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Sommario del 18/12/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Toccante visita di Benedetto XVI nel carcere romano di Rebibbia. Il Papa ai detenuti: sono venuto a dirvi che Dio vi ama
  • Visita del Papa a Rebibbia, testimonianze di un detenuto, un seminarista e un agente della polizia penitenziaria
  • All'Angelus il Papa prega per le Filippine colpite da una violenta tempesta tropicale. Maria umile e sapientissima, Dio rispetta la sua dignità e la sua libertà
  • Oggi in Primo Piano

  • Economia, ancora segni di instabilità dai mercati. Intervista con il prof. Paolo Guerrieri
  • Repubblica Democratica del Congo: dopo l'esito delle presidenziali, l'opposizione annuncia proteste
  • Giornata Internazionale dei migranti, Ban Ki-moon: i migranti sono una risorsa
  • Il presidente Napolitano ad Assisi per assistere al concerto di Natale
  • Dipendenza da internet: in maggioranza sono ragazzi, fruitori di social network
  • Nuovo libro di padre Raniero Cantalamessa “Eros e Agàpe”
  • Chiesa e Società

  • Sri Lanka. Una “legge anti-conversioni” minaccia i cristiani
  • Yemen. Migliaia di persone a rischio fame e sanità per il blocco degli aiuti
  • Italia. L’impegno degli Scalabriniani per l’accoglienza e la solidarietà
  • Usa. La Chiesa si prepara a celebrare la Settimana nazionale per le vocazioni
  • Brasile. Nuovo farmaco per i bambini affetti dal morbo di Chagas
  • Messico. Messaggio di Natale dell'arcidiocesi di Xalapa: l’incertezza della crisi porta a cercare Dio
  • Moldavia. I Salesiani promuovono un centro per orfani e bambini a rischio
  • Cina. I cattolici si preparano al Natale
  • 24 Ore nel Mondo

  • Oltre 650 morti nelle Filippine a causa del passaggio del tifone Washi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Toccante visita di Benedetto XVI nel carcere romano di Rebibbia. Il Papa ai detenuti: sono venuto a dirvi che Dio vi ama

    ◊   Dove c’è un detenuto, lì c’è Cristo. Con queste parole, Benedetto XVI si è rivolto ai reclusi del carcere romano di Rebibbia, dove stamani si è recato in visita. La Chiesa – ha detto il Papa - “riconosce la propria missione profetica di fronte a coloro che sono colpiti dalla criminalità e il loro bisogno di riconciliazione, di giustizia e di pace”. I carcerati – ha aggiunto – “meritano di essere trattati con rispetto e dignità”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Le parole del giudizio finale raccontato dall’evangelista Matteo - “Ero in carcere e siete venuti a trovarmi” - esprimono il senso della visita del Papa nel carcere romano di Rebibbia:

    “Dovunque c’è un affamato, uno straniero, un ammalato, un carcerato, lì c’è Cristo stesso che attende la nostra visita e il nostro aiuto. È questa la ragione principale che mi rende felice di essere qui, per pregare, dialogare ed ascoltare”.

    Il Santo Padre, rivolgendosi ai detenuti, ha aggiunto che l’amore di Dio non conosce confini:

    “Sono venuto a dirvi semplicemente che Dio vi ama di un amore infinito e siete sempre figli di Dio. E lo stesso unigenito Figlio di Dio, il Signore Gesù, ha fatto l’esperienza del carcere, è stato sottoposto a un giudizio davanti a un tribunale e ha subito la più feroce condanna alla pena capitale”.

    Il Pontefice ha ricordato che è urgente “ristabilire la giustizia, “rieducare i colpevoli”, bandire “i casi di errori della giustizia” e le “numerose occasioni di non applicazione della legge”:

    “I carcerati sono persone umane che meritano, nonostante il loro crimine, di essere trattati con rispetto e dignità”.

    La giustizia umana e quella divina – ha poi detto il Papa – sono molte diverse:

    “Certo, gli uomini non sono in grado di applicare la giustizia divina, ma devono almeno guardare ad essa, cercare di cogliere lo spirito profondo che la anima, perché illumini anche la giustizia umana, per evitare – come purtroppo non di rado accade – che il detenuto divenga un escluso”.

    Si deve sempre osservare – ha affermato il Santo Padre - il vero spirito della legge:

    “Pieno compimento della legge è l’amore, scrive san Paolo (Rm 13,10): la nostra giustizia sarà tanto più perfetta quanto più sarà animata dall’amore per Dio e per i fratelli”.

    Dopo aver ricordato che il sovraffollamento e il degrado possono rendere ancora più amara la detenzione, il Papa ha auspicato che il Natale, ormai vicino, riaccenda il cuore “di speranza e di amore”:

    “Il Bambino di Betlemme sarà felice quando tutti gli uomini torneranno a Dio con cuore rinnovato. Chiediamogli nel silenzio e nella preghiera di essere tutti liberati dalla prigionia del peccato, della superbia e dell’orgoglio: ciascuno infatti ha bisogno di uscire da questo carcere interiore per essere veramente libero dal male, dalle angosce e dalla morte”.

    Benedetto XVI ha quindi risposto alle domande poste da alcuni detenuti:

    D. - Desidero chiedere a Vostra Santità se questo suo gesto sarà compreso nella sua semplicità, anche dai nostri politici e governanti affinché venga restituita a tutti gli ultimi, compresi noi detenuti, la dignità e la speranza che devono essere riconosciute ad ogni essere vivente.

    R. - Io sono venuto soprattutto per mostrarvi questa mia vicinanza personale e intima. I responsabili faranno il possibile per migliorare questa situazione, per aiutarvi a trovare realmente, qui, una buona realizzazione di una giustizia che vi aiuti a ritornare nella società con tutto il rispetto che esige la vostra condizione umana.

    D. - Mi chiamo Omar. Più che una domanda preferisco chiederti di permetterci di aggrapparci con te con la nostra sofferenza e quella dei nostri familiari. Ti voglio bene.

    R. - Anch’io ti voglio bene, e sono grato per queste parole che toccano il mio cuore. Sono venuto, perché so che in voi il Signore mi aspetta.

    D. - Mi chiamo Alberto. Santità, le sembra giusto che ora che sono un uomo nuovo, e da due mesi papà di una splendida bambina di nome Gaia, non mi concedano la possibilità di tornare a casa, nonostante abbia ampiamente pagato il debito verso la società?

    R. - Anzitutto, felicitazioni! Sono felice che lei sia padre, che lei si consideri un uomo nuovo. Prego e spero che quanto prima lei possa realmente avere in braccio sua figlia, essere con sua moglie e con sua figlia per costruire una bella famiglia e così anche collaborare al futuro dell’Italia.

    D. - Sono Federico. Troppo poco si parla di noi, spesso in modo così feroce come a volerci eliminare dalla società. Questo ci fa sentire sub-umani.

    R. – Dobbiamo sopportare che alcuni parlano in modo feroce - parlano in modo feroce anche contro il Papa e tuttavia andiamo avanti. Mi sembra importante incoraggiare tutti che abbiano il senso delle vostre sofferenze. Ognuno può cadere, ma Dio vuole che tutti arrivino da Lui, e noi dobbiamo cooperare con lo Spirito di fraternità. Il Signore vi aiuterà e noi siamo vicini a voi.

    D. - Santità, mi è stato insegnato che il Signore vede e legge dentro di noi. Mi chiedo perché l’assoluzione è stata delegata ai preti. Se io la chiedessi in ginocchio, da solo, dentro una stanza, rivolgendomi al Signore, mi assolverebbe?

