forse opera di terroristi, è iniziato il 12.mo giorno della rivoluzione egiziana. Fiamme altissime e parecchi danni, oltre per il momento la sospensione dei rifornimenti, ma per fortuna nessuna vittima. D’altra parte, la protesta non si placa. Per tutta la notte i manifestanti, sfidando il coprifuoco, hanno occupato piazza Tahrir, epicentro della rivolta. Poi all’alba la polizia ha disperso la folla, sparando in aria colpi di arma da fuoco. Intanto nel giorno in cui il presidente Mubarak ha convocato i membri del nuovo governo, per una prima riunione, l’opposizione ha organizzato due nuove manifestazioni ad Alessandria d’Egitto, per chiedere le dimissioni del leader egiziano. Dal canto suo, il Premio nobel per la pace El Baradei si è detto pronto a trattare con lo Stato maggiore dell'esercito per favorire una transazione senza spargimento di sangue. Un appello a rispettare la volontà del popolo è stato lanciato dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Ma i leader europei, in particolare il cancelliere tedesco Angela Merkel, frenano sull’ipotesi di elezioni anticipate, giudicandole premature. Il segretario di Stato americano Clinton, parla di "tempesta perfetta per il Medio Oriente". Il rischio - dice - è di una instabilità maggiore. Secondo la Cnn, oggi potrebbero i primi negoziati tra il vicepresidente Suleiman e gruppi dell’opposizione. Intanto, non cessano le ripercussioni sui giornalisti: la polizia ha arrestato il direttore di Al Jazeera e un suo reporter il giorno dopo l’ennesimo saccheggio alla rete.

    A livello politico, dunque, tiene banco il possibile passaggio di potere tra Mubarak e il suo vice Suleiman, con il compito di traghettare il Paese verso nuove elezioni. Uno scenario su cui premono sia l’Europa che gli Stati Uniti, con il presidente Obama che in queste ore è tornato ad invocare una soluzione immediata. In merito a questo scenario Eugenio Bonanata ha intervistato Luciano Ardesi, esperto di questioni nord africane:

    R. - Suleiman è certamente la soluzione più semplice, più a portata di mano e che potrebbe accontentare in parte anche i manifestanti, che vogliono - in primo luogo - le dimissioni di Mubarak. Bisognerà vedere ora se questo basta; soprattutto, bisognerà vedere come sarà composto un eventuale governo di transizione e se quindi il regime smetterà di mettere in piazza anche dei provocatori, come abbiamo visto in questi ultimi giorni ed anche ieri. Questo potrebbe creare un clima di tensione, quasi da guerra civile, che potrebbe ostacolare anche la fase di transizione.

    D. - Bisogna vedere anche la reazione delle opposizioni…

    R. - Diciamo che in questo momento le opposizioni hanno tutto l’interesse a voltare una prima pagina: in questo caso, l’allontanamento dal potere di Mubarak. E’ chiaro che si dovrà andare ad elezioni e i partiti sono già posizionati in questo senso e sono tutti d’accordo: anche i “fratelli musulmani” sono d’accordo e hanno già detto - e questo per non spaventare né la popolazione né la diplomazia internazionale - che rinuncerebbero ad una eventuale candidatura alle presidenziali. Il problema è come arrivare a questa decisione, come costringere Mubarak a lasciare il potere.

    D. - Che cosa servirebbe, secondo lei?

    R. - Probabilmente Mubarak vorrebbe anche delle garanzie personali: ha detto che non intende - come ha fatto Ben Alì - lasciare il proprio Paese. Forse, anche questo, giocherà un ruolo importante nella decisione finale e nell’uscita da questa situazione di grande tensione degli ultimi giorni.

    D. - Il presidente Obama ha confermato che sono in corso trattative per un processo di transizione e, quindi, è proprio da queste trattative che potrebbero e potranno venir fuori le garanzie da offrire a Mubarak per incentivarlo …

    R. - Io credo che in questo momento si stia giocando su più tavoli. Non dimentichiamo il ruolo che l’Egitto ha nella situazione mediorientale; sicuramente anche Israele sta cercando di capire - e certamente anche di influenzare - questa fase di transizione. Israele ovviamente vuole garanzie da parte del nuovo governo di transizione che i patti siano rispettati, che la posizione dell’Egitto non cambi rispetto alla questione mediorientale.

    D. - Quale ruolo può avere la Lega Araba?

    R. - Credo che possa svolgere un ruolo ben modesto, anche perché il suo leader - il segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa, che è un egiziano - si è pronunciato a favore di un proprio ruolo nell’eventuale governo di transizione. Quindi in questo momento la Lega Araba è senza una “testa” che possa, in qualche modo, dirigere il movimento. Certamente i Paesi arabi sono molto preoccupati e stanno seguendo con interesse gli avvenimenti dell’Egitto, dopo quelli della Tunisia; ma non credo che la Lega Araba riesca a prendere una posizione comune per arginare in qualche mondo l’ondata di protesta che sta toccando la stragrande maggioranza dei Paesi arabi. (mg)

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    Cinque anni fa l’uccisione di don Andrea Santoro. Mons. Feroci: testimone di Cristo per il Medio Oriente

    ◊   “Dio ti chiama ad ogni momento, dove sei e in quello che fai. Ed è lì, non altrove, che bisogna rispondergli”. E’ uno dei pensieri di don Andrea Santoro, il sacerdote fidei donum della diocesi di Roma, ucciso il 5 febbraio di 5 anni fa mentre pregava nella sua parrocchia di Santa Maria in Trabzon, in Turchia. Tante le iniziative che, oggi, commemorano questa luminosa figura di sacerdote, che dedicò la sua vita ad annunciare il Vangelo e a dialogare con i credenti di altre fedi. La diocesi di Roma lo ricorda in particolare con una Messa nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, che verrà celebrata oggi pomeriggio, alle 18.30, da mons. Alessandro Plotti, arcivescovo di Pisa e già vescovo ausiliare di Roma. Per un ricordo di don Andrea, Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianza del direttore della Caritas di Roma, mons. Enrico Feroci, di cui fu amico fin dagli anni del seminario:

    R. - Il ricordo che ho è relativo proprio gli ultimi istanti che lo ho visto, quando lo ho accompagnato - insieme ad altre persone - all’aeroporto, era il 31 gennaio: il 5 febbraio è stato ucciso. Il mio ultimo ricordo è proprio di quel momento, dell’ultimo abbraccio che ci siamo dati, del suo sguardo, delle sue parole, del suo saluto, delle sue battute amichevoli che mi ha rivolto in quegli ultimi momenti.

    D. - Era proprio felice di essere in Turchia, come fidei donum?

    R. – Dovremmo sottolineare proprio questo aspetto: la gioia di essere lì come presenza del Signore Gesù. Questo lo diceva spesso: io presto il mio corpo, la mia vita affinché il Signore sia lì presente in quelle terre, dove la fede è stata generata, nella Chiesa del Medio Oriente. Si sentiva come se dovesse restituire a quelle terre, a quella Chiesa, a quel mondo, la ricchezza che noi abbiamo. Era un debito di riconoscenza quello che sentiva, dentro di sé, di dover dare alla Chiesa del Medio Oriente.

    D. - Don Andrea è stato anche un testimone del dialogo interculturale ed interreligioso…

    R. - Lui non era un teorico, un filosofo o una persona specializzata nel far incontrare le persone e i diversi mondi: il suo dialogo scaturiva dal rispetto che il Signore Gesù ha per tutte quante le persone; il suo dialogo nasceva perché si sentiva veramente come Cristo, che amava ed ama tutte le persone che gli si avvicinavano: quindi, scaturiva dalla sua profonda coscienza di sentirsi un tutt’uno con il Signore Gesù.

    D. - Sul suo comodino fu ritrovato il libro di Robert Royal “I martiri del XX secolo”: don Andrea era consapevole che anche per lui sarebbe potuto arrivare il momento del martirio?

    R. - Una coscienza di essere ucciso, questo forse no; ma che ci potesse essere una possibilità di una testimonianza forte, credo di sì: tanto è vero che negli ultimi tempi - io sono andato a trovarlo due mesi prima della morte - era rimasto un po’ turbato da violenze che aveva subito e il suo sguardo era più triste…

    D. - Era quindi consapevole anche della storia di quella Chiesa, in cui si trovava?

    R. - Certamente sì. Cosciente della ricchezza che quella Chiesa ha dato: a pochi chilometri c’è Sumela, il grande monastero abbandonato negli anni Venti; ci sono le grandi chiese di testimonianza… C’è una ricchezza enorme di cristianesimo in quell’ambiente. Lui si rendeva conto di quello che era stato e desiderava, quindi, che la presenza del cristianesimo fosse ancora molte forte.

    D. - Quali sono, secondo lei, i frutti più importanti che ci lascia don Santoro soprattutto alla sua diocesi, la diocesi di Roma?

