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Sommario del 14/12/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'udienza generale: nella preghiera cerchiamo non tanto i doni ma il volto di Colui che dona
  • La visita del Papa a Rebibbia, messaggio di speranza per tutti i detenuti. Angiolo Marroni: ridare dignità alle persone
  • Nomine
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Senegalesi uccisi a Firenze. Mons. Betori: tragedia immane, vicini a chi soffre
  • Italia. Manovra verso la fiducia tra le contestazioni della Lega. Andrea Olivero: correttivi insufficienti
  • L'Ue pressa la Russia sulla regolarità delle elezioni vinte da Putin e Medvedev
  • Tunisia: Marzouki, storico oppositore del vecchio regime, giura come nuovo presidente
  • Secondo turno delle legislative in Egitto: intervista ad Ahmed Maher, protagonista del movimento di piazza Tahrir
  • Cern: vicini alla scoperta del “bosone di Higgs”. Il commento dell’astronomo della Specola Vaticana, padre Gionti
  • Chiesa e Società

  • Iraq. Ancora un attacco anticristiano a Mosul: uccisi in un agguato marito e moglie
  • Belgio: la Chiesa plaude all’istituzione di un Tribunale d’arbitrato per le vittime di abusi caduti in prescrizione
  • Siria: Gregorio III invita a vivere il Natale con sobrietà in segno di rispetto per le vittime
  • Strasburgo: consegnato il Premio Sakharov a cinque attivisti della "Primavera araba"
  • Usa. I vescovi ai migranti latinoamericani: “non cedere alla disperazione”
  • Mons. Crociata: una comunità che accoglie i migranti “investe sul futuro”
  • Haiti: i vescovi chiedono di "non abbandonare il Paese in mani altrui"
  • Filippine: i vescovi di Mindanao in prima linea contro lo sfruttamento minerario nell'isola
  • Indonesia: almeno 16 feriti negli scontri tra cristiani e musulmani ad Ambon
  • Myanmar: la Caritas invoca aiuti umanitari per gli sfollati kachin
  • Sud Sudan: i combattimenti si avvicinano all’insediamento di rifugiati di Yida
  • Nigeria: il vescovo di Maiduguri non conferma la strage attribuita ai militari dopo un attentato
  • Congo: la Chiesa chiede aiuti per le popolazioni alluvionate di Epena
  • Africa: la Chiesa incoraggia le donne ad essere agenti di cambiamento nella società
  • Pakistan: nuovi alloggi per i detenuti di fede cristiana
  • India: ogni ora nel Paese scompaiono 11 bambini che vengono venduti come schiavi
  • India: 200 giovani cattolici e indù insieme al Festival di musica sacra corale
  • L'Unicef chiede misure più adeguate sul web per difendere i bambini dagli abusi
  • Kenya: terminato il pellegrinaggio dell'urna di Don Bosco
  • Terra Santa: alla Commisione pastorale del Patriarcato il problema dei migranti
  • Roma: incontro sul ruolo della Chiesa nell’America Latina
  • Spagna: in ricordo della Gmg, Madrid si prepara a celebrare la festa della Sacra Famiglia
  • 24 Ore nel Mondo

  • Sparatoria di Liegi. Il dolore di mons. Jousten: sconvolti di fronte alla violenza umana
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'udienza generale: nella preghiera cerchiamo non tanto i doni ma il volto di Colui che dona

    ◊   Si prega Dio non per avere un immediato riscontro della propria richiesta, ma per ottenerne l’amicizia, poiché “il Donatore è più prezioso del dono”. È l’insegnamento che Benedetto XVI ha proposto all’udienza generale di questa mattina in Aula Paolo VI, dove ha parlato della preghiera di Gesù e della sua “azione guaritrice” che appare nei Vangeli. Alla fine, il Papa ha ringraziato fra gli altri i finanziatori e i realizzatori del restauro della scultura “La Resurrezione”, che domina l’Aula Paolo VI da oltre 30 anni. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Un sordomuto ignorato dalla folla e un caro amico appena scomparso. Due situazioni che non avrebbero in comune niente se non fosse che entrambe “incrociano” la strada di Gesù e gli permettono di manifestare pubblicamente quel suo particolarissimo modo umano-divino di pregare il Padre, che – ha affermato Benedetto XVI – dovrebbe essere il modo di pregare di ogni cristiano. La guarigione del sordomuto, narrata dal Vangelo di Marco, ne è un esempio eloquente. Gesù lo trae in disparte, lo tocca nei punti della sua infermità, emette un sospiro verso di lui guardando il cielo:

    “L’insieme del racconto, allora, mostra che il coinvolgimento umano con il malato porta Gesù alla preghiera. Ancora una volta riemerge il suo rapporto unico con il Padre, la sua identità di Figlio Unigenito (...) Nell’azione guaritrice di Gesù entra in modo chiaro la preghiera, con il suo sguardo verso il cielo. La forza che ha sanato il sordomuto è certamente provocata dalla compassione per lui, ma proviene dal ricorso al Padre”.

    Il secondo episodio presentato dal Papa è quello della risurrezione di Lazzaro, ovvero il più celebre esempio dell’umanità e della divinità di Gesù, il quale non sa trattenere le lacrime per la perdita dell’amico, senza che tuttavia questo “profondo dolore” – ha constatato Benedetto XVI – perda il suo “chiaro riferimento con Dio” e la “missione gli ha affidato”. È il “doppio registro”, lo ha chiamato il Papa, della preghiera di Cristo, per cui mentre Gesù implora la vita per Lazzaro”, la sua malattia e morte “vanno considerate il luogo in cui si manifesta la gloria di Dio”:

    “Ciascuno di noi è chiamato a comprendere che nella preghiera di domanda al Signore non dobbiamo attenderci un compimento immediato di ciò che noi chiediamo, della nostra volontà, ma affidarci piuttosto alla volontà del Padre, leggendo ogni evento nella prospettiva della sua gloria, del suo disegno di amore, spesso misterioso ai nostri occhi”.

    Qui è racchiusa l’essenza della preghiera, che Benedetto XVI ha spiegato prendendo a prestito le parole del Catechismo della Chiesa Cattolica: “Prima che il dono venga concesso, Gesù aderisce a Colui che dona e che nei suoi doni dona se stesso”:

    “Questo mi sembra molto importante: prima che il dono venga concesso, aderire a Colui che dona; il donatore è più prezioso del dono. Anche per noi, quindi, al di là di ciò che Dio ci da quando lo invochiamo, il dono più grande che può darci è la sua amicizia, la sua presenza, il suo amore. Lui è il tesoro prezioso da chiedere e custodire sempre”.

    Con la sua preghiera, ha ripetuto il Papa, Gesù vuole condurre “alla fiducia totale in Dio e nella sua volontà”, mostrare che Dio “porta speranza ed è capace di rovesciare le situazioni umanamente impossibili”. “La nostra preghiera – ha concluso Benedetto XVI...

    “...apre la porta a Dio, che ci insegna ad uscire costantemente da noi stessi per essere capaci di farci vicini agli altri, specialmente nei momenti di prova, per portare loro consolazione, speranza e luce”.
    Al momento dei saluti conclusivi, il Papa ne ha rivolto uno particolare alla comunità dei Legionari di Cristo e ai rappresentanti dell’Associazione Regnum Christi, entrambi a Roma per l’ordinazione di cinquanta nuovi sacerdoti. “Il Signore – ha detto loro – vi sostenga nel vostro ministero, affinché possiate attuare con gioia e fedeltà la vostra missione a servizio del Vangelo”. Quindi ha ringraziato quanti, ha detto, “hanno promosso, finanziato, e realizzato il restauro della celebre scultura denominata ‘La Resurrezione’”, che da 34 anni catalizza gli sguardi di chi entra nell’Aula Paolo VI. Fu proprio Papa Montini, ha ricordato, a volere l’opera del maestro Pericle Fazzini:

    “Dopo un periodo di accurati lavori, oggi abbiamo la gioia di ammirare in tutto il suo originario splendore quest’opera d’arte e di fede”.

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    La visita del Papa a Rebibbia, messaggio di speranza per tutti i detenuti. Angiolo Marroni: ridare dignità alle persone

    ◊   C’è grande attesa per la visita del Papa domenica prossima nella casa circondariale Nuovo Complesso di Rebibbia. Benedetto XVI incontrerà i detenuti alle 10, nella chiesa centrale del “Padre Nostro”, e risponderà alle loro domande. Terminato l’incontro, il Pontefice benedirà un albero piantato a ricordo della sua seconda visita in un carcere. Si tratta di un evento che in tanti vedono come un segno di speranza in una situazione spesso drammatica. Il servizio è di Davide Dionisi.

    Quella dei detenuti suicidi è una tragedia infinita. Ieri a Cagliari si è ucciso il sessantaduesimo detenuto dall’inizio dell’anno. E una delle prime cause è il sovraffollamento che ormai è diventato un’emergenza nazionale. Sono tanti allora i detenuti che, da tutta Italia, guardano a Rebibbia dove domenica prossima il Papa incontrerà gli ospiti della Casa circondariale nella cappella dedicata al Padre Nostro. Molte sono le aspettative per un messaggio di speranza che da più parti viene auspicato per migliorare le condizioni dei reclusi e per superare quella disperazione individuale che trova una indiscussa concausa nelle condizioni di vita disperate e indegne a cui i detenuti sono costretti. In questo modo il carcere può dunque recuperare la persona? Lo abbiamo chiesto al Garante dei Diritti dei Detenuti del Lazio, Angiolo Marroni:

    R. - Così affollato e così invivibile, perché è di un affollamento pazzesco, e con così poco personale dedito all’educazione, alla psicologia, e anche con la mancanza di poliziotti penitenziari e di personale amministrativo, il carcere fa molta fatica ad assolvere alla funzione costituzionale. In alcuni casi ci riesce, in larga parte non ci riesce.

    D. – Perché, secondo lei, in carcere i diritti base vengono ignorati?

    R. - Fondamentalmente perché l’affollamento è enorme: siamo a 67 mila detenuti su una capienza regolamentare di 45 mila. Siamo in una situazione in cui i detenuti in attesa di una sentenza di primo grado, di secondo, anche di Cassazione, aspettano mesi, anni e, presumibilmente, sono non-colpevoli; siamo in una situazione di multirazzialità e di multi-religiosità che devono essere rispettate e che si fa fatica a rispettare. Siamo di fronte a una carenza di mezzi finanziari pazzesca, nei confronti del carcere e del personale. Quindi, è chiaro che il carcere in queste condizioni non assolve la funzione che la pena deve assolvere, come previsto dalla Costituzione.

