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Sommario del 26/12/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Appello del Papa all'Angelus all'indomani delle violenze in Nigeria contro i cristiani: la riconciliazione e l’amore sono l’unica via per giungere alla pace
  • Perseguitati perché cristiani: la riflessione di Massimo Introvigne
  • Nomine
  • Oggi in Primo Piano

  • Nigeria, l'arcivescovo di Abuja mons. John Onayekan: coloro che hanno seminato morte non possono uccidere il nostro spirito di convivenza
  • Economia, l'analisi del prof. Giacomo Vaciago: i governi siano una squadra per uscire dalla crisi
  • Consensi in aumento per Obama dopo il via libera del Congresso alla legge sugli sgravi fiscali
  • Somalia: ogni sei minuti un bambino muore per fame
  • Sette anni fa lo tsunami che sconvolse il sud est asiatico
  • Amnesty International ricorda le buone notizie del 2011
  • Mons. Paglia: il Natale sia occasione di rinascita e di riscatto
  • Chiesa e Società

  • Gabon: appello dei vescovi per la pace e l’unità del Paese
  • Pakistan, il Consiglio ecumenico delle Chiese chiede più protezione per le minoranze religiose
  • In Bangladesh una marcia per dire no ai matrimoni precoci delle bambine
  • In Kenya, sempre più alto il tasso di mortalità materna e infantile
  • Spagna: presentata l’edizione economica della Sacra Bibbia
  • Gioco d’azzardo: in Italia è "una febbre sempre più diffusa"
  • Ad Amsterdam una mostra sulla vita quotidiana della comunità ebraica
  • In Cile va in onda la nuova Radio Monte Carmelo
  • 24 Ore nel Mondo

  • Siria, almeno 13 civili uccisi ad Homs
  • Il Papa e la Santa Sede



    Appello del Papa all'Angelus all'indomani delle violenze in Nigeria contro i cristiani: la riconciliazione e l’amore sono l’unica via per giungere alla pace

    ◊   “La memoria odierna del martirio di Santo Stefano ci rende consapevoli che anche oggi, in diverse parti del mondo, i nostri fratelli cristiani danno testimonianza della fede tra le persecuzioni”. All’indomani degli attacchi contro la comunità cristiana che hanno sconvolto la Nigeria, Benedetto XVI ha lanciato stamani all’Angelus un accorato appello affinché nel Paese si ritrovino sicurezza e serenità. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Il Santo Natale – ha detto il Papa - suscita in noi, in modo ancora più forte la preghiera a Dio affinché…

    “…si fermino le mani dei violenti, che seminano morte e nel mondo possano regnare la giustizia e la pace. Ma la nostra terra continua ad essere intrisa di sangue innocente. Ho appreso con profonda tristezza la notizia degli attentati che, anche quest’anno nel Giorno della Nascita di Gesù, hanno portato lutto e dolore in alcune chiese della Nigeria. Desidero manifestare la mia sincera e affettuosa vicinanza alla comunità cristiana e a tutti coloro che sono stati colpiti da questo assurdo gesto e invito a pregare il Signore per le numerose vittime. Faccio appello affinché con il concorso delle varie componenti sociali, si ritrovino sicurezza e serenità. In questo momento voglio ripetere ancora una volta con forza: la violenza è una via che conduce solamente al dolore, alla distruzione e alla morte; il rispetto, la riconciliazione e l’amore sono l’unica via per giungere alla pace”.

    Nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria del primo martire, Santo Stefano, il Pontefice ha ricordato che i martiri sono “maestri di vita”, “silenziosi messaggeri” della Verità fondata sull’amore:

    “Cari amici, la vera imitazione di Cristo è l’amore, che alcuni scrittori cristiani hanno definito il ‘martirio segreto’. A tale proposito, san Clemente di Alessandria scrive: ‘Coloro che mettono in pratica i comandamenti del Signore gli rendono testimonianza in ogni azione, poiché fanno ciò che Egli vuole e fedelmente invocano il nome del Signore’ (Stromatum IV, 7,43,4: SC 463, Paris 2001, 130).

    Anche oggi – ha aggiunto il Papa – molti cristiani sono vittime di persecuzioni:

    “Come nell’antichità anche oggi la sincera adesione al Vangelo può richiedere il sacrificio della vita e molti cristiani in varie parti del mondo sono esposti a persecuzione e talvolta al martirio. Ma, ci ricorda il Signore, chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato”.

    “Dopo la generazione degli Apostoli – ha spiegato il Papa - i martiri acquistano un posto di primo piano nella considerazione della comunità cristiana”. “Nei tempi di maggiore persecuzione, il loro elogio rinfranca il faticoso cammino dei fedeli e incoraggia chi è in cerca della verità a convertirsi al Signore”. Il Santo Padre ha ricordato che il primo martire, Santo Stefano, mentre veniva lapidato elevava questa preghiera:

    “Signore Gesù, accogli il mio spirito (At 7,59). Poi, caduto in ginocchio, supplicava il perdono per gli accusatori: ‘Signore, non imputare loro questo peccato’ (At 7,60). Per questo la Chiesa orientale canta negli inni: ‘Le pietre sono diventate per te gradini e scale per la celeste ascesa … e ti sei accostato gioioso alla festosa adunanza degli angeli’ (MHNAIA t. II, Roma 1889, 694.695)”.

    La nascita del Figlio di Dio - ha detto il Santo Padre dopo la recita dell'Angelus salutando i pellegrini di lingua francese – ci incoraggia a testimoniare la sua presenza in mezzo al suo popolo anche nell'avversità”. “Pensiamo - ha proseguito - a tutti i cristiani perseguitati nel mondo”, che seguendo l’esempio di Santo Stefano “danno la vita a causa della loro fede”:

    “Le Pape ne les oublie pas”.
    “Il Papa – ha detto il Santo Padre - non li dimentica”. Il Pontefice ha infine rivolto un caloroso saluto ai pellegrini di lingua italiana, in modo particolare alle famiglie e ai bambini.

    “Mentre vi ringrazio per il vostro affetto, vi chiedo di portare i miei auguri ai vostri cari che sono a casa, specialmente agli anziani e agli ammalati. Buone feste a tutti voi. Grazie! Buone feste!”.

