Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 19/12/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI firma i decreti dei nuovi Santi e Beati. Presto canonizzata Caterina Tekakwitha, prima fra i nativi d'America
  • Il Papa all’Azione Cattolica Ragazzi: l’amicizia con Gesù non vi deluderà mai
  • In udienza dal Papa il neo ambasciatore del Paraguay presso la Santa Sede
  • L'abbraccio del Papa ai detenuti di Rebibbia. Il cardinale Vallini: un segno indelebile in tanti cuori
  • A pieno ritmo i preparativi della Gmg di Rio 2013. Il cardinale Rylko: 100 mila giovani hanno accolto la Croce delle Giornate
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Vaclav Havel, eroe di libertà e uno dei padri dell'"umanesimo europeo"
  • E' morto il leader nord coreano Kim Jong-Il, gli succede il figlio 27enne Kim Jong Un
  • Giornata della cooperazione Sud-Sud: confronto fra Stati "esclusi" per dare peso ai propri diritti
  • Vivere l'Avvento leggendo Isaia: la proposta di un libro scritto da due teologhe
  • Chiesa e Società

  • I vescovi coreani: “La morte di Kim Jong-il può essere l’inizio di una svolta, per la riunificazione”
  • Filippine: forte solidarietà fra le vittime del tifone. Grazie al Papa per l’incoraggiamento”
  • Iraq: mons. Sako inaugura il memoriale dei martiri cristiani durante l'intervento Usa
  • Sudan: libero il missionario comboniano sequestrato venerdì scorso
  • Repubblica Ceca: i vescovi ricordano Vaclav Havel
  • Cuba: piena disponibilità del governo per la visita del Papa
  • Terra Santa: Messaggio di Natale del Custode padre Pizzaballa
  • Myanmar. Allarme del vescovo di Banmaw: “si spara ancora, è emergenza profughi”
  • India: l’impegno di religiosi e religiose nella lotta alla corruzione nel Paese
  • Australia: per i vescovi, i migranti sono una questione umanitaria, non solo politica
  • Portogallo: in una nota pastorale i vescovi chiedono più garanzie per il lavoro
  • El Salvador: i vescovi chiedono ai politici una "campagna elettorale pulita"
  • Cina: iniziative della Caritas per i poveri ed i terremotati
  • Indonesia: per Natale i cattolici promuovono opere di volontariato sociale
  • Rwanda: conclusa la Plenaria della Conferenza episcopale
  • Roma: dall'Angelicum appello di ebrei, cristiani e islamici, a non violare i luoghi sacri
  • Pakistan: a Faisalabad, simposio di poesia per promuovere il dialogo islamo-cristiano
  • L'addio di Capo Verde a Cesária Évora, voce e nostalgia del Paese
  • Roma: domani a Trastevere la 1.a edizione del Presepe vivente
  • 24 Ore nel Mondo

  • La Siria accetta osservatori internazionali ma senza “obbedire”
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI firma i decreti dei nuovi Santi e Beati. Presto canonizzata Caterina Tekakwitha, prima fra i nativi d'America

    ◊   Sarà presto canonizzata la prima “pellerossa” d’America. Caterina Tekakwitha è una delle prossime quattro Sante delle quali Benedetto XVI ha riconosciuto l’intercessione di un miracolo. Con loro, il Papa ha firmato questa mattina i decreti riguardanti tre nuovi Santi e la Beatificazione di cinque Venerabili servi di Dio. Con loro, anche un folto gruppo di martiri sarà elevato agli altari, mentre di sette Servi e Serve di Dio sono state riconosciute le virtù eroiche. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Figlia di una coppia mista nella prima “era” del colonialismo occidentale in America del Nord. Il nome della Beata Caterina Tekakwitha – nata nel 1656 nella località oggi statunitense chiamata Auriesville, e morta in Canada a soli 24 anni – spicca nel lungo elenco che raggruppa le nuove figure di Santi, Beati e martiri che il Papa ha deciso di proporre alla venerazione della Chiesa. Di padre irochese e di madre cristiana algonchina, la Beata Tekakwitha sarà la prima Santa pellerossa e una dei tre laici prossimi alla canonizzazione. Suo contemporaneo, ma a distanza di un oceano, è il Beato Pietro Calungsod, originario delle Filippine e morto martire a 18 anni nell’Arcipelago delle Marianne. L’altra laica e futura Santa è la beata Anna Schäffer, vissuta due secoli dopo, tra la fine dell’Ottocento e i primi tre decenni del XX secolo. Gli altri miracoli riconosciuti da Benedetto XVI riguardano il Beato Giovanni Battista Piamarta, sacerdote bresciano e fondatore della Congregazione della Sacra Famiglia di Nazareth e della Congregazione delle Suore Umili Serve del Signore, vissuto tra il 1841 e il 1913, e un altro sacerdote martire, Giacomo Berthieu, professo della Compagnia di Gesù, un francese ucciso in Madagascar nel 1896. Prossime alla proclamazione di santità sono anche due religiose: la spagnola Beata Maria del Monte Carmelo, fondatrice delle Suore dell'Immacolata Concezione Missionarie dell’Insegnamento, scomparsa nel 1911, e la tedesca Beata Marianna, al secolo Barbara Cope, suora professa della Congregazione delle Suore del Terz'Ordine di San Francesco di Syracuse, meglio conosciuta come “Madre Marianna di Molokai”, dal nome del famigerato lebbrosario dove si dedicò coraggiosamente ai malati e perì nel 1918.

    Nei decreti firmati dal Pontefice, vi sono anche i nomi di cinque futuri Beati. Uno fra loro, l'italiano don Luigi Novarese, è stato un apostolo degli ammalati contemporaneo, fondatore della Pia Unione dei Silenziosi Operai della Croce, originario di Casale Monferrato e scomparso nel 1984, per anni impiegato in Segreteria di Stato. Con lui, figurano don Luigi Bresson, la Benedettina Maria Luisa (Gertrude Prosperi), la Madre di San Luigi, fondatrice delle omonime Suore della Carità, e la religiosa argentina Maria Crescenzia. Tra i martiri si fa menzione di un sacerdote del Canton Ticino, Nicola Rusca, ucciso in odio alla fede nel 1618 in Svizzera, e di una nuova, ampia schiera di martiri della Guerra civile spagnola. Un primo gruppo riguarda Luigi Orenzio e 18 Compagni, dell'Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane, di Antonio Matteo Salamero, Sacerdote Diocesano, nonché Giuseppe Gorostazu Labayen, Laico, padre di famiglia). Un secondo gruppo si riferisce al martirio di Alberto Maria Marco y Alemán e di 8 Compagni dell'Ordine dei Carmelitani dell'Antica Osservanza, nonché di Agostino Maria García Tribaldos e di 15 Compagni, dell'Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane. Il terzo gruppo riguarda il martirio di Mariano Alcalá Pérez e di 18 Compagni dell'Ordine della Beata Vergine Maria della Mercede. Infine, i decreti pontifici riconoscono le virtù eroiche di due Servi di Dio – l’italiano don Donato Giannotti e il sacerdote professo francese Maria Eugenio del Bambino Gesù (Enrico Grialou) – e di cinque Serve di Dio: la francese Alfonsa Maria (Elisabetta Eppinger), fondatrice della Congregazione delle Suore del Ss.mo Salvatore, la polacca Margherita Lucia Szewczyk, fondatrice della Congregazione delle Figlie della Beata Maria Vergine Addolorata, dette “Serafiche”, l’italiana Assunta Marchetti, cofondatrice delle Suore Missionarie di San Carlo, la tedesca Maria Julitta (Teresa Eleonora Ritz), suora professa della Congregazione delle Suore del Redentore, e la laica italiana Maria Anna Amico Roxas, fondatrice della Società di Sant'Orsola.

    inizio pagina

    Il Papa all’Azione Cattolica Ragazzi: l’amicizia con Gesù non vi deluderà mai

    ◊   La gioia dell’amicizia con il Signore è stata al centro dell’udienza di Benedetto XVI a una delegazione dell’Acr, l’Azione Cattolica Italiana Ragazzi, ricevuta in Vaticano per gli auguri natalizi. Il Papa ha invitato i giovani del sodalizio cattolico a portare anche ai loro coetanei la bellezza del Vangelo e li ha incoraggiati a impegnarsi con generosità in favore dei bambini meno fortunati. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    (Canti natalizi)

    Clima festoso nella Sala del Concistoro per l’udienza del Papa ai bambini e ragazzi dell’Azione Cattolica, che hanno voluto esprimere tutto il loro affetto al Santo Padre. Per tutti, ha parlato Gilda Gallucci, una bambina della diocesi di Avellino:

    “Oggi siamo qui, nella tua casa, insieme ai nostri educatori per rivolgerti gli auguri di Natale di tutta l’Azione Cattolica, che ha scelto proprio noi bambini e ragazzi a rappresentarla. È davvero un momento unico e bello per tutti noi e ti chiediamo di perdonare la nostra emozione e la nostra confusione allegra”.

    Il Papa ha innanzitutto voluto salutare con affetto mons. Domenico Sigalini, assistente ecclesiastico di Azione Cattolica, ritornato ai suoi impegni dopo un grave incidente:

    “Sono particolarmente felice che il nostro vescovo, mons. Sigalini, è tornato. Era caduto, come sapete, molto ammalato, ma il Signore ha bisogno di lui e così, grazie per il suo ritorno!”.

    Nel suo discorso, il Papa si è soffermato sul tema di quest’anno dell’Azione Cattolica – “Alzati, ti chiama” – per condividere con i giovani del sodalizio una riflessione sulla bellezza dell’amicizia con il Signore. L’"alzati" che Gesù rivolge a Bartimeo, ha detto, può ricordare l’invito che ogni mattina i genitori rivolgono ai figli per andare a scuola. A volte, ha riconosciuto il Pontefice, non è così facile ascoltare e rispondere:

    “Io non vi invito solo ad essere pronti, ma a vedere che dentro questa parola quotidiana c’è una chiamata di Qualcun’altro che vi vuole bene, c’è una chiamata di Dio alla vita, ad essere ragazzi e ragazze cristiani, ad iniziare un nuovo giorno che è un suo grande dono per incontrare tanti amici, come siete voi, per imparare, per fare del bene e anche per dire a Gesù: grazie per tutto quello che mi dai”.

    “Al mattino, quando vi alzate – ha soggiunto il Papa – ricordatevi anche del grande Amico che è Gesù con una preghiera. Spero lo facciate tutti i giorni!”. Ha così invitato i ragazzi ad essere sempre attenti al grande dono della vita, ad apprezzarlo e a chiedere al Signore di dare “una vita gioiosa ad ogni ragazzo e ragazza del mondo”, affinché siano sempre rispettati e non manchi loro “il necessario per vivere”. Ha poi rivolto il pensiero all’amicizia con Gesù che accompagna i giovani nel cammino della loro vita:

    “Cari ragazzi e ragazze dell’Acr, rispondete con generosità al Signore che vi chiama alla sua amicizia: non vi deluderà mai! Vi potrà chiamare ad essere un dono di amore ad una persona per formare una famiglia, o vi potrà chiamare a fare della vostra vita un dono a Lui e agli altri come sacerdoti, religiose, missionari o missionarie”.

    Il Papa non ha mancato di incoraggiare i ragazzi a impegnarsi in favore dei coetanei più bisognosi:

    “Siate sempre sensibili verso chi ha bisogno di aiuto; fate come Gesù che non lasciava nessuno solo con i suoi problemi, ma lo accoglieva sempre, condivideva le sue difficoltà, lo aiutava e gli donava la forza e la pace di Dio”.

