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Sommario del 01/02/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa scrive al Congresso latinoamericano delle vocazioni: per invitare a seguire Cristo servono gioia e limpidezza di fede
  • Domani il Papa presiede i Vespri nella Festa della Presentazione: la vita consacrata, segno dell’amore sovrabbondante di Dio
  • Erezione dell’Ordinariato militare per la Bosnia ed Erzegovina
  • Prese di Possesso cardinalizie
  • Il cardinale Piacenza: la Missione è una dimensione costitutiva della vita del sacerdote
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Egitto: un milione di manifestanti al Cairo per chiedere le dimissioni di Mubarak
  • La crisi in Egitto spinge in alto il prezzo del petrolio
  • Rinviato il testo Ue sulla libertà religiosa. Cardia: paura di pronunciare la parola "cristiani"
  • Disoccupazione giovanile in Italia al 29%: quasi un giovane su tre non lavora
  • Concilio Vaticano II, bussola del Terzo Millennio: ecumenismo, via della Chiesa
  • "I santi del giorno": nuovo libro di mons. Ruppi
  • Chiesa e Società

  • Messaggio di Ban Ki-moon per la Settimana mondiale Onu dell’armonia interreligiosa
  • India: per i leader cristiani il Rapporto sulle violenze in Karnataka è disonesto e pieno di pregiudizi
  • Orissa: la polizia minaccia la moglie del pastore protestante ucciso dagli estremisti indù
  • Nepal. Mancano i cimiteri: i cristiani pronti a manifestare per i diritti delle minoranze
  • Mons. Celata al Meeting cristiano a Bangkok: costruire la pace interreligiosa e l'unità fra i cristiani
  • Iraq: nella diocesi di Erbil il governo sostiene la costruzione di un’università e un ospedale
  • Afghanistan: civili innocenti sempre più vittime della guerra
  • La Caritas in Pakistan denuncia: sei mesi dopo le alluvioni, pochi fondi per le zone disastrate
  • Filippine: attivisti chiedono al presidente Aquino di confermare le politiche di rispetto della vita
  • Myanmar. Emergenza sanitaria: nelle zone rurali 23 operatori per 10 mila persone
  • Centrafrica: per la Chiesa le elezioni sono valide, anche se viziate da irregolarità
  • Legionari di Cristo: istituita la “Commissione per l'Avvicinamento”
  • Terra Santa: concorso per giovani pianisti palestinesi ed arabo-israeliani
  • Dublino. L'arcivescovo di Canterbury sul vertice anglicano: risultati all’altezza delle aspettative
  • Usa: il profilo delle nuove religiose. Ricerca nella Giornata della vita consacrata
  • La Chiesa in Australia e le leggi sull’eutanasia
  • Cina: dalla comunità cattolica un'attenzione continua alla promozione delle vocazioni
  • Ecuador: Quito dichiarata capitale americana della cultura
  • Resi noti i candidati alla guida della Fao, dopo tre mandati del direttore generale uscente
  • Don Julián Carrón su Giovanni Paolo II: “Un enorme debito di riconoscenza”
  • Francia: la stampa cattolica non è abbastanza conosciuta dai francesi
  • Siena: anteprima nazionale di un documentario sulla realtà delle suore in Italia
  • 24 Ore nel Mondo

  • Khartoum accetta l’indipendenza del Sud Sudan
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa scrive al Congresso latinoamericano delle vocazioni: per invitare a seguire Cristo servono gioia e limpidezza di fede

    ◊   Una vocazione al sacerdozio o alla vita religiosa non è frutto di una strategia umana, ma del primato della vita spirituale. Lo afferma Benedetto XVI nel messaggio indirizzato al secondo Congresso continentale latinoamericano delle vocazioni, iniziato ieri a Cartago, in Costa Rica, e in programma fino a sabato prossimo. I contenuti del messaggio del Papa nel servizio di Alessandro De Carolis:

    Non serve la mente di uno stratega per guadagnare uomini e donne alla causa del Vangelo, ma cuori innamorati di Dio. E’ uno dei concetti-chiave che Benedetto XVI comunica a chi, nell’America Latina, ha la responsabilità di pianificare le iniziative di pastorale vocazionale. Tra i tanti aspetti che potrebbero essere considerati nel coltivare delle vocazioni, scrive il Papa, “vorrei sottolineare l'importanza di prendersi cura della vita spirituale. “L'esperienza – constata – insegna che dove c’è una buona pianificazione e la pratica costante delle vocazioni, le vocazioni non mancano”. E tuttavia, la vocazione – afferma – non è il risultato di un progetto umano o di un’abile strategia organizzativa. Nella sua realtà più profonda, è un dono di Dio, una iniziativa misteriosa e ineffabile del Signore”. Per questo, indica il Pontefice, si deve “tenere sempre a mente il primato della vita spirituale come fondamento di ogni programmazione pastorale”. Per i più giovani, prosegue, bisogna “prevedere” la “possibilità di aprire il cuore a una realtà più grande: Cristo, che solo può dare senso e pienezza alla loro vita. Dobbiamo superare la nostra autosufficienza e andare con umiltà al Signore, supplicandolo di chiamare molti”.

    Inoltre, Benedetto XVI punta su un altro aspetto importante: la testimonianza. Se una comunità cristiana gode di “abbondanza di vocazioni” questo, osserva, è “un segno eloquente della vitalità” di quella Chiesa, della “forte vita di fede” che si respira in quella porzione di popolo di Dio. Ciò che deve spiccare dunque, asserisce Benedetto XVI, è “una testimonianza limpida e trasparente di fede, speranza e carità”. Assieme alla gioia, certo. Perché un “testimone fedele e gioioso della propria fede – soggiunge il Papa – è sempre stato ed è un mezzo privilegiato per suscitare in tanti giovani il desiderio di seguire le orme di Cristo”. E assieme al coraggio: quello “di proporre con dolcezza e rispetto la possibilità che Dio chiami anche loro”, sapendo che “oggi, come sempre”, i giovani “sono sensibili alla chiamata di Cristo che li invita a seguirlo”.

    Nel Messaggio, Benedetto XVI ricorda anche l’imminente anniversario della celebrazione del primo Congresso continentale, 17 anni fa, e con questo il fatto che “la Chiesa, nel profondo del suo essere, ha una dimensione vocazionale, già implicita nel suo significato etimologico di ‘assemblea convocata’ da Dio. Anche la vita cristiana – dice – partecipa di questa stessa dimensione vocazionale che caratterizza la Chiesa. Nell'anima di ogni cristiano risuona ogni volta di nuovo quel ‘seguimi’ di Gesù agli Apostoli, che ha cambiato per sempre la loro vita”.

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    Domani il Papa presiede i Vespri nella Festa della Presentazione: la vita consacrata, segno dell’amore sovrabbondante di Dio

    ◊   Benedetto XVI presiederà domani alle 17.30 nella Basilica Vaticana la celebrazione dei Vespri con i membri degli Istituti di Vita Consacrata e delle Società di Vita Apostolica, nella Festa della Presentazione del Signore e XV Giornata della Vita Consacrata. Nel servizio di Alessandro Gisotti, ripercorriamo alcune meditazioni del Papa nelle celebrazioni degli anni precedenti:

    Un “mistero semplice e solenne”: così, Benedetto XVI definisce la Presentazione del piccolo Gesù al Tempio di Gerusalemme, quaranta giorni dopo la nascita. E’ questo al tempo stesso un momento particolare della vita della Santa Famiglia ed un evento che riguarda l’umanità intera, giacché Cristo ci viene presentato come il “mediatore che unisce Dio e l’uomo abolendo le distanze, eliminando ogni divisione e abbattendo ogni muro di separazione”. Il Papa sottolinea che Gesù “inizia, ancora Bambino, a camminare sulla via dell'obbedienza, che percorrerà fino in fondo”. E rileva come Maria sia la prima persona associata al Signore sulla via dell’obbedienza:

    “Portando il Figlio a Gerusalemme, la Vergine Madre lo offre a Dio come vero Agnello che toglie i peccati del mondo; lo porge a Simeone e ad Anna quale annuncio di redenzione; lo presenta a tutti come luce per un cammino sicuro sulla via della verità e dell'amore”. (Messa per la Giornata della Vita Consacrata, 2 febbraio 2006)

    Proprio l’obbedienza di Gesù e Maria, sottolinea il Pontefice, sono un modello da seguire per i consacrati, chiamati a servire Dio e far risplendere la sua luce nella Chiesa e nel mondo:

    "Come, infatti, la vita di Gesù, nella sua obbedienza e dedizione al Padre, è parabola vivente del "Dio con noi", così la concreta dedizione delle persone consacrate a Dio e ai fratelli diventa segno eloquente della presenza del Regno di Dio per il mondo di oggi (…) la vostra completa consegna nelle mani di Cristo e della Chiesa è un annuncio forte e chiaro della presenza di Dio in un linguaggio comprensibile ai nostri contemporanei". (Messa per la Giornata della Vita Consacrata, 2 febbraio 2006)

    “È questo – soggiunge il Papa – il primo servizio che la vita consacrata rende alla Chiesa e al mondo. All'interno del Popolo di Dio essi sono come sentinelle che scorgono e annunciano la vita nuova già presente nella nostra storia”. Come Cristo, anche la persona consacrata è “segno di contraddizione”. Ma, è il suo incoraggiamento, chi ha risposto senza riserve alla chiamata di Dio non deve scoraggiarsi “dinnanzi alle inevitabili difficoltà della vita e alle molteplici sfide dell’epoca moderna”:

    Con il loro esempio proclamano a un mondo spesso disorientato, ma in realtà sempre più alla ricerca d'un senso, che Dio è il Signore dell'esistenza. Scegliendo l’obbedienza, la povertà e la castità per il Regno dei cieli, mostrano che ogni attaccamento ed amore alle cose e alle persone è incapace di saziare definitivamente il cuore; che l’esistenza terrena è un’attesa più o meno lunga dell’incontro ‘faccia a faccia’ con lo Sposo divino, attesa da vivere con cuore sempre vigile per essere pronti a riconoscerlo e ad accoglierlo quando verrà. (Vespri del 2 febbraio 2007)

    “La persona consacrata – ribadisce il Papa – per il fatto stesso di esserci, rappresenta come un ponte verso Dio per tutti coloro che la incontrano”. Ecco perché, è l’esortazione del Pontefice, bisogna ringraziare il Signore per questo inestimabile dono:

    “Se essa non ci fosse, quanto sarebbe più povero il mondo! Al di là delle superficiali valutazioni di funzionalità, la vita consacrata è importante proprio per il suo essere segno di gratuità e d’amore, e ciò tanto più in una società che rischia di essere soffocata nel vortice dell’effimero e dell’utile. La vita consacrata, invece, testimonia la sovrabbondanza d’amore che spinge a perdere la propria vita, come risposta alla sovrabbondanza di amore del Signore, che per primo ha perduto la sua vita per noi”. (Vespri del 2 febbraio 2010)

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    Erezione dell’Ordinariato militare per la Bosnia ed Erzegovina

    ◊   Benedetto XVI ha eretto l’Ordinariato militare per la Bosnia ed Erzegovina ed ha nominato primo ordinario militare per la Bosnia ed Erzegovina il rev. Tomo Vukšiƒ, finora vicario generale della diocesi di Mostar-Duvno (Bosnia ed Erzegovina). Il rev. Tomo Vukšiƒ è nato il 9 gennaio 1954 a Studenci, nella diocesi di Mostar- Duvno. È stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1980. È stato vicario parrocchiale nella Cattedrale di Mostar (1980-1982). Ha conseguito, a Roma, la licenza in Teologia Ecumenica al Pontificio Istituto Orientale (1984) e quella in Diritto Canonico alla Pontificia Università Urbaniana (1986). Successivamente, per due anni, ha ricoperto l’incarico di segretario del vescovo Žaniƒ di Mostar. Tornato a Roma, ha conseguito il dottorato presso il Pontificio Istituto Orientale (1991). Rientrato in patria, è stato Preside dell’Istituto Teologico di Mostar (1991-1994), vice-rettore del Seminario Maggiore di Sarajevo (1993-1998), vicario giudiziale di Mostar-Duvno (1995-2009). Dal 2009 era vicario generale della medesima diocesi e docente di Teologica Ecumenica all’Istituto Teologico di Mostar.