    D. - Domenica il Papa andrà a Rebibbia. Che significato assume tale visita in un ambito così complesso e difficile?

    R. - Essendo il Papa una personalità religiosa di primissimo piano, ma anche un’autorità ispirata alla solidarietà, alla fratellanza cristiana, al rispetto della dignità delle persone, penso che la sua venuta rappresenti un messaggio positivo che si può estendere non solo in tutta l’Italia, ma nel mondo, affinché ci sia attenzione alla persona con uno spirito fraterno e solidale. (fd)

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    Nomine

    ◊   Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Sekondi-Takoradi in Ghana, presentata da mons. John Martin Darko in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico ed ha nominato mons. Mathias Nketsia, arcivescovo di Cape Coast, amministratore apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis della diocesi di Sekondi-Takoradi.

    Benedetto XVI ha nominato vescovo della diocesi di São Raimundo Nonato (Brasile) il rev. João Santos Cardoso, finora coordinatore della Pastorale e parroco nell’arcidiocesi di Vitória da Conquista. Il rev. João Santos Cardoso è nato il 3 dicembre 1961 a Dário Meira, diocesi di Jequié (Bahia). Dopo gli studi elementari, ha frequentato il Corso di Filosofia presso il Seminario Maggiore "Nordeste de Minas" a Teófilo Otoni (1981-1982) e quello di Teologia presso l’Instituto di Teologia de Ilhéus", a Ilhéus (1983-1985). Ha conseguito anche la Licenza in Filosofia presso la FAI – Faculdades Associadas Ipiranga, a São Paulo (1994-1995) e il Dottorato in Filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana, a Roma (1995-2002). Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 27 dicembre 1986 a Vitória da Conquista.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Nell’udienza generale Benedetto XVI sottolinea che la preghiera rafforza il legame personale con Dio.

    Nell’informazione internazionale, in rilievo l’economia: mercati nervosi dopo la revisione al ribasso del pil tedesco.

    Per la tutela dei diritti dei rifugiati: intervento dell’arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra.

    Umanesimo globale di Pio IX: Stefano Cracolici sull’imponente programma di restauri e committenze che Papa Mastai Ferretti volle estendere a tutto il mondo.

    Quell’abbraccio che domina e placa ogni tempesta: Sandro Barbagallo sul completamento del restauro della “Resurrezione” di Pericle Fazzini.

    Il giocattolo di Goebbels: Alberto Batisti sui nuovi documenti per ricostruire il rapporto tra i Berliner Philharmoniker e il nazionalsocialismo.

    Tracce di Bosone? I media sono in fibrillazione, ma la caccia continua.

    Coniugi cristiani uccisi a Mosul: Francesco Ricupero sulla situazione in Iraq.

    I giovani simbolo di un’Europa unita: verso l’incontro animato a Berlino dalla Comunità di Taizé.

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    Oggi in Primo Piano



    Senegalesi uccisi a Firenze. Mons. Betori: tragedia immane, vicini a chi soffre

    ◊   E' lutto cittadino a Firenze per la strage in piazza Dalmazia. Ieri Luca Casseri, militante di estrema desta, prima di togliersi la vita ha ucciso due venditori ambulanti senegalesi e ne ha feriti tre. L’arcivescovo della città mons. Betori ha parlato di “profondo dolore e severa riprovazione per quanto accaduto”. Netta la condanna del gesto criminale da parte del presidente della Repubblica, Napolitano, e del sindaco di Firenze, Renzi, i quali ribadiscono il “no” ad ogni forma di violenza ed intolleranza. Massimiliano Menichetti ha intervistato l’arcivescovo di Firenze, mons. Giuseppe Betori.

    R. – La nostra posizione è innanzitutto vicino a chi soffre: questo ci insegna Gesù e questo dobbiamo fare in ogni occasione, anche in questa. Come comunità cattolica di Firenze dobbiamo sentirci vicini alle vittime e affidarle alla misericordia del Signore; essere vicini alle loro famiglie che sono nella sofferenza e a tutta la comunità senegalese di Firenze, che è profondamente ferita da questa tragedia immane che ha attraversato la loro esistenza, un’esistenza peraltro sempre pacifica nella nostra città e quindi ben accolta anche tra noi.

    D. – Proprio guardando alle possibili conseguenze lei ribadisce anche che ogni manifestazione di odio deve essere ricacciata dalla coscienza di tutti, dei fiorentini …

    R. – Direi che nella coscienza storica di Firenze i principi dell’accoglienza e del dialogo sono tra il patrimonio più evidente di questa città e quindi non possono essere in nessun caso offuscati da questa follia che ieri ha pervaso i quartieri della città. Ma direi che, soprattutto, questo deve essere un momento per una pulizia delle menti e dei cuori dei nostri cittadini perché tutti possano sentirsi fratelli. Credo che questo principio che ogni vita vada salvaguardata e rispettata nella sua dignità e che tutti gli uomini sono fratelli ci appartenga come credenti ma anche come fiorentini e non possiamo rinunciarci in nessun modo.

    D. – Da più parti viene ribadito che questo episodio, seppure con una matrice razzista, è un episodio singolo. Lei ha sottolineato anche questo aspetto: cioè, che sia allontanato lo spettro del razzismo e dell’odio etnico …

    R. – Lascio il problema della radice dell’episodio alle indagini che le autorità preposte dovranno fare. Devo però dire che nella coscienza comunitaria della città di Firenze razzismo e xenofobia non allignano e quindi vanno in ogni caso ricacciate; e guai se si lascia uno spazio da cui può entrare una riflessione che può indulgere verso questi atteggiamenti, che vanno in ogni caso condannati.

    D. – Lei ha sottolineato con parole molto decise sia il suo profondo dolore ma anche una riprovazione, una condanna per quanto accaduto a Firenze …

    R. – Non possiamo lasciar spazio a nessuna giustificazione. Tutto va ricacciato nella totalità della manifestazione che si è compiuta tra di noi. E quindi, con questo gesto di razzismo e di odio, come sembra nella sua natura più profonda, la città di Firenze non deve avere nulla a che spartire. (bf)

    Il ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione, Andrea Riccardi, parteciperà questo pomeriggio alle 17, insieme al sindaco Matteo Renzi, all'incontro con la comunità senegalese a Palazzo Vecchio, sede del Comune. Per sabato prossimo è stata indetta una manifestazione in memoria delle vittime e per esprimere solidarietà nei confronti dei tre feriti. Al microfono di Massimiliano Menichetti, il direttore di Radio Firenze e Radio Toscana, Enrico Viviano:

    R. – La città è sbigottita e sta cercando di capire cosa vuol dire questo segnale. C’è anche tanta voglia di solidarietà. Vedremo cosa in realtà sarà in grado di fare. E da questo punto di vista è interessante che anche le autorità abbiano deciso comunque di riprendere questo dialogo con la comunità senegalese, di portare questa sera al centro della città, in Palazzo Vecchio, la discussione e la riflessione – come ha detto il Sindaco - degli uomini di buona volontà.

    D – Direttore, Firenze è una città razzista?

    R. – Firenze è una città ormai multietnica. Firenze è una città che solo dal punto di vista delle diocesi vanta circa 17 comunità etniche, e non solo etniche, che hanno in alcune parrocchie il loro riferimento e, quindi, è una città che la stessa Chiesa fiorentina sta vivendo in termini di aiuto alla stessa pastorale specifica per queste realtà. Quindi, è una città che comunque ha tutte quelle dinamiche di multiculturalità che sono tipiche di una città internazionale. Non direi che la città è razzista: questa è una città che comunque ha fatto del dialogo un punto di riferimento in tutto il mondo. Certamente Firenze non è estranea al contesto internazionale, ma nemmeno al contesto della caduta di certi cosiddetti valori. C’è da capire se questo è semplicemente la punta di un iceberg di un razzismo che cova sotto sotto, oppure un gesto isolato di un folle.

    D. – La comunità senegalese come sta vivendo in queste ore questa tragedia?

    R. – Stasera c’è questo incontro a Palazzo Vecchio ed è stata indetta una grande manifestazione per sabato. I senegalesi nel territorio sono diverse migliaia - quasi 10 mila persone – e quindi c’è da capire quale anima andrà avanti. La comunità senegalese, da tanto tempo presente a Firenze, è forse tra le più integrate, perché comunque non è mai stata coinvolta in episodi malavitosi di grande spessore – sto pensando ad esempio al discorso della droga – come invece coinvolge altri tipi di comunità. Poco tempo fa – pensate – per la raccolta del Banco Alimentare, uno di questi ragazzi ha smesso di vendere le proprie cose ed è stato tutto un pomeriggio a fare la colletta per il Banco. Quindi, esiste un’integrazione. Ora, c’è da capire, come sempre accade quando ci sono queste grandi manifestazioni, quale anima prevarrà. (ap)

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    Italia. Manovra verso la fiducia tra le contestazioni della Lega. Andrea Olivero: correttivi insufficienti

    ◊   Al via l'esame della manovra, licenziata dalle Commissioni bilancio e finanze nella seduta notturna di ieri. E al Senato questa mattina è andata in scena la dura contestazione del Carroccio contro Monti. Il voto sulla pregiudiziale di costituzionalità nel pomeriggio. La richiesta del voto di fiducia, ormai scontato, sarà questa sera, o al massimo domani mattina. Il servizio è di Salvatore Sabatino:

    Il presidente del Consiglio Monti, doveva riferire del vertice UE dell’8 e 9 dicembre scorsi, ma non è stata impresa facile, perché la Lega non ha dato tregua. Una contestazione durissima, con cartelli contro la manovra, ma anche con urla ed interruzioni, tanto da costringere il presidente del Senato Schifani a sospendere la seduta, definendo quanto accaduto “una sceneggiata mortificante per il Parlamento". Poi la ripresa dei lavori, con il presidente del Consiglio nuovamente interrotto dalle intemperanze del Carroccio. Un discorso, comunque, il suo, con un immancabile richiamo alla manovra; partendo dal monito dei cartelli esposti dalla Lega (basta tasse) ha annunciato l'apertura dell'Italia, in sede europea, alla tassa sulle transazioni finanziarie. Poi una critica al risultato del Consiglio europeo; "non è stato per ora all'altezza delle nostre aspettative - ha riferito – ma è stato abbastanza significativo", in particolare sul tema degli Eurobond che verrà inserito nel rapporto che Van Rompuy, Barroso e Juncker presenteranno entro il 31 marzo, e sul rafforzamento dell'operatività del fondo salva-Stati. Ieri sera, inoltre, il premier aveva presentato la manovra correttiva dei conti pubblici, alle Commissioni bilancio e finanze di Montecitorio. Un pacchetto di emendamenti che prevede detrazioni per la nuova Imu sulla prima casa fino ad un massimo di 400 euro in base al numero dei figli, un contributo di solidarietà del 15% per le indennità pensionistiche oltre i 200 mila euro, un’imposta sui capitali scudati. Per quanto riguarda le Province, invece, decadranno a scadenza naturale ed il taglio degli stipendi ai politici, verrà effettuato dalla Camera.