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    Perseguitati perché cristiani: la riflessione di Massimo Introvigne

    ◊   “Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”: la celebre affermazione di Tertulliano risuona ancora più forte, oggi, nel giorno in cui la Chiesa ricorda la figura di Santo Stefano primo martire. Il martirio, del resto, è una dimensione che appartiene alla natura stessa della testimonianza cristiana. Sulle persecuzioni dei cristiani nel nostro tempo, Alessandro Gisotti ha intervistato Massimo Introvigne, rappresentante Osce per le discriminazioni verso i cristiani:

    R. – E’ curioso che molti, quando si parla di martirio, pensino a qualche cosa che appartiene ai tempi dell’Impero Romano. E' certamente così, però sarebbe anche bene che non soltanto i cristiani - direttamente coinvolti - ma tutti sapessero che, da un punto di vista storico, l’epoca dei martiri è la nostra. Secondo uno studio statistico del maggiore specialista di statistica religiosa moderna, David Barrett, i martiri cristiani dalla morte di Gesù Cristo, ai giorni nostri, sono stati 70 milioni, ma di questi, 45 milioni - più della metà - sono concentrati nel XX secolo e negli inizi del XXI. Questa è anche una grande lezione del Beato Giovanni Paolo II: riflettere sempre sul fatto che il secolo dei martiri è stato il XX secolo e questo secolo di martirio, che certamente ha avuto delle punte negli orrori del comunismo e del nazionalsocialismo, tuttavia continua anche nel XXI secolo.

    D. – Dal suo punto privilegiato di osservazione, quali sono le situazioni oggi nel mondo che destano maggiore allarme?

    R. – Certamente, la prima che viene in mente è quella dell’ultrafondamentalismo islamico. Il Santo Padre ha avuto occasione di ricordare la legge sulla blasfemia in Pakistan. Naturalmente, oltre alla violenza pubblica che queste leggi mettono in atto ci sono anche tante violenze private, attentati che si susseguono in numerosi Paesi a maggioranza islamica. Poi c’è una seconda area, che è quella dei Paesi ancora influenzati dall’ideologia comunista, che non è sparita nel 1989 o nel 1991; anche la Cina è un Paese dove non possiamo dire che vi sia pienamente una libertà religiosa. Poi c’è una terza area ancora, quella dei nazionalismi a sfondo religioso, in altre aree dell’Africa e dell’Asia, dove i cristiani sono considerati un corpo estraneo, quasi traditori della cultura locale, anche se spesso la loro presenza è molto antica. Poi dovremmo aprire il capitolo di quello che succede da noi, in Occidente, in Europa, dove - come ancora ci ha ricordato più volte il Santo Padre - certamente, non avviene nulla di paragonabile alla violenza che si verifica in certe aree dell’Africa e dell’Asia. Tuttavia, c’è questo sottile, e qualche volta neppure tanto sottile, tentativo di discriminare, di marginalizzare, di mettere ai margini il cristianesimo, di negare l’identità cristiana e le radici cristiane, di aggredire in molti modi la Chiesa e il Santo Padre. (bf)

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    Nomine

    ◊   Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi di Port of Spain in Trinidad e Tobago, presentata da mons. Edward Joseph Gilbert, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Joseph Harris, coadiutore della medesima arcidiocesi.

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    Oggi in Primo Piano



    Nigeria, l'arcivescovo di Abuja mons. John Onayekan: coloro che hanno seminato morte non possono uccidere il nostro spirito di convivenza

    ◊   All’indomani degli attentati alle chiese cristiane in Nigeria che hanno provocato almeno 40 morti e decine di feriti, il governo del Paese africano ha annunciato un vertice speciale sulla sicurezza nazionale all'inizio del 2012. Intanto, si registra la ferma la condanna da parte del presidente nigeriano Jonathan e di tutta la comunità internazionale. Ma come ha reagito la comunità cristiana a questa nuova catena di violenze, rivendicata dal gruppo fondamentalista islamico 'Boko Haram'? Marco Guerra lo ha chiesto all’arcivescovo di Abuja, mons. John Olorunfemi Onayekan, raggiunto telefonicamente durante la visita alla chiesa di Santa Teresa a Madalla, teatro del più sanguinoso degli attacchi di ieri:

    R. – Nella comunità cristiana c’è chi ha accettato con rassegnazione, ma la grande maggioranza ha soltanto l’atteggiamento di non capire. Poi ci sono i giovani che sono molto arrabbiati. Abbiamo cercato di calmarli, ma abbiamo anche detto fermamente al governo che l’unico modo di placare la rabbia dei giovani che hanno perso i loro fratelli, i loro amici, è di convincerli di essere all’altezza della situazione e di individuare ed eliminare i covi di questi gruppi terroristici in questa zona. Abbiamo appena finito di parlare con il ministro degli Interni che è venuto qui. I giovani gli hanno chiesto: siete capaci di difenderci oppure ciascuno deve prendere provvedimenti per difendersi e difendere la propria famiglia?

    D. - Voi avete dato un messaggio per riprendere il cammino di pace e di convivenza con la comunità musulmana?

    R. – E’ ciò che facciamo sempre. E' quello che la Chiesa cattolica e la Conferenza episcopale nigeriana hanno sempre fatto. Abbiamo fatto tanto per incoraggiare e promuovere una vita di armonia e di rispetto vicendevole con la comunità musulmana. Dobbiamo cercare, comunque, di continuare a sperare che, malgrado episodi come questi, vale la pena di proseguire sulla via del dialogo e della riconciliazione. La grande maggioranza dei nigeriani - musulmani e cristiani – vuole vivere in pace, insieme. Vogliamo poi far notare che tra le vittime di questo attentato c’erano anche musulmani. Siamo andati all’ospedale per visitare i feriti gravi. Ho parlato e pregato con due persone musulmane; non erano in chiesa, passavano solo per la strada… Dobbiamo prendere molto seriamente il discorso del dialogo e della promozione della convivenza.

    D. – Che cosa si sente di dire ai fratelli cristiani colpiti da questa tragedia e a tutta la comunità cristiana nigeriana?