    R. - Di annunciare Gesù, di essere Cristo e di viverLo in maniera piena e in qualunque ambiente, sapendo dire “sì” alla proposta di Dio. Lui questo ce lo diceva: sentire che ognuno di noi deve vivere profondamente il dono che ha ricevuto, perché è un dono immenso. E alla nostra Chiesa dice: se voi avete ricevuto questo dono, sappiate che dovete restituirlo come servizio ai fratelli e al mondo, così come ha fatto Cristo. (mg)

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    "Agenda della convivenza" tra cristiani e musulmani: l'iniziativa della Comunità di Sant'Egidio

    ◊   “Agenda della convivenza: Cristiani e Musulmani per un futuro insieme”. Questo il titolo del quarto Colloquio di studio e riflessione, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, che si svolgerà a Roma il prossimo 23 febbraio. Ieri mattina la conferenza stampa di presentazione, che ha visto la presenza di Mohammad Sammak, co-segretario generale del Comitato nazionale di dialogo islamo-cristiano del Libano, e consigliere politico del Gran Mufti del Paese dei Cedri. Per noi c’era Salvatore Sabatino:

    E’ il quarto appuntamento dell’Agenda della convivenza tra Cristiani e Musulmani. Organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, porterà a Roma numerose ed importanti personalità religiose e civili occidentali e del mondo musulmano. E non è un a caso che nel titolo appaia la parola “agenda”, perché anche in questo caso si identificheranno tappe concrete, in un percorso teso a sviluppare la convivenza attraverso il confronto, il rispetto e la consapevolezza che la condivisione vuol dire ricchezza. Il problema, però, è capire come tutto questo potrà avvenire. Mons. Vittorio Ianari, consultore del Centro di dialogo interreligioso del Qatar e già vicepresidente della Comunità di Sant’Egidio:

    R. – Si tratta di individuare e di suggerire, di costruire insieme questi ambiti. Sicuramente uno è il discorso di portare avanti, all’interno delle varie comunità e poi anche "ad ultra", queste effettive ricchezze spirituali. Ma poi, accanto a questi, ci sono temi più socio-politici, primo tra tutti direi l’educazione delle giovani generazioni intesa come educazione ad un senso dell’altro che abbracci anche generazioni più cresciute, più adulte!

    D. – Lei ha detto: “Con la scomparsa dei cristiani in Medio Oriente, verrebbe meno quella luce di diversità e sarebbe pericolosissimo!” …

    R. – La fine dei cristiani rappresenterebbe veramente una luce che si spegne; una luce di speranza, di multi-religiosità , anche di democrazia, di presenza dell’altro che è esattamente il progetto concepito dal fondamentalismo, ovunque e in qualsiasi forma questo si manifesti.

    In conferenza stampa, ieri, una grande personalità del mondo musulmano: Mohammad Sammak, consigliere politico del Gran Mufti del Libano, il quale ha annunciando che la fatwa che equipara gli attacchi contro i cristiani agli attacchi ai musulmani e ai loro luoghi di culto “è pronta”. “La sua emanazione – ha però aggiunto – è stata rimandata a causa del cambiamento della situazione politica in Libano e dei rivolgimenti in Egitto”. Sull’attuale situazione di crisi che coinvolge l’area mediorientale, Sammak ha aggiunto:

    R. - The change that has taken place is between the people and the governing …
    La situazione vede coinvolti il regime ed il popolo, non una rivalità tra cristiani e musulmani. In nessuno di questi Paesi ciò avviene, perché in queste situazioni cristiani e musulmani sono insieme. Di conseguenza, riteniamo che il cambiamento potrà avere un effetto positivo anche per le relazioni tra cristiani e musulmani.

    D. – Però, in Egitto abbiamo assistito ad un terribile attentato. Come commentare questo avvenimento?

    R. – This is an isolated event. …
    Si è trattato di un evento isolato. Anche successivamente, dopo questo attentato, abbiamo visto musulmani e cristiani insieme. Peraltro, si è trattato – come hanno dimostrato le indagini – di una persona proveniente da fuori, non di un egiziano. Anche io personalmente conosco le personalità religiose più rilevanti, Papa Shenouda e il suo entourage, e so che lui stesso è assolutamente fiducioso per quanto riguarda la possibilità di convivenza tra cristiani e musulmani.

    Insomma, la situazione attuale in Medio Oriente non potrà certo mancare di allungare le sue ombre sull’incontro del 23 febbraio; un appuntamento che dovrà, dunque, puntare su continuità ed urgenza. Mario Giro, responsabile delle relazioni internazionali per la Comunità di Sant’Egidio:

    R. – La continuità, perché questa iniziativa del 23 febbraio qui, a Sant’Egidio, si iscrive nel quadro del nostro lavoro; l’urgenza è quella che vediamo, perché è sotto gli occhi di tutti, ed è la situazione dei cristiani in Oriente, in Medio Oriente in particolare con i recenti attentati di Natale; ma anche in Iraq, dove è da molto tempo che si verificano. Poi, c’è la situazione-quadro dell’Egitto, della Tunisia, ma anche dello Yemen, con questi cambiamenti che si stanno profilando e si profilano.

    D. – Lei ha detto anche che in questi ultimi dieci anni si sono allontanati moltissimo tra di loro, il mondo cristiano e quello musulmano. Si riuscirà a superare queste distanze?

    R. – Questa è la lotta che stiamo continuando a portare avanti da tanti anni. Tra questi due mondi, così vicini ma così lontani, è assolutamente necessario che ci si parli anche nella differenza, che ci si conosca meglio, e che si impari a conoscere la psicologia dell’altro. E’ tipico infatti che, per interposta persona, cioè attraverso i media – che non critico, ma è un fatto quasi quotidiano – le dichiarazioni dell’uno sono percepite in maniera diversa e riportate con sensibilità diversa per la psicologia dell’altro. Questo è molto importante. Naturalmente, siamo tutti responsabili: nessuno è colpevole, ma siamo tutti responsabili di questo, della difficoltà reale nella comprensione vicendevole. E questa va assolutamente trovata. (gf)

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    Congresso latinoamericano sulle vocazioni. Il cardinale Damasceno Assis: scoprire il progetto di Dio per ciascuno di noi

    ◊   “Rafforzare la cultura vocazionale affinchè tutti i battezzati si sentano discepoli e missionari di Cristo nel tempo presente”. E’ questo l’obiettivo principale del Congresso Continentale Latinoamericano sulle Vocazioni che si conclude oggi a Cartago, in Costa Rica. L’incontro è stato occasione per riflettere sugli aspetti principali della realtà contemporanea che maggiormente incidono nella dinamica vocazionale e ad elaborare itinerari che sappiano rispondere alle sfide e alle attese di oggi. Per un bilancio dell'evento, Alina Tufani ha intervistato l’arcivescovo di Aparecida e presidente del Consiglio episcopale latino americano, il cardinale Raimondo Damasceno Assis:

    R. – Le impressioni sono tutte positive. La Chiesa – come ha scritto il Santo Padre ai congressisti radunati qui – ha una dimensione vocazionale già compresa nel suo nome: “ecclesia” etimologicamente significa “assemblea” convocata da Dio. Penso che una delle conclusioni del congresso sia proprio questa: tutta la pastorale della Chiesa deve conservare una dimensione vocazionale. Dobbiamo aiutare le persone a scoprire il senso della vita e il progetto che Dio ha per ciascuno di noi. La prima vocazione è questa: la chiamata all’esistenza. Però, siamo chiamati a diventare figli di Dio e a vivere in comunione con Dio. Pertanto, tutta la pastorale deve avere questa dimensione, deve essere trasversale in ogni pastorale. E credo che questo sia uno dei frutti del congresso. Sicuramente tutti i partecipanti torneranno nelle loro diocesi e nelle loro parrocchie per moltiplicare i frutti di questo Congresso.

    D. – L’Europa sta vivendo un periodo di grave crisi vocazionale. Qual è, per contro, la situazione in America Latina?

    R. – Possiamo dire che abbiamo molte vocazioni, soprattutto al sacerdozio ordinato. C’è una certa instabilità per le vocazioni alla vita religiosa, ma per quanto riguarda il sacerdozio ordinato e il clero diocesano, in generale in America Latina ci sono molte vocazioni. E’ importante sensibilizzare le persone: da questo dipende la realizzazione della persona, la sua felicità e quello che può fare anche per gli altri, sia nella Chiesa sia nella società. E c’è poi anche il lavoro pratico e fondamentale di promozione e animazione vocazionale nelle parrocchie e nelle diocesi … (gf)

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    Sugli schermi in Italia “Biutiful” di González Iñárritu

    ◊   Candidato all’Oscar come miglior film straniero e con una superlativa interpretazione dell’attore Javier Bardem, già premiato a Cannes e anch’egli nominato come migliore attore protagonista, è uscito ieri sugli schermi italiani “Biutiful” del regista messicano Alejandro González Iñárritu: affresco dolente e disperato di una società impietosa e inaridita, nella quale un padre vicino alla morte cerca per i figli un futuro migliore. Il servizio di Luca Pellegrini:

    “A volte il destino assomiglia ad una tempesta di sabbia, che cambia sempre direzione. Quella tempesta, sei tu!”.

