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Sommario del 03/12/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Suoni e colori della Baviera in Vaticano. Il Papa: l’Avvento sia un tempo di silenzio in attesa del Signore
  • Siria. La Santa Sede: siano rispettate le legittime aspirazioni della società civile, stop alle violenze
  • “Che ne sarà di questo bambino?”: editoriale di padre Federico Lombardi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Pakistan: ragazza cattolica uccisa a Faisalabad, per la Chiesa locale è una “martire della fede”
  • Russia al voto per le legislative, favorito il partito di Putin e Medvedev
  • Ex Jugoslavia: elezioni in Croazia e Slovenia
  • Italia. Monti presenta ai partiti le misure anti-crisi
  • Giornata delle persone disabili: la crisi aggrava l'emarginazione
  • Concerto di Allevi in Vaticano promosso dall'Ospedale Bambino Gesù di Roma
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Iraq: a Zakho estremisti islamici assaltano negozi e proprietà dei cristiani
  • Nepal: sventato un nuovo attentato contro una chiesa
  • Inaugurata la chiesa più grande del Pakistan: un segno di speranza nell’Anno della Missione
  • Kenya: appello dei vescovi per lo sciopero dei medici
  • Il cardinale Pengo: l’Esortazione del Papa rilancia l’impegno per l’evangelizzazione in Africa
  • I Gesuiti dell’Africa e del Madagascar sulle proposte della Chiesa per sconfiggere l'Aids
  • Burundi: condannati all’ergastolo gli assassini di Suor Mamic e del volontario Bazzani
  • Perù: i Domenicani difendono Radio Santo Domingo dalle calunnie
  • Bielorussia: l’arcivescovo Kondrusiewicz chiede una moratoria sulla pena di morte
  • Bielorussia: inaugurato un monumento sull'unità cristiana
  • Australia: kit informativo della Chiesa per la Giornata internazionale della disabilità
  • Cipro: "la scelta della pace" al Consiglio delle Chiese del Medio Oriente
  • Vienna: dibattito per il 10° anniversario della Charta Oecumenica
  • Malta: lettera dei vescovi ai fedeli per l'Avvento
  • Polonia: a Jasna Góra sessione missiologica su Giovanni Paolo II e Pauline Jaricot
  • Terra Santa: nuove scoperte archeologiche sul Muro occidentale a Gerusalemme
  • Reggio Calabria: il cardinale Bertone riceve un premio per la pace
  • 24 Ore nel Mondo

  • Egitto, sale l’attesa per i risultati delle elezioni: partiti islamisti verso il trionfo
  • Il Papa e la Santa Sede



    Suoni e colori della Baviera in Vaticano. Il Papa: l’Avvento sia un tempo di silenzio in attesa del Signore

    ◊   Clima familiare ieri sera per il Papa, nella Sala Clementina in Vaticano, dove la Televisione bavarese “Bayerischer Rundfunk” ha offerto un’iniziativa artistica natalizia dal titolo “Avvento e Natale nelle Prealpi bavaresi – Da cielo in terra”. Il servizio di Sergio Centofanti.

    In apertura della manifestazione, il compositore Hans Berger e il suo gruppo musicale hanno rivolto un saluto in musica a Benedetto XVI con la canzone “Gott grüsse Dich” e la prima parte “Avvento” dell’Oratorio natalizio delle Alpi “Frohlocket, singt und musiziert” (Rallegratevi, cantate e suonate), composto da canti e musica del medesimo autore, eseguiti dal “Grande gruppo Hans Berger”. E’ stato quindi proiettato il filmato dal titolo “Dal cielo in terra – Avvento e Natale nelle Prealpi” di Sigrid Esslinger sull’atmosfera umana e spirituale del tempo d’Avvento in Baviera, terra natìa del Papa, e sulla preparazione tradizionale del Natale nelle cittadine, chiese, parrocchie e famiglie del Land.

    Il Pontefice ha ringraziato di cuore per l’iniziativa: “avete portato un po’ di usanze e di senso della vita tipicamente bavaresi nella casa del Papa“ – ha detto - e dopo aver fatto gli auguri al cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, che proprio ieri ha compiuto 77 anni, ha ricordato che in Baviera l’Avvento è chiamato “tempo silenzioso”:

    “La natura fa una pausa; la terra è coperta dalla neve; non si può lavorare, nel mondo contadino, all’esterno; tutti sono necessariamente a casa. Il silenzio della casa diventa, per la fede, attesa del Signore, gioia della sua presenza. E così sono nate tutte queste melodie, tutte queste tradizioni che rendono un po’ – come è stato detto anche oggi – il cielo presente sulla terra".

    L’Avvento era dunque tempo di silenzio, mentre oggi – ha notato – “è spesso proprio il contrario: tempo di una sfrenata attività, si compra, si vende”, tempo di ferventi preparativi e grandi pranzi. Ma le tradizioni popolari della fede – ha sottolineato - non sono sparite, anzi, sono state rinnovate, e approfondite:

    “E così creano isole per l’anima, isole del silenzio, isole della fede, isole per il Signore, nel nostro tempo, e questo mi sembra molto importante. E dobbiamo dire grazie a tutti coloro che lo fanno: lo fanno nelle famiglie, nelle chiese, con gruppi più o meno professionali, ma tutti fanno lo stesso: rendere presente la realtà della fede nelle nostre case, nel nostro tempo. E speriamo che anche in futuro questa forza della fede, la sua visibilità, rimanga ed aiuti ad andare avanti, come vuole l’Avvento, verso il Signore”.