    Per un commento sulla manovra economica, così come esce dagli emendamenti, Luca Collodi ha sentito il presidente delle Acli Andrea Olivero:

    R. - Sicuramente è un poco più equa, mettiamola in questi termini. Ci sono elementi - la rivalutazione delle pensioni fino al triplo della minima e l’Ici con un’attenzione alle famiglie con figli - che ci dicono che qualcosa è stato fatto ... però è ancora poco rispetto all’attesa di chi voleva vedere totalmente esentati dai nuovi sacrifici coloro che già troppo stanno pagando la crisi economica.

    D. - Che cosa si poteva fare in più, che i partiti non hanno fatto o non sono stati in grado di fare?

    R. – Innanzitutto bisognava ripartire in maniera diversa il peso, andando a far sì che fossero quanti hanno più risorse economiche patrimoniali a contribuire al risanamento del Paese. In un momento di emergenza è necessario che siano soprattutto i ricchi, quanti hanno più risorse, a dare il loro contributo; così non è stato fatto ancora in maniera sufficiente. In questa maniera si poteva, probabilmente, andare ad escludere fino in fondo i ceti popolari dal pagare ulteriormente, ceti popolari fortemente impoveriti negli ultimi anni.

    D. - La politica, a quanto pare, sembra ancora salva dai tagli. E' così oppure c’è un semplice rinvio per i prossimi mesi?

    R. – No, è purtroppo così. Noi osserviamo ancora una volta che il mondo politico da solo non arriva ad autoriformarsi e che non coglie l’urgenza del momento. Forse sottovalutano quell’astio, quel malcontento sordo che sta crescendo all’interno del nostro Paese e che è pessimo da ogni punto di vista: porta sfiducia e porta anche a un disimpegno. Noi siamo convinti che sia necessario anche partire da gesti simbolici. La riduzione degli stipendi e delle pensioni dei parlamentari non è decisiva per i conti dello Stato però è decisiva per far sì che tutti si sentano corresponsabili e non soltanto tartassati.

    D. – Voi avete analizzato l’umore dell’elettorato cattolico con una indagine che avete affidato ad Ipsos: che cosa è venuto fuori?

    R. – E’ venuto fuori innanzitutto che c’è una difficoltà da parte dei cattolici, e dei cattolici praticanti in particolare, a ritrovarsi nello schema politico attuale. Dalla nascita del governo Monti, dobbiamo dire la verità, c’è anche una piccola ripresa di speranza; forse, appunto, l’attenzione di questi ministri, dello stesso presidente, a un parlare ai cittadini, avere un tono sobrio, ha aiutato un po’, ma c’è ancora troppa poca fiducia nei confronti dei partiti: non ci si sente rappresentati. C’è però anche un dato positivo: i cattolici praticanti hanno voglia nuovamente di impegnarsi e di appassionarsi alla politica. Questo potrebbe diventare un passaggio importante per quella ricostruzione necessaria, per quella costruzione di un percorso vero di rigenerazione, cioè di costruzione di una nuova generazione di persone impegnate in politica. (bf)

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    L'Ue pressa la Russia sulla regolarità delle elezioni vinte da Putin e Medvedev

    ◊   Faccia a faccia informale, oggi pomeriggio a Bruxelles, tra il presidente del Consiglio europeo Van Rompuy e il leader russo Medvedev. Si tratta di un primo incontro in vista del vertice di domani, dove certamente l’Ue solleverà la questione della regolarità delle recenti elezioni russe, vinte dal partito di maggioranza e fortemente contestate dalla piazza. Ma che voce può avere l’Unione europea su questo tema? Giada Aquilino lo ha chiesto a Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana ed esperto di questioni russe:

    R. - Io temo che abbia poca voce in capitolo come tutti – come gli Stati Uniti, come chiunque altro – perché i rapporti internazionali sono molto complessi, in questo momento, e sono dettati soprattutto dagli interessi. In questi anni, la Russia di Putin è riuscita quasi completamente nel suo piano di diventare un perno fondamentale, irrinunciabile dei rifornimenti energetici tra est ed ovest. La recente acquisizione dei gasdotti in Bielorussia, la “normalizzazione” dell’Ucraina, sono tutti dei tasselli che hanno fatto della Russia un fornitore indispensabile per l’Europa. Credo che queste considerazioni prevarranno su tutte le altre.

    D. - Quale può essere allora il ruolo della Casa Bianca?

    R. - Può essere quello di polemizzare con la Russia; ma è poco credibile agli occhi dell’opinione pubblica russa, che l’ha vista animare con grande partecipazione, per esempio, la rivoluzione arancione in Ucraina e tutti i movimenti che avevano una forte connotazione anti-russa. Questo, ovviamente, rende un pochino meno autorevole il parere della Casa Bianca.

    D. - Nelle ultime ore, c’è un clima sempre più teso in Russia con quello che la stampa ha definito “un giro di vite” sui media. Fino a che punto si arriverà?

    R. - Credo che un attimo dopo il risultato elettorale - vero o fasullo che sia - il regime abbia cominciato a pensare al vero appuntamento, quello decisivo e fondamentale, che sono le elezioni presidenziali fissate per il 4 marzo. Credo che il Cremlino cercherà di assicurare a tutti i costi a Putin un’elezione al primo turno, cioè con una maggioranza superiore al 50 % dei votanti, che al momento è totalmente impensabile. Quindi, non mi stupisce che il Cremlino cerchi in questo momento di silenziare le opposizioni, di “ri-orientare” l’opinione pubblica - almeno quella evidente, quella visibile - in una maniera più favorevole alla causa di Putin.

    D. - Il futuro delle opposizioni, del dissenso - quello di piazza - quale sarà?

    R. – In realtà, dal punto di vista parlamentare i veri vincitori - quelli che veramente hanno approfittato del crollo di Russia Unita - sono i comunisti. E non mi pare che sia una grande alternativa. I movimenti di piazza, invece, sono stati animati, secondo me, da due categorie di persone, che con i comunisti hanno pochissimo a che fare, e quindi hanno pochissimo a che fare con chi ha vinto le elezioni, e cioè i giovani che sono cresciuti in una Russia totalmente putiniana. E’ andata a votare la classe 1993, cioè quelli che nascevano quando Eltsin faceva bombardare il Parlamento, tanto per dare un punto di riferimento; e poi, quella piccola borghesia che, nonostante tutto, si è formata proprio negli anni di Putin. I borghesi russi si sentono traditi da Putin, che non riesce più a mantenere il patto “meno diritti ma più benessere, più stabilità, più crescita economica”. Come queste due categorie - i giovani e la piccola borghesia - riusciranno a darsi una rappresentanza politica è ancora un mistero ed è un problema ancora tutto da risolvere. (fd)

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    Tunisia: Marzouki, storico oppositore del vecchio regime, giura come nuovo presidente

    ◊   Sarò il presidente di tutti i tunisini. Così il neoeletto capo dello Stato, Moncef Marzouki, dopo la cerimonia di insediamento di fronte all’Assemblea Costituente. Lo storico oppositore del regime, con indosso la veste tradizionale, ha prestato giuramento sul Corano davanti ai 217 componenti dell'Assemblea Costituente e ai massimi rappresentanti dello Stato. Ai vincitori delle elezioni per la Costituente, gli islamici moderati di "Ennahda", oltre alla guida dell’esecutivo - affidata a Hamadi Jebali, numero due del partito - saranno assegnati i dicasteri di Esteri e Interni. Nel suo discorso introduttivo, il presidente Marzouki ha sottolineato la vocazione internazionale della Tunisia e si è espresso in difesa dei diritti delle donne. Il commento di Paolo Branca, docente di lingue e letteratura araba all’Università cattolica di Milano, intervistato da Stefano Leszczynski:

    R. – Mi pare un discorso importante, perché il regime precedente, con il pretesto della repressione dei movimenti islamici radicali, aveva anche criminalizzato la comune pratica religiosa islamica. Chi frequentava le moschee, soprattutto i giovani, veniva schedato e alle donne veniva anche impedito di portare il tradizionale foulard islamico. C’è, quindi, certamente, una frattura rispetto a questa pratica precedente, anche se è importante che sia stato messo l’accento sul fatto che la scelta di velarsi o meno sia una scelta individuale, e quindi sono rispettate anche quelle che scelgono di non portarlo.

    D. – In Tunisia la parte del leone alle elezioni per l’Assemblea l’ha fatta il partito dell’islamismo moderato. Questo può dare qualche elemento di preoccupazione per chi guardava invece ad una Tunisia più laica?

    R. – Credo che da un certo punto di vista fosse inevitabile, come del resto anche in Egitto: le forze che si sono opposte al regime per questi decenni sono state soprattutto le forze di estrazione islamica; quelle laiche sono state fortemente represse anche per via del clima della Guerra fredda. Queste forze, comunque, sono presenti e sono state loro il motore delle rivoluzioni.

    D. – Il fatto che ci sia un presidente che è stato un attivista per i diritti umani, tra l’altro incarcerato dal vecchio regime, può portare qualche cambiamento significativo in Tunisia?

    R. – Sicuramente è una garanzia: è una persona che ha le carte in regola rispetto ad un passato dove veramente il regime era fortemente repressivo per ogni forma di espressione non in accordo con il partito unico. Il fatto, dunque, che sia stata scelta una persona come questa fa ben sperare per il futuro non solo della Tunisia, ma di tutta l’area.

    D. – Quali sono gli interessi della Tunisia di oggi?

    R. – La Tunisia è un Paese con una vocazione mediterranea: alcune parti della Tunisia sono ancora più a Nord di alcune isole italiane. Quindi, sta scritto nella geografia, nella geopolitica questo legame con l’Europa. La gestione equilibrata di questa vocazione può essere sicuramente negli interessi sia della Tunisia che dei Paesi che le stanno più vicini. (ap)

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    Secondo turno delle legislative in Egitto: intervista ad Ahmed Maher, protagonista del movimento di piazza Tahrir

    ◊   In Egitto si sono aperte oggi le urne per il secondo turno delle elezioni legislative. Nella prima tornata elettorale, il 28 novembre, si è registrata una prevalenza dei partiti legati ai "Fratelli Musulmani" e ai gruppi salafiti. Su questo risultato, e le prospettive future del Paese, Davide Maggiore ha sentito il parere di Ahmed Maher, co-fondatore del “Movimento 6 aprile”, tra i protagonisti delle manifestazioni di piazza Tahrir:

    R. – It was not a surprise for us because...
    Non è stata una sorpresa per noi, perché i gruppi islamici sono ben organizzati e i "Fratelli Musulmani" hanno un’organizzazione di più di 80 anni. Quindi, non è una sorpresa, ma ci aspettiamo che nella seconda e terza fase le cose cambieranno. Pensiamo che la maggioranza - nella seconda e terza fase - andrà ai gruppi laici e ai partiti politici laici.