    Là fuori è il mare in tempesta con il suo rumore; qui dentro è la città, sferzata, con il suo dolore. Eco lontana della natura che non addolcisce il paesaggio urbano, presenza acida della società che abbrutisce e contamina i giorni di vita e i momenti di morte. Anche di chi l'attende e di chi inerme vi si prepara. Interseca queste direttrici, non lineari e molto soggette al male più che al caso, un padre morente e moralmente bipolare, Uxbal, così come la sua Marambra, moglie e madre devastata, lo è psicologicamente. Lento e sospeso, fagocitante ogni riserva pietosa e ogni spiraglio di luce, il mondo “Biutiful” di Iñárritu non ha orizzonti, se non quello della fine. Veramente una luce c'è: non sulla terra, però, perché “hereafter”, ossia nell’“al di là” esplode l'accecante riverbero della neve e un padre giovane domanda, appunto, al figlio anziano “chi c'è là?”, mentre lo sguardo spinge i passi di entrambi e i passi acuiscono lo sguardo. Ma qui tra noi le cose sono diverse, anche se questa sospensione ultraterrena, che non è assolutamente marginale nell’“economia umana” del regista messicano, le incornicia.

    Non più dislocato su più fronti geografici e politici, come “Babel”, concentrato sulla mediterranea e multietnica Barcellona (caput mundi del mondo di Iñárritu), “Biutiful” è prima di tutto, per stessa ammissione degli autori (collaborano alla sceneggiatura gli scrittori Armando Bo e Nicolás Giacobone), un'opera sulla paternità e sulla perdita. La prima, ogni sera e ogni mattina, si spegne e risorge in Uxbal, segnato dal cancro mortale che lo consuma e dall'ansia, ugualmente corrosiva, di lasciare i figli in balia di una vita già giocata e persa proprio al suo inizio; la seconda non è soltanto la perdita contingente di se stessi e delle persone e delle speranze, ma quella che si snoda nelle vie della città e nei tuguri dei derelitti, quando si scopre, senza ammetterlo, che si è già perso tutto. Questo è il nucleo tragico del film e di Uxbal: chi perde la dignità, come il poliziotto corrotto; chi l'umanità, come i cinesi che sfruttano i simili; chi la pietas - sentimento onnicomprensivo - con il bianco che sfrutta il nero, il forte che massacra il debole, il carnefice che consuma la vittima. La madre perde il senso della maternità, il cittadino quello della legalità. Stringe e soffoca il cuore disperato di Uxbal una spirale di eventi che non allentano la presa su di lui, mentre il suo volto riflette, senza mai eccedere, questo tormento assoluto. Una moderazione che è la grandezza interpretativa di Javier Bardem, in cui sono amministrati gli sguardi, le parole e le lacrime. Ci sono scatti di bene e di male, in lui: con i figli è di una tenerezza ammirabile, con i sofferenti non lesina cure, per una famiglia di colore si spende lambendo la corruzione. Ma il confine crolla quando sfrutta chi può: gli immigrati, i corrotti e anche i morti, parlando con loro per spillare ai vivi denaro in cambio di parole segrete, forse vere, forse false, e fatti lontani, forse mai esistiti.

    “Biutiful” è un film puntigliosamente pianificato sullo studio della grammatica umana: sostantivi messi bene al loro posto, verbi coniugati con rigore, sintassi che non eccede nei barocchismi dell'immagine o delle frasi. Iñárritu è un controllore rigorosissimo sia quando scrive, sia quando dirige i suoi fantastici attori, come l'argentina Maricel Alvarez: ogni dialogo ha la sua tempistica perfetta, il décor scenografico e fotografico avvolge ogni azione e ogni silenzio. Che sono dosati con vera alchimia, mentre Uxbal procede solo, il cuore spezzato, la vista sporcata, l'anima aggrovigliata, nella sua dolente, imbelle città, in cerca di vita, in cerca di futuro.

    “Però una cosa è certa: quando uscirai da quella tempesta, la tua vita non sarà la stessa… Sarà bellissima…”.

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa quinta Domenica del Tempo ordinario la liturgia ci propone il passo evangelico in cui Gesù dice ai suoi discepoli

    «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato?...
    Voi siete la luce del mondo … risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Al solenne proclama delle beatitudini, ascoltate domenica scorsa, seguono oggi due piccoli detti o similitudini. Si tratta senza dubbio di un vero anticonformismo, di una differenza e resistenza rispetto alle plausibilità correnti. Con Gesù e come lui, fonte della luce, anche noi dobbiamo essere luce. E poi sale, cioè ancora originali e pungenti, come lo è stato prima lui, ma non per posa, ma per una “differenza” che fa la qualità, sostenuta da una santità autentica, non di pura apparenza. La comunità di Matteo aveva forse la tentazione delle parole in libertà, e persino la mania dei miracoli; viene invece richiesto di darsi alle opere buone, di brillare per coerenza e concretezza: e allora la gloria del Padre brillerà. Come appunto è stato in Gesù: nelle sue parole, nelle sue opere e in tutta la sua persona, si poteva vedere e conoscere il Padre. Essere sale, essere luce non consente però nessun fanatismo, e neppure una presunzione superba. Ma è uno stile “cristiano” di stare nella compagnia degli uomini con fede viva, che genera mitezza, solidarietà, profezia, misericordia, speranza, senza arroganze né doppiezze. Luminosi, coerenti, vivaci, capaci di dare sapore, testimoni di quella verità che scende dal Padre e guida i cammini di tutti. Questo devono essere i discepoli di Cristo.

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    Chiesa e Società



    Costa d'Avorio: dono del Papa agli sfollati in seguito agli scontri inter-etnici

    ◊   “La Chiesa si è sempre fatta prossimo di tutti coloro che soffrono, senza eccezioni” afferma in un comunicato inviato all’agenzia Fides mons. Ambrosie Madtha, nunzio apostolico in Costa d’Avorio, con il quale rende noto che Benedetto XVI ha disposto l’invio di 50mila euro per assistere gli sfollati ivoriani. “Il Papa - afferma il nunzio - informato della situazione socio-politica verificatisi in Costa d’Avorio dopo il secondo turno delle elezioni presidenziali, e particolarmente toccato dalla situazione degli sfollati causati dai sanguinosi scontri inter-etnici, che hanno provocato numerose perdite di vite umane ed hanno costretto le persone a lasciare le proprie terre e case per trovare rifugio in Liberia, nei campi di accoglienza della Chiesa cattolica di Duékoué, Danané, Lakota ecc.., vuole ardentemente testimoniare la sua vicinanza e la sua sollecitudine nei confronti di queste persone, aiutandole con un dono di 50mila euro. Il Santo Padre - continua il testo - ha quindi incaricato il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, d'inviare da parte della Santa Sede questa somma a mons. Gaspard Beby Gneba, vescovo di Man, al fine di farne buon uso a favore degli sfollati”. “A nome del Santo Padre vorrei congratularmi e incoraggiare tutte le organizzazioni nazionali e internazionali, compresa la parrocchia “Notre Dame de la Tendresse” di Abidjan, che hanno donato un aiuto finanziario e materiale a queste persone” conclude il nunzio. (R.P.)

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    I vescovi pakistani: un errore ritirare gli emendamenti alla legge sulla blasfemia

    ◊   “Un atto di capitolazione” agli islamisti e “un errore”: così mons. Lawrence J. Saldanha, arcivescovo di Lahore e presidente della Conferenza episcopale pakistana ha bollato la decisione del governo pakistano di ritirare la proposta di emendamenti alla controversa legge sulla blasfemia. La decisione – lo ricordiamo - è stata annunciata il 2 febbraio dal Premier Yousaf Raza Gilani e anche la promotrice dell’iniziativa Sherry Rahman, esponente del People’s Party (PPP), si è detta pronta a seguire le indicazioni del partito di governo. Durissima – riferisce l’agenzia Ucan - la reazione del presidente dei vescovi: “È un errore - ha detto - cedere alle pressioni dei partiti islamici. Il governo è battuto in ritirata e nel prossimo futuro non vediamo alcuna possibilità di modifica a questa discutibile legislazione” per la quale “i poveri e i cristiani hanno sofferto tanto”. “Adesso anche gli studenti hanno paura di parlare o scrivere sul Profeta Maometto”, ha aggiunto mons. Saldanha, riferendosi al caso di Muhammad Samiullah, il liceale diciassettenne denunciato da un professore per blasfemia in un compito in classe e per questo rinchiuso nel carcere di Karachi dal 28 gennaio. La proposta di revisione alla legge presentata l’anno scorso dalla Rahman – e per la quale la parlamentare è stata minacciata di morte dai fondamentalisti islamici – prevedeva sostanzialmente l’eliminazione della pena di morte dalla Sezione 295-C del Codice penale (inerente la blasfemia), ed era volta a prevenire gli abusi tante volte denunciati dai movimenti per i diritti umani e dalle minoranze religiose in Pakistan. Sulla marcia indietro dell’esecutivo ha pesato il recente assassinio del governatore del Punjab Salman Taseer, ucciso proprio per la sua aperta posizione in difesa di Asia Bibi e contro la legge sulla blasfemia. (L.Z.)