    Quindi, ha esortato i ragazzi dell’Acr a portare ai loro coetanei l’invito del Signore a diventare suoi amici, a mostrare la bellezza della preghiera e dell’ascolto del Vangelo. Infine, un augurio speciale per il Natale ormai prossimo:

    “Il Natale che vi auguro è questo: quando farete il presepio pensate che state dicendo a Gesù: vieni nella mia vita e io ti ascolterò sempre”.

    inizio pagina

    In udienza dal Papa il neo ambasciatore del Paraguay presso la Santa Sede

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in udienza il nuovo ambasciatore del Paraguay presso la Santa Sede, Esteban Kriskovic, per la presentazione delle Lettere Credenziali. Il diplomatico, 40 anni, è originario di Asunción. Laureato in Scienze giuridiche e diplomatiche presso l'Università Cattolica di Asunción, ha ottenuto un Dottorato in Scienze giuridiche presso il medesimo Ateneo. Si è specializzato in Formazione etica presso il Dipartimento di Teologia e Azione Pastorale dell'Università Cattolica di Asunción, quindi ha ricoperto, fra gli altri, gli incarichi di docente di Diritto del lavoro presso l'Università Autonoma di Asunción e di Politica contemporanea presso l'Universidad Comunera della Repubblica, docente di Diritto canonico, etica professionale, deontologia giuridica e logica giuridica presso l'Università Cattolica di Asunción, segretario generale della Corte Suprema di Giustizia e quindi direttore dell'Ufficio di Etica giuridica della medesima Corte.

    Tra il 2005 e il 2009, è stato delegato per il Pontificio Consiglio della Cultura ai Centri culturali cattolici del Cono Sur nel Paraguay, nonché più tardi segretario Generale dell'Università Cattolica di Asunción. È anche Avvocato presso il Tribunale ecclesiastico metropolitano e Membro dell'Associazione Paraguaiana di Diritto Canonico. È membro fondatore (1994) e Presidente della Commissione Direttiva dell'Istituto "Tomás Moro" alla Facoltà di Scienze Giuridiche dell'Università Cattolica di Asunción. È anche autore di numerose pubblicazioni sul diritto, l'etica e la deontologia giuridica, tra cui il Codice di Etica giuridica della Repubblica del Paraguay.

    inizio pagina

    L'abbraccio del Papa ai detenuti di Rebibbia. Il cardinale Vallini: un segno indelebile in tanti cuori

    ◊   “Ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Con queste parole dell’evangelista Matteo, in cui Gesù s’identifica con i detenuti, Benedetto XVI ha illustrato ieri ai reclusi nel carcere romano di Rebibbia il senso della sua visita. Un evento storico che ha coinvolto emotivamente e toccato nel profondo tutti coloro che vi hanno partecipato, a partire dal cardinale vicario, Agostino Vallini. Il suo commento e quello di altri protagonisti nel servizio di Roberta Barbi:

    Un appuntamento importante e commovente, quello che ha portato ieri Benedetto XVI tra i detenuti, e che ha toccato i cuori di tutti: reclusi, personale, autorità e ha emozionato anche il Santo Padre, che ha stretto mani, carezzato volti, abbracciato persone, ha pronunciato parole di perdono a quanti gli hanno espresso la loro ansia di riconciliazione con il mondo, pur nella consapevolezza delle sofferenze inflitte agli altri. Ha offerto conforto a quanti chiedono alla società di non essere identificati per sempre con il male che hanno causato, ha risposto alle loro domande, annunciando l’amore infinito di Dio che non viene mai meno per nessuno dei suoi figli. Una visita che lascerà un segno di grande coraggio, speranza e fiducia, quella del Papa, che ha rivolto ai detenuti un invito a crescere nella fede, ricordando che solo nel Signore l’uomo può ritrovare le sue vere radici e costruire se stesso. Un primo bilancio, a "caldo", sulla visita da parte del cardinale vicario Agostino Vallini, è stato raccolto da Davide Dionisi:

    “È stata una visita ricchissima, direi commovente. Il Santo Padre ha vissuto questa esperienza con molta intensità e con lui tutti noi e direi soprattutto i detenuti, che hanno visto nel volto affettuoso del Papa la presenza di Gesù. Le cose che ha detto ai detenuti, ma anche quello che ha ascoltato dai detenuti, sono state un’esperienza di comunicazione intensa e profonda che porterà certamente i suoi grandi frutti”.

    La visita del Santo Padre a Rebibbia ha rappresentato la realizzazione di un sogno, per il cappellano del carcere, don Pier Sandro Spriano, che si aspettava tanta commossa partecipazione da parte dei detenuti e delle guardie carcerarie: una presenza che si rinnova ogni domenica nella celebrazione dell’Eucaristia a Rebibbia. E una commozione che – assicura – riporterà di cella in cella nei prossimi mesi, quando consegnerà i 1700 rosari e le altrettante preghiere che Benedetto XVI ha lasciato a ognuno dei detenuti che non hanno potuto partecipare di persona: un segno della vicinanza del Papa, che li incoraggia a proseguire il proprio cammino di vita lasciandosi finalmente alle spalle gli errori del passato, come il cappellano auspica al microfono del nostro collega, Davide Dionisi che gli ha chiesto di riassumere in una parola la giornata di ieri:

    “È stata davvero una ‘giornata di Avvento’, nel senso che le nostre speranze di poter incontrare quest’uomo, che è il nostro vescovo, erano tante. È venuto, ed è stata una quarta Domenica di Avvento davvero piena, che ci ha portato davvero molta speranza”.

    Il Papa, durante la visita, ha parlato del significato della giustizia divina, a volte lontana da quella umana, perché in Dio “giustizia e carità coincidono e non c’è un’azione giusta che non sia anche un atto di misericordia e di perdono”. L’idea della salvaguardia della dignità umana, pur in un contesto a volte degradante come quello carcerario, che il Santo Padre ha sottolineato con forza, ha colpito particolarmente il capo del Dipartimento della polizia penitenziaria, Franco Ionta, che ha raccontato a Davide Dionisi, qual è stato, per lui, il momento più emozionante della giornata di ieri:

    “Sicuramente, l’arrivo del Papa in una struttura penitenziaria è un momento irripetibile. Il momento che mi ha emozionato di più è stata la possibilità di scambiare delle parole, non dico in confidenza, però in ambiente riservato, subito dopo la cerimonia ufficiale. Ho trovato il Santo Padre una persona di livello eccezionale ma soprattutto con un tratto di umanità e di sensibilità per l’ambiente penitenziario, dunque sia verso i detenuti sia vero il personale, che mi ha veramente commosso”.

    inizio pagina

    A pieno ritmo i preparativi della Gmg di Rio 2013. Il cardinale Rylko: 100 mila giovani hanno accolto la Croce delle Giornate

    ◊   “Andate e fate discepoli tutti i popoli”, sarà il tema della prossima Giornata mondiale della Gioventù, in programma a Rio de Janeiro dal 23 al 28 luglio 2013. Il tempo stringe per la macchina organizzativa di un evento tanto complesso, anticipato di un anno per la coincidenza con i Campionati mondiali di calcio, che saranno ospitati in Brasile nel 2014. A che punto sono dunque i preparativi? Roberta Gisotti lo ha chiesto al cardinale Stanisław Ryłko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici:

    R. - La Gmg di Rio de Janeiro inaugurerà una serie di importanti eventi internazionali ospitati in Brasile nei prossimi anni: i Campionati mondiali di calcio e poi le Olimpiadi. Questo ci domanda non poca responsabilità, perché la Gmg sarà il primo di questi grandi appuntamenti, saremo una specie di ‘apripista’. Nella scelta della data della Giornata Mondiale della Gioventù si è dunque dovuto tener conto di queste circostanze e da qui è nata la decisione di ritornare al ritmo biennale, con cui gli incontri mondiali dei giovani con il Papa sono iniziati. Il ritmo biennale non è, quindi, una novità. Senza dubbio, questa scelta ci impone una scaletta del cammino preparatorio - sia a livello organizzativo-logistico sia pastorale - più serrata ed intensa. Infatti, il Comitato organizzatore di Rio sta già lavorando a pieno ritmo.

    D. A tale proposito, che cosa ha riferito il Comitato locale che è stato a Roma la scorsa settimana?

    R. – Martedì scorso, abbiamo avuto il primo incontro con il Comitato organizzatore brasiliano guidato dall’arcivescovo metropolita di Rio, mons. Orani João Tempesta. Abbiamo potuto apprezzare le loro iniziative sia a livello logistico che pastorale. E’ in corso la ricerca dei luoghi più adatti per le grandi celebrazioni con il Santo Padre, per le catechesi, nonché per alloggiare i giovani. E qui c’è da sottolineare la grande disponibilità delle autorità civili brasiliane di venire incontro alle necessità organizzative dettate dalla Gmg. A livello pastorale poi, è in corso il pellegrinaggio della Croce delle Gmg che ovunque sta trovando una straordinaria accoglienza: ad esempio, a San Paolo, per accogliere la Croce, si sono radunati circa 100 mila giovani... Tutta la Chiesa in Brasile vive ormai con grande gioia ed entusiasmo questa bellissima avventura di cui i giovani sono i protagonisti indiscussi.

    D. - Per Benedetto XVI, quella di Rio de Janeiro sarà la quarta Gmg dopo Colonia, Sydney e Madrid. E, per questo appuntamento ha scelto il tema “Andate e fate discepoli tutti i popoli”. C’è un filo ideale che lega questo tema alle passate Gmg?

    R. - Il tema scelto da Benedetto XVI esprime molto bene ciò che costituisce l’essenza stessa delle Giornate Mondiali della Gioventù. In questi quasi trent’anni di storia, le Gmg si sono dimostrate uno strumento provvidenziale e di straordinaria efficacia per l’evangelizzazione del mondo giovanile. Lo confermano le numerose testimonianze sia dei giovani sia dei pastori... Il tema della Gmg di Rio si inserisce inoltre nel grande progetto della “missione continentale” lanciato dalla Chiesa latino-americana. E la Chiesa tutta guarda all’appuntamento di Rio piena di attese. C’è da dire poi che Rio de Janeiro, con le sue bellezze naturali, sarà senz’altro una magnifica cornice per il prossimo incontro dei giovani con il Successore di Pietro.

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   L'incontro tra Benedetto XVI e i detenuti del carcere di Rebibbia.

    In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo “Il Papa di tutti”.

    Le credenziali dell’Ambasciatore del Paraguay presso la Santa Sede.

    Nell'informazione internazionale, la morte del leader nordcoreano Kim Jong Il suscita allarme in Asia.

    Quando scrive “L'Osservatore”: stralci dall'introduzione al volume “Uno sguardo cattolico: 100 editoriali dell'Osservatore Romano”, che viene presentato lunedì 19 dicembre presso l'Ambasciata d'Italia presso la Santa Sede.

    Una storia di libertà: Andrea Possieri sulla morte di Václav Havel.

    Allarme ininterrotto di un curatore di umanità: Claudio Toscani sull'anniversario della nascita di Italo Svevo.

    La casa della Verità: Carlo Nanni sul rapporto tra Benedetto XVI e l'identità dell'università.