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    Siria. La Santa Sede: siano rispettate le legittime aspirazioni della società civile, stop alle violenze

    ◊   La Santa Sede rinnova la sua grande preoccupazione per quanto sta accadendo in Siria. Ieri, intervenendo alla Sessione speciale del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, a Ginevra, l’osservatore permanente vaticano presso l’Ufficio Onu nella città elvetica, mons. Silvano Maria Tomasi, ha auspicato che siano accolte le legittime aspirazioni della popolazione e la fine delle violenze. Oggi, purtroppo, altri civili sono morti negli scontri con l’esercito: si parla di almeno 18 vittime. L'Onu ha denunciato una carneficina in Siria dove dall'inizio delle proteste di marzo sono morte 4.000 persone, di cui 307 bambini. Ma ascoltiamo mons. Tomasi al microfono di Sergio Centofanti:

    R. – Anzitutto, la preoccupazione è stata espressa da parte della Santa Sede per le vittime di questo conflitto che si è aperto ormai da molte settimane tra l’esercito e le autorità siriane ed i dimostranti. La violenza non porta bene a nessuno e la linea che abbiamo adottato è stata quella di insistere sulla necessità della riconciliazione ma nel rispetto dei diritti umani di ogni persona. Per il futuro del Paese, non si può semplicemente continuare su una linea violenta, ma bisogna dialogare in modo che i diritti legittimi degli individui e delle comunità minoritarie che di fatto costituiscono la Siria, possano essere rispettati e si possa aprire la porta per una partecipazione più larga di queste varie comunità nella gestione del Paese.

    D. – Lei, dunque, ha parlato di legittime aspirazioni della società civile ...

    R. – Certo: la società ha diritto di partecipare nella vita pubblica e di avere i suoi diritti fondamentali rispettati. Abbiamo detto anche una parola di condoglianze per le famiglie delle vittime, ripetendo quello che il Santo Padre Benedetto XVI ha già più volte sottolineato: che pregando assieme perché venga la pace ne verrebbe un bene per tutti, perché alla fine si tratta di rispettare la dignità e le libere scelte di ogni persona.

    D. – Che cosa può fare, in questa situazione così drammatica, la comunità internazionale?

    R. – La decisione presa dal Consiglio dei diritti umani, di votare una Risoluzione che impegni in qualche modo la comunità internazionale a fare il possibile perché i diritti umani delle persone siano rispettati, è un segnale di volontà politica di aiutare e di fare in modo che la situazione in Siria si stabilizzi. La Risoluzione è stata votata a larga maggioranza con 37 voti in favore e solo quattro contro. Quindi, il segno di una volontà politica di aiutare questo Paese, c’è. Secondo, direi che la comunità internazionale ha la responsabilità non solo di muoversi con delle sanzioni – come di fatto è avvenuto – ma di prendere in considerazione tutte le esigenze di tutte le persone, sia le minoranze, sia le persone al potere, e soprattutto di garantire per un dopo-crisi una partecipazione giusta di tutte le forze del Paese per una ricostruzione e una possibilità di convivenza serena e pacifica. (gf)

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    “Che ne sarà di questo bambino?”: editoriale di padre Federico Lombardi

    ◊   Il tempo dell’Avvento è un tempo di preparazione al Natale, al Dio che si è fatto bambino e al Signore che viene e che verrà nella gloria. Ma è un momento anche per pensare in modo particolare a tutti i bambini del mondo, alle loro speranze, alle loro difficoltà, ai tanti drammi che subiscono. Ascoltiamo, in proposito, il nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    “Che ne sarà di questo bambino?”. E’ la domanda che nel Vangelo sta sulla bocca di amici e parenti alla nascita del piccolo Giovanni, che sarà il Battista, ed è anche la domanda di tutti noi davanti alla meraviglia di un bimbo che viene nel mondo. Domanda che cela insieme speranza e una certa preoccupazione. E’ la domanda che ci siamo fatti all’incontro del Papa con i bambini due settimane fa - certo il momento più bello e commovente dell’intero viaggio in Benin - con l’anziano Pontefice accompagnato per mano e attorniato da bimbetti deliziosi a passo di danza.

    Il documento sinodale portato in Africa dal Papa enumera, in un passaggio impressionante, alcuni dei “trattamenti intollerabili inflitti a tanti bambini”: “I bambini uccisi prima della nascita, i piccoli non desiderati, gli orfani, gli albini, i fanciulli di strada, quelli abbandonati, i bambini-soldato, i bambini prigionieri, i piccoli forzati a lavorare, quelli maltrattati a causa di un handicap fisico o mentale, quelli considerati come stregoni, i ragazzi venduti come schiavi sessuali, quelli traumatizzati, senza alcuna prospettiva di avvenire…”. Per tutti loro la Chiesa sa di doversi impegnare. Sulle più di 125.000 istituzioni di salute e carità che fanno capo alla Chiesa nel mondo, ben oltre 20.000 sono dedicate specificamente all’infanzia; moltissime altre alla scuola o al recupero dei fanciulli di strada o in difficoltà.

    In occasione di un recente convegno internazionale sulla protezione dei bambini dagli abusi sessuali, l’intervento di Mons. Scicluna, con un “Decalogo” di principi chiari e decisi, ha riscosso applausi a scena aperta. Ed è giusto ricordare l’impegno prezioso e generoso dedicato da moltissime donne, religiose e laiche, in questo campo. Certo uno dei modi più belli – e utili – di servizio femminile all’umanità e alla Chiesa. Nel tempo di Avvento e di Natale, tempo del Signore bambino, sono riflessioni spontanee: abbiamo tutti i motivi per continuare ad essere in prima linea su queste frontiere.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Isole del silenzio nella frenesia quotidiana: Benedetto XVI al termine di una suggestiva realizzazione sul tempo d'Avvento offertagli dalla Bayerischen Rundfunk.

    Scelte femminili: in prima pagina, Giulia Galeotti su come cambia l'atteggiamento maschile rispetto al lavoro.