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    Etiopia: cristiani minacciati e obbligati a convertirsi

    ◊   Non si arrestano gli attacchi e le minacce dei radicali islamici contro i cristiani in Etiopia. Nei giorni scorsi, nella città di Besheno, nel sud del Paese, diversi appartenenti al piccolo gruppo di cristiani evangelici sono stati obbligati a lasciare la città, a maggioranza islamica, e altri cristiani sono stati costretti a convertirsi all’Islam. Besheno è una città in cui secondo l'ultimo censimento, oltre il 93% della popolazione è musulmana, mentre i cristiani rappresentano poco più del 5% degli abitanti. Tra le vittime delle violenze c'è anche un predicatore evangelico, ora ricoverato in ospedale dopo essere stato aggredito. Secondo quanto riferisce l’agenzia AsiaNews, le autorità islamiche che governano la città si rifiutano di proteggere i cristiani e in particolare rifiutano la costruzione di un centro di preghiera e di un cimitero. “Chiediamo che il nostro diritto alla libertà di religione sia rispettato - ha detto uno dei leader cristiani obbligati a lasciare la città - Non possiamo vivere nella nostra città a causa di questo comportamento disumano”. (M.I.)

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    Congo. Un battello della solidarietà: così l’Onu sostiene le donne vittime di violenza sessuale

    ◊   Un battello per trasportare la merce al mercato, venderla e ricostruire così, a poco a poco, la propria vita. È l’iniziativa di solidarietà che l’Alto Commissariato Onu per i diritti umani ha deciso di promuovere a favore delle donne vittime di violenza sessuale nella Repubblica Democratica del Congo. Il battello, interamente finanziato dalle Nazioni Unite, verrà presentato ufficialmente lunedì prossimo, a Mbandaka e sarà destinato, in particolare, agli abitanti di Songo Mboyo, un piccolo villaggio colpito, nel 2003, da uno stupro di massa perpetrato su più di cento donne. Negli anni successivi, molte di loro hanno testimoniato davanti ad una Commissione d’inchiesta, istituita dall’Onu, che ha condannato il governo locale a pagare un risarcimento danni. Risarcimento che, di fatto, non c’è mai stato, lasciando le donne in condizioni di miseria. Per questo, le Nazioni Unite hanno deciso di intervenire direttamente, dando alle vittime di violenza la possibilità di ricominciare materialmente la propria vita. A fine febbraio, inoltre, la Commissione renderà noto un rapporto sui risultati dell’inchiesta. Da ricordare che circa 200mila donne sono state violentate nella Repubblica Democratica del Congo, durante gli ultimi dodici anni di guerra nel Paese. E dall’inizio del 2011, si contano già 120 casi. (I.P.)

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    Domani Giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili

    ◊   Si chiude domani, Giornata internazionale per l’abbandono delle mutilazioni genitali femminili, la raccolta firme a sostegno della campagna End Fgm, promossa da una rete di organizzazioni non governative europee e lanciata in Italia da Aidos, Associazione italiana donne per lo sviluppo, in collaborazione con Amnesty International Italia. In Italia le firme raccolte sono finora oltre 18mila. Tante le associazioni di migranti di origine africana che scenderanno in campo in questa giornata. Si aprirà così la seconda fase della campagna: portare il messaggio che arriva dalla società civile italiana ed europea ai rappresentanti delle istituzioni europee. All'Ue, infatti, la campagna End Fgm chiede di adottare una strategia in 5 punti che comprende una raccolta dati a livello europeo per mappare l’incidenza del fenomeno e misurare i progressi verso l’abbandono della pratica, l’inserimento della prevenzione delle Mgf nelle iniziative europee sulla violenza contro le donne, un’adeguata assistenza sanitaria e psico-sociale per le donne che hanno subito Mgf, ma anche l’inserimento delle Mgf come persecuzione di genere nelle politiche europee sul diritto d’asilo e l’inserimento della prevenzione delle Mgf nelle iniziative di cooperazione allo sviluppo dell’Ue in Africa. Obiettivo della campagna End Fgm, spiega l’Aidos, "è costruire intorno alle famiglie di origine africana residenti in Europa un quadro di misure legali, di politiche e di servizi in grado di sostenere la scelta di abbandonare la pratica, che sia omogeneo a livello europeo". Per promuovere l'abbandono delle mutilazioni dei genitali femminili non occorre "inasprire ulteriormente le misure penali” - fa notare ancora l’associazione -mentre è importante “continuare sulla strada dell'informazione e della prevenzione". (L.G.)

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    Germania: la risposta dei vescovi al documento di 143 teologi tedeschi

    ◊   In una nota firmata dal suo segretario, padre Hans Langendoerger, cauta apertura al dialogo, da parte della Conferenza episcopale tedesca, al 'memorandum' dei 143 teologi della facolta' di teologia cattoliche di Germania, Svizzera e Austria che hanno firmato un documento, intitolato ''Chiesa 2011 - una svolta necessaria'' che chiede riforme profonde della Chiesa cattolica, a cominciare dall'obbligo del celibato per i preti di rito latino, fino alla partecipazione dei fedeli alle decisioni sulle nomine dei Pastori. I vescovi tedeschi auspicano che il documento possa contribuire a quel dialogo ''sul futuro della fede e della Chiesa in Germania'' chiesto dagli stessi vescovi e che ha bisogno di intuizioni e idee stimolanti e positive. Tuttavia, aggiunge, il documento e' ''solo un primo passo'' e le sue tesi sono ''in disaccordo con convinzioni teologiche e dichiarazioni della Chiesa al massimo livello''. C'e' quindi ''urgente bisogno di ulteriori chiarimenti''. i vescovi riconoscono che e' necessario affrontare ''gli errori e i fallimenti delle politiche del passato, cosi' come il deficit e il bisogno di riforme del presente. Non bisogna scappare dalle questioni ingombranti'' affermano, perche' ''la paura non e' una buona consigliera''. ''La prossima Assemblea plenaria di marzo della Conferenza episcopale tedesca si occuperà dell’argomento ed elaborera' a sua volta proposte che auspicabilmente - conclude padre Langendoerger - saranno positive e stimolanti''. (R.P.)

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    Messico. Uccisa missionaria protestante: dietro l’omicidio l’ombra del narcotraffico

    ◊   C'è l'ombra della violenza legata al narcotraffico dietro l’ennesimo omicidio di religiosi nel Centroamerica, dove una missionaria protestante è stata assassinata nei giorni scorsi, in Messico. A darne notizia è MissiOnLine.org. La donna, da quarant’anni al servizio dei più poveri, si chiamava Nancy Davis, aveva 59 anni e stava viaggiando con il marito in automobile su un’autostrada nei pressi della città di San Fernando, lungo il fiume Rio Grande. Secondo i primi accertamenti, l’auto su cui viaggiavano i due è stata intercettata da alcuni uomini armati, che hanno intimato all’autista di fermarsi. Non essendosi fermato, gli assalitori hanno sparato contro il veicolo: la signora Davis è stata colpita e ferita alla testa ed è morta circa un’ora più tardi. Al momento non sono ancora state confermate le cause dell’omicidio ma secondo le prime indagini il fatto è probabilmente riconducibile ai crimini legati alla violenza del narcotraffico che sta insanguinando la società messicana. La donna e suo marito Sam erano entrambi esponenti del gruppo protestante 'Gospel Proclaimers'. “Lei lavorava come infermiera, lui come consigliere spirituale, amavano molto il Messico», ha spiegato alla Cnn Maryanne Wheeler, un’amica della coppia. (L.G.)

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    Colombia: “Giornata delle mani rosse” per dire basta ai bambini soldato

    ◊   Sensibilizzare la popolazione colombiana e chiedere di mettere fine alla pratica criminale dei bambini soldato. È il messaggio lanciato dalla "Giornata delle mani rosse", organizzata oggi nella Plaza de Armas di Bogotà da Amnesty International. In Colombia, infatti, si stimano tra gli 8 e gli 11 mila bambini e adolescenti che agiscono come soldati. Il reclutamento di bambini per i conflitti armati, è stato bandito il 12 febbraio 2002 dal Protocollo della Convenzione sui Diritti del fanciullo delle Nazioni Unite ma l'approvazione di questo protocollo non ha fermato i gruppi paramilitari che continuano ad attirare i bambini tra le loro fila con l’inganno o con la forza. Agli undicimila bambini soldato stimati in Colombia, spiega l’agenzia Fides, vanno poi aggiunti gli altri bambini usati come "rilevatori di mine umane" per gli eserciti. Non sono però soltanto i bambini maschi ad essere vittima di questo fenomeno: oggi diverse ragazze, sebbene ancora una minoranza, subiscono la stessa sorte ad opera di gruppi armati come le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (Farc) e l'Esercito di Liberazione Nazionale (Eln). Quest’ultimo ha perfino realizzato delle campagne di reclutamento nelle scuole. Durante la Giornata di oggi, però, i passanti saranno invitati a dipingere le loro mani di rosso e ad appoggiarle su un foglio di carta come simbolo di rifiuto di questa drammatica pratica di reclutamento. Sono tanti i gruppi e le associazioni che si oppongono al fenomeno, tra cui "Coalizione Colombiana per fermare l'uso dei bambini soldato" e la Coalizione Spagnola, che chiedono più attenzione da parte del governo Colombiano su questo flagello. A livello mondiale, il numero dei bambini soldato può raggiungere i 350 mila in Paesi come la Repubblica Democratica del Congo, Sierra Leone, Sudan, Afghanistan e Pakistan. (L.G.)