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    Prese di Possesso cardinalizie

    ◊   L’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice dà comunicazione delle Prese di Possesso che avranno luogo nei prossimi giorni:

    Sabato 5 febbraio, alle ore 18.30, il cardinale Raymond Leo Burke, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, prenderà possesso della Diaconia di Sant’Agata de’ Goti.

    Venerdì 11 febbraio, alle ore 18.00, il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, prenderà possesso della Diaconia di Santa Maria in Aquiro.

    Sabato 12 febbraio, alle ore 18.00, il cardinale Francesco Monterisi, arciprete della Papale Basilica di San Paolo fuori le Mura, prenderà possesso della Diaconia di San Paolo alla Regola.

    Domenica 13 febbraio, alle ore 12.00, il cardinale Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don, arcivescovo di Colombo, prenderà possesso del Titolo di San Lorenzo in Lucina.

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    Il cardinale Piacenza: la Missione è una dimensione costitutiva della vita del sacerdote

    ◊   “Rinvigorire lo zelo apostolico e missionario dei sacerdoti”. Questo lo spirito della Lettera circolare, pubblicata dalla Congregazione per il Clero, intitolata “L’identità missionaria del presbitero nella Chiesa quale dimensione intrinseca dell’esercizio dei tria munera”, ovvero dei tre uffici di insegnare, santificare e governare. La Lettera rappresenta uno dei frutti dell'ultima plenaria del dicastero vaticano, svoltasi nel marzo del 2009. Roberto Piermarini ha chiesto al neo prefetto della Congregazione per il Clero, il cardinale Mauro Piacenza perchè si è sentita la necessità di invitare i presbiteri ad un rinnovato impegno missionario:

    R. - La Missione è una dimensione costitutiva della vita del sacerdote; nel suo esercizio, si documenta sia l’identità del Presbitero, sia la fedeltà della risposta alla Chiamata ricevuta. L’invito a riscoprire la dimensione missionaria è, pertanto, un invito alla riscoperta e alla custodia della propria profonda identità, che è, in se stessa, evangelizzante. Il mondo, inoltre, ha estremo bisogno di sentire e ri-sentire l’annuncio della Salvezza portata da Cristo; i sacerdoti sono i primi portatori di tale buona notizia, che diviene esistenzialmente rilevante nel contatto vivo con il Signore, nella Chiesa, attraverso i Sacramenti.

    D. - Perché la Lettera si sofferma diffusamente sulla necessità di una rinnovata prassi missionaria?

    R. - I Padri hanno inteso evitare lunghe dissertazioni teologiche o giuridiche, ritenendo che la documentazione fosse già più che generosa in tal senso. Hanno preferito offrire uno strumento breve, che volgesse la propria attenzione più alla prassi; si è voluto sottolieneare come la Missione non possa essere concepita solo come ad gentes, ma domandi di permeare l’intera azione pastorale dei presbiteri. Due polarizzazioni sono da evitare: da un lato, il ritenere che il Ministero sia la custodia o la conservazione dello status quo; dall’altro, svilire o vanificare l’azione missionaria, non ritenendo che tutti gli uomini, indistintamente, attendano l’annuncio della Salvezza portato da Cristo, e che esso abbia un valore salvifico universale, come insegna la Dichiarazione Dominus Iesus.

    D. - La Lettera dà delle indicazioni concrete ai presbiteri?

    R. - Trattandosi di un Documento rivolto alla Chiesa universale, le ulteriori specificazioni, qualora lo volessero, sono demandate alle Conferenze episcopali nazionali. Tuttavia, la Lettera pone in luce, seguendo la tripartizione dei compiti di insegnare, santificare e governare propri del Sacerdozio ministeriale, alcune indicazioni come la tensione dei presbiteri verso l’Evangelizzazione di coloro che, nelle comunità, non hanno ancora conosciuto il Signore; il coinvolgimento nella Missione di tutti gli appartenenti nella comunità; la centralità del Kerygma, che include la degna Celebrazione dei Sacramenti e, in particolare, dell’Eucaristia, che è il motore stesso di ogni azione missionaria. La missione, in definitiva, dovrebbe essere un vero e proprio “movimento”, che, stimolando tutte le componenti comunitarie, ne favorisce la fedele testimonianza e la conseguente efficacia apostolica.

    D. - Con questa Lettera, cosa si auspica?

    R. - L’auspicio non può che essere quello di aver offerto un piccolo contributo al grande cammino di formazione permanente dei sacerdoti, necessariamente congiunta con quella iniziale, favorendo l’approfondimento della propria autentica identità e stimolando quella fedeltà nell’azione apostolica, della quale i santi sono straordinari testimoni. È sufficiente pensare al valore e alla capacità missionaria dell’eroica fedeltà di San Giovanni Maria Vianney al suo confessionale, per intuire che cosa la Chiesa, e il Popolo santo di Dio, si attenda dai suoi sacerdoti.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Colui che creò Adamo è tenuto in braccio bambino: in prima pagina, Manuel Nin sulla festa della Presentazione in Romano il Melode.

    Quelle lettere d’amore custodite nel regno dei cieli: Pier Giordano Cabra sul segreto delle donne consacrate.

    La vocazione non è progetto umano ma dono di Dio: nell’informazione vaticana, messaggio del Papa al secondo congresso continentale latinoamericano.

    Intervista di Nicola Gori a monsignor Joao Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica.

    Nell'informazione internazionale, sulla conclusione del vertice ad Addis Abeba un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo “L’Africa in ritardo su scelte politiche comuni”.

    Da Ferrara a Roma per dare voce alla meditazione: in cultura, Michael John Zielinski sulle origini della musica organistica.

    Giulia Galeotti sul (felice) caos della Memoria in “The Giver” di Lois Lowry.

    Mille strade per la perfezione: il vice direttore su nuove forme di vita consacrata.

    Su “Avvenire”, Bonhoeffer e il fascino del cattolicesimo.

    Come un coltello piantato alla gola: Gaetano Vallini recensisce il film di Denis Villeneuve “La donna che canta”.

    Sulle tracce dei certosini in Calabria: Luigi Falcone racconta la biblioteca di Serra San Bruno.

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    Oggi in Primo Piano



    Egitto: un milione di manifestanti al Cairo per chiedere le dimissioni di Mubarak

    ◊   In Egitto centinaia di migliaia di manifestanti hanno partecipato stamani, al centro del Cairo, alla protesta antigovernativa. Nel Paese, intanto, continua il blackout dei sistemi di comunicazione. Internet è fuori uso ed è stata interrotta l'autostrada tra Suez e il Cairo. Intanto, proseguono le manifestazioni di protesta in tutto l'Egitto. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Sono più di un milione gli egiziani che stamani hanno manifestato al Cairo chiedendo le dimissioni del presidente Hosni Mubarak. Oltre al Cairo, migliaia di persone sono scese in strada ad Alessandra, Ismailia, Suez e nel Sinai. In molti hanno dunque aderito alla protesta, nonostante la tv di Stato egiziana abbia invitato i cittadini ad evitare di unirsi alle manifestazioni paventando possibili episodi di violenza. L'esercito egiziano ha anche reso noto di ritenere “legittime” le richieste dei manifestanti e aggiunto che non intende usare “la forza contro il popolo”. Sul versante politico, intanto, il presiedente Mubarak ha dato vita ad un rimpasto di governo. Nel nuovo esecutivo è escluso, in particolare, il ministro dell’Interno, Habib el-Hadly, ritenuto responsabile della sanguinosa repressione delle manifestazioni dei giorni scorsi. Secondo stime dell'Onu sono almeno 300 le persone morte in seguito alle proteste scoppiate in tutto il Paese. Hosni Mubarak ha anche lanciato un appello al dialogo con le opposizioni, subito respinto dal gruppo dei “Fratelli Musulmani”. El Baradei, ex direttore dell'Agenzia internazionale per l'Energia Atomica e incaricato dall'opposizione di negoziare con l'attuale governo, ha affermato che Mubarak deve lasciare il Paese per evitare “un bagno di sangue”. In Turchia, poi, il premier Tayyp Erdogan, ha dihicarato che il presidente egiziano “dovrebbe ascoltare le domande” del popolo. Il governo iraniano ha auspicato inoltre che il rovesciamento dei regimi attualmente al potere in diversi Paesi arabi, tra cui l'Egitto, possa portare alla creazione di un Medio Oriente islamico. In Egitto, intanto, i collegamenti Internet restano bloccati. Il colosso americano Google ha annunciato di aver comunque messo a punto con Twitter un sistema che consente di inviare messaggi senza necessità di collegarsi al web. L'Unesco ha infine lanciato un appello per proteggere l'immenso patrimonio culturale egiziano, tra cui oggetti e monumenti. Tesori inestimabili, non solo dal punto di vista storico e finanziario, che rappresentano l'identità culturale del popolo egiziano”.

    Ma quali sono le cause di questa protesta? Fabio Colagrande lo ha chiesto al gesuita egiziano padre Samir Khalil Samir, docente di Storia della Cultura araba e d'Islamologia a Beirut:

    R. – Credo che il motivo essenziale sia prima di tutto la situazione economica pessima di una gran parte della popolazione. Si legge sui giornali che circa il 40 per cento della popolazione egiziana vive in condizioni di povertà assoluta: non arrivano a due dollari a persona al giorno. I prezzi sono saliti in un anno da cinque a trenta volte. I ricchi ne approfittano, ma i poveri pagano le conseguenze. Di fronte a questo, il governo fa qualcosa, ma poco. E lì nasce il pericolo dell’islamismo, perché i movimenti islamisti fondamentalisti, tra cui i “Fratelli musulmani” ed altri, hanno capito che per guadagnare voti basta promuovere alcune opere sociali.

    D. – Condivide dunque il timore che i movimenti estremisti islamici possano approfittare di questa instabilità per conquistare il potere?

