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Sommario del 22/12/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa alla Curia: la risposta alla crisi di fede viene dalla gioia delle Gmg, "medicina contro la stanchezza del credere"
  • Mons. Giordano: europei malati di solitudine, hanno bisogno di scoprirsi fratelli, figli dello stesso Padre
  • Nomine
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Catena di attentati a Baghdad: oltre 60 morti
  • Congo: i missionari temono un'escalation di violenza dopo il voto contestato delle presidenziali
  • Italia. La manovra economica è legge: il Senato vota la fiducia, 257 sì contro 41 no
  • Dopo 20 anni torna la Messa in fabbrica a Piombino. Mons. Ciattini: Chiesa sempre vicina agli operai
  • Natale all'Aquila: 116 chiese riaprono al culto dopo il terremoto
  • Campagna europea contro i giocattoli pericolosi
  • Chiesa e Società

  • India: minacce ai cristiani di Orissa. Il vescovo informa le autorità: celebrazioni di Natale sorvegliate
  • India: sacerdote visita i detenuti in Orissa in occasione del Natale
  • Egitto. Mons. Fahim: sarà un Natale nel ricordo della strage di capodanno
  • Libia. Mons. Martinelli: “per Natale chiediamo il dono della riconciliazione”
  • In aumento uccisioni e attacchi contro giornalisti e operatori dell’informazione
  • Laos: Natale in prigione per otto cristiani del Paese
  • Pakistan: i cristiani vittime di false accuse di blasfemia chiedono al governo di abolirne la legge
  • Russia: il patriarca Kirill commenta le proteste anti-governtative post-elettorali
  • Sud Sudan: in arrivo i primi rifugiati dal confinante Sudan
  • Kenya: il presidente Kibaki elogia l’opera della Chiesa
  • Usa: calano i matrimoni celebrati in Chiesa. La risposta pastorale dei vescovi
  • Cambogia. Il vicario di Phnom Penh: la comunità cattolica cresce nella fede e nella carità
  • Honduras: premiato dal governo il lavoro missionario di un vescovo panamense nel Paese
  • 24 Ore nel Mondo

  • Siria: atteso l’arrivo dei primi osservatori della Lega araba
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa alla Curia: la risposta alla crisi di fede viene dalla gioia delle Gmg, "medicina contro la stanchezza del credere"

    ◊   “Il nocciolo crisi della Chiesa in Europa è la crisi della fede”. Un antidoto a questa crisi sono le Gmg, vera “medicina contro la stanchezza del credere”. È quanto scaturisce dalla lunga riflessione di Benedetto XVI, offerta questa mattina alla Curia Romana nella tradizionale udienza prenatalizia. Il Papa ha ripercorso le tappe salienti dell’anno, concentrandosi in particolare sul tema della rievangelizzazione del Vecchio continente e individuando nelle Giornate mondiali della gioventù “cinque punti” per ringiovanire, ha detto, il “modo di essere cristiani”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    La differenza, alla fine dei conti, sta in due lettere, quelle che trasformano la noia in gioia. Benedetto XVI ha “fotografato” l’Europa contemporanea, afflitta da quello che ha definito “il tedio dell’essere cristiani”, e l’ha opposta all’Africa – da poco visitata con il viaggio in Benin – dove invece si tocca con mano la “gioia dell’essere cristiani”:

    “Da questa gioia nascono anche le energie per servire Cristo nelle situazioni opprimenti di sofferenza umana, per mettersi a sua disposizione, senza ripiegarsi sul proprio benessere. Incontrare questa fede pronta al sacrificio, e proprio in ciò gioiosa, è una grande medicina contro la stanchezza dell’essere cristiani che sperimentiamo in Europa”.

    Dunque il Nord ricco è, per le sorti della Chiesa, la parte oggi povera e impoverita rispetto al Sud del mondo. Al punto che il Papa ha creato strutture – come il dicastero per la Nuova evangelizzazione – e indetto periodi speciali, come l’“Anno della fede”, per cercare di invertire la rotta. E se “certamente occorre fare molte cose”, il “fare da solo – ha affermato con realismo – non risolve il problema”:

    “Il nocciolo della crisi della Chiesa in Europa – come ho detto a Friburgo – è la crisi della fede. Se ad essa non troviamo una risposta, se la fede non riprende vitalità, diventando una profonda convinzione ed una forza reale grazie all’incontro con Gesù Cristo, tutte le altre riforme rimarranno inefficaci”.

    “Come annunciare oggi il Vangelo?”. A questa che è la madre di tutte le domande per la Chiesa di oggi e di domani, Benedetto XVI ha offerto una risposta originale, traendola da un’approfondita disamina in cinque punti di ciò che le Gmg hanno portato in dote in questi decenni e da lui definite “una medicina contro la stanchezza del credere”. Punto primo, in esse si vive “una nuova esperienza della cattolicità, dell’universalità della Chiesa”, dove diversità di provenienze e culture si relativizzano nell’incontro con Cristo e nell’identico modo di celebrarlo:

    “La comune liturgia costituisce una sorta di patria del cuore e ci unisce in una grande famiglia. Il fatto che tutti gli esseri umani sono fratelli e sorelle è qui non soltanto un’idea, ma diventa una reale esperienza comune che crea gioia”.

    Da questo sentirsi una cosa sola e unita, per Benedetto XVI nasce – punto secondo – un “nuovo modo di vivere l’essere uomini, l’essere cristiani”. E qui, il Papa ha trovato alcune delle parole più incisive quando ha preso a modello quei 20 mila giovani volontari che per settimane o mesi si sono dedicati anima e corpo a organizzare l’ultima Gmg di Madrid:

    “Questi giovani avevano offerto nella fede un pezzo di vita, non perché questo era stato comandato e non perché con questo ci si guadagna il cielo; neppure perché così si sfugge al pericolo dell’inferno. Non l’avevano fatto perché volevano essere perfetti (...) Questi giovani hanno fatto del bene – anche se quel fare è stato pesante, anche se ha richiesto sacrifici – semplicemente perché fare il bene è bello, esserci per gli altri è bello. Occorre soltanto osare il salto”.

    Giovani che, in una parola, “non guardavano indietro, a se stessi”. Viceversa, ha stigmatizzato, specie per le strade del mondo occidentale i cristiani di oggi si comportano un po’ come la biblica moglie di Lot che, che “guardando indietro, divenne una statua di sale”:

    “Quante volte la vita dei cristiani è caratterizzata dal fatto che guardano soprattutto a se stessi, fanno il bene, per così dire, per se stessi! E quanto è grande la tentazione per tutti gli uomini di essere preoccupati anzitutto di se stessi, di guardare indietro a se stessi, diventando così interiormente vuoti, ‘statue di sale’!”.

    Al terzo punto, il Pontefice ha posto in risalto l’“adorazione” come elemento spirituale delle Gmg, ogni volta teatro di un “intenso silenzio” davanti al Sacramento dell’Ostia, nonostante le folle sterminate o gli avversi elementi atmosferici come accaduto a Madrid. E assieme all’Eucarestia – quarto punto – a spiccare in questi grandi raduni giovanili la presenza del “Sacramento della Penitenza”, vissuto con quella “naturalezza” che altrove spesso manca. Il quinto punto si ricollega a ciò che Benedetto XVI aveva rilevato all’inizio, è cioè che la crisi economico-finanziaria che oggi minaccia l’Europa è anzitutto una “crisi etica”. Crisi che toglie quella “forza motivante” per cui diventa responsabile fare sacrifici, soprattutto pensando ai poveri. A questa crisi risponde il quinto requisito delle Gmg, la gioia, come risposta al “dubbio riguardo a Dio” che tanti nutrono e che inevitabilmente diventa un dubbio sull’uomo:

    “Vediamo oggi come questo dubbio si diffonde. Lo vediamo nella mancanza di gioia, nella tristezza interiore che si può leggere su tanti volti umani. Solo la fede mi dà la certezza: è bene che io ci sia. È bene esistere come persona umana, anche in tempi difficili. La fede rende lieti a partire dal di dentro. È questa una delle esperienze meravigliose delle Giornate Mondiali della Gioventù”.

    Il Papa – che in precedenza aveva elencato i viaggi internazioni e italiani compiuti nel 2011 – ha poi concluso con un pensiero particolare riguardo al recente incontro interreligioso di Assisi. “Abbiamo potuto incontrarci quel giorno – ha osservato – in un clima di amicizia e di rispetto reciproco, nell’amore per la verità e nella comune responsabilità per la pace”. Possiamo quindi sperare che da questo incontro sia nata una nuova disponibilità a servire la pace, la riconciliazione e la giustizia”.

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    Mons. Giordano: europei malati di solitudine, hanno bisogno di scoprirsi fratelli, figli dello stesso Padre

    ◊   La crisi economica dell’Europa, ha detto oggi il Papa nel discorso alla Curia Romana, è innanzitutto una crisi etica e di fede. Un tema, questo, più volte richiamato da Benedetto XVI, fin da quando era cardinale, e su cui si sofferma mons. Aldo Giordano, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa. L’intervista è di Alessandro Gisotti:

    R. – Il Papa vede con molta lucidità la situazione europea perché la mancanza che più notiamo è la mancanza di un’idea, la mancanza di un senso, di una visione, di una fede. Siamo sempre più coscienti che una civiltà non può vivere a lungo senza un fondamento, senza una fede che la sostenga, le dia l’anima e le indichi il cammino.