    Diritto umanitario e solidarietà: nell'informazione internazionale, intervento della Santa Sede alla XXXI conferenza internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, a Ginevra.

    Giuseppe M. Petrone sul voto, in Russia, per il rinnovo della Duma di Stato.

    Dio entra nella storia in punta di piedi: in cultura, il vescovo di Piacenza-Bobbio, monsignor Gianni Ambrosio, sul mistero di un agire sommesso nel "Gesù di Nazaret" di Benedetto XVI.

    Un articolo di Cristiana Dobner dal titolo "Charlotte sapeva pensare": come la teologa bavarese von Kirschbaum scoprì la donna.

    Non cerchiamo film catechistici, ma opere d'arte: su cinema e fede, intervista di Silvia Guidi all'arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.

    Non lo capirono ma rivoluzionò la chimica e la fisica: Maria Maggi su Amedeo Avogadro, l'unico scienziato italiano ad aver legato il proprio nome a una costante universale.

    La normalità di una scoperta eccezionale: "Il Foglio" ritorna sul ritrovamento nella Biblioteca Apostolica Vaticana del manoscritto dell'"Ethica" di Spinoza.

    Il magistero di pace di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI: nell'informazione vaticana, il cardinale segretario di Stato premiato a Reggio Calabria.

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    Oggi in Primo Piano



    Pakistan: ragazza cattolica uccisa a Faisalabad, per la Chiesa locale è una “martire della fede”

    ◊   La Chiesa cattolica pakistana la definisce “una martire della fede”: Mariah Manisha era una ragazza cattolica di Faisalabad uccisa una settimana fa da un uomo musulmano che l’ha sequestrata e che intendeva sposarla. Il parroco cattolico di Khushpur, dove vive la famiglia della diciottenne Mariah, ha riferito all’agenzia Fides che “la ragazza ha resistito, non ha voluto convertirsi all’islam e non ha sposato quell’uomo, che per questo l’ha uccisa”. D'altro canto, come denunciato dalle comunità cristiane del Punjab, non si contano le violenze contro le donne cristiane, perpetrate nel silenzio e nell'ingiustizia. Sulla drammatica uccisione di Mariah Manisha, Alessandro Gisotti ha chiesto una riflessione al prof. Mobeen Shahid, presidente dell’Associazione dei Pakistani Cristiani in Italia:

    R. – L’esempio di Mariah Manisha – appena ho letto la notizia su Fides e come mi è stato poi raccontato da Faisalabad - mi ha fatto pensare subito a Maria Goretti: entrambe hanno lo stesso nome e sono legate alla fede cattolica. Mariah Manisha mi fa pensare anche a tutte le altre ragazze, che purtroppo stanno vivendo la stessa esperienza. Ci sono più di 700 casi all’anno, in cui le nostre ragazze subiscono rapimento, violenza sessuale e la conversione forzata. Come dice anche il presidente della Conferenza episcopale pakistana, il vescovo Joseph Coutts, non è la prima volta e non si sa esattamente come trovare una soluzione.

    D. – Le donne sono ancor più indifese...

    R. – Le donne purtroppo nella nostra società sono la parte più debole: non solo le donne cristiane, ma anche le donne musulmane. Una donna non musulmana "vale" pochissimo, perché nella società attiva non ha nessun ruolo. Noi abbiamo una parlamentare cristiana, che è una donna forte, ma che allo stesso momento non ha purtroppo una voce considerevole in capitolo: è solo la sua parola contro 341 parlamentari e non si riesce ad arrivare a decisioni che possano incidere sulla difesa delle donne, in particolare delle donne non musulmane in Pakistan.

    D. – C’è un rischio anche di estremizzazione islamista con gli attacchi da parte delle forze americane, impegnate nella lotta contro il terrorismo, che fanno vittime civili, e, dunque, da parte di alcuni si vuole strumentalmente identificare il cristiano con l’occidentale...

    R. – Sì. C’è un importante contributo della Chiesa cattolica in Pakistan, ma allo stesso tempo, purtroppo, alcuni gruppi islamici fondamentalisti o fanatici, per attaccare l’Occidente e per acquisire per loro visibilità a livello internazionale, attaccano i cristiani.(ap)

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    Russia al voto per le legislative, favorito il partito di Putin e Medvedev

    ◊   Vigilia elettorale in Russia, che domani voterà per le legislative e a marzo per scegliere il nuovo presidente. Uno scambio di ruoli, quello che avverrà tra il presidente Dmitri Medvedev e il premier Vladimir Putin, entrambi appartenenti a “Russia Unita”, il partito che gli osservatori danno certamente per vincitore anche se in netto calo di consensi. E ieri il presidente Medvedev ha lanciato l’ultimo appello al voto, mentre l'organizzazione indipendente di monitoraggio elettorale "Golos" ha denunciato nuove pressioni da parte delle autorità russe, in merito alle quali è stata espressa preoccupazione da parte dell’amministrazione statunitense. Ma qual è il clima che si respira nel Paese? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Fabrizio Dragosei, corrispondente da Mosca per il "Corriere della Sera":

    R. – Ci sono, in realtà, vari climi: nelle grandi città, soprattutto a Mosca, il consenso per il partito del potere “Russia unita” è calato sensibilmente, ben al di là di quel 10 per cento che abbiamo visto. La gente è rimasta sicuramente molto male per questa staffetta, per questo cambio di ruoli deciso "a tavolino" da Putin e Medvedev. Nelle altre parti del Paese, in realtà il problema principale sarà quello della scarsa affluenza domani, cioè il partito “Russia unita” sta mobilitando tutte le risorse possibili ed immaginabili per spingere tutti gli elettori a recarsi alle urne e naturalmente a votare per loro.