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    Perù. L’arcivescovo di Lima: un politico abortista non è preparato a governare

    ◊   “Quanti vogliono uccidere i bambini non sono preparati a governare”. Con queste parole il cardinale Juan Luis Cipriani, arcivescovo di Lima, in Perù, ha risposto alle posizioni favorevoli all'aborto e alla legalizzazione della droga sostenute da Alejandro Toledo, uno dei candidati alla Presidenza in lizza con il partito Perù Possibile alle elezioni del prossimo 10 aprile. A sua volta il candidato ha poi cercato di ammorbidire la propria posizione, spiega l’agenzia Zenit, ma le parole del porporato nei suoi confronti sono state molto chiare: “Quando parliamo di aborto – ha dichiarato - si tratta di eliminare una vita, e la Chiesa ci dice al quinto comandamento di non uccidere”. “La posizione della Chiesa non è oggetto di una religione solamente perché l'aborto va contro la legge naturale che ti dice di rispettare la vita dal primo istante del concepimento”, ha commentato nel suo programma radiofonico “Dialogo di Fede”. L'arcivescovo di Lima ha anche ricordato che la Costituzione politica del Perù difende la vita fin dal primo istante del concepimento, riconoscendo il concepito come soggetto di diritto e ha poi sottolineato come non si debba decidere "in una campagna politica chi nascerà e chi non nascerà”. Quanto alle posizioni in base alle quali la madre “ha la libertà di abortire”, il porporato ha ricordato che in questo tema delicato sono in gioco due libertà: quella della madre e quella del concepito, soggetto di diritto. “Posso assicurare che il dramma di un aborto accompagna per tutta la vita”, ha proseguito. “L'esperienza sacerdotale me lo dice, moltissime donne vivono tutta la vita in processi psicologici per riprendersi da un aborto”. Il cardinale ha infine criticato anche la proposta di legalizzare il consumo di droghe, ricordando che gli stupefacenti sono “un vizio che distrugge le famiglie”. (L.G.)

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    Cile: parlamentari cattolici chiedono un dialogo frequente con la Chiesa sui valori fondamentali

    ◊   I deputati del partito Unione Democratica Indipendente (Udi), Gonzalo Arenas e Gustavo Hasbun, hanno chiesto a mons. Ricardo Ezzati, arcivescovo di Santiago, la creazione di un tavolo per il dialogo tra i parlamentari cattolici e la Chiesa. La richiesta è stata fatta nel corso di una riunione tenutasi presso la sede dell'arcidiocesi di Santiago. La preparazione dei progetti di legge che riguardano problemi come l'aborto terapeutico, le unioni di fatto e il cosiddetto matrimonio tra omosessuali - riferisce l'agenzia Fides - sono alcuni dei temi che, secondo i deputati, è necessario discutere in anticipo per avere una posizione comune con i loro colleghi al momento di votare al Congresso. “Sarà un anno legislativo piuttosto complesso dal punto di vista dei valori - ha detto al giornale La Nacion il deputato Hasbun -, per cui è necessario cercare di avvicinare le posizioni e adottare approcci comuni che ci permettono di affrontare le varie questioni che devono essere discusse in Parlamento quest'anno". Mons. Ezzati, da parte sua, ha detto che esistono posizioni comuni fra le chiese cristiane dinanzi a questi temi e le proposte in parlamento devono rappresentare la grande maggioranza del Paese. (R.P.)

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    Somalia: l'Onu lancia un nuovo piano contro la pirateria

    ◊   Nuovo piano d’azione delle Nazioni Unite contro la pirateria al largo delle coste somale. Le nuove misure giungono dopo che il Segretario Generale dell’Organizzazione Marittima Internazionale delle Nazioni Unite (Imo), Efthimios Mitropoilos, ha espresso insoddisfazione rispetto ai risultati ottenuti finora: lo scorso anno, infatti, ha spiegato, lungo le coste del Paese ci sono stati 286 incidenti legati alla pirateria, 67 navi sequestrate con 1130 marinai a bordo, con un enorme costo per l’economia mondiale. “Uno degli obiettivi del piano, ha affermato il segretario Mitropoilos, è promuovere maggiori livelli di sostegno e coordinamento per le navi che si trovano in acque somale”.“Quest’anno - ha inoltre sottolineato - siamo decisi a raddoppiare i nostri sforzi e così facendo a generare e stimolare una più ampia risposta globale alla pirateria moderna”. Lanciando formalmente il piano, il Segretario generale Ban Ki-moon ha chiesto una strategia a lungo termine che promuova deterrenza, sicurezza, stato di diritto e sviluppo per combattere la piaga. Ha poi aggiunto che “sebbene la pirateria si svolga prevalentemente in mare, le radici del problema devono essere ricercate al di fuori”, e che “la pirateria è un reato indotto dalle avversità economiche, che fiorisce in assenza di un’effettiva applicazione della legge”. Tra le priorità del piano, ci sono la promozione di un maggiore sostegno da parte delle marine e l’incremento del coordinamento e della collaborazione contro le piraterie tra Stati, organizzazioni e industrie, attraverso lo scambio di informazioni e sforzi militari e civili. Tale collaborazione permetterà di aiutare gli Stati a sviluppare strumenti per fronteggiare la pirateria nelle regioni dove essa è presente al fine di “scoraggiare, interdire e consegnare alla giustizia” i colpevoli. (M.I.)

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    Il cardinale Etchegaray: “La Chiesa in Cina ha bisogno dell’unità con il Papa"

    ◊   Per la Chiesa in Cina, “appare sempre più necessario e urgente l’unità vissuta attorno al Papa, nel rispetto della libertà di coscienza, che ogni Stato deve proteggere”. Sono le parole del cardinale Roger Etchegaray, presidente emerito del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e del Pontificio Consiglio Cor Unum. In un articolo pubblicato sul mensile internazionale “30 giorni” ed intitolato “Testimonianza con l’inchiostro di China”, il porporato fa una disamina puntuale della situazione della Chiesa in Cina, Paese da lui visitato ben quattro volte: nel 1980, nel 1993, nel 2000 e nel 2003. “Vedo una Chiesa impiantata in una società tesa fra un materialismo pratico galoppante e un materialismo ideologico zoppicante che lasciano, entrambi, poco spazio alla fede cristiana – scrive il porporato - Vedo una Chiesa divenuta più consapevole della sua vocazione cinese e decisa a darsi gli strumenti per meglio farsi carico del proprio futuro; attraverso le opere sociali riemerge la vita delle comunità religiose, ma non ancora la vita monastica, in un paesaggio che pure è popolato di bonzi”. Ma il cardinale Etchegaray vede anche “una Chiesa indebolita dalla sua prova più crocifiggente, quella della sua unità incessantemente lacerata da dentro e da fuori: ma questa Chiesa – ed è un continuo miracolo – rimane, nonostante tutto, un’unica Chiesa”. Di qui, il suo appello all’unità, un’unità che “passa necessariamente attraverso la via evangelica della riconciliazione”. Le difficoltà, naturalmente, non mancano: il porporato nota come “le ferite e i rancori sono ancora così vivi che alcuni tendono a proteggere la propria identità cattolica nascondendola sotto le sembianze delle sette che pullulano”. Ed è per questo che “i cattolici cinesi, più coscienti del fatto che la credibilità della loro testimonianza dipende dalla loro unità visibile, contano sul sostegno della Chiesa universale che, tuttavia, non può da lontano compiere i sacrifici richiesti dalla loro condizione attuale”. Ma ora, sottolinea il cardinale Etchegaray, nei rapporti tra Pechino e Roma “si tratta di voltare decisamente pagina”, lasciando da parte “l’ignoranza o la diffidenza reciproca”, sia di fronte alle “sfide gigantesche che minacciano l’uomo, in una Cina in piena trasformazione”, sia perché “i due interlocutori sentono un bisogno stringente di un dialogo”. Il porporato ricorda, poi, le tante manifestazioni di affetto – ovvero le “oltre cinquanta dichiarazioni” - di Giovanni Paolo II nei confronti dei cattolici cinesi, così come la lettera “ampia, precisa e affettuosa” di Benedetto XVI ai vescovi e ai fedeli laici della Chiesa cattolica in Cina, una missiva della quale, a distanza di circa quattro anni, “se ne può ancora misurare l’influenza, che appare crescente”. Infine, il cardinale Etchegaray conclude l’articolo ricordando padre Matteo Ricci: come aveva ben compreso questo missionario gesuita del XVI secolo vissuto alla corte dei Ming, scrive, “per entrare in Cina, bisogna passare attraverso la porta del cuore e dell’amicizia”. (I.P.)

