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Sommario del 29/12/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • A gennaio, il Papa chiede preghiere per l'aiuto spirituale e materiale alle vittime dei disastri naturali
  • Rinunce e nomine
  • I giovani di Taizé a Berlino per una nuova solidarietà. Il Papa: il prossimo anno Roma vi accoglierà con calore
  • Oltre due milioni e mezzo di fedeli a incontri e celebrazioni del Papa nel 2011 in Vaticano
  • Oggi su l'Osservatore Romano
  • Oggi in Primo Piano

  • Nord Corea: s'insedia Kim Jong-Un. I nuovi scenari nell'area
  • La crisi dei mercati del 2011. L'economista: ora serve uno scatto in avanti
  • 2011, l’anno delle proteste. La riflessione del sociologo Luca Diotallevi
  • Bomba a Lamezia Terme contro un centro per immigrati. Don Panizza: andiamo avanti
  • Gerusalemme: la sinfonia di Kiko Arguello nel segno del dialogo ebraico-cristiano
  • L'"ottimismo" del Vaticano II: 50 anni fa la firma dell'"Humanae salutis" con cui Giovanni XXIII indiceva il Concilio
  • Chiesa e Società

  • Filippine: arrestato a Mindanao il presunto omicida del missionario italiano Fausto Tentorio
  • Filippine: si aggrava la situazione per la popolazione colpita dal tifone Washi
  • Unicef: aiuti per le vittime del tifone "Washi" nelle Filippine
  • Pakistan: assolto cristiano accusato di blasfemia. In carcere molti fedeli, tra cui Asia Bibi
  • Indonesia: a West Java musulmani moderati difendono il Natale della Yasmin Church
  • Nepal: proteste dei Dalit contro l’omicidio di un intoccabile
  • India: Nostra Signora di Velankanni, la “Lourdes d’oriente” celebra i suoi 50 anni
  • Papua Nuova Guinea: dall'Australia aiuti per l'educazione dei bambini
  • Australia. I vescovi: il periodo natalizio aiuti la riflessione sui rifugiati
  • Spagna: domani Santa Messa a Madrid nella Festa della Santa Famiglia di Nazareth
  • Burkina Faso: il bilancio del 2011 in un’intervista a mons. Ouedraogo
  • Benin: nasce la prima scuola di giornalismo nel Paese africano
  • Fao: è giunto a Roma il neodirettore generale Graziano Da Silva, in carica dal primo gennaio
  • 24 Ore nel Mondo

  • Il premier italiano Monti annuncia privatizzazioni e misure per il lavoro entro gennaio
  • Il Papa e la Santa Sede



    A gennaio, il Papa chiede preghiere per l'aiuto spirituale e materiale alle vittime dei disastri naturali

    ◊   “Perché le vittime dei disastri naturali ricevano il conforto spirituale e materiale necessario per ricostruire la loro vita”: è l’intenzione generale di preghiera del Papa per il mese di gennaio. Sull’importanza del binomio spirituale-materiale nelle situazioni di emergenza umanitaria, Alessandro Gisotti ha intervistato Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale di Caritas Italia:

    R. – L’esperienza che abbiamo maturato in quarant’anni, in Italia e all’estero, ci dice come l’aiuto umanitario sia necessario – la ricostruzione delle opere, delle case – e dunque come di fronte a un disastro, a una qualsiasi calamità, ma anche a una questione più limitata, sia fondamentale non solo l’essere vicini con delle cose – interventi pratici concreti che sono fondamentali – ma come tutto ciò sia assolutamente insufficiente se non c’è anche un affiancamento, un accompagnamento alla persona nella sua complessità.

    D. – Può raccontarci anche un fatto che l’ha particolarmente colpita proprio in questo senso di ricostruzione di una vita?

    R. – Per quanto riguarda l'Italia, ho in mente – perché ho vissuto sul posto tutta la fase del dopo-alluvioni del Piemonte del ’94, ma anche di quelle recentissime in Liguria – quell’espressione emblematica riferita ai volontari: gli "angeli del fango”, cioè quelle persone che arrivano sul posto e magari compiono un’opera molto semplice: quella di aiutare le persone colpite a spalare il fango, a ripulire le cose... Non è che risolva il problema, ma ne velocizza la risoluzione. Questa vicinanza fa sì che, mentre si spala, si parla con le persone, si piange, ci sono momenti emotivamente molto forti. Il volontariato giovanile, come anche ogni forma di vicinanza, veramente restituisce speranza alle persone, che vedono nel volontario un motivo per ricominciare.

    D. – La forza della natura è impressionante ma è ancora più impressionante la forza della persona e delle persone, dunque…

    R. – La forza della natura è impressionante: è sempre più impressionante. Sappiamo come il tema dei cambiamenti climatici, o comunque dei fenomeni meteorologici estremi che si abbattono in Italia e all’estero con maggior frequenza e maggiore intensità, sia un tema fortissimo ed è molto positivo che il Papa torni su questo. Era stato il primo a levare la voce sul tema della siccità – ricordiamo il Corno d’Africa a luglio di quest’anno – e per fortuna poi si è mobilitata tutta la comunità internazionale. Allo stesso modo ora: iniziare così l’anno nuovo è una profezia che in qualche modo va ascoltata molto attentamente, soprattutto per prevenire situazioni simili. (bi)

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    Rinunce e nomine

    ◊   In Polonia, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Częstochowa, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Stanisław Nowak. Al suo posto, il Papa mons. Wacław Depo, trasferendolo dalla sede di Zamość-Lubaczów Mons. Depo, 58 anni, ha frequentato gli studi teologici presso il Seminario di Sandomierz. Ordinato sacerdote, ha svolto il ministero di vicario parrocchiale, quindi ha perfezionato gli studi presso la Facoltà di Teologia dell’Università Cattolica di Lublin, ove ha conseguito la Licenza in Teologia e più tardi il Dottorato in Teologia Dogmatica. È stato docente della stessa disciplina e padre spirituale dei diaconi presso il Seminario dell’allora diocesi di Sandomierz-Radom. Si è anche occupato di pastorale universitaria presso la Scuola superiore di ingegneria di Radom ed stato rettore del Seminario. Nell’ambito della Conferenza episcopale polacca è, fra l’altro, presidente della Commissione mista Vescovi-Superiori maggiori religiosi.

    Sempre in Polonia, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Gliwice, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Jan Walenty Wieczorek. Al suo posto, Benedetto XVI ha nominato mons. Jan Kopiec, finora ausiliare di Opole. Il 64.enne presule ha frequentato gli studi presso il Seminario maggiore di Opole. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha svolto il ministero di vicario parrocchiale e in seguito ha studiato Storia ecclesiastica a Lublino, conseguendo il Dottorato in Teologia, con specializzazione in Storia ecclesiastica. È stato prefetto di disciplina e docente di storia ecclesiastica nel Seminario maggiore di Oplole. Ha anche studiato alla Scuola Vaticana di Paleografia, Diplomatica e Archivistica e, più tardi, ha ricoperto l’incarico di Direttore dell’Archivio diocesano. Nel 1992 è stato eletto alla sede titolare vescovile di Cemeriniano e nominato Ausiliare di Opole. Ha ricevuto la consacrazione episcopale il 6 gennaio 1993 dalle mani del Beato Giovanni Paolo II. Attualmente è vicario generale, docente di Storia ecclesiastica presso la Facoltà di Teologia dell’Università di Opole e direttore dell’Archivio diocesano. Nell’ambito della Conferenza episcopale polacca è membro, fra l’altro, della Sezione per le Scienze storiche.

    Benedetto XVI ha nominato membri del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali gli Em.mi Cardinali: Josip Bozaniċ, arcivescovo di Zagabria (Croazia); Oswald Gracias, Arcivescovo di Bombay (India); John Njue, Arcivescovo di Nairobi (Kenya); Laurent Monsengwo Pasinya, Arcivescovo di Kinshasa (Rep. Democratica del Congo); gli Ecc.mi Monsignori: Timothy Michael Dolan, Arcivescovo di New York (Stati Uniti d'America); Mark Benedict Coleridge, Arcivescovo di Canberra and Goulburn (Australia); Salvatore Fisichella, Arcivescovo tit. di Voghenza, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione; Manuel José Macário do Nascimento Clemente, Vescovo di Porto (Portogallo); Joseph Befe Ateba, Vescovo di Kribi (Cameroun); Barthélemy Adoukonou, Vescovo tit. di Zama minore, Segretario del Pontificio Consiglio della Cultura.

    Sempre del medesimo dicastero delle Comunicazioni Sociali, il Papa ha nominato cpme consultori i padri: Antonino Spadaro, S.I., Direttore della rivista La Civiltà Cattolica; Eric Salobir, O.P., Assistente Generale dell'Ordine dei Predicatori per le Comunicazioni Sociali (Francia); Augustine Savarimuthu, S.I., Direttore del Centro Interdisciplinare sulla Comunicazione Sociale della Pontificia Università Gregoriana (India); la Rev.da Suora Dominica DIPIO, O.P., Professore Associato della Cattedra di Letteratura presso la Makerere University di Kampala (Uganda); gli Ill.mi Signori: Dott. Antonio Preziosi, Direttore del Giornale Radio Rai e di Rai Radio Uno; Dott. Erminio Fragassa, Presidente e Amministratore Delegato di MicroMegas Comunicazione S.p.A. (Italia); Dott. Marco Tarquinio, Direttore responsabile del giornale quotidiano Avvenire; Dott. Paul Wuthe, Segretario della Commissione dei Media della Conferenza Episcopale Austriaca; Dott. Greg Erlandson, Presidente della Catholic Press Association (Stati Uniti d'America); Prof. Giovanni Maria Vian, Direttore responsabile del giornale "L'Osservatore Romano"; Dott.ssa Susana Nuin Núñez, del Movimento dei Focolari - Opera di Maria, Segretario esecutivo della Commissione per i Mezzi di Comunicazione Sociale del Consejo Episcopal Latinoamericano - C.E.L.A.M. (Argentina).