    R. – Da ieri ho in mente la Parola di Gesù: non si devono temere quelli che uccidono il corpo e che non possono uccidere lo spirito. Non dobbiamo avere paura di questa gente. Non dobbiamo lasciare che uccidano il nostro spirito: lo spirito di convivenza, lo spirito di vivere insieme con altra gente, lo spirito di rispettarci gli uni gli altri. C’è il grande pericolo che con questo tipo di gesto si crei tensione e odio reciproco tra cristiani e musulmani. E questo sarebbe una tragedia ancora più grave. Abbiamo avuto molto conforto dalle parole del Santo Padre, che ha già pregato per la nostra gente. Speriamo che con le preghiere del Papa e con il sostegno della comunità cattolica ritroveremo la via della pace.


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    Economia, l'analisi del prof. Giacomo Vaciago: i governi siano una squadra per uscire dalla crisi

    ◊   L’anno che si chiude è stato caratterizzato dal precipitare della crisi nell’area euro: iniziato in Irlanda, Grecia e Portogallo il “terremoto economico” ha investito anche Spagna e Italia, Paesi a rischio recessione nel 2012. Al centro del dibattito internazionale, la sostenibilità dell’Unione Europea, ma soprattutto quella monetaria. A subire una fase di arresto è stata comunque l’economia a livello globale, Paesi emergenti inclusi. Lo conferma l’economista Giacomo Vaciago, docente all’Università cattolica di Milano, che, al microfono di Paolo Ondarza, traccia un bilancio del 2011.

    R. – Ci sono stati almeno due 2011. Nel primo semestre l’economia mondiale era ancora in crescita. Per quanto riguarda il secondo semestre, dall’estate in poi, è in frenata. Quindi, diciamo che abbiamo chiuso l’anno male. Inizia un 2012 che sarà ancora più problematico.

    D. – A quali cause è dovuta questa frenata?

    R. - I Paesi emergenti hanno deliberatamente tirato i freni perché crescevano troppo, c’era inflazione e hanno alzato i tassi per moderare la velocità. I Paesi europei si sono trovati alle prese con la crisi iniziata in Grecia e in Portogallo, che nell’estate si è estesa a Spagna e Italia e sono partite manovre restrittive: se tutti tirano il freno a mano mentre il treno va, è chiaro che il treno si blocca e rischia di ribaltarsi.

    D. – Quindi si prevede un 2012 decisamente in salita per l’eurozona?

    R. – Questa è la prima recessione causata dai governi. Lo sviluppo capitalistico comporta recessioni che sono come l’influenza di un bambino che cresce, non c’è niente di grave, se sono rare e non troppo gravi; i governi aiutano l’economia per uscire presto da una recessione che non sia grave. Ma questa è una recessione causata dai governi perché sono tutti loro che hanno stretto in contemporanea e, quindi, il paradosso è che non si sa come infondere ottimismo ai cittadini visto che sono i governi i primi ad essere terrorizzati. Non se ne sono visti quest’anno ma qui ci vorrebbero governi che fanno squadra, che fanno una diagnosi condivisa della situazione e decidono chi può permettersi di dare presto messaggi più incoraggianti.

    D. – Se ci fosse questo lavoro di squadra già il 2012, potrebbe essere un anno decisivo per uscire dalla crisi?

    R. – In media una recessione normale in Italia, negli ultimi 40 anni, è durata un anno e mezzo. Se è iniziata a luglio, come l’Istat ci ha appena detto, mezzo anno lo ha fatto già nel 2011, un anno nel 2012; in media, a fine 2012 dovremmo vedere già la luce fuori dalla galleria.

    D. – Nello specifico, l’Italia dovrà affrontare scadenze molto impegnative nel 2012?

    R. – Ci aspettiamo che nei prossimi mesi il governo Monti impegni le Camere su un ampio e radicale programma di riforme. Quelle di cui si è sempre parlato, ma non si sono mai fatte perché a farle si perdono voti. Questo è un governo che non ha voti da perdere e quindi se non le fa, non le farà mai più nessuno. Sono riforme che devono far ripartire il Paese. L’unica ricetta per tornare a crescere è raggiungere i Paesi che sono avanti a noi emulandone le virtù.

    D. – Conservando quelle specificità che sono anche il punto di forza dell’economia italiana…

    R. – Ovviamente sì, ma ormai le nostre migliori aziende - io lo dico da anni - crescono altrove e per fare in modo il Paese torni a crescere dobbiamo essere di nuovo attraenti: bisogna che i migliori del mondo vengano qui. (bf)

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    Consensi in aumento per Obama dopo il via libera del Congresso alla legge sugli sgravi fiscali

    ◊   Proseguono nelle Hawai le vacanze del presidente americano Obama, criticato dai repubblicani per la scelta di abbandonare per lungo tempo la politica in un periodo particolarmente delicato per l’economia. Il tema resta comunque ben saldo nell’agenda del capo della Casa Bianca che, proprio qualche giorno prima della sua partenza, ha incassato il via libera del Congresso alla legge sugli sgravi fiscali. Il provvedimento, che interessa 160 milioni di lavoratori, porterà 40 dollari al mese in più in busta paga per ciascun nucleo. Sull’importanza di questa misura, Eugenio Bonanata ha intervistato Nico Perrone, docente di storia americana all’Università di Bari:

    R. – Questo è un risultato importantissimo: dà l’impressione che l’America affronti la crisi muovendosi forse in direzione opposta all’Europa e in direzione opposta all’Italia. Sembra, giustamente, più preoccupato della crescita, perché la crescita è qualcosa che si proietta nel tempo, che della quadratura immediata dei conti. Quindi, il provvedimento è, a livello propagandistico, centrato ed economicamente anche molto interessante.

    D. – Per altri versi, è una vittoria sui repubblicani...

    R. – La campagna elettorale è aperta. Quindi, tutto va sempre visto in questa prospettiva. Nella campagna elettorale, fino a non molto tempo fa, Obama era dato per perdente, ora sembra in ripresa, perché è uno straordinario organizzatore delle sue campagne e sa muoversi per tempo. E si sta muovendo con molto anticipo.