    R. – Certamente, loro vogliono il potere! I “Fratelli musulmani” sono nati nel 1928 con questo scopo: creare dei Paesi veramente islamici, perché ritengono che l’Egitto sia troppo influenzato dall’Occidente, che non è sufficientemente musulmano. Vogliono dunque il potere per fare le riforme che considerano migliori per il popolo e che altri considerano peggiori. Siamo noi, allora, a creare questi movimenti se non si garantisce libertà e soprattutto aiuto sociale. Se manca questo, i movimenti radicali ne approfittano e entrano in questo modo nello scenario politico. Per il momento c’è la repressione e il regime di Mubarak, sin dall’inizio, ha vietato questi gruppi politici, che però non limitano il loro raggio d’azione. Entrano in altri partiti con qualunque nome per proporre una politica islamica. Ma l’Egitto è un Paese moderato e nella natura dell’egiziano non c’è la ribellione. Vuole semplicemente vivere.

    D. – Solo una vera democratizzazione dell’Egitto e degli altri Paesi vicini potrebbe essere un antidoto ad una pericolosa presa del potere da parte dei movimenti più estremisti?

    R. – Sì, ma precisiamo cosa significhi per noi democratizzazione: significa prima di tutto giustizia per i più poveri. Poi c’è la richiesta di maggiore libertà. Siamo sotto un regime che controlla troppo, perché ha paura di questi movimenti estremisti. E’ un circolo vizioso. Come uscirne? Facendo le riforme. Ci sono persone molto ricche e il divario è troppo grande. Dobbiamo avere, dunque, delle leggi sociali, un sistema di tasse più adatto a questa situazione, servizi sociali più generalizzati. La scuola si trova in una situazione catastrofica, con tanti analfabeti che arrivano sul mercato. La realtà è che non siamo lontani dal 40 per cento di analfabeti. (ap)

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    La crisi in Egitto spinge in alto il prezzo del petrolio

    ◊   Petrolio in ribasso oggi al mercato elettronico di New York, dove il greggio con consegna a marzo viene scambiato appena sopra i 92 dollari al barile. Il Brent, il greggio del Mare del Nord, punto di riferimento del mercato europeo, stamani a Londra era quotato a 100,55 dollari al barile: ieri era volato per la prima volta in due anni oltre i 100 dollari. A influire sul superamento di tale soglia psicologica sono state, secondo gli analisti, le tensioni geopolitiche in atto in questi giorni nel Mediterraneo. Dato che l’Egitto è un crocevia fondamentale per i trasporti di idrocarburi - con i traffici nel Canale di Suez, al momento regolari, e i transiti attraverso l’oleodotto Sumed - ad avere maggiore peso sulle quotazioni petrolifere potrebbe essere proprio la crisi egiziana? Ascoltiamo Ugo Bertone, editorialista economico, intervistato da Giada Aquilino:

    R. – Assolutamente sì, anche se tale fattore ha trovato un terreno relativamente fertile. Nelle scorse settimane si era acceso un dibattito a questo proposito perché, vedendo la ripresa economica in Occidente e soprattutto la domanda sempre molto forte in Oriente, una parte del mercato aveva scommesso, speculando, sul superamento della soglia dei 100 dollari. Però era una scommessa già rientrata. Adesso l’Egitto la fa tornare d’attualità.

    D. – Che importanza hanno i traffici attraverso il canale di Suez e l’oleodotto Sumed?

    R. - Per l’Europa, semplicemente vitale: altrimenti il greggio dovrebbe fare un periplo molto lungo che imporrebbe sia maggiori costi, sia soprattutto permetterebbe al petrolio spot di Rotterdam di essere in balia di valutazioni psicologiche estremamente importanti. In questo momento, peraltro, ci sono problemi in diverse raffinerie e quindi una interruzione delle rotte - che metterebbe a secco una parte dell’industria petrolifera del bacino del Mediterraneo - potrebbe prestare il fianco a una forte operazione speculativa.

    D. – Per quanto riguarda la domanda di greggio, che momento è?

    R. – E’ un momento in cui il mondo si sta un po’ interrogando sulla forza della ripresa che si vede in alcune parti del mondo. Negli Stati Uniti, in realtà, gli ultimi dati dimostrano che la ripresa c’è, ma non è così forte come sembrava. Diciamo che in questo momento non dovrebbero esserci particolari problemi sul lato dell’offerta petrolifera, anche perché l’Arabia Saudita si è messa in allerta dopo l’esperienza, alcuni anni fa, dell’impennata dei prezzi fino a 140 dollari. Sono proprio i produttori di petrolio che vogliono evitare una spinta, un’impennata così forte da poter mettere in difficoltà i loro clienti. D’altro canto, invece, c’è una parte dell’Opec che ha fatto sapere che non intende in alcun caso aumentare la produzione di qui alla prossima estate, perché ritiene che la quantità di greggio in circolazione sia comunque importante. Adesso si tratta di vedere se la crisi egiziana è soltanto momentanea sul piano dell’industria petrolifera e, se non ci saranno problemi al passaggio del Canale di Suez, credo che le quotazioni nel giro di pochissimi giorni torneranno a tendere verso il basso, a meno che non ci siano anche problemi climatici particolari, soprattutto ad Oriente. (bf)

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    Rinviato il testo Ue sulla libertà religiosa. Cardia: paura di pronunciare la parola "cristiani"

    ◊   I ministri degli Esteri dell’Unione Europea non sono riusciti ieri pomeriggio a trovare un accordo sul testo sulla libertà religiosa, pertanto hanno deciso di rinviare la questione. La bozza originaria non faceva riferimento né a cristiani né a Paesi in particolare. Il rinvio sarebbe stato chiesto da Italia e Francia. Il 7 gennaio scorso il ministro italiano Frattini aveva inviato all'Alto rappresentante Ue per la politica estera, Catherine Ashton, una lettera co-firmata dai ministri degli Esteri francese, Alliot-Marie, polacco Sikorski, e ungherese Martonyi, per chiedere che la questione venisse iscritta all'ordine del giorno della riunione di ieri. Ricordiamo che nella sua ultima sessione, il 20 gennaio, il Parlamento Europeo ha votato una Risoluzione che condanna espressamente le persecuzioni contro i cristiani e difende il principio di libertà religiosa. Dunque il Parlamento, espressione diretta del popolo, si è spinto dove i ministri degli Esteri sembra non riescano ad arrivare. Fausta Speranza ha chiesto una riflessione al giurista prof. Carlo Cardia:

    R. - Anzitutto la fatica che si è dovuta fare per arrivare a questo documento. Quando, da tempo, le persecuzioni nei confronti dei cristiani, in diverse parti del mondo, sono note a tutti, con una loro specificità. Denota debolezza dell’Europa, come d’altra parte è debole su tante altre questioni relative ai diritti umani. Il secondo profilo di riflessione è che mentre noi abbiamo avuto le posizioni limpide da parte del Parlamento europeo, quando si va al livello del Consiglio dei Ministri, assistiamo ad un’altalena che francamente da una parte non si comprende - anche perché il Consiglio dei Ministri dovrebbe essere, non dico un esecutore, ma certo fedele a quelli che sono stati i pronunciamenti del Parlamento - però, oltre a questo, quest’altalena indica una debolezza nella stessa presa di posizione, quasi una paura, quasi un timore.

    D. - Professor Cardia, è sicuramente una mancanza di forza politica, ma è anche una strisciante diffidenza nei confronti delle questioni che hanno questo termine: “cristiani”, è così?

    R. - Se uno pone l’attenzione ad altri fatti precedenti relativi alla famosa questione delle radici cristiane, ad altri documenti dove si parla dell’esigenza di tutela di certi valori cristiani, non c’è dubbio che quando compare questa parola, che ha una tradizione fortissima in Europa e nel mondo, si assiste a questa debolezza, si assiste a questa incertezza, quasi ad aver paura di pronunciare la parola. Quindi è qualche cosa che viene da lontano quello che sta accadendo in questi giorni, proprio quando si era riusciti finalmente ad arrivare ad un approdo positivo.

    D. - Che idea si è fatto di questa diffidenza, di questo timore di sbilanciarsi su valori poi, come quelli cristiani, che promuovono solidarietà, pace e che dovrebbero essere del tutto in linea con i principi basilari dell’Unione Europea?

    R. - Io ho due impressioni. Una è molto netta: che non vi è convinzione su quelli che sono i nostri valori fondamentali, tale da portarli avanti, difenderli in ogni parte del mondo, in ogni momento in cui questo è necessario, con la dovuta chiarezza. Questa è la prima impressione, però ne ho un’altra che sarebbe più grave, più seria, se fosse fondata: il documento del Parlamento europeo non era generico, impegnava anche gli Stati ad avere o non avere certi atteggiamenti nei confronti dei Paesi in cui avvengono queste persecuzioni. Gli Stati s’impegnavano a non fare accordi commerciali, a non dare aiuti, a non sostenere quei Paesi i cui Governi non sono fermi nella tutela dei cristiani e naturalmente di tutti i credenti. Io non vorrei che questa debolezza, questa incertezza, questa che - se dovesse passare la linea di non mettere la parola “cristiani” - è ignavia, fosse propedeutica ad un’altra cosa, che quegli impegni poi diventano generici e corrono il rischio di non essere mantenuti.

    D. - Dunque, in sostanza, gli interessi commerciali prevarrebbero su altri temi?

    R. - Ho questa preoccupazione. Speriamo che non sia vera!

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    Disoccupazione giovanile in Italia al 29%: quasi un giovane su tre non lavora

    ◊   Continua a salire in Italia la disoccupazione giovanile: secondo gli ultimi dati Istat ha raggiunto la quota record del 29%. Quasi un giovane su tre non lavora. Stabile il dato generale dei disoccupati all’8.6%. Nell’Eurozona si riconferma il tasso del 10%, con l’economia tedesca che continua a correre e a offrire nuovi posti di lavoro, mentre in Spagna la disoccupazione vola oltre il 20%. Sulla crisi italiana ascoltiamo il prof. Giacomo Vaciago, docente di economia e finanza all’Università Cattolica di Milano. L’intervista è di Sergio Centofanti:

    R. – Si è aggravato un problema-Paese; in altre parole, i problemi che non siamo capaci di risolvere li scarichiamo su figli e nipoti. Pensiamo al debito pubblico: sono spese che non ci saremmo potuti permettere; il conto da pagare lo lasciamo ai figli.

    D. – Come uscire da questa crisi che chiude il futuro a tantissimi giovani?

    R. – Ci vuole di nuovo una grande lungimiranza. Dobbiamo tornare a ragionare su come vogliamo che il Paese sia tra 10 anni. Ci vuole una classe politica che sappia pagare i costi politici all’inizio, quando ci sono i sacrifici da fare, a fronte dei benefici che arrivano poi, dopo qualche anno. Bisogna capire qual è il problema principale di questo Paese. Non è attraente, cioè nessuno viene ad investire qui. Ma perché, questo? Perché abbiamo una pubblica amministrazione inefficiente, perché i grandi beni pubblici – pensiamo alla giustizia – non funzionano … E quindi, c’è bisogno, sostanzialmente, di un buon governo che faccia funzionare il Paese fino a renderlo di nuovo attraente: il resto del mondo allora ci scoprirebbe e investirebbe qui, e quindi il Paese tornerebbe a crescere. Allora i nostri figli troverebbero occupazione. Altrimenti, sono costretti ad emigrare perché buone imprese, anche italiane, che crescono fuori dall’Italia, ce ne sono tante!