    R. - Direi due cose. La prima: naturalmente, se Lei si mette in ginocchio e con vero amore di Dio prega che Dio perdoni, perdona. Ma l’assoluzione del prete, l’assoluzione sacramentale è necessaria per realmente risolvermi, assolvermi da questo legame Dio mi perdona, mi riceve nella comunità dei suoi figli.

    D. – Santità, lo scorso mese è stato in visita pastorale in Africa, nella piccola nazione del Benin, una delle nazioni più povere del mondo. Le chiedo: loro muoiono tra povertà e violenze. Forse Dio ascolta solo i ricchi e i potenti?

    R. – I criteri di Dio, sono diversi dai nostri, Dio dà anche a questi poveri gioia, la riconoscenza della sua presenza, e naturalmente ci chiama tutti perché noi facciamo tutto perché possiamo uscire da queste oscurità delle malattie, della povertà.


    Prima di lasciare il carcere romano di Rebibbia, il Papa ha infine rivolto i propri auguri di Natale:

    “Buona domenica anche buon Natale. Auguri, grazie ...".

    (Applausi)


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    Visita del Papa a Rebibbia, testimonianze di un detenuto, un seminarista e un agente della polizia penitenziaria

    ◊   Subito dopo la visita al carcere di Rebibbia, il nostro inviato Davide Dionisi ha raccolto alcune testimonianze. La prima è quella di un detenuto che, insieme ad altri, per Benedetto XVI ha preparato dei dolci. Ascoltiamola:

    R. – Lavoriamo in cucina … abbiamo fatto lo “Strudel” e un’altra torta austriaca. E’ venuta bene, al Papa gli è piaciuta …

    D. – Come ha vissuto questo momento?

    R. – E’ una cosa emozionante! Mi sono commosso … il Papa è stato molto vicino a noi, mi ha fatto una bella impressione …

    D. – Cosa significa abbracciare il Papa in questo contesto?

    R. – Vuol dire molto. Siamo molti in questo istituto, circa 1.750 persone e quindi altri detenuti non possono entrare. Ora vediamo cosa accadrà con le nuove disposizioni del governo: non per me, che ho una condanna alta, però altre persone potranno uscire …

    D. – Come ha trovato il Papa?

    R. – Molto bene. E’ un uomo molto appagato …

    Sono molte le difficoltà per chi vive in un istituto di pena ma la visita del Papa è stata un momento importante, preparato con cura. Come sottolinea al microfono di Davide Dionisi, Paolo Scipioni uno dei tanti seminaristi che fanno volontariato all’interno del carcere di Rebibbia:

    R. – Abbiamo cercato di preparare i detenuti all’arrivo del Papa con delle catechesi e soprattutto con la preghiera. Tutti i detenuti sono molto contenti della visita del Papa, e soprattutto sono fiduciosi e pieni di speranza che questa venuta possa portare qualche modifica alla loro vita, che qui dentro è molto difficile.

    D. – Quali sono le difficoltà che quotidianamente incontrate nel vostro ministero?

    R. – Sicuramente il fatto di dovere intanto provvedere alle necessità primarie dei detenuti: sono senza vestiti, hanno necessità di vario genere, anche soltanto per l’igiene quotidiana. Quindi, noi prima di tutto cerchiamo di provvedere alle loro esigenze e solo dopo – come in ogni opera di missione e di evangelizzazione – possiamo eventualmente approfondire un discorso spirituale. Però, non si può annunciare Gesù Cristo ad una persona che soffre il freddo o che comunque è in difficoltà per altri motivi. Già il carcere di per sé è una difficoltà; se poi aggiungiamo anche il fatto che magari queste persone sono abbandonate dalle famiglie, nessuno viene a trovarli, non hanno vestiti, non hanno niente, diventa difficile …

    La visita del Papa ha suscitato emozione non solo tra i detenuti ma anche tra gli agenti della polizia penitenziaria. Che significato ha avuto per loro? Davide Dionisi ha raccolto il commento del comandante Massimo Cardilli:

    R. – Ha un significato notevole. Poi, in prossimità del Santo Natale, immagini che emozione può nascere tra il personale di polizia penitenziaria! Un personale che svolge servizio in questo Istituto, che contiene molti detenuti – circa 1.750 detenuti – e, con lo stato di sovraffollamento, lei potrà comprendere lo stress, la tensione, la sofferenza aumenta sensibilmente.

    D. – Come ha reagito alla notizia dell’arrivo del Santo Padre, il nuovo complesso di Rebibbia?

    R. – Ha reagito particolarmente bene, perché comunque è sempre una grande emozione. Noi ricordiamo l’ultima visita: è stata la visita di Papa Wojtyla, che venne a trovare il suo attentatore Alì Agca in questo Istituto. E’ un fermento di preparazione, di maquillage dell’Istituto per rendere la visita accogliente e ben augurante al Pontefice.

    D. – E i detenuti, come hanno accolto questa notizia?

    R. – Noi abbiamo raccolto diverse testimonianze: positive, felici e veramente di buon auspicio da questa visita, ma più che altro per cercare di alleviare le loro sofferenze, la loro situazione di sofferenza all’interno dell’Istituto penitenziario. (gf)

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    All'Angelus il Papa prega per le Filippine colpite da una violenta tempesta tropicale. Maria umile e sapientissima, Dio rispetta la sua dignità e la sua libertà

    ◊   Dopo aver lasciato il carcere di Rebibbia, il Papa è tornato in Vaticano per la preghiera dell’Angelus. Parole di vicinanza sono state rivolte alle popolazioni delle Filippine colpite da un violento tifone. Benedetta Capelli:

    In una Piazza San Pietro dominata da un cielo grigio ma anche dalla maestosità dell’abete e del Presepe: simboli di un Natale che il Papa ha invitato a vivere “con intima gioia”; Benedetto XVI ha rivolto il suo pensiero alle Filippine dove sono centinaia i morti a causa del tifone Washi:

    "Desidero assicurare la mia vicinanza alle popolazioni del sud delle Filippine colpite da una violenta tempesta tropicale. Prego per le vittime, in gran parte bambini, per i senzatetto e per i numerosi dispersi".

    All’Angelus il Papa si è soffermato sulla liturgia di questa quarta domenica d’Avvento: l’annuncio dell’Angelo a Maria, spiegando l’importanza della verginità della Madonna. Sullo sfondo di quel meraviglioso momento a Nazareth c’è la profezia di Isaia: “Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele”:

    “Questa antica promessa ha trovato compimento sovrabbondante nell’Incarnazione del Figlio di Dio. Non solo la Vergine Maria ha concepito, ma lo ha fatto per opera dello Spirito Santo, cioè di Dio stesso. L’essere umano che comincia a vivere nel suo grembo prende la carne da Maria, ma la sua esistenza deriva totalmente da Dio. E’ pienamente uomo, fatto di terra – per usare il simbolo biblico – ma viene dall’alto, dal Cielo”.

    Ed è essenziale – dice il Papa – per la conoscenza di Gesù la verginità di Maria “perché testimonia che l’iniziativa è stata di Dio e soprattutto rivela chi è il concepito”. “In questo senso la verginità di Maria e la divinità di Gesù si garantiscono reciprocamente”. Ma c’è un altro aspetto che Benedetto XVI sottolinea ovvero la semplicità e al tempo stesso la sapienza della Vergine che, “molto turbata”, vuole capire meglio la sua volontà, senza mai dubitare del potere di Dio:

    “Il suo cuore e la sua mente sono pienamente umili, e, proprio per la sua singolare umiltà, Dio aspetta il “sì” di questa fanciulla per realizzare il suo disegno. Rispetta la sua dignità e la sua libertà. Il “sì” di Maria implica l’insieme di maternità e verginità, e desidera che tutto in Lei vada a gloria di Dio, e il Figlio che nascerà da Lei possa essere tutto dono di grazia”.