    D. – Le elezioni parlamentari, comunque, sono solo un primo passo, seguiranno le elezioni presidenziali e una volta instaurata una democrazia deve anche funzionare. Come e quando potremo dire che l’Egitto avrà vinto questa sfida?

    R. – I think that after a revolution it will take a time ...
    Penso che ci voglia tempo dopo una rivoluzione – quattro, cinque, sei anni – per arrivare ad un momento di stabilità. Il prossimo presidente si troverà ad affrontare molti dibattiti, molte crisi, dovrà risolvere molti problemi: problemi economici, sociali. Questo Parlamento, questo governo e questo presidente vivranno un periodo di transizione. Quindi, ora non c’è stabilità.

    D. – I gruppi della società civile hanno giocato un ruolo molto importante nella caduta di Mubarak. Che ruolo avranno una volta che sarà instaurato il nuovo Stato di diritto?

    R. – Before the 21st of January, ...
    Prima del 21 gennaio, prima dell’inizio della rivoluzione, c’erano movimenti di protesta e di resistenza contro il regime di Mubarak e noi dovevamo affrontare la violenza nei nostri confronti. Ora il nostro ruolo è quello di un gruppo di pressione che cerca di stabilire nuove norme, una nuova mentalità e che cerca di mettere pressione all’attuale governo e al Consiglio supremo. Noi cercheremo di mettere pressione finché non si arriverà ad una stabilità, ad un nuovo regime e ad una nuova legislazione in Egitto.

    D. – Una delle questioni principali sarà quella delle minoranze religiose nel Paese, specialmente dei cristiani...

    R. – Egypt has a great history…
    L’Egitto ha una grande storia per quanto riguarda l’uguaglianza e i diritti di cittadinanza, ma abbiamo affrontato molti problemi pochi anni fa, a causa del comportamento del passato regime, e ci sono anche oggi molti problemi all’interno della società, che comunque risolveremo. Forse questi gruppi radicali cercano di causare problemi, ma la maggioranza degli egiziani vuole vivere in pace, vuole avere una vera collaborazione: tutti dimenticano il loro background - i cristiani e i musulmani - e si sentono fratelli nello stesso Paese. Quindi, penso che questa sia la nostra storia e sia il nostro futuro. (ap)

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    Cern: vicini alla scoperta del “bosone di Higgs”. Il commento dell’astronomo della Specola Vaticana, padre Gionti

    ◊   Una ricerca che, se confermata, avrà una grande importanza per il completamento della teoria della materia. Ieri, al Cern di Ginevra, è stato annunciato che in un duplice esperimento, eseguito sotto la guida di due fisici italiani, è stata trovata la traccia del “bosone di Higgs”, ossia la particella elementare che sarebbe presente dentro i nuclei degli atomi di tutti gli elementi. Sull’importanza di questa ricerca scientifica, Alessandro Gisotti ha raccolto il commento di padre Gabriele Gionti, astronomo della “Specola Vaticana”:

    R. – C’è un modello che funziona nella teoria delle particelle elementari, che si chiama il modello “Standard”, che descrive tutte le interazioni che conosciamo in natura. In questo modello c’è l’unificazione elettromagnetica e l’unificazione debole. Questo modello era stato predetto teoricamente già da tempo e aveva ricevuto il premio Nobel nel 1978. Le particelle, però, di questa interazione elettrodebole sono state scoperte solo nel 1984 da Carlo Rubbia al Cern. La massa di queste particelle, però, è data dal “bosone di Higgs”. Le particelle a cui questo bosone doveva dare massa sono state trovate; non è stato trovato invece il “bosone di Higgs” stesso dall’’84 in poi. Sono stati fatti quindi molti esperimenti al Cern per rivelare questa particella fino ad arrivare ad oggi.

    D. – Quali potrebbero essere le prospettive, un cambio di visione?

    R. – No, questo è il punto: semplicemente viene ulteriormente confermato il modello elettrodebole. Non c’è ancora nessun segnale che possa puntare ad una nuova fisica.

    D. – I giornali titolano oggi con enfasi “trovata la traccia della particella di Dio”: una pretesa. Sembra anche un po’ ricordare la Torre di Babele...

    R. – Sì. Uno dei motivi per cui viene chiamata “particella di Dio” è perché era introvabile: dall’’84 ad oggi sono passati un po’ di anni. Molti studenti hanno fatto le loro tesi di laurea al Cern, volendo arrivare a questa particella, ma non l’hanno trovata. Quindi, i modelli teorici che abbiamo non si sono ancora verificati e non capisco perché si dica “una scienza che riesce a comprendere tutto” se anche questi modelli teorici che abbiamo, e su cui tutti sembravano d’accordo, non sono stati ancora verificati ... (ap)

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    Chiesa e Società



    Iraq. Ancora un attacco anticristiano a Mosul: uccisi in un agguato marito e moglie

    ◊   Nuovo omicidio mirato contro la comunità cristiana irakena a Mosul, nel nord dell’Iraq, teatro da tempo di una lunga striscia di sangue contro la minoranza religiosa. Fonti locali dell'agenzia AsiaNews, che chiedono l’anonimato per sicurezza, riferiscono che ieri sera “un cittadino cristiano caldeo e sua moglie sono stati uccisi” a colpi di arma da fuoco; nell’agguato sono invece sopravvissuti i due figli della coppia, che si trovavano con loro al momento dell’attacco. Nei giorni scorsi a Zakho, nel Kurdistan irakeno, gruppi estremisti islamici, aizzati dall’imam locale, hanno preso di mira attività dei cristiani nella zona; gli attacchi sono iniziati il 2 dicembre e continuati nei giorni successivi a Dohok, con decine di negozi incendiati e almeno 30 i feriti. Nell’agguato di ieri sera a Mosul sono morti Adnan Elia Jakmakji, di 34 anni, e sua moglie Raghad al Tawil, di 25 anni. I coniugi, racconta la fonte di AsiaNews, si trovavano a bordo della loro automobile in compagnia dei due figli, nel quartiere 17 luglio, nella zona a est della città. La coppia è deceduta sul colpo, mentre i figli hanno riportato ferite ma non sarebbero in pericolo di vita. Dalle prime ricostruzioni sembra che il gruppo armato abbia teso una vera e propria imboscata, aspettando la coppia e investendoli con una pioggia di proiettili. Gli assassini sono poi fuggiti indisturbati, facendo perdere le loro tracce. La famiglia era proprietaria di un piccolo negozio, ma non è ancora chiaro se l’omicidio sia in qualche modo legato alla loro attività commerciale. I funerali hanno avuto luogo oggi nella chiesa caldea dell’Immacolata, a Mosul. “In questo periodo la sicurezza sta peggiorando – conferma la fonte – e i cristiani sono preoccupati in vista delle celebrazioni del Natale”. Da tempo la comunità cristiana nel nord dell’Iraq è vittima di una guerra incrociata fra arabi, turcomanni e curdi per la conquista del potere e il controllo degli enormi giacimenti petroliferi racchiusi nel sottosuolo. Ad aumentare la tensione, il ritiro completo delle truppe statunitensi dal Paese – previsto entro la fine dell’anno – che potrebbe generare ulteriore instabilità e violenze. (R.P.)

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    Belgio: la Chiesa plaude all’istituzione di un Tribunale d’arbitrato per le vittime di abusi caduti in prescrizione

    ◊   Novità in Belgio per le vittime di abusi sessuali da parte di personale ecclesiastico, caduti in prescrizione: da oggi potranno appellarsi ad un Tribunale d’arbitrato, “in particolare per richiedere risarcimenti finanziari” alla Chiesa, in un misura compresa tra i 2500 e i 25 mila euro. Questo il risultato raggiunto dal gruppo di esperti che ha presentato il suo lavoro alla “Commissione di sorveglianza sui casi di abusi sessuali e atti di pedofilia in un rapporto di autorità, in particolare in seno alla Chiesa” e alle autorità ecclesiastiche. Soddisfazione hanno espresso in una nota i vescovi e i superiori maggiori del Belgio, sottolineando che la procedura di arbitrato poggerà su “un’istanza neutra, al di fuori delle strutture della Chiesa”. I presuli ricordano di avere lavorato negli ultimi mesi con un gruppo di esperti di varie discipline “per elaborare un documento di sintesi sul modo di affrontare e prevenire l’abuso sessuale nella Chiesa”, che “sarà terminato nelle prossime settimane, e che terrà conto dei risultati del lavoro della Commissione parlamentare. Il documento comprenderà diversi capitoli dedicati all’analisi dei fattori che possono portate all’abuso sessuale; al riconoscimento e alla riabilitazione della vittime di abusi sessuali; all’offerta mirata della Chiesa alle vittime, con l’apertura di luoghi di accoglienza locali organizzati dalle diocesi e dalla Congregazioni religiose; alla cooperazione della Chiesa nelle procedure di conciliazione o d’arbitrato; alla responsabilità e l’approccio degli autori degli abusi sessuali; alle misure per la prevenzione degli abusi e infine alle conseguenze per il futuro della comunità ecclesiale. “Come responsabili della Chiesa – scrivono i vescovi e i superiori maggiori – noi sosteniamo prima di tutto il riconoscimento e la riabilitazione delle vittime di abusi sessuali. Vogliamo essere disponibili e ricercare con loro il miglior modo di rispondere ai loro bisogni. Collaboreremo, in quest’ottica, in primo luogo con le istanze sociali, della giustizia e dei servizi sociali, e da oggi con l’arbitrato”. Infine il un grazie “a tutti i responsabili ed esperti - conclude la nota - che ci consigliano e ci stanno aiutando”. (A cura di Roberta Gisotti)

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    Siria: Gregorio III invita a vivere il Natale con sobrietà in segno di rispetto per le vittime

    ◊   Un invito a vivere “il prossimo Natale nella sobrietà, lontano dalle luci esteriori, nella ricchezza della Luce interiore” giunge oggi da Damasco, dove si è chiusa l’Assemblea ordinaria dei vescovi cattolici di Siria, presieduta dal patriarca greco-melchita cattolico di Antiochia e di tutto l'Oriente, Alessandria e Gerusalemme, Gregorio III Laham. “Per questo Natale – dichiara all'agenzia Sir Gregorio III - abbiamo chiesto sobrietà ai nostri fedeli, per profondo rispetto nei confronti dei tanti siriani che hanno perso la vita, nei mesi di violenze, e delle loro famiglie. La sobrietà, il silenzio deve accompagnare la preghiera di questi giorni che, spero, siano ricchi di luce interiore e non esteriore. Le case dei nostri fedeli diventino delle piccole grotte di Betlemme dove pregare e meditare”. Raccomandazioni contenute in una lettera che il patriarca ha, proprio oggi, fatto recapitare in tutte le parrocchie: “evitiamo le decorazioni natalizie e privilegiamo il raccoglimento e la preghiera” ribadisce Gregorio III che ricorda che “le liturgie natalizie avranno il loro regolare svolgimento nelle chiese. Non abbiamo mai avuto problemi a celebrare le nostre Messe e sarà così anche questa volta. Credo sia un segno di speranza”. L’assemblea, durata tre giorni, ha visto ieri sera, nella cattedrale greco-melkita a Damasco, la celebrazione di una preghiera ecumenica “per la Siria” cui hanno partecipato i rappresentanti delle diverse Chiese cattoliche ed ortodosse siriane. “Per un’ora – spiega il patriarca – abbiamo pregato per chiedere la riconciliazione e la pace nel nostro Paese. Lavoriamo per l’unità e per il dialogo. Vogliamo riaffermare che i cristiani sono siriani e vogliono lavorare per il Paese al quale ribadiamo la nostra lealtà. Abbiamo bisogno di libertà, di ricomporre le divisioni, di ritrovare l’unità tra tutti i siriani, senza distinzione di fede, etnia. Questa situazione tragica deve finire al più presto per il bene del popolo. I siriani sono in grado di risolvere i loro problemi e di appianare le differenze da soli senza nessun intervento esterno”. La liturgia ecumenica è stata anche trasmessa in diretta televisiva. (R.P.)