    D. – Il Papa ha messo l’accento sulla stanchezza del credere in Europa rispetto alla gioia della fede dell’Africa sperimentata anche recentemente con il viaggio in Benin. Come è possibile un’inversione di tendenza?

    R. - Pensiamo ai primi cristiani. Tra di loro nessuno era bisognoso, hanno trovato la strada per una nuova economia, creavano attrazione per la loro gioia perché avevano scoperto di essere fratelli e avevano scoperto di essere fratelli perché avevano scoperto il Padre: c’era un padre che li univa tutti. Credo che la mancanza di gioia nasca proprio dall’aver dimenticato il Padre e quindi noi non siamo più figli ma ci troviamo soli e la solitudine è molto palpabile per le strade dell’Europa. La via dell’autonomia, la via della solitudine alla fine però non paga perché nessuno potrà rispondere alle vere domande del cuore che abbiamo. Se l’Europa ritrova il Padre e noi ci riscopriamo figli allora possiamo affidare la nostra vita all’Unico che è in grado di rispondere ai desideri del nostro cuore, e che è in grado di vincere la morte.

    D. – Nel discorso alla Curia come anche nel Messaggio per la Giornata della pace il Papa sottolinea la spinta positiva che viene dai giovani. Come accogliere questa sfida?

    R. – Abbiamo visto in quest’anno come i giovani hanno occupato le piazze, hanno contestato un certo sistema e, quindi, esprimono un’attesa. Abbiamo anche visto a Genova i giovani che hanno spalato il fango per le persone colpite dalle inondazioni. Abbiamo visto i due milioni di giovani a Madrid: lì si è visto come i giovani hanno un cuore universale, sono cattolici in quanto vivono per questa dimensione di fratellanza universale. Dall’altra parte stanno cercando il Padre di cui parlavamo anche nella figura del Papa. Credo che i giovani vadano resi protagonisti e debbano anche trovare un ambiente che possa dire loro che esiste questo Padre e che possono sperimentare la famiglia della Chiesa e anche una società che possa corrispondere ai loro ideali. (bf)

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    Nomine

    ◊   Benedetto XVI ha nominato consultori della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede il dott. Fabio Marenda, il geometra Pasquale D'Agostino, il dott. Gianluca Piredda e la dott.ssa Maria Rita Sanguigni.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il Papa e la moglie di Lot: in prima pagina, un editoriale del direttore sul discorso di Benedetto XVI al collegio cardinalizio, alla Curia romana e al Governatorato.

    Nell'informazione internazionale, un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo "Confronto nel Mercosur sull'adesione del Venezuela": raggiunto un accordo per aumentare le barriere doganali.

    Strage di civili a Baghdad in una serie di attentati dinamitardi.

    E un avvocato di Forlì inaugurò 150 anni di storia: in cultura, gli interventi di Paolo Poponessi, Carlo Di Cicco e Franco D'Emilio al convegno, a Forlì, "Nicola Zanchini, il forlinese che fondò 'L'Osservatore Romano'" e una selezione di documenti ritrovati.

    Esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono: nell'informazione religiosa, un articolo del vescovo di Regensburg, monsignor Gerhard Ludwig Muller, pubblicato su "Die Tagespost" per il venticinquesimo anniversario dell'istruzione "Libertatis conscientiae" sulla teologia della liberazione.


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    Oggi in Primo Piano



    Catena di attentati a Baghdad: oltre 60 morti

    ◊   In Iraq una serie di attentati stamani nel centro di Baghdad ha provocato più di 60 morti e 180 feriti. Intanto il Paese attraversa una crisi politica, dopo che il premier al-Maliki, sciita, ha chiesto alla regione autonoma del Kurdistan di consegnare alla giustizia il vice presidente: Tareq al-Hashemi, sunnita del partito Iraqiya, è stato infatti raggiunto da un mandato d’arresto in un’inchiesta per terrorismo. Davide Maggiore ha chiesto ad Alessandro Colombo, docente di relazioni internazionali all’università di Milano, se esiste il rischio che la crisi si sposti sul terreno militare:

    R. - La possibilità, naturalmente, c’è per almeno due ragioni: da un lato, perché l’equilibrio politico e l’equilibrio istituzionale dell’Iraq è ancora fragilissimo; e dall’altro lato, la situazione in Iraq risente inevitabilmente anche della grande instabilità di tutta la regione, in modo particolare di due focolai di instabilità: da un lato, la lunga interminabile crisi diplomatica e potenzialmente militare tra l’Iran ed i suoi nemici, cioè Israele e gli Stati Uniti, e dall’altro lato l’eventualità di una caduta del regime di Assad in Siria che cambierebbe, a sua volta, tutti gli equilibri nella regione, anche nel rapporto tra sciiti e sunniti all’interno della regione.

    D. – Questo scenario si verifica a pochi giorni dalla cerimonia per il ritiro delle truppe americane dal Paese. Si può leggere, tanto nelle turbolenze politiche quanto negli attentati, una serie di tentativi fatti da diversi gruppi e con mezzi diversi, di occupare un vuoto di potere?

    R. – L’uscita degli Stati Uniti costituisce una sorta di condizione permissiva: oggi è molto più semplice di quanto non sarebbe stato qualche settimana o qualche mese fa. Dall’altro lato, lo scoppio dell’instabilità – se poi di questo si tratterà anche nei prossimi mesi – in Iraq sarebbe la parola conclusiva sul bilancio della missione americana in Iraq, che è stato – già lo possiamo dire – un bilancio ampiamente negativo.

    D. – Quali possono essere le conseguenze sul piano internazionale?

    R. – Quello che è scontato è che la crisi in Iraq non sarà una crisi specificamente irachena. Tutti gli attori della regione sono interessati a ciò che avviene in Iraq, e gli stessi Stati Uniti dovranno continuare ad essere interessati, perché i contraccolpi sulla stabilità regionale sono anche contraccolpi sul sistema di alleanze degli Stati Uniti.

    D. – Al Maliki minaccia di rimpiazzare i ministri di Iraqiya nel governo; le istituzioni irachene – e appunto, in particolare, l’esecutivo di Al Maliki – possono reggere politicamente a questa pressione?

    R. – E’ prevedibile che nei prossimi giorni, anche su pressione degli Stati Uniti, ci saranno dei nuovi tentativi disperati di trovare un equilibrio, ovviamente sarà un equilibrio al ribasso. A questo punto è immaginabile che a svolgere una funzione semi-arbitrale all’interno dell’Iraq sarà ancora una volta la componente curda, che si trova nell’ovvio ruolo di mediatore tra le due fazioni politiche anche più rilevanti: cioè da una parte il blocco di Al Maliki e dall’altra il blocco di Iraqiya, che - a questo punto - è addirittura soggetto a iniziative giudiziarie molto pesanti anche dal punto di vista politico, come l’incriminazione del vice presidente. (gf)

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    Congo: i missionari temono un'escalation di violenza dopo il voto contestato delle presidenziali

    ◊   Timore dei missionari congolesi per la possibile espansione delle violenze in tutto il Paese dopo le contestate elezioni presidenziali, vinte ufficialmente dal capo di Stato uscente Kabila. I religiosi aderenti alla “rete Pace per il Congo” hanno lanciato un appello in questo senso attraverso l’agenzia Fides. Lo hanno fatto in vista della cerimonia di insediamento annunciata per domani allo Stadio dei Martiri di Kinshasa dal candidato sconfitto, Tshisekedi, il quale non riconosce l’esito della tornata. Oggi, intanto, "Human Rights Watch" ha denunciato l’uccisione di almeno 24 civili nelle ultime settimane. Sulla difficile situazione, Eugenio Bonanata ha intervistato Giusy Baioni, giornalista dell’associazione “Beati i costruttori di Pace”:

    R. – La notizia dei morti, purtroppo, non stupisce perché c’erano state tensioni, scontri... questo lo sappiamo già dal giorno stesso delle elezioni e poi anche nei giorni a seguire. Il timore è che, invece, nelle prossime ore e nei prossimi giorni la situazione precipiti con lo sfidante Tshisekedi che si è già autoproclamato presidente e che ha intenzione di insediarsi ufficialmente.

    D. – Carri armati presidiano la capitale Kinshasa da diversi giorni e si teme anche la reazione della guardia presidenziale...

    R. – Esatto. Quindi, da una parte c’è Kabila con la sua guardia presidenziale, i soldati e l’esercito, e dall’altra parte Tshisekedi che nella capitale ha molti sostenitori: Kabila non è per niente ben visto e non ha preso molti voti. Il mio timore è proprio quello che si arrivi a degli scontri armati anche piuttosto forti: se Tshisekedi si insedia come presidente, con la gente che lo sostiene, sicuramente a quel punto la guardia presidenziale interverrà.