    Una verginità “unica e irripetibile” quella di Maria ma il cui significato riguarda ogni cristiano: “chi confida profondamente nell’amore di Dio – evidenzia il Papa – accoglie in sé Gesù, la sua vita divina, per l’azione dello Spirito Santo. E’ questo il mistero del Natale”.

    Dopo la preghiera mariana, Benedetto XVI ha ricordato la beatificazione ieri a Madrid dei ventidue missionari Oblati di Maria Immacolata e un laico, uccisi durante la guerra civile spagnola solo perché “zelanti testimoni del Vangelo”. Da qui l’auspicio che il loro sacrificio porti “tanti frutti di conversione e di riconciliazione”. Sia in inglese, in tedesco che in polacco, il Papa ha poi esortato a guardare a Maria per abbandonarsi completamente a Dio, infine ha salutato la comunità romana di Comunione e Liberazione incoraggiandola ad essere “lievito evangelico nella società”.

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    Oggi in Primo Piano



    Economia, ancora segni di instabilità dai mercati. Intervista con il prof. Paolo Guerrieri

    ◊   Anche se con oscillazioni meno gravi i mercati continuano a dare segni di instabilità, mentre le agenzie di rating li seguono con aggiustamenti di valutazioni. E questo nonostante il cambio di diversi governi di Paesi europei e il varo di misure anti crisi. Di questa sorta di braccio di ferro tra politiche e mercati, Fausta Speranza ha parlato con il prof. Paolo Guerrieri, docente ordinario di economia all’Università La Sapienza di Roma e visiting professor al College of Europe in Belgio:

    R. – E’ un braccio di ferro che sta andando ancora avanti e che, purtroppo, sta producendo risultati molto negativi, perché le previsioni per il prossimo anno per quanto riguarda l’Europa e per quanto riguarda l’economia mondiale parlano di un rallentamento, di un ristagno a livello mondiale. E per l’Europa ormai siamo già in una fase di recessione, cioè di segno meno, di produzione che diminuisce. Sono rischi che – come sappiamo - riguardano poi anche gli equilibri mondiali e quelli finanziari. Quindi il braccio di ferro tra mercati e politiche sta andando male, perché da tutte e due le parti ci sono atteggiamenti e si ribadiscono, in qualche modo, direzioni che non sono quelle necessarie.

    D. – Si parla tanto di governance politico-economica in Europa: si sta seriamente cercando di fare qualcosa o, comunque, che cosa andrebbe fatto?

    R. – Un passaggio obbligato: da un’Europa monetaria, quindi semplicemente basata sulla comunanza di una moneta, a un’Europa economica e quindi politica. Purtroppo in questi anni l’Europa e soprattutto le politiche europee hanno sviluppato e hanno, in qualche modo, coltivato di nuovo i nazionalismi europei. Questo passaggio per ora non si vede: noi abbiamo fatto l’Europa non solo per avere un’area più efficiente e mercati più efficienti, ma per avere uno spazio che divenisse politico, uno spazio di diritti comuni, quindi uno spazio di grandi idealità. Questo spazio è uno spazio di responsabilità, ma anche di solidarietà. Dobbiamo recuperare questa dimensione, perché in questi anni l’abbiamo costantemente negata e l’Europa è stata vista come fonte di problemi. Dobbiamo, invece, rilanciare l’idea che l’Europa, per un Paese come l’Italia ma direi anche per tutti i singoli Paesi, è l’unica, l’unica prospettiva di poter contare in questo nuovo mondo multipolare. Altrimenti questi Paesi finiranno come tante piccole province di un’economia mondiale dominata da altri: la Cina, gli Stati Uniti, l’India… Quindi la prospettiva europea è ancora più fondamentale che non in passato. Questo significa accettare una logica di solidarietà non solamente perché risponde a queste idealità, ma perché conviene, perché egoisticamente conviene a tutti i Paesi.

    D. – Mercati, debiti sovrani e misure finanziarie, ma c’è anche un altro elemento, ci sono anche le speculazioni…

    R. – Questo è un tema molto delicato, perché i mercati sono una cosa molto complessa e naturalmente i mercati hanno una loro logica. Producono risultati efficienti e di cui dobbiamo giovarci ma i mercati – come si dice – non hanno né cuore né cervello: in altri termini i mercati si muovono anche, in molte situazioni, con grandi ondate di comportamenti che possono risultare anche irrazionali e soprattutto non hanno una direzione, non hanno un piano. Allora lì dove la politica, come in questo momento, accusa una forte debolezza è proprio la debole politica che produce mercati che, in qualche modo, ancora di più reagiscono seguendo più i loro istinti irrazionali che non queste direzioni efficienti.

    D. – Professore, con uno sguardo più ampio, pensiamo all’Occidente e all’Asia: a che punto è il confronto sul piano dell’economia?

    R. – Quello che stiamo vivendo è molto complicato, perché noi siamo nel mezzo di una transizione che non è retorico chiamare storica, perché l’economia mondiale è vissuta, decenni e decenni, su Stati Uniti e Europa mentre oggi c’è il “terzo polo”, c’è l’Asia che è diventata a tutti gli effetti un terzo polo fondamentale. Quindi siamo un’economia multipolare e questo per molti versi è da auspicare e da favorire, ma è molto difficile – e questo, in qualche modo, stiamo cercando di farlo – integrare queste nuove economie dentro un’economia mondiale che produca stabilità. Queste economie asiatiche sono molto più brave a vendere e a esportare di quanto oggi non comprino, non acquistino: c’è uno squilibrio e allora l’economia mondiale oggi soffre paradossalmente di una mancanza di domanda per i suoi prodotti e di bisogni insoddisfatti che sappiamo clamorosi. Questa transizione riguarderà i prossimi anni. Bisogna superare questi squilibri con politiche che escano – diciamo – dal tradizionale seminato di politiche che sono o di domanda, che quindi spingono a consumare, o solo di offerta che, in qualche modo, pretendono semplicemente di sviluppare la produzione. C’è bisogno di politiche nuove all’altezza di queste sfide. (mg)

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    Repubblica Democratica del Congo: dopo l'esito delle presidenziali, l'opposizione annuncia proteste

    ◊   Attenzione puntata sulla Repubblica Democratica del Congo. In settimana sono in programma manifestazioni di protesta contro i risultati delle presidenziali che hanno decretato la vittoria del Capo di stato uscente Kabila. Ad annunciarlo, dopo la conferma dell’esito nonostante le denunce di brogli, il partito del candidato sconfitto, Tshisekedi. Eugenio Bonanata ha intervistato Raffaello Zordan, esperto di Africa della rivista Nigrizia:

    R. – E’ chiaro che l’unico candidato piuttosto credibile verso il presidente uscente Joseph Kabila, cioè Etienne Tshisekedi non accetta il risultato del voto perché ha anche la conferma da parte di osservatori internazionali, da parte - non dimentichiamo - di trentamila osservatori che la chiesa cattolica ha sguinzagliato in giro per il Paese, che ci sono stati brogli, che ci sono state manchevolezze, che insomma è un voto piuttosto claudicante. Questo vuol dire che la situazione lì è molto difficile.