    D. – In Germania, l’economia è in costante crescita e la disoccupazione scende al 7,4 per cento, mentre in Spagna sale e va oltre il 20 per cento …

    R. – La Germania ha saputo investire sul futuro. Se io vado a vedere i Max Planck-Institut, che in Germania sono la forza della ricerca utile all’industria, scopro che hanno adottato l’inglese, che danno borse di studio per avere i migliori del mondo, scopro che il governo ha dato loro molte più risorse: il contrario di quello che stiamo facendo noi. Invece la Spagna ha il problema di aver fatto finta di essere l’America, cioè hanno avuto una “bolla” immobiliare, hanno sfruttato i bassi tassi d’interesse regalati dall’ingresso nell’euro, hanno sfruttato ciò per finanziare una bolla immobiliare che poi è esplosa, e quindi ovviamente devono gestire il mal di testa dopo una ubriacatura, che però ha significato, adesso, cinque anni di mancata crescita. (gf)

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    Concilio Vaticano II, bussola del Terzo Millennio: ecumenismo, via della Chiesa

    ◊   L’unità dei cristiani è tra le priorità del Pontificato di Benedetto XVI, secondo il cammino tracciato dal Concilio Vaticano II. Tappa importante dell’impegno ecumenico della Chiesa è stato il Decreto conciliare “Unitatis redintegratio” solennemente promulgato il 21 novembre 1964 da Paolo VI. Ce ne parla, per la nostra rubrica sul Concilio, il padre gesuita Dariusz Kowalczyk:

    Tutti i cristiani sono d’accordo che le divisioni tra le diverse confessioni contraddicono la volontà di Cristo e sono di scandalo per il mondo. Ma come ricostruire l’unità perduta? L'entusiasmo ecumenico suscitato dal Vaticano II oggi sembra impallidito. Anzi, le divisioni tra le Chiese aumentano. Esse spesso sono dovute ad una diversa valutazione delle questioni morali quali omosessualità, eutanasia, fecondazione assistita ecc. Non possiamo mirare ad un'utopia ecumenica, ma non possiamo neanche dimenticare la preghiera del Signore: “Perché tutti siano una sola cosa”. L'ecumenismo tuttavia non viene aiutato da chi, scegliendo un'illusoria scorciatoia, proclama che tutte le confessioni siano, in fondo, uguali e ciascuna racchiuda la propria verità. Perché la verità è una sola, quella di Gesù Cristo. E il Vaticano II afferma chiaramente: “solo per mezzo della cattolica Chiesa di Cristo, che è il mezzo generale della salvezza, si può ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salvezza” (n. 3). Questo non vuol dire che un cattolico sia migliore di un non-cattolico. Il Concilio fa notare che benché la Chiesa cattolica abbia in suo possesso tutti i mezzi della grazia, “i suoi membri non se ne servono per vivere con il dovuto fervore” (n. 4). E così può capitare che uno con pochi mezzi sia più vicino al Vangelo che non quello con molti mezzi. Qui bisogna ricordare uno dei principi ecumenici del Concilio: i fedeli “tanto meglio promuoveranno la fede, […] quanto più si studieranno di condurre una vita più conforme al Vangelo” (UR, 7). “Questa conversione del cuore […], insieme con le preghiere […] per l'unità dei cristiani– leggiamo nel Decreto “Unitatis redintegratio” – devono essere considerate come l'anima di tutto il movimento ecumenico” (n. 8). Dobbiamo impegnarci dunque come se tutto dipendesse da noi, ma aspettare i risultati come se tutto dipendesse solo da Dio.

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    "I santi del giorno": nuovo libro di mons. Ruppi

    ◊   “I santi del giorno” è il titolo del volume che raccoglie le vite dei santi scritte da mons. Cosmo Francesco Ruppi, arcivescovo emerito di Lecce, e lette ogni giorno al termine del primo giornale radio RAI, alle 5 e 30 del mattino. Il testo, edito da Edizioni il Messaggero, è stato presentato ieri presso la nostra emittente. C’era per noi Debora Donnini:

    Da 4 anni ogni mattina al termine del giornale radio delle 5 e 30 di Radio 1, mons. Cosmo Francesco Ruppi propone la vita del santo del giorno. Si tratta di sintetizzare la storia di un’esistenza che ha segnato anni, in 15 righe, un minuto scarso. Un’impresa difficile, dice Filippo Anastasi, vicedirettore del giornale Radio 1, oggi raccolta in un libro con 365 vite dei santi del giorno. A mons. Ruppi abbiamo chiesto quale il messaggio che si vuole dare:

    “Che la santità è possibile, che la santità appartiene a tutti, uomini e donne, vecchi e bambini, ed è fondata sulla preghiera, sulla carità, sull’obbedienza della fede. Oggi si parla di molte cose sporche, si parla di molte cose nefande, ma si parla poco di santità, dobbiamo parlare di più di santità perché la santità è il patrimonio più grande che il Signore ha dato attraverso il paraclito alla Chiesa”.

    Mai come oggi è necessario parlare dei nostri fratelli che sono modelli di santità, ha detto alla presentazione del volume il cardinale José Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione delle Cause dei Santi. Rispondendo alle domande dei giornalisti sulla beatificazione di Giovanni Paolo II il prossimo primo maggio, il porporato ha affermato che si tratta di una data importante non solo perché coincide con la Festa della Divina Misericordia ma anche per il legame con Maria. Sentiamo lo stesso cardinale Saraiva Martins:

    “Io trovo provvidenziale che la beatificazione avvenga il primo maggio perché lui era un Papa profondamente mariano, era un grandissimo devoto della Madonna di Fatima. Orbene, maggio è il mese di Maria e il mese di Fatima, le apparizioni sono cominciate il 13 maggio. Lui ha detto che la sua guarigione, il fatto di non essere morto lo deve alla Madonna di Fatima che ha deviato - dice lui - la pallottola”.

    E alla beatificazione, ha aggiunto il cardinale Saraiva Martins, si attendono tra i due e i due milioni e mezzo di persone.(bf)

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    Chiesa e Società



    Messaggio di Ban Ki-moon per la Settimana mondiale Onu dell’armonia interreligiosa

    ◊   Rispetto e dialogo: i temi sottolineati dal segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, nel messaggio in apertura della prima Settimana mondiale dell’armonia interreligiosa, da oggi al 7 febbraio. “Un’opportunità” - scrive Ban - per attirare l'attenzione “sugli sforzi dei leader religiosi, dei movimenti interconfessionali e delle persone in tutto il mondo per promuovere il rispetto reciproco e la comprensione tra i seguaci di diverse fedi e credenze. Questi partner – sottolinea - svolgono un ruolo indispensabile nel sostenere gli sforzi delle Nazioni Unite per la pace”. L'Assemblea delle Nazioni Unite esorta quindi “tutti gli Stati a profittare di questa settimana per diffondere "il messaggio di armonia interreligiosa e di buona volontà nelle chiese del mondo, moschee, sinagoghe, templi e altri luoghi di culto, basato sull'amore di Dio e l’amore del prossimo o l'amore del bene e l'amore del prossimo, ciascuno secondo le proprie tradizioni religiose o convinzioni". “Il rispetto della diversità e del dialogo pacifico sono essenziali - prosegue il segretario generale dell’Onu - se la famiglia umana vuole cooperare a livello globale per affrontare minacce condivise e cogliere le opportunità comuni”. La settimana sarà caratterizzata da un ampio spettro di attività in tutto il mondo. “Non vedo l’ora – conclude il suo messaggio Ban Ki-moon – di continuare a lavorare con persone di tutte le fedi per superare le tensioni e gli equivoci che così spesso ci dividono, e trovare la via della concordia e della dignità per tutti. (A cura di Roberta Gisotti)

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    India: per i leader cristiani il Rapporto sulle violenze in Karnataka è disonesto e pieno di pregiudizi

    ◊   Plauso dei militanti integralisti indù e forti proteste dei leader cristiani: queste le reazioni registrate dall'agenzia Fides dopo la pubblicazione del Rapporto sulle violenze anticristiane nello Stato di Karnataka, in India, nel corso del 2008. Rapporto curato dalla Commissione presieduta dal giudice in pensione B. K. Somasekhara. Lo studio assolve il governo e l'amministrazione civile dalle accuse di complicità nelle violenze e afferma che le aggressioni sono state iniziativa di singoli e non di movimenti organizzati, scagionando, di fatto, anche le organizzazioni integraliste indù. Il Rapporto ammette inoltre casi di conversioni “non necessariamente ottenute con la frode o la coercizione”, ma “indotte dai cristiani”. Il “Bajrang Dal”, una delle associazioni integraliste indù più violente, ha salutato con favore tali conclusioni, invitando il governo dello Stato, in mano al partito nazionalista indù, Baratiya Janata Party, ad approvare al più presto una legislazione anti-conversioni. I cristiani del Karnataka denunciano invece che “il Rapporto ha fallito nell’indicare al governo soluzioni e misure per contrastare i gruppi organizzati, responsabili degli attacchi alle chiese”, cosi come denuncia una nota ufficiale della diocesi di Mangalore, tra le più grandi del Karnataka. Il Rapporto “non soddisfa in alcun modo la comunità cristiana” - scrive la diocesi - in quanto offre elementi contraddittori e “non aiuta a individuare i colpevoli”. Altri leader e associazioni cristiane, come il Christain Secular Forum (Csf), definiscono il documento “disonesto e pieno di pregiudizi”, in quanto – spiegano – “non specifica quali azioni si dovrebbero adottare verso la polizia” che non ha saputo prevenire le violenze. Anche “il suggerimento di istituire una polizia specifica per le questioni religiose è impraticabile” secondo il Csf. Nel 2008, in un’ondata di violenze anticristiane, si contarono in Karnataka oltre 113 attacchi in 29 distretti. E negli ultimi due anni - annota la Fides - si sarebbero registrati altri 138 attacchi contro persone, luoghi o istituzioni cristiane. (R.G.)

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    Orissa: la polizia minaccia la moglie del pastore protestante ucciso dagli estremisti indù

    ◊   Nei giorni scorsi la polizia di Pokala (Kandhamal) ha ordinato alla moglie di Saul Pradhan, il pastore pentecostale ucciso lo scorso 11 gennaio, di non fare più domande sulla morte del marito e di ritirare le accuse contro gli estremisti indù, Marda Pradhan e Baiju Mallick, accusati dell’omicidio. "Siamo andati quattro volte alla stazione di polizia – ha affermato all'agenzia AsiaNews Nimata Pradhan - per ottenere la relazione post mortem di mio marito, ma la polizia ha rifiutato di consegnarcela e ci ha consigliato di ritirare la causa. Ma noi ci siamo rifiutati di farlo". La polizia ha dichiarato che il pastore, trovato morto vicino a un lago, è stato ucciso dal freddo, ma parenti e membri della comunità protestante affermano che al momento del ritrovamento il corpo dell’uomo mostrava fratture alle gambe ed escoriazioni al volto e al torace, segno evidente di un’aggressione. Saul Pradhan, aveva ricevuto di recente minacce dai leader indù del villaggio che gli avevano ordinato di convertirsi. Secondo alcune voci dietro l’occultamento dell’omicidio vi sarebbe la mano di Manoj Pradhan, estremista indù del Barathya Janatha Party e leader dei pogrom anticristiani del 2008, ora in carcere con l’accusa di omicidio. Pradhan – riferiscono le stesse voci - avrebbe fatto visita al medico dell’obitorio incaricato della perizia post mortem, ordinando di occultare l’omicidio e di far seppellire subito il cadavere. (M.I.)