    D. – Putin sicuramente ha la vittoria in tasca, però vede crescere intorno a sé il dissenso: ricordiamo che è stato fischiato, che ci sono polemiche anche all’interno del suo partito. Quali le carte che giocherà per risalire la china?

    R. – Sicuramente, lui è rimasto molto sorpreso da questo calo di popolarità. Come risalire la china? Beh, si è dato da fare, sta cercando di cavalcare soprattutto lo spirito nazionalista e anti-occidentale, che aleggia nelle grandi campagne russe, e che aleggia su una parte della popolazione; dall’altro lato – come dicevamo prima – lui e tutti i suoi stanno usando qualsiasi risorsa possibile per convincere la gente a votare per il suo partito.

    D. – Ricordiamo che Putin ha anche lanciato un’offensiva contro “le potenze straniere che tentano - ha detto in campagna elettorale - di interferire nelle elezioni finanziando Ong e oppositori”. Non è la prima volta, che questo avviene…

    R. – Non è la prima volta, e questo da un lato si può spiegare con il desiderio di solleticare, di andare a convincere, andare a far piacere ad alcune fasce della popolazione che continuano a vedere l’Occidente come il nemico storico della Russia. Dall’altro, credo che ci sia veramente una paura, una sorta di “sindrome di Kiev” – adesso qui la chiamano la “sindrome di Minsk”; Mosca pensa che anche in Russia le organizzazioni non governative che si occupano di monitorare le elezioni, di intervenire per difendere i diritti umani, siano finanziate da potenze occidentali per sovvertire l’ordine costituito nel Paese.

    D. – La Russia resta un Paese dalle grandi disparità sociali, con numerosi problemi anche e soprattutto sul fronte dei diritti umani, come abbiamo detto. Anche rispetto a queste elezioni, è possibile immaginare un miglioramento della situazione o si andrà sempre più giù?

    R. – Francamente, io non vedo un miglioramento, almeno a breve scadenza. C’erano state molte speranze con l’arrivo alla presidenza di Dmitri Medvedev che però, in questi anni, ha parlato molto ma non ha fatto granché per migliorare la situazione nel Paese. Con il ritorno di Putin alla presidenza, Medvedev dovrebbe andare a fare il primo ministro, ma ovviamente decisamente – e anche ufficialmente – subordinato a Putin. Dunque, non si nutrono grandi speranze di cambiamento a breve termine. (gf)

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    Ex Jugoslavia: elezioni in Croazia e Slovenia

    ◊   Si vota domani in due Paesi dell’area Balcani: Croazia e Slovenia, che confinano tra loro e che hanno fatto parte della Jugoslavia ma che, dopo la dissoluzione della repubblica socialista, hanno seguito strade diverse. In Croazia, il grande favorito è Zoran Milanovic, capo del Partito socialdemocratico croato (Sdp) e candidato premier del centro-sinistra. In Slovenia, invece, secondo i sondaggi dovrebbe essere favorito, ma senza un pieno di voti, il Partito democratico sloveno conservatore di Janez Jansa. Per riflettere sulla situazione e le prospettive di questi Paesi, Fausta Speranza ha intervistato Paolo Quercia, analista di questioni internazionali, che innanzitutto guarda al voto in Croazia:

    R. - E’ un voto che penalizzerà la coalizione di Jadranka Kosor, che poi, paradossalmente, sarà la premier uscente che il 9 dicembre andrà a Bruxelles a firmare il Trattato di adesione all’Unione Europea. E’ un paradosso perché, nel frattempo, mentre la Croazia si stava avvicinando all’Unione Europea, abbiamo avuto un sostanziale peggioramento dell’economia: un tasso di disoccupazione che si avvicina al 18 per cento ed una serie di crisi che riguardano sia scandali sia corruzione, e che interessano perciò l’ambito politico, morale ed anche economico. Il processo di adesione all’Unione Europea non ha rappresentato finora, agli occhi di molti croati, un guadagno così netto, e questo ha prodotto anche un forte anti-europeismo e scetticismo. I sondaggi danno molto avanti la coalizione di centrosinistra, che ha una buona maggioranza e che, anche in funzione del meccanismo elettorale, garantirà a questi quattro partiti il governo del Paese senza ulteriori coalizioni. E’ un paradosso perché è l’uscita di scena di questo partito che ha fatto la storia della Croazia dal 1991 in poi.

    D. - La Croazia firmerà solo in questo mese di dicembre il Trattato di adesione all’Unione Europea, mentre la Slovenia è in Europa dal 2004 ed è da tempo anche nell’area Euro.…

    R. - La realtà è più imprevedibile, più incerta. Potrebbe vincere il partito attualmente all’opposizione, quello di centrodestra, ma in realtà sono nate nuove formazioni, come quella del sindaco indipendente di Lubiana, Jankovic, che in realtà è un liberale di sinistra, marginalizzando totalmente il Partito socialdemocratico, quello uscente. Abbiamo quindi una situazione di maggior destrutturazione del sistema politico: non crolla solo il partito di governo ma crolla il bipartitismo. Ricordiamo che questo è il primo voto anticipato per gli elettori dal 1991 ad oggi. Anche qui, la situazione è frutto del desolamento che c’è stato, dal 2008 in poi, della situazione economica. In particolare, c’è stato il raddoppio del debito pubblico, che in quattro anni è arrivato al 45 per cento, la disoccupazione che è arrivata all’11 per cento, mentre prima era a livelli strutturali. C’è stata inoltre una crisi di identità della Slovenia che, entrando nell’Unione Europea, pensava di arrivare ad essere un po’ “una Svizzera” dell’Ue ed invece si è ritrovata, anche dopo l’accesso all’Euro, con gravi problemi economico-finanziari.