    D. - Il timore principale è che queste manifestazioni possano sfociare in violenza?

    R. - Sì, il rischio c’è il Paese è sempre sull’orlo di una crisi di nervi per usare una frase leggera. Non dimentichiamo nemmeno che a Kinshasa la capitale del Congo sicuramente i partigiani di Tshisekedi sono più numerosi di quelli di Kabila che è forte invece nel nordest del Paese. Il rischio di scontri, di ulteriori violenze, c’è perché poi siamo di fronte a una realtà di disoccupazione, di tirare avanti con un dollaro al giorno, di infrastrutture che continuano a non esserci. Io mi auguro che Kabila si renda conto che riportare le cose allo scontro frontale non giova prima di tutto a lui e quindi lasci che le manifestazioni si esprimano in maniera libera, in maniera indipendente. Naturalmente, gli stessi manifestanti devono evitare di arrivare allo scontro assaltando il commissariato o quant’altro.

    D. – Oltre a manifestare cos’altro può fare Tshisekedi visto che alla fine le autorità locali hanno validato il voto?

    R. – Naturalmente, qui la scelta che ci si trova a fare all’opposizione, in particolare Tshisekedi, è quella di prepararsi ad altri 5 anni di trincea per vedere come fare. Teniamo conto però che è vero che il presidente conta tanto in una repubblica presidenziale come la repubblica democratica del Congo, però abbiamo un parlamento, che comunque ha una sua forza, dove però Kabila non ha la maggioranza. Quindi deve trovare accordi con altre forze minori per riuscire a far approvare dal parlamento le decisioni che prende e via discorrendo. Tshisekedi può lavorare e provare a portare avanti riforme in questi anni e contrastare, per quello che può, il potere del presidente.

    D. - Stati Uniti e Unione europea si sono espressi negativamente sulla tornata. Cosa dire del ruolo della comunità internazionale?

    R. - Si sono espressi negativamente però la Comunità internazionale non può assolutamente restare alla finestra. Non dimentichiamo che stiamo parlando di un Paese chiave nella regione dei Grandi Laghi. Insomma, la Comunità internazionale non può sicuramente lavarsene le mani, quindi chi può effettivamente intervenire, chi dovrebbe spingere maggiormente sull’acceleratore è l’Unione africana. Sappiamo che l’Unione africana ha parecchie debolezze e quindi fa dichiarazioni sempre un pochino leggere e lascia che le cose scorrano come scorrano.

    D. - Alla luce di queste considerazioni quale può essere la via d’uscita realistica per la situazione nel Paese africano?

    R. – Credo che alla fine Kabila riprenderà a fare il suo lavoro. Il problema è capire se gli investimenti internazionali arriveranno, se si darà ancora credito al Congo… Non dimentichiamo che stiamo parlando di un Paese che ha ricchezze enormi, che però non vengono equamente ridistribuite, è anche un Paese dove magari molte imprese non investono perché non ci sono ancora gli standard di sicurezza accettabili. Se lavorerà in quella direzione potrà fare ancora un po’ di strada. Non scommetterei che possa arrivare la fine di questi cinque anni, se non metterà in moto meccanismi che la popolazione può apprezzare come sviluppo, cambiamento, come trasformazione. (bf)

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    Giornata Internazionale dei migranti, Ban Ki-moon: i migranti sono una risorsa

    ◊   I migranti non sono un fardello, ma una risorsa che porta grandi contributi ai Paesi ospitanti. Così si è espresso il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, nel suo messaggio per la Giornata Internazionale dei migranti, che si celebra oggi in tutto il mondo. L’errata visione che molti hanno delle migrazioni - si legge nel testo – portano spesso all’adozione di politiche sbagliate o addirittura pericolose. A tutela dei 214 milioni di migranti e dei membri delle loro famiglie, la comunità internazionale ha elaborato una specifica Convenzione ratificata però da soli 45 Stati. A Paolo Morozzo della Rocca, esperto di diritto dell’immigrazione e membro della Comunità di Sant’Egidio, Stefano Leszczynski ha chiesto quale sia il messaggio di questa Giornata internazionale dei migranti:

    R. - Innanzitutto arriva un messaggio all’Europa, ed è quello secondo cui chiudere le porte mentre il mondo intorno sta cambiando significa sancire un destino di declino europeo. Aprirle, invece, significa saper raccogliere una sfida epocale. Nel bacino sud del Mediterraneo e, più in generale, in Africa, abbiamo una primavera che probabilmente non si fermerà al Nord Africa, anche se è una primavera molto sofferente, che ha portato con sé grandi tragedie.

    D. - Da parte della comunità internazionale ed in particolare delle istituzioni internazionali, c’è sempre una grande attenzione verso il fenomeno delle migrazioni. Tuttavia, non si riesce ad avere una precisa indicazione su quello che bisognerebbe fare…

    R. - E’ vero che le Nazioni Unite hanno promosso la Convenzione sui diritti dei migranti nel 1990, ma forse i Paesi aderenti sono quelli meno utili, perché si tratta di quelli che “producono” i migranti. Abbiamo perciò il problema di una risposta avara alle istanze delle Nazioni Unite da parte delle nazioni che ricevono gli immigrati. Bisognerebbe forse comprendere come fare una politica di immigrazione che sia anche una politica di cooperazione nei confronti degli Stati da cui provengono i migranti.

    D. - Emigrare non è facile, è una scelta radicale di cambiamento di vita, alla cui base c’è anche forte positività…

    R. - Di fatto, quando si riescono a raccontare al pubblico le storie dei migranti e quando si riesce a mostrare un po’ la verità del volto delle loro storie, si vede come queste stesse storie suscitino stima e simpatia.

    D. - Sulla tipologia delle persone che migrano, e soprattutto sulla differenza di età, cosa si può dire, si può tracciare un quadro a livello internazionale?

    R. - La caratteristica principale delle migrazioni - soprattutto delle provenienti da Africa ed Asia - è che si tratta dei più giovani e comunque delle persone che hanno, anche nel loro Paese, più risorse che non i più poveri e quelli lontani dalla città. Questo significa, in natura, una migrazione di qualità: anche quando si tratta di persone non formate, la loro giovane età consentirebbe di ricominciare una storia di formazione e di inclusione sociale. Per altre aree - penso in particolare all’America Latina ma soprattutto all’Europa dell’Est - invece, la migrazione spesso è diversa, ma si tratta di persone che vengono da un sistema di formazione culturale e lavorativa di alto livello. Non è raro, ad esempio, avere nelle famiglie italiane persone che assistono la famiglia stessa, nei diversi servizi, con un livello culturale spesso anche più alto di quello dei loro datori di lavoro. (vv)

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    Il presidente Napolitano ad Assisi per assistere al concerto di Natale

    ◊   “Il voto di fiducia incassato venerdì dal governo è certamente un passo importante. Il Parlamento ha dato una grande prova”. Così il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ieri mattina, nella Basilica Superiore di San Francesco ad Assisi per assistere al concerto di Natale in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia. “E’ sempre emozionante tornare ad Assisi”, ha detto. Prima di far ritorno a Roma il Capo dello Stato ha visitato la tomba del Patrono d’Italia, quindi il pranzo con i frati del Sacro Convento. “Gioia” per la visita di Napolitano dalla comunità francescana. Al microfono di Paolo Ondarza, padre Giuseppe Piemontese, custode del Sacro Convento:

    R. - Le due cose che, in un primo momento, il presidente ha voluto fare sono state la visita alla Tomba di San Francesco e l’intervento al Concerto di Natale. Non siamo stati noi ad accompagnarlo alla Tomba di San Francesco, ma si è trattato di una richiesta che ha fatto espressamente lui.