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    Nepal. Mancano i cimiteri: i cristiani pronti a manifestare per i diritti delle minoranze

    ◊   C’è delusione e indignazione nella comunità cristiana in Nepal: il governo non concede alle comunità cristiane terreni per seppellire i propri defunti nell’area di Kathmandu, e i fedeli cristiani, dopo mesi di attesa, “sono pronti a indire una manifestazione, portando davanti al Parlamento le bare e le urne funebri”, dice all’agenzia Fides padre Pius Perumana, pro-vicario apostolico del Nepal. Il governo, spiega il sacerdote, “sta mostrando incertezza e ambiguità e non ha risolto un problema che tocca la sfera dei diritti dei cittadini di fede cristiana e di altre minoranze religiose: quello di avere luoghi deputati per seppellire i propri morti”. Dopo alcuni incontri e promesse, le autorità non hanno ancora preso una decisione: gli induisti si oppongono alla concessione di un terreno (che è di proprietà statale) nei pressi del tempio indù di Pashupatinath. Nel frattempo la questione si fa stringente e i cristiani ricorrono alla cremazione o tumulano i morti in terreni privati. I cristiani lamentano il mancato rispetto dei loro diritti, in uno Stato che, abbandonata la monarchia induista nel 2006, “oggi è laico e deve garantire uguali diritti per i cittadini di tutte le religioni”, nota padre Pius. Per questo alcuni leader cristiani protestanti hanno annunciato un programma di eventi e attività pubbliche per sensibilizzare la popolazione (anche buddista e induista) sul tema dei diritti delle minoranze religiose. A livello politico la situazione del Nepal è tuttora in fase di stallo, dato che non c'è accordo fra i partiti maggiori (i Maoisti, Congresso e altri) per esprimere un nuovo Primo Ministro. Intanto, nota il pro-Vicario, “la Chiesa vive un momento abbastanza pacifico: l'assenza di violenza giova alla pastorale. Vorremmo aprire nuovi centri pastorali nel Nord e nell’Ovest del Paese, con scuole e piccole cliniche mobili. Sarà possibile anche grazie a nuovi ordini religiosi che chiedono di venire in Nepal”. In questa fase della vita politica nazionale, mentre si deve redigere la nuova Costituzione – che dovrebbe essere approvata entro la fine di maggio – la Chiesa cattolica chiede allo Stato il pieno riconoscimento, che implica la personalità giuridica e il diritto ad avere proprietà, scuole e istituti. Su 30 milioni di abitanti, i cristiani in Nepal sono circa 500mila, di cui circa 10mila cattolici. (R.P.)

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    Mons. Celata al Meeting cristiano a Bangkok: costruire la pace interreligiosa e l'unità fra i cristiani

    ◊   La libertà religiosa “è l’origine della libertà morale. In questo senso, è anche un grande risultato nel campo politico e in quello di una cultura giusta. La libertà religiosa si ottiene soltanto se ci si relaziona con gli altri, perché una libertà senza rapporti non è una vera libertà. Questi rapporti sono una componente fondamentale, che chiama i fedeli a essere solidali gli uni con gli altri per il bene comune”. Lo ha detto l’arcivescovo Pierluigi Celata, Segretario del Pontificio consiglio per il dialogo inter-religioso, nel corso del suo intervento al 3° Meeting cristiano dal tema “Testimonianza cristiana in un mondo multi-religioso. Raccomandazioni per un Codice di condotta”. Il Meeting - riferisce l'agenzia AsiaNews - è stato organizzato dal Pontificio Consiglio, dal Consiglio Mondiale delle Chiese cristiane, organizzazione che unisce le denominazioni protestanti con sede a Ginevra, e dall’Alleanza evangelica mondiale. L’incontro si è svolto dal 25 al 28 gennaio a Bangkok. I due incontri precedenti si sono svolti a Lariano, in Italia, e a Tolosa in Francia. Presente all’inaugurazione dei lavori anche il primo ministro tailandese Abhisit Vejjajiva, che ha espresso la propria approvazione per l’avvenimento. L’importanza dell’incontro, spiega mons. Celata, “sta nel fatto che momenti del genere danno un contributo importante alla promozione del rispetto reciproco e della comprensione fra i membri di religioni diverse, così come fra coloro che hanno credi particolari. Dobbiamo impegnarci, tutti, per fare in modo che si possa vivere insieme in maniera pacifica e nella libertà”. Da parte sua, il premier Abhisit Vejjajiva ha aperto i lavori dicendo: “Sono felice di essere qui a testimoniare una collaborazione diretta fra la Santa Sede, l’Alleanza e il Consiglio dei cristiani. Il Codice di condotta è un passo importante per la promozione dell’armonia interreligiosa, una fonte e una guida etica e morale per i fedeli”. Il tema di questo incontro è stato scelto alla luce del Messaggio del pontefice per la 41.ma Giornata per la pace, che ha affrontato lo spinoso tema della libertà religiosa. Secondo il primo ministro, “la popolazione thai ha familiarità con il cristianesimo, che apprezza, da molti anni. Soprattutto grazie ai missionari cristiani, che hanno rispettato l’anima buddista della nazione portando però i propri valori. Grazie a loro la nostra Costituzione pone la libertà religiosa a uno dei primi punti, proprio come – e questo è interessante – la dipinge Benedetto XVI”. L’arcivescovo della capitale thailandese, mons. Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij, ha accolto con gioia i partecipanti, provenienti da diverse parti del mondo: “Mi congratulo con tutti voi per questa partecipazione. Voglio sottolineare i nostri sforzi, che puntano a costruire una vera relazione fra i cristiani di tutte le denominazione, in modo che possano essere una singola unità”. Mons. Andrew V. Thanya-anan, che da sacerdote di Bangkok è divenuto sotto-segretario del Pontificio Consiglio afferma che “l’incontro è stato un successo grazie agli sforzi di tutti i partecipanti. Con le diverse forme di collaborazione fra i partecipanti abbiamo scritto questo Codice, che sarà distribuito in tutto il mondo fra poco e che sarà uno strumento utile per tutti i cristiani, per testimoniare la nostra fede in questo mondo multi-religioso”. (R.P.)

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    Iraq: nella diocesi di Erbil il governo sostiene la costruzione di un’università e un ospedale

    ◊   “Nuovi posti di lavoro, formazione e altre opportunità per migliaia di cristiani in Iraq”. Li ha annunciati l'arcivescovo di Erbil, Bashar Warda, parlando del nuovo progetto ecclesiale per la costruzione di un ospedale e di un'università ad Ankawa, sobborgo del capoluogo curdo Erbil. Il governo regionale, riferisce l'agenzia Zenit, ha garantito il dono di due appezzamenti di terreno: un sito di 30 mila mq per l'università ed un altro di 8 mila mq per l'ospedale, che avrà 100 posti letto e 8 sale operatorie. “Due nuove strutture, simbolo di speranza, per i cristiani iracheni che vogliono costruirsi un futuro lontano dalla violenza e dalle intimidazioni che hanno costretto tanti fedeli a fuggire dal Paese”, ha sottolineato mons. Warda, dopo un incontro del Comitato di clero e laici per discutere delle due iniziative. “Il progetto di realizzarle - ha aggiunto il presule - è emerso in risposta alla crescente consapevolezza che tra i tanti cristiani affluiti nella zona ci sono molte persone con qualifiche professionali, soprattutto nel settore dell'istruzione e in quello medico”. “La gente che arriva qui da zone violente – ha continuato l'arcivescovo di Erbil - riceve il dono di una relativa sicurezza. Sono loro stessi a voler offrire i propri servizi in una zona che non può far fronte alle richieste di una popolazione crescente. In questo modo, si scoraggerà anche un ulteriore esodo di cristiani dall'Iraq”. Anche se i due complessi saranno gestiti dalla Chiesa e di proprietà dell'arcidiocesi di Erbil, mons. Warda ha sottolineato che apriranno le proprie porte a chiunque, indipendentemente dalle differenze religiose e politiche. “Prima dell’inizio dei lavori, ha sottolineato il presule - sarà necessaria una campagna di raccolta fondi. Se tutto andrà come previsto - ha concluso - l'ospedale e l'università potrebbero aprire tra due anni”. (M.I.)

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    Afghanistan: civili innocenti sempre più vittime della guerra

    ◊   Sono almeno 2400 i civili uccisi in Afghanistan nel corso del 2010, ovvero circa sei ogni giorno: è il bilancio che emerge dall’ultimo rapporto dell’Organizzazione non governativa afgana Afghan rights monitor (Arm), la quale precisa che si tratta di “un nuovo record negativo in nove anni di guerra che trasforma il 2010 nell’anno peggiore per i civili dall’inizio del conflitto”. I dati dell’Ong afgana - non dissimili da quelli diffusi a dicembre dalle Nazioni Unite che aveva riportato da gennaio a ottobre almeno 2412 civili uccisi segnalando un aumento del 20% rispetto all’anno precedente – precisano che i feriti sono stati almeno 3200. Nell’attribuire le ‘responsabilità’ di queste morti, il rapporto evidenzia come gli “insorti” siano responsabili di circa due terzi delle vittime, le forze internazionali del 21% e “le milizie loro alleate” del 12%. Le bombe artigianali restano la prima causa di morte per i civili (quasi 700 vittime e 1800 feriti) secondo l’Arm, che evidenzia come gli ordigni che quotidianamente esplodo in Afghanistan uccidono più civili che i soldati afgani o internazionali verosimilmente considerati i veri bersagli degli attentati. Oltre 400 “non combattenti” (funzionari, capi tribali) sono stati assassinati dagli insorti e 237 civili sono morti in attentati suicidi a questi ultimi attribuiti. Secondo i dati del rapporto, almeno 217 civili sono morti nei bombardamenti aerei compiuti dalla coalizione internazionale a guida statunitense e 192 sono stati uccisi da tiri diretti o indiretti dei soldati. “I presunti talebani uccisi dalla coalizione – si legge nel rapporto ripreso dall'agenzia Misna – sono spesso dei semplici civili. Un dato che mina gravemente la credibilità della forza internazionale tra gli afgani”. Il documento denuncia anche le numerose violazioni dei diritti umani compiute dalle “milizie” anti talebane sostenute dal governo e deplora la “quasi –impunità” nella quale operano le società private di sicurezza, responsabili di numerosi incidenti”. Il rapporto conclude segnalando che l’Afghanistan “manca delle condizioni preliminari per una pace duratura: un governo legittimo, competente e indipendente” e denunciando un sistema politico nazionale “altamente corrotto e inefficace, che ricompense i signori della guerra, i criminali e i trafficanti di droga”. (R.P.)

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    La Caritas in Pakistan denuncia: sei mesi dopo le alluvioni, pochi fondi per le zone disastrate

    ◊   A sei mesi dalle più gravi alluvioni della storia del Pakistan, mons. Joseph Coutts, presidente della Caritas nazionale, denuncia – riferisce l’agenzia Misna - le disastrate condizioni in cui versa il suo Paese. “Il Pakistan non ha ricevuto sufficienti aiuti per far fronte alle conseguenze delle alluvioni e alla ricostruzione. Per rimettere in sesto la rete ferroviaria e le strade, servirebbero molti più fondi.” In alcune aree, in particolare nel sud, la popolazione è ancora priva di servizi di base, come l’accesso all’acqua potabile o al cibo, ha sottolineato il presule, ricordando che sono state circa 20 milioni le persone colpite in qualche modo dalle alluvioni. Organizzazione caritativa cattolica in un Paese a stragrande maggioranza musulmano, la Caritas “è ben accetta da tutti per il nostro modo di lavorare”, ha ricordato mons. Coutts. “Non facciamo alcuna differenza - ha detto - sulla base della lingua, della fede, della religione o altro”. (R.G.)