    D. - Parlando di Croazia e di Slovenia allarghiamo l’orizzonte per una riflessione sulla geopolitica dei Balcani…

    R. - Slovenia e Croazia erano i candidati “buoni” dei Balcani, gli Stati più promettenti che erano usciti dalla “Jugo-sfera” per entrare nell’ “Euro-sfera”. Questo ingresso, però, si dimostra problematico. Non che fuori da quest’area, nei Balcani occidentali, ci sia una situazione migliore: in Bosnia la situazione potrei definirla pericolosa, in quanto da oltre un anno dalle elezioni non c’è un governo e le tensioni tra le due componenti statuali aumentano. La situazione in Kosovo non accenna a migliorare, l’Albania ha importanti problemi interni, legati anche alla democraticità del sistema politico ed elettorale, con il boicottaggio dell’opposizione. La Macedonia è bloccata anch’essa nel cammino europeo, non solo per il contenzioso sul nome con la Grecia ma anche per la situazione economica interna, nonostante avesse fatto una campagna di attrazione di investimenti esteri azzerando sostanzialmente le tasse sulle imprese che delocalizzavano lì. (vv)

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    Italia. Monti presenta ai partiti le misure anti-crisi

    ◊   Sono iniziati in mattinata gli incontri tra il premier Monti e il Terzo Polo e il Pdl. Uscendo, il leader dell’Udc Casini ha affermato che la manovra sarà “severa, pesante, con medicine amare” e il suo partito ha chiesto che “conservi criteri di rigore ed equità”. In serata il presidente del Consiglio vedrà la delegazione del Pd. La Lega però minaccia “le barricate” in Parlamento se saranno aumentate le tasse per imprese e famiglie. La Cgil intanto chiede che, per uscire dalla crisi, si riparta dal lavoro. Alessandro Guarasci ha sentito ha il parere del vicepresidente dell’Ucid (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti), Manlio D’Agostino:

    R. - Andare a colpire chi ha maggiori disponibilità e maggiori entrate è ovviamente un segno di equità. Mi lascia riflettere solo il fatto di aumentare banalmente due aliquote senza pensare invece agli scaglioni. Oggi, andare a toccare i redditi al di sopra dei 50 mila euro, credo non sia toccare i ricchi. Bisogna capire se quei 50 mila euro di quella fascia riguardano una persona singola o riguardano un nucleo familiare. Io avrei ragionato anche in termini di introduzione del quoziente familiare, in questa fase.

    D. – Lei è un imprenditore. Le misure per lo sviluppo si possono limitare agli sgravi Irap e al bonus ricerca, o serve qualcosa di più?

    R. – Nel momento in cui un’azienda intende investire e quindi si indebita, dovrebbe avere maggiori sgravi. Oggi non serve semplicemente lo sgravio fiscale perché oggi c’è oggettiva difficoltà nell’accesso al credito. Quindi probabilmente si sarebbe dovuto fare anche qualcosa di più per spingere più sulla capacità non solo di mantenimento dell’occupazione ma di nuovi investimenti. Certo è che ridurre l’Irap - poi vediamo in che misura e con quale reale efficacia - è già sicuramente un buon segnale.

    D. – Lei concorda con chi dice che le vere riforme sono le liberalizzazioni?

    R. – Le liberalizzazioni che abbiamo avuto nel passato hanno portato ad esperienze diverse e contrastanti. Allora, se liberalizzare significa abbassare i costi ed aumentare il livello di efficienza, può essere molto interessante, ma va preso un provvedimento e quindi va scritto in una determinata maniera. Se liberalizzare significa semplicemente lasciare a tutti la possibilità di fare qualunque cosa, creando sostanzialmente una giungla, per poter svolgere qualsiasi attività, inizio realmente a preoccuparmi. Stessa cosa vale, per esempio, per il commercio: se si liberalizza, ma realmente si vanno a creare i piani del commercio dei comuni, allora la cosa potrebbe anche avere un senso. (bi)

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    Giornata delle persone disabili: la crisi aggrava l'emarginazione

    ◊   Inclusione, la parola chiave dell’odierna Giornata internazionale delle persone con disabilità, indetta dall’Onu, che ha annunciato per il 2012 un Congresso mondiale sulla disabilità. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “Insieme per un mondo migliore per tutti: includendo le persone disabili nello sviluppo”. Il tema della Giornata per ‘includere’ e capire quanto è stato fatto e quanto resta da fare; per ‘organizzare’ dibatti, incontri, campagne informative sui diritti dei disabili; per ‘celebrare e festeggiare’ con spettacoli in tutto il mondo il contributo offerto dai disabili; per ‘agire’ subito a favore dei disabili, che sono - secondo stime - il 15 per cento della popolazione mondiale, vale a dire circa 1 miliardo di persone. L’Onu chiede quest’anno di raccogliere maggiori dati sulla disabilità. Anche questo un modo per avere visibilità? Roberta Speziale, responsabile politiche sociali dell’Anffas, Associazione italiana delle famiglie di persone con disabilità.

    R. – Sì, sicuramente importante è raccogliere dati; è importante perché aiuta nella programmazione, nelle politiche, negli interventi che si fanno a favore della disabilità. Il monitoraggio è uno degli aspetti che vengono messi particolarmente in rilievo dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, e purtroppo la carenza di dati sulle condizioni di vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie è uno dei problemi maggiori che una serie di nazioni in tutto il mondo, ma sicuramente anche l’Italia, si trovano ad affrontare.

    D. - Nel manifesto della giornata si evidenzia anche un’attenzione particolare alle donne disabili: due volte emarginate, possiamo dire?