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    I giovani di Taizé a Berlino per una nuova solidarietà. Il Papa: il prossimo anno Roma vi accoglierà con calore

    ◊   “Aprire ovunque nel mondo cammini di fiducia”. E’ l’incoraggiamento di Benedetto XVI nel messaggio, a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, rivolto ai giovani che partecipano a Berlino, fino al prossimo primo gennaio, al raduno europeo animato dalla comunità di Taizé. Nel testo, anticipato parzialmente nei giorni scorsi, il Papa ricorda anche che si terrà a Roma la prossima edizione del “Pellegrinaggio di fiducia sulla terra”. “Roma – scrive il Pontefice – vi accoglierà calorosamente”. Sul significato del raduno di quest’anno a Berlino ascoltiamo frère John, della comunità di Taizé, intervistato da Amedeo Lomonaco:

    R. – Non sono solo gli incontri che contano. Questo è un “Pellegrinaggio di fiducia sulla Terra” e speriamo che tutti quelli che verranno, trovino qualcosa per creare nuovi rapporti di solidarietà tra le persone e che si radichino sempre di più nella fede e nella fiducia in Cristo, in Dio.

    D. – Nel mondo crescono gli squilibri economici, le disuguaglianze. Ma c’è un popolo con tante, diverse culture - il popolo dei giovani - che si riunisce a Berlino, proprio per riscoprire il valore della fiducia tra gli uomini e in Dio…

    R. – Si potrebbe quasi dire che sia un miracolo, in questo momento, che tutti questi giovani, di tutti i Paesi d’Europa, e anche fuori dell’Europa, si riuniscano per approfondire il senso della vita, a contatto con le fonti della fede cristiana, della comunione della Chiesa.

    D. – Ci sono, magari, anche incontri tra i giovani di Paesi che tra loro possono avere anche delle difficili relazioni; si scoprono amicizie anche al di là delle barriere…

    R. – Sì, esatto. Questo è già avvenuto un po’ di anni fa tra i croati e i serbi, che si incontrarono a Taizé alla vigilia della guerra. Anche oggi ci sono queste divisioni. I giovani vedono le cose in un’altra maniera: loro vedono ciò che unisce, vedono il desiderio di una sola famiglia umana. In questo senso, forse, è presente un nuovo spirito: lo spirito di essere in ricerca insieme. E’ vero che non dobbiamo essere troppo ottimisti, nel senso che i giovani sono molto toccati da questi problemi economici. Sono preoccupati per il loro futuro, ma proprio il fatto di scoprire l’unità e le radici nella fede, forse permette loro di affrontare con più serenità queste difficoltà.

    D. – Difficoltà, che in questo raduno annuale a Berlino, si specchiano in una città emblematica, simbolica, da questo punto di vista. Una città che ci invita proprio a riflettere su come superare le barriere…

    R. – E’ bello fare qui il nostro incontro, perché Berlino è il simbolo del Muro, del muro tra i popoli. Ma simboleggia anche tutti i muri che ci sono tra gli uomini. Questo muro a Berlino non esiste più e quindi questa città può essere un segno per tutti quelli che vogliono distruggere le barriere tra gli uomini. In questo senso, quest’anno è molto particolare.

    D. – Berlino è la tappa di quest’anno, ma – lo possiamo anticipare – la prossima sarà Roma…

    R. – L’ultimo incontro a Roma risale al 1986. Quindi, dopo 25 anni torniamo a Roma, per vivere questo momento di scambio, per vivere insieme la festa della fede. (ap)

    Sono oltre i 30 mila i giovani, provenienti da diversi Paesi, arrivati a Berlino per partecipare al raduno europeo, animato dalla Comunità ecumenica di Taizé. A ognuno è stata consegnata la lettera del priore della Comunità, frère Alois, nella quale si esortano, in particolare le nuove generazioni, ad aprire strade fiducia tra gli uomini e in Dio. La città tedesca ha accolto i giovani con grande entusiasmo, come sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco una ragazza italiana, Emily:

    R. – C’è un’atmosfera molto accogliente e l’abbiamo visto anche nelle famiglie che ci hanno accolto: le persone sono veramente molto felici di vivere con noi quest’esperienza.

    D. – Esperienza segnata anche dal tema di quest’anno incentrato sulla fiducia negli uomini e in Dio. Come riscoprire oggi questa fiducia, in un mondo dove sembra che in realtà tutto si perda in altre cose?

    R. – Io spero che piano, piano quando cresceremo, anche questo mondo migliorerà e si potrà acquisire la fiducia più facilmente, perché nel mondo in cui viviamo adesso è abbastanza difficile. Affrontando, però, esperienze come quella di Taizé, penso che si possa acquisire la fiducia più facilmente.

    D. – Qualche tua impressione anche riferita a questa città, Berlino, che è un po’ il simbolo di nuove speranze…

    R. – Per me, è il simbolo di un’unione tra le diverse culture, che hanno molte differenze, in cui si scopre, però, sempre, qualcosa di comune.(ap)

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    Oltre due milioni e mezzo di fedeli a incontri e celebrazioni del Papa nel 2011 in Vaticano

    ◊   Sono oltre 2,5 milioni (2.553.800) i fedeli che nel 2011 hanno partecipato ai vari incontri con Benedetto XVI, ovvero udienze generali (400.000) e particolari (101.800), Celebrazioni liturgiche (846.000), Angelus e Regina Coeli (1.206.000). I dati sono stati pubblicati stamani dalla Prefettura della Casa Pontificia. Un comunicato ricorda che si tratta di dati approssimativi, che vengono calcolati sulla base delle domande di partecipazione agli eventi pervenute alla Prefettura, e dei biglietti distribuiti dalla stessa, come pure su una stima sommaria delle presenze a momenti come l’Angelus o il Regina Coeli e le grandi Celebrazioni in Piazza San Pietro: su tutte, quest’anno, la solenne cerimonia di Beatificazione di Giovanni Paolo II. I dati mostrano una crescita di partecipazione rispetto agli ultimi tre anni.

    Il quadro presentato, spiega ancora la nota, si riferisce solo agli incontri in Vaticano e a Castel Gandolfo e non comprende altri momenti, vissuti dal Pontefice con una grande partecipazione di fedeli come i viaggi apostolici in Italia e all’estero.

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    Oggi su l'Osservatore Romano

    ◊   In rilievo, nell'informazione internazionale, le violenze in Siria.

    Raffaello e gli altri formato tessera: in cultura, Marco Agostini sulle riproduzioni a mosaico di capolavori del passato nelle pale d'altare della Basilica Vaticana.

    Lo scienziato che non brillò per chiarezza: Giovanni Cerro sull'eclettico Lombroso che continua a far parlare di sé.

    Un articolo di Angel Cordovilla Perez dal titolo "Mai avere paura delle domande": il rapporto tra fede e post-modernità in un'epoca di crisi in cui non si può dare niente per scontato.

    Pittrice di fiori e di ossa: Giulia Galeotti recensisce la prima mostra italiana dedicata a Georgia O'Keeffe.

    Memorie della Natività in catacomba: Giovanni Carrù sul presepe nel complesso cimiteriale paleocristiano di San Sebastiano.

    Testimonianza controcorrente delle famiglie cristiane: nell'informazione vaticana, sulla preparazione dell'incontro mondiale di Milano, intervista di Gianluca Biccini al cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia.

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    Oggi in Primo Piano



    Nord Corea: s'insedia Kim Jong-Un. I nuovi scenari nell'area

    ◊   Al termine dei 13 giorni di lutto per la morte, il 17 dicembre scorso, del “caro leader” Kim Jong-Il e nel corso un’imponente cerimonia a Pyongyang, la Corea del Nord ha incoronato ufficialmente il figlio, Kim Jong-Un, nuovo leader supremo “del partito, dell’esercito, del popolo”. Una cerimonia volta a mostrare la fiducia nel giovane Jong-Un, in un Paese in cui - secondo l’Onu - almeno sei milioni di persone hanno urgente bisogno di aiuti alimentari. Ma la morte di Kim Jong-Il ha anche innescato preoccupazione in tutta l’area asiatica, in particolare in Cina e Giappone. Ce ne parla Francesco Sisci, editorialista del Sole 24 Ore, intervistato da Giada Aquilino:

    R. - La morte di Kim Jong-Il e le prospettive incerte sul futuro della Nord Corea creano un enorme punto interrogativo nella regione. Ci sono prospettive “rischiose”: sia che la Nord Corea possa evolvere in senso negativo, cioè diventi aggressiva verso i vicini, sia in caso di evoluzione positiva, cioè che si avvicinino le posizioni con il Sud e possa emergere una Corea unificata o in via di riunificazione, che avrebbe in quel caso rivendicazioni territoriali e nazionaliste nei confronti sia della Cina sia del Giappone.

    D. - Negli ultimi giorni, Cina e Giappone hanno concluso un’intesa di scambio diretto: yuan cinese contro yen giapponese. Prima gli scambi avvenivano tramite dollaro statunitense. Questo accordo cosa comporta?

    R. - Nel breve termine, ciò significa un aiuto all’economia americana, perché sia lo yuan cinese sia lo yen giapponese vanno a rivalutarsi, facilitando le importazioni americane e europee verso Cina e Giappone. Nel lungo termine, però, questo significa un’affermazione maggiore della moneta cinese in ambito globale: un passo ulteriore verso l’internazionalizzazione dello yuan come moneta - in futuro - anche di riserva. E questo, in proporzione, andrebbe a diminuire il ruolo che finora ha avuto il dollaro nell’economia globale.