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    Filippine: attivisti chiedono al presidente Aquino di confermare le politiche di rispetto della vita

    ◊   Il presidente Benigno Aquino deve “confermare, in concreto e con provvedimenti legislativi, non solo con impegni verbali, che il governo intende perseguire politiche familiari e demografiche nel pieno rispetto del valore della vita umana”: è quanto dichiara Rene Bullecer, rappresentante nelle Filippine del movimento “Human Life Interational”, annunciando in un colloquio con l’agenzia Fides una serie di attività pubbliche dei gruppi pro-vita nel mese di febbraio, proclamato nella nazione asiatica “Mese per la vita”. Si annunciano eventi, manifestazioni di massa, veglie di preghiera, fiaccolate, conferenze e dibattiti a Manila, Cebu e in altre città: “Vogliamo far sentire ai nostri governanti e a tutti i membri del Congresso che appoggiano le politiche familiari pro-vita, il pieno sostegno di tutta la popolazione filippina”, spiega Bullecer. “Questo – prosegue – è un tema cruciale che caratterizza l’azione di un governo. Di recente, dopo un incontro con i vescovi, il governo ha annunciato di voler perseguire politiche di controllo demografico e di voler adottare politiche familiari in sintonia con i valori cristiani. Ma intanto, nella pratica, le agenzie governative continuano ancora a portare avanti l’approccio del Documento sulla Salute Riproduttiva che era stato presentato in Parlamento”, nota l’attivista. Bullecer ricorda che “il governo Aquino ha già ricevuto oltre 900 milioni di dollari da agenzie come Usaid, Unfpa e altri enti internazionali, che spingono per politiche di rigido controllo demografico, sarà quindi difficile che faccia effettivamente un passo indietro”. Per questo, nel “Mese per la vita”, i cattolici intendono “ribadire l’urgenza di proteggere la vita umana nella società e nelle politiche nazionali in favore della famiglia”. Anche il cardinale Gaudencio Rosales, arcivescovo di Manila, alla vigilia del “Mese per la vita”, ha rimarcato che “promuovere nel Paese il rispetto della vita a tutti i livelli, sia nelle politiche familiari, che vanno orientate al valore della vita nascente e della paternità e maternità responsabile, sia nel quotidiano andamento della vita sociale, è la strada giusta per il paese”. (R.P.)

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    Myanmar. Emergenza sanitaria: nelle zone rurali 23 operatori per 10 mila persone

    ◊   Si è appena concluso a Bangkok il secondo forum dell'Organizzazione Mondiale della Salute sulle risorse umane per la sanità nel corso del quale gli esperti hanno cercato nuove strategie per trattenere gli operatori sanitari nelle zone più remote. Infatti il Myanmar è uno dei 57 Paesi del mondo che si trova ad affrontare una emergenza per la mancanza di personale medico. Attualmente, secondo l'Oms, nel Paese ci sono meno di 23 operatori sanitari ogni 10 mila persone, il minimo necessario per fornire una copertura dell'80% per le nascite e le vaccinazioni contro il morbillo. Nelle zone rurali del Myanmar, dove vive il 70% dei 58 milioni di abitanti, mancano le strutture sanitarie di base. I pazienti viaggiano per ore, anche giornate intere, per raggiungere ospedali o cliniche che si trovano solo in città. Secondo le stime del Ministero della Salute, nel 2010 in tutta la nazione sono stati registrati 1.504 centri sanitari rurali per 65 mila villaggi. Per cercare di ovviare a questa emergenza, molte Ong sanitarie internazionali offrono cure mediche gratuite, ma la domanda supera di gran lunga le loro possibilità. Il Myanmar conta circa 13 medici e infermiere/ostetriche ogni 10 mila abitanti. Secondo il governo, nel 2010 nel Paese c'erano circa 26 mila medici, 23.800 infermiere e 19 mila ostetriche. In Myanmar ci sono 14 università pubbliche con 3.780 studenti iscritti in diverse discipline mediche, gli studenti di medicina vengono dalle agiate famiglie urbane e non sono quindi disposti ad esercitare la loro professione nelle zone rurali povere. Gli stipendi nelle zone rurali sono scoraggianti e la maggior parte degli operatori sanitari preferisce quindi lavorare in città, dove ospedali e cliniche private pagano salari più alti, altri emigrano. In generale, metà della popolazione mondiale vive in zone rurali, ma qui vi lavorano meno del 38% delle infermiere e il 25% dei medici. (R.P.)

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    Centrafrica: per la Chiesa le elezioni sono valide, anche se viziate da irregolarità

    ◊   “Le elezioni sono valide, anche se viziate da irregolarità” ha affermato la Commissione “Giustizia e Pace” della Conferenza episcopale del Centrafrica, riferendosi alle elezioni presidenziali e legislative avvenute lo scorso 23 gennaio. In un comunicato inviato all’agenzia Fides si afferma che, sulla base dei rapporti dei 504 osservatori centrafricani (più altri 5 internazionali) di Giustizia e Pace, si sono riscontrate diverse irregolarità, come i ritardi, la distribuzione dilazionata del materiale elettorale, la mancata affissione delle liste elettorali in alcuni seggi, l’ intimidazioni da parte delle autorità amministrative e militari nei confronti di elettori e scrutinatori, i tentativi di frode. “Nonostante quanto riportato – continuano i membri della Commissione - riteniamo che il voto abbia conservato la sua credibilità perché siamo convinti che le vie del ricorso previste dalla legislazione in vigore possono fare giustizia delle irregolarità constatate, tanto più che tutte le parti interessate possono ricorrere alle vie legali presso la giurisdizione competente”. Il documento rivolge inoltre alcune raccomandazioni alla Commissione elettorale indipendente (Cei), come quella di migliorare la qualità del suo lavoro prima che si tenga un eventuale secondo turno elettorale, proclamare rapidamente i risultati provvisori e migliorare la formazione degli ufficiali elettorali. L’esito delle elezioni del 23 gennaio non è stato ancora reso noto. La Commissione “Giustizia e Pace” invita quindi “i cristiani e tutti i cittadini ad attendere con pazienza i risultati”. (M.I.)

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    Legionari di Cristo: istituita la “Commissione per l'Avvicinamento”

    ◊   I Legionari di Cristo hanno riferito che il delegato pontificio per la Congregazione, il cardinale Velasio De Paolis, ha istituito la “Commissione per l´Avvicinamento”, secondo quanto annunciato nella sua lettera del 19 ottobre 2010. La Commissione avrà due compiti fondamentali. In primo luogo ascolterà le persone che, a causa di padre Marcial Maciel o in relazione a lui, richiedono azioni da parte della Congregazione dei Legionari di Cristo. Successivamente elaborerà una relazione dettagliata da sottoporre al delegato pontificio che, aiutato dai suoi consiglieri, deciderà che cosa la Legione debba fare in ciascun caso. Per garantire l’obiettività e imparzialità del lavoro della Commissione, questa sarà presieduta da mons. Mario Marchesi, uno dei consiglieri personali del delegato pontificio e integrata da altri quattro membri: i sacerdoti legionari di Cristo Florencio Sánchez (cappellano dell’Università Francisco de Vitoria di Madrid) e Eduardo Robles-Gil (direttore di una Sezione del Movimento Regnum Christi a Città del Messico) e due esperti esterni: don Silverio Nieto Núñez, sacerdote dell’arcidiocesi di Madrid, già giudice e magistrato che adesso dirige il Servizio Giuridico Civile della Conferenza Episcopale Spagnola e il dr. Jorge Adame Goddard, investigatore titolare dell’istituto di Investigazioni Giuridiche della Unam e professore della Facoltà di Diritto dell’Università Panamericana in Messico. Il decreto di costituzione della commissione prevede che la commissione non si occuperà di casi che non siano in relazione con la persona di P. Marcial Maciel e non interverrà nemmeno nella cause che sono ancora in attesa di risoluzione nei tribunali civili ed ecclesiastici. Nel presentare la “Commissione per l´Avvicinamento”, il direttore generale dei Legionari, padre Álvaro Corcuera, ha sottolineato che sua finalità è quella di «continuare ad affrontare con serietà e responsabilità la nostra storia recente per quanto si riferisce alla condotta di P. Marcial Maciel e alle implicazioni e conseguenze che questa ha avuto per alcune persone. Vogliamo, per quanto è umanamente possibile – ha proseguito - chiudere gli aspetti più dolorosi di questo capitolo, cercare la riconciliazione e assicurarci che regnino la giustizia e la carità». Il direttore generale dei Legionari di Cristo ha esortato tutti ad accompagnare, con la preghiera, il lavoro di questa Commissione affinché tutto il lavoro effettuato possa esser sostenuto dalla grazia di Dio e si ottenga così il vero bene per le persone implicate e per le loro famiglie.

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    Terra Santa: concorso per giovani pianisti palestinesi ed arabo-israeliani

    ◊   Trenta giovani pianisti palestinesi e arabo-israeliani hanno partecipato dal 28 al 30 gennaio, a Gerusalemme, alla XII edizione del Concorso per pianoforte “Nikolaus de la Flüe” organizzato dall’istituto Magnificat della Custodia di Terra Santa. Viaggiando sulle note di Bach e dei grandi della musica classica, i giovani, provenienti da Gerusalemme, Nazaret, Shafa-Amer, Abu Gosh, Ramle, Betlemme e Beit Shaur - per questi ultimi è stato rilasciato un visto specifico dalle autorità israeliane - hanno dato vita a quello che è oggi il più antico concorso di musica della Terra Santa il cui scopo è individuare e incentivare giovani musicisti per divulgare la musica classica occidentale anche nel contesto della società araba. La maggioranza degli iscritti - riferisce l'agenzia Sir - faceva parte di una fascia di età compresa tra i dieci e i quindici anni, mentre quattro partecipanti non raggiungevano i dieci e uno solo aveva diciannove anni. Oltre ai premi, alcuni dei vincitori avranno l’opportunità di esibirsi nel mese di marzo a Lugano e a Ginevra, mentre altri terranno alcuni concerti in Italia a giugno. Da quest’anno, infatti, lo sponsor principale della manifestazione è l’associazione svizzera Amici del Magnificat, che ha voluto intitolare il concorso a San Nikolaus de la Flüe, patrono della Confederazione elvetica. (R.P.)