    D. – L’economia resta, comunque, al centro delle preoccupazioni di Obama...

    R. – L’economia resta al centro delle preoccupazioni di Obama e resta al centro delle preoccupazioni di noi europei. E’ un problema molto grave, di dimensioni globali, che non si sa esattamente come affrontare. Possiamo dire forse che, nella prospettiva generale, Obama sembra muoversi con delle misure che hanno un carattere strategico, con una visione strategica delle cose. La stessa cosa è difficile dirla per l’Europa.

    D. – Le prime settimane del 2012 saranno decisive per il futuro di Obama...

    R. – Certamente saranno decisive per il futuro di Obama. Obama – torniamo sempre al solito punto – è un grande organizzatore della campagna elettorale: l’ha già incominciata, infatti, e credo che dimostrerà proprio all’inizio del prossimo anno di entrare nel vivo con qualcosa di molto positivo per il rafforzamento della sua immagine e della sua presenza elettorale in America. (ap)

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    Somalia: ogni sei minuti un bambino muore per fame

    ◊   Continua l’emergenza alimentare in Somalia, per cui gli Stati Uniti hanno stanziato, la scorsa settimana, altri 113 milioni di dollari. I dati diffusi dalle organizzazioni umanitarie sono allarmanti: la fame uccide, in media, un bambino ogni sei minuti. Davide Maggiore ha chiesto a Nino Sergi, presidente dell’organizzazione non governativa Intersos, impegnata nel Paese, se si sono registrati miglioramenti dopo la molto attesa stagione delle cosiddette “piccole piogge”, cadute violente in alcune regioni:

    R. – Quasi vent’anni fa, con la stessa gravità della siccità e della fame in Somalia, proprio questo fenomeno delle piccole piogge è stato quello che ha messo fine alla fame dell’epoca. Si sperava che fosse così anche adesso; lo è in alcune aree, lo è meno in quelle zone che hanno subìto forti piogge e inondazioni. Progressi ce ne sono stati, per fortuna. Lo sforzo che è stato fatto è stato grande. Si è potuto operare con organizzazioni somale, che ormai negli anni, per fortuna, si sono formate.

    D. – Il lavoro delle organizzazioni umanitarie sul campo è sempre più difficile, soprattutto nelle aree sotto il controllo dei miliziani di al Shabaab o esposte ai loro attacchi…

    R. – Pochi giorni fa, sono stati uccisi tre operatori umanitari, che operavano a sostegno dei profughi somali; è difficile conoscere le cause. Le organizzazioni internazionali purtroppo non possono entrare nel centro-sud della Somalia con personale internazionale perché è troppo rischioso - potremmo essere sequestrati - ma ci sono parti di queste realtà che, pur definendosi Shabaab, sono più aggregazioni di clan con un’agenda molto somala e molto nazionalista. E’ possibile stabilire un dialogo con questa parte, isolando l’altra più estremista, legata ad obiettivi che non sono obiettivi somali. Io penso che finchè non si stabilisce un nuovo dialogo tra somali, la situazione non potrà essere risolta.

    D. – Oltre che militare e agricola, la crisi è anche sanitaria. Dai campi profughi di Baidoa arrivano notizie di epidemie che colpiscono i bambini. Cosa si può fare per affrontare une’emergenza che non ha un solo fronte?

    R. – Nell’area nostra gli operatori, i medici, gli infermieri dell’ospedale che ormai sosteniamo da anni sono impegnati in questi campi. Poi ci sono altre realtà ospedaliere di Mogadiscio… C’è tutta una rete di assistenza, che è insufficiente, perché non possiamo allargarla in questo momento visto che noi stessi operatori non possiamo entrare, non possiamo definire esattamente cosa è necessario in questo momento per le strutture sanitarie, però questo non vuol dire che il personale somalo è fermo. Tutte queste strutture hanno il loro personale che ormai opera anche fino ai campi degli sfollati.

    D. – E ancora una volta le vittime principali sono i più deboli e indifesi?

    R. – In questi anni sono milioni le persone che hanno dovuto spostarsi da un luogo all’altro sia all’interno della Somalia ma anche fuggendo all’esterno. Noi abbiamo attività anche in Yemen dove adesso si è rallentato il flusso ma molti somali partivano dalla Somalia rifugiandosi in Yemen, altri si rifugiavano in Etiopia, altri in Kenya... E’ chiaro, le persone più deboli, che hanno meno possibilità di spostarsi inmodo più agevole o non hanno parenti in altre aree sono quelle che pagano di più: bambini, donne sole, donne sole con prole, anziani, sono coloro che più hanno subìto le conseguenze di questa guerra e di questa siccità che si è aggiunta al conflitto peggiorando di gran lunga le cose. (bf)

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    Sette anni fa lo tsunami che sconvolse il sud est asiatico

    ◊   A sette anni dallo tsunami che sconvolse i Paesi affacciati sull’Oceano Indiano, provocando oltre 220 mila morti, molte delle ferite della regione sono state curate. In molte zone la ricostruzione delle infrastrutture è andata a buon fine, così come la ricomposizione del tessuto sociale. Un forte impulso alla ripresa è arrivato dalla rete Caritas che, lavorando a stretto contatto con le Chiese locali, ha cercato fin dai primi momenti di trasformare il disastro in opportunità per aiutare le persone a ricostruire comunità più solide e più vivibili. Stefano Leszczynski ha intervistato Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale della Caritas italiana.

    R. - Sicuramente la situazione è cambiata profondamente: alcuni Paesi che erano veramente in ginocchio dopo lo tsunami, in questo momento sono tra gli Stati che hanno i tassi di crescita più alti al mondo. Penso all’India, per esempio, ma anche all’Indonesia, e allo stesso Sri Lanka che è uscito da una situazione di guerra che in questo momento sta evolvendosi positivamente. Quindi il bilancio complessivo, sia della ricostruzione, sia di questi Paesi direi che è, sostanzialmente, molto positivo.