    D. – Ma adesso quale potrebbe essere il ruolo degli Stati Uniti? Ricordiamo che Washington ha quasi 100 mila soldati di stanza in Cina e in Giappone…

    R. – Un primo elemento è che la politica americana degli ultimi dieci anni ha controllato e ha diminuito gradualmente la pericolosità di una “bomba” globale quale era la Nord Corea. Il secondo elemento è che, se oggi l’America - insieme a Giappone e Cina - riuscisse a controllare questa evoluzione della Nord Corea, credo che questo darebbe in futuro un ruolo importante ed estremamente significativo agli Usa in Asia.

    D. - Sembra di capire che vi sia una necessità di ridisegnare un nuovo equilibrio politico ed economico in Asia. Com’è possibile in un momento di crisi economica generale e globale?

    R. - Cina e Giappone stanno un po’ meglio del resto del mondo, quindi hanno un po’ più energie economiche e di conseguenza possono assumersi un ruolo in più rispetto a Europa e America, che hanno relativamente maggiori problemi. Se questo, come sembra, verrà accompagnato da una politica di grande visione americana nella regione, ciò diventerebbe molto importante anche come esperienza e come insegnamento per la soluzione di conflitti in altre parti del mondo. (bi)

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    La crisi dei mercati del 2011. L'economista: ora serve uno scatto in avanti

    ◊   E’ tempo di bilanci per il 2011 che sta per concludersi. Uno degli aspetti che ha caratterizzato questo anno è stato l’acuirsi della crisi economica, alla quale i governi, soprattutto europei, stanno cercando di rispondere con misure e manovre di vario tenore. Giancarlo La Vella ne ha parlato con l’economista Luigi Campiglio, docente all’Università Cattolica di Milano:

    R. - È stato certamente un anno particolarmente difficile. Nel 2011, c’è stato tuttavia qualcosa di nuovo, e non solo di negativo, nel senso che la reazione mondiale alle cause della crisi è stata certamente disordinata, ma c’è stata una chiara richiesta alla leadership mondiale e nazionale di cambiare un sistema economico, che dovrebbe essere al servizio dell’uomo e che però negli ultimi anni lo è stato poco.

    D. - Si è capito che cosa c’è all’origine delle varie crisi?

    R. - Il debito pubblico è stato anzitutto una conseguenza della crisi perché in molti casi, negli Stati Uniti, ma anche in Europa, lo Stato è intervenuto giustamente per attutire l’effetto di uno stop così improvviso delle attività produttive. Di sicuro, la questione del debito è stata un problema, ma di certo manovre molto restrittive finiscono con l’essere controproducenti, soprattutto sugli strati più deboli della popolazione, e rischiano di accentuare la crisi anziché risolverla. Occorre uno scatto in avanti vero, genuino, di condivisione comune dei problemi mondiali, perché davvero lo sono.

    D. - Il 2011 passa alla storia anche come l’anno dei sacrifici: si è creata in questo modo una "scollatura" tra l’elettorato e la politica?

    R. - La scollatura c’è. Va detto che una delle questioni più delicate, importanti, ma decisive, è la questione delle crescenti disuguaglianze che già esistevano prima della crisi, e che in parte sono una causa della crisi, ma con le quali non si può convivere se davvero vogliamo uscire dalla crisi. In altre parole, dobbiamo imparare a essere una comunità di intenti intenzionalmente diretta verso un obbiettivo comune.

    D. - Il 2011 rischia di passare alla storia come quello che ha segnato l’inizio della fine dell’euro. Alcuni Paesi che stavano per entrare nella moneta unica, sembra stiano frenando questo processo...

    R. - Questo è vero, ma il progetto europeo è un progetto di pace nato dopo la Seconda Guerra Mondiale da uomini che hanno fatto quella guerra. Oramai, da sessanta-settanta anni, tutte le generazioni del dopoguerra non sono andate in guerra, salvo purtroppo, la ex Jugoslavia. Qui, la questione è davvero centrale e bisogna capire che disfare l’euro non è così facile come metterlo insieme: se noi abbandoniamo l’euro, le conseguenze potrebbero essere imprevedibili sicuramente sul piano economico, ma non vorrei che venissero coinvolti altri piani più importanti. (bi)

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    2011, l’anno delle proteste. La riflessione del sociologo Luca Diotallevi

    ◊   “Primavera araba”, Occupy Wall Street, Indignados: il 2011 è stato un anno contrassegnato dalle proteste. Da Madrid a New York, dalle capitali arabe a Mosca, le contestazioni hanno preso di mira ora regimi politici ora la crisi economica. La rivista “Time” ha nominato proprio “The Protester”, il contestatore, “personaggio dell’anno”. Su questo fenomeno globale che ha caratterizzato l’anno che si va chiudendo, Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione del sociologo Luca Diotallevi:

    R. – Questa onda di contestazione, che attraversa tante società molto diverse, come gli Stati Uniti o il Medio Oriente, ci dice tre cose. Una positiva è che la gente ha ancora “pancia”, e questo è importante perché la pancia – la capacità di indignarsi, di reagire – è una grande alternativa al cinismo. Purtroppo, però, ci dice anche che la gente ha poca intelligenza, cioè protesta, ma non sa come costruire un’alternativa. Infine, che la gente ha poca disciplina, perché una volta capito quello che bisogna fare, occorre fare sacrifici, organizzarsi, essere generosi, perché i cambiamenti si fanno solo insieme.

    D. – Questa è stata proprio la difficoltà nei Paesi arabi…

    R. – Questo è il punto: se i rivoluzionari non diventano alla svelta riformisti, i contro-rivoluzionari fatalmente avranno la meglio.

    D. – I giovani sono stati i grandi protagonisti dei movimenti di quest’anno. Alla loro voglia di cambiamento è dedicata anche una parte importante del messaggio del Papa per la Giornata della pace…

    R. – Questo non è un Papa che blandisce un giovane, è un Papa che lo sfida. Altrimenti, non metterebbe al centro della sua attenzione l’educazione. Quindi, il Papa sta dicendo ai giovani: crescete alla svelta, non rimanete preda delle emozioni interiori o esteriori, ma assumete nelle vostre mani il vostro futuro. Lui ne riconosce la dignità e li sfida a diventare velocemente adulti, come le grandi generazioni di giovani – pensiamo a quelle subito dopo la Prima Guerra Mondiale e subito dopo la Seconda Guerra Mondiale – che hanno abbattuto la tirannia e hanno costruito la democrazia.

    D. – I social network sono stati lo strumento che ha favorito questi movimenti. Del resto, la tecnologia ha in un qualche modo aiutato anche altri moti…

    R. – Non c’è cambiamento senza tecnologia, perché è grazie alla velocità e alla qualità della comunicazione che gli uomini riescono a trovarsi insieme. Naturalmente, si può anche abusare della tecnologia, ma noi sappiamo che ad ogni cambio tecnologico – pensiamo al ‘500 e all’invenzione della stampa pochi decenni prima – segue una rivoluzione. I mezzi di comunicazione non vanno assolutamente mitizzati: non bisogna pensare che essi abbiano già in sé la risposta, ma sono una condizione straordinaria per produrre cambiamento. (ap)

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    Bomba a Lamezia Terme contro un centro per immigrati. Don Panizza: andiamo avanti

    ◊   Hanno scelto il Natale per mandare un nuovo pesante messaggio a don Giacomo Panizza, attivo contro la ‘ndrangheta a Lamezia Terme in Calabria. Una bomba è stata fatta esplodere, infatti, domenica sera davanti all’ingresso di un centro per minori stranieri non accompagnati realizzato dalla sua comunità “Progetto Sud” in un bene confiscato alla cosca Torcasio. L’ordigno fortunatamente ha provocato solo danni materiali. Della gravità di questo episodio e della situazione generale a Lamezia Terme, Irene Pugliese ne ha parlato con don Giacomo Panizza:

    R. – In questo periodo, in quest’ultimo mese e mezzo, a Lamezia Terme stanno scoppiando bombe, si stanno verificando sparatorie non per uccidere, ma per ferire… Stanno mandando dei messaggi. Che tornino a terrorizzare la città, questo episodicamente avviene. Che ritornino sulla comunità “Progetto Sud” e sul volontariato, sulle persone con disabilità, sulle persone immigrate: questo non me lo sarei aspettato …

    D. – E’ la prima volta, però, che viene fatta esplodere una bomba davanti a una villa appartenuta ad un boss della ‘ndrangheta. Nessuna cosca, infatti, solitamente danneggia un immobile che è stato di sua proprietà. Che cosa significa, dunque, quello che è successo il 25 dicembre?

    R. – Che il futuro avrà sorprese pesanti. Allora, sia che siano stati i vecchi proprietari, sia che siano i nuovi che vogliono controllare il territorio, significa che bisogna aspettarsi delle sorprese. Sorprese brutte.

    D. – Perché, secondo lei, la ‘ndrangheta ha voluto compiere un gesto così forte nel giorno di Natale?

    R. – E’ un messaggio religioso… Li usano anche questo tipo di messaggi, purtroppo. Usano le feste, usano le immagini religiose. E' una deviazione della religione, ma non soltanto interpretativa: è deviazione perché la gente è attaccata a una certa religiosità e loro utilizzano lo stesso linguaggio per portarsi la gente dalla loro parte.