    D. - L’attenzione alla figura del poverello da parte del presidente della Repubblica ribadisce la centralità di San Francesco quale riferimento per la storia del Paese. Oggi il presidente ha ammirato il Cantico delle Creature di San Francesco del XIII secolo, uno tra i primi componimenti poetici in lingua italiana…

    R. - Abbiamo fatto trovare al presidente il Codice 338 che riporta gli scritti di San Francesco e in modo particolare il Cantico delle Creature: volevamo, appunto, evidenziare il fatto che la cultura italiana, la lingua italiana, i valori del popolo italiano hanno avuto in San Francesco uno dei padri fondatori. Questo il presidente lo sa. Gli abbiamo anche donato una copia anastatica di questo Codice 338. San Francesco è uno dei Padri della nazione italiana e le basiliche papali di Assisi sono uno dei luoghi della nazioni per l’architettura, per i maestri che l’hanno costruita, per i pittori che l’hanno affrescata, per i temi che sono trattati.

    D. - Il presidente si è poi fermato a pranzo con voi e per l’occasione gli avete offerto una torta con il tricolore. Che cosa ha detto alla vostra comunità in questo momento conviviale?

    R. - Non ha fatto discorsi particolari. Noi abbiamo saputo soltanto ieri che si sarebbe fermato a pranzo, ma la sua presenza era visibilmente compiaciuta e contenta di essere in mezzo a noi. Ci ha fatto capire che ha apprezzato questo momento di familiarità.

    D. - Padre Piemontese, alla luce di questa visita, quale augurio si può fare all’Italia in questo delicatissimo momento storico?

    R. - Auguriamo che, al di là delle nebbie di questi giorni, possa intravedersi veramente la luce: una luce che ci viene suggerita, proposta ed offerta da San Francesco, dal suo amore per il Signore, dal suo amore per tutte le creature. Forse se ci poniamo in questa prospettiva, saremo capaci di sostenerci gli uni gli altri, in una solidarietà che preluda a tempi migliori. (mg)

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    Dipendenza da internet: in maggioranza sono ragazzi, fruitori di social network

    ◊   L’Ambulatorio per la dipendenza da internet del Policlinico Agostino Gemelli, nato due anni fa, fornisce i primi dati di questa esperienza. Su 300 pazienti trattati, l’80 per cento sono ragazzi compresi fra i 12 e i 15 anni, fruitori di social network. Il restante 20 per cento è rappresentato da adulti, frequentatori di siti pornografici e gioco d’azzardo. Quando il web diventa una dipendenza? Risponde, al microfono di Eliana Astorri, il prof. Federico Tonioni, ricercatore presso l’Istituto di Psichiatria e psicologia della Cattolica e responsabile dell'Ambulatorio per la Dipendenza da Internet del Policlinico Gemelli:

    R. - Sostanzialmente, bisogna preoccuparsi quando, insieme ad un significativo numero di ore di connessione, c’è anche un progressivo ritiro sociale.

    D. - Cosa spinge i ragazzi a passare ore al computer?

    R. - Per quanto riguarda i ragazzi, sono un po’ restio a parlare di “dipendenza da Internet”, perché i contesti nei quali i ragazzi si muovono nel web sono tutti molto interattivi: sia il “gaming”, cioè il gioco di ruolo fatto in connessione insieme ad altri amici o ragazzi più o meno vicini o lontani, sia - a maggior ragione - i social network. Per cui il fenomeno, per quanto riguarda i ragazzi, si configura come un vero e proprio modo nuovo di comunicare e, dato che di solito non si fa diagnosi in adolescenza, perché l’adolescenza è un momento in continuo divenire ed in continua trasformazione, per cui saldare certe situazioni patologiche con una diagnosi non conviene mai. In adolescenza si può parlare di “forti abusi” del web, che poi possono esitare successivamente in una situazione di dipendenza ma anche in altre forme di psicopatologia ed anche a remissioni spontanee. E’ un po’ la differenza che c’è tra le sbornie di alcool giovanili con l’alcolismo cronico.

    D. - Cercano qualcosa che manca loro nella vita di tutti i giorni o è solo un modo per non fare i compiti, per distrarsi o, come diceva lei, per isolarsi?

    R. - E’ questo il paradosso, perché qualsiasi adolescente che sta moltissimo sul web, in realtà lo fa per contattare qualcuno. Il contesto, quindi, è interattivo: ci si isola fisicamente ma si rimane in contatto con l’esterno, nel senso che il ritiro progressivo dalle relazioni sociali è un ritiro fisico. Ogni ragazzo che sta davanti al computer prova a realizzare le uniche relazioni possibili, per cui il contesto, negli adolescenti, rimane interattivo anche se non si esce più di casa. Negli adulti, invece, non è così. Negli adulti - che sono soprattutto fruitori di gioco d’azzardo online o di frequentazioni di siti per adulti - l’interazione con l’altro è molto meno significativa. Paradossalmente, quindi, le forme di ritiro giovanili sono sempre ammantate dal tentativo di entrare in comunicazione con qualcuno, ma anche dall’impossibilità di riuscirci.

    D. - E’ difficile cercare di comprendere questi ragazzi piuttosto che dar loro una punizione quando passano ore ed ore su facebook e non studiano. Mettono a dura prova i loro genitori. Cosa possono fare questi genitori?

    R. - E’ difficilissimo comprenderli. Capisco i genitori - noi abbiamo anche un gruppo per genitori - perché immagino incontrino, ancora di più, le difficoltà che incontriamo noi nel contatto con loro. Una cosa che non si deve fare è sottrarre bruscamente il computer ai ragazzi contro la loro volontà, anche se molti si loro sono sul punto di smettere di andare a scuola. Alcuni dei nostri pazienti, ad esempio, hanno smesso di andare a scuola. Perché succede questo? Perché una situazione di dipendenza e di abuso, quando si configura come patologica, nasconde sempre angosce sempre più profonde. Le dipendenze patologiche sono sempre, dal punto di vista del dipendente, un tentativo di soluzione rispetto ad angosce ancora più profonde. Togliere quindi bruscamente il computer, che va a mediare queste angosce, fa poi in modo che queste stesse angosce scaturiscano e l’ambiente genitoriale attorno ai ragazzi non sia in grado di contenerle. In genere, uno dei sintomi principali per fare delle diagnosi di dipendenza o di abuso di Internet, è proprio l’aggressività, come anche la rabbia. Bisogna prevenire quest’esito, magari con una condivisione iniziale del computer: mettere magari il pc in un luogo comune della casa, non immediatamente nella stanza dei figli, bambini o pre-adolescenti che siano, condividerlo con loro il più possibile. Noi che abbiamo a che fare anche con le famiglie di questi ragazzi, abbiamo visto che prima ancora che la dipendenza diventi tale c’è un’interruzione della comunicazione affettiva fra genitori e figli. Per quanto riguarda poi gli adolescenti, ci si deve preoccupare esclusivamente quando c’è un progressivo ritiro sociale coniugato all’uso del web e del computer. (vv)

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    Nuovo libro di padre Raniero Cantalamessa “Eros e Agàpe”