    R. – Sì, anche la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità mette in luce e dedica proprio un articolo specifico alle donne con disabilità, che sono spesso soggette a una doppia discriminazione. Quindi, è necessario mettere in campo maggiori tutele. Se pensiamo ad esempio anche alle donne con disabilità intellettiva o relazionale, ci rendiamo conto che le tutele per garantire le pari opportunità sono sicuramente maggiori. È perciò necessario sia sensibilizzare che sviluppare politiche più adeguate per le donne con disabilità.

    D. – L’Onu denuncia ancora enormi barriere all’inclusione di bambini e ragazzi ...

    R. – Sì, anche questo è un tema importantissimo: la nostra associazione Anffas, per esempio, da tempo richiama l’attenzione ricollegandosi anche alla carenza di dati relativi ai bambini tra zero e sei anni nel nostro Paese: non esistono dati sui bambini con disabilità in questa fascia d’età. Ci rendiamo conto di quanto questo possa impattare ovviamente anche sulla programmazione sulle politiche che si fanno per i bambini con disabilità. Sicuramente, un altro ambito dove si registrano spesso discriminazioni e carenze di opportunità, è quello dell’inclusione scolastica. Nel nostro Paese in particolare, questo è uno dei temi caldi che la stampa riporta quotidianamente alla nostra attenzione.

    D. – Quanto la crisi economica sta incidendo, almeno in Italia, nelle politiche per i disabili?

    R. – In Italia, le ripercussioni ci sono, sono pesanti; il movimento delle persone con disabilità, la Fish, in primo luogo, che è la Federazione italiana per il superamento dell’handicap, ma anche all’Anffas, stanno mettendo in campo tutta una serie di iniziative per contrastare dei tagli che si stanno ripercuotendo sulla vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie, spesso soggette ad un impoverimento anche maggiore rispetto al resto della popolazione. Se uniamo l’esclusione sociale, la discriminazione, la carenza di opportunità anche a condizioni economiche non del tutto favorevoli, ci rendiamo conto che questo davvero porta a situazioni che potrebbero diventare disperate.

    D. – Dottoressa Speziale, ci sono dei Paesi più meritevoli al mondo, per quanto riguarda l’inclusione dei disabili e, invece altri Paesi dove, appunto, si è ancora molto arretrati?

    R. – Sicuramente un dato di partenza su cui possiamo riflettere è che c’è una serie di Paesi, oltre cento, che ha ratificato o firmato la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità e, quindi, ha preso un impegno serio, e questo è un dato significativo. L’Italia sicuramente vanta un sistema normativo anche abbastanza all’avanguardia, sotto alcuni aspetti, però poi bisogna vedere. Questo sarà evidente in rapporto alla raccolta di eventuali dati che verranno realizzati e quanto poi le condizioni di vita delle persone con disabilità rispondano a quelle che sono i dettami della Convenzione Onu.

    D. – In questa giornata 2012, ci sono delle iniziative particolari da segnalare?

    R. – Io credo che la giornata sui diritti delle persone con disabilità debba essere ogni giorno. Sarebbe bene garantire un’attenzione costante su tutti i territori ai diritti delle persone con disabilità. (fd)

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    Concerto di Allevi in Vaticano promosso dall'Ospedale Bambino Gesù di Roma

    ◊   “Vi porto il saluto del Santo Padre che benedice questa iniziativa. Questa sera abbiamo avuto un’iniezione di speranza che dobbiamo portare avanti per il bene dei piccoli”: così il cardinale segretario di stato Tarcisio Bertone ha salutato i presenti all’evento “La luce dei bambini” promosso dall’Ospedale Bambino Gesù di Roma, che si è svolto ieri sera nell'Aula Paolo VI in Vaticano. Obiettivo della serata, la raccolta fondi per la costruzione del Centro di ricerche Pediatriche d’Europa che sorgerà a Roma entro l’anno prossimo. Il servizio di Marina Tomarro:

    Piccole ballerine con sfere di luce tra le mani che brillano nel buio, con passi leggeri si dirigono verso un grande albero posto al centro del palco, per renderlo così luminoso e simbolo di speranza. In questo modo si è aperto ieri sera “La luce dei bambini”, l’evento promosso dall’ ospedale Bambino Gesù per far sorgere quanto prima nella capitale il più grande centro di ricerche e cure pediatriche d’Europa. Giuseppe Profiti, presidente dell’ospedale:

    “Il Centro di ricerche pediatriche è un complemento indispensabile per ciò che il Bambin Gesù è diventato oggi. Un ospedale del terzo millennio - che vuole quindi farsi carico delle patologie in maniera sempre più complessa - ha bisogno anche di una capacità di ricerca. I medici che offrono le cure hanno necessità di potersi collegare con quanti si trovano in laboratorio e fornire quindi loro le indicazioni per un certo tipo di ricerca. La possibilità è quella di farlo in maniera integrata, cioè con il ricercatore che esce dal laboratorio per stare vicino al letto del malato ed il medico che passa dal letto del malato al laboratorio. E’ questo il modello ideale delle grandi strutture di ricerca e di clinica di questo terzo millennio”.

    E questo centro sarà un polo fondamentale per le malattie infantili. Bruno Dellapiccola, direttore scientifico del Bambino Gesù:

    “Data l’alta specialità che esiste nell’ospedale Bambin Gesù, i casi che arrivano sono soprattutto quelli a più alta complessità. In circa due terzi di essi parliamo di patologie poco comuni, che spesso hanno un meccanismo genetico alla loro base. Il nostro contributo, quindi, è quello di capire quali siano i meccanismi che si trovano alla base delle malattie, perché quando arriviamo a conoscere il meccanismo possiamo sicuramente fare degli interventi più mirati. Quest’anno il Bambin Gesù ha identificato dai sette agli otto geni-malattia nuovi, che favoriscono la comprensione di queste patologie estremamente rare. Questo è ovviamente il punto di partenza, ma accanto ad esso l’altro grande progetto è la costruzione di questa 'self-factory'. Si tratta di un ‘Istituto dei tessuti’, dove coltiveremo delle cellule per poter curare meglio le malattie tumorali di questi bambini”.