    Quando i sapienti vanno a caccia del vento: Silvia Guidi sull'edizione del «Qohelet» illustrata da Alfredo Chiàppori.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Vaclav Havel, eroe di libertà e uno dei padri dell'"umanesimo europeo"

    ◊   Cordoglio nel mondo per la morte ieri di Vaclav Havel, 75 anni, leader della "Rivoluzione di Velluto" che nel 1989 portò alla caduta del comunismo in Cecoslovacchia. Drammaturgo, attivista dei diritti umani, autore del manifesto Charta 77, è stato più volte imprigionato durante il regime e, in seguito, è divenuto primo presidente della Cecoslovacchia post-comunista e poi della Repubblica Ceca. La salma è ora esposta nella Chiesa di San Lorenzo a Praga e da mercoledì sarà portata nel Castello della città. Venerdì 23 dicembre, probabilmente, i funerali. Ma quale è stato il suo contributo particolare alla lotta contro il comunismo nel suo Paese? Debora Donnini lo ha chiesto ad Agostino Giovagnoli, professore di storia contemporanea all’università Cattolica di Milano.

    R. - Il suo contributo è stato quello di un uomo di grande levatura culturale che, proprio attraverso le sue opere, ha stimolato la coscienza dei suoi concittadini e ha condotto questa stessa coscienza ad evolvere in un senso sempre più critico, ma dentro il filone della non violenza. E’ dunque un’opposizione al comunismo non con la forza delle armi, ma con l’intelligenza, la cultura e la forza delle convinzioni morali. Ciò ha condotto poi alla famosa “Rivoluzione di Velluto”, definita tale proprio per l’assenza di violenza. Questo metodo non violento, peraltro, gli è costato l’imprigionamento a più riprese come anche il bando da tutte le funzioni pubbliche durante il regime comunista.

    D. - Qual era, per lui, l’errore principale del comunismo?

    R. - La mancanza di libertà è il difetto di fondo dei regimi comunisti, che egli ha denunciato vigorosamente a più riprese. Tra l’altro, è stato tra i sottoscrittori di “Charta 77”. Si tratta di un documento assolutamente decisivo, perché innocuo dal punto di vista della forza ma, in realtà, è stato destabilizzante non solo per la situazione cecoslovacca ma anche per altri regimi dell’Europa orientale: ha dimostrato la forza invincibile delle idee e delle convinzioni morali a dispetto di qualunque repressione.

    D. - In questi giorni. lo ricordano tanti leader europei e mondiali. Secondo lei, qual è l’insegnamento che Havel lascia all’Europa, specialmente in un periodo difficile come questo?

    R. - Con la sua vita e le sue opere ha dimostrato che i valori morali e la mobilitazione delle coscienze sono in grado di cambiare il mondo. Questo è molto “europeo”, se così si può dire: è stato un grande esponente della cultura europea, direi proprio del cosiddetto “umanesimo europeo”.

    D. - Questa è una forma di umanesimo che si nutre anche delle radici cristiane, che hanno segnato profondamente la storia europea…

    R. - Certamente. Havel ha lasciato dei documenti - ad esempio il suo epistolario - in cui ci sono delle tracce evidenti della sua fede religiosa ed anche un esplicito riconoscimento del fascino che la figura di Gesù Cristo ha esercitato su di lui. (vv)

    inizio pagina

    E' morto il leader nord coreano Kim Jong-Il, gli succede il figlio 27enne Kim Jong Un

    ◊   Dodici giorni di lutto nazionale, fino al 29 dicembre; il 28, invece, i funerali solenni, ai quali non saranno presenti delegazioni internazionali. La Corea del Nord piange il suo leader, Kim Jong-Il, morto sabato all’età di 69 anni, stroncato da un infarto mentre si trovava a bordo del treno che da sempre lo trasportava in ogni angolo del Paese. Il servizio è di Salvatore Sabatino:

    I resti di Kim Jong-Il sono stati composti nel palazzo Kumsusan di Pyongyang, lo stesso in cui dal 1994 riposa la salma imbalsamata di Kim Il-Sung, il "Grande Leader", padre e predecessore di Jong-Il nonché fondatore del regime più isolazionistico del mondo. Regime che passa, ora, sotto il controllo del terzogenito, Kim Jong Un, appena 27 anni, che ha già incassato l’appoggio di tutti i membri del Partito dei lavoratori, dei militari e della popolazione. Un profilo, il suo, poco definito, attorno al quale si accendono da una parte le speranze per una svolta democratica e dall’altra i timori per una stretta ancora maggiore. Stretta che può riguardare l’isolamento, il rispetto dei diritti umani, ed ancora la democratizzazione di un Paese da sempre sbarrato a qualsiasi Paese straniero, ad eccezion fatta della Cina, che da sempre ha un rapporto privilegiato con Pyongyang. Quello, più critico, invece, resta con Seul, da cui giungono notizie di timori nel governo, tanto da convocare ''d'urgenza'' il Consiglio di sicurezza nazionale. Riunione d'emergenza anche per il governo giapponese: il premier Noda, pur inviando le condoglianze, ha disposto di tenere contatti ''serrati''' con Stati Uniti, Cina e Corea del Sud. Il presidente Usa, Obama, preoccupato, ha avuto un lungo colloquio telefonico con il suo omologo sudcoreano Lee Myung-Bak, il quale ha invitato la popolazione alla calma. Dalla Russia, invece, l’auspicio affinché la morte del leader non si ripercuota sulle relazioni amichevoli fra Mosca e Pyongyang. Dalla Cina, invece, il messaggio più sentito: Kim Jong-Il - si legge in un comunicato – è stato un amico intimo del popolo cinese e ha dato un importante contributo allo sviluppo della causa socialista nord coreana.

    La morte del leader nordcoreano Kim Jong-Il è avvenuta in seguito ad un attacco di cuore che lo ha colpito alle ore 8.30 del mattino di sabato 17 dicembre. L’annuncio è stato dato dalla Tv di Stato e dagli altri media del regime nordcoreano. Ma cosa vuol dire questa morte per il Paese? Si può immaginare una nuova stagione? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Maurizio Riotto, docente di coreano presso l’Orientale di Napoli:

    R. – La morte di Kim Jong-Il apre scenari sicuramente più imprevedibili rispetto alla morte del padre di Kim Il-Sung, del 1994. Questo perché allora c’era un successore già ben delineato, di età matura e con una lunga esperienza nel campo della politica. Adesso il successore designato è poco più che un ragazzo, Kim Jong Un, terzogenito di Kim Jong-Il, che ha solo 27 anni, e questo apre scenari sicuramente meno prevedibili, soprattutto per quanto riguarda la capacità del successore designato di tenere a freno le eventuali aspirazioni non solo verso il potere ma anche l’atteggiamento in politica estera dei generali che lo circondano e sotto la tutela dei quali sicuramente è mantenuto in questo momento.

    D. – A proposito del successore, il terzogenito: ha solo 27 anni, ha già ricevuto l’appoggio di tutti i membri del partito, dei lavoratori, dei militari della popolazione. Riuscirà a dare una svolta anche soprattutto sul fronte dei diritti umani?

    R. – Sicuramente, trattandosi di una persona molto giovane, almeno teoricamente, ha davanti a sé un’aspettativa di vita abbastanza lunga, quindi se lo lasciano lavorare con un atteggiamento di buona volontà da parte della Corea del nord e possibilmente anche un atteggiamento di non completo isolamento provocato dalle potenze occidentali, allora può darsi che possa aprirsi qualche spiraglio perché questo Paese finalmente possa decollare dall’impasse nella quale si trova.

    D. – Alcuni osservatori parlano di una nuova stagione anche sul fronte della riunificazione tra le due Coree, lo auspicano anche i vescovi coreani. E’ uno scenario possibile questo?

    R. – Dobbiamo sempre ricordarci una cosa. Fondamentalmente, la situazione della penisola coreana è così perché a qualcuno conviene che sia così. Una riunificazione non conviene al Giappone perché dalla Corea riunificata avrebbe un concorrente commerciale molto temibile, ancor più temibile in quanto si potrebbe usare la manodopera a basso costo fornita dalla Corea del nord. Non conviene agli Stati Uniti perché da una penisola unificata e quindi pacificata non ci sarebbe più motivo di mantenere per loro un contingente di decine di migliaia di uomini nella Corea del sud. Non conviene alla Cina perché da una penisola unificata probabilmente verrebbero meno i presupposti per esercitare quella forte politica, quella forte influenza sulla Corea del nord che sta esercitando in questo momento. E’ chiaro: l’unificazione è il primo pensiero che si fa in momenti come questi, ma io mi permetto di essere un pessimista ed eventualmente delegare tutto a tempi più lunghi. (bf)

    inizio pagina

    Giornata della cooperazione Sud-Sud: confronto fra Stati "esclusi" per dare peso ai propri diritti

    ◊   Il 19 dicembre le Nazioni Unite celebrano la Giornata mondiale per la cooperazione Sud-Sud. Nel suo messaggio per il 2011, il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, nota come la cooperazione tra realtà geograficamente o socialmente vicine possa raggiungere risultati di portata diversa da quelli dei tradizionali aiuti allo sviluppo. Un’affermazione che resta valida anche considerando i mutamenti degli ultimi anni. Lo ha spiegato a Davide Maggiore, il segretario generale di ActionAid Italia, Marco de Ponte:

    R. – Ci sono Paesi del Sud del mondo che adesso sono ormai grandi potenze economiche, ma sotto questa frase – cooperazione Sud-Sud – in realtà ancora oggi, anche se i pesi di potere tra questi Paesi sono cambiati, si nasconde un valore molto più importante che è la cooperazione tra poveri ed esclusi, realizzata non necessariamente a livello dello Stato ma tra comunità che affrontano gli stessi problemi. Forse è la dizione “Sud-Sud” che va ulteriormente elaborata: ci sono molti “Sud” all’interno dei Paesi…

    D. – Quali sono i campi in cui la cooperazione così intesa può incidere maggiormente?

    R. – Penso che sia soprattutto un valore di costruzione sociale, che va enfatizzato; cioè, lo scambio tra comunità povere ed escluse costruisce qualcosa quando si impernia sull’acquisizione di una consapevolezza dei propri diritti. In questo senso, le comunità dei poveri ed esclusi – prendendo consapevolezza dei propri diritti attraverso lo scambio non solo della loro condizione di oppressione, ma delle soluzioni che si possono trovare – continuano ogni giorno ad accumulare capitale sociale che poi può essere speso, appunto, perché questi diritti possano essere reclamati.

    D. – E tuttavia, anche in questo tipo di cooperazione, esiste la tendenza a investire in maniera classica, ad esempio in infrastrutture…

    R. – La cooperazione Sud-Sud che non sta investendo nella costruzione sociale, si potrebbe dire che usa un paradigma vecchio, ma non si può liquidare dicendo che non funziona, perché in fondo basta ricordare che in un Paese come l’India nel giro di pochi anni si è ridotto di 200 milioni il numero di persone che soffrono la fame. Quindi, il loro modello di sviluppo va in qualche maniera rispettato, e c’è da imparare. Anche se pure in questi Paesi cresce il disequilibrio: quindi, la questione sociale, la questione degli squilibri di potere all’interno di una società, dovrebbe essere comunque al centro delle attenzioni.

    D. – A suo parere, dunque, non esiste un solo modello fruttuoso di cooperazione Sud Sud...

    R. – Diciamo che veramente importante è che tale cooperazione risulti fruttuosa per le comunità, per chi in qualche modo si sente escluso dalla costruzione di una società più equa nel proprio Paese.