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    Strasburgo: consegnato il Premio Sakharov a cinque attivisti della "Primavera araba"

    ◊   “Sono stato in carcere per 31 anni, 9 dei quali in isolamento. Ho subito torture, umiliazioni, non ho avuto assistenza sanitaria quando ne avevo bisogno. Ma non ho mai perso la speranza né la fiducia nella dignità dell’uomo. Noi amiamo la vita. Che la pace sia con voi”. Ahmed al-Zubair Ahmed al-Sanusi è tra i più noti oppositori del regime di Gheddafi. L’attivista libico ha ricevuto oggi, assieme ad altri quattro esponenti della “primavera araba” (Asmaa Mahfouz, Egitto; Razan Zaitouneh e Ali Farzat, Siria; Mohamed Bouazizi, Tunisia, alla memoria) il premio Sakharov del Parlamento europeo per la libertà di pensiero. Dei premiati, solo Sanusi e l’egiziana Asmaa Mahfouz hanno potuto essere presenti in emiciclo, ricevendo il premio dalle mani del presidente dell’Assemblea Jerzy Buzek. Mahfouz in un breve intervento ha affermato: “Questo riconoscimento va a tutti gli egiziani e a tutte le persone nel mondo arabo che si sono impegnati e che scendono in piazza ancora oggi per la libertà e la democrazia. Molti di loro hanno perso la vita e anche per questo il nostro impegno non può essere concluso. Dobbiamo proseguire il cammino verso la libertà e il sostegno del Parlamento europeo” e della comunità internazionale “è prezioso”. (R.P.)

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    Usa. I vescovi ai migranti latinoamericani: “non cedere alla disperazione”

    ◊   “Non cedere alla disperazione” per la mancanza di una riforma della legge migratoria e i rimpatri forzati che hanno impedito il ricongiungimento delle loro famiglie. È questo l'incoraggiamento che negli Stati Uniti 33 vescovi cattolici di origini ispaniche hanno fatto ai migranti latinoamericani. I vescovi, riporta l’agenzia Misna, si dicono coscienti “del dolore delle famiglie per il rimpatrio di alcuni dei loro cari e della frustrazione dei giovani cresciuti in questo Paese” senza che gli sia riconosciuta la cittadinanza. Celebrando la Vergine di Guadalupe, Patrona delle Americhe, i presuli hanno ricordato che molti di questi migranti fanno i lavori più umili, difficili e senza garanzie, “ma invece di essere ringraziati sono trattati come criminali”. Sono situazioni che necessitano “una soluzione dignitosa e umana” hanno aggiunto i religiosi nel documento. La nota è la prima rivolta direttamente ai migranti a firma della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti. I firmatari hanno rinnovato il loro impegno per ottenere una riforma migratoria, ancora bloccata al Congresso, “che rispetti l’unità della famiglia e comprenda passi ordinati e ragionevoli affinché le persone prive di documenti possano ottenere la cittadinanza americana”. In campagna elettorale, Barack Obama aveva promesso una riforma per risolvere lo status di 11 milioni di immigrati “irregolari” negli Usa. Tuttavia il Congresso non ha approvato alcuna misura e ora che è più forte l’opposizione dei Repubblicani, favorevoli ad aumentare le restrizioni all’immigrazione, l’ipotesi si allontana. Negli ultimi tre anni il numero dei rimpatri forzati negli Usa ha toccato il record di 1,2 milioni. (G.C.)

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    Mons. Crociata: una comunità che accoglie i migranti “investe sul futuro”

    ◊   Una comunità accogliente verso i migranti “investe sul futuro”. Lo ha detto questa mattina a Roma mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, aprendo il seminario “Salute e Migrazioni. Quale cura per la mobilità?”. L'incontro, riporta l’agenzia Sir, è organizzato dall’Ufficio nazionale per la pastorale della sanità e dalla Fondazione Migrantes. "La nostra coscienza di credenti, ha dichiarato il presule, è chiamata a prendersi cura delle persone in condizione di maggiore fragilità, non può restare indifferente". Secondo mons. Crociata, ai migranti occorre garantire l’accesso ai servizi sanitari e renderlo più semplice anche attraverso un lavoro di rete sociale e comunitaria. “Dobbiamo imparare a riconoscere il volto di Cristo in coloro che soffrono – ha continuato il vescovo - spendendoci personalmente e comunitariamente per contrastare diseguaglianze, solitudine e abbandono”. Per mons. Crociata, due aspetti dell’assistenza sanitaria ai migranti richiedono particolare attenzione: la salute mentale, per via di forme di violenza e discriminazione, e la maternità. “I dati drammatici degli aborti e del consumo di ‘pillole del giorno dopo’ da parte di donne migranti indicano – secondo il segretario Cei - come spesso esse non siano supportate e tutelate nell’affrontare una gravidanza". Una comunità attenta alle persone migranti è una comunità “che si arricchisce e si sviluppa spiritualmente, moralmente e anche economicamente”, ha continuato il presule che ha concluso: “come Chiesa”, riprendiamoci “il compito di educare all’ospitalità e alla cura”. (G.C.)

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    Haiti: i vescovi chiedono di "non abbandonare il Paese in mani altrui"

    ◊   “La nuova Haiti di cui tanto sogniamo non ci verrà data in regalo, ma sarà frutto dell’unione dei nostri sforzi”: Tornano ad invocare la sovranità nazionale i vescovi di Haiti in un messaggio in vista delle celebrazioni natalizie, ripreso dall'agenzia Misna. “Rari sono coloro che, alla maniera del Signore, danno tutto senza aspettarsi nulla in ritorno. Vi esortiamo – lanciano i presuli al popolo e ai governanti nazionali – a non attendere continuamente che vi sia dato. Strade e ponti in regalo, scuole e palazzi amministrativi o religiosi, ospedali in regalo, alloggi e viveri, forze di sicurezza in regalo. Non c’è nulla di male ad accettare di essere aiutati e accompagnati. Tuttavia dobbiamo assumerci le nostre responsabilità e gestire, in maniera determinata il nostro presente e il nostro futuro”. “Siate lungimiranti – avverte la Conferenza episcopale haitiana (Ceh) – Non vedete che a causa della troppa assenza di buon governo, della mancanza di organizzazione, dell’accettazione della corruzione, della paralisi di progetti di sviluppo, il nostro Paese ci sta sfuggendo dalle mani? I grandi temi ci sfuggono, l’unità e la sovranità del Paese si stanno sgretolando. La popolazione forse non sta cercando di emigrare, mentre altri si contendono questa terra per farvi da padroni? Ricordatevi che ogni casa non custodita attira gli invasori”. No all’attendismo e alla noncuranza, insistono i presuli, perché “se si rinuncia al proprio patrimonio culturale e religioso, alle proprie risorse naturali, si rinuncia alla propria autonomia per vivere sotto il diktat altrui e si va verso la rovina”. Nel Paese caraibico, già prima del terremoto di due anni fa erano presenti in massa organizzazioni internazionali, governative e non; dal 2004 sono anche presenti oltre settemila caschi blu nell’ambito della missione Onu ‘Minustah’, mentre gli americani hanno sempre cercato di mantenere un’influenza su Haiti, non solo in chiave anti-castrista, ma anche per la posizione strategica nel mar dei Caraibi. Negli ultimi anni anche diversi governi sudamericani hanno dimostrato un interesse crescente nei confronti di Haiti. (R.P.)

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    Filippine: i vescovi di Mindanao in prima linea contro lo sfruttamento minerario nell'isola

    ◊   Saranno depositate domani a Manila, capitale delle Filippine, le 100 mila firme raccolte in tre diocesi di Mindanao contro un progetto minerario di estrazione di rame ed oro nel sud dell’isola. La consegna avverrà nella residenza presidenziale Malacanang Palace. “Da sempre i vescovi locali sono impegnati in prima linea contro lo sfruttamento minerario ai danni delle popolazioni”, riferisce all’agenzia Misna padre Angel Calvo, missionario clarettiano nella regione di Mindanao, commentando l’iniziativa promossa da tre presuli locali, mons. Romulo T. Dela Cruz, vescovo di Kidapawan, mons. Dinualdo D. Gutierrez, vescovo di Marbel, e mons. Guillermo V. Afable, vescovo di Digos. I promotori della petizione chiedono con urgenza al presidente Benigno S. Aquino III di fermare il progetto Tampakan. “Pesa da tempo sulle nostre comunità. Da quando è stato avviato, ha creato soltanto divisioni tra la popolazione” spiegano i presuli, sottolineando anche l’impatto ambientale devastatore del progetto. Secondo i promotori del piano di sviluppo delle miniere di Tampakan, l’area contiene le più vaste riserve di rame e oro non sfruttate del sudest asiatico e se venissero sviluppate, sarebbero le più grandi miniere di rame delle Filippine e tra le più imponenti del mondo. A gestire il progetto è la multinazionale con sede in Svizzera ‘Xstrata’ attraverso la sua controllata ‘Sagittarius Mines, azienda filippina a partecipazione australiana. (R.G.)