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    Dublino. L'arcivescovo di Canterbury sul vertice anglicano: risultati all’altezza delle aspettative

    ◊   “I risultati del vertice sono stati all'altezza delle mie migliori aspettative”, ha affermato l'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, nella conferenza stampa conclusiva, domenica scorsa del vertice dei leader della Anglican Communion, tenutosi a Dublino, in Irlanda, di cui riferisce L’Osservatore Romano. Per l'arcivescovo Williams, tra i maggiori risultati conseguiti dal vertice: la decisione di creare un Comitato permanente di coordinamento e un libero confronto sul concetto di vescovo primate, soggetto a possibili differenze in ragione delle diversità culturali dei fedeli di ciascuna provincia. “Finalmente - ha dichiarato Williams rivolgendosi agli operatori dei media - abbiamo ora un documento specifico che riguarda il ruolo e le responsabilità del vescovo primate. Durante gli incontri dei giorni precedenti ci siamo confrontati seriamente su temi di carattere teologico che riguardano la Chiesa e il nostro ministero. Inoltre abbiamo anche deciso di procedere all'istituzione di nuove strutture per poter avere contatti continuativi e coordinare meglio il nostro lavoro”. Il primate anglicano si è riferito anche alla chiara posizione di appoggio espressa dai leader anglicani al documento contro la violenza basata sulla discriminazione sessuale, adottato lo scorso anno nel corso del Sinodo dei vescovi anglicani africani, riuniti in Uganda. “Ovviamente - ha sottolineato - sulla condanna della violenza sessuale ci troviamo tutti d’accordo anche se bisogna dire che in Africa il problema ha assunto dimensioni particolarmente drammatiche a causa dell’uso di milizie irregolari in conflitti interni in molte regioni”. Williams ha affrontato pure il tema delle numerose assenze che hanno caratterizzato questo vertice. Assenze - ha affermato - “giustificate da diverse motivazioni personali oppure legate a particolari situazioni che attraversano alcune province. Tuttavia posso affermare – ha spiegato - che ogni giorno abbiamo sentito la mancanza di quanti non hanno partecipato per esprimere il loro dissenso anche se oltre i due terzi dei vescovi primati non hanno sollevato alcun problema”. (R.G.)

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    Usa: il profilo delle nuove religiose. Ricerca nella Giornata della vita consacrata

    ◊   Istruite, molto attive nella vita parrocchiale e con un’età media intorno ai 40 anni: è questo il profilo delle ultime leve di religiose negli Stati Uniti quale emerge da un’indagine condotta dal Centro di ricerche applicate nell'apostolato della Georgetown University di Washington (Cara), sulle donne consacrate che hanno emesso i voti perpetui nel 2010. A commissionarla, in occasione della Giornata Mondiale della vita consacrata che si celebra il 2 febbraio, è stato il Segretariato per il Clero, la vita consacrata e le vocazioni della Conferenza episcopale (Usccb). L’inchiesta – riferisce l’agenzia Cns - ha coinvolto le religiose delle due Conferenze che le rappresentano negli Stati Uniti (la Leadership Conference of Women Religious e il Council of Major Superiors of Women Religious) e delle comunità di vita contemplativa. Tra le altre cose, lo studio evidenzia una maggiore varietà etnica rispetto al passato, con un aumento di religiose di origine asiatica, ispanica e afro-americana. Le religiose di origine europea, restano comunque in maggioranza (60%). Tra i dati più interessanti emersi dalla ricerca c’è il livello di istruzione delle neo-consacrate : il 60% ha dichiarato di avere un diploma di scuola superiore e più di un quarto una laurea universitaria. La stragrande maggioranza (l’87%) viene da famiglie cattoliche e la metà ha frequentato scuole primarie confessionali. Inoltre la maggior parte ha svolto attività in parrocchia e ha partecipato a ritiri e a programmi vocazionali prima di prendere i voti. Quanto alla motivazione della loro scelta, la maggioranza ha dichiarato di essere stata convinta da una religiosa. Secondo suor Mary Joanna Ruhland, direttrice associata del Segretariato per il clero, la vita consacrata e le vocazioni, i risultati della ricerca confermano che la famiglia e l’educazione giocano un ruolo cruciale nella formazione spirituale dei bambini. La religiosa ha riconosciuto anche il grande merito dei tanti sacerdoti e religiose che con la loro testimonianza personale hanno contribuito a incoraggiare queste vocazioni. (L.Z.)

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    La Chiesa in Australia e le leggi sull’eutanasia

    ◊   Un invito a unirsi agli operatori sanitari per contrastare le leggi che legalizzano l’eutanasia introdotta o prefigurata in ciascuno Stato o Parlamento federale dell’Australia, è stato rivolto dal vescovo di Parramatta, mons. Anthony Colin Fisher, alla comunità giuridica durante la «Red Mass», per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Il vescovo, durante la celebrazione svoltasi domenica scorsa nella cattedrale di St Mary, a Sydney, ha dichiarato che «anche se una simile proposta ottenesse una maggioranza parlamentare, ciò non la renderebbe giusta. Siamo sul punto — ha spiegato — di legalizzare in questo Paese l’uccisione di coloro che soffrono da parte di quelli che stanno bene, dei vulnerabili da parte dei potenti e dei malati da parte di coloro che hanno promesso di guarirli». Più di mille persone, tra magistrati, avvocati, docenti di diritto e studenti in legge, - riferisce L'Osservatore Romano - hanno partecipato alla Red Mass organizzata dall’arcidiocesi di Sydney e dalla «St Thomas More Society». «L’uccisione degli innocenti sancita dallo Stato — ha sottolineato monsignor Fisher — mette in pericolo i deboli, dimostra la violenza di un “Salomone corrotto” e lede il bene comune. L’eutanasia legalizzata minerebbe anche la legittimità dello Stato e il suo diritto penale che ha come obiettivo principale quello di proteggere tutte le persone dagli attacchi contro la loro vita e contro la persona. La giustizia senza carità — ha concluso il vescovo di Parramatta — dimentica le persone, la carità senza giustizia degenera in sentimentalismo, ma se nella pratica della legge vi sono entrambi, si serve il bene e gli uomini di legge saranno amici sia di Dio che dell’umanità». (R.P.)

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    Cina: dalla comunità cattolica un'attenzione continua alla promozione delle vocazioni

    ◊   Tra le iniziative più diffuse in molte comunità cattoliche in vista del Capodanno cinese, c’è la visita ai familiari dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose, compiuta dai membri della comunità, per ringraziarli a nome di tutti del dono dei loro figli e parenti alla Chiesa, per portare gli auguri in occasione del nuovo anno e per verificare le loro eventuali necessità. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, anche la parrocchia di Bo Xing della diocesi di Zhou Cun, nella provincia di Shan Dong, ha visitato i familiari dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose della diocesi. Bo Xing è una parrocchia ricca di vocazioni che in questi anni ha dato alla Chiesa ben 3 vescovi, 5 sacerdoti, 5 religiose e un fratello religioso. Oltre agli auguri e alla benedizione del Signore, i membri della comunità hanno portato anche dei generi alimentari per la festa, offerti da un cattolico locale. La diocesi di Zhou Cun è famosa per le sue abbondanti vocazioni. Secondo il parroco, “la nostra attenzione ai familiari di quanti hanno seguito la vocazione alla vita sacerdotale e religiosa è anche un modo per promuovere le vocazioni che aiuta a concentrarsi sulla missione”. La promozione vocazionale delle comunità continentali si dimostra anche nell’accompagnamento e nel sostegno continuo. La parrocchia di Fei Xiang della diocesi di Han Dan ha infatti accolto con grande calore ed entusiasmo il suo nuovo sacerdote, don Ma Du Jun, il 29 gennaio. Don Ma è l’11° sacerdote della parrocchia di Fei Xiang, che conta oltre 9 mila fedeli ed è il primo sacerdote del suo villaggio di origine. Durante la solenne Eucaristia, il sacerdote celebrante ha incoraggiato i fedeli ad accompagnare spiritualmente e moralmente le vocazioni, pregando sempre perché siano abbondanti. (R.P.)

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    Ecuador: Quito dichiarata capitale americana della cultura

    ◊   “Anche se il Paese è scosso da tensioni politiche e sociali, nel fine-settimana Quito ha ricevuto il titolo di Capitale americana della cultura 2011 tra spettacolari giochi di luce e tanti artisti che hanno riempito le piazze”: lo riferiscono all'agenzia Misna fonti missionarie dalla capitale ecuadoriana, raccontando dei festeggiamenti che nel fine-settimana hanno accompagnato la cerimonia ufficiale. L’assegnazione del titolo da parte dell’ufficio internazionale delle capitali culturali (Ibocc), ha come obiettivo promuovere l’integrazione interamericana nell’ambito culturale e la conoscenza tra i popoli rispettando la loro diversità. Per Quito “sarà possibile reincontrarsi con l’arte e la religiosità di quello che viene definito il più bel centro storico d’America e che è stato il primo a guadagnarsi il titolo di Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco nel 1978” aggiungono le stesse fonti. Stando agli organizzatori dei principali eventi, Quito sarà nel 2011 uno scenario in cui ammirare le opere di diversi artisti, ascoltare letterati, poeti, virtuosi della musica, ‘stelle’ dello sport. Negli auspici delle autorità locali potrebbe essere un’occasione importante per aumentare il flusso del turismo di almeno il 5% rispetto all’anno passato. (R.P.)

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    Resi noti i candidati alla guida della Fao, dopo tre mandati del direttore generale uscente

    ◊   Un cambio al vertice della Fao, atteso, dopo 18 anni dall’elezione nel lontano 1993 di Jacques Diouf, il direttore generale senegalese - la prima volta di un africano - alla guida - per tre mandati consecutivi - dell’Organizzazione dell’Onu per l’agricoltura e l’alimentazione. A dire il vero il suo predecessore, Edouard Saouma, libanese, lo aveva eguagliato. E già allora in molti avevano criticato la sua lunga permanenza al vertice della più grande agenzia dell’Onu per numero di dipendenti, oggi 1600 funzionari e 2000 impiegati, per circa la metà concentrati nella sede centrale di , il resto sparso in oltre 100 diversi Paesi. La Fao fornisce assistenza agli Stati per elaborare leggi, pianificare strategie, formulare programmi, realizzare politiche di sviluppo rurale e ridurre la fame. Per questo mobilita e gestisce fondi stanziati dai Paesi industrializzati, da banche per lo sviluppo e da altre fonti garantendo che i progetti raggiungano i loro obiettivi. Il nuovo direttore generale sarà eletto nella prossima Conferenza biennale della Fao, in programma dal 25 giugno al 2 luglio, dai rappresentanti dei 191 Paesi membri. Ieri la scadenza delle candidature: sei prescelti, nominati dai rispettivi governi: due europei, l’austriaco Franz Fischler Austr e lo spagnolo Miguel Ángel Moratinos Cuyaubé, il brasiliano José Graziano da Silva, l’indonesiano Indroyono Soesilo, l’iraniano Mohammad Saeid Noori Naeini e l’iracheno Abdul Latif Rashid. L’incarico, ridotto a quattro anni, rinnovabile solo una volta, partirà dal 1° gennaio 2012. (A cura di Roberta Gisotti)

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    Don Julián Carrón su Giovanni Paolo II: “Un enorme debito di riconoscenza”

    ◊   “Un enorme debito di riconoscenza”. Questa è una delle frasi che si leggono nella lettera che don Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e liberazione (Ci), ha scritto agli aderenti al movimento per invitarli a partecipare alla beatificazione di papa Wojtyla, il 1 maggio prossimo a Roma. “Ci uniamo alla gioia di tutta la Chiesa nel ringraziare Dio per Giovanni Paolo II, per la sua testimonianza e la sua passione missionaria”, scrive don Carròn che sottolinea la gioia ritrovata di essere cristiani, riscoperta vedendo la sua passione per Cristo, il tipo d’umanità che scaturiva dalla sua fede, il suo entusiasmo contagioso. “In lui abbiamo subito riconosciuto un uomo, con un temperamento e un accento investiti dalla fede – continua il sacerdote - nei cui discorsi e gesti si documentava il metodo scelto da Dio per comunicarsi: un incontro umano che rende affascinante e persuasiva la fede”. In un momento particolarmente difficile, continua don Carrón, Giovanni Paolo II ha riproposto davanti a tutti, con un’audacia che può avere solo Dio come origine, che cosa significhi essere cristiano oggi, offrendo a tutti le ragioni della fede e promuovendo instancabilmente i germi di rinnovamento della compagine ecclesiale posti in essere dal Concilio Vaticano II. Con una paternità sorprendente e unica – ricorda don Carrón – Giovanni Paolo II ha abbracciato la nostra giovane storia riconoscendo canonicamente la Fraternità di Comunione e liberazione, i ‘Memores Domini’, la Fraternità sacerdotale dei missionari di San Carlo Borromeo, le Suore di carità dell’Assunzione, come frutti diversi sgorgati dal carisma di don Giussani per il bene di tutta la Chiesa”. (M.I.)