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    Pakistan: Radio Veritas Asia in urdu compie 25 anni

    ◊   Cominceranno tra poco più di sei mesi le celebrazioni per i 25 anni di vita di Radio Veritas in urdu, che festeggerà la ricorrenza dal prossimo 14 agosto – giorno dell’avvio del servizio nel 1987 – fino allo stesso giorno del 2012. Un traguardo importante per una radio come questa, che rappresenta da anni per la Chiesa pakistana uno dei principali mezzi di evangelizzazione tramite mass media accanto alla televisione cattolica “Good News tv”. Molti dei meriti vanno riconosciuti a mons. Lawrence Saldanha, arcivescovo di Lahore e presidente della Conferenza episcopale, che “ha voluto fortemente e messo in atto tutti i mezzi necessari per fondare Radio Veritas e avviarne le trasmissioni”, dichiara all’agenzia Fides il direttore dell’emittente, padre John Shakir Nadeem, che è anche segretario esecutivo della Commissione episcopale per le Comunicazioni Sociali. “Oggi ci sentiamo benedetti, in quanto riusciamo a toccare i cuori dei nostri ascoltatori”, fra i quali vi sono anche fedeli musulmani, spiega, sottolineando come attraverso i programmi di questa radio si sia creata “una cultura dell’amore, del perdono e della fratellanza”. “Preghiamo l’Onnipotente – ha concluso padre Nadeem - affinchè possa continuare a infonderci coraggio per proseguire il nostro lavoro per la Chiesa locale e per tutta l’umanità”. (L.G.)

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    Isole Salomone: inaugurata una nuova scuola superiore dedicata a Don Bosco

    ◊   E' stata recentemente inaugurata a Nila una nuova scuola superiore, dedicata a Don Bosco, la “Saint John Bosco Senior Secondary School and Training Centre”. Secondo quanto si legge in un comunicato dell'Ans ripreso dall'agenzia Fides, gli educatori e i professori del nuovo centro educativo, realizzato dalla “Nila Mission Station” della diocesi di Gizo, saranno ex allievi salesiani e alcuni proverranno dai centri delle Filippine. La nuova scuola è molto apprezzata e sostenuta dalla comunità locale: centinaia di persone hanno espresso la loro soddisfazione per la costruzione e hanno promesso di partecipare agli sforzi per le future collaborazioni che si renderanno necessarie. Particolarmente coinvolti nell’iniziativa sono stati anche alcuni volontari italiani, già sostenitori dei vari progetti salesiani a Tetere ed Henderson. Inoltre i proprietari del terreno su cui sorge la scuola media di Tuha, dalla quale proviene la maggior parte degli studenti, hanno condonato l’affitto per 50 anni, così da rendere possibile gli ormai necessari lavori di ristrutturazione del centro. La scuola cambierà nome in “Saint John Bosco Tuha Junior Secondary School”, e seguirà il percorso tracciato dalla scuola salesiana di Henderson, che nel 2000 ha aperto la strada ad un nuovo tipo di educazione nel Paese. Alcuni dei ragazzi diplomatisi all’Istituto Don Bosco di Henderson stanno ora studiando presso l’istituto per insegnanti di Vanga, diretto dalla diocesi. (R.P.)

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    I Gesuiti di Asia-Pacifico: una regione enorme, giovane e in crescita

    ◊   Un gigante giovane e in crescita. È la regione dell’Asia-Pacifico, nella quale vivono la loro missione i Gesuiti, che nei giorni scorsi si sono riuniti a Singapore per l'incontro dei Superiori maggiori della Compagnia di Gesù della Conferenza dell'Asia-Pacifico. La conferenza dei Gesuiti dell'Asia-Pacifico (Jcap) – spiega l’agenzia Fides - è composta di tredici unità: 7 Province (Australia, Cina, Indonesia, Giappone, Corea, Filippine e Vietnam) e 6 Regioni e Missioni (Cambogia, Timor Est, Malesia-Singapore, Micronesia, Myanmar e Thailandia). Jcap è al servizio di una parte del mondo enorme, sia per popolazione sia per estensione geografica. Oltre al vasto continente dell'Australia, la conferenza dei gesuiti dell'Asia-Pacifico include la Cina, la nazione più popolosa del mondo, e l'Indonesia, che non solo è un grande arcipelago esteso su tre fusi orari, ma è anche il Paese con il maggior numero di musulmani del mondo. Fatta eccezione per le Filippine e Timor Est, a predominanza cattolica, la Chiesa cattolica in quest'area è un'esigua percentuale della popolazione. I cattolici del Giappone, ad esempio, sono circa mezzo milione e rappresentano meno dello 0,5% della popolazione del Paese e i meno di 300mila cattolici thailandesi costituiscono poco più dello 0,4% della popolazione della Thailandia. Ognuno di questi paesi, culturalmente così diversi, si trova poi di fronte a sfide differenti, come differenti solo sono le loro realtà economiche: in Asia-Pacifico ci sono, infatti, giganti dell’economia, come Cina, Giappone, Corea, Australia e Singapore, ma anche alcuni tra i Paesi più poveri del mondo, come Timor Est, Myanmar e Cambogia. Tanti poi i problemi di repressione politica e religiosa, oltre alle migrazioni, dovute a varie ragioni, che restano una grande sfida per l'intera regione e coinvolgono milioni di persone. Per quanto riguarda la Compagnia di Gesù, infine, l'Asia-Pacifico è una regione giovane e in crescita: circa un terzo dei Gesuiti dell'Jcap, ad esempio, sono sui 40 anni e anche più giovani. (L.G.)

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    Il cardinale Tauran: “Il dialogo è via maestra alla pace e collaborazione tra i popoli”

    ◊   “Dialogare ci è necessario, perché il dialogo è via maestra alla pace e alla collaborazione tra i popoli”: lo scrive il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, in un articolo pubblicato sul mensile internazionale “30 giorni”. “Non possiamo cedere all’istinto della paura verso l’altro – continua il porporato – ma dobbiamo assumere, invece, come fossero nostre, le aspirazioni al bene dell’interlocutore”. Di qui, l’esortazione ai cristiani, ad “evitare due scogli: il rancore e l’indifferenza”, soprattutto “nel contesto di oggi”. Il porporato ricorda, poi, il suo viaggio compiuto in Iran nel novembre scorso, durante il quale ha visitato, per la prima volta, la città di Qom, luogo santo per gli sciiti e sede universitaria. “Ho potuto constatare con soddisfazione – scrive il presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso – l’importanza data all’insegnamento della filosofia e spero che dai contatti e dalle conversazioni particolarmente ricche avute in tale circostanza possa nascere una collaborazione di tipo accademico”. Il cardinale Tauran cita anche l’Eucaristia celebrata a Teheran insieme alla comunità cristiana locale, in cui ha visto “tante attestazioni di affetto verso il Papa ed il desiderio di vivere come cristiani che danno il buon esempio”. Centrale poi “l’incontro cordiale” con il presidente Mahmoud Ahmadinejad, il quale ha ribadito come “nelle società contemporanee il ruolo delle religioni non possa essere diminuito”, poiché c’è bisogno di “riscoprire l’importanza della religione e la fede in Dio”. Cosa che, invece, non è successa con “due sistemi che hanno promesso la felicità all’uomo ed hanno fallito: il marxismo ed il capitalismo”. Il cardinale Tauran conclude il suo articolo ricordando lo scambio di missive tra Ahmadinejad e Benedetto XVI e ribadendo che “quando le circostanza saranno mature, certamente il Papa considererà l’opportunità di un viaggio in Iran”, avendo come “prima meta la visita e la comunione con la locale comunità cattolica”. (I.P.)

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    Usa: allo studio un nuovo Ordinariato per anglicani

    ◊   Un nuovo Ordinariato cattolico, negli Stati Uniti, su modello di quello intitolato a Nostra Signora di Walsingham stabilito in Inghilterra all’inizio dell’anno. È il progetto del cardinale Donald William Wuerl, arcivescovo di Washington, che – rende noto l’Osservatore Romano - su incarico della Congregazione per la Dottrina della Fede e in accordo con i suoi confratelli della Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb), ha preso l’iniziativa di inviare dei questionari alle comunità e ai fedeli anglicani che desiderano vivere la loro fede religiosa in comunione con la Chiesa cattolica. “Le motivazioni di queste comunità possono essere varie – ha dichiarato il porporato - come sono differenti le ragioni a livello individuale. Tuttavia la Chiesa cattolica ha a disposizione uno strumento, il catechismo per gli adulti, che si sta dimostrando indispensabile per la formazione di quanti chiedono di essere battezzati”. Il passo successivo, ha spiegato, sarà poi valutare se il numero dei fedeli anglicani sia sufficiente per intraprendere subito un’azione verso l’Ordinariato. “Certamente — ha dichiarato l’arcivescovo di Washington — bisognerà decidere sul tema dell’Ordinariato tenendo conto dei risultati dell’indagine. Una struttura come quella già in funzione nella Chiesa d’Inghilterra e del Galles rappresenterebbe una grande sfida anche per la Chiesa degli Stati Uniti, anche perché le differenze nel mondo anglicano in questo Paese sono ancora più ampie di quelle tra i fedeli della Chiesa d’Inghilterra». Tali differenze, riguardano soprattutto i fedeli della comunità episcopaliana di Stati Uniti e Canada, dove molte comunità hanno criticato i vertici che, nel corso dell’Assemblea generale in California nel luglio 2009, hanno deciso di consentire la consacrazione episcopale di uomini e donne anche conviventi con persone dello stesso sesso. (L.G.)