    D. – Si profila uno scenario simile a quello della Costa d’Avorio dello scorso anno?

    R. – Purtroppo il timore lo si ventilava già da mesi: il rischio, cioè, di cadere in una situazione simile a quella della Costa d’Avorio, con lo scontro tra due presidenti che si proclamano eletti e che non riconoscono il risultato che l’altro vorrebbe. Il rischio è quindi di scontri, di mesi di scontri, con esiti del tutto incerti e sicuramente con la prima vittima che è la popolazione.

    D. – A rischiare, appunto, come sempre, è la popolazione civile che è molto esposta in questa situazione...

    R. – Sì è molto esposta e si trova tra due fuochi. C’è da dire che Kabila gode di un esercito, di una guardia presidenziale agguerrita e che non va certo per il sottile, mentre Tshisekedi, da parte sua, ha il sostegno di circa la metà del Paese, ma non ha un esercito... Il rischio è quindi di una lotta impari.

    D. – Chi è nelle condizioni di intervenire per evitare il peggio?

    R. – A questo punto, francamente, non saprei. Kabila si è insediato ufficialmente martedì e, tra l’altro, al suo insediamento – e questo ce la dice lunga – erano presenti il presidente dello Zimbabwe Mugabe, il presidente ugandese Museweni: tutta gente che non gode di buona fama. Sono sempre di più i Paesi, anche occidentali, che prendono le distanze dai risultati ufficiali del voto: anche la Clinton e la Francia si sono un po’ dissociate e chiedono che vengano ri-analizzati i risultati del voto. Come si possa intervenire diventa molto complicato: ricordiamo, comunque, che sul posto c’è la Monusco, la forza militare delle Nazioni Unite, ma non so quanto il mandato consenta di intervenire. (mg)

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    Italia. La manovra economica è legge: il Senato vota la fiducia, 257 sì contro 41 no

    ◊   La manovra "salva-Italia" è legge: oggi ha ottenuto la fiducia al Senato con 257 sì e 41 no. Stamane, a conclusione del dibattito, il premier Monti aveva sottolineato che "non c'è crescita senza disciplina finanziaria”,” non c'è stabilità se i bilanci non sono in ordine "; quindi ha difeso il lavoro del suo esecutivo, aprendo ad una nuova fase di crescita e di dialogo con le parti sociali. Hanno detto no alla manovra, oltre al Carroccio, anche l'Italia dei valori che critica quello che chiama il 'governo dei banchieri’. Ma cosa è cambiato nel passaggio parlamentare della manovra? E’ stato possibile, come ha detto Monti, migliorarne l'impianto e i dettagli? Gabriella Ceraso ne ha parlato con Leonardo Becchetti docente di economia politica all'Università romana di Tor Vergata:

    R. – C’è stato un passo avanti, a mio avviso, verso l’equità, soprattutto sulla soglia di 960 euro, che era troppo bassa per l’indicizzazione delle pensioni, considerando gli sgravi anche per la famiglia; ci sono tante piccole patrimoniali su differenti beni di ricchezza degli italiani e bisogna anche vedere quello che il governo può fare, che i partiti gli lasciano fare e, quindi, i margini di manovra si riducono molto, e poi da dove i soldi possono arrivare subito e dove in tempo differito. Qualcos’altro si poteva fare, ma io credo che bisogna essere seri e responsabili e quindi astenersi da manifestazioni folcloristiche e seguire lo sforzo che il governo sta cercando di fare.

    D. – Con il passaggio parlamentare di oggi si chiude anche la prima fase del lavoro del governo. Il premier ha detto “andiamo verso una seconda fase”; lavoro” e “ammortizzatori sociali” le parole chiave. Che cosa, dunque, bisogna aspettarsi nel 2012?

    R. – Bisogna fare una serie di cose e combattere intanto in modo deciso l’evasione; lavorare sulla spesa pubblica per eliminare qualche sacca di inefficienza che ancora c’è; fare delle iniziative anche per il rilancio del Paese. Io dico sempre: puntiamo sui fattori che non soffrono il divario di costo del lavoro con le aree più povere, la qualità, l’innovazione; andiamo a conquistare i mercati esteri con le nostre imprese; puntiamo molto su merci rinnovabili, interventi di breve e medio termine per rilanciare un poco anche lo sviluppo del Paese.

    D. – Crescita e sviluppo, infatti, è quello che chiedono più voci – politici e non – però quello che prevale ad oggi è già una fase recessiva, con il pil in calo, la contrazione dei consumi da parte di tutti, perché prevale la paura per quello che sarà il futuro. Come contrastare questa paura?

    R. – Non è detto che, riducendo un pochino quest’area dei consumi, per forza staremo peggio. Dobbiamo fare un ragionamento, come già gli italiani stanno facendo, di ciò che è necessario e di ciò che probabilmente neanche contribuisce all’aumento del nostro benessere. Sicuramente in periodi di difficoltà l’area del mercato si riduce, mentre aumenta l’area del volontariato, della gratuità e non dimentichiamoci che oltre ad avere una buona riserva di ricchezza patrimoniale siamo anche molto ricchi e molto forti in quelle che sono le relazioni, la gratuità, la vita in famiglia, il volontariato. Tutte queste cose fanno assolutamente parte del benessere.

    D. – La crisi attuale - dicono molti analisti - è meno grave del 2009, ma ne usciremo più lentamente. Condivide questa affermazione?

    R. – Il problema è che questa crisi non nasce da noi e deve essere risolta a livello europeo. O noi sappiamo avvalerci anche di quelle che sono le nuove relazioni fiduciarie tra gli Stati, nuove regole sui mercati, che indirizzino le norme, l’ammontare delle risorse finanziarie non verso le scommesse, la speculazione, ma verso il finanziamento delle imprese, oppure non ne usciamo. Questa è la sfida fondamentale e bisogna riuscire a popolarizzare questa sfida, far capire anche agli italiani che il problema non è solo la patrimoniale sì o la patrimoniale no, ma è anche dare il sostegno a livello europeo, a livello mondiale a quelle riforme fondamentali per riportare la finanza al servizio dell’economia reale. (ap)

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    Dopo 20 anni torna la Messa in fabbrica a Piombino. Mons. Ciattini: Chiesa sempre vicina agli operai

    ◊   Dopo 20 anni torna la Messa per gli auguri di Natale nelle acciaierie Lucchini di Piombino, oggi in crisi. Ha presieduto stamani la celebrazione mons. Carlo Ciattini, vescovo di Massa Marittima e Piombino. La Chiesa locale sta seguendo con attenzione le difficoltà della fabbrica e dell’indotto, colpiti dalla cassa integrazione dall'8 dicembre. Questa vicinanza è sfociata nella richiesta arrivata dalle maestranze e dai sindacati di poter ripristinare una tradizione cancellata due decenni fa. Ma ascoltiamo mons. Ciattini al microfono di Luca Collodi:

    R. – Con questa richiesta viene riconosciuta un’attenzione, una solidarietà, che la nostra Chiesa ha sempre avuto anche se in maniera molto silenziosa e molto defilata verso i problemi del lavoro che purtroppo oggi caratterizzano la vita della nostra comunità.

    D. – Questa crisi fa nascere tante domande sulle sue cause ...

    R. - Il Santo Padre Benedetto XVI, proprio nel suo messaggio per la pace per il prossimo primo gennaio, ha ben sottolineato come l’attuale crisi non è soltanto economica e finanziaria ma è anche una crisi umana, una crisi antropologica, una crisi dell’educazione. Credo che tutti ci dobbiamo rieducare a una relazione vera e credo che la relazione vera abbracci ogni qualità della relazione, sia le relazioni affettive, sia le relazioni economiche, sia le relazioni sociali. Quando si parla di crisi economica non possiamo assolutamente sottintendere o sottovalutare che la crisi economica è anche, in qualche maniera, condizionata da altre realtà che fanno parte della vita dell’uomo. Già Pio XII più volte parlava dell’uomo come un pigmeo nell’ordine spirituale morale, mentre era un gigante nell’ordine della tecnica e credo che questo divario, questa sorta di spaccatura, di disarmonia, oggi noi la viviamo e capiamo bene le parole di Pio XII in tutta la sua forza, in tutta la sua drammaticità.

    D. – Un vescovo che cosa può dire a operai che non sono sicuri di avere lo stipendio a fine mese, magari pensando anche alle loro famiglie?

    R. – L’unica risposta che posso dare, per quello che posso, non tanto io ma tutta la nostra diocesi, è quella di star loro vicino nelle esigenze che possiamo affrontare, sostenere e risolvere: una presenza fattiva. Diversamente poi la vita, la sofferenza dei giorni sarà molto più eloquente di ogni mia parola. L’importante è non lasciarli soli e condividere con loro una solidarietà a tutti i livelli: una solidarietà economica per quelle situazioni che possiamo soccorrere, una solidarietà anche umana dicendo che se hanno bisogno ci siamo, telefonino… e cercare insieme di poter trovare altre soluzioni e creare anche, se è possibile, posti di lavoro alternativi agli attuali.