    ◊   Le due facce dell’amore umano e cristiano sono al centro delle riflessioni del nuovo libro di padre Raniero Cantalamessa “Eros e Agàpe”, pubblicato dalle edizioni San Paolo e presentato in questi giorni a Roma. Nel volume sono raccolte le meditazioni tenute alla Casa Pontificia durante la Quaresima del 2011, alla presenza di Papa Benedetto XVI, sulla scia delle due encicliche Deus Caritas est e Caritas in Veritate. Michele Raviart ha intervistato l’autore del volume:

    R. –Questo libro, questa sintesi tra eros e agape, che riprendo dall’Enciclica del Papa, indica che l’amore umano non è solo l’amore di cervello, di dovere, è anche slancio, è anche desiderio, è anche ricerca dell’altro è dare all’altro la dignità di essere l’oggetto di un desiderio, di un amore. Questo indica l’importanza dell’eros. Però nell’amore umano ci deve essere anche l’agape, cioè la capacità di sacrificio, la capacità di non amare solo finché l’altro ti può dare qualcosa perché questo diventerebbe egoismo. L’importanza è tenere insieme questi due aspetti: cioè, che sia un amore capace di darsi all’altro, di farsi dono, ma non semplicemente considerando l’altro come uno che ha bisogno della tua carità, ma come qualcuno che è prezioso per te. Questo evidentemente ha applicazioni nel matrimonio.

    D. – Ad un livello superiore c’è poi l’amore di Dio verso l’uomo…

    R. – Sì, anche Dio ci desidera. Tutta la metafora dell’amore nuziale che percorre la Bibbia - Dio che si paragona a uno sposo, cerca la sposa… - non si spiegherebbe se non ci fosse da parte di Dio anche il desiderio dell’uomo, il bisogno dell’uomo, l’apprezzamento dell’amore umano. Anzi Dio ricerca il nostro amore infinitamente di più di quanto noi cerchiamo il suo, di cui abbiamo pure più bisogno.

    D. – Questo amore deve essere anche un amore fattuale, un amore nella società: come questo può essere utile in una situazione di crisi come quella che stiamo vivendo?

    R. – Nella situazione attuale bisognerebbe partire dal minimo denominatore comune e cioè non pretendere che siano sempre gli altri a pagare, perché tutti in questo momento vogliamo uscire dalla crisi, però tutti vogliamo che siano gli altri a pagare. Non è questo certamente l’amore cristiano e umano. Io credo che bisognerebbe fare uno sforzo per chiedersi: io, personalmente, come posso contribuire a questo? C’è bisogno di arricchire il nostro amore di una dimensione di dono, di donazione, di agape. (bf)

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    Chiesa e Società



    Sri Lanka. Una “legge anti-conversioni” minaccia i cristiani

    ◊   C’è preoccupazione, in Sri Lanka, per la proposta di introdurre nell’ordinamento giuridico del Paese una legge anticonversioni, che proibisca ai cittadini di cambiare la propria fede, se non in casi specifici e con l’autorizzazione di un magistrato. A proporre la norma è il movimento ultranazionalista, singalese e buddista, “Jathika Hela Urumaya” (JHU), che – riferisce Fides - ha fatto della proposta uno strumento di ascesa politica. Nei giorni scorsi il partito avrebbe rinnovato la sua campagna che vede nelle altre religioni “una contaminazione per il Paese”, invitando il governo a reintrodurre il divieto della conversione. Ma a preoccupare i cristiani dello Sri Lanka è anche l’atteggiamento del Ministero degli Affari religiosi che ha deciso di chiudere le “chiese non autorizzate” e di negarne la registrazione ufficiale, come di rifiutare la licenza edilizia - anche per edifici civili, non adibiti al culto - se il richiedente è un individuo o un'organizzazione cristiana. Al riguardo – spiega ancora Fides - il Ministero ha diffuso nel settembre scorso una circolare in cui si specifica che “la costruzione o il mantenimento dei luoghi di culto deve avere una preventiva approvazione del Ministero”. Nel Paese sarebbero soprattutto le chiese cristiane evangeliche, costrette a chiudere le proprie chiese, a subire la pressione dei movimenti nazionalisti buddisti ad affrontare la maggiore pressione nella società. (C.D.L.)

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    Yemen. Migliaia di persone a rischio fame e sanità per il blocco degli aiuti

    ◊   In Yemen, il blocco degli aiuti umanitari nelle aree di conflitto mette a rischio la vita di migliaia di persone fra cui molti bambini. Secondo quanto riferito da Fides, quattro minori sarebbero morti a causa della fame e della mancanza di cure sanitarie nel villaggio di Dammaj, a 9 km a sudest di Sa'ada City, capitale del governatorato di Sa'ada, dove da circa un mese gli uomini armati del gruppo Houthi hanno impedito l’accesso agli aiuti. L’area è controllata dai ribelli ma è sede di un istituto per i salafiti islamici, al centro del conflitto. Se continua il divieto di accesso alle organizzazioni umanitarie, saranno ad alto rischio cibo, acqua e forniture mediche, così altri 200 bambini potrebbero morire. La denuncia viene dall’ong locale Seyaj Organization for Childhood Protection (Socp), secondo cui la situazione dei minori sta diventando sempre più grave. I centri sanitari dell’area sono diventati inaccessibili e tutte le strade sono bloccate o insicure. Per questo motivo molte donne sono costrette a partorire in casa senza assistenza e spesso muoiono durante il parto, insieme ai loro bambini. La Socp ha lanciato recentemente un appello per la vita di circa 3 mila bambini di Dammaj e un team in collaborazione con la Commissione Internazionale della Croce Rossa (Icrc) è riuscito a raggiungere l’area e fornire aiuti immediati, distribuendo 500 razioni di cibo, grano, riso, fagioli, zucchero, sale e olio da cucina. L’Icrc ha anche fornito materiale medico, farmaci, soluzioni per endovenose, antibiotici e analgesici. Inoltre, molte persone sono state trasportate negli ospedali per essere curate. In vista del freddo dell’inverno, l’organizzazione ha messo a disposizione anche 1000 coperte e sapone per migliorare le condizioni igieniche. Interventi da accrescere mentre continua la minaccia delle tensioni settarie tra sciiti Houthi e studenti salafiti. (C.D.L.)

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    Italia. L’impegno degli Scalabriniani per l’accoglienza e la solidarietà

    ◊   E’ un appello per la solidarietà e l’accoglienza quello lanciato dagli Scalabriniani in vista dell’XI Giornata Internazionale dei Migranti, promossa dalle Nazioni Unite per il 18 dicembre. In un comunicato, di cui dà notizia Fides, la Rete Internazionale Scalabrini per le Migrazioni - che rappresenta le Organizzazioni e le Missioni della Congregazione dei Missionari Scalabriniani per i migranti, presenti in 33 nazioni – denuncia “l’aumento del razzismo, della discriminazione e della xenofobia nell’Europa in grave crisi economica e di valori, motivato da ideologie senza umanesimo e senza Dio, da pratiche politiche securitarie e economiste, dai media e da un’opinione pubblica stigmatizzante verso lo straniero, mettendo in pericolo la vita di tutti i cittadini, specialmente i migranti, come avvenuto recentemente in Italia”. Per contrastare il dilagare del fenomeno i missionari Scalabriniani sono impegnanti in molteplici iniziative: “l’accompagnamento nell’integrazione attraverso comunità religiose interculturali; la ricerca e le pubblicazioni dei centri di studio; l’utilizzo dei media per una visione positiva dei migranti; le presenze alle frontiere, nelle metropoli e nei porti marittimi; le case per migranti, sfollati e rifugiati; i centri di consulenza giuridico-sociale; l’animazione della pastorale migratoria della Chiesa”. Nel loro appello si rivolgono dunque alle Congregazioni missionarie e alle Organizzazioni laicali cattoliche “chiamate a continuare la loro cooperazione e il loro impegno nei Forum internazionali, regionali e nazionali, affinché i valori del Vangelo, la dignità della persona, la trascendenza, la solidarietà e la fraternità siano lievito efficace per l’unità della famiglia umana”. Ricordando la ricorrenza dei 60 anni di attività dell’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) “a servizio di una migrazione internazionale ben gestita, regolata, legale, efficace e protetta”, di cui anche la Santa Sede è diventata membro, gli Scalabriniani ribadiscono infine il loro impegno “nel continuare assieme ai migranti e alle loro associazioni, alle organizzazioni sociali e al mondo accademico, ai media e agli organismi di Governo a livello nazionale ed internazionale (…) a diffondere una cultura dell’accoglienza, della solidarietà, dell’incontro delle culture, del dialogo tra le religioni, della trascendenza di vita e della pace”. (C.D.L.)