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    Indagine Usa: i giovani cattolici non hanno abbandonato la fede

    ◊   I giovani cattolici hanno oggi un legame diverso rispetto al forte vincolo che legava alla Chiesa i loro coetanei nati tra gli anni Quaranta e Cinquanta ma non hanno abbandonato la fede e non sono ancora una “generazione perduta”. A rilevarlo è un’indagine presentata nel corso di un Forum promosso dai Gesuiti alla «Fordham University» di New York, secondo quanto fa sapere l’Osservatore Romano. Durante la conferenza, dal titolo «Lost? Twenty-somethuingsin the Church», il sociologo James Davidson ha spiegato dunque come i giovani cattolici distinguano tra la fede, nella quale si identificano e che rispettano, e le istituzioni, alle quali sono invece meno legati. Secondo i dati, otto giovani cattolici su dieci ritengono che esistano molti modi per interpretare il cattolicesimo e danno maggiore rilevanza alla loro esperienza individuale piuttosto che al magistero. La maggior parte di loro, inoltre, sottolinea l’importanza di pensare in modo autonomo piuttosto che obbedire ai responsabili ecclesiali. Invece di abbracciare le tradizioni e gli insegnamenti della Chiesa, molti distinguono tra credenze e principi astratti - che ritengono al centro della fede cattolica - e codici di comportamento più concreti, che considerano però marginali. Credere alla Santissima Trinità, all’Incarnazione, a Maria Madre di Dio, alla presenza reale di Cristo nell’Eucaristia e il bisogno di prendersi cura dei poveri, infatti, sono per loro più importanti di indicazioni pratiche. Sul fronte dei comportamenti sessuali, infine, i giovani adulti cattolici risentono della complessa relazione tra la Chiesa e i costumi più diffusi. (L.G.)

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    Parigi: incontro nazionale delle comunità cristiane delle "Grandi Scuole"

    ◊   L’associazione francese Chrétiens en Grande Ecole tiene oggi e domani a Parigi il proprio incontro nazionale, sul campus di Saclay, intorno al tema “«Io sono la Via, la Verità e la Vita (Gv 6,14)». Alla scuola di Gesù”. Finalità dell’associazione, che quest’anno festeggia il 25.mo di attività, è quella di animare spiritualmente la rete delle comunità cristiane delle “Grandi Scuole”, istituti di istruzione superiore in campi quali l’ingegneria, il commercio, l’amministrazione, le scienze politiche, l’agronomia. L’organismo riunisce circa 120 Scuole e oltre 80 comunità cristiane, per un totale di tremila studenti e 80 cappellani. L’attività ordinaria della rete Cge prevede incontri tematici con invitati, riunioni di catechesi biblica o forum di discussione su documenti del magistero pontificio, insieme ad opere di carattere sociale presso i poveri e i malati, approfondimento di tematiche teologiche o sociali, celebrazioni di preghiera. L’incontro nazionale costituisce l’evento principale dell’organismo, un’occasione per riflettere congiuntamente sulle questioni decisive del mondo contemporaneo e di impostare singolarmente un discernimento della propria vita spirituale. Ponendo la pedagogia del Cristo al centro dell’appuntamento gli studenti intendono approfondire la conoscenza di Gesù, il Suo rapporto personale con ogni credente, il modo di educare i discepoli alla fede e di inviarli nel mondo per rivelare la presenza di un Dio che è Padre. Il dibattito sarà introdotto dall’Ordinario Militare per la Francia, vescovo Luc Ravel, e si avvarrà di testimonianze di personalità della Chiesa e della società, che apporteranno il loro contributo anche nelle tavole rotonde previste domani mattina su temi quali l’insegnamento superiore, la promozione umana e sociale ad Haiti e l’ecumenismo. Al termine della riflessione i partecipanti si riuniranno nella Cattedrale di Evry per la Santa Messa conclusiva concelebrata dai vescovi di Autun, mons. Benoît Rivière e di Evry, mons. Michel Dubost. (A cura di Marina Vitalini)

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    Il cardinale Bagnasco ai giovani: distinguere la vera vita da quella apparente

    ◊   “I giovani siano educati a distinguere la vita vera da quella apparente che tutto promette ma tutto toglie”. E’ quanto ha auspicato ieri il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, durante l’omelia pronunciata in occasione della veglia diocesana di preghiera in vista della Giornata nazionale per la vita, che la Chiesa italiana celebrerà domani. “Tutti noi - ha detto il cardinale - vediamo quanto bisogno ci sia oggi della capacità di distinguere la vita vera da quella apparente anche se questa è luccicante e trionfante”. “La vita apparente - ha aggiunto il porporato - anche se si presenta brillante, rigogliosa, affermata, giovane e lucente, piena di successo e di possibilità, è una vita triste”. Il criterio per giudicare la vita vera da quella apparente - ha proseguito il cardinale – è la Croce di Cristo che “non è un giudizio senza appello, ma un giudizio di verità e misericordia di salvezza”. Si deve reagire alla “cultura invasiva, in ogni modo e in ogni forma, che spinge a pensare solo a noi stessi e al nostro interesse personale, al nostro comodo, a non farci carico degli altri” perché una società strutturata in questo modo “diventa una civiltà morente”. “Il grado della civiltà di una società - ha affermato il presidente della Cei - è il prendersi cura gli uni degli altri”. “L’indicatore più autentico del grado di umanità e civiltà della convivenza - ha proseguito - sta nella capacità della società di farsi carico della vita fragile malata, povera”. Il porporato ha rivolto infine un invito ai fedeli a scorgere il volto di Gesù “in ogni forma della vita umana, dal concepimento, al suo sviluppo, alla vita ferita e violata, al momento della sofferenza, nell’appuntamento con la malattia, fino allo spegnimento naturale dell’aprirsi alla pienezza di Dio”. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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    Napoli: il cardinale Sepe presenta l'Anno Giubilare nello spirito delle opere di misericordia

    ◊   Prende il via ufficialmente l'Anno Giubilare di Napoli in occasione della 33esima Giornata della Vita che si tiene domani. L'Anno, nello spirito delle opere di misericordia, era stato indetto con una manifestazione pubblica dal cardinale Sepe lo scorso mese di dicembre. Questa mattina la conferenza stampa dell’arcivescovo di Napoli che nel Salone delle Conferenze del Palazzo arcivescovile del capoluogo campano ha illustrato i primi appuntamenti: nel mese di febbraio, iniziative dedicate alla Vita, alla Cura, all'Ammalato, all'Ambiente, all'Accoglienza. Domani, in occasione della 33esima Giornata della Vita, l'attività della diocesi si concentrerà in piazza Dante dove dalle 11 partirà la cosiddetta “passeggiata della famiglia”, che giungerà fino in piazza Plebiscito. “Vogliamo impegnarci per educare alla pienezza della vita, ha detto il cardinale Sepe, facendo crescere una cultura della vita che la accolga, la custodisca e la favorisca sempre, anche quando è debole e bisognosa di aiuto”. A febbraio altre due tappe: l'11 febbraio in occasione della XVIII Giornata Mondiale del Malato per invitare tutta la comunità ad un più generoso slancio apostolico al servizio dei malati e la Giornata dell'Ambiente prevista per venerdì 18 febbraio. (Da Napoli, Ersilia Gillio)

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    Milano: il cardinale Tettamanzi invita ad apprezzare di più i politici cattolici

    ◊   “I cristiani impegnati in politica e nelle amministrazioni locali devono essere più apprezzati, stimati e valorizzati nelle nostre parrocchie”. È l’appello lanciato ieri dal cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, nell’incontro con gli amministratori locali, secondo quanto rende noto l'agenzia Sir. Dal porporato è giunto inoltre l’invito a far cessare “il pregiudizio e il sospetto con il quale si guarda a coloro che si occupano della cosa pubblica”, perché, ha spiegato, “la stragrande maggioranza” di essi “non lo fa per interesse o tornaconto personale”. Ai cristiani impegnati in politica l’arcivescovo di Milano ha raccomandato di guadagnarsi la stima attraverso “l’onestà del servizio”, cercando “il dialogo nelle comunità cristiane”. Fiducia, relazionalità, lungimiranza, pazienza, perseveranza sono, secondo il cardinale Tettamanzi, le caratteristiche salienti dell’amministratore locale. “Occorre farsi carico dei tempi lunghi della crescita sociale puntando sui giovani”, ha raccomandato poi il porporato. “Occorre investire nella loro formazione”, “creando occasioni di lavoro duraturo”. Tra le altre urgenze, il cardinale Tettamanzi ha segnalato la necessità di sostenere la famiglia “nelle sue esigenze concrete”, perché “è questa la migliore prevenzione al disagio giovanile e la via più promettente per garantire la tenuta della coesione sociale”. Oltre che nel preservare il patrimonio ambientale, ha concluso il porporato, serve lungimiranza anche “nel progettare lo sviluppo urbanistico del territorio” tenendo conto dei “nuovi cittadini”, soprattutto stranieri, e “realizzando i necessari servizi per garantire un vivere a misura d’uomo”. (M.I.)