    D. – Mons. Ciattini, sta incontrando anche i carcerati tra l’Isola d’Elba e la Toscana, in particolare all’interno della sua diocesi…

    R. – Cerchiamo di essere presenti. Abbiamo un bel gruppo di volontari che li soccorrono sia preparandoli ad acquisire titoli di studio sia anche visitandoli. Molti di loro non hanno una famiglia dietro.

    D. - Quindi una Chiesa molto presente nel sociale…

    R. – E’ una Chiesa che cerca di essere presente e tra poco apriremo il Sinodo diocesano perché la nostra carità sia fondata sulla carità di Cristo. (bf)

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    Natale all'Aquila: 116 chiese riaprono al culto dopo il terremoto

    ◊   Sono passati più di due anni e mezzo dal terremoto che il 6 aprile del 2009 ha devastato la città dell’Aquila in Abruzzo. Questo è il terzo Natale che molti cittadini del capoluogo abruzzese si preparano a trascorrere lontani dalle loro case. C’è ancora dolore tra le strade della città, ma intanto proprio ieri è arrivata una buona notizia: 116 chiese gravemente danneggiate dal sisma sono state riconsegnate alla diocesi dell’Aquila. Il servizio di Irene Pugliese:

    “Aspetteremo fiduciosi che qualcosa si muovi e si risani la città.”

    Mario è dell’Aquila e ha una pasticceria in centro. Il suo è uno dei primi negozi ad aver riaperto dopo il terremoto che ha colpito il capoluogo abruzzese il 6 aprile del 2009. Questo è il terzo Natale che la città vive dopo quel giorno. Non ci sono luci e festoni per le strade del centro, ma ancora macerie e palazzi distrutti:

    “Ormai lo viviamo sicuramente non come i Natali precedenti al terremoto.”

    E’ un Natale difficile quindi soprattutto perché, per molti, si passa ancora lontano da casa. Sono solo 40 mila infatti gli aquilani che sono rientrati nelle loro abitazioni, 12 mila persone si trovano in sistemazioni autonome e mille ancora in alberghi e caserme. Circa 20 mila abitano nei progetti case e nei "map", gli edifici costruiti subito dopo il sisma. Le chiamano new town, sono 19 e una di queste si trova a Bazzano, una zona industriale a pochi chilometri dall’Aquila. Chi abita qui è contento di avere un tetto sulla sua testa, ma ha nostalgia della propria casa e soffre la distanza dal centro.

    “Io lavoro in ambulatorio medico quindi dove vedo la gente dell’Aquila. Gente che è veramente in difficoltà. È in difficoltà economiche perché non c’è più il lavoro, è in difficoltà perché tutti, soprattutto gli anziani, si ritrovano in queste strutture dislocate, praticamente al di fuori da quello che chiamiamo il centro dell’Aquila, dove la gente per poter andare dal medico deve prendere tre, quattro autobus.”

    Il centro storico del capoluogo abruzzese è ancora chiuso nella "zona rossa": ed è questo a preoccupare maggiormente i suoi cittadini.

    “In centro non si è mossa una pietra. E'quello di cui soffriamo di più perchè il centro dell’Aquila era proprio il fulcro della città e L’Aquila aveva tutto qui".

    "Più passa il tempo più il tessuto sociale si sfibra, la gente non si incontra più: ci si incontra al centro commerciale.”

    Alcuni se ne sono andati e molti vivono ancora dentro le roulotte. La sensazione di sconforto è grande ma gli aquilani non hanno perso la voglia di ricominciare, come conferma Massimo Cialente, il sindaco della città:

    “Dopo il terremoto c’era una voglia di rivincita. Comunque gli aquilani, anche culturalmente, alla luce della storia della nostra città, erano pronti a rimboccarsi le maniche, e si sono ritrovati qui come comunità.”

    Intanto ieri sono state riconsegnate alla diocesi dell’Aquila 116 chiese gravemente danneggiate: è il frutto del progetto “Una chiesa per Natale” tra il Ministero dei beni culturali, la Cei e la protezione civile nazionale. Un segno di speranza che, secondo don Claudio Tracanna, direttore dell’ufficio comunicazione diocesano, conferma la forza dei cittadini dell’Aquila:

    “Quando sono state riconsegnate queste 116 chiavi, l’arcivescovo diceva proprio che, completando la visita pastorale interrotta proprio a causa del terremoto, la cosa che lo ha più commosso è vedere queste comunità che nonostante tutti questi problemi, nonostante i paesi rasi al suolo, sono ancora riunite attorno alla parrocchia, attorno al parroco, parrocchia che magari ha una sola tenda per riunirsi".

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    Campagna europea contro i giocattoli pericolosi

    ◊   Presentata stamane la campagna europea per i giocattoli sicuri, che proseguirà per tutto il 2012 in ogni Stato dell'Ue. Si tratta di far conoscere la nuova normativa europea entrata in vigore a luglio scorso per la tutela dei bambini da giocattoli rischiosi. A presentare la campagna a Roma i due vicepresidenti del Parlamento Europeo, Gianni Pittella e Roberta Angelilli, e il vicepresidente della Commissione Europea, Antonio Tajani, che spiega il coinvolgimento dei commercianti nel servizio di Fausta Speranza:

    “La nostra campagna prevede un’azione forte di sensibilizzazione attraverso la partecipazione di migliaia di negozi in tutta l’Unione europea che agevolano la diffusione di materiale o addirittura loro stessi promuovono la diffusione di materiale della Commissione europea che spiega quali sono i rischi per la salute quando si usano giocattoli non prodotti con le regole dell'Unione europea”.

    Oltre un quarto dei prodotti identificati come non sicuri che entrano nell’Unione europea sono giocattoli. I rischi maggiori della contraffazione di scarsa qualità, dunque, li corrono i bambini. Alcuni esempi: parti o frammenti di giochi possono essere ingoiati col rischio di soffocamento, tra cui anche pupazzi o figurine mescolati al cibo senza apposito involucro a parte; sostanze chimiche che hanno la proprietà di ammorbidire la plastica utilizzata all’interno di giocattoli o di biberon che danneggiano fegato e reni; imitazioni di pupazzetti e bambole note estremamente infiammabili in quanto trattati con vernici non conformi. E poi anche sostanze chimiche cosiddette ritardanti di fiamma che sono presenti in alcuni giocattoli e che causano alterazioni al sistema nervoso, possibili effetti sulla crescita e sullo sviluppo e danni al sistema ormonale. Di fronte a tutto questo, l’Unione europea ha rafforzato norme e irrigidito parametri di produzione, ma sul mercato ci sono giocattoli non prodotti in Europa. Bisogna dire che la maggior parte di quelli non conformi alle regole provengono dalla Cina. Anche se ovviamente non si tratta di tutta la produzione cinese: dalla Cina arrivano anche prodotti in regola. La prima difesa è assicurarsi che sull’oggetto comprato ci sia la sigla CE (per certificazione europea) cercando di distinguere eventuali imitazioni. Per questo conta molto anche vedere l’imballaggio. Della questione “giocattoli non sicuri” la vicepresidente del parlamento europeo Roberta Angelilli parla come di "un’emergenza sociale".

    “I bambini sono vittime di circa 70 mila incidenti in Italia ogni anno e il 20 per cento riguardano proprio giocattoli o materiali con cui i bambini giocano”.

    Del giro di affari la vicepresidente dice:

    “C’è un giro di affari accertato di circa 25 milioni di euro però il mercato sommerso delle contraffazioni raggiunge in realtà altre cifre da capogiro ma è difficile accertarle perchè sfuggono al controllo da parte delle autorità competenti."

    Ma se l’Europa fa normative c’è poi l’ambito locale dove applicarle. Carlo De Romanis vicepresidente commissione Affari comunitari della regione Lazio:

    “E’ importante intanto che lo Stato nazionale recepisca al più presto questa direttiva e ci dia norme che poi noi a livello regionale possiamo andare ad applicare. La supervisione di questa direttiva spetterà poi a noi, quindi poi è importante questa seconda fase. E' importante vigilare perchè siano preservati i giocattoli con il marchio CE a dispetto di quelli importati illegali, perché questa direttiva dà norme chiare. Noi come regione Lazio stiamo pensando di proporre un osservatorio su questo: un osservatorio sulla sicurezza dei giocattoli, magari legato ad un osservatorio sui diritti dei minori."

    Da Bruxelles al negozio della singola regione, ma sempre con l’appello ai genitori perché devono essere i primi a vigilare su quello che arriva tra le mani dei bambini.