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    Usa. La Chiesa si prepara a celebrare la Settimana nazionale per le vocazioni

    ◊   Non si tratta di “mero reclutamento” ma di favorire un “ambiente fecondo alla promozione delle vocazioni”. Con questo intento, anche quest’anno, la Chiesa degli Stati Uniti promuove la Settimana nazionale per le vocazioni, che si terrà dal 9 al 14 gennaio, a ridosso della Festa del Battesimo del Signore, in tutte le diocesi del Paese. Un appuntamento che sarà articolato in momenti di formazione e di preghiera per l’aumento del numero dei seminaristi e dei candidati alla vita religiosa. “È responsabilità della Chiesa – spiega mons. Robert Carlson, presidente del Comitato dei vescovi per il Clero, la Vita Consacrata e le Vocazioni sul sito della Conferenza episcopale (Usccb) - aiutare i bambini e i giovani ad imparare a rivolgersi con la preghiera a Gesù, perché possano conoscere la propria vocazione. Attraverso una cultura delle vocazioni nelle famiglie, nelle parrocchie, nelle scuole e nelle diocesi – aggiunge - i cattolici possono creare condizioni feconde per il discepolato, l’impegno alla preghiera quotidiana, la conversione spirituale, la crescita nella virtù, la partecipazione ai Sacramenti e il servizio alla comunità!”. In vista dell’evento, la Usccb offre sul proprio sito sussidi e materiale di approfondimento, mentre durante la settimana su una speciale pagina Facebook saranno proposti esempi di vita sacerdotale e religiosa, e brani biblici accompagnati da alcune riflessioni. (C.D.L.)

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    Brasile. Nuovo farmaco per i bambini affetti dal morbo di Chagas

    ◊   Aumenterà le possibilità di cura per oltre il 90% dei neonati che vengono contagiati dal morbo di Chagas, riducendo il rischio di sovradosaggio o errata somministrazione. Il nuovo farmaco sperimentato in Brasile, il “LAFEPE Benznidazole”, è pensato proprio per i bambini, che fino a ieri venivano curati con i metodi utilizzati per gli adulti. Contro la malattia parassitaria - endemica in 21 Paesi dell’America Latina - che miete più vittime della malaria e colpisce circa 14mila bambini l’anno, per lo più contagiati per trasmissione materna - molte donne scoprono di essere contagiate durante la gravidanza - il nuovo farmaco mostra un potenziale di grande impatto, particolarmente sui neonati e sui bambini con meno di due anni o che pesano fino a 20 chili. Lo dichiara – secondo Fides – il responsabile del Programma Clinico di Chagas, del Drugs for Neglected Diseases Initiative. In tutto il mondo Chagas contagia ancora da 8 a 10 milioni di persone, e ne uccide circa 12 mila, la maggior parte muoiono per problemi di cuore. Si stimano circa 300 mila casi negli Stati Uniti e in alcuni paesi dell’Europa, con particolare attenzione per la Spagna, in Giappone e Australia. L’insetto vettore punge gli uomini trasmettendo il parassita che entra nel flusso sanguigno e innesca un deterioramento del tessuto cardiaco, causando invalidità e morte nei casi più gravi. Questo insetto si annida per lo più nelle crepe e nelle fessure di edifici in mattoni, canne, paglia e tronchi, tra i materiali delle abitazioni rurali più umili e degli insediamenti nelle città, ma la trasmissione della malattia, avviene anche attraverso trasfusioni di sangue, trapianti di organi e attraverso la placenta. Il laboratorio brasiliano LAFEPE è l’unico produttore di benznidazole nel mondo e ha messo a disposizione il prodotto a prezzo di costo per tutti i governi e le ong. Attualmente, si sta lavorando per registrare il farmaco in Argentina, Bolivia, Colombia e Paraguay, paesi dove la prevalenza del morbo è molto alta. (C.D.L.)

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    Messico. Messaggio di Natale dell'arcidiocesi di Xalapa: l’incertezza della crisi porta a cercare Dio

    ◊   “Il Messico rimane un Paese profondamente religioso, nonostante l'egemonia del relativismo che erode i valori religiosi”. Con queste parole ha inizio il comunicato dell'Ufficio comunicazioni sociali dell'arcidiocesi di Xalapa, inviato all'Agenzia Fides, che ricorda come l’impronta religiosa del popolo messicano trovi un’espressione particolarmente forte nel mese di dicembre con le festività del Natale e nel contesto della attuale crisi economica. “La crisi ha ulteriormente accentuato il carattere religioso della nostra gente”, scrive padre José Juan Sánchez Jácome, responsabile dell'Ufficio. “In questi momenti le persone cercano con più insistenza il Signore. Quando cominciano a sgretolarsi le sicurezze umane, quando le autorità tradiscono le speranze del popolo, quando la sofferenza si manifesta in vari modi, le persone tornano a Dio per chiedere la forza e la speranza necessarie per andare avanti". In particolare – spiega ancora il comunicato – la gente si volge con devozione ai Santi, testimoniando il bisogno di modelli da seguire e di risposte certe, e volge la propria preghiera alla Vergine di Guadalupe invocandone la protezione: “Milioni di messicani si stanno muovendo in questi giorni del mese di dicembre verso le chiese e i santuari dedicati alla Madonna – afferma ancora comunicato – Questo movimento spirituale straordinario che vediamo intorno alla Vergine di Guadalupe, oltre a mostrare l'anima religiosa del popolo del Messico, conferma il nostro desiderio: un popolo che aspira a superare l'ingiustizia, la povertà e la violenza”. A Maria, Madre di Gesù, si chiede infine di favorire la conversione dei governanti, perché amino la propria nazione e “con onestà e con tutto il loro talento, riescano a cambiare le strutture economiche, politiche, educative e sociali che causano la miseria, la povertà, la disoccupazione e l'insicurezza che danneggiano la dignità dei messicani”. (C.D.L.)

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    Moldavia. I Salesiani promuovono un centro per orfani e bambini a rischio

    ◊   Il numero dei bambini disagiati che è possibile ospitare è volutamente ristretto, solo 11, a cui è offerto un alloggio e il sostegno di un gruppo di adulti: un salesiano, due educatori, uno psicologo. L’intento dei promotori della casa famiglia “Mamma Margherita”, nella città di Chisinau, capitale della Moldavia, è infatti quello di “creare un modello e uno stile di lavoro famigliare e accogliente” per i minori orfani o in situazione di rischio sociale. Lo spiega don Sergio Bergamin, dei Salesiani di Don Bosco, direttore dell’opera di Chisinau, in una nota ripresa da Fides. La casa famiglia sorge proprio in prossimità del Centro Don Bosco aperto nel 2005, che raccoglie ogni giorno alcune centinaia di ragazzi nel centro diurno e nell’oratorio. In questi anni i Salesiani di Chisinau hanno incontrato molti bambini e ragazzi in stato di abbandono, costretti a crescere senza adulti di riferimento. (C.D.L.)