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    24 Ore nel Mondo



    Tregua dopo 24 ore di scontri al confine tra Thailandia e Cambogia

    ◊   È proseguito per 24 ore lo scontro armato al confine tra Thailandia e Cambogia. Per 24 ore, si sono affrontate unità degli eserciti dei due Paesi asiatici. Il conflitto, che ha causato diverse vittime, si è poi concluso stamani con una tregua. Il servizio di Giancarlo La Vella:

    Una cruenta battaglia durata una giornata al confine che divide Thailandia e Cambogia, più precisamente attorno al conteso tempio khmer di Preah Vihear, che nel 1962 venne assegnato, insieme con tutto il territorio adiacente, a Phnom Penh dalla Corte internazionale di giustizia. Nel 2008, poi, l’Unesco ha inserito il tempio nella lista dei patrimoni dell’umanità. La scintilla è scoccata ieri, quando dall’una o dall’altra parte sono stati sparati colpi d’arma da fuoco. Gli eserciti si accusano reciprocamente di aver scatenato lo scontro, nel quale hanno perso la vita almeno tre militari, sei secondo altre fonti. Si tratta dell’ultimo atto di un confronto che negli anni scorsi si è manifestato in violenze armate ricorrenti, nelle quali hanno perso la vita circa 15 persone. Negli ultimi mesi, la questione è tornata d’attualità anche per le proteste del gruppo “Patrioti thailandesi”, un’emanazione del movimento monarchico-nazionalista delle “camicie gialle”, che sta tuttora manifestando contro il governo del premier Vejjajiva, per la sua posizione ritenuta troppo morbida in merito alla questione del possesso del tempio. Inoltre, nel febbraio scorso i giudici cambogiani hanno condannato rispettivamente ad otto e sei anni di reclusione due thailandesi accusati di sconfinamento e spionaggio. Sulle motivazioni alla base del contrasto tra i due Paesi asiatici, l'opinione di Stefano Vecchia, raggiunto telefonicamente a Bangkok:

    “C’è una ragione più lontana, di carattere storico: ci sono alcune aree, pochi chilometri quadrati del territorio confinario, che sono contese tra Cambogia e Thailandia, nonostante gli interventi internazionali attuati per dirimere questa questione. È una situazione in sospeso che periodicamente esce ed è riferita soprattutto alla zona del grande tempio di Preah Vihear. Ci sono ragioni contingenti: in Thailandia si assiste a un crescente nazionalismo, anche per contrastare i problemi interni, e la Cambogia è sempre pronta a cogliere ogni occasione – e a volte anche a provocarla – per sostenere il potere del premier Hun Sen”.

    Sulla vicenda, conclusasi stamani con un accordo di cessate-il-fuoco tra i due eserciti, la Cambogia ha inviato un’informativa al Consiglio di sicurezza dell’Onu per attirare l’attenzione sulla situazione alla frontiera con la Thailandia, definita a dir poco esplosiva.

    Cresce il numero dei profughi nelle zone di scontri in Afghanistan
    Le crescenti operazioni militari pakistane nella zone tribali al confine con l'Afghanistan, e in particolare dal 27 gennaio nella Mohmand Agency, stanno creando un flusso importante di profughi interni che richiedono una mobilitazione del governo e degli organismi internazionali. Secondo il quotidiano Daily Times, che cita fonti delle Nazioni Unite, se gli scontri con i militanti fondamentalisti si intensificano, dagli attuali 25 mila profughi si potrebbe arrivare fino a 90 mila entro la fine di febbraio. Il governo ha costituito tre accampamenti per accogliere le migliaia di famiglie che hanno abbandonato le aree di Sagi e Dawezai, dove i combattimenti sono stati più intensi, con un bilancio finora di 70-100 militanti uccisi e un numero imprecisato di perdite militari. In un comunicato, anche l'Alto Commissariato dell'Onu per i rifugiati (Unhcr) ha reso noto di aver aperto due accampamenti dove i profughi ricevono cibo e generi di prima necessità.

    Continuano le ricerche della turista fiorentina rapita in Algeria
    Continuano le ricerche di Maria Sandra Mariani, la turista fiorentina rapita mercoledì sera nel profondo sud dell'Algeria, nel Sahara vicino all'oasi di Djanet (2000 km a sudest di Algeri). Nessuna rivendicazione del sequestro è stata ancora diffusa, ma secondo fonti locali contattate dall'Ansa e la stampa algerina, appare chiara un'implicazione dei gruppi armati legati ad Al Qaeda per il Maghreb islamico. La donna è stata prelevata da una quindicina di uomini armati, a soli 90 km dalla frontiera con il Niger, dove molto probabilmente è già stata trasferita.

    Decine di migliaia di persone manifestano a Belgrado
    Decine di migliaia di persone stanno manifestando a Belgrado contro la politica economica del governo e per chiedere elezioni anticipate. Indetta dal partito del progresso serbo (Sns), la maggiore forza di opposizione, la manifestazione si tiene nell'ampia spianata davanti al parlamento, nel centro di Belgrado. Il leader del Sns, Tomislav Nicolic, ha criticato a più riprese il governo serbo, responsabile a suo avviso del forte impoverimento della popolazione in conseguenza della crisi che ha colpito duramente la Serbia. Migliaia di manifestanti sono giunti nella capitale da altre regioni dello Stato a bordo di autobus e treni speciali. Per garantire l'ordine, sono stati mobilitati ottomila poliziotti e centinaia di uomini del servizio d'ordine del Sns. Si temono infatti possibili azioni provocatorie da parte di estremisti e ultranazionalisti, compresi gli ultrà della tifoseria calcistica, che potrebbero approfittare del raduno per abbandonarsi ad atti di violenza.

    Sarkozy annuncia vertice straordinario dell'Eurozona ai primi di marzo
    Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha confermato che ai primi di marzo si terrà un vertice straordinario dell'Eurozona, anche se la data non è stata ancora fissata. Sarkozy ha quindi sottolineato come dal Consiglio Ue sia emerso l’orientamento a discutere “le questioni che riguardano la zona euro nell'ambito di vertici dell'Eurozona”. “I problemi strettamente legati all'Eurozona - ha detto - saranno discussi a 17, e quelli riguardanti il Patto sulla competitività a 17 più gli altri che ci vogliono stare”.

    Tunisia, due giovani, arrestati per le proteste, morti per un incendio in carcere
    Due giovani sono morti ieri pomeriggio in seguito alle ustioni riportate a causa di un incendio divampato in una delle celle di sicurezza della centrale di polizia di Sidi Bouzid, "culla" della rivolta popolare che ha portato alla fuga del presidente Ben Ali. Aden Hammami e Bakari Nairi, questi i nomi dei due giovani deceduti, erano stati arrestati in mattinata e rinchiusi nella centrale di Sidi Bouzid perchè accusati di possesso di armi e stato di ebbrezza. La notizia della loro morte si è rapidamente sparsa per la città provocando le proteste: centinaia di persone si sono radunate davanti alla centrale di polizia, all'interno della quale gli agenti si sono barricati, mentre i dimostranti hanno appiccato il fuoco a tre auto della polizia. La situazione rimane molto tesa. Sidi Bouzid è la città di Mohamed Bouazizi, il giovane venditore ambulante che si è dato fuoco lo scorso 17 dicembre e la cui morte ha scatenato la reazione popolare che ha portato alla caduta del regime di Ben Ali.

    Manifestazioni senza incidenti in diverse città dell’Albania
    L'opposizione albanese di sinistra guidata da Edi Rama è scesa in piazza ieri pomeriggio a Tirana e in altre tre grandi città del nord e del sud del Paese, a Lezha, Valona e Korca, per chiedere le dimissioni del governo del premier, Sali Berisha, e le elezioni anticipate. Le manifestazioni si sono svolte nella massima tranquillità, sotto la stretta sorveglianza di agenti della polizia. Non ci sono stati interventi di politici e discorsi rivolti alla folla. A Tirana, questa volta è stato evitato il viale principale dove sono situate le istituzioni principali e anche la sede del governo. Guidati dagli esponenti dell'opposizione, i manifestanti (100 mila secondo i socialisti, meno di 10 mila secondo la polizia) hanno marciato in silenzio sulle strade principali delle città, con in mano striscioni con le scritte "Berisha vattene" o "Berisha consegna gli assassini", riferendosi al fatto che la polizia si rifiuta ancora, da circa due settimane, di eseguire gli ordini di cattura emessi dalla Procura nei confronti dei vertici della Guardia repubblicana, sospettati dell'omicidio di tre manifestanti durante gli scontri violenti avvenuti davanti al palazzo di governo lo scorso 21 gennaio.

    Domani il processo di due cittadini americani in Iran
    Massud Shafii, l'avvocato di due cittadini americani in carcere da un anno e mezzo in Iran, ha detto oggi all'Ansa di non avere potuto incontrarli per preparare una linea difensiva in vista del processo, che si aprirà domani davanti alla Corte rivoluzionaria di Teheran e che li vede accusati di spionaggio ed entrata illegale nel Paese. L'amministrazione americana ha chiesto ripetutamente che i due vengano scarcerati, negando che si tratti di spie.

    Cuba, chiesti 20 anni per l’operatore americano accusato di spionaggio
    La Procura cubana ha chiesto 20 anni di carcere contro l'operatore americano, Alan Gross, arrestato all'Avana nel dicembre 2009 e accusato di spionaggio. La motivazione dell'accusa è per “atti contro l'indipendenza e l'integrità territoriale dello Stato”. Lo ha annunciato oggi una nota ufficiale. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 36

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.