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    Indonesia: almeno 16 feriti negli scontri tra cristiani e musulmani ad Ambon

    ◊   È di almeno 16 feriti il bilancio delle violenze interconfessionali nella città indonesiana di Ambon, capitale delle Molucche. Ieri mattina due opposte fazioni si sono scontrate in strada in modo violento, incendiando anche alcune abitazioni. La vicenda era cominciata la sera del 12 dicembre, dopo uno scambio di screzi tra i due schieramenti. Nella notte la situazione è degenerata, sino a sfociare in guerriglia urbana nella mattinata di ieri, sedata dall’intervento della polizia. Gli agenti hanno sequestrato armi da taglio, Molotov, frecce, machete e lance. Questi scontri sono cominciati 24 ore dopo un agguato in cui altre due persone sono rimaste ferite in modo grave. Il capo della polizia di Ambon, riferisce l'agenzia AsiaNews, ha spiegato che le violenze di ieri sono collegate agli scontri fra maggioranza musulmana e minoranza cristiana dell’11 settembre scorso, dove sono morte nove persone e altre 60 sono rimaste ferite. Intanto le autorità politiche dell’Indonesia, il Paese musulmano più popoloso al mondo, hanno condannato le violenze. (G.C.)

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    Myanmar: la Caritas invoca aiuti umanitari per gli sfollati kachin

    ◊   Negli ultimi sei mesi la situazione degli sfollati interni di etnia kachin, nelle diocesi di Myitkyina e Banmaw (nel nord del Myanmar), si è aggravata, colpendo soprattutto donne e bambini. I profughi sono aumentati continuamente e attualmente sono circa 50mila. La Chiesa cattolica (tramite “Karuna”, la Caritas locale) e la Chiesa Battista, con grande sforzo e impegno di risorse, hanno organizzato campi e assicurato il sostentamento per 26mila sfollati, mentre altri 3.000 sono accolti in monasteri buddisti. E’ quanto afferma un dettagliato Rapporto inviato all’agenzia Fides dalla Caritas della diocesi di Banmaw, in prima linea nel monitoraggio della situazione e nell’assistenza. La Caritas lancia un appello per incentivare i programmi di assistenza umanitaria, sperando in una immediata cessazione delle ostilità. Lo stato Kachin, situato nella parte nord del Myanmar, conta circa 1,2 milioni di abitanti. Dopo gli scontri militari ripresi a giugno scorso, c’è stato “un esodo”, riferisce il documento: la popolazione ha dovuto abbandonare le proprie case, i campi e le fattorie, mentre le infrastrutture come strade e ponti sono andate distrutte. A partire dal giugno scorso, i siti e le case religiose – informa il Rapporto Caritas – sono divenute “campi di sfollati”, mentre altri campi sono stati allestiti nella giungla. Gli sfollati, per la maggior parte cristiani, sono impauriti e stentano a sopravvivere, potendo contare sugli aiuti umanitari della Chiesa cattolica e di quella battista e, nelle città, sul sostegno delle agenzie delle Nazioni Unite e di singole Organizzazioni non governative. Gli sfollati, informa il Rapporto, provengono da Njang Yang, Waingmaw, Banmaw, Momauk, Shwegu e Mansi e dalla zona compresa tra il fiume Irrawaddy e il confine con la Cina. Molti sfollati restano nella foresta per paura delle violenze dei militari, che alcune Ong hanno definito “crimini di guerra e crimini contro l’umanità”. (R.P.)

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    Sud Sudan: i combattimenti si avvicinano all’insediamento di rifugiati di Yida

    ◊   In Sud Sudan, sono circa 20.000 i rifugiati a rischio per i combattimenti vicino alla frontiera settentrionale con il Sudan. Al momento, gli scontri militari nell’area di frontiera di Jau non hanno coinvolto l’insediamento di rifugiati di Yida. La crescente insicurezza ha però limitato l’accesso delle agenzie umanitarie e gli aiuti verso questo sito. A Yida, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) continua a collaborare con le agenzie partner per fornire assistenza d’emergenza e assicurare cibo, acqua e cure mediche ai rifugiati fuggiti dallo stato sudanese del Kordofan meridionale. L’Unhcr teme che i combattimenti possano estendersi anche a quest'area, già colpita da raid aerei nel mese di novembre. L’Agenzia sta cercando di trasferire i rifugiati in regioni più sicure all’interno del Sud Sudan. Tuttavia, la maggior parte dei rifugiati si rifiuta di lasciare Yida per non abbandonare le loro abitazioni e per paura delle mine sulle strade delle regioni più interne. Nelle regioni orientali del Sud Sudan, intanto, continuano ad arrivare rifugiati in fuga dallo stato sudanese di Blue Nile: un gruppo di 10.000 rifugiati è stato identificato nei pressi di Elfoj, nella contea di Maban, nello stato di Upper Nile del Sud Sudan. L’Unhcr e le agenzie partner stanno collaborando per allestire un nuovo insediamento nella contea di Maban dove accogliere queste persone. Negli ultimi mesi il Sud Sudan ha visto arrivare complessivamente oltre 50.000 rifugiati dagli stati sudanesi di Blue Nile e Kordofan Meridionale. Anche la vicina Etiopia - dal mese di giugno - ha accolto quasi 33.000 rifugiati sudanesi (G.C.)

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    Nigeria: il vescovo di Maiduguri non conferma la strage attribuita ai militari dopo un attentato

    ◊   “Non c’è niente di ufficiale e non sono in grado di confermare che i militari abbiano sparato indiscriminatamente sulla folla” dice all’agenzia Fides mons. Oliver Dashe Doeme, vescovo di Maiduguri, capitale dello Stato di Borno nel nord-est della Nigeria, dove ieri, almeno 10 persone sono morte dopo che due attentatori avevano fatto esplodere un ordigno. Secondo fonti di stampa l’attentato, fallito, era diretto contro un gruppo di militari. I due attentatori a bordo di un'auto si sono diretti verso una postazione militare, contro la quale hanno tentato di lanciare una bomba: l'ordigno è però scoppiato nelle mani di uno degli attentatori, uccidendolo sul colpo, mentre l'altro è riuscito a fuggire. I militari avrebbero allora sparato indiscriminatamente contro la folla. Le vittime sarebbero dunque da attribuire alla reazione dei soldati. Il fallito attentato è probabile opera della setta Boko Haram che da tempo opera nel nord-est del Paese. (R.P.)


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    Congo: la Chiesa chiede aiuti per le popolazioni alluvionate di Epena

    ◊   Si rischia un’epidemia di colera nel distretto di Epena, nel dipartimento di Likouala, nella Repubblica del Congo, dove dalla fine di ottobre tutti i villaggi da Bondeko a Dzeke sono stati inondati dal fiume Likouala, straripato a causa delle abbondanti piogge. Ad Epena, si legge sul portale www.lasemaineafricaine.com, le case si sgretolano ed alcune sono già crollate, le piantagioni di manioca sono state distrutte e così anche gli alberi di papaya e banane e molti allevatori hanno perso gran parte del loro bestiame. Ad offrire aiuto alla popolazione è stato il vescovo di Impfondo, mons. Jean Gardin. Il sostegno del presule ha consentito alla Caritas della parrocchia di Santa Brigitte di Epéna di rendere potabile l’acqua, di acquistare medicinali per i bambini e di dare primi soccorsi. Ora le piogge sono cessate e il livello dell’acqua ha cominciato ad abbassarsi. La Caritas diocesana sta proseguendo la distribuzione di coperte e indumenti in lana perché la popolazione possa affrontare il freddo, e ancora di prodotti per l’igiene e filtri per l’acqua, ma c’è bisogno ancora di aiuti, per questo il parroco di Santa Brigitte, padre Hervé Clèze Moutaleno ha lanciato un appello di solidarietà. In tanti, infatti, non hanno più cibo e si comincia a soffrire la fame. Da qui l’invito alla generosità e alla carità per quanti sono stati colpiti dalle inondazioni nel distretto di Epena. (T.C.)


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    Africa: la Chiesa incoraggia le donne ad essere agenti di cambiamento nella società

    ◊   Prendere posizione nella società per dare il via ad un cambiamento positivo verso lo sviluppo: questa la raccomandazione che la Chiesa d’Africa lancia alle donne del continente. L’invito arriva al termine del Seminario tenuto nei giorni scorsi a Nairobi dalla Commissione Giustizia e Pace dell’Amecea e dedicato al tema “Donne per la responsabilità”. L’Amecea, è l’Associazione dei membri delle Conferenze episcopali dell’Africa Orientale, composta da Tanzania, Uganda, Kenya, Zambia, Etiopia, Malawi, Eritrea e Sudan, con Gibuti e Somalia come affiliati. Secondo quanto emerso dai lavori, riferisce una nota dell’organismo episcopale, le donne africane si sentono emarginate dalla società anche perché non si sostengono a vicenda. “È tempo di prendere posizione nella società – ricorda l’Amecea – Le donne devono avere un ruolo, assumersi le responsabilità perché la società ha bisogno di loro. Ma devono anche credere in se stesse e nelle proprie capacità”. Il Seminario ha, inoltre, riflettuto su come rendere le donne africane più autosufficienti, in particolare le casalinghe che dipendono esclusivamente dai loro coniugi. I progetti femminili, si legge ancora nella nota dell’Amecea, spesso falliscono a causa di stereotipi che minano la fiducia delle donne e le privano del sostegno necessario da parte delle comunità di base. Le donne, inoltre, non vengono coinvolte nei progetti riguardanti la lotta alla povertà o l’emergenza educativa e ciò le riduce ad essere solo casalinghe. Per contrastare, dunque, tale situazione, il Seminario suggerisce l’istituzione di incontri periodici affinché l’universo femminile africano possa, a poco a poco, avere una maggiore consapevolezza delle proprie qualità; la sensibilizzazione delle donne sui propri diritti; il coinvolgimento dei coniugi nella fase iniziale di ogni progetto, così da accrescere il sostegno reciproco, e l’incoraggiamento alle donne ad essere più autosufficienti. Infine, l’Amecea si è detta disponibile alla stesura di un memorandum condiviso e all’organizzazione di altri incontri per permettere lo scambio di idee ed esperienze tra tutti i partecipanti. La riflessione della Chiesa africana si allinea, così, a quanto scritto da Benedetto XVI nell’Esortazione apostolica post-sinodale Africae Munus: nel documento, infatti, il Papa ricorda che “le donne in Africa, con i loro numerosi talenti e i loro doni insostituibili, apportano un grande contributo alla famiglia, alla società e alla Chiesa. La Chiesa e la società hanno bisogno che le donne abbiano tutto il posto che spetta loro nel mondo affinché l’essere umano vi possa vivere senza disumanizzarsi del tutto”. Riscontrando, poi, che “troppo numerose sono ancora le pratiche che umiliano le donne e le avviliscono, in nome della tradizione ancestrale”, il Pontefice invita “insistentemente i discepoli di Cristo a combattere ogni atto di violenza contro le donne, a denunciarlo e a condannarlo” e chiede alla Chiesa di contribuire “al riconoscimento e alla liberazione della donna, seguendo l’esempio dato da Cristo” (AM 55-57). (A cura di Isabella Piro)