    D. - L’intervento della Caritas, in quest’area, è stato particolarmente fortunato: sembra aver dato dei buoni esiti. Alta è stata anche l’attenzione internazionale su questa catastrofe…

    R. - Certamente, le cose non dipendono solo da noi. Siamo parte di un tutto che è certamente molto complesso. In questo caso, in alcune nazioni è andata abbastanza bene: hanno visto una situazione stabile al proprio interno sia dal punto di vista politico complessivo che internazionale. Penso per esempio all’Indonesia, dove all’inizio c’era la situazione di Aceh con i moti di guerriglia, recessione, indipendentismo se vogliamo. Noi lavoriamo sempre affianco delle Caritas del posto, delle chiese locali. Però appunto non dipende solo da loro, dipende da tutto il complesso dei fattori.

    D. - Quali sono ancora le ferite aperte nelle aree colpite?

    R. - La situazione dei minori, come tutta quella di tutte le fasce più deboli della popolazione, resta un problema un po’ in tutte queste nazioni, dove nonostante gli enormi progressi, le diseguaglianze sociali ed economiche all’interno dei singoli Paesi, restano molto alte.

    D. - L’esperienza dello tsunami, e soprattutto la risposta internazionale a questa catastrofe cosa ci insegna di positivo?

    R. – Certamente, il far prevalere il bisogno delle persone colpite rispetto ad ogni forma di strumentalizzazione. La prima conferenza di Giacarta dei Paesi donatori e tutto il seguito che è stato dato, penso che appunto, nonostante le numerose difficoltà e passi indietro da parte di alcuni Paesi, complessivamente il trend sia stato tale da mettere prima di tutto il bisogno delle popolazioni, e in subordine tutti gli altri interessi e ogni tipo di strumentalizzazione. Questo penso debba esser in qualche modo il bagaglio che portiamo con noi anche per il futuro in altre situazioni. Penso al Corno d’Africa e alle alluvioni nella stessa Thailandia. Questo dovrà esser tenuto nelle nostre menti per lavorare bene nel futuro. (bi)

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    Amnesty International ricorda le buone notizie del 2011

    ◊   Le buone notizie del 2011: le ha raccolte Amnesty International che elenca le migliori novità arrivate nel corso dell’anno che sta per terminare. Prigionieri politici liberati, condanne a morte commutate e tanto altro. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

    L’elenco delle buone notizie è importante e testimonia il risultato dell’impegno di chi ha a cuore la difesa dei diritti umani. Si va dalla liberazione dei prigionieri politici e di coscienza in Tunisia, Cuba, Iran, e Myanmar, ai successi nella lotta alla pena di morte, come quello ottenuto nell’Illinois, divenuto il 16.mo Stato degli Usa ad abolirla. Christine Weise, presidente di Amnesty Italia:

    R. – Senz’altro, è stato molto significativo che all’inizio dell’anno, a gennaio, siano stati liberati tutti i prigionieri politici in Tunisia, perché chiaramente abbiamo visto quest’anno quanto sia stato importante anche il movimento per la democrazia, per la libertà di tutti i Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente.

    D. – Una parte abbastanza ampia l’avete ovviamente riservata al percorso della giustizia internazionale nei Balcani, per quanto riguarda quella che fu la tragedia della Bosnia…

    R. – Infatti, c’è stato in particolare un arresto importante, il 26 maggio, quando è stato fermato Ratko Mladić, sospettato di gravissimi crimini di guerra, in relazione alla strage di Srebrenica del 1995, quando sono state uccise ottomila persone. Un altro caso di giustizia, a questo punto, nazionale e non internazionale, molto importante per quanto riguarda la violenza contro le donne è avvenuto quest’anno, quando per la prima volta è stato condannato un colonnello congolese per avere ordinato lo stupro di 35 donne in un villaggio. E’ molto importante che nella Repubblica democratica del Congo dopo che migliaia e migliaia di donne sono state violentate, finalmente si cominci a fare giustizia, anche grazie ad un ampio movimento di donne, che sempre di più chiedono giustizia.

    D. – Quali buone notizie vorrete dare tra un anno?

    R. – Un obiettivo importante riguarda l’Italia. Vorremmo che qui finissero, una volta per tutte, gli sgomberi dei rom nei campi. Abbiamo visto quest’anno, tra le nostre buone notizie, che il Consiglio di Stato ha dichiarato illegittimo lo stato di emergenza, proclamato nel 2008, e che aboliva per le popolazioni rom determinati diritti, come quello di poter fare ricorso in caso di sgombero forzato. (ap)

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    Mons. Paglia: il Natale sia occasione di rinascita e di riscatto

    ◊   “Il Natale in questo tempo di crisi umana e spirituale deve essere la nostra occasione di rinascita, di vero riscatto. Guai a perdere questa opportunità”. Ne è convinto mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni- Amelia e presidente della Conferenza Episcopale Umbra, che in una lettera di auguri indirizzata alla città ha voluto sottolineare come il Natale “sia il momento giusto per trasformare i nostri cuori e cambiare in meglio la nostra vita”. Federico Piana lo ha intervistato:

    R. – Il Natale non è una sorta di anestetico, al contrario io credo che il Vangelo di Natale, la buona notizia di Natale, sia vera sempre, ma soprattutto quest’anno. Abbiamo bisogno di rinascere, perché le cause della crisi non sono nate per caso o per un amaro destino o per un oroscopo sbagliato. Ci sono cause molto precise. Quella più profonda è che ognuno, quando cerca di pensare solo a se stesso, va in rovina e porta alla rovina anche gli altri.

    D. – Lei ha scritto “Sì, il Natale è un giorno amico dell’uomo”. Cosa intendeva?

    R. – Intendevo dire che questo Natale torna appunto come un giorno amico contro i tanti giorni tristi. L’amicizia del Natale parte da Dio. Cos’è il Natale? E’ il Signore del cielo che ci dona un bambino, perché stia con noi, cresca con noi, tutti i giorni per tutta la vita. Questo è l’annuncio di un Natale amico: dire che in qualche modo anche noi dobbiamo rinascere, crescere ed essere come quel bambino.