    D. – Che bilancio si può tracciare della cooperazione Sud-Sud nel corso di questi anni?

    R. – E’ un bilancio che non si chiude mai, perché il mondo evolve: sicuramente è stata un’intuizione importante, quella che i Paesi esclusi dovessero allearsi tra loro. Questa chiamata a un comune sentire di chi si sentiva escluso resta valida. Perde un po’ di validità, ultimamente, se si limita al confronto tra le responsabilità degli Stati e acquista un nuovo valore invece se la si sa reinterpretare in un’ottica di comunanza di intenti, di voglia di imparare, di trovare soluzioni tra comunità che possono anche trovarsi all’interno dello stesso Paese. (gf)

    inizio pagina

    Vivere l'Avvento leggendo Isaia: la proposta di un libro scritto da due teologhe

    ◊   Rileggere alcune pagine dell’Antico Testamento per prepararsi meglio al Natale: questo l’invito del libro “Una speranza di giustizia e pace-Ogni giorno di Avvento con Isaia”, delle edizioni Messaggero Padova, scritto dalle teologhe Serena Noceti e Nadia Toschi. Quest’ultima, coordinatrice dell’Ufficio liturgico della diocesi di Firenze, al microfono di Fabio Colagrande spiega come interpretare correttamente la visione del profeta Isaia di un mondo diviso tra l’ingiustizia degli uomini e la giustizia di Dio:

    R. - È una percezione corretta, ma direi soltanto apparentemente. Il profeta, per esempio, nel capitolo 32 ci presenta questo ritratto di una società governata secondo giustizia, una società costruita appunto secondo il progetto di Dio, nella quale i rapporti saranno rinnovati alla luce della solidarietà e tutti, secondo questo racconto di Isaia ne sperimenteranno i frutti: la pace, il benessere, la libertà, la sicurezza sociale, l’armonia con il creato. Questa società che il profeta ci presenta è davvero distante dalla nostra società e tuttavia, anche se adesso sperimentiamo il limite, la fatica della condizione presente, già in questa nostra storia noi sappiamo che Dio opera attraverso il suo spirito. La teologia dei profeti non è teologia di due regni contrapposti, quello degli uomini da una parte e quello di Dio dall’altra; è per questo che ci sentiamo chiamati non solo ad attendere il Regno ma ad affrettarne il compimento.

    D. – Il profeta Isaia annuncia il nome del Signore un futuro di speranza e consolazione per tutti. Al termine del cammino di Avvento possiamo dire che sta però a noi permettere al Signore di compiere il suo progetto, di venire a salvarci. Come possiamo favorire questo Avvento?

    R. – Noi sappiamo, come ci ricorda il Natale, che è cominciata una "stagione nuova". Eppure a volte siamo tentati di lasciarci prendere dalla paura, anche dal panico. Basta pensare, per dire un evento davvero drammatico, a quello che è successo proprio qui nella mia città, a Firenze, qualche giorno fa: la folle e drammatica uccisione dei due fratelli della comunità senegalese. Dobbiamo denunciare con forza questa violenza, respingere ogni gesto, ogni idea che la fomenti, senza mai cedere alla tentazione del pessimismo, della rinuncia. La via della virtù ci insegna proprio questo: esercitarci a cercare il bene e a compierlo qui e ora cominciando dalle piccole cose. Basta davvero aprire un piccolo spiraglio nella porta del nostro cuore, perché il Signore possa entrarvi con il suo spirito e possa rassicurare la nostra vita. (bf)

    inizio pagina

    Chiesa e Società



    I vescovi coreani: “La morte di Kim Jong-il può essere l’inizio di una svolta, per la riunificazione”

    ◊   “La morte del leader nordcoreano Kim Jong-il può essere l’inizio di una svolta per il cammino di riunificazione delle Coree. Speriamo che il Signore dia coraggio e luce ai fratelli nordocoreani perché possa tornare una politica incentrato sul dialogo, sulla pace, sulla riconciliazione”: è quanto dichiara all’agenzia Fides mons. Peter Kang, vescovo di Cheju e presidente della Conferenza episcopale della Corea del Sud, commentando la morte del dittatore Kim Jong-il, sostituito dal successore designato, il figlio trentenne Kim Jong-un. Mons. Peter Kang spiega che “non ci aspettavamo un evento del genere. Speriamo che questo possa diventare un motivo per sviluppare un cammino di riunificazione. Non conosciamo nei dettagli l’attuale situazione politica in Corea del Nord. C’è anche la possibilità che ci sia un tempo di assestamento, prima di avere una stabilità definita, perché il nuovo leader Kim Jong-un è molto giovane, ha solo 30 anni, non ha alcuna esperienza politica e non sembra godere di molta fiducia da parte del popolo coreano”. Il vescovo continua: “Nessuno lo conosce. E’ un leader apparso all’improvviso. Le nostre speranze vanno sempre verso l’avvio di un cammino di pace e di riconciliazione. Questo evento potrebbe essere un segno che il Signore vuole una trasformazione fondamentale nel Paese”. Secondo il rev. Kim Tea Sung, vice segretario generale della “Korean Conference of Religion for Peace” (Kcrp), “il futuro del paese è una questione molto delicata ora”. “La morte del caro leader – spiega il rev. Kim – potrebbe lasciare un vuoto e generare problemi molto gravi a livello sociale e politico. Speriamo che nel Nord non vi sia ora un momento di conflitto, che porterebbe ulteriore sofferenza alla popolazione”. Il rev. Kim si augura che possa proseguire il rapporto di scambio e dialogo fra leader religiosi del Nord e del Sud: “Non abbiamo ancora reazioni ufficiali, dal Nord o dal Sud. Abbiamo in calendario un meeting, previsto il 22 dicembre in Nord Corea, per preparare l’arrivo al Sud di una delegazione di leader religiosi del Nord. Il viaggio dovrebbe avvenire l’anno prossimo, nell’ambito di un percorso di incontri bilaterali, dopo la visita dei leader religiosi del Sud, andati a Pyongynag nel settembre 2011. La nostra speranza è che tale processo di scambio continui, anche con la nuova leadership politica al Nord, per rafforzare un clima di cordialità e di amicizia fra Nord e Sud Corea”. (R.P.)

    inizio pagina

    Filippine: forte solidarietà fra le vittime del tifone. Grazie al Papa per l’incoraggiamento”

    ◊   L’emergenza è forte, c’è grande sconforto ma “altrettanto forte è la solidarietà fra le vittime”, mentre “le parole del Papa sono per tutti un grande incoraggiamento”: è quanto dice all’agenzia Fides mons. Antonio J. Ledesma, arcivescovo di Cagayan de Oro, nel Nord dell’isola di Mindanao, severamente colpita nei giorni scorsi dal tifone Sendong, che ha causato vittime in 47 municipalità nell’area delle città di Cagayan de Oro e Iligan City. Secondo il “National Disaster Risk Reduction and Management Council”, i morti sono 652 e i dispersi oltre 900, mentre il bilancio continua a crescere. “Abbiamo appena finito un meeting di emergenza – racconta l’arcivescovo – lavoriamo a stretto contatto con il governo e con le organizzazioni umanitarie. Il ‘Social Action Center’ della nostra diocesi sta lavorando alacremente in 5 grandi centri di evacuazione. Grazie ad un gran numero di volontari, stiamo distribuendo cibo, acqua e medicine. Per le prossime 2-4 settimane dovremo trovare nuovi alloggi per i profughi che vivevano lungo il fiume di Cagayan e occuparci della ricostruzione delle case. Abbiamo oltre 7.000 famiglie senza tetto, per un totale di oltre 40mila sfollati interni, nel territorio diocesano”. Per la popolazione è un momento molto triste, nota l’arcivescovo: “C’è grande dolore per le perdite di parenti e amici. Sono morti anche alcuni studenti dell’Università cattolica di Cagayan e alcuni operatori pastorali. Ma lo spirito prevalente è quello di aiuto reciproco fra le vittime. Ho inviato un messaggio di incoraggiamento alla popolazione. Vogliamo condividere il dolore con le famiglie che hanno subito lutti, e lanciare un forte appello alla solidarietà, per l’aiuto agli sfollati e anche per costruire barriere sugli argini del fiume Cagayan”. La Chiesa locale, informa il vescovo, sta ricevendo sostegno dalle altre diocesi filippine e da organizzazioni umanitarie come “Misereor” (dei vescovi tedeschi) e “Catholic Relief Service” (dei vescovi americani), che hanno diffuso appelli per l’assistenza umanitaria. La solidarietà, continua mons. Ledesma, “se portata nel nome di Cristo, non fa distinzioni di religione o di etnia: negli aiuti beneficiano anche fratelli di fede musulmana e delle comunità indigene, nel territorio. Ieri – conclude l’arcivescovo – Benedetto XVI, a conclusione dell’Angelus, ha fatto un appello per noi: vorremo ringraziarlo di cuore. Abbiamo apprezzato molto le sue parole di vicinanza e le sue preghiere. Abbiamo grande stima per lui e la gente è profondamente confortata dall’incoraggiamento del Papa”. (R.P.)

    inizio pagina

    Iraq: mons. Sako inaugura il memoriale dei martiri cristiani durante l'intervento Usa

    ◊   Mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, nel nord dell’Iraq, ha benedetto il memoriale che commemora i 36 martiri cristiani della città, dall’inizio dell’intervento americano nel 2003 a oggi. La cerimonia è avvenuta ieri, in concomitanza con la quarta domenica di Avvento. Il monumento reca impressi i nomi di tutti i cristiani scomparsi in questi otto anni, a testimonianza dell’ecumenismo che contraddistingue, riferiscono fonti locali dell'agenzia AsiaNews, questa “città multietnica e al centro di lotte per il potere”. Nella parte superiore del memoriale è stata posizionata una bella statua del Sacro Cuore di Gesù, che è anche patrono della cattedrale di Kirkuk, “con le braccia aperte” in un gesto volto ad accogliere i fedeli e “benedire e infondere coraggio alle famiglie” delle vittime della guerra. Durante la cerimonia di inaugurazione del monumento, mons. Louis Sako ha sottolineato che “il sangue dei martiri è prezioso” e costituisce un “invito alla riconciliazione per tutti gli irakeni”, soprattutto in queste settimane in cui si va completando il ritiro delle truppe statunitensi dal Paese. “Stiamo vivendo la veglia di preparazione al Natale – ha aggiunto l’arcivescovo – che annuncia la pace in terra per tutti gli uomini di buona volontà”. Per questo, conclude, “noi cristiani siamo chiamati a diventare un ponte” che sia in grado di “unire tutte le culture”. Alla cerimonia di inaugurazione del memoriale dei martiri cristiani hanno partecipato anche cinque medici di origine italiana, arrivati proprio ieri nel nord dell’Iraq per una missione umanitaria promossa da mons. Sako. Il prelato ha chiesto la loro disponibilità per curare un gruppo di ammalati, senza distinzioni di fede religiosa professata: “una dimostrazione – conclude l’arcivescovo – della solidarietà dei cristiani” a tutta la cittadinanza. Il memoriale dei martiri cristiani ricorda gli otto anni di guerra civile seguita all’intervento americano del marzo 2003 – l’operazione “Iraqi Freedom” – che ha deposto il dittatore Saddam Hussein e scatenato un sanguinoso conflitto interno. Il 15 dicembre scorso con una solenne cerimonia militare, la bandiera Usa è stata ammainata e con essa anche le ultime 4mila truppe presenti sul territorio torneranno in patria entro il 31 dicembre. La guerra è costata la vita a 4500 soldati americani – e circa mille miliardi di dollari – e a oltre 100mila irakeni. (R.P.)