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    Pakistan: nuovi alloggi per i detenuti di fede cristiana

    ◊   I detenuti di fede cristiana del carcere distrettuale di Faisalabad (in Punjab), d’ora in poi saranno alloggiati in un dormitorio separato. Come riferito all'agenzia Fides da fonti locali, la struttura, aperta nei giorni scorsi dalle autorità carcerarie in seguito alle pressanti richieste di alcuni preti e leader cristiani, risponde a due esigenze fondamentali: sottrarre i detenuti cristiani alle violenze, agli abusi e alle persecuzioni che ricevevano da parte dei detenuti musulmani; rendere più facile per loro l’accesso alla cappella, che si trova nelle vicinanze del nuovo alloggio, e che consentirà ai fedeli di professare e praticare la loro fede senza ostacoli. Il Pastore Samson Javed, fra i principali promotori del dormitorio, ha spiegato che i detenuti cristiani sono quelli che soffrono di più in prigione: “Sono vittime di bullismo, abusi, atti criminali, discriminazioni. Tanto che un certo numero di cristiani in carcere sono stati costretti a convertirsi all'Islam per evitare le persecuzioni”. Per questo la realizzazione del dormitorio “era urgente” e, secondo i leader cristiani, “dovrebbe essere d’esempio per tutte le carceri pakistane”. La maggior parte dei cristiani in carcere – notano fonti locali di Fides – sono condannati o incarcerati ingiustamente, per false accuse di blasfemia o a causa di debiti contratti all'interno del sistema feudale del Pakistan.(R.P.)


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    India: ogni ora nel Paese scompaiono 11 bambini che vengono venduti come schiavi

    ◊   In India ogni ora scompaiono 11 bambini, vittime del fenomeno del traffico di esseri umani, molto diffuso nel Paese. Secondo un rapporto presentato nella capitale Nuova Delhi, dall’Organizzazione non governativa Bachpan Bachao Andolan e basato sulle denunce presentate dai genitori dal 2008 al 2010, risultano scomparsi 117.480 minori, la maggior parte nelle grandi città di Mumbai, Calcutta e Nuova Delhi, dove vengono venduti alle famiglie ricche come domestici, schiavi industriali e schiavi sessuali, oppure alle organizzazioni che gestiscono l’accattonaggio. Come già denunciato da altri gruppi che si occupano della difesa dei diritti umani, l’aumento del benessere economico nelle città ha favorito il proliferare di alcuni mali sociali, tra i quali appunto la richiesta di “piccoli schiavi” per i lavori domestici. Il fenomeno è particolarmente grave nella capitale indiana, dove nel 2011 sono scomparsi 1.442 bambini. Secondo il responsabile di Bachpan Bachao Andolan ci sono inoltre ancora molti casi di resistenza a denunciare le scomparse. L’Ong si dedica anche alla liberazione dei bambini operai sfruttati nei lavori artigianali a Nuova Delhi. (R.P.)

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    India: 200 giovani cattolici e indù insieme al Festival di musica sacra corale

    ◊   Promuovere e suscitare l’interesse della comunità per la musica sacra e religiosa. Questo l’obiettivo del Festival di musica corale, giunto all’ottava edizione, ospitato nei giorni scorsi dalla St. Peter’s Church di Bandra nell’arcidiocesi di Mumbai. Alla manifestazione – riferisce l’agenzia Asianews - hanno partecipato otto cori, formati da 200 giovani di diverse parrocchie. Tra i gruppi, il Gleehive, il Cadenza Kantori e un coro di 71 ragazzi di Pune del St. Helena, di cui la metà era indù. Ad aprire il Festival, è stato il concerto con l’Antifona dell’Avvento “O Emmanuel”. Ospite speciale mons. Robert Tyrala, presidente della Federazione internazionale dei Pueri Cantores, movimento volto ad educare i giovani ai valori e ai sacramenti cristiani attraverso la musica, presente oggi in tre Paesi asiatici: Giappone, Sri Lanka e Corea. “La musica – ha sottolineato il vescovo – trascende ogni cultura e religione ed innalza la mente e i cuori a Dio. Guardo questi giovani ragazzi e ragazze e penso che loro sono il futuro della Chiesa. Mentre cantano, nei loro occhi vedo gioia, perché la grazia di Dio arriva a loro. È un’esperienza bellissima”. Il vescovo si trova in Asia per partecipare ad un incontro su “La Chiesa in Asia, il ruolo dei movimenti religiosi”. “Ho potuto sperimentare – ha raccontato - la vita interna della Chiesa asiatica… qui, dove i cattolici sono una minoranza, penso che ci sia un grande bisogno di evangelizzare attraverso attività come quelle dei Pueri Cantores. La musica sacra può raggiungere ogni uomo e svolgere una speciale missione evangelica”. Per questo, mons. Tyrala non si è stupito della presenza di giovani indù tra i coristi: “Il nostro motto è ‘Noi siamo strumenti della Tua pace’. Rivolgendosi a noi nel 1999, Giovanni Paolo II ci ha chiamati ‘messaggeri della bellezza, della fede e dell’amore’”. (R.G.)

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    L'Unicef chiede misure più adeguate sul web per difendere i bambini dagli abusi

    ◊   “La rapida crescita del mondo online ha ampliato i rischi di reato di abuso e sfruttamento sessuale per i bambini. Dobbiamo esserne consapevoli e adottare misure più adeguate, rispettando i diritti dei bambini di esplorare l’ambiente online e sfruttare le potenzialità offerte dalla tecnologia”. Così Gordon Alexander, direttore dell’Ufficio di ricerca Innocenti dell’Unicef, presentando il rapporto “Children Safety Online - Global Challenges and Strategies” (La sicurezza dei bambini online: sfide globali e strategie), elaborato in collaborazione con il Child Exploitation and Online Protection Centre (Ceop) nel Regno Unito. “In Brasile, ad esempio - ha aggiunto Alexander - il numero di bambini sopra i 10 anni connessi ad Internet è aumentato del 75% in tre anni, mentre in Nepal nel 2009 l’80% degli adolescenti usano il web. L’Africa Subsahariana è ancora indietro, con un utilizzo di Internet dell’11%, ma la crescita è stata esponenziale soprattutto grazie agli Internet point e ai telefoni cellulari”. Secondo gli autori dell’analisi, Internet non comporta solo vantaggi in termini di educazione, socializzazione ed intrattenimento; occorre “proteggere gli adolescenti e i bambini in rete dai pericoli collegati soprattutto a immagini pedo-pornografiche, adescamenti on line e bullismo e creare un ambiente più sicuro”. Di qui - riferisce l'agenzia Sir - l’individuazione di quattro linee guida: responsabilizzazione dei bambini per proteggersi, rimozione dell’impunità per chi commette abusi, riduzione della disponibilità e della possibilità di accedere in rete a situazioni di rischio, protezione e supporto per le vittime. Dal punto di vista legislativo, “leggi su scala globale sarebbero un importante elemento di protezione. A livello nazionale però, l’attuazione delle stesse norme in molti Stati è stata lenta ed anche laddove un decreto legge è stato emanato spesso ne è mancata l’armonizzazione fra Paesi”. Dei 196 esaminati, solo 45 hanno una legislazione sufficiente a combattere i reati di abusi delle immagini di bambini. Accanto a interventi di tipo legislativo rimane essenziale il ruolo di genitori, insegnanti, operatori sociali e polizia “nel sostenere l’educazione dei bambini e la loro consapevolezza di fronte ai pericoli”. Nel solo 2010 la Internet Watch Foundation ha identificato e intrapreso, su scala globale, azioni contro 16.700 casi di contenuti web inerenti abusi sessuali su minori ma, spiega l’Unicef, “è impossibile eliminare tutti i rischi” della rete. Anche industria e settore privato hanno tuttavia “un ruolo fondamentale nella rimozione di materiali offensivi dai server e nel fornire hardware e software a misura di bambino che consentano di bloccare o filtrare le immagini offensive”. (R.P.)

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    Kenya: terminato il pellegrinaggio dell'urna di Don Bosco

    ◊   Nei giorni scorsi l’urna di Don Bosco ha proseguito la sua peregrinazione in Kenya tra la devozione di giovani, fedeli e autorità religiose. La celebrazione nazionale si è svolta domenica 4 dicembre presso il Santuario dedicato a Maria Ausiliatrice, in Nairobi. A celebrare l'Eucarestia c’erano mons. Peter Kihara Kariuki, vescovo di Marsabit, mons. Anthony Muheria di Kitui, e il nunzio apostolico, mons. Alain Paul Lebeaupin, affiancati da sacerdoti, salesiani e non salesiani. “Don Bosco è un santo per tutta la Chiesa” ha ricordato mons. Kihara nell’omelia. Il giorno successivo la reliquia ha raggiunto l’opera di Nzaikoni, a Machakos. Ritornata a Nairobi, è stata accolta dagli studenti di teologia e dai ragazzi del “Bosco Boys”, comunità di accoglienza per minori svantaggiati. Il giorno dopo, i ragazzi hanno accompagnato l’urna nei vari Centri salesiani da loro frequentati. La notte è trascorsa in veglia di preghiera. L’ultima giornata della peregrinazione, Il 7 dicembre, l’urna del Santo è stata portata al campo profughi di Kakuma, dove risiedono circa 80.000 rifugiati. Erano presenti il vescovo della diocesi di Lodwar, mons. Dominic Kimengich, l’ufficiale del distretto Eric Wanyonyi, rappresentanti dell’Onu e di altre agenzie e Ong internazionali. I profughi cristiani, hanno reso omaggio alla reliquia del santo e hanno poi partecipato all’Eucaristia. (G.C.)

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    Terra Santa: alla Commisione pastorale del Patriarcato il problema dei migranti

    ◊   Garantire i diritti alle comunità beduine e degli eritrei nel Sinai, sostenere le spese mediche dei filippini ospedalizzati in Israele, assicurare il culto alla comunità indiana: sono alcune delle preoccupazioni della Commissione per la coordinazione dei sacerdoti e degli operatori pastorali impegnati con i lavoratori stranieri e con i richiedenti asilo della Terra Santa che si è riunita a Gerusalemme, nelle sede del patriarcato latino. Come riferisce il portale del vicariato San Giacomo per i cattolici di lingua ebraica in Israele , sacerdoti, religiose e laici si sono incontrati per la quarta volta, durante l’anno, per condividere le loro esperienze e per discutere delle necessità spirituali dei detenuti nelle prigioni destinate agli infiltrati, della possibilità di presentare la realtà dei migranti, dei lavoratori stranieri e richiedenti asilo nelle parrocchie, della carenza di catechisti di lingua ebraica per i bambini immigrati e della pubblicazione di un terzo volume del catechismo per loro sulle feste cattoliche e infine della pubblicazione sulla stampa locale dei cambiamenti della Chiesa Cattolica in seguito all’arrivo dei migranti. Tra i temi più discussi la preparazione al matrimonio nelle diverse comunità di migranti. L’incontro si è concluso con la lettura e la meditazione della lettera che Benedetto XVI ha scritto in preparazione alla 98.ma Giornata Mondiale dei migranti e dei rifugiati, che sarà celebrata il 15 gennaio prossimo. (T.C.)