    D. – In che modo questo Natale può ridonarci questa speranza?

    R. – Appunto perché la crisi nasce dall’egocentrismo, nasce dal ripiegamento su di sé, nasce da una sorta di individualismo che può diventare anche religioso: ognuno prega il suo Dio, ognuno ascolta la sua Messa, ognuno prega solo per sé o per pochi familiari. Il Natale ridona il cuore, nel senso che ci dona un cuore come quello di Gesù, un cuore come quello di Dio, che è largo quanto è largo il mondo, un cuore che ci fa anche capire quali sono le cose che contano davvero nella vita. Forse abbiamo vissuto in un modo poco attento, distratto rispetto alle ingiustizie, dimenticando che quel che conta nella vita è amarsi.

    D. –C’è bisogno, lei dice, di sostegni, di segni di speranza, di Qualcuno di cui potersi fidare e cui potersi affidare. Questo Qualcuno oggi è nato…

    R. – Ecco perché è un giorno amico. Purtroppo, noi vediamo che le nostre città crescono nella violenza, nella tristezza, nella solitudine in maniera molto clamorosa. C’è una violenza diffusa, un diffuso disagio. Si pensi ai tanti giovani che non trovano lavoro. La vita è difficile, ecco perché c’è bisogno di qualcuno che si avvicini e che dia fiducia e non di qualcuno che sfrutti o passi indifferente o peggio violenti la vita altrui. Il Natale di quest’anno deve essere davvero un Natale amico di tutti e particolarmente dei più poveri. L’augurio che vorrei fare a tutti e a ciascuno, e soprattutto alle famiglie, è che la famiglia diventi la culla, la mangiatoia dove oggi nasce Gesù. (ap)

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    Chiesa e Società



    Gabon: appello dei vescovi per la pace e l’unità del Paese

    ◊   “Operare per il mantenimento della pace e dell’unità del Gabon”: è l’appello che i vescovi del Paese africano lanciano a tutti i fedeli, mentre sale la tensione politica, una settimana dopo le elezioni legislative. Il 17 dicembre, infatti, le urne hanno proclamato la maggioranza assoluta del Partito democratico gabonese, legato al presidente Ali Bongo. Ma tale risultato non è stato accettato dall’opposizione, che ha boicottato le consultazioni invitando all’astensionismo. Ed è in questo contesto, dunque, che la Chiesa locale invita alla calma, citando l’Esortazione Apostolica post-sinodale di Benedetto XVI, Africae Munus (Am): “La costruzione di un ordine sociale giusto compete senza dubbio alla sfera politica. Tuttavia, uno dei compiti della Chiesa in Africa consiste nel formare coscienze rette e ricettive delle esigenze della giustizia, affinché maturino uomini e donne solleciti e capaci di realizzare questo ordine sociale giusto con la loro condotta responsabile” (Am 22). D’altronde, già prima delle elezioni, i vescovi avevano invocato “un voto libero e responsabile, trasparente e credibile, nella calma, nella dignità, nella verità e nell’amore”. Ribadendo l’importanza di “rispettare la vita di ciascun essere umano”, la Chiesa del Gabon aveva auspicato consultazioni prive di “demagogie, divisioni, tribalismi, violenze, intimidazioni, restrizioni della libertà, umiliazioni ed ingiustizie di ogni genere”, chiedendo che “il bene comune” avesse “un posto privilegiato”. Infine, la Chiesa del Gabon aveva affidato il Paese alla Vergine dell’Assunzione, Patrona della popolazione locale. (A cura di Isabella Piro)

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    Pakistan, il Consiglio ecumenico delle Chiese chiede più protezione per le minoranze religiose

    ◊   Più protezione per le minoranze religiose in Pakistan e una riforma legislativa urgente per rivedere la legge locale sulla blasfemia: è quanto ha chiesto una delegazione del Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec), in visita ad Islamabad e Lahore tra il 19 ed il 20 dicembre. La delegazione, guidata dal rev. Kjell Magne Bondevik, membro della Commissione delle Chiese per gli Affari internazionali del Cec, ha incontrato il primo ministro pakistano, Gilani, i leaders religiosi, le organizzazioni civili ed alcuni rappresentanti delle Nazioni Unite che operano nel Paese. In tutti i colloqui, il Cec ha affrontato la questione della controversa legge sulla blasfemia, di cui spesso si abusa contro le minoranze religiose pakistane, che includono il 3% della popolazione, compresi i cristiani. “I cristiani – ha detto il rev. Bondevik – hanno svolto un ruolo significativo nello sviluppo del Pakistan. Le leggi che li discriminano sono una negazione del loro contributo e non aggiungono nulla, se non paura ed insicurezza per tutte le loro comunità”. A nome di tutte le Chiese, quindi, il capo della delegazione ecumenica ha ribadito il sostegno “per i principi dell’uguaglianza, dell’armonia interreligiosa e per una società più giusta”. Di qui, l’esortazione del Cec al governo pakistano affinché assicuri “uguali diritti a tutti i cittadini, a prescindere dalla loro fede e dal loro credo religioso”. Sottolineando, inoltre, l’urgenza di “una riforma legislativa”, il Consiglio ecumenico delle Chiese ha puntato il dito anche contro i mass media, ritenuti colpevoli di “non fare abbastanza per creare un dialogo positivo con l’obiettivo di proteggere le minoranze religiose e di alimentare i pregiudizi basati su stereotipi”. Nel corso della visita, infine, la delegazione del Cec ha incontrato anche alcuni esponenti musulmani e insieme a loro ha ricordato il ruolo della cooperazione interreligiosa “per una società pacifica e tollerante”. (I.P.)

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    In Bangladesh una marcia per dire no ai matrimoni precoci delle bambine

    ◊   “No al matrimonio precoce e alla violenza contro i bambini”: questo il messaggio forte lanciato qualche giorno fa in occasione della Giornata del Bambino con una marcia cui hanno partecipato in 350, tra genitori e bimbi, organizzata dalle ong internazionali presenti in Bangladesh. Nel Paese, riferisce Fides, la pratica dei matrimoni precoci delle figlie femmine, sebbene la legge la proibisca espressamente, è molto diffusa a causa della comune cultura che interpreta le bambine come un peso per le famiglie, al contrario dei maschi che sono considerati, invece, un investimento per il futuro. Questi ultimi, infatti, porteranno a casa un salario, mentre le bimbe sono costrette a dedicarsi ai lavori domestici, che non sono ritenuti un vero e proprio lavoro. Il risultato, quindi, è che due bambine su tre si sposano prima di compiere 18 anni, la maggior intorno ai 12, specie tra le classi povere: l’85% degli abitanti del Bangladesh, infatti, vive con meno di 2 dollari al giorno, mentre solo il 55% dei bambini che intraprendono gli studi riescono, poi, a portarli a termine. (R.B.)