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    Chiesa e Società



    India: minacce ai cristiani di Orissa. Il vescovo informa le autorità: celebrazioni di Natale sorvegliate

    ◊   Il Natale sarà celebrato “con prudenza e vigilanza”, e il vescovo consiglia ai fedeli di “avvertire la polizia per qualsiasi celebrazione”: così, riferiscono fonti locali dell'agenzia Fides, sarà vissuto il Natale in Orissa, mentre i cristiani temono un nuova ondata di violenza. Nel distretto di Kandhamal, teatro dei massacri anticristiani del 2008, infatti, è stato indetto uno “sciopero generale” che potrebbe trasformarsi facilmente in una ondata di violenza verso i cristiani: è l’allarme che giunge dai fedeli dell’arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneswar, che chiedono protezione alle autorità per poter celebrare pacificamente il Natale. Il “Kui Samaj Seva Samity”, organizzazione che offre servizi sociali ai tribali, sostenuta dal gruppo estremista indù “Rashtriya Swayamsevak Sangh” (Rss, “Corpo nazionale dei volontari”) ha annunciato uno sciopero dal 24 al 27 dicembre, protestando per la mancata assegnazione di fondi assistenziali da parte del governo. L’annuncio ha causato panico tra i cristiani, che ricordano come un simile evento, nel dicembre 2007, portò a violenze di massa e all’uccisione di cinque cristiani. In una nota inviata all’agenzia Fides l’arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, mons. John Barwa, dichiara: “Abbiamo informato dei rischi imminenti l'amministrazione del distretto di Kandhamal e la Polizia, chiedendo di prendere precauzioni. Ci hanno assicurato che l'ordine sarà mantenuto. Tuttavia dobbiamo essere sempre cauti, in ogni momento”. L’arcivescovo racconta l’attuale situazione nel distretto di Kandhamal dove, a causa della violenza del 2008, vi furono oltre 90 cristiani uccisi e 56mila sfollati: “Sono trascorsi tre anni da quando la violenza anti-cristiana ha avuto luogo a Kandhamal. Nonostante la perdita di vite umane, la distruzione di proprietà e la sofferenza, noi, come comunità cristiana, continueremo ad andare avanti nella nostra missione e testimonianza di fede. Kandhamal oggi sembra tranquillo, anche se avvengono episodi di molestie, intimidazioni e perfino omicidi. In alcuni luoghi i cristiani sono minacciati e costretti a convertirsi all'induismo o a fuggire. Altri fedeli affrontano la discriminazione sociale ed economica”. “Sullo sfondo di questi avvenimenti – conclude l’arcivescovo – dobbiamo essere attenti e restare vigili. Dal momento che siamo in vista del Natale, invitiamo tutti i fedeli a prendere precauzioni adeguate per celebrare il Natale e a mantenere sempre una certa prudenza pastorale. Consiglio di informare la polizia sulle celebrazione, in occasioni del Natale e nei giorni a venire”. (R.P.)

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    India: sacerdote visita i detenuti in Orissa in occasione del Natale

    ◊   Un sacerdote indiano, in occasione del Natale, ha visitato i detenuti rinchiusi nel carcere di Balliguda, a Khandamal, nello Stato indiano dell’Orissa, teatro dei violenti pogrom anticristiani tra il 2007 e il 2008 e ha raccontato la sua esperienza all'agenzia AsiaNews. Padre Florence Ranasingh, dell’arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneswar, si è recato tra i carcerati per parlare loro del senso del Natale che “non deve essere celebrato solo a dicembre, ma vissuto in ogni momento della nostra vita perché il Bambino Gesù è venuto al mondo per restaurare la pace e l’unità”. Il sacerdote, in particolare, ha incontrato un recluso di fede indù che gli ha letto una poesia che aveva scritto e a un certo punto si è commosso dicendogli di non avere mai ricevuto visite in prigione prima. Il detenuto, inoltre, ha raccontato al sacerdote anche quanto la lettura della Bibbia regalatagli da un compagno di cella lo abbia aiutato ad andare avanti. “Solo il Signore Gesù può liberarci da questa schiavitù – ha concluso il sacerdote – solo la riconciliazione e il perdono fanno posto alla pace per spianare la strada all’unità”. (R.B.)

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    Egitto. Mons. Fahim: sarà un Natale nel ricordo della strage di capodanno

    ◊   Forte preoccupazione per il clima di insicurezza in Egitto esprime il vescovo ausiliare del patriarcato di Alessandria dei copti, mons. Boutros Fahim Awad Hanna. Intervistato dall’agenzia Sir il presule riferisce che i cristiani vivranno il Natale “in un clima particolare a causa della difficile situazione interna, dal punto di vista politico, sociale ed economico. A questo si aggiunga, poi - sottolinea - un’ambiguità totale fomentata dalle violenze e, in altro modo, dalle elezioni che, almeno in questa fase, hanno decretato la vittoria del blocco islamista. Manca ancora un turno di voto ma questo esito preoccupa la comunità cristiana che comincia a porsi domande sul suo futuro” “L’ambiguità – spiega il vescovo – è presente nelle dichiarazioni di chi, tra gli islamisti, afferma che i cristiani saranno trattati alla stregua di tutti gli altri cittadini salvo poi ascoltare altri leader che, invece, vogliono che la minoranza cristiana sia sottomessa e segua la Sharia. Voci contrastanti che alimentano paura e incertezza. La conseguenza – constata mons. Fahim - è che sono sempre di più coloro, cristiani e musulmani moderati, che si rivolgono ai consolati di diversi Paesi occidentali per chiedere informazioni sul rilascio di un visto di espatrio”. Una situazione instabile, visti anche gli scontri di questi giorni, che ha suggerito alla Chiesa locale di anticipare di qualche ora la Messa di mezzanotte per motivi di sicurezza. Il ricordo della strage della chiesa dei Santi, proprio ad Alessandria, che causò 21 morti e 97 feriti, è ancora vivo. Quella strage, sottolinea mons. Fahim, “fu seguita da altri attacchi. Lungo tutto il 2011 abbiamo contato almeno altri nove gravi attentati contro la minoranza cristiana. Pensiamo alla strage dei copti che protestavano davanti alla sede della Tv di Stato, lo scorso 9 ottobre, per mano dell’Esercito. I cristiani sono presi di mira ma continuiamo a sperare, anche perché ci sono persone a noi vicine che ci esortano a rivendicare i nostri diritti di cittadini egiziani. Davanti alla prova Dio ci dona la forza di andare avanti. C’è chi va via, è vero, ma ci sono tanti egiziani, la maggioranza, che decidono di restare e costruire un Paese migliore. Un Paese pacificato, aperto e rispettoso dei diritti di tutti è quello che ci auguriamo per questo Natale”. (R.G.)

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    Libia. Mons. Martinelli: “per Natale chiediamo il dono della riconciliazione”

    ◊   “Domani mi recherò a Misurata per incontrare la locale comunità di cattolici filippini” dice all’agenzia Fides mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli, in Libia, che testimonia così la piena ripresa delle attività pastorali nel Paese alla vigilia di Natale. Mons. Martinelli informa che “la popolazione locale è serena, anche i pochi stranieri presenti partecipano alle nostre celebrazioni con gioia, sempre chiedendo al Signore che doni tranquillità alla Libia, dopo la guerra. È veramente importante che vi sia una forte riconciliazione nella comunità musulmana ma anche cristiana. È quello che ci auguriamo e per questo preghiamo” conclude il vicario apostolico di Tripoli. (R.P.)

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    In aumento uccisioni e attacchi contro giornalisti e operatori dell’informazione

    ◊   Ancora un anno critico per la libertà di stampa nel mondo. Lo documenta il Rapporto 2011 di Reporter senza frontiere, pubblicato oggi. 66 giornalisti assassinati, di cui 20 in Medio Oriente, 71 rapiti, 1044 arrestati, 1959 aggrediti o minacciati, 73 costretti a fuggire all’estero, 499 media censurati e sul fronte internet: 5 cyberdissidenti uccisi, di cui 3 in Messico, 199 blogger arrestati, 62 aggrediti, 68 i Paesi che hanno ‘oscurato’ il web. Cifre drammatiche sulle quali riflettere ed agire per tutelare la libertà di stampa nel mondo. Per la prima volta Reporter senza frontiere segnala i 10 luoghi più pericolosi dei media. Dalle città della primavera araba: da Manama capitale del Bahrain, a Piazza Tahir Al Cairo in Egitto, a Piazza del Cambiamento a Sanaa nello Yemen, a Deraa, Homs e Damasco in Siria; e poi Abidjan in Costa d’Avorio stretta nella morsa del conflitto elettorale tra l’ex presidente Gbagbo e Ouattara; ed ancora in Africa, Misurata in Libia e Mogadiscio in Somalia; quindi in Asia le aree urbane di Manila, Cebu e Cayan de Oro nelle Filippine; e Khuzdar in Pakistan; infine Veracruz in Messico, afflitta dal narcotraffico. Rispetto al 2010 sono aumentati del 16% gli assassinii, del 43% le aggressioni, sono raddoppiati gli arresti, soprattutto di cyberdissidenti in prima fila nel diffondere notizie sulle proteste popolari, censurate sui media tradizionali. Ancora un dato: Cina, India ed Eritrea restano le prigioni più grandi del mondo per gli operatori dell’informazione. (A cura di Roberta Gisotti)

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    Laos: Natale in prigione per otto cristiani del Paese