    inizio pagina

    Sudan: libero il missionario comboniano sequestrato venerdì scorso

    ◊   È libero e sta bene padre Dominic Eibu, un missionario comboniano sequestrato venerdì insieme con altre due persone alla periferia di Khartoum: lo dicono fonti dell'agenzia Misna nella capitale, accreditando la pista della rapina ma riferendo anche di un clima di insicurezza legato ai difficili rapporti tra Sudan e Sud Sudan. Padre Eibu, originario dell’Uganda, è vice-provinciale e direttore di una sezione del College dei comboniani a Khartoum. Il missionario sarebbe stato rapito da un commando di uomini armati insieme con l’autista e la direttrice di una scuola cattolica con la quale stava viaggiando in automobile verso una parrocchia di Omdurman, la città gemella di Khartoum sull’altra sponda del Nilo. Secondo le fonti dell'agenzia Misna, gli aggressori volevano anzitutto rubare la macchina. Ma l’episodio seguirebbe una serie di agguati e violenze attribuite a milizie irregolari che sarebbero impegnate nell’arruolamento di giovani sud-sudanesi per farli combattere nelle regioni alla frontiera con lo Stato meridionale divenuto indipendente da Khartoum dopo la guerra civile (1983-2005). Dai Monti Nuba al Nilo Blu da alcuni mesi sono ripresi gli scontri tra le Forze armate e l’Esercito di liberazione popolare del Sudan-Nord (Spla-N), un gruppo ribelle storicamente legato al Sud. Da alcuni giorni alcune fonti denunciano reclutamenti di giovani sud-sudanesi anche da parte delle milizie di George Athor, un ex generale che alcune settimane fa ha annunciato un’offensiva armata contro il governo di Juba. (R.P.)

    inizio pagina

    Repubblica Ceca: i vescovi ricordano Vaclav Havel

    ◊   Scrittore, drammaturgo, uno dei membri fondatori di Charta 77, protagonista principale del cambiamento politico del novembre 1989, ultimo presidente della ex Cecoslovacchia e primo presidente della Repubblica Ceca. Questi sono soltanto alcuni dei tanti ruoli rivestiti da Vaclav Havel, scomparso la mattina del 18 dicembre all’età di 75 anni. I vescovi della Repubblica Ceca e della Moravia ringraziano Dio per la sua esistenza e “apprezzano tutto quello che questo grande uomo, a cui si deve la caduta del regime comunista totalitario, ha fatto per il Paese e per l’intera nazione”. Negli ultimi mesi la salute di Havel era diventata precaria e, secondo i giornali locali, si era stancato dirigendo il suo primo film “Departure”, trasmesso in anteprima nel marzo 2011; in seguito, aveva continuamente dovuto cambiare il proprio programma ufficiale a causa di gravi problemi di salute. Il presidente dalla Conferenza episcopale della Repubblica Ceca, mons. Dominik Duka, ha espresso le più sentite condoglianze ai familiari di Vaclav Havel, che aveva incontrato nel 1981 nella prigione di Bory, a Plzen, dove erano entrambi stati prigionieri. Come prigionieri di coscienza, erano diventati amici e si incontravano regolarmente per discutere di questioni sociali, umane e religiose. A decenni di distanza, nel novembre 2011, si erano nuovamente ritrovati di fronte alle telecamere della televisione nazionale della Repubblica Ceca per ricordare le memorie comuni, condividere le proprie opinioni sulle attività attuali della Chiesa e della società e per esprimere i propri desideri per il futuro. Il programma intitolato “Vaclav Havel e Dominik Duka: interrogatorio comune” avrebbe dovuto essere trasmesso il 1° gennaio 2012 ma, a causa del triste evento, i telespettatori lo hanno potuto vedere ieri nel giorno della scomparsa di Havel. (R.P.)

    inizio pagina

    Cuba: piena disponibilità del governo per la visita del Papa

    ◊   Il presidente di Cuba, Raul Castro, ha ricevuto ieri una delegazione dalla Santa Sede in vista della preparazione del prossimo viaggio di Papa Benedetto XVI nell’isola, annunciato dallo stesso Pontefice durante la Messa celebrata il 12 dicembre in San Pietro per la festa della Madonna di Guadalupe e il Bicentenario dell'indipendenza di numerosi Paesi dell’America Latina. Secondo un comunicato ufficiale, letto al telegiornale nazionale, Castro ha mostrato la sua piena disponibilità per il viaggio di Benedetto XVI, previsto per fine marzo 2012. La notizia - riferisce l'agenzia Fides - viene riproposta oggi dai media ufficiali cubani e latinoamericani, sottolineando le “eccellenti relazioni” tra Cuba e il Vaticano. L'incontro è avvenuto mentre l’immagine della Virgen de la Caridad del Cobre, patrona di Cuba, sta compiendo un pellegrinaggio senza precedenti nei quartieri, nelle sedi delle istituzioni religiose e nei luoghi più significativi de L'Avana, in occasione del Pellegrinaggio nazionale che celebra i 400 anni del ritrovamento dell’immagine mariana. Il pellegrinaggio si concluderà con una Messa all'aperto il 30 dicembre, sulla Avenida del Puerto, mentre i vescovi hanno indetto l’Anno Giubilare Mariano, dal 7 gennaio 2012 al 5 gennaio 2013. (R.P.)

    inizio pagina

    Terra Santa: Messaggio di Natale del Custode padre Pizzaballa

    ◊   “Diventare persone che si perdono, dentro la propria storia, nel cercare Dio”: è l’augurio del Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, contenuto nel Messaggio di Natale, diffuso oggi dalla Custodia. “Natale – scrive il Custode - è la storia di un Dio, venuto a nascondersi, in un campo, a Betlemme. Natale è anche storia di campi e di tesori, di uomini che trovano il campo e il tesoro. Ma per possedere il tesoro bisogna, prima, spogliarsi di tutto”. Tuttavia, per il Custode, “non basta trovare il tesoro. Bisogna giocarsi la vita” come hanno fatto Abramo, Davide, Giobbe, i profeti. “Il tesoro – si legge nel messaggio ripreso dall'agenzia Sir - ha i colori forti di tutto ciò che è radicale. Devi perdere tutto per averlo. Chi ama, perde tutto. Perché amare significa perdere tutto, donare tutto” come ha fatto Cristo che ha inaugurato “la strada del perdere. Ha perso tutto e ha ritrovato l’uomo. Come l’uomo, che perde tutto, trova Dio”. Così “la via del perdere diventa la via del trovare. Chi la percorre, trova Dio, il fratello, se stesso”. “Può darsi – afferma Pizzaballa - che al di fuori sembra non cambi nulla, che la storia e, in particolare quella della Terra Santa, continui a essere la realtà drammatica che viviamo: odi, divisioni, paure, sospetti, pregiudizi, paralisi. Ma dentro, cambia tutto! Cambia lo sguardo sulla vita perché questa vita non è solo un campo, ma è il campo che nasconde il tesoro”. (R.P.)

    inizio pagina

    Myanmar. Allarme del vescovo di Banmaw: “si spara ancora, è emergenza profughi”

    ◊   I soldati ci sono ancora e si continua a sparare e a uccidere; gli sfollati aumentano e sono disperati; la pace con le minoranze etniche kachin sembra ancora lontana: è l’allarme lanciato da mons. Raymond Sumlut Gam, vescovo di Banmaw, in un'accorata nota inviata all’agenzia Fides, esprimendo tutta la sua preoccupazione per la popolazione della sua diocesi, nel nord del Myanmar, da mesi teatro di scontri fra le truppe governative e il “Kachin Independence Army”. Secondo fonti ufficiali, il 10 dicembre il presidente Thein Sein ha ordinato all'esercito di fermare l’offensiva militare contro i Kachin. Il vescovo ha riferito di non aver visto finora alcun cambiamento, proseguendo "pesanti combattimenti in aree remote e di frontiera della regione di Banmaw, dove sono schierati migliaia di soldati, mezzi blindati ed elicotteri. Molte persone di etnia kachin - ha spiegato il presule - sono intrappolate e bloccate lungo il confine, perché sono respinte dalla Cina. Non possono fuggire, soffrono gravemente e sono vittime della guerra”. Mentre è stata annunciata per il prossimo gennaio la visita in Myanmar del ministro degli Esteri inglese, William Hague, mons. Sumlut Gam lancia un accorato appello: “Chiediamo aiuto alla comunità internazionale e ai governi stranieri perché si fermino immediatamente i combattimenti e si possa avviare un cammino di pace e di riconciliazione”. I primi scontri si sono registrati sei mesi fa, dopo 17 anni di cessate il fuoco tra le due parti. All'inizio di novembre la situazione è peggiorata a causa di una grande offensiva lanciata dalle truppe governative. Il numero degli sfollati interni continua ad aumentare ed oggi sono 57mila. Molti cercano di passare il confine, altri fuggono verso le città. Le condizioni dei rifugiati “sono pessime, con assistenza umanitaria limitata” e conseguenti rischi per la sopravvivenza, riferisce il vescovo. La Caritas di Banmaw si prende cura di circa 14 mila sfollati in diversi campi profughi, con un grande impegno di sacerdoti, religiosi e religiose, come le Francescane Missionarie di Maria. La diocesi conta 29 mila cattolici su una popolazione complessiva di circa 400 mila abitanti. (R.G.)

    inizio pagina

    India: l’impegno di religiosi e religiose nella lotta alla corruzione nel Paese

    ◊   La trasparenza, la moralità nella vita pubblica e privata, la lotta alla corruzione sono nel Dna dell’impegno di religiosi e di tutti i cristiani, nella società e nella Chiesa. E' quanto emerso - riferisce l'agenzia Fides - nel corso del Seminario svoltosi nei giorni scorsi a Jansui, nello Stato di Uttar Pradesh, nel nord dell'India, organizzato dalla Conferenza dei Superiori maggiori dell’India. L'incontro, sul tema “La nostra risposta alla corruzione nella società e nella Chiesa”, ha riunito oltre 60 delegati di Istituti religiosi maschili e femminili di diverse diocesi, chiamati a studiare il fenomeno della corruzione e a pianificare strategie per combatterla. La lotta alla corruzione è tornata in auge nel Paese dopo la grande campagna pubblica lanciata all’inizio del 2011 dal leader Anna Hazare, che ha coagulato la società civile indiana e portato una proposta di legge in Parlamento, che però non è stata ancora esaminata. “Quello che serve è il coraggio di parlare e di prendere posizione nella vita reale” ha rimarcato nel suo intervento suor Deepa, della Congregazione di Gesù, descrivendo le dimensioni della corruzione in India. “Anche noi siamo vittime di questo grande male”, ha spiegato la religiosa. “Abbiamo bisogno di essere liberati da questo male, per svolgere un ruolo profetico nella società” ha aggiunto, segnalando che “ci sono membri del personale ecclesiale che sono corrotti", per cui "urge - ha ammonito - sradicare questa minaccia dalla nostra stessa comunità”. Notando che spesso anche i religiosi “non hanno il coraggio di denunciare pratiche corrotte, diventandone, in tal modo, complici”, i partecipanti al Seminario hanno elaborato una lista di “azioni comuni”, necessarie per sradicare la corruzione. Si è deciso di lavorare su due livelli: sensibilizzazione ed educazione. Il primo impegno è promuovere una “consapevolezza condivisa” tra i membri delle comunità di provenienza, da portare poi nelle scuole, nelle parrocchie, nelle associazioni giovanili, attraverso dibattiti e assemblee. (R.G.)

    inizio pagina

    Australia: per i vescovi, i migranti sono una questione umanitaria, non solo politica