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    Roma: incontro sul ruolo della Chiesa nell’America Latina

    ◊   La Chiesa ha un ruolo straordinario nella promozione del dialogo e dei diritti umani nell’America Latina, continente nel quale vive il 40% dei cattolici di tutto il mondo. E’ quanto sottolineato ad una tavola rotonda, svoltasi ieri all’Istituto Maria Santissima Bambina a Roma, su iniziativa dell’ambasciata degli Stati Uniti presso la Santa Sede. Intervenendo all’incontro, mons. Ettore Balestrero, sottosegretario vaticano per i Rapporti con gli Stati ha messo l’accento sull’impegno della Chiesa in difesa della dignità umana, della famiglia e per la promozione di uno sviluppo che sia davvero solidale e responsabile. Mons. Balestrero ha, quindi, ribadito quanto sia fondamentale per la società latinoamericana il contributo della religione, che non va marginalizzata. Ancora, rispondendo ad una domanda, ha evidenziato il ruolo della Chiesa nella promozione dei diritti umani, come anche il caso di Cuba dimostra. Gli ha fatto eco il cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, mons. Marcelo Sanchez Sorondo, che ha enumerato i tanti settori, dalla lotta alla povertà all’educazione, su cui la Chiesa è impegnata in prima linea. Dal canto suo, l’arcivescovo brasiliano João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, allargando l’orizzonte ha sottolineato che tutti, e in particolare i credenti, sono chiamati a lavorare per l’umanità nel suo insieme e non pensando agli interessi dei singoli Stati. Sul ruolo della Chiesa in America Latina, si è soffermata anche Carmen Lomellin, ambasciatore americano presso l’Oas, l’Organizzazione degli Stati Americani, che ha espresso l’auspicio che il prossimo viaggio apostolico di Benedetto XVI in Messico e Cuba possa favorire la promozione dei diritti umani in tutto il continente. All’evento, moderato dall’ambasciatore Usa presso la Santa Sede, Miguel H. Diaz, sono intervenuti anche gli ambasciatori Jorge Skinner-Klee, rappresentante del Guatemala presso l’Oas e l’ambasciatore della Costa Rica presso la Santa Sede, Fernando Sanchez Campos. (A cura di Alessandro Gisotti)

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    Spagna: in ricordo della Gmg, Madrid si prepara a celebrare la festa della Sacra Famiglia

    ◊   I giovani della Giornata Mondiale della Gioventù, celebrata a Madrid lo scorso agosto, saranno i protagonisti della Festa della Sacra Famiglia che si svolgerà nella capitale spagnola il prossimo 30 dicembre dalle ore 14.30 alle ore 17.00. Scenario della celebrazione eucaristica sarà Plaza de Colón che quattro mesi fa, durante la Gmg, accolse lo svolgimento della Via Crucis. “In questa occasione - si legge in un comunicato dell’arcidiocesi di Madrid - si vuole proporre la famiglia cristiana come una risposta alla crisi sociale ed economica che si vive in questi tempi. Per questo, il tema scelto per l’evento, ‘Grazie alla famiglia cristiana in cui nasciamo!’, vuole rimandare ai contenuti della Gmg come ringraziamento dei giovani ai loro genitori”. Ma la Festa non avrà solo una dimensione madrilena, bensì europea: saranno migliaia, infatti, i giovani di tutto il continente che si preparano a recarsi in pellegrinaggio a Madrid insieme ai loro vescovi. E molti di loro, si legge ancora nella nota episcopale, hanno già deciso di trascorrere il Capodanno nelle parrocchie e insieme alle famiglie spagnole che li ospiteranno. Molto sentito, naturalmente, l’auspicio per un messaggio di Benedetto XVI. La Festa avrà inizio con la presentazione dei giovani e delle famiglie di tutta Europa che saluteranno i presenti con le loro bandiere. Quindi, avrà luogo una processione durante la quale un’immagine della Vergine Maria sarà trasportata da numerosi ragazzi; seguirà un’originale recita del Rosario, nel quale si alterneranno preghiere, canti e testimonianze. Quindi, l’arcivescovo di Madrid, cardinale Antonio Maria Rouco Varela, presiederà la Santa Messa; insieme a lui, concelebreranno molti vescovi delle diocesi spagnole presenti all’incontro. Due le orchestre che, con i rispettivi cori, accompagneranno la Festa: l’Orchestra sinfonica e della Gmg, che continua il suo percorso crescendo sempre più di numero, e l’Orchestra sinfonica del Cammino Neocatecumenale. Tutto l’evento si svolgerà in uno scenario moderno, ma semplice, ovvero un palco lungo 62 metri e largo 13, opera dell’architetto Antonio Alabos. Da segnalare che è attivo il portare web www.porlafamiliacristiana.com, sul quale sarà possibile seguire in diretta, via streaming, tutto l’avvenimento. In questo modo, dunque, la Chiesa spagnola, e non solo, si prepara per l’Incontro mondiale delle Famiglie indetto dal Papa per il giugno 2012 a Milano. (I.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Sparatoria di Liegi. Il dolore di mons. Jousten: sconvolti di fronte alla violenza umana

    ◊   E' salito a 5 morti e 123 feriti – alcuni dei quali in gravi condizioni – il bilancio della sparatoria avvenuta ieri a Liegi, in Belgio, ad opera di un uomo che poi si è suicidato. Unanime il cordoglio delle autorità. La città a mezzogiorno ha osservato un minuto di silenzio. Profondamente addolorato il vescovo di Liegi, mons. Aloysius Jousten. La nostra collega della sezione francese, Marie Duhamel, lo ha intervistato:

    R. - On est évidemment toujours abasaourdi...
    Naturalmente, si rimane sempre sconvolti di fronte alla violenza umana: come è possibile, ci si chiede, che un uomo sia capace di fare tutto questo male, di seminare tanta disperazione e tanta sofferenza, di essere un seminatore di morte proprio quando la festa del Natale ci fa scoprire un Dio che vuole la vita per tutti gli uomini…

    D. – Che messaggio indirizzare alle famiglie delle vittime e ai feriti?

    R. – Je voudrais tout simplement leur dire...
    Vorrei semplicemente dire loro qualche parola, anche se credo che le parole non possano esprimere ciò che le famiglie si aspettano da noi. Vorrei semplicemente dire loro, se posso, tutto il mio sostegno morale assieme al conforto della preghiera. Essere accanto a loro, pregare per loro e dire loro che credo in un Dio che ci ama, nella vita e nella morte, che c’è, oltre la morte, e che anche nella sofferenza è con noi. Spero che attraverso queste parole cristiane le persone toccate dal dramma sentano che c’è soprattutto una vicinanza umana e che, quanto più siamo cristiani, tanto più siamo anche umani. (bf)

    Economia-Ue
    L’economia resta al centro del dibattito europeo. “Siamo sull’orlo del precipizio”, ha affermato il premier polacco, Tusk, nel suo intervento al parlamento di Strasburgo. Media britannici, invece, sostengono che il governo britannico si appresti a formalizzare il proprio rifiuto di contribuire con 50 miliardi di euro extra al Fondo d’emergenza del Fondo monetario internazionale.

    Economia-Germania
    Con il patto di bilancio europeo, siglato venerdì scorso a Bruxelles, la Germania ha raggiunto il suo obiettivo principale. Lo ha detto la cancelliera tedesca, Angela Merkel, intervenendo al Bundestag, il parlamento federale di Berlino, nel giorno in cui l’Istituto tedesco di ricerca economica Ifo ha rivisto al ribasso le stime di crescita del Paese per l’anno prossimo. In base alle nuove previsioni, il Pil aumenterà solo dello 0,4 % invece del 2,3%.

    Italia-Fiat
    La Fiat ha intenzione di continuare a investire in Italia. Lo hanno assicurato il presidente del Lingotto, Elkann, e l’amministratore delegato, Marchionne, oggi a Pomigliano d’Arco per la presentazione della nuova Panda che sarà prodotta nello stabilimento campano. Marchionne ha anche lodato l’accordo di ieri sul contratto di lavoro unico, nonostante le critiche della Fiom che non ha partecipato alle trattative. Il documento – diverso da quello nazionale e simile a quello applicato a Pomigliano – entrerà in vigore in tutti i siti italiani a partire dal primo gennaio 2012 e riguarderà oltre 85 mila lavoratori.

    Italia-arresti estrema destra
    Un blitz dei carabinieri del Ros ha portato questa mattina all’arresto di cinque membri dell’organizzazione di estrema destra "Militia". Si tratta di un’indagine della Procura di Roma, che ha iscritto sul registro degli indagati altre 11 persone. L'accusa è di associazione per delinquere: volevano organizzare attentati contro la comunità ebraica romana e il suo presidente, Pacifici, il sindaco di Roma, Alemanno, i presidenti di Camera e Senato, Fini e Schifani, e contro l’ex presidente statunitense, Bush.

    Siria
    Non si arresta la repressione in Siria. Stamattina, le forze di sicurezza hanno ucciso altri cinque civili nella regione di Hama. Secondo gli attivisti, si è trattato di un colpo sparato da un carro armato contro un’automobile sulla quale viaggiavano le vittime. Intanto, sempre nella stessa zona, almeno otto soldati di Damasco hanno perso la vita in un’imboscata tesa da un commando di disertori.

    Libia
    Visita a Roma, domani, del presidente del Consiglio nazionale di transizione libico (Cnt), Jalil, che incontrerà il capo dello Stato, Napolitano, e il premier Monti. Sul tavolo alcune riserve di Tripoli sul Trattato di amicizia italo-libico del 2008, congelato dopo le proteste che hanno portato alla fine del regime di Gheddafi.

    Kuwait
    Al via, in Kuwait, il nuovo governo che oggi ha prestato giuramento dinanzi all’emiro, Sabah al-Ahmad Al Sabah. La formazione, che non presenta grosse novità rispetto al passato, ha il compito di portare il Paese alle prossime elezioni previste a febbraio. Il precedente esecutivo si era dimesso lo scorso 28 novembre per evitare – secondo gli analisti – che il premier, Nasser Al-Sabah, rispondesse in parlamento delle accuse di corruzione avanzate dall’opposizione. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 348

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.