    D. – Il Papa, lo scorso ottobre, era stato per la prima volta in Calabria e nell’omelia aveva fatto appello ai giovani perché siano una nuova generazione capace di promuovere non gli interessi di parte, ma il bene comune. E ai calabresi aveva detto: “Non cedete mai alla tentazione del pessimismo e del ripiegamento su voi stessi”…

    R. – Questa operazione come reazione, ma non solo come reazione: la reazione bisogna considerarla. Ma questa proposta del Papa va vista in questi termini: la utilizziamo sia per reagire, ma anche come proposta per il futuro. Questa non è soltanto una guerra di difesa: questa è una proposta di vita grande. Fare in modo che con i giovani, con le persone con disabilità, con i poveri, con chi ha problemi partecipiamo insieme a costruire la Calabria del futuro. (gf)

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    Gerusalemme: la sinfonia di Kiko Arguello nel segno del dialogo ebraico-cristiano

    ◊   La celebrazione sinfonico-catechetica “La sofferenza degli Innocenti” presentata martedì scorso a Betlemme per la comunità arabo-cristiana, ieri sera ha avuto un seguito a Gerusalemme per il mondo ebraico. L’evento – con la sinfonia composta da Kiko Arguello, uno degli iniziatori del Cammino Neocatecumenale – si è tenuto al Teatro della Municipalità della Città Santa alla presenza di oltre 600 persone tra cui molti esponenti religiosi e civili del mondo ebraico. Kiko ha presentato la sua opera sul dolore della Vergine Maria e di Gesù nel Getsemani, che termina con il “trionfo musicale” del Resurrexit. Roberto Piermarini ha chiesto al direttore del Centro Domus Galilaeae di Tiberiade, don Rino Rossi, tra gli organizzatori del concerto, come è nato questo evento non solo musicale ma soprattutto interreligioso:

    R. – Questo fa parte un po’ della missione che ha il Centro Domus Galillaeae che è stato inaugurato a Tiberiade da Giovanni Paolo II nel 2000, che prima di morire ci inviò una sua lettera autografa, nella quale ci invitava a promuovere iniziative in quel centro per favorire un più profondo dialogo tra la Chiesa cattolica ed il popolo ebraico, ed una di queste iniziative è stata anche adesso promuovere questo concerto a Gerusalemme, che è stato realizzato nel Teatro della Municipalità ieri sera, di fronte ad un buon pubblico: erano presenti oltre 600 persone. Penso che sia stato un incontro molto importante, un passo avanti in questo dialogo che la Chiesa sta portando avanti, anche attraverso questa nostra esperienza del Cammino Neocatecumenale. Ieri erano presenti molte autorità della municipalità: per esempio, c’era il vice sindaco Naomi Tsur, che ha anche parlato, ha dato il benvenuto a tutti, ed era emozionata; c’era anche il rabbino David Rosen, che è il consigliere del Gran Rabbinato d’Israele per gli affari religiosi, inclusi anche tutti i rapporti con il Vaticano: lui ha presieduto questo incontro recitando una preghiera, all’inizio; e anche dopo l’esecuzione della Sinfonia ha parlato della realtà dei rapporti esistenti tra la Chiesa e il popolo ebraico. E’ partito da Giovanni XXIII, poi la “Nostra aetate”, il Concilio Vaticano II, Giovanni Paolo II … Ha detto cose molto, molto forti. E penso che oltre a parlare di questo atteggiamento aperto, da parte della Chiesa, abbia reso anche un grande servizio al mondo ebraico perché erano presenti molte autorità: c’era anche il segretario del Gran Rabbinato di Gerusalemme, il signor Wiener, che era molto impressionato. C’erano anche alcuni musicisti famosi, tra cui Eli Jaffe, che è stato molto colpito da questa Sinfonia.

    D. – Don Rino, come è stato accolto il concerto dalle personalità ebraiche presenti, sia religiose che politiche?

    R. – All’inizio erano un po’ diffidenti, perché in questo concerto, che si chiama “Celebrazione sinfonico-catechetica” c’è stata una vera celebrazione: Kiko ha spiegato che cos’è questa celebrazione, ha spiegato anche il contenuto di questa Sinfonia e quindi ha parlato del dolore della Vergine Maria, della sofferenza di Gesù Cristo nel Getsemani; ha parlato della Risurrezione … cioè: non ha nascosto niente. Ha voluto manifestare la nostra identità come cristiani perché noi volevamo trasmettere al popolo ebraico la nostra realtà cristiana, chi siamo, con grande rispetto nei loro riguardi. Quindi, all’inizio, la gente che ha partecipato – tutte le autorità – non erano abituate ad andare ad un concerto né che ci fosse questo tipo di presentazione, e nemmeno la proclamazione della Parola: è stato proclamato un passo del profeta Ezechiele, ci siamo alzati tutti insieme, ed abbiamo ascoltato il testo che parla della spada di Dio; quindi, sempre in piedi, abbiamo cantato il Vangelo e tutti si sono alzati con noi. E poi, tutto il contenuto di questo – che è cristiano – ha fatto sì che all’inizio ci si guardasse un po’ … Poi abbiamo notato che quando è stata eseguita al Sinfonia, si è creato un ambiente impressionante di ascolto. La parte finale, il Resurrexit, è stata la parte maggiormente gradita. Molti ci hanno raccontato, successivamente, di essere rimasti molto colpiti dal Resurrexit: è stato un’esplosione! Inoltre i musicisti l’hanno eseguito in maniera superba… è stato veramente emozionante. Abbiamo concluso poi con una parte che, ovviamente, li ha toccati profondamente, dove anche noi che eravamo presenti abbiamo percepito una comunione fortissima: Kiko ha fatto un’introduzione, una parte nuova, in questo concerto. Con la musica della spada ha introdotto lo “Shemà Israel”, e lì abbiamo visto molta gente piangere. E’ come se fosse stata toccata la loro elezione come Ebrei: “Shemà Israel” è per loro come il “Credo”! E’ stata una conclusione fortissima, e si è sentito. Dopo abbiamo avuto la possibilità di stare un poco insieme, nell’atrio del Teatro, e scambiare alcune parole con loro. Abbiamo notato molta gratitudine e anche stupore: loro non sono abituati a vedere una cosa simile, e questo esce da tutti gli schemi! E sono rimasti colpiti anche della gratuità, perché noi non abbiamo voluto che pagassero l’ingresso perché abbiamo voluto fare questo dono al popolo ebraico, come l’altro giorno l’abbiamo fatto al popolo palestinese, agli arabi cristiani di Terra Santa. E abbiamo voluto che la Chiesa, in questo tempo, quando fa presente questo dono che ci viene dal Cielo, che è Gesù Cristo, esprimesse questo dono anche alla chiesa e al popolo ebraico. Penso che questo avrà senz’altro delle ripercussioni: noi crediamo che questo possa contribuire al raggiungimento della pace, ad una comunione più profonda tra questi due popoli.

    D. – Nel contesto del dialogo ebraico-cristiano, quali frutti potrà portare questo incontro di ieri?

    R. – Per quello che abbiamo potuto percepire alla fine del concerto, noi riteniamo prima di tutto, e l’abbiamo riscontrato anche nel corso degli incontri che abbiamo avuto a Nord, nella Domus Galilaeae, di poter contribuire ad abbattere i pregiudizi. Io penso che spesso sia dall’una, sia dall’altra parte, sia sul versante cristiano sia sul versante ebraico, ci sono molti pregiudizi. Non vado ad elencarli, perché basta pensare a tutto quello che è successo nel passato, nella Storia … Anche ieri dicevano: stiamo aprendo una pagina nuova, un cammino nuovo nei rapporti tra la Chiesa e il mondo ebraico. Lo dicevano loro stessi! Ma questo è meraviglioso! Dobbiamo continuare ad eliminare questi pregiudizi e portare avanti questo discorso che è stato iniziato dal Concilio Vaticano II, portato avanti da Giovanni Paolo II e attualmente anche da Benedetto XVI: ecco, portare avanti questo rapporto di rispetto, di amicizia, anche perché il rapporto che ha la Chiesa con tutta la tradizione ebraica è molto importante, un tutti i sensi. Penso che – e lo diceva anche il rabbino – noi abbiamo anche una missione, in questa generazione, che è quella di portare avanti la tradizione giudeo-cristiana, che si concretizza nella Rivelazione. E’ stata praticamente la base della struttura sociale, politica, religiosa e familiare della nostra civilizzazione occidentale, e oggi tutto questo è messo in pericolo: salta. Perché si stanno introducendo leggi che sono completamente contrarie a questa tradizione. Allora, anche unendo tutti gli sforzi e facendo leva su questo rapporto di rispetto, penso che in questa generazione possiamo avere una grande missione di fronte al mondo. E non dobbiamo vergognarci di questa tradizione, anzi: noi crediamo sempre di più che tutto quello che è stato ispirato nelle Scritture, che è il patrimonio comune tra il popolo ebraico e la Chiesa cattolica, dobbiamo usarlo per il bene futuro dell’umanità. (gf)

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    L'"ottimismo" del Vaticano II: 50 anni fa la firma dell'"Humanae salutis" con cui Giovanni XXIII indiceva il Concilio

    ◊   Il 25 dicembre di 50 anni fa, Giovanni XXIII firmava la Costituzione apostolica Humanae salutis con la quale veniva ufficialmente indetto il Concilio Vaticano II. Il prossimo anno, in ottobre, la Chiesa celebrerà i 50 anni dall’apertura dei lavori, ma già questo primo anniversario accende una nuova luce sul’importanza dell’assise che mezzo secolo fa cambiò per sempre il volto della Chiesa universale. Fabio Colagrande ne ha parlato con il teologo Marco Vergottini, esperto di Vaticano II:

    R. – Rileggendo l'Humanae salutis, ci imbattiamo in un testo che non va dimenticato: vi si legge che il Concilio avrebbe cercato di contribuire alla soluzione dei problemi dell’età moderna, della fede, quindi in rapporto alla storia di oggi, affrontando anche le crisi che la cultura, la modernità viveva e vive. Tuttavia, è un testo sereno, è un testo venato di ottimismo. Questo è il dato che più sorprende: un ottimismo niente affatto ingenuo, ma accompagnato dall’invito alla Chiesa – una Chiesa che veniva dalla Guerra mondiale, dalle ideologie del Novecento – a confidare nel futuro. Certamente, il Concilio ha cambiato il linguaggio e Giovanni XXIII ha contribuito a cambiarlo. Primo, l'Humanae salutis è il primo testo nel quale viene ripresa la categoria evangelica dei “segni dei tempi”, cioè quei segni che il Signore mette di fronte come stimolo per la Chiesa a ripensare il suo rapporto con la storia. Secondo, c’è un riferimento agli uomini di buona volontà, a dire cioè che il messaggio del Concilio è anche a quei fratelli e sorelle che ancora non condividono questa appartenenza al Signore. E poi c’è un cenno, anche se implicito, a quelli che sono i profeti di sventura, coloro i quali in qualche modo non scorgono altro che tenebre nel presente, mentre il Papa dice: noi amiamo riaffermare la nostra incrollabile fiducia nel Divin Salvatore del genere umano.