    ◊   “La questione più importante deve essere l’umanità dei migranti che fuggono dalle persecuzioni, piuttosto che la politica”: lo afferma l’Ufficio per i migranti e i rifugiati (Acmro) della Conferenza episcopale australiana. Diretto da padre Maurizio Pettenà, l’Ufficio episcopale ha espresso la sua preoccupazione dopo che, sabato scorso, un barcone con circa 200 migranti a bordo, è naufragato a largo delle coste indonesiane, mentre tentava di raggiungere l’isola australiana di Christmas. “È necessario riflettere su cosa possiamo fare per proteggere le persone in necessità – ribadisce padre Pettenà in una nota pubblicata oggi – In Australia c’è un grande bisogno di aumentare l’apporto umanitario. È importante capire che le persone che rischiano la propria vita in mare lo fanno perché vengono negate loro strade più sicure”. Ribadendo che “numerose soluzioni sono state proposte e tutte dovrebbero essere esaminate”, l’Acmro sottolinea le difficoltà di condividere al meglio le risorse dell’Australia, il che comporta “il fallimento del sistema politico e sociale nell’abbracciare pienamente la portata della sofferenza umana”. Poi, la Chiesa australiana riprende le parole pronunciate nei giorni scorsi da mons. Silvano Maria Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU di Ginevra: in occasione del 60.mo anniversario della Convenzione per i rifugiati e del 50.mo della Convenzione sulla riduzione dell’apolidia, il presule ha ricordare i 33 milioni di rifugiati presenti al mondo e gli sforzi che spesso i Paesi più poveri fanno per accoglierli. Di qui, l’invito dell’Acmro a tutti i fedeli, affinché in questo periodo natalizio “si contempli il mistero della Sacra Famiglia in cerca di un posto dove far nascere Gesù”. (A cura di Isabella Piro)

    inizio pagina

    Portogallo: in una nota pastorale i vescovi chiedono più garanzie per il lavoro

    ◊   "Una maggiore garanzia per il lavoro": è quanto chiede nell’attuale difficile congiuntura economica il Consiglio permanente della Conferenza episcopale portoghese (Cep) riunitosi nei giorni scorsi a Fatima. Nella nota pastorale "Crisi, riconoscimento e impegno", ripresa dall’agenzia Sir, i vescovi rilevano che "il ruolo del lavoro deve essere considerato fondamentale, perché costituisce la base indispensabile della sopravvivenza e della dignità umana: la sua garanzia è perciò urgente, e necessita di maggiore creatività e fattiva solidarietà, affinché questo diritto si possa estendere a tutti". In ottobre, il tasso di disoccupazione stimato dall'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico (Ocse) è salito al 12,9% (il quarto più alto tra i 34 Paesi membri). La riflessione del Consiglio permanente fissa l'attenzione su "una crescita economica insufficiente, poco solida e socialmente disuguale", indicando, quali punti di riferimento della definizione e valutazione di provvedimenti politici concreti, i quattro cardini basilari della Dottrina della Chiesa: "Dignità della persona, bene comune, sussidiarietà e solidarietà". I vescovi rilevano in modo particolare "l'importanza del sostegno familiare e delle Istituzioni private di solidarietà sociale (Ipss)", in una congiuntura economica molto difficile per il Paese, ma "soprattutto per coloro che si sono visti privare del posto di lavoro e quindi delle condizioni minime sufficienti a garantire la propria dignità e quella dei loro cari". In conclusione, il documento approfitta dell'imminente celebrazione del Natale per chiedere che "lo spirito fraterno si concretizzi nell'aiuto alle persone in difficoltà o alle istituzioni di carità", auspicando inoltre che "tutto ciò che in questo periodo si presenta come idolatria del guadagno, ostentazione e consumismo si trasformi in uno stile di vita sobrio, in cui la condivisione divenga la regola d'azione, e non costituisca solo una mera eccezione riservata a poche persone generose". (L.Z.)

    inizio pagina

    El Salvador: i vescovi chiedono ai politici una "campagna elettorale pulita"

    ◊   La Chiesa cattolica di El Salvador ha sollecitato i partiti politici del Paese a condurre una "campagna pulita" per le prossime elezioni legislative e municipali per il 2012, e mettere così fine alle "campagne sporche" che hanno caratterizzato le elezioni passate. “La Chiesa si aspetta ‘una campagna all'altezza’, una campagna propria di un Paese civile, nel senso migliore della parola, civile, democratico, dove si abbia l'opportunità di conoscere diverse proposte e scegliere liberamente” ha detto l'arcivescovo di San Salvador, mons. José Luis Escobar Alas, nel corso della sua tradizionale conferenza stampa della domenica. “Basta campagne diffamatorie che non fanno bene a nessuno e non favoriscono alcuno” ha detto il presule, che ha sottolineato: “speriamo che in questa occasione non ci sia spazio per la violenza” e che sia “un evento veramente positivo”. Ha fatto inoltre notare che il sistema elettorale, per queste prossime elezioni, "è migliorato", ma spera che tale miglioramento sia realmente effettivo nella prassi, "come accade nei Paesi democratici". La novità di queste elezioni legislative e municipali dell’11 marzo 2012 è che per la prima volta si potrà votare per singoli candidati indipendenti, per le persone, non solo per i partiti, come è stato sempre fatto. Dalle informazioni raccolte dall'agenzia Fides si apprende che il voto residenziale sarà esteso a 185 comuni dei 262 del Paese, ciò significa che i cittadini voteranno nei seggi del loro quartiere, con un sistema applicato per la prima volta. I militanti dei partiti, in particolare quelli grandi, come quello del governo, il "Frente Farabundo Marti para la Liberacion Nacional" (Fmln), e quello dell'opposizione, Alleanza Repubblicana Nazionalista (Arena), sono già per le strade della capitale, soprattutto nei dintorni dei centri commerciali, per distribuire opuscoli di propaganda. Il Tribunale Supremo Elettorale ha registrato nove partiti politici e 19 candidati indipendenti, anche se tutto sarà ufficializzato solo se saranno soddisfatti determinati requisiti, con scadenza il 20 gennaio 2012. (R.P.)

    inizio pagina

    Cina: iniziative della Caritas per i poveri ed i terremotati

    ◊   Sono stati raccolti più 100 mila euro tra offerte e beni materiali durante la tradizionale serata natalizia di beneficenza organizzata da Jinde Charities, l’organismo caritativo cattolico cinese. Durante la serata di quest’anno sono stati raccolti 50 mila euro di fondi in contanti e altri 50 mila euro di beni materiali, come piumini, medicinali, generi alimentari. La serata comunque è stata soprattutto una grande occasione di sensibilizzazione della società verso la carità cristiana. Secondo quanto ha riferito all’agenzia Fides Faith dell’He Bei, la tradizione di questa serata dura ormai da sette anni. L’iniziativa si è svolta il 17 dicembre con una grande partecipazione di realtà cattoliche e non cattoliche, cinesi e straniere, come Irish Network China, tutte unite per lo stesso obbiettivo di sostenere l’opera caritativa cattolica di Jinde Charities destinata ai poveri, agli anziani, ai bambini, agli orfani, agli ammalati, ai terremotati, alle famiglie disagiate e a tutte le fasce deboli e bisognose della società, senza distinzione di religione, etnia o classe sociale. Come ha confermato il responsabile di Jinde Charities facendo il resoconto del lavoro svolto nell’anno, “servire i nostri fratelli più piccoli come ci ha insegnato Gesù è sempre l’unico nostro obiettivo”. La serata è stata trasmessa dalla televisione locale e rilanciata ampiamente dai media regionali, sottolineando che l’iniziativa cattolica vanta ormai 7 anni di tradizione e di trasparenza nell’uso dei fondi raccolti. (R.P.)

    inizio pagina

    Indonesia: per Natale i cattolici promuovono opere di volontariato sociale

    ◊   Collaborare alla costruzione di servizi igienici e al miglioramento delle abitazioni con piccole opere di manovalanza, all’insegna della carità di spirito e del motto “Da noi, per il nostro bene”. Con questo proposito si avvicinano al Natale i fedeli della parrocchia di San Giuseppe a Sidareja, nella reggenza di Cilacap, provincia indonesiana dello Java centrale. Un’iniziativa “volontaria”, che ha riscosso grande successo in una zona in cui le case di molte famiglie cattoliche e non - l’aiuto è esteso anche ai non cristiani - mancano di bagni, sanitari e persino del pavimento. Interpellato dall'agenzia AsiaNews, padre Yohanes Vidi Wahyudi Pr ha spiegato con semplicità che “wc e toilette sono solo uno dei tanti lavori che si possono fare per testimoniare la fede” a livello pratico; a questi, si aggiungono interventi come “la realizzazione di pavimenti in cemento” per case costruite sulla nuda terra. Nella zona i cattolici sono una piccola minoranza, circa 4 mila, rispetto alla stragrande maggioranza di musulmani. Molti di loro svolgono mansioni umili di operaio, contadino, pescatore. “Considerato che non dispongono di ingenti risorse economiche – sottolinea il sacerdote – essi preferiscono contribuire con il lavoro pratico, per testimoniare lo spirito di solidarietà”. In particolare, il progetto coinvolge persone con spiccate abilità manuali e che hanno ribadito di “lavorare senza alcun compenso”. Lo scorso anno la comunità cattolica aveva promosso un'iniziativa che riguardava la “riforestazione” dell’area grazie all’impianto di nuovi alberi lungo le strade. Un’idea che ha ricevuto il sostegno del ministero delle Foreste e delle locali Forze dell’ordine, che hanno dato la propria adesione. Per meglio promuovere lo spirito natalizio, conclude padre Yohanes, abbiamo ancora un progetto: la visita di famiglie cattoliche che abitano in località remote, per instaurare “migliori rapporti” e renderle partecipi di questa vigilia di festa. (R.G.)

    inizio pagina

    Rwanda: conclusa la Plenaria della Conferenza episcopale

    ◊   La Conferenza episcopale del Rwanda (Cepr) si è riunita nei giorni scorsi a Kigali, in occasione della quarta assemblea ordinaria del 2011. Presieduta dal presidente dei vescovi, mons. Smaragde Mbonyintege, la riunione ha visto diversi temi all’ordine del giorno: come riporta una nota diffusa al termine dei lavori, i presuli hanno esaminato “la vita della Chiesa nelle rispettive diocesi” ed hanno ascoltato il rapporto presentato da una delegazione del Tribunale ecclesiastico interdiocesano del Paese, approvandone il regolamento interno. Quindi, la Cepr ha partecipato “alla cerimonia di professione di fede e di giuramento dei giudici e dei ministri di tale Tribunale, previsto dal Codice di Diritto canonico”. La Chiesa del Rwanda ha poi ricordato la recente visita di Benedetto XVI in Benin, dal 18 al 20 novembre scorso, in occasione della consegna, a tutti i vescovi africani, dell’Esortazione apostolica post sinodale Africae Munus. Centrale, inoltre, la collaborazione offerta dalla Cepr ad altri organismi, tra cui la Commissione pastorale per la gioventù, che ha presentato il progetto per l’Incontro internazionale dei giovani, in programma a Kigali dal 14 al 18 novembre 2012 ed organizzato dalla Comunità di Taizè. L’assemblea è stata anche un’occasione per rinsaldare i legami tra i vescovi, la Società biblica del Rwanda e le Congregazioni devote al Sacro Cuore di Gesù, le quali hanno presentato il pellegrinaggio delle reliquie della loro fondatrice, Santa Margherita Maria Alacoque, previsto in Rwanda dal 7 al 22 giugno 2012. (I.P.)

    inizio pagina

    Roma: dall'Angelicum appello di ebrei, cristiani e islamici, a non violare i luoghi sacri