    E il protagonista musicale della serata è stato il maestro Giovanni Allevi, accompagnato dall’ orchestra giovanile fondazione Pergolesi Spontini ascoltiamo il suo commento:

    “E’ ora di fare qualcosa di bello e di importante attraverso la musica, che è un po’ l’elemento in cui mi muovo con maggior passione. Quando ho ricevuto l’invito per partecipare a quest’iniziativa così bella e in un luogo così prestigioso, sono stato davvero contento. L’ho accettato con tutto l’entusiasmo”.

    E tra i brani eseguiti, Allevi ha scelto anche la suite Angelo Ribelle:

    “Sono convinto che dentro ognuno di noi c’è un angelo ribelle che anela a spiccare il volo. Spesso dimentichiamo, schiacciati da questa quotidianità, di avere delle ali appoggiate sulle nostre spalle. Vogliamo spiegare queste ali per tornare a volare, perché è quello che dobbiamo fare”. (vv)

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa seconda Domenica di Avvento la Liturgia ci propone l’inizio del Vangelo secondo Marco in cui Giovanni proclama, nel deserto, un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, secondo la profezia di Isaia:

    «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri».

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Due temi fondamentali intrecciati fra loro nell’incipit del Vangelo di Marco. Il primo versetto fa da titolo di tutto il testo del Vangelo, ma anche imposta il contenuto sotto un profilo specifico: tutto quello che è scritto è inizio del Vangelo. Parole e gesti, passione e risurrezione, tutto è “buona novella” che viene seminata, è storia umana di Gesù che si fa bella notizia, è avventura di trasformazione ancora aperta e feconda. Per prima cosa allora capire che non ci troviamo solo davanti all’apertura di un libro, ma all’affermazione di una presenza trasformante (vangelo appunto) che tutto agita. La seconda cosa che appare evidente: la corrente vitale della buona novella recupera antiche immagini e dà loro senso pieno e nuovo. Così è per la famosa frase di Isaia sulla voce che grida nel deserto: non ha cessato di interpellare, e non ha cessato di prendere concretezza nei messaggeri che la servono. E il messaggero per antonomasia ora è Giovanni il Battezzatore, che si è auto-emarginato nel deserto. Eppure anche da là sa scuotere la città e smuovere le coscienze con parole rudi e severe. Uomo di austera vita che sa segnalare a tutti la novità imminente, ed esige conversione. Ma bisogna riconoscere le colpe e implorare un rinnovamento radicale: col fuoco dello Spirito bisogna essere battezzati per vivere in novità.

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    Chiesa e Società



    Iraq: a Zakho estremisti islamici assaltano negozi e proprietà dei cristiani

    ◊   Un gruppo di manifestanti legati all’ala estremista islamica, composto in maggioranza da giovani, ha assaltato diversi negozi di proprietà dei cristiani, un albergo e centro massaggi. Le violenze sono esplose ieri pomeriggio nella cittadina di Zakho, distante circa 470 km da Baghdad, situata nel Kurdistan irakeno a pochi chilometri dal confine con la Turchia, e hanno causato il ferimento di almeno 30 persone, fra cui 20 poliziotti. A scatenare l’ira dei fondamentalisti un sermone al vetriolo dell’imam della locale moschea, al termine del quale ha preso il via il raid punitivo in città. All’assalto dei gruppi estremisti hanno poi risposto le fazioni filo-governative curde, che hanno incendiato almeno sei sedi del Partito islamico del Kurdistan in città e nelle zone limitrofe. In un video pubblicato su YouTube, emergono le immagini dell’assalto contro negozi e proprietà cristiane. Fonti cristiane locali interpellate dall'agenzia AsiaNews – dietro anonimato per motivi di sicurezza – confermano che nel raid erano coinvolte “centinaia di persone, soprattutto giovani” sono andati distrutti “almeno 13 negozi dediti alla vendita di liquori, ma il numero potrebbe arrivare a 30. Testimoni aggiungono che “la polizia non ha reagito” ed è probabile che “l’assalto sia stato pianificato in precedenza”. La folla estremista, portato a termine l’attacco a Zakho, si è quindi diretta a Sumail – cittadina a 15 km da Dohuk, la terza più grande città curda – dove ha preso anche questa volta di mira esercizi di proprietà di cristiani e yazidi. A Sumail, racconta la fonte di AsiaNews, vi sono almeno 200 famiglie cristiane che ora sono terrorizzate. Le violenze sono continuate nel villaggio cristiano di Shiuz, dove vivono 180 famiglie, e “solo due ore dopo è intervenuta la polizia curda per riportare la calma. La folla estremista – aggiunge – inneggiava alla jihad, la guerra santa, e lanciava pesanti slogan anti-cristiani”. La comunità cristiana della regione ha vissuto una giornata di panico e terrore, in balia degli estremisti e abbandonata a se stessa dalle autorità locali. “Sono eventi – avverte la fonte – che spingono i fedeli a fuggire dalle loro terre di origine. A Mosul, Kirkuk e Baghdad la polizia ha preso provvedimenti per difendere le chiese e luoghi di culto”. Da tempo il Kurdistan irakeno è al centro di un aspro conflitto fra arabi, curdi e turcomanni per il controllo delle terre e dei giacimenti petroliferi che racchiudono; la disputa investe anche la minoranza cristiana, che è vittima di violenze e vendette incrociate. Personalità cristiane irakene confermano che l’islam fondamentalista – dopo gli auspici iniziali legati alla “primavera araba”, che avevano indotto a un cauto ottimismo – è diventato “molto più aggressivo e pericoloso per i non musulmani”. (R.P.)