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    In Kenya, sempre più alto il tasso di mortalità materna e infantile

    ◊   Inaccessibilità delle strutture sanitarie, lunghe distanze da percorrere, difficoltà di pagare le prestazioni e ignoranza: sono queste le principali cause dell’altissimo tasso di mortalità infantile e materna che affligge il Kenya, circa 448 su 100mila. Il dato s’impenna ulteriormente nella provincia nordorientale, dove tocca quota mille morti ogni centomila nati vivi. Qui l’unica struttura sanitaria attiva, riferisce Fides, è il Garissa Maternal Shelter che può ospitare fino a 24 donne e ha un occhio di riguardo per coloro che hanno avuto gravidanze nell'età dell'adolescenza, aborti, parti cesarei, distacchi della placenta, preeclampsia lieve o pressione alta. Fondata nel 2007 e sostenuta dal governo, la struttura è stata “adottata” di recente dalle Nazioni Unite che ne hanno fatto il centro di un progetto di solidarietà nel Paese. (R.B.)

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    Spagna: presentata l’edizione economica della Sacra Bibbia

    ◊   E’ stata presentata in questi giorni in Spagna l’edizione economica della Sacra Bibbia, nella versione ufficiale della Chiesa iberica. La pubblicazione del nuovo volume arriva ad un anno esatto dall’edizione integrale della Bibbia e ne vuole celebrare, in un certo qual modo, l’anniversario. La versione economica, si legge nel comunicato della Conferenza episcopale spagnola (Cee), rappresenta “un formato ridotto con il quale si vuole divulgare il testo integrale della Bibbia in un modo più comodo, per far sì che la pietà popolare trovi nelle parole della Sacra Scrittura una fonte di ispirazione”. Ma edizione economica non significa incompleta perché, come ricorda la nota, il nuovo volume “include la traduzione dei testi originali, un’introduzione più breve ai libri biblici, una selezione delle note di approfondimento storico, teologico e letterario, le concordanze con ciascuno dei passi citati, alcune mappe storiche ed un indice liturgico di tutte le letture delle Messe dell’anno”. Questa nuova pubblicazione va così a completare lo sforzo editoriale della Chiesa spagnola per l’anno 2011: negli ultimi dodici mesi, infatti, sono stati pubblicate anche le versioni ufficiali del Nuovo Testamento e degli Atti degli Apostoli. Uno sforzo ampiamente ripagato dall’interesse dei fedeli: oltre 45mila sono stati gli esemplari venduti della Bibbia in versione integrale e numerosi i visitatori del sito Internet www.sagradabibliacee.com, inaugurato a febbraio. Annunciata, infine, per l’anno 2012-2013, la pubblicazione della versione ufficiale di altri testi liturgici. La Bibbia in formato economico costa 17 euro e conta 1.620 pagine. (I.P.)

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    Gioco d’azzardo: in Italia è "una febbre sempre più diffusa"

    ◊   “La febbre da gioco è sempre più diffusa tra gli italiani”. A sostenerlo è Luciano Gualzetti, presidente della Fondazione San Bernardino (onlus nata nel 2004 per volontà dei vescovi della Lombardia allo scopo di aiutare le famiglie indebitate e prevenire il rischio dell’usura www.fondazionesanbernardino.it), commentando i dati diffusi da Agicos (Agenzia giornalistica concorsi e scommesse – www.agicos.it) e ripresi dal Sir. Secondo le stime dell’agenzia, il bilancio del 2011 si chiuderà con una raccolta complessiva di 76,1 miliardi, superiore del 23,9% rispetto all’anno precedente (61,5 miliardi giocati). “Prima di capodanno – si legge nel rapporto - gli italiani avranno speso in media oltre mille euro tra scommesse, concorsi e giochi on line, una media che pone l’Italia fra i paesi al mondo dove il gioco assorbe più risorse. Il fenomeno è infatti particolarmente radicato in Lombardia: nel 2011 è Milano la città in cui si è giocato di più con una raccolta pari a 5,6 miliardi di euro, seguita da Roma e Napoli. E Pavia è la capitale italiana degli scommettitori con una spesa pro capite che nella provincia arriva poco sotto i 2.900 euro, il doppio della media italiana”. Guardando alla situazione attuale, “non stupisce la recrudescenza di fenomeni patologici legati al gioco d’azzardo – commenta Gualzetti - ma anche la pratica di chi si affida alla fortuna per ripianare i propri debiti, finendo per aggravarli”.

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    Ad Amsterdam una mostra sulla vita quotidiana della comunità ebraica

    ◊   Feste, tradizioni, ricette e stili di vita: tanti linguaggi per descrivere l’identità ebraica attraverso webcam collocate a Tel Aviv, ma anche a New York, nell’Europa dell’est e nella stessa Amsterdam, dove risiedono le principali comunità del mondo fuori da Israele. È il contenuto della singolare mostra “Jodendom-Giudaismo” inaugurata il 17 dicembre scorso presso la Nieuwe Kerk di Amsterdam, in Olanda, dove resterà aperta fino al 15 aprile 2012. Una storia lunga tremila anni, raccontata attraverso l’esposizione di oggetti d’arte e d’uso quotidiano quali quadri e opere artigianali che rendono bene le atmosfere delle feste del Purim, del Sukkot, dello Shabbat, ma anche la vita di ogni giorno. Tra gli oggetti più antichi, ci sono tre papiri trovati a Qumran, sul Mar Morto, nel 1947 e risalenti al I secolo d.C. che descrivono l’apparizione di Dio a Mosé e le istruzioni per la costruzione del tempio, ma anche una pagina del Codice di Aleppo che costituisce la versione più antica della Bibbia ebraica, base dell’Antico Testamento cristiano. Uno degli oggetti più curiosi, invece, è un contenitore d’argento, risalente all’inizio del Novecento e usato nella Festa delle Capanne. La Nieuwe Kerk, ricorda la Zenit, è il tempio calvinista più importante di Amsterdam in cui si svolgono le incoronazioni dei regnanti; non essendo un edificio consacrato ospita spesso mostre dedicate alle diverse religioni del mondo. (R.B.)