    ◊   Mai violare i luoghi sacri alle altrui religioni, anche in tempo di guerra, e "tenere i luoghi santi fuori dal conflitto". È l’appello lanciato giovedì - dopo la notizia di due moschee date alle fiamme in Terra Santa - da studiosi e leader religiosi ebrei, cristiani e musulmani riuniti nella Pontificia Università San Tommaso d’Aquino (Angelicum) per elaborare un concetto comune di spazio sacro nelle rispettive tradizioni religiose. Si tratta - riferisce L'Osservatore Romano - di esperti teologi, giuristi e sociologi provenienti da dodici diversi Paesi, fra i quali Iran, India e Israele. Nel corso dei lavori, i partecipanti alla Conferenza "Guerra o pace? I luoghi sacri contesi", hanno sottoscritto una dichiarazione comune: "Noi - vi si legge - assicuriamo il fermo impegno a proteggere tutti gli spazi santi di tutte le religioni. Questo impegno è sia teorico che pratico. In via di principio, ogni casa nella quale Dio è chiamato in verità e sincerità è santificata dalla ricerca di Dio e deve essere rispettata da tutti. In termini pratici, ogni atto di distruzione può in breve tempo rivolgersi contro gli stessi autori e generare un infinito ciclo di rappresaglie, contrari alla gloria di Dio". Continua la dichiarazione: "Noi chiediamo a tutte le parti di non violare i luoghi sacri degli altri, anche in tempo di guerra. Questo impegno non è solo un segno di rispetto per l’unico Dio che tutti riconosciamo ma anche una via concreta per imparare a praticare il rispetto l’uno con l’altro". Secondo gli studiosi e leader ebrei, cristiani e musulmani, "tenere i luoghi santi fuori dal conflitto è un piccolo passo per umanizzare una difficile condizione e per ricordare che Dio è il nostro più grande valore e la nostra più grande ispirazione". "Preghiamo - è la conclusione - che tale riconoscimento possa aprire la strada per una maggiore comprensione, una maggiore armonia e per la pace". Come accennato, gli studiosi e religiosi - fra essi islamici sunniti come Yasir Qadhi, sciiti, come l’ayatollah Mostafa Mohaghegh Damas, e sufi, come lo sceicco Abd al-Wahid Pallavicini, insieme con il rabbino israeliano Daniel Sperber e Robert A. Destro, della Columbus School of Law - si sono riuniti all’Angelicum per un confronto inedito, nel quale sono esaminate le radici teologiche, politiche e sociali dei conflitti che riguardano la gestione dei luoghi sacri sui quali diverse religioni allo stesso tempo vantano diritti e autorità. L’obiettivo è quello di arrivare a una definizione condivisa di "luogo sacro" in modo da verificare, su base teologica, la legittimità dell’esclusione dei fedeli di altre religioni. Un’esigenza sentita non solo riguardo ai luoghi sacri più noti ma anche in quelli di cui spesso non si parla, come in India, per esempio. Il controllo dei luoghi sacri alle religioni - affermano gli organizzatori - costituisce "un problema a livello globale" ma "il confronto sul tema può tramutarsi al tempo stesso in una occasione per un dialogo fra religioni consapevole e aperto alla possibilità, se non di una pace, almeno di una coesistenza pacifica". (R.G.)

    inizio pagina

    Pakistan: a Faisalabad, simposio di poesia per promuovere il dialogo islamo-cristiano

    ◊   Un simposio di poesia, per celebrare “la nascita del Principe della pace” e prepararsi al Natale: è l’iniziativa promossa nel fine settimana dalla Commissione per il dialogo interreligioso della diocesi di Faisalabad, che si è tenuta nella locale curia vescovile. Scopo dell’evento, spiegano gli organizzatori all'agenzia AsiaNews, è la diffusione di un messaggio di pace attraverso i versi e il consolidamento dei rapporti fra diverse comunità. Hanno dato la loro adesione circa 125 fra poeti locali di primo piano. Sacerdoti, suore, studenti, intellettuali e amanti delle belle arti cristiani e musulmani. Presidente dell’iniziativa il celebre poeta e autore Arshad Javed; ospite speciale della serata padre Khalid Rasheed Asi, che ha presenziato alla lettura delle opere in rima e versi. L’accensione di una candela, simbolo di pace, ha caratterizzato l’inizio del simposio di poesia; quindi il vescovo locale mons. Jospeh Coutts ha tagliato un dolce di Natale, accompagnato da poemi di autori cristiani e musulmani. Pace, armonia, uguaglianza, perdono nelle diverse culture, religioni e lingue del Pakistan (urdu, punjabi e saraiki) i temi più gettonati dell’evento, tenutosi sabato scorso nella casa del vescovo. Molti i richiami ai simboli di pace, fra cui fiori, colombe bianche, ramoscelli d’ulivo, farfalle, astri e galassie, metafore per illustrare la condizione delle donne, dei lavoratori e dell’armonia religiosa; un modo, raccontano i presenti, per promuovere pace e amore a dispetto dell’odio che ancora oggi persiste in alcuni ambienti della società. Arshad Javed, affermato poeta pakistano, ricorda che le diverse comunità non devono incontrarsi solo per feste religiose, ma frequentarsi “con maggiore assiduità” per costruire una “cultura di pace, rispetto e comprensione”. Egli auspica anche un rafforzamento della “laicità” dello Stato, in un contesto multiconfessionale. Padre Khalid Rasheed Asi, vicario generale di Faisalabad, sottolinea che “poeti e scrittori sono messaggeri di pace” perché possono promuovere “soluzioni pacifiche ai conflitti violenti” che stravolgono le società. Il sacerdote aggiunge che Gesù è il “Principe della pace”, sceso sulla terra per avvicinare gli uomini dando la vita ai morti, al contrario di quanto fanno gli estremisti che la tolgono ai vivi. Infine padre Aftab James Paul, direttore della Commissione diocesana, secondo cui la poesia è il mezzo migliore per diffondere la pace perché “non ha confini”. (R.P.)

    inizio pagina

    L'addio di Capo Verde a Cesária Évora, voce e nostalgia del Paese

    ◊   “Era il volto semplice e umano della donna capoverdiana, la ricordo così”: padre Ottavio Fasano, missionario dal 1965 nell’arcipelago della “sodade” e delle “mornas”, ha incontrato l’ultima volta la “diva a piedi nudi” all’aeroporto dell’Isola del Sale. È una lingua d’asfalto in una terra battuta dal vento, prolungamento del Sahel nell’Atlantico arso dalla siccità. Cesária Évora è scomparsa sabato all’età di 70 anni. Era voluta tornare dopo essere diventata con le sue canzoni l’ambasciatrice di Capo Verde nel mondo. “La sua casa a Mindelo – racconta padre Fasano all'agenzia Misna – era sempre aperta: viveva con la gente e per la gente”. Il suo primo disco, “La diva aux pieds nus”, era stato registrato a Parigi nel 1988. Da allora la sua voce dolce e profonda aveva conquistato la critica e il pubblico con le “mornas” nostalgiche e le “coladeiras” cariche di allegria. Capo Verde ora la piange. Due giorni di lutto fino ai funerali di domani, nel cimitero di Sao Vicente, l’isola dove Cesária era tornata dopo esser stata costretta a ritirarsi dalle scene a settembre a causa della malattia. “Rappresentava la nostalgia di un popolo che vive sognando di emigrare” dice padre Fasano, raccontando della siccità del 1947 e della mancanza di acqua che continua a rendere difficile la vita nell’arcipelago. Nella voce e nei versi della “diva a piedi nudi” c’era questo sentimento, amaro e dolce allo stesso tempo: “Sì io piango/Vanno via/Ma nelle mie lacrime c’è tenerezza perché penso già al ritorno dei miei cari”. (R.P.)


    inizio pagina

    Roma: domani a Trastevere la 1.a edizione del Presepe vivente

    ◊   Domani alle 18,30 parte da Ponte Sisto la prima edizione del Presepe vivente a Trastevere. L’iniziativa nasce dal desiderio dei bambini del quartiere di vivere in maniera attiva il Natale, con la nascita di Gesù, l’adorazione dei pastori e la venuta dei Re Magi. Rosalba Giugni e Carmen Di Penta, presidente e direttore generale di Marevivo, trasteverine d’adozione, hanno così ideato e organizzato la manifestazione che coinvolgerà la cittadinanza, le quattro Parrocchie e le associazioni dell’antico Rione di Trastevere. Il progetto è realizzato in collaborazione con Roma Capitale I Municipio, l’Associazione Confraternita di Sant’Antonio, con padre Umberto, parroco di Santa Dorotea e con la Sovraintendenza ai Beni Culturali di Roma Capitale. Il cammino della Sacra Famiglia, che partirà da Ponte Sisto per arrivare a piazza Trilussa, sarà accompagnato da 50 bambini, piccoli angeli vestiti d’argento, che porteranno la luce della cometa e da 15 ragazzi angeli alati che seguiranno con una piccola fiaccolata, e poi ancora i pastori, i Re Magi che arriveranno a bordo di una botticella romana, uomini e donne del popolo, tutti con i costumi di scena. La regia è stata affidata a Jan Michelini, che ha voluto contestualizzare l’evento utilizzando come grotta la fontana della piazza, animata da una coreografia di luci, e inserendo in programma la recita dell’Ave Maria di Trilussa. Il violinista Olen Cesari ha curato la direzione artistica, l’angelo narrante è Mita Medici. A chiusura un messaggio di pace con la benedizione di mons. Benedetto Tuzia, vescovo ausiliario di Roma. (R.P.)

    inizio pagina

    24 Ore nel Mondo



    La Siria accetta osservatori internazionali ma senza “obbedire”

    ◊   Almeno sette civili siriani sono stati uccisi oggi in varie località del Paese dalle forze fedeli al presidente Bashar al Assad e un ottavo è stato ritrovato morto a Homs, ucciso secondo gli attivisti anti-regime, dalle torture subite in carcere. Intanto, giunge dal Cairo la notizia che la Siria ha accettato l'invio di osservatori arabi. Il ministro degli Esteri, Walid Muallem, ha firmato un protocollo che autorizza l'invio di osservatori della Lega Araba, in base al piano arabo di uscita dalla crisi che Damasco ha condiviso ma mai applicato. Tuttavia, Muallem ha pure sottolineato che la Siria è intenzionata a “lavorare con i Paesi arabi”, ma “non intende obbedire a nessuno”. Importante anche la notizia della liberazione, ieri sera, della blogger siro-americana, Razan Ghazzawi, arrestata due settimane fa dal regime siriano. La libertà è stata concessa a fronte di una cauzione di 15 mila lire siriane (circa 300 dollari): lo ha annunciato il Centro siriano per l'informazione e la libertà d'espressione per il quale la donna lavora. La blogger, 31 anni, sarà processata per aver “indebolito il sentimento nazionale”, “creato un'organizzazione che mira a cambiare lo status sociale ed economico dello Stato” e “ravvivato i dissensi confessionali”, secondo l'ong che, rallegrandosi della sua liberazione, chiede il ritiro delle accuse contro di lei. Ghazzawi, che dal 2009 anima un blog a suo nome "Razaniyyat" in cui critica il regime siriano, rischia da tre a quindici anni di prigione.

    Un manifestante morto oggi in Egitto: da venerdì 11 vittime
    Un manifestante morto stamani in nuovi scontri con le forze di sicurezza egiziane scoppiati in piazza Tahrir, al Cairo. Profonda preoccupazione per la situazione egiziana è stata espressa dal segretario di Stato americano, Hillary Clinton, e dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon.