    ◊   Sono ancora in cella, in attesa di conoscere il loro futuro, gli otto leader cristiani laotiani arrestati il 16 dicembre scorso perché avevano "organizzato" una celebrazione in vista del Natale, alla quale avevano partecipato oltre 200 fedeli. Lo denunciano gruppi attivisti per i diritti umani, secondo cui ufficiali di polizia si sono recati nel villaggio di Boukham, provincia di Savannakhet - teatro dell'incidente - per incontrare i funzionari locali e decidere quali provvedimenti adottare nei confronti dei fermati. L'organizzazione pro-diritti umani Human Rights Watch for Lao Religious Freedom (Hrwlrf), citata da Compass Direct News (Cdn), riferisce che i leader cristiani avrebbero ricevuto il nulla osta per organizzare le funzioni natalizie dal capo del villaggio di Boukham. Tuttavia, durante la celebrazione le Forze di sicurezza locali hanno fatto irruzione nell'edificio, prelevato gli otto capi della minoranza religiosa e condotti nel quarter generale. Quattro di loro sono stati bendati e ammanettati; ora si trovano in cella senza nemmeno un capo di accusa preciso di cui rispondere. Secondo un portavoce di Hrwlrf - riferisce l'agenzia AsiaNews - "è chiaro" che sono stati arrestati "per aver radunato persone per una funzione religiosa". Il 18 dicembre alcuni funzionari della Chiesa evangelica del Laos sarebbero riusciti a negoziare il rilascio di uno dei detenuti, che risponde al nome di Kingnamosorn, dietro pagamento di una cauzione di 1 milione di kip (pari a 123 dollari); da notare che lo stipendio medio mensile di un lavoratore non specializzato si aggira attorno ai 40 dollari. Al momento non si conoscono i dettagli dell'incontro fra gli ufficiali di polizia e i leader locali e non si hanno maggiori informazioni sulla sorte dei cristiani arrestati. L'unico elemento filtrato è che, alla partenza dei poliziotti, il capo villaggio ha ordinato di ammanettare anche le altre quattro persone. In Laos, nazione guidata da un regime comunista, la maggioranza della popolazione (il 67%) è buddista. Su un totale di sei milioni di abitanti, i cattolici sono lo 0,7% e sono spesso vittime di persecuzioni o di restrizioni alla libertà religiosa. (R.P.)

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    Pakistan: i cristiani vittime di false accuse di blasfemia chiedono al governo di abolirne la legge

    ◊   Abolire o rivedere l’iniqua “legge nera”, che ha fatto oltre 1.000 vittime in venti anni. E’ l’appello rivolto al governo del Pakistan dalle tante vittime, persone ed intere famiglie cristiane, colpite da false accuse di blasfemia, riunite nei giorni scorsi a Faisalabad per condividere esperienze, scambiarsi sostegno, incoraggiamento e speranze. L’incontro - riferisce l’agenzia Fides – è stato organizzato in vista del Natale dal Pastore protestante Samson Javaid, per pregare insieme e vivere momento di comunione. “C'erano dolore e lacrime, perché alcuni hanno perso i loro cari. C'erano tre famiglie felici perché i loro cari sono stati rilasciati dalla prigione. C'era anche una famiglia il cui figlio è stato condannato due anni fa all’ergastolo”, ha raccontato il rev. Samson. All’incontro ha partecipato anche il vescovo anglicano mons. John Samuel. “Pregheremo, in questo tempo di Natale, - ha detto - ricordando coloro che sono ancora dietro le sbarre a causa di false accuse di blasfemia”. La legge sulla blasfemia, di cui molti abusano, viene utilizzata sovente – ricorda la Fides - come strumento di vendetta personale, ed è stata motivo dell’uccisione di leader cristiani come il ministro Shahbaz Bhatti e musulmani come il governatore del Punjab Salman Taseer. (R.G.)

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    Russia: il patriarca Kirill commenta le proteste anti-governtative post-elettorali

    ◊   Il Patriarca di Mosca Kirill commenta – riferisce l’agenzia AsiaNews - le proteste anti-governative in Russia, esplose quasi tre settimane fa. “Lasciamo che il Signore illumini chi ha punti di vista differenti”, ha auspicato il leader della Chiesa russo-ortodossa alla fine della liturgia celebrata il 18 dicembre nella cattedrale dell’Epifania a Noginsk, nella regione di Mosca. “Sulle questioni politiche nel Paese e sulle recenti elezioni”, Dio “ci aiuti – ha aggiunto Kirill – ad iniziare un vero dialogo civile in modo da non distruggere la vita della nazione”. Secondo il Patriarca, “le autorità devono dare più credito al popolo e contribuire a questo dialogo e alla comunicazione, superando le perplessità e i disaccordi in modo che né le tentazioni umane, né gli sbagli, né fraintendimenti sul lavoro fatto per il benessere del Paese possano dividere la società”. “Non abbiamo il diritto di dividere, – ha sottolineato – lo spargimento di sangue del XX secolo non ce lo permette. Dobbiamo vivere insieme, indossando l’armatura della verità di Dio, come ci insegna San Paolo”. Dal 5 dicembre, all’indomani delle legislative russe vinte tra accuse di brogli e irregolarità dal partito di governo Russia Unita, una parte della società civile sta scendendo in piazza a cadenza regolare per chiedere l’annullamento del voto e il rispetto dei propri diritti costituzionali. Si tratta della cosiddetta classe media russa, giovani, intellettuali, liberi professionisti ed ex politici che si organizzano e informano principalmente sul web. Il movimento di protesta ha organizzato il 10 dicembre a Mosca la più grande manifestazione degli ultimi 15 anni nel Paese (50mila partecipanti) e si prepara a tornare in piazza tra due giorni, alla vigilia di Natale. Come anche il Cremlino, la Chiesa russo-ortodossa sottolinea la necessità di preservare la pace sociale ed evitare rivoluzioni che sul modello della primavera araba sembrano comunque poco probabili in Russia. Sull’argomento – ricorda ancora l’agenzia AsiaNews - si era già espresso l’arciprete Vsevolod Chaplin capo del Dipartimento per le relazioni tra la Chiesa e la società presso il Patriarcato di Mosca. “La cosa più importante ora è mantenere la pace civile e non permettere nuovi 1905, 1917, 1991, 1993”, con riferimento alle date delle maggiori rivoluzioni e disordini sociali in Russia del secolo scorso. La Chiesa si rivolge però allo stesso tempo anche al potere chiedendo di non lasciare inascoltate le richieste della gente. Per ora sia il premier Vladimir Putn che il presidente uscente Dmitri Medvedev hanno respinto ogni rivendicazione dei manifestanti, cercato di sminuire l’importanza delle proteste e risposto duramente alle critiche internazionali sui sospetti di brogli. Nel tentativo di arginare il malcontento anche in vista delle presidenziali di marzo, sono state avanzate solo flebili promesse di riforme del sistema politico in cui per ora la gente crede poco. (R.G.)

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    Sud Sudan: in arrivo i primi rifugiati dal confinante Sudan

    ◊   In Sud Sudan sono iniziate in queste ore le operazioni per ospitare i primi rifugiati che sono in arrivo dal confinante Sudan. Nel sito di Paryang vengono ospitate le famiglie in fuga dalle montagne Nuba del Sudan, dallo stato del South Kordofan. In collaborazione con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite (Unhcr) lo staff di Intersos-South Sudan sta materialmente preparando il campo rifugiati installando le prime tende. Sono stati realizzati anche i primi servizi indispensabili per la permanenza in dignità e sicurezza delle famiglie ospiti, tra cui le prime 20 latrine comunitarie. La massima capacità del campo - riferisce l'agenzia Sir - sarà di circa 3.000 persone. I rifugiati arrivati in questo primo convoglio sono quasi tutti bambini, donne e qualche anziano. Il campo non sarà comunque la loro destinazione definitiva, essendo una sistemazione di prima emergenza e di provvisorio ricovero. Per i bambini, Intersos sta anche realizzando i primi spazi comunitari per approntare le scuole e dare immediatamente il via alle lezioni, fattore determinante per aiutare i bambini a riprendere a vivere superando il trauma della fuga. In totale si aspettano dal Sud Kordofan almeno 20.000 persone. (R.P.)

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    Kenya: il presidente Kibaki elogia l’opera della Chiesa

    ◊   La diocesi di Meru, in Kenya, ha celebrato nei giorni scorsi il primo centenario della sua evangelizzazione ad opera dei Missionari della Consolata, giunti in questo territorio nel dicembre 1911. La ricorrenza – riferisce l’agenzia Cisa - è stata festeggiata nel St. Pius Seminary di Nkubu, con una solenne celebrazione presieduta dal cardinale John Njue, arcivescovo di Nairobi e presidente della Conferenza episcopale keniana, alla presenza di migliaia di fedeli, numerosi vescovi e di diverse autorità. Il cardinale Njue ha voluto ringraziare i primi missionari per avere portato non solo il Vangelo agli abitanti di Meru, ma anche sviluppo ed educazione: “Noi siamo il frutto di questi missionari: ci hanno riconosciuto come esseri umani e ci hanno annunciato la Buona Novella”, ha detto il porporato. Egli ha quindi esortato i fedeli presenti a vivere questa celebrazione non come una semplice formalità, ma come un’occasione per fare un esame di coscienza e capire se la loro vita rifletta veramente il messaggio evangelico che hanno ricevuto: “Piantare il seme della fede – ha detto - non è difficile, quello che è difficile è nutrirlo. Voi dovreste essere ‘le pietre viventi’, pronti a continuare a costruire il tempio spirituale del Signore”. Nel suo discorso il cardinale Njue si è rivolto anche ai leader politici esortandoli a non alimentare lo scontro politico nel Paese e ad essere in prima linea nella lotta contro la corruzione. Tra le personalità di spicco presenti alla cerimonia anche il Presidente keniano Mwai Kibaki che ha elogiato i missionari e l’opera svolta dalla Chiesa in Kenya : “La Chiesa – ha detto – è ancora oggi una parte integrante dello sviluppo sociale, economico e politico della nostra nazione. Essa dovrebbe quindi continuare a svolgere il suo insostituibile ruolo di guida e di consiglio per i cittadini e i loro leader”. Da notare che l’’intervento di Kibaki giunge dopo un periodo di frizioni nei rapporti con l’episcopato a causa della decisione annunciata dal Governo di riprendere il controllo di 21 scuole cattoliche allo scopo di aumentare l’offerta educativa dello Stato nelle aree in cui è carente. (L.Z.)