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    In Cile va in onda la nuova Radio Monte Carmelo

    ◊   Si chiama Radio Monte Carmelo, raggiunge l’area di Arica e Parinacota, in Cile, e si pone l’ambizioso obiettivo di interessare credenti e non credenti. La nuova emittente cattolica cilena, riporta la Fides, è stata inaugurata qualche giorno fa alla presenza delle autorità locali e del vescovo di Arica, mons. Héctor Eduardo Vargas Bastidas. La formula del palinsesto sarà classica: notizie, dialoghi, programmi di informazione e cultura, trasmissioni di servizio e spazi musicali, con un occhio di riguardo alle testimonianze della popolazione e delle diverse comunità che la compongono. (R.B.)

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    24 Ore nel Mondo



    Siria, almeno 13 civili uccisi ad Homs

    ◊   Ennesima giornata di dura repressione del dissenso in Siria. L’opposizione denuncia che almeno 13 civili sono stati uccisi ad Homs, nella parte centrale del Paese, durante il bombardamento di un quartiere roccaforte degli insorti sunniti. Proprio ad Homs è previsto, nelle prossime ore, l'arrivo di 50 osservatori della Lega Araba, guidati dal generale sudanese Mustafa Dabi, i quali visiteranno anche la capitale, Damasco, nonché le città di Hama e Edleb.

    Iraq, violenze
    A pochi giorni dal completo ritiro delle truppe statunitensi, non si ferma la violenza in Iraq. Almeno sette persone sono morte e 34 sono rimaste ferite in un attentato suicida fuori dalla sede del ministero dell'Interno iracheno, a Baghdad. Le guardie avevano appena aperto la porta degli uffici per far entrare alcuni operai, quando il kamikaze è entrato in azione e ha fatto esplodere l'autobomba. Sempre oggi, a 50 chilometri a nord della capitale irachena, una bomba è esplosa al passaggio di un bus di pellegrini iraniani, ferendo tre di loro.

    Pakistan, operazione contro gruppi terroristici
    È di 15 militanti estremisti islamici uccisi e un numero imprecisato di feriti il bilancio di un'operazione condotta dalle forze di sicurezza di Islamabad nel nord-ovest del Pakistan. Secondo fonti della sicurezza pachistana, nei raid dei militari sono state distrutte anche tre basi utilizzate dagli estremisti.

    Yemen, militari in piazza
    Non si allenata la tensione in Yemen all’indomani delle preteste di piazza dell'opposizione durante le quali hanno perso la vita 13 manifestanti. Oggi almeno due persone sono rimaste ferite nella capitale in scontri fra sostenitori del presidente, Abdallah Saleh, e militari, fra cui diversi ufficiali che hanno inscenato un sit-in per chiedere la rimozione di un generale accusato di corruzione. Alla luce di queste nuove agitazioni, il consigliere del presidente Usa Obama per l'antiterrorismo, John Brennan, ha telefonato al vicepresidente yemenita, Abdrabuh Mansur Hadi, per sottolineare l'importanza di usare “la massima moderazione” contro i dimostranti.

    Libia, governo vuole integrare ribelli nell’esercito
    Il governo libico ha lanciato un progetto per smantellare le milizie dei ribelli e integrare i combattenti nel nuovo esercito o nella società civile. Protagonisti della rivolta contro il regime di Gheddafi, i gruppi di insorti , organizzati a livello territoriale, rappresentano ora un problema che le nuove autorità vogliono risolvere per evitare faide locali.

    Israele, al vaglio la legge per riconoscere il genocidio armeno
    In Israele è al vaglio del Parlamento una legge per il riconoscimento del genocidio degli armeni in Turchia. La commissione 'Educazione' della Knesset sta esaminando la proposta di introdurre, il 24 aprile, la giornata di commemorazione del massacro del popolo armeno. Se approvata, la norma potrebbe acuire la tensione con Ankara, già ai ferri corti con lo Stato ebraico dal maggio 2010, quando la flottiglia che tentava di rompere l’embargo a Gaza fu assaltata dalle forze israeliane, che uccisero 9 cittadini turchi.

    Italia, incendi in Liguria
    Allarme in Liguria per il vasto incendio che sta interessando l’entroterra savonese. Distrutti 200 ettari di macchia mediterranea; 250 gli sfollati ospiti di strutture del Comune di Vado. Per facilitare il lavoro di canadair ed elicotteri è stata tolta l'energia elettrica, e da poco è stato riaperto il tratto autostradale dell'A10 chiuso per precauzione.

    Italia, pensioni
    In Italia crollo delle nuove pensioni liquidate nel 2011. Secondo gli ultimi dati dell'Inps, nei primi 11 mesi dell'anno le pensioni di vecchiaia e anzianità liquidate sono state 224.856, oltre 94.000 in meno rispetto allo stesso periodo 2010. Il calo più consistente si è registrato per le nuove pensioni di vecchiaia. Sulla diminuzione hanno inciso soprattutto le nuove regole scattate nel 2011 sulla finestra mobile (12 mesi di attesa una volta raggiunti i requisiti per la pensione, 18 mesi per gli autonomi) e sull'inasprimento dei requisiti per l'accesso alla pensione di anzianità.

    Moldova, elezioni in regione separatista
    In Transdniestr, regione della Moldova secessionista filorussa, il candidato appoggiato da Mosca Anatoli Kaminsky, è stato battuto nelle elezioni presidenziali da un oppositore, Ievgheni Shevchuk, che ha vinto con il 73,88%, secondo la commissione elettorale. Al primo turno era stato bocciato anche il del presidente uscente, l'ex uomo forte vicino Cremlino, Igor Smirnov, caduto in disgrazia per la sua intransigenza separatista. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 360

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.