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    Cina. I cattolici si preparano al Natale

    ◊   Fervono in Cina i preparativi delle comunità cattoliche in vista delle festività natalizie. Da Pechino a Shangai, fino alle città e i villaggi minori, i fedeli promuovono iniziative di varia natura: concerti, serate di beneficenza, celebrazioni, eventi di solidarietà volti ad evangelizzare la società diffondendo i valori del Natale. Ne dà notizia l’Agenzia Fides che riferisce in particolare di un’iniziativa per la riconciliazione fra cristiani e non cristiani promossa dalla diocesi di Fen Yang, nella provincia di Shan Xi. E della tradizionale serata di beneficenza organizzata da Jinde Charities, l’organismo caritativo cattolico cinese, che come tutti gli anni è impegnato a sostenere il servizio sociale, con impegno e spirito cristiano. Sui siti internet delle diverse diocesi sono già online gli orari delle Messe di Natale e i dettagli delle celebrazioni. (C.D.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Oltre 650 morti nelle Filippine a causa del passaggio del tifone Washi

    ◊   Nelle Filippine, il bilancio delle vittime, dopo due giorni di incessanti piogge, è di 652 morti e oltre 800 dispersi. Circa 100 mila sono le persone rimaste senza tetto. Per gli ultimi aggiornamenti, Marco Guerra:

    Prosegue senza sosta il lavoro di oltre 20mila militari impegnati nei soccorsi nella parte settentrionale dell'isola di Mindanao flagellata da piogge torrenziali e venti fino a 90 chilometri all'ora. Al momento, gli sforzi sono concentrati nella ricerca dei dispersi che potrebbero aggravare il bilancio delle vittime, molto probabilmente destinato a salire. Il presidente della Croce Rossa locale, Richard Gordon, ha detto che “molte zone colpite non sono state ancora raggiunte” dai soccorsi. Secondo Richard Gordon, sono circa 400mila persone che necessitano aiuti nelle Filippine centrali e meridionali. La grande quantità d'acqua caduta ha causato smottamenti e l’esondazione di fiumi che hanno travolto diversi centri abitati. “Interi villaggi sono stati spazzati verso il mare”, ha detto il portavoce dell’esercito. Le drammatiche immagini diffuse dalle tv mostrano corpi nel fango, case distrutte e cumuli di automobili, in particolare in alcune cittadine sulla costa settentrionale dell'isola. Le Filippine sono interessate, ogni anno, da una ventina di tempeste tropicali, ma l'isola di Mindanao è solitamente meno soggetta a questi fenomeni, motivo per cui, secondo le autorità locali, molti residenti hanno sottovalutato il tifone Washi.

    Indonesia, naufragio migranti
    Tragedia dell’immigrazione a largo delle coste indonesiane: un’imbarcazione, con a bordo circa 380 persone, è naufragata nella notte a causa del mare in tempesta. Finora, vi è incertezza sul numero dei dispersi, ma il bilancio potrebbe essere pesantissimo considerato che finora sono stati recuperati 76 superstiti. I migranti, provenienti in gran parte da Iran, Iraq e Afghanistan, erano accalcati su una barca che avrebbe potuto accoglierne, al massimo un centinaio. Tentavano di raggiungere l'isola australiana di Natale.

    Egitto disordini e violenze
    In Egitto, per il terzo giorno consecutivo, si sono verificati scontri tra manifestanti e forze di sicurezza in piazza Tahrir al Cairo. Le forze armate egiziane hanno eretto barricate per chiudere ai dimostranti la strada che conduce al Parlamento e alla sede del governo ed hanno usato cannoni ad acqua per disperdere la folla. Alcune testimonianze riferiscono di colpi di arma da fuoco e lanci di pietre e di oggetti metallici fra le due parti. Il bilancio ufficiale di tre giorni di incidenti è di 10 morti, 500 feriti e 17 arresti. Ieri il primo ministro, Kamal el Ganzouri, aveva stigmatizzato le nuove manifestazioni definendole contrarie alla rivoluzione.

    Siria, non si ferma la repressione del dissenso
    È di 34 morti, fra cui una bambina di sette anni, il bilancio del sabato di violenze in Siria, fornito dai comitati d’opposizione. Le città più colpite sono Daraa, Homs e Idlib. L'agenzia ufficiale Sana da notizia invece dei funerali di otto agenti di polizia e militari uccisi da quelli che definisce “gruppi terroristi armati”. Intanto, proseguono gli sforzi della Lega Araba per far applicare a Damasco il piano di pace concordato il mese scorso. Il primo ministro del Qatar ha detto che la Lega Araba è pronta a presentare un progetto di risoluzione al Consiglio di Sicurezza dell'Onu, qualora il governo di Assad continui a ritardare la messa in atto del progetto che prevede il ritiro delle forze militari dalle città. Tuttavia, anche la Lega Araba è stata criticata dai manifestanti dell'opposizione in Siria per non aver adottato finora iniziative concrete, nonostante la sospensione di Damasco dall'organizzazione decisa il mese scorso.

    Iraq, completato ritiro truppe Usa
    È stato completato il ritiro delle truppe statunitensi dall’Iraq. Nelle prime ore di questa mattina, l'ultimo convoglio Usa, composto da 110 mezzi con a bordo 500 militari, ha attraversato il confine con il Kuwait. La smobilitazione degli ultimi contingenti americani mette formalmente fine a un conflitto cominciato il 20 marzo 2003 con l'invasione che ha rovesciato la dittatura di Saddam Hussein. Nel Paese restano 157 militari americani per addestrare le truppe irachene e un contingente di marines per difendere l'ambasciata a Baghdad.

    Iran, ministro della Difesa contro le sanzioni americane
    Non si allenta la tensione tra gli Stati Uniti e l’Iran. Il ministro della difesa di Teheran, il generale Ahmad Vahidi, ha definito "ridicole ed ingannevoli" le sanzioni imposte da Washington a due comandanti militari iraniani. Per Vahidi le sanzioni sono un inganno perchè i due militari non avrebbero alcun conto in banca all'estero, tanto meno negli Stati Uniti.

    Russia: affonda piattaforma petrolifera, 51 dispersi
    Una piattaforma galleggiante russa per perforazioni petrolifere si è rovesciata ed è affondata mentre veniva rimorchiata al largo dell'Isola di Sakhalin, nel mare russo di Okhotsk. Delle 67 persone a bordo, due sono morte, 14 sono state salvate, mentre 51 sono date per disperse. Le autorità russe escludono fuoriuscite di petrolio perché non erano in corso perforazioni. I soccorsi sono stati ostacolati da forti venti e dalla rigida temperatura di 17 gradi sotto lo zero.

    Repubblica Ceca, morto ex presidente Vaclav Havel
    È morto all’età di 75 anni, Vaclav Havel, ultimo presidente della Cecoslovacchia unita e il primo capo di Stato della Repubblica Ceca dopo la caduta della regime comunista nel 1989. Scrittore dissidente, più volte detenuto, fondatore e firmatario della “Carta 77”, è stato la guida politica della Rivoluzione di velluto che ha portato alla caduta della dittatura. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 352

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.