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    Usa: calano i matrimoni celebrati in Chiesa. La risposta pastorale dei vescovi

    ◊   Il numero dei matrimoni negli Stati Uniti ha registrato in questi ultimi decenni un constante calo. Un fenomeno che ha colpito anche la Chiesa cattolica come confermano diverse ricerche condotte in questi anni. L’ultimo studio sull’argomento, pubblicato nel 2008 dal Cara, il Centro per la Ricerca applicata nell’apostolato della Georgetown, indica un crollo del 60% dei matrimoni celebrati in Chiesa dal 1972. Dall’indagine il 53% dei cattolici risultavano sposati, il 25% celibi, il 12% divorziati, il 5% vedovi, il 4% conviventi e l’1% separati. I dati non si discostano da quelli rilevati da una più recente ricerca del Pew Research Center sulla società americana nel suo insieme. Questo trend negativo è uno dei motivi che ha spinto l’episcopato americano a porre il matrimonio tra le priorità pastorali del quinquennio 2006-2011. In tale quadro si iscrive la cosiddetta “Iniziativa pastorale nazionale pluriennale per il matrimonio” lanciata dalla Conferenza episcopale (Usccb) nel 2004 insieme al sito http://foryourmarriage.org con l’obiettivo di fare capire meglio il punto di vista cattolico sul matrimonio e di aiutare le coppie, non solo cattoliche, a rafforzare la loro unione. Dell’iniziativa fa parte anche una vasta campagna di comunicazione integrata sul matrimonio condotta in questi anni su radio, televisione, internet e manifesti stradali. “Quello che vogliamo dire – spiega all’agenzia Cns Sheila Garcia, co-direttrice del Segretariato per i laici, il matrimonio, la famiglia e i giovani della Usccb – è che per sostenere il matrimonio occorrono tre cose: una visione, capacità e il sostegno della comunità. La Chiesa naturalmente offre la sua visione del matrimonio che è quella di un rapporto fedele, definitivo e aperto alla vita”. Una visione che i fedeli cattolici sembrano condividere più dei loro concittadini, il 39% dei quali, sempre secondo la ricerca del Pew Research Center, considera l’istituto matrimoniale “obsoleto”. (L.Z.)

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    Cambogia. Il vicario di Phnom Penh: la comunità cattolica cresce nella fede e nella carità

    ◊   La comunità cattolica cresce nella fede, impegnandosi nella formazione, come nella carità: è quanto nota mons. Olivier Schmitthaeusler, vicario apostolico di Phnom Penh, in una lettera pastorale diffusa in vista del Natale e inviata all’agenzia Fides. Il Natale è la “Buona Novella” dell’Incarnazione di Dio: con questo spirito mons. Schmitthaeusler condivide con la sua comunità 12 “buone notizie” avvenute nel 2011, che costituiscono altrettanti segni di speranza per i fedeli cambogiani. Il vicario inizia il suo elenco ricordando la nascita del movimento Scout in Cambogia, avviato grazie al lavoro dell’Ufficio per la Pastorale dei bambini e dei giovani, che coinvolge oltre 1.000 bambini. C’è poi – seconda notizia – l’apertura del “Villaggio della Pace”, che accoglie nove famiglie colpite dal virus dell'Aids e ospita anche un centro diurno per bambini disabili gravi. Segno positivo – nota il vescovo – è poi l’avvio della “Scuola della Fede”: un corso di oltre 500 ore di studio biblico, teologico, spirituale, etico, che ha trovato una risposta entusiasta dei laici. Il vicario ricorda anche il lancio dell'anno pastorale sul tema “Stare con Gesù”, con una declinazione triennale, apertosi a giugno 2011 alla presenza di oltre 1.000 delegati provenienti da tutto il vicariato, che segnerà la vita di tutte le piccole comunità. Un ‘attenzione particolare (il quinto punto) è stata riservata ai giovani: con la partecipazione alla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid, e con il pellegrinaggio di 180 giovani per ricordare due martiri cambogiani: il vescovo Tep, il primo prefetto apostolico di Battambang, e padre Jean Badre, brutalmente assassinati nel 1975, al tempo dei Khmer rossi. La lettera cita, al sesto posto, la riunione annuale dei vescovi della Cambogia e del Laos (Celac), avvenuta in un'atmosfera fraterna, che ha scelto proprio il vicario di Phonm Penh come rappresentante per il prossimo Sinodo dei vescovi che si terrà a Roma nell’ottobre 2012. La settima buona notizia è la professione dei voti temporanei per due Suore della Provvidenza, oltre alla creazione del “Consiglio dei Superiori dei religiosi e delle religiose della Cambogia”, in rappresentanza di 38 congregazioni religiose presenti nella Chiesa locale. Una simile “Alleanza per la Carità” (il nono punto) è stata istituita fra venti Ong cattoliche e gruppi cattolici che assistono i poveri, i disabili, i malati, per “rispondere in modo più efficace alla missione d'amore affidata ai cattolici”. Il vicario apostolico ricorda, infine, le ultime tre “buone notizie”: la “notte di preghiera per le vocazioni sacerdotali e religiose”, che ha coinvolto tutta la comunità; l’avvio del processo diocesano di beatificazione per 19 martiri cambogiani, fra i quali mons. Salas Chmar, primo vescovo della Cambogia, e i suoi Compagni e infine la celebrazione del 10 ° anniversario dell'ordinazione di 4 sacerdoti cambogiani. (R.P.)

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    Honduras: premiato dal governo il lavoro missionario di un vescovo panamense nel Paese

    ◊   Il governo dell'Honduras ha ufficialmente reso omaggio al vescovo ausiliare di San Pedro Sula (nel nord dell’Honduras), mons. Romolo Emiliani Sánchez, per il suo impegno concreto a favore della società. La cerimonia, presieduta dal Presidente dell'Honduras, Porfirio Lobo, si è svolta nella casa presidenziale a Tegucigalpa. Lobo ha evidenziato il lavoro di mons. Emiliani, nato a Panama, nel sociale e nella pastorale giovanile, presso la Commissione di comunicazione sociale e nella lotta per la promozione e il rispetto senza restrizioni dei diritti umani. "E' un onore per noi riconoscere il suo lavoro missionario, a favore dell’uomo, della dignità, del rispetto e la libertà umana, e per la sua ricerca instancabile nel nostro Paese della giustizia sociale, dell'inclusione e a beneficio della stragrande maggioranza" ha detto Lobo. Il Presidente ha aggiunto che il vescovo ha promosso i valori morali e spirituali delle famiglie dell'Honduras, e questo sforzo si estende allo sviluppo integrale dei bambini e dei giovani, attraverso programmi mirati di assistenza sociale. Come membro della Chiesa cattolica, mons. Emiliani è anche stato rettore del seminario clarettiano in Costa Rica, El Salvador e Guatemala; superiore della comunità religiosa di San José e Panama; vicario ad interim per la provincia religiosa del Centroamerica. Ha lavorato nella foresta del Darien, nel Panama orientale, dove è stato nominato vicario apostolico, mentre dal 4 maggio 2001 è vescovo ausiliare di San Pedro Sula. Dalle informazioni raccolte dall’agenzia Fides si apprende che mons. Emiliani ha esperienza anche nel recupero dei giovani a rischio delle bande e con problemi di alcol. A San Pedro Sula sta promuovendo anche la costruzione di un nuovo carcere perché quello attuale è vecchio e sovraffollato. Mons. Emiliani ha chiesto al Presidente Lobo di impegnarsi per sollevare il popolo honduregno dalla povertà e dall’ineguaglianza e per ripristinare i valori morali e spirituali di cui hanno bisogno le famiglie, attraverso politiche globali che promuovano la solidarietà, il bene comune e la giustizia sociale. "Il mio impegno è con l’Honduras, e fino alla fine della mia vita continuerò ad impegnarmi per questo popolo" ha detto il vescovo durante la cerimonia, aggiungendo di ricevere la medaglia del governo a nome della Chiesa cattolica. Alla fine della cerimonia, il Presidente Lobo ha annunciato la richiesta fatta a mons. Emiliani di evangelizzare le forze di polizia, come parte di un progetto per estirpare la corruzione tra le Forze di sicurezza del Paese. (R.P.)