    D. – Sul vostro sito, "vivailconcilio.it", voi pubblicate una bella nota di mons. Capovilla, che fu segretario di Papa Giovanni XXIII, il quale sottolinea come in questa Humanae salutis ci sia già in filigrana la finalità del Concilio...

    R. – Certo. C’è un tratto che qualifica in modo diverso, rispetto a quelli passati, il Concilio così come l’ha voluto Giovanni XXII. E' definito un "Concilio pastorale", cioè un Concilio che è convocato non già per reagire nei confronti di eresie, di scismi, di errori da condannare, ma un Concilio che deve trovare nuove forme per riuscire a proclamare la parola evangelica di sempre.

    D. – L’imminente anniversario dell’apertura del Concilio, che vivremo l’11 ottobre 2012, ci invita a riflettere sull’attualità dei testi conciliari, sull’importanza di non trasformare questo anniversario in una semplice rivisitazione storica...

    R. – Io credo che la Chiesa, per usare delle parole di Paolo VI – che è il grande artefice, nocchiero del Concilio – si trovi ancora nel cono di luce del Concilio Vaticano II. Giovanni XXIII nell'Humanae salutis parla del seme: “Questo è un piccolo seme”. Io credo che dopo ci sia stato un albero e si tratta oggi di fare una riflessione sui frutti che il Vaticano II ha lasciato. Il Concilio è stato una grande occasione per la Chiesa di rinnovare se stessa e di ripensare il suo ruolo di annuncio della fede oggi. Credo proprio che questo sia un invito a riprendere quella nuova evangelizzazione che tanto a cuore è stata nel messaggio di Giovanni Paolo II ed è fortemente rilanciata da parte di Benedetto XVI. (ap)

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    Chiesa e Società



    Filippine: arrestato a Mindanao il presunto omicida del missionario italiano Fausto Tentorio

    ◊   Arrestato a Mindanao il presunto assassino di padre Fausto Tentorio. A dare oggi l’annuncio è stato il ministro della Giustizia Leila de Lima. L’imputato Jimmy Ato è stato catturato dagli agenti dell’Ufficio regionale del National Bureau of Investigation (Nbi). De Lima ha aggiunto che il fratello del sospettato, Robert, ha aperto il fuoco contro gli agenti ma che “fortunatamente, nessuno è rimasto ferito. Padre Fausto Tentorio è stato ucciso all’interno della residenza della parrocchia della Madre del Perpetuo Soccorso ad Arakan, nell’isola di Mindanao il 17 ottobre scorso. E’ il terzo sacerdote del Pime ucciso nelle Filippine, dopo gli omicidi di padre Tullio Favali e di padre Salvatore Carzedda, assassinati nel 1985 e nel 1992. Jimmy Ato è stato accusato di essere il killer di padre Tentorio da alcuni testimoni, presenti sulla scena del crimine, che hanno pure affermato che il fratello, Robert, era alla guida della moto su cui l’omicida è fuggito subito dopo il delitto. Il ministro De Lima ha spiegato che le autorità di Polizia stanno continuando ad investigare sul caso per capire il movente dell'omicidio. ''Stiamo anche valutando - ha detto - il coinvolgimento di Padre Tentorio in questioni ambientali come possibile causa dell'omicidio''. (R.G.)

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    Filippine: si aggrava la situazione per la popolazione colpita dal tifone Washi

    ◊   Dopo due settimane dal passaggio della tempesta tropicale Washi, abbattutasi tra l'arcipelago centrale delle Visayas e Mindanao, le vittime sono più di 1.200, 400 mila gli sfollati e ancora tanti i dispersi. Negli ultimi giorni, in seguito alla rottura degli argini dei fiumi, circa 15 mila persone sono state evacuate dalle città di Barobo e Bislig, provincia di Surigao del Sur, San Francisco, provincia di Agusan del Sur, e Valencia, provincia di Bukidnon. A Valencia, 120 km ad est delle aree devastate dal tifone, la polizia e le forze militari di soccorso si sono adoperate con gli elicotteri per salvare circa 300 famiglie che erano salite sui tetti delle abitazioni sommerse. Oltre 700 mila persone in 56 città e 8 villaggi - riferisce l'agenzia Fides - sono state colpite, più della metà hanno bisogno di aiuto immediato. Circa 54 mila sono state trasferite in 53 centri di evacuazione intorno alle zone danneggiate, altre 400 mila si sono appoggiate da amici e parenti ma hanno ancora bisogno di assistenza. Secondo i responsabili del National Disaster Risk Reduction and Management Council, si continuano a cercare altre vittime, i pescatori stanno perlustrando le coste, mentre i sub sono alle prese con le acque torbide dei fiumi perché ci potrebbero essere corpi intrappolati tra le macerie. Per cercare di tornare ad un minimo di normalità, le scuole delle zone colpite di Cagayan de Oro, attualmente utilizzate come centri di evacuazione, riapriranno a febbraio. I volontari sono impegnati nella costruzione di 300 abitazioni su un’area del governo di 10 ettari dove si sposteranno alcune famiglie, ma molte altre rimangono ancora senza dimora. Alcune, le cui case avevano resistito alle correnti, hanno cercato di rientrare nelle loro abitazioni, nonostante il monito delle autorità riguardo alla impraticabilità dell’area, molto predisposta ad ulteriori inondazioni. Dopo le proteste iniziali, sono state costrette ad abbandonare di nuovo la zona. (R.P.)

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    Unicef: aiuti per le vittime del tifone "Washi" nelle Filippine

    ◊   65 tonnellate di beni di prima necessità sono stati inviati dall’Unicef nelle Filippine, in aiuto alla popolazione colpita dalla tempesta tropicale ‘Washi’. L’Unicef è già all’opera per collaborare con le autorità civili nazionali e locali per sostenere le vittime nei settori dell’acqua, dei servizi igienico-sanitari, della nutrizione, dell’istruzione e della protezione dell’infanzia. Le forniture già spedite includono oltre 1 milione di compresse per purificare 5 milioni e mezzo di litri d’acqua l’acqua; 5 kit per la dissenteria sufficienti per curare 2500 casi di colera; 750 mila bustine di polveri micronutrienti e 97 kit sanitari di emergenza, ognuno dei quali contiene farmaci essenziali e dispositivi medici per 1000 persone per un periodo di 3 mesi. L’Unicef, che nei prossimi giorni invierà altri aiuti, ha lanciato un appello per 28 milioni di dollari per fare fronte alla grave calamità naturale che ha travolto le Filippine. (R.G.)

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    Pakistan: assolto cristiano accusato di blasfemia. In carcere molti fedeli, tra cui Asia Bibi

    ◊   “I cristiani devono continuare a pregare perché ci sono molte altre persone in carcere per la loro fede” in Pakistan, dichiara all'agenzia AsiaNews, Rehmat Masih, arrestato per blasfemia nel giugno 2010 e rilasciato per insufficienza di prove, dopo 18 mesi di carcere. Il caso di Masih, 74 anni di Jhumra, nello Stato del Punjab, era scoppiato nel maggio 2010, dopo una lite con Tahir Hameed, musulmano, che voleva appropriarsi di alcuni terreni di proprietà della comunità cristiana locale. Il 19 giugno, Sajid Hameed, fratello del leader musulmano non presente alla disputa, ha denunciato Masih di blasfemia sulla base di alcune testimonianze di musulmani che asserivano che l’uomo aveva insultato il profeta Maometto. Dopo mesi di indagini, il 28 novembre scorso il Tribunale di Faisalabad ha considerato invalide le deposizioni dell’accusa presentate in ritardo e in contraddizione. Inoltre dopo la denuncia, nessun ufficiale di Polizia si è recato sul luogo per raccogliere prove utili ad incriminare Masih. “Apprezziamo il verdetto del Tribunale che ha giudicato l’uomo innocente”, ha commentato padre Nisar Barkat, direttore diocesano di Giustizia e Pace (Ncjp), sottolineando che la legge sulla blasfemia è troppo spesso utilizzata dai musulmani per attaccare le minoranze in questioni che non riguardano la religione. Introdotte nel 1986, durante la dittatura del generale pakistano Zia ul-Haq, le leggi sulla blasfemia hanno determinato una crescita esponenziale nelle denunce per “profanazione del Corano” o “diffamazione del profeta Maometto”. Tra il 1927 e il 1986, anno in cui è stata approvata la “legge nera”, si sono registrati solo sette casi accertati di blasfemia. Dal 1986 ad oggi le vittime sono salite ad oltre 4 mila e il dato è in continuo aumento. Dal 1988 al 2005, le autorità pakistane hanno incriminato 647 persone per reati connessi alla blasfemia. Negli ultimi anni sono migliaia i casi di cristiani, musulmani, ahmadi e fedeli di altre religioni accusati sulla parola, senza il minimo indizio di colpevolezza. Fra questi vi è , la donna 45enne cristiana, madre di 5 figli, condannata a morte nel 2010 e in attesa del processo di appello. (R.G.)