    Vertice Ue-Ucraina
    Pesa l'incognita del processo all’ex premier, Iulia Timoshenko, sul vertice tra Ucraina e Unione Europea, oggi a Kiev, organizzato per arrivare a un accordo di associazione e creare una zona di libero commercio tra Kiev e Bruxelles. Il presidente ucraino, Viktor Yanukovich, ha accolto la delegazione di Bruxelles, guidata dal presidente dell’Ue, Herman Van Rompuy, dal presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, e dal commissario all’Allargamento, Stefan Fule. Secondo gli analisti internazionali, il summit potrebbe concludersi con un nulla di fatto e con il congelamento dell'intesa, a seguito della condanna della Timoshenko a sette anni di prigione, per abuso di potere legato a un controverso contratto per le forniture di gas siglato con Mosca, quando l’eroina della Rivoluzione arancione del 2004 era premier. Ne parla Luigi Geninazzi, esperto di area ex sovietica del quotidiano Avvenire, intervistato da Giada Aquilino:

    R. - L’ex premier Timoshenko, condannata a sette anni di carcere e attualmente in prigione, è un pò il “convitato di pietra” di questo vertice: pesa, appunto, come un macigno perché alcuni mesi fa già si pensava a un summit tra Bruxelles e Kiev come a un punto di svolta per un accordo economico e politico, che potesse portare a un’associazione con l’Unione Europea, il primo passo di una lunga strada per fare, eventualmente, il pieno ingresso nel club dei 27. Oggi sappiamo che non è così: il caso della Timoshenko è un pò la pietra di inciampo, ma è anche la spia che illumina tutta una situazione che si sta aggrovigliando in Ucraina, perché il nuovo presidente Yanukovich – quello che era stato contestato nel 2004 per brogli e che era stato poi messo da parte dalla Rivoluzione arancione – è tornato al potere e, a quanto pare, con grandi propositi di vendetta.

    D. – Al di là del lato politico, fin qui che tipo di relazioni sono state quelle tra Unione Europea e Ucraina?

    R. – C’è stata una stagione di grandi speranze dopo il 2004, soprattutto perché alcuni Paesi dell’Est – a cominciare dalla Polonia – hanno stretto legami di amicizia superando ostilità radicate nella storia. L’Ucraina aveva ormai messo un piede nell’Europa e il processo di democratizzazione sembrava avanzato. Purtroppo, è ricaduta all’indietro: è uno dei grandi Paesi dell’ex Unione Sovietica che sembra ancora fermo a una situazione di caos e di incertezza, come lo erano vent’anni fa tutti i Paesi usciti dal crollo del comunismo. Solo che, per l'appunto, sono passati vent’anni.

    D. – In questo quadro geo-politico, che ruolo gioca esattamente Mosca?

    R. – La paura legata alle rivoluzioni colorate scoppiate nel 2004 in vari Paesi nell’orbita di Mosca è rientrata. Sta tornando in un altro modo: sta tornando con una “rivoluzione incolore”, come la chiamano ironicamente adesso a Mosca. Kiev, però, non è più un modello cui guardare. Quello che succede in Ucraina adesso è, da un certo punto di vista, paradossale per Mosca, perché vede condannato al carcere un personaggio che era stato inviso, addirittura messo in contumacia, da Mosca – cioè la Timoshenko – e poi con lei si era riaperto un dialogo e Putin aveva siglato un patto: proprio quel patto è adesso messo sotto accusa dal regime del presidente ucraino Yanukovich. Quel patto che è stato condannato platealmente fino a diventare una colpa, un reato. Quindi se Putin, da un lato, può essere velatamente soddisfatto che un vecchio avversario sia finito male, dall’altro vede che tutto sta tornando nel caos.

    D. – Quanto vale oggi l’affare del gas, che riguarda la condanna della Timoshenko ma anche Mosca e l’Unione Europea?

    R. – Pesa molto, ma bisogna anche dire che qui l’Ucraina ha sempre giocato un pò da punto di passaggio per i gasdotti, quindi era un Paese con cui bisognava assolutamente trattare. Ricordiamo le crisi del gas degli ultimi anni. Adesso invece Mosca, con la Germania, ha messo in atto il “Nord Stream” e farà poi il “Sud Stream”: un gasdotto che collega direttamente la Russia con il più grande Paese dell’Unione Europea - la Germania - aggirando i Paesi “scomodi” come appunto l’Ucraina. (bi)

    Intervento di Draghi in europarlamento e videoconferenza ministri Finanze
    I presidente della Banca Centrale, Mario Draghi, interviene oggi davanti alla Commissione affari economici e monetari del parlamento europeo. In un’intervista al Financial Times, Draghi spiega che la crescita economica mondiale sta decelerando, l'incertezza è aumentata ed è necessario ripristinare la disciplina fiscale nell'area euro e accelerare l'attuazione del Fondo salva-Stati Efsf (European financial stability facility), che allenterà le pressioni sui bond e sulle banche. Nel pomeriggio, ministri delle Finanze Ue si ritrovano in videoconferenza con all'ordine del giorno, fra l'altro, il tema dei prestiti bilaterali al Fondo monetario internazionale (Fmi), sollecitati dal vertice Ue dell'8 e 9 dicembre per poter affrontare al meglio la crisi dei debito sovrani. Intanto, a Varsavia si tiene la cerimonia per la firma del Trattato di adesione all’Unione Europea della Croazia.

    Risale lo spread tra Btp e bund
    Risale lo spread tra Btp e bund tedesco indicato, stando alle prime indicazioni della giornata della piattaforma Bloomberg, a 518,6 punti. In rialzo anche il rendimento del titolo decennale che sale al 7,05%. Venerdì scorso, lo spread aveva chiuso a 474 punti con un rendimento del 6,59%. Resta sopra la soglia dei 500 punti base lo spread tra Btp e Bund, con oscillazioni attorno a 508 punti, ma il rendimento del 10 anni italiano cala sotto il 7% al 6,96%. In discesa anche il rendimento dei titoli biennali che segna un ribasso di 12 punti base al 5,17%. Sul mercato obbligazionario la tensione è sempre alta per le persistenti incertezze sull'efficacia delle mosse dell'eurozona contro la crisi del debito sovrano e sul ruolo più incisivo di Fmi e Bce. Ma a pesare sono anche i timori legati alla morte del dittatore nordcoreano, Kim Jong-Il, che hanno contribuito a rafforzare gli acquisti di Bund.

    Spagna: il premier annuncia 16,5 miliardi di tagli
    Il premier spagnolo, Mariano Rajoy, ha annunciato tagli nelle spese per 16,5 miliardi nel 2012 come misure di austerità. Rajoy ha poi annunciato nel discorso di innvetitura che entro gennaio ci sarà l'ok alla "regola d'oro" sull'equilibrio di bilancio in Costituzione, che fissa al 2020 il tetto del 60% del debito e del 0,45% del deficit.

    Almeno 650 morti nel sud delle Filippine per le piogge torrenziali
    Il tifone Washi che ha devastato il sud delle Filippine ha lasciato dietro di sé morte e distruzione. Con un bilancio che si aggrava di ora in ora: almeno 650 morti, più di 800 dispersi e 35 mila sfollati. Il servizio di Fausta Speranza:

    Emergenza umanitaria, mentre si continua a scavare nel fango per cercare di salvare vite. Ieri, l'isola di Mindanao è stata colpita da violentissime raffiche di vento che hanno complicato ogni cosa. Ma a causare i maggiori danni sono state soprattutto le piogge torrenziali che si sono abbattute nelle zone delle città di Cagayan de Oro e Iligan, creando frane, smottamenti ed esondazioni improvvise dei corsi d'acqua che hanno travolto villaggi, case e persone, spazzati verso il mare. Nelle immagini che arrivano, scenari di devastazione: case distrutte, cumuli di macerie, auto, strade interrotte, comunicazioni paralizzate, emergenza idrica e blackout elettrici, mentre gli obitori e le strutture di raccolta delle vittime sono al collasso. Oltre 20 mila soldati sono impegnati nei soccorsi in una frenetica corsa contro il tempo per salvare ancora persone rimaste intrappolate sotto la coltre di fango che ha sepolto interi villaggi. Le Filippine sono interessate ogni anno da una ventina di tempeste tropicali, ma l'isola di Mindanao è solitamente meno colpita. Per questo, probabilmente la violenza di Washi è stata sottovalutata: non è chiaro se da parte dei residenti nonostante gli avvisi o se da parte anche delle autorità locali. Da parte sua, la Protezione civile locale assicura che erano state fornite adeguate avvertenze.

    Quattro manifestanti morti in Egitto
    Almeno quattro manifestanti sono morti stamani in nuovi scontri con le forze di sicurezza egiziane scoppiati in piazza Tahrir, al Cairo. Profonda preoccupazione per la situazione egiziana è stata espressa dal segretario di Stato americano, Hillary Clinton, e dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Il servizio di Stefano Leszczynski:

    Fonti ospedaliere del Cairo riferiscono di almeno 14 vittime negli ultimi quattro giorni di scontri tra i manifestanti e le forze di sicurezza. Le proteste riesplose venerdì scorso in Piazza Tahrir, luogo simbolo della rivolta che a febbraio provocò la caduta del presidente Mubarak, sono dirette contro il potere della giunta militare e reclamano l’istituzione di un governo civile. Durissima la risposta dei militari egiziani, che parlano di un complotto ordito dall’esterno, e puntano a impedire ogni manifestazione di dissenso. Le vie che collegano la piazza ai palazzi governativi sono state sbarrate con muri di cemento. I militari hanno arrestato oltre 180 persone sospettate di avere preso parte agli scontri. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha accusato le forze di sicurezza egiziane di uso eccessivo della forza nei confronti dei manifestanti, mentre il segretario di stato Usa, Hillary Clinton, ha chiesto al governo del Cairo di rispettare il diritto di espressione e di riunione di tutti gli egiziani. In questo clima, intanto, l’Egitto si prepara ad affrontare il terzo turno elettorale per i rappresentanti della Camera bassa dell’Assemblea nazionale, in programma il 2 e il 3 gennaio prossimi.

    Rovesciamento piattaforma petrolifera in estremo oriente russo: 16 morti
    Sale a 16 il bilancio delle vittime del rovesciamento della piattaforma petrolifera di Gazprom affondata nel mare di Okhotsk, nell'estremo oriente russo, mentre veniva trainata dalla penisola della Kamciatka all'isola di Sakhalin durante una tempesta. Lo riferisce radio Kommersant. Solo quattro corpi sono stati recuperati dall'acqua. Quattordici persone erano state tratte in salvo ieri, mentre i dispersi sono 37, con scarsissime speranze di essere ritrovati vivi. Circa metà delle 67 persone a bordo della piattaforma non era autorizzata ad essere presente, in base alle regole sui trasporti. Lo riferisce il quotidiano Kommersant citando una fonte vicina all'inchiesta. Stando alla normativa, solo al capitano e a una minima parte dell'equipaggio necessaria per il trasporto è permesso stare a bordo quando la piattaforma è rimorchiata. Nel caso della piattaforma Kolskaia, invece, c'erano ingegneri, assistenti, operatori, imbarcati forse per risparmiare sull'uso di una nave.

    Accordo tra Mosca e Teheran su giacimento petrolifero nel sud dell'Iran
    Russia e Iran hanno siglato ieri un contratto del valore sino a un miliardo di dollari per sviluppare il giacimento petrolifero di Zagheh nel sud dell'Iran. Lo riferisce oggi l'agenzia Ria Novosti. L'accordo è stato firmato tra la Tatneft, uno dei maggiori produttori petroliferi russi, e l'iraniana Petroleum Engineering and Development Company (Pedec), una sussidiaria della National Iranian Oil Company (Nioc). La capacità produttiva del giacimento dovrebbe raggiungere i sette mila barili al giorno nella prima fase e i 55 mila barili al giorno nella seconda fase. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 353

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.