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    24 Ore nel Mondo



    Siria: atteso l’arrivo dei primi osservatori della Lega araba

    ◊   Grande attesa, oggi, in Siria, per l’arrivo degli osservatori della Lega araba a Damasco: vigileranno sull’attuazione del piano di pace che il Paese ha accettato lo scorso novembre. A questi, entro la fine dell’anno, se ne aggiungeranno altri. Intanto, non accennano ad arrestarsi le violenze: oggi sono già 12, per lo più civili, le vittime delle truppe lealiste. Il servizio di Roberta Barbi:

    Il primo gruppo arriverà in giornata, poi, entro una settimana, saranno 120 gli osservatori della Lega araba presenti a Damasco per verificare la fine delle violenze, supervisionare sul ritiro dei militari dalle strade delle città e monitorare il rilascio dei manifestanti arrestati in oltre nove mesi di proteste contro il governo di Assad. È questo il contenuto del piano di pace proposto dalla Lega araba e accettato dalla Siria il 2 novembre scorso, quando ha promesso anche di avviare un dialogo con le opposizioni. Promesse che, almeno per ora, restano sulla carta: solo nell’ultima settimana - dicono i dati dei Comitati di coordinamento locale e dell’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria - 250 persone sono rimaste uccise in scontri un po’ in tutto il Paese. Le violenze si concentrano in particolare a Idlib, capitale dell’omonima provincia nordoccidentale - dove l’esercito ha bombardato un ospedale - e nella città satellite di Damasco, Douma, dove si respira un’aria di guerra, senza luce, con barricate e cecchini dislocati ovunque, e dove i disertori hanno fatto sapere di essere pronti a colpire il palazzo presidenziale. Si calcola che nell’area intorno a Damasco ci siano oltre duemila uomini armati, mentre per Idlib, come pure per Homs, il Consiglio nazionale siriano ha chiesto ieri all’Onu la creazione di aree protette sotto la tutela internazionale. E a proposito di bilanci, sale anche quello generale: secondo le Nazioni Unite in Siria, dall’inizio delle proteste, da metà marzo a oggi, sono morte circa cinquemila persone.

    Libia
    Il capo del Consiglio nazionale transitorio (Cnt) e presidente ad interim della Libia, Mustafa Abdel Jalil, ha invitato tutte le forze di opposizione del Paese che hanno contribuito a rovesciare il governo di Gheddafi a stilare una lista di propri potenziali rappresentanti per il Cnt e per la carica di comandante in capo del nuovo esercito. Jalil risponde così a chi lo accusava di Mancanza di trasparenza e rappresentatività.

    Yemen-Onu: situazione instabile
    “Instabile”: così ha definito la situazione interna dello Yemen l’inviato dell’Onu, Jamal Benomar, parlando davanti al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il Paese a novembre ha siglato un accordo di pace proposto dalle monarchie del Golfo Persico, che porterà Saleh a lasciare il potere nel febbraio prossimo. A proposito del presidente, l’inviato Onu ha detto che dopo il suo ferimento nel giugno scorso e le cure ricevute a Riad, Saleh avrà ancora bisogno di uscire dal Paese per ricevere trattamenti medici.

    Pakistan-inchiesta Nato
    “Una serie di errori commessi da entrambe le parti”: questo il risultato dell’inchiesta Nato condotta per accertare le responsabilità dell’operazione condotta al confine tra Pakistan e Afghanistan il 25 e 26 novembre scorsi, nella quale persero la vita 24 militari pakistani.

    Filippine-tifone Washi
    È di almeno 1010 morti accertati il bilancio delle vittime del tifone Washi che ha colpito le Filippine meridionali, insistendo in particolare sull’isola del Mindanao e e sull’arcipelago centrale delle Visayas. I dispersi sono ancora 53, comunica la Protezione civile locale. L’Onu ha lanciato un appello per raccogliere gli oltre 28 milioni di dollari necessari per far fronte alle esigenze dei circa 600 mila sfollati.

    Russia-discorso Medvedev
    Una riforma complessiva del sistema politico con elezioni dirette, ma anche progetti sul decentramento, la creazione di una tv pubblica e indipendente e il dimezzamento, entro il 2017, del numero dei soldati di professione. Questi i temi principali dell’ultimo discorso alla nazione, trasmesso oggi in diretta televisiva del premier russo, Dmitri Medvedev, prima di lasciare il campo al collega di partito Putin in corsa per le presidenziali di marzo. “Il Paese ha bisogno di democrazia e non di caos”, ha detto ancora in riferimento alle proteste delle opposizioni - che torneranno in piazza per una nuova manifestazione sabato prossimo - ma al tempo stesso ha ricordato che non saranno accettate interferenze esterne sulla politica estera. Il premier, infine, ha indicato come una “priorità dello Stato” la lotta alla corruzione, proponendo ai dirigenti pubblici di dichiarare le proprie spese.

    Ucraina-respinto appello Tymoshenko
    È stato respinto l’appello presentato dalla ex premier, Julia Tymoshenko, ai giudici della Corte d’Appello di Kiev contro i nuovi capi d’imputazione di cui è accusata. Già condannata a 7 anni per abuso di potere, ora l’ex primo ministro ucraino dovrà rispondere di appropriazione indebita di 165 milioni di dollari e di un’evasione fiscale pari a sei milioni e ha fatto sapere che non intenterà più ricorsi per quello che ha definito un “processo-farsa”.

    Repubblica Ceca-funerali di Havel a Praga
    Si terranno domani nella Cattedrale di San Vito a Praga, i funerali di Stato per Vaclav Havel, lo statista e letterato ceco scomparso domenica scorsa all’età di 75 anni dopo una lunga malattia. Alle esequie sono attese delegazioni da tutto il mondo. Gli Stati Uniti saranno presenti con l’ex presidente, Bill Clinton, e il segretario di Stato, Hillary Clinton. Alla celebrazione prenderà parte anche, tra gli altri, il cancelliere tedesco, Angela Merkel, il presidente francese, Nicolas Sarkozy e l’omologo israeliano, Shimon Peres. Presente anche una delegazione russa. Ieri, migliaia di cechi hanno reso omaggio all'ex presidente Havel, accompagnando in silenzio il suo feretro fino al Castello di Praga. Lungo il percorso, che ha attraversato il centro della capitale ceca, la folla commossa ha lanciato fiori sul carro funebre che trasportava la bara. Domani, al lutto nazionale della Repubblica Ceca si unirà anche la Slovacchia, di cui Havel è stato l'ultimo presidente fino alla divisione dei due Paesi, avvenuta nel 1993.

    Bosnia-arrestata la “ragazzina mostro”
    La chiamavano così, la “ragazzina mostro”, a causa della crudeltà con cui infliggeva torture ai detenuti musulmani e croati nel campo di Luka, a Brcko, durante gli anni del conflitto nella ex Jugoslavia. Monica Ilic, arrestata ieri sera per crimini di guerra, all’epoca dei fatti era 16.enne ed era la compagna di Goran Ielisic, soprannominato invece “l’Adolf serbo”, condannato nel 1999 a 40 anni di reclusione.

    Croazia-insediato parlamento
    Si è insediato questa mattina a Zagabria il parlamento della Croazia, nella nuova composizione uscita dalle urne il 4 dicembre scorso. Per domani è previsto il voto di fiducia al nuovo governo di centrosinistra guidato dal socialdemocratico Milanovic.

    Francia-legge sul "genocidio" degli armeni
    Decine di persone sono riunite fuori dal parlamento francese dove oggi è in discussione un progetto di legge che considera reato negare il "genocidio" degli armeni del 1915-1917. Il provvedimento, se approvato, permetterà di condannare fino a un anno di prigione e 45 mila euro di ammenda chiunque, con affermazioni pubbliche, negherà il "genocidio", uno di quelli legalmente riconosciuti dalla Francia. La questione ha fatto salire la tensione tra Parigi e Ankara: la Turchia ha promesso ritorsioni se la legge sarà varata.

    Belgio-sciopero generale
    Lo sciopero generale di 24 ore iniziato ieri sera in Belgio per manifestare contro il piano d’austerità varato dal governo sta paralizzando il Paese. Già da ieri sera sono fermi i treni, oggi stop anche per il trasporto locale e disagi si stanno verificando anche negli aeroporti, mentre picchetti sindacali sono stati organizzati a Delta e Drogenbos. In particolare, la protesta si scaglia contro la decisione di innalzare l’età pensionistica, attualmente fissata a 65 anni.

    Spagna-a Madrid primo sindaco donna
    Sarà Ana Botella, moglie dell’ex premier di centrodestra José Maria Aznar, il nuovo sindaco di Madrid, prima donna a ricoprire questa carica. Botella sostituirà Alberto Gallardon, chiamato a diventare il nuovo ministro della Giustizia del governo Rajoy. Intanto, questa mattina i neoministri hanno giurato davanti a re Juan Carlos nel Palazzo della Zarzuela. In giornata avverrà il passaggio di consegne, mentre per domani è in calendario la prima riunione del Consiglio dei ministri. (Panoramica internazionale a cura di Roberta Barbi)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 356

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