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    Indonesia: a West Java musulmani moderati difendono il Natale della Yasmin Church

    ◊   Centinaia di Banser, il gruppo paramilitare musulmano che risponde agli ordini dell’organizzazione dei Nahdalatul Ulama (Nu), la più grande associazione islamica del Paese, di carattere moderato, hanno cooperato con l’organizzazione della Chiesa di Bogor per assicurare il tranquillo svolgimento delle feste di Natale. La necessità della partecipazione dei Banser - riferisce l'agenzia AsiaNews - è divenuta evidente quando a Bogor sono cominciate a circolare voci secondo cui decine di elementi radicali islamici locali non avrebbero esitato a “smantellare” ogni celebrazione organizzata per Natale dalla Gki, Yasmin Church, sul sito di proprietà della Gki e dove la costruzione di una chiesa è osteggiata dal sindaco. Dalle prime ore della vigilia di Natale però l’accesso al sito della Yasmin Church è stato bloccato da centinaia di agenti di polizia e altri funzionari del servizio civile di Bogor. Così non c’è stato altro da fare per i fedeli della Gki che spostare le celebrazioni di Natale altrove, e cioè nella residenza di uno dei fedeli. Tuttavia la presenza di decine di Banser è stata fornita anche nel nuovo luogo, per garantire che la celebrazione si svolgesse senza problemi. La loro presenza è stata ufficialmente decisa da Rome, segretario generale dei Banser, che ha dichiarato: “Siamo qui per bloccare ogni disturbo imprevisto delle cerimonie da parte di chiunque”. Rome ha dichiarato che una quarantina di elementi “di gruppi radicali locali” sono venuti a discutere del problema. “Ci hanno chiesto di andare via, ma abbiamo rifiutato la loro richiesta”. E oltre alla presenza di decine di Banser sul posto, un altro migliaio sono stati tenuti pronti a intervenire se la situazione fosse improvvisamente diventata pericolosa. Nonostante che le celebrazioni natalizie della Gki Yasmin Church si siano svolte senza incidenti di rilievo, come era previsto, il Sinodo delle Chiese protestanti indonesiane (Pgi) presenterà una lamentela ufficiale al presidente del Paese, Susilo Bambang Yudhoyono. Il segretario generale del Pgi, il pastore Gomar Gulton, ha dichiarato: “Il presidente ha affermato chiaramente che in Indonesia non sarebbe permesso a nessun gruppo radicale di opporsi alla nostra piattaforma nazionale, detta Pancasila”. “Se qualche ministro sfida l’ordine del presidente ci sarà allora un serio motivo di lagnanza”. La presenza di membri del Banser è stata notata anche a Solo, nella regione centrale di Giava, dove centinaia di loro hanno assicurato la tranquillità all’esterno delle chiese durante le celebrazioni natalizie. “Siamo qui, come da accordi con l’organizzazione delle Chiese”, ha dichiarato Nurkholis, il rappresentante di un gruppo giovanile dei Banser, i Gp Ansor. Alle celebrazioni del Gki Yasmin Church c’erano anche Inayah Wahid la figlia del defunto presidente Abdurrahman Wahid, e sua zia, Lily Wahid, una politica del National Awakening Party (Pkb). (R.P.)

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    Nepal: proteste dei Dalit contro l’omicidio di un intoccabile

    ◊   Migliaia di Dalit nepalesi hanno manifestato nei giorni scorsi a Kathmandu e in altri distretti del Nepal contro l’omicidio di Manbir Sunar, 31 anni, picchiato a morte da alcuni indù di alta casta a Kalikot (Nepal occidentale). L’omicidio è avvenuto lo scorso 10 dicembre a Kalikot (Nepal occidentale), ma la polizia ha diffuso la notizia solo il 25, per coprire gli assassini. Per i leader Dalit il governo maoista deve risarcire la famiglia dell’ucciso, arrestare i colpevoli, dichiarare Sunar il primo martire degli intoccabili e garantire istruzione e lavoro a suoi 3 figli. Per fermare le proteste, il governo ha annunciato ieri un risarcimento di 10mila euro per la famiglia dell’ucciso. Dopo la proclamazione dello Stato laico nel 2006, il governo maoista ha vietato per legge le discriminazioni di casta tipiche della società indù. Tuttavia in molti distretti del Paese il provvedimento non è rispettato. Ai Dalit è ancora proibito partecipare alla vita religiosa indù, entrare nelle abitazioni e mangiare insieme a un membro di una casta più alta. Il caso di Sunar ha spinto il Consiglio dei ministri a dare il via a una campagna nazionale per estirpare dalla società le pratiche legate alla differenze di casta e le violenze contro i Dalit. Manbir Sunar è stato ucciso mentre andava al mercato a comprare dei vestiti di lana per sua moglie e i suoi figli, chiusi in casa a causa del clima gelido. Durante il cammino egli si è fermato ad un motel gestito da un indù di alta casta per accendere una sigaretta con i tizzoni di una stufa, ma è stato scaraventato a terra da uno dei gestori del locale. In poco tempo altri indù della zona è giunto sul luogo e con calci e pugni lo hanno ucciso, lasciando il cadavere in strada. Pochi giorni prima dell’omicidio di Manbir Sunar, nel distretto di Tanahu, alcuni indù di alta casta hanno aggredito due Dalit accusati di aver bevuto dalla fontana pubblica. A tutt’oggi la zona è presidiata dalla polizia, che sta cercando di individuare i colpevoli. (R.P.)

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    India: Nostra Signora di Velankanni, la “Lourdes d’oriente” celebra i suoi 50 anni

    ◊   Un’ora di preghiera al giorno, fino al 31 dicembre 2012, per celebrare il 50mo anniversario della consacrazione a basilica del santuario di Nostra Signora della Salute a Vailankanni (Tamil Nadu). Al centro delle intenzioni il dialogo interreligioso e l’ecumenismo, ma anche la salute di parrocchiani, sacerdoti, suore, vescovi e benefattori che hanno dedicato la loro vita allo sviluppo della “Lourdes d’oriente”, come Giovanni Paolo II ha chiamato il santuario nel 2002. “Per festeggiare quest’anno giubilare – spiega all'agenzia AsiaNews padre A. Michael, rettore del santuario – abbiamo deciso di costruire una nuova, grande chiesa, che si chiamerà “Stella del Mattino” e potrà accogliere più di 15mila persone”. Ogni anno, la “Lourdes d’oriente” accoglie pellegrini da tutto il mondo. Dopo lo tsunami del 2005, infatti, migliaia di persone di ogni religione, non solo cattolici, vanno a cercare conforto nel santuario e a rendere omaggio a Maria. All’epoca, infatti, il maremoto ha colpito duramente il santuario mariano: circa 850 persone sono morte; altre 300 sono state trascinate via dalla furia delle onde. Ma chi ha cercato rifugio dentro la cappella, è rimasto illeso. Dal 16mo secolo, la zona in cui sorge il santuario è stata teatro di una serie di apparizioni mariane. Il primo testimone è stato un bambino indù che portava del latte, al quale la Madonna chiese il latte per suo figlio, che teneva tra le braccia. Qualche anno dopo, in seguito a un’apparizione simile, la Vergine chiese di costruire una cappella in suo onore. Poi, nel 17mo secolo, un gruppo di marinai portoghesi invocò Maria Stella del Mare, perché li salvasse dal naufragio. Una volta approdati al sicuro sulle coste del Tamil Nadu, elevarono il santuario di Nostra Signora della Salute sulla cappella costruita un secolo prima. (R.P.)

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    Papua Nuova Guinea: dall'Australia aiuti per l'educazione dei bambini

    ◊   Circa cinque anni fa prese avvio il progetto di sostegno della parrocchia di Sant'Ignazio a Toowong, nel Queensland (Australia), a favore della Vagiput Unity School , a Vagiput, in Papua Nuova Guinea. Quest'ultima nel 2012 sarà finalmente riconosciuta e sostenuta dal governo. Ciò permetterà ad un maggior numero di bambini dei villaggi della zona di frequentare tutti gli otto anni della scuola primaria. Secondo le informazioni inviate all’agenzia Fides dalla Curia generale dei Gesuiti, la parrocchia di Sant'Ignazio aveva iniziato ad appoggiare il progetto nel 2007 inviando libri e altro materiale scolastico. Negli ultimi anni lo aveva ampliato con una raccolta di fondi per dare agli alunni la possibilità di continuare gli studi e per andare incontro alle molte necessità della scuola. Il gemellaggio tra la parrocchia di Sant'Ignazio e la Vagiput Unity School, che oggi possiede la più fornita biblioteca di scuola elementare di tutta la Papua Nuova Guinea, è frutto dell'impegno personale di Ray e Monica Otto, impegno presto condiviso da altri parrocchiani e organizzazioni, verso una comunità che Ray Otto definisce "un popolo dimenticato". "I nostri parrocchiani hanno avuto un ruolo importante nel successo dell'iniziativa. Le parole non bastano per spiegare quello che ciò significa per questi bambini che ora hanno la possibilità di frequentare la scuola" ha dichiarato Ray Otto. (R.P.)