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    Francia: la stampa cattolica non è abbastanza conosciuta dai francesi

    ◊   Una stampa non abbastanza conosciuta dal suo target di riferimento, soprattutto tra le nuove generazioni, ma la cui funzione è comunque apprezzata. Questa l’immagine della stampa cattolica francese quale emerge da uno studio commissionato dalla Federazione francese della stampa cattolica all’istituto di sondaggi Tns Soffres. La ricerca, realizzata lo scorso novembre, è stata presentata in occasione della 15.ma edizione delle Giornate nazionali di Studio San Francesco di Sales svoltesi dal 27 al 28 gennaio ad Annecy con la partecipazione di 220 professionisti dell’informazione. Dallo studio – riferisce l’agenzia Apic - emerge che anche se la netta maggioranza dei cattolici praticanti (che oggi sono appena il 17% della popolazione francese tra praticanti assidui e occasionali) conosce nomi di giornali e periodici cattolici, resta un significativo 30% che dichiara di non conoscerne alcuno. Una percentuale che sale al 59% tra i cittadini francesi che si considerano di area culturale cattolica, anche se non praticanti, e al 73% tra chi si dichiara senza religione. Quanto invece alla lettura, il 58% dei praticanti intervistati ha dichiarato di avere avuto occasione di leggere un quotidiano cattolico, contro il 12% dei non credenti e il 18% per cento dei cattolici non praticanti. Percentuali che, secondo il realizzatore della ricerca, il sociologo Jean-François Barbier-Bouvet, sono comunque “non trascurabili” se rapportati alla stampa laica. Lo studioso ha inoltre fatto notare come la stampa cattolica riesca a trovare comunque qualche lettore oltre al suo naturale bacino di utenza. La ricerca indica chiaramente come il numero di lettori della stampa cattolica aumenti con l’età: i due terzi hanno più di 50 anni, mentre appena il 7% è di età inferiore ai 34 anni. Interpellati su quello che considerano il compito della stampa cattolica, circa il 60% degli intervistati ha messo al primo posto quello di offrire un punto di vista diverso sul mondo. Intorno alla stessa percentuale ha affermato che essa dovrebbe permettere ai cattolici di informarsi e discutere su questioni che riguardano la vita della Chiesa. Solo il 22% ritiene invece che essa debba essere una "cinghia di trasmissione" dei vescovi. (L.Z.)

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    Siena: anteprima nazionale di un documentario sulla realtà delle suore in Italia

    ◊   Si terrà domani a Siena l’anteprima nazionale del documentario “Il Dialogo”, prodotto dall’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma. E’ un appassionante viaggio nel mondo delle suore in Italia, diretto dal regista Massimo Reale e condotto dalla giornalista Virginia Masoni. Il documentario, proiettato in occasione della Giornata Mondiale di preghiera per la Vita Consacrata, ha l’obiettivo, come ha spiegato Virginia Masoni, di “capire che cosa sia la vocazione religiosa, come la si riconosca e come questa ‘chiamata’ diventi carne e vita vissuta”. L’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum dedica particolare attenzione alle persone consacrate, attraverso il suo Istituto Superiore di Scienze Religiose, nato nel 1999. Il documentario “Il Dialogo” rappresenta un ulteriore passo in questo percorso di valorizzazione della vita consacrata, elemento indispensabile per lo sviluppo della Chiesa e presenza viva ed attiva nella nostra società. La Chiesa di Siena vivrà questo momento insieme a tutti i religiosi e le religiose della Diocesi presso la Chiesa della SS. Annunziata, dove alle 16.30 verrà celebrata la Messa dall’arcivescovo. Al termine della Messa seguirà, presso la Sala delle Balie, nel Complesso Museale di S. Maria della Scala, la presentazione e la proiezione del documentario. (S.C.)

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    24 Ore nel Mondo



    Khartoum accetta l’indipendenza del Sud Sudan

    ◊   Il governo di Khartoum accetta l’indipendenza del Sud Sudan accogliendo l’esito del referendum. Alla consultazione, tenutasi dal 9 al 15 gennaio scorsi, il 99 per cento degli elettori ha votato per la secessione dal nord del Paese. Il Sud Sudan si appresta dunque a diventare il 55.mo Stato dell’Africa. Il vicepresidente sudanese, Ali Osman Taha, ha dichiarato che l’intenzione del governo di Khartoum è di “portare avanti delle relazioni di buon vicinato con il Sud Sudan”.

    Niger
    Elezioni presidenziali e legislative, ieri, in Niger per chiudere la parentesi del colpo di Stato militare, a un anno circa dalla caduta di Mamadou Tandja. Secondo i primi dati, avrebbe votato almeno il 50% dei quasi sette milioni di aventi diritto. Il servizio di Giulio Albanese:

    Elezioni sostanzialmente pacifiche ieri in Niger, con l’intento dichiarato di porre fine al regime militare nel Paese dell’Africa occidentale, produttore di uranio e petrolio. Sta di fatto che le preoccupazioni rimangono, in quanto - a detta della società civile locale - il risultato finale potrebbe rivelarsi controverso, tra preoccupazioni di frodi e disorganizzazione nella gestione della macchina elettorale. Poco meno di sette milioni gli aventi diritto, chiamati alle urne per eleggere un nuovo presidente e un nuovo parlamento. Il voto rappresenta indubbiamente il ritorno dei poteri a un governo civile, dopo il colpo di stato militare del 18 febbraio dello scorso anno, che spodestò l’ex presidente, Mamadou Tandja. Dieci sono i candidati in lizza per le presidenziali, tra cui per la prima volta una donna. Secondo gli osservatori, è improbabile che qualcuno raggiunga già al primo turno la maggioranza necessaria per l’elezione alla massima carica dello Stato. Il ballottaggio, se ci sarà, è stato comunque fissato per il prossimo 12 marzo. Tutte e dieci le personalità in corsa per la carica presidenziale hanno promesso di fare della lotta alla povertà il loro primo impegno, non fosse altro perché tra uranio e petrolio il Niger potrebbe essere davvero una potenza economica a tutti gli effetti.(ma)

    Tunisia
    Una sinagoga è stata data alle fiamme da ignoti nel sud della Tunisia, nella regione di Gabes. Lo ha riferito il leader della comunità ebraica locale. Intanto, secondo stime dell’Onu, sono almeno 219 le persone rimaste uccise in Tunisia nelle proteste di massa che hanno condotto alla caduta del regime di Zine al-Abidine Ben Ali, ex presidente del paese maghrebino.

    Costa D’Avorio
    Ancora un mese per cercare di risolvere la crisi in Costa D’Avorio. E’ questa la decisione presa dai capi di Stato e di governo dell’Unione Africana, a conclusione del vertice tenutosi ad Addis Abeba in Etiopia. Un pool formato da cinque capi di Stato dovrà presentare fra 30 giorni un dossier vincolante per gli attuali contendenti ad Abidjan per la carica di capo dello Stato: il presidente uscente, Laurent Gbagbo, e il leader dell’opposizione, Alassane Ouattara, eletto alle ultime consultazioni.

    Coree
    Una nuova fase potrebbe aprirsi nello spinoso confronto tra le due Coree. Ieri, il presidente sudcoreano, Lee Myung-Bak, ha fatto appello al senso di responsabilità del suo omologo del nord, Kim Yong Il, affinché sappia cogliere l’opportunità rappresentata della prevista ripresa, nei prossimi giorni, dei colloqui tra i due Paesi.

    Kazakistan
    In Kazakistan, dopo che il Consiglio costituzionale si è dichiarato contrario al referendum sul prolungamento fino al 2020 del mandato dell’attuale presidente, Nazarbaiev, lo stesso capo dello Stato ha accettato il responso. Nazarbaiev ha anche annunciato elezioni presidenziali anticipate.

    Iraq
    In gennaio è stato drammatico l'aumento di violenze in l’Iraq: durante il mese appena trascorso, nel Paese sono stati uccisi 159 civili, quasi il doppio rispetto agli 89 morti del dicembre 2010. A renderlo noto è il Ministero della salute iracheno. Numerose anche le vittime tra le forze dell'ordine, in base ai dati diffusi dai Ministeri della difesa e dell'interno. A gennaio hanno perso la vita 55 poliziotti e 45 soldati, a fronte rispettivamente delle 41 e 21 vittime dello scorso dicembre. La recrudescenza delle violenze è dovuta a una serie di attacchi terroristici, sferrati nelle scorse settimane contro la comunità sciita e contro alcuni commissariati di polizia.

    Afghanistan
    Una delegazione del movimento armato afghano "Hezb-e-Islami", guidata da Gulbuddin Hekmatyar, si recherà prossimamente a Kabul per incontrare i responsabili dell'Alto Consiglio per la Pace istituito dal presidente afghano, Hamid Karzai. Lo hanno reso noto oggi fonti locali. Insieme con i talebani e alla cosiddetta Rete Haqqani, l'Hezb-e-Islami è il terzo gruppo di opposizione armata al governo Karzai.

    Medio Oriente
    Miliziani palestinesi hanno sparato la notte corsa tre razzi contro il sud di Israele. Lo ha riferito l'esercito israeliano precisando che l’area colpita è quella di Eshkol, vicino alle città di Netivot e Ofakim. Fortunatamente, non si ha notizia di vittime.

    Germania
    La cancelliera tedesca, Angela Merkel, è da ieri in visita a Tel Aviv. Accompagnata da dieci ministri, la Merkel ha in programma, dopo quelli di ieri, una serie di incontri con i massimi vertici d’Israele. In agenda, lo stallo dei colloqui di pace diretti israelo-palestinesi, ma anche le crisi in Egitto e nel resto del nord Africa.

    Ungheria
    “Il governo ungherese è pronto a modificare la legge sulla stampa se sarà necessario”. Lo ha detto la vicepresidente della Commissione Ue, Kroes, che ha accolto con favore la disponibilità. La Commissione aveva minacciato una procedura di infrazione in mancanza di modifiche a quella che Parigi e Berlino avevano definito legge-bavaglio. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 32

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.