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    Australia. I vescovi: il periodo natalizio aiuti la riflessione sui rifugiati

    ◊   Il periodo natalizio aiuti la riflessione sulla questione dei richiedenti asilo e dei rifugiati: è l’auspicio espresso dall’Ufficio per i migranti e i rifugiati della Conferenza episcopale australiana (Acmro), diretto da padre Maurizio Pettenà. “Le nazioni più ricche come l’Australia – afferma il religioso – hanno il dovere morale di fare di più per aiutare i rifugiati nel mondo, i quali spesso sono ospitati dai Paesi più poveri”. Ricordando l’insegnamento del Natale, ovvero che “è dando che si riceve”, padre Pettenà invita tutti i partiti politici a trovare un accordo per “incrementare i programmi umanitari” e chiede al governo, ai leader religiosi e alle persone di buona volontà di “difendere la dignità umana dei richiedenti asilo”. Esprimendo rammarico per il fatto che “ancora una volta le vite dei rifugiati sono diventati un argomento di contesa politica”, la Chiesa australiana afferma inoltre che “i cristiani dovrebbero guardare a questo tema come ad un’opportunità per riflettere sulla venuta di Cristo nel mondo e sui valori non negoziabili che Egli ci ha insegnato: accoglienza e difesa dei più piccoli e dei più deboli”. Infine, l’Amcro richiama l’Antico Testamento, in cui è scritto che “lo straniero va accolto con amore” e che “Gesù promette il Regno dei Cieli a chi accoglie lo straniero”. (I.P.)

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    Spagna: domani Santa Messa a Madrid nella Festa della Santa Famiglia di Nazareth

    ◊   Nella festa della Santa Famiglia di Nazareth, una Santa Messa per le famiglie spagnole viene celebrata domani a Madrid, nella Plaza de Colón, dal cardinale arcivescovo Antonio María Rouco Varela. Preceduta da un momento di animazione, preghiera e testimonianza, la liturgia avrà inizio intorno alle ore 16.00 e sarà concelebrata da vescovi di Spagna e di altri Paesi europei. In un messaggio diffuso in vista dell’evento, il cardinale Rouco invita fedeli, parroci, responsabili di scuole, membri di istituti religiosi e di comunità dell’arcidiocesi ad esprimere nella celebrazione dell’Eucaristia il rendimento di grazie al Signore per il dono della famiglia. L’incontro di quest’anno è centrato sulla gratitudine dei giovani verso i genitori, che hanno dato ai figli il dono della vita e hanno trasmesso loro la fede in Cristo, Redentore dell’uomo. La presenza alla liturgia di esponenti di ogni ambito della vita cristiana – afferma l’arcivescovo di Madrid – vuol essere un gesto profondamente ecclesiale in cui la Chiesa, famiglia di Dio, sia per tutti un riferimento sicuro della verità sull’amore umano e sul matrimonio secondo il Vangelo di Cristo. Nella conclusione del messaggio il cardinale eleva la sua preghiera per l’unità dei nuclei familiari in quello stesso amore che ha reso la Santa Famiglia modello perfetto di convivenza, operosità e virtù domestiche. All’inizio della celebrazione alcuni giovani europei intronizzeranno l’immagine della Madonna dell’Almudena, Patrona della capitale spagnola, nel ricordo sempre vivo della XXVI Giornata Mondiale della Gioventù svoltasi nell’agosto scorso a Madrid. L’odierna liturgia di ringraziamento per il dono del matrimonio, della famiglia e della vita si inserisce inoltre nel cammino di preparazione al VII Incontro mondiale delle Famiglie, in programma a Milano dal 30 maggio al 3 giugno prossimi. (A cura di Marina Vitalini)

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    Burkina Faso: il bilancio del 2011 in un’intervista a mons. Ouedraogo

    ◊   La primavera araba, la crisi economica globale, la riforma costituzionale, l’esodo di alcuni cattolici verso le sette: è un bilancio del 2011 ad ampio raggio quello tracciato da mons. Philippe Ouedraogo, arcivescovo di Ouagadougou, in Burkina Faso, in un’intervista al quotidiano locale “Le Pays”, ripresa anche dal sito della Conferenza episcopale del Burkina-Niger. Partendo dalla premessa che “il mondo globale non è altro che un villaggio”, il presule sottolinea che “la primavera araba non sarà certamente senza impatto” sugli altri Paesi e che in questo contesto “la Chiesa, umilmente, cerca di apportare il suo modesto contributo innanzitutto nel campo dell’educazione, attraverso le sue strutture formative, come le scuole private primarie, secondarie e superiori”. Naturalmente, continua mons. Ouedraogo, “la Chiesa educa anche attraverso le catechesi, le omelie”, poiché “il punto di riferimento per eccellenza è Gesù Cristo, la Bibbia”. Quanto alla proposta di riformare l’articolo 37 della Costituzione burkinabé, che garantirebbe al presidente uscente una quinta candidatura, l’arcivescovo di Ouagadougou afferma che la Chiesa “non è un partito politico” e che il suo ruolo è quello di “restare neutrale” in nome “del bene comune”, e privilegiando “l’interesse della popolazione piuttosto che quello dell’individuo”. Già in passato, d’altronde, i vescovi avevano espresso la loro posizione sulla questione, affermando che, per garantire la pace e la tranquillità del popolo, non è saggio modificare la Costituzione. Parlando, poi, più strettamente della vita della Chiesa, il presule deplora gli atteggiamenti controversi assunti da alcuni membri del clero e ricorda che “la Chiesa è fatta di santi e di uomini fragili e peccatori, ma anche di nemici esterni che complicano le cose”. Fortunatamente, “la Chiesa è di Cristo”, il quale la protegge e dona al Papa “serenità, ottimismo e realismo”. Un’ampia parte dell’intervista è inoltre dedicata alle attività della Chiesa locale nel campo della carità: “La gente è povera – afferma mons. Ouedraogo – anzi, io dico che non si tratta di povertà, ma di miseria. E noi cerchiamo di apportare il nostro modesto contributo insieme a l’Ocades, l’Organizzazione cattolica per lo sviluppo e la solidarietà, organo ufficiale della Chiesa nel campo della pastorale sociale”. Anche se “si tratta solo di una goccia in mezzo al mare”, tuttavia il presule sottolinea che “in tutte le diocesi del Paese, la Chiesa si organizza per restare accanto a coloro che soffrono”, soprattutto là dove mancano “cibo, sistemi sanitari, strutture educative ed altri strumenti di sviluppo”. (I.P.)

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    Benin: nasce la prima scuola di giornalismo nel Paese africano

    ◊   A metà gennaio – riferisce l’agenzia Agiafro - sarà operativa nel Benin la prima Scuola di giornalismo aperta nel Paese africano. Denominata Ecole nationale des Sciences e technique de l'information e de lacommunication (Enstic), l’istituto sorgerà a Savalou, località a circa 250 chilometri a nord-ovest della capitale Cotonou. Nella Scuola creata dal governo si formeranno giornalisti, fotogiornalisti, grafici e tecnici audio. La nuova istituzione, estesa su 27 ettari, comprenderà tra l'altro una grande sala che potrà ospitare fino a 250 studenti, oltre a diverse aule attrezzate con computer, laboratori ed una biblioteca. (R.G.)

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    Fao: è giunto a Roma il neodirettore generale Graziano Da Silva, in carica dal primo gennaio

    ◊   E’ giunto questa mattina a Roma da San Paolo il nuovo direttore generale della Fao, l'agronomo brasiliano, José Graziano Da Silva, per iniziare la sua missione. Ex ministro straordinario del Brasile per la sicurezza alimentare e la lotta contro la fame, Da Silva, 61 anni, è stato eletto lo scorso 26 giugno alla guida dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura, ottenendo 92 voti su 180 dalla Conferenza Biennale della Fao. Sostituisce il senegalese Jacques Diouf, che ha retto l’Agenzia delle Nazioni Unite per ben 18 anni. Il passaggio ufficiale di consegne avverrà il 1° gennaio 2012, mentre il 3 gennaio Da Silva incontrerà per la prima volta i giornalisti per discutere “le questioni più urgenti” in tema di sicurezza alimentare. (R.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Il premier italiano Monti annuncia privatizzazioni e misure per il lavoro entro gennaio

    ◊   La crisi del mercato è un problema europeo: serve una risposta unitaria. Così, il premier italiano, Mario Monti, questa mattina a Roma per la conferenza stampa di fine anno. Il capo del governo ha parlato di una manovra difficile i cui tempi saranno veloci. “Nessuno pensi ad un’altra manovra – ha detto – da oggi inizia la fase 'Cresci Italia'”. Il servizio di Paolo Ondarza:

    “Nessuna misura da annunciare, oggi – spiega Monti – solo una scadenza a cui guardare: entro gennaio, come richiesto dall’Europa, ci saranno interventi su liberalizzazioni, concorrenza e lavoro”. “Sarebbe stato rovinoso per l’Italia non attuare rigorosamente gli impegni presi”, spiega. “Era un atto dovuto. Da oggi passiamo agli atti voluti”. Per Monti, però, non è corretto parlare di fase 1 e 2: la fase della crescita – commenta, infatti – è in sintonia con il consolidamento dei conti pubblici:

    “Non vedo una fase 1 e una fase 2, se non una successione di calendario”.

    Secondo Monti, la crisi del mercato è un problema europeo: serve quindi una risposta unitaria.

    “Questa risposta non poteva neppure essere ricercata a livello europeo, senza che l’Italia – terza economia dell’unione monetaria – avesse messo in sicurezza strutturalmente i propri conti pubblici”.

    “Siamo coscienti – spiega – che la manovra ha molti inconvenienti, ma l’Italia sta portando avanti un’operazione estremamente difficile”. Monti ricorda che l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013 non è stato fissato da questo esecutivo:

    “Stiamo dando puntuale, tempestiva e credibile attuazione a impegni che l’Italia aveva già preso e che non vogliamo né possiamo discutere nel merito”.

    Il capo del governo punta all’uscita dalla crisi: chiede coesione nazionale per convincere il resto del mondo e l’Europa della serietà dell’impegno italiano e sfatare errati pregiudizi. Le riforme istituzionali – precisa – vanno realizzate dai partiti entro il 2012. Monti dice ‘sì’ ad un negoziato su lavoro e pensioni con le parti sociali, purché sia rapido. Sul capitolo tasse, garantisce che si lavorerà per renderle più eque. “Lo spread non va divinizzato né demonizzato”, spiega ancora, “ma nei fondamentali dell’economia italiana non c’è nulla che giustifichi uno “spread” così alto”. (gf)

    Napolitano denuncia: di fronte alla crisi leadership europee inadeguate
    Il premier Monti ha detto di condividere le riflessioni sul piano europeo che ha fatto il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, in una lettera inviata al direttore della rivista "Reset". Napolitano ha detto che le leadership europee appaiono in affanno. Il servizio di Fausta Speranza:

    Nella “crisi incalzante dell'Euro” le leadership europee “appaiono palesemente inadeguate”: Giorgio Napolitano parla di “generale arretramento culturale e di un impoverimento della vita politica democratica”, che - dice - hanno congiurato nel provocare fatali ripiegamenti su meschini e anacronistici orizzonti e pregiudizi nazionali”. Napolitano chiede “nuovi equilibri sul piano delle politiche economiche e sociali” tra quelli che definisce “i condizionamenti ineludibili della competizione in un mondo radicalmente cambiato”. Nelle parole di Napolitano è chiaro l’appuntamento con la storia che si sta giocando: dopo il '45 e l'89 – dice - “siamo ora giunti, in special modo in Europa, a un terzo appuntamento con la storia: calare il processo di integrazione nel contesto di una fase critica della globalizzazione”. Il punto è che Napolitano ammette: “le leadership europee appaiono in grande affanno a raccogliere la sfida”. Se dalle considerazioni alte di Napolitano, guardiamo al termometro della situazione economica seguito dagli Stati Uniti, troviamo che il prestigioso quotidiano economico Wall Street Journal esprime concrete preoccupazioni sulle banche europee: nonostante i miliardi di Euro ricevuti dalla Banca Centrale Europea (Bce) potrebbero ancora correre il rischio di incorrere in problemi di liquidità. Da parte sua, il presidente della Bce, Mario Draghi, per prevenire il problema di un'eventuale mancanza di collaterali ha annunciato che l'istituto di Francoforte accetterà una più vasta gamma di asset per i prestiti della Banca Centrale Europea. Si vedrà quando il provvedimento verrà adottato e se risulterà vincente.

    Ue ribadisce linea dura su nucleare iraniano nonostante minacce su Hormuz
    Sempre preoccupante il nuovo scontro diplomatico tra Stati Uniti e Iran dopo le minacce di Teheran di chiudere lo stretto di Hormuz in caso di nuove sanzioni economiche occidentali. Da parte sua, l’Unione Europea ha ribadito la linea dura di fronte al controverso programma nucleare della Repubblica Islamica. Sullo sfondo c’è il rischio di bloccare il principale crocevia del traffico mondiale di petrolio via mare. Ma quanto è credibile questa intimidazione? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica all'Università Cattolica di Milano:

    R. – È difficile che l’Iran abbia le capacità militari di chiudere in modo permanente o continuato lo stretto di Hormuz. Quello che può fare, però, se siano presenti le condizioni in quello stretto – praticamente un mare molto basso, con delle vie obbligate molto strette per le petroliere – è causare danni. L’Iran ha una sede di piccoli vascelli veloci su cui sono posizionati missili di corto raggio, che possono procurare danni. L’effetto, più che un blocco militare vero e proprio, è quello di creare il panico soprattutto a livello finanziario sul mercato energetico.

    D. – La chiusura avrebbe, però, ricadute negative anche sull’economia iraniana…

    R. – Ovviamente. Questa è una mossa della disperazione. Infatti, l’Iran la minaccia solo quando si parla di embargo petrolifero, e cioè “se voi bloccate il mio petrolio, allora io blocco anche il petrolio degli altri Paesi”. È, come dire, una partita a scacchi sul filo del rasoio. Il problema è che quando ogni giocatore pensa che l’altro voglia barare e voglia puntare al peggio, è molto facile che alla fine qualcuno sbagli a frenare all’ultimo minuto e ci sia un impatto, e questo avrebbe conseguenze molto gravi per la situazione internazionale.

    D. – Secondo lei, è inopportuno parlare di attacco preventivo all’Iran?

    R. – Se ne parla da anni, in realtà. Oggi è ritornata e in modo molto più convincente, un pò perché la comunità internazionale ha proprio perso la pazienza e un po' perché gli iraniani di oggi sono un regime che ha schiacciato la propria popolazione, ha represso ogni dissenso, ha eliminato i riformisti, che una volta erano al governo, e quindi mostra un volto peggiore. E poi i progressi sul nucleare sono sempre più allarmanti: l’ultimo rapporto dell’Agenzia Atomica Internazionale è stato estremamente preoccupante. Quindi, la minaccia di un attacco militare contro infrazioni nucleari c’è. Non dimentichiamoci che siamo in campagna elettorale negli Stati Uniti e in America le elezioni si vincono anche facendo la faccia feroce contro l’Iran, che è un pò il "nemico metafisico" degli Stati Uniti. (ap)

    Ancora repressione in Siria: uccisi 13 civili
    Sale a 13 civili uccisi, tra cui due donne, il bilancio della repressione odierna del regime di Damasco. I Comitati di coordinamento locali degli attivisti diffondono la lista aggiornata in tempo reale delle vittime: cinque nei sobborghi di Damasco, di cui due a Duma, uno rispettivamente a Muadamiya, Arbin, Shafuniye; tre nella regione di Hama, due rispettivamente in quella di Homs e in quella di Idlib.

    Motivazioni economiche dietro "strage di Natale" in Nigeria: così il nunzio nel Paese
    Dietro gli attacchi contro la comunità cristiana, compiuti il giorno di Natale in Nigeria - costati la vita ad almeno 40 persone - e rivendicati dal gruppo fondamentalista islamico Boko Haram, non ci sarebbero ragioni di carattere religioso, ma motivazioni politiche ed economiche. È quanto ha detto il nunzio apostolico nel Paese, mons. Kasujja Augustine. Osservazioni condivise anche dal giornalista di “Popoli”, Enrico Casale, esperto di questioni africane, intervistato da Emanuela Campanile:

    R. – È un pretesto, che nasconde altri tipi di conflitti, che sono fondamentalmente di natura economica. Il petrolio garantisce il 95 per cento dell’export nigeriano e l’80 per cento delle entrate governative. La corruzione e la mala gestione di queste risorse petrolifere portano all’arricchimento di una ristretta minoranza di popolazione. È ovvio che con dati di questo tipo i fattori etnici e religiosi sono più che altro dei pretesti per nascondere il conflitto tra una popolazione poverissima e una piccolissima minoranza molto ricca.

    D. – C’è però il pericolo che si diffonda la sharia, quindi creando evidentemente due fronti: quello cristiano e quello musulmano…

    R. – La Nigeria è una federazione di Stati e, in alcuni di questi Stati del Nord della Nigeria, la sharia è già in vigore in materia di codice di famiglia. Questo ha allontanato da quegli Stati le minoranze cristiane e, quindi, c’è già una tensione di questo tipo legata all’applicazione della sharia in questi Stati. A questo si aggiunge anche il fatto che i fondamentalisti islamici, che si riconoscono in Al Qaeda, stanno cercando di aprire un nuovo fronte nel Sahara e nel Sahel. Il rischio è che Boko Haram possa congiungersi a queste frange e condurre una battaglia per l’affermazione di un islam radicale, certamente non dialogante, in tutta la Nigeria. (ap)

    20 persone uccise in raid in villaggio curdo al confine con Iraq
    Sono almeno 20 le persone uccise, ieri sera, in un raid dell'aviazione turca al confine con l'Iraq, nel villaggio curdo di Uludere, nel Sudest, in circostanze ancora da chiarire. Lo stato maggiore turco ha detto di aver lanciato la scorsa notte un attacco aereo contro sospetti militanti del Pkk nei pressi del confine con l'Iraq. Secondo lo stato maggiore, nessun civile si trovava sul luogo dell'attacco, ma una indagine è in corso. Negli ultimi tempi l'aviazione turca ha condotto raid sanguinosi contro le roccaforti del Pkk nel Kurdistan iracheno, sconfinando in Iraq col tacito consenso delle autorità locali.

    Manovre militari israeliane al confine con Libano su "Linea Blu"
    È massima allerta nel Sud del Libano per l'avvio stamani all'alba di massicce manovre militari israeliane lungo il settore orientale della "Linea Blu" che separa i due Paesi. Lo riferiscono i media di Beirut, secondo cui oltre 50 proiettili di mortaio sono caduti nei pressi delle Fattorie di Shebaa, territorio conteso tra Siria e Libano ma occupato da Israele, nell'ambito di esercitazioni militari dell'esercito di Israele.

    Ancora sangue in Afghanistan
    Un militare italiano in Afghanistan è rimasto contuso, per una scheggia che ha colpito il giubbetto antiproiettile, in seguito ad un attacco da parte di insorti nell'Ovest del Paese. Inoltre due legionari francesi, soldati della forza Nato in Afghanistan (Isaf) sono stati uccisi, nell'Est del Paese, da un uomo con la divisa dell'esercito afghano.

    300 ettari di foresta bruciati nel sud del Cile
    Circa 300 ettari di foresta sono stati distrutti da martedì da un incendio nel parco naturale della Patagonia, nel sud del Cile. Lo rendono noto le autorità forestali e di soccorso. L'incendio nel Parco nazionale Torres del Paine, a oltre 2 mila km dalla capitale Santiago, "è stato circoscritto tra due fiumi ed un lago, e non c'è pericolo per i turisti", specifica la Corporazione nazionale forestale (Conaf) in un comunicato. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 363

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