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    Nepal: sventato un nuovo attentato contro una chiesa

    ◊   Cresce in Nepal la preoccupazione dei cristiani per la propria sicurezza dopo i nuovi recenti attacchi ad opera di estremisti indù contro una chiesa protestante, una Ong cristiana e una scuola cattolica. L’ultimo episodio in ordine di tempo si è verificato il 27 novembre, quando la polizia ha disinnescato un ordigno all’ingresso di una chiesa pentecostale nel centro della capitale Kathmandu. Appena qualche giorno prima, il 22 novembre, un'altra bomba di fabbricazione artigianale è esplosa davanti ai locali della “United Mission to Nepal” (Umn) una Ong cristiana impegnata in diversi programmi contro la povertà. Ambedue gli attentati – riferisce l’agenzia Eglises d’Asie delle Missioni estere di Parigi - sono stati rivendicati dall’Esercito per la difesa del Nepal (Nepal Defence Army - Nda), un gruppo armato nazionalista induista che vuole il ritorno alla monarchia e all’induismo come religione di Stato e che è dietro a diversi altri attacchi compiuti in questi anni contro cristiani e musulmani. Dopo gli ultimi episodi la comunità cristiana nepalese è tornata a chiedere un più deciso intervento delle autorità nepalesi. “Spero che il Governo abbia preso coscienza di quanto accaduto e intraprenda gli interventi necessari contro i responsabili di questi crimini e di altri attacchi contro le minoranze in Nepal”, ha dichiarato padre Pius Perumana, pro-vicario apostolico del Nepal e direttore della Caritas locale. Il 28 novembre, una delegazione cristiana ha incontrato le autorità di polizia per mettere a punto alcune misure durante le prossime celebrazioni natalizie. Il timore infatti, come ha confermato a Eda il portavoce della Chiesa cattolica dell’Assunzione Chirendra Satyal, è che con l’avvicinarsi del Natale si verifichino nuovi attentati. Dalla fine della monarchia e dalla successiva introduzione della laicità dello Stato nel 2006 il Nepal ha registrato diversi omicidi e attacchi contro le minoranze religiose. Si ricordano in particolare l’assassinio nel 2008 del sacerdote gesuita padre John Prakah, l’attentato contro la moschea di Birantnagar, in cui rimasero uccise due persone, e quello del 23 maggio 2009 nella cattedrale cattolica dell’Assunzione di Kathmandu, con un bilancio di due morti e 13 feriti. Agli attacchi dei gruppi terroristi si aggiunge poi la minaccia delle leggi anticonversione, proposte da alcuni partiti conservatori, che, se approvate saranno inserite nel nuovo Codice Penale al vaglio del Parlamento insieme alla nuova Costituzione. Le pene prevedono l’arresto e la condanna a cinque anni per chi predica e diffonde materiale religioso che possa offendere la religione indù. Fra gli atti passibili di arresto è compresa la macellazione di bovini vicino alle aree sacre induiste. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Inaugurata la chiesa più grande del Pakistan: un segno di speranza nell’Anno della Missione

    ◊   La nuova chiesa di San Pietro a Karachi, la più grande del Pakistan, è “un segno di speranza e un buon auspicio per il futuro, nell'Anno della Missione”: lo dice all’agenzia Fides padre Mario Rodriguez, sacerdote di Karachi e direttore delle Pontificie Opere Missionarie in Pakistan. La piccola comunità cristiana del Pakistan, nota il sacerdote, è ancora “sorprendentemente e favorevolmente colpita dalla nuova chiesa, inaugurata circa un mese fa a Karachi: cupola, edificio di tre piani che si staglia sulla ‘colonia cristiana’ e può ospitare fino a 5.000 persone”.
    “E’ bello che sia stata inaugurata durante l’Anno della Missione: è segno della capacità di recupero di una fede che ha sofferto a lungo di discriminazione da parte dello Stato e di attacchi da parte di estremisti islamici. Siamo orgogliosi della nuova chiesa. E’ un segno di speranza anche in vista del Natale, che la comunità di Karachi celebrerà in questa chiesa” prosegue padre Mario. La chiesa è stata costruita in 11 mesi, è costata 3,8 milioni di dollari, raccolti grazie a donazioni locali e da enti e conferenze episcopali di tutto il mondo, fra le quali la Conferenza episcopale italiana, le Pontificie Opere Missionarie, Missio. “E’ stata costruita sul sito di una chiesa più piccola nel quartiere di Azam Basti, un groviglio di vicoli e case di mattoni dove vivono circa 15.000 cristiani” spiega padre Mario. Intanto l'Anno della Missione – informa il sacerdote – prosegue con programmi di animazione missionaria in Punjab e Beluchistan. Alla fine di novembre in Sindh si è tenuto un seminario missionario sul tema “Il Verbo si è fatto carne” e, per l’inizio del prossimo anno, "sono previsti programmi ed esperienze missionarie nelle aree tribali del Sindh, che coinvolgeranno vescovi, sacerdoti, religiosi e laici”. (R.P.)

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    Kenya: appello dei vescovi per lo sciopero dei medici

    ◊   “Dare spazio al dialogo per proteggere la vita umana”: si intitola così la nota che la Conferenza episcopale del Kenya (Kec) ha pubblicato in vista dello sciopero nazionale che i medici del Paese hanno minacciato per il 5 dicembre. Nel documento, a firma di mons. Philip Sulumeti, presidente della Commissione cattolica del Kenya per la salute, i presuli “riconoscono la serietà e l’importanza” dell’astensione dal lavoro dei dottori, sottolineando che le loro difficoltà “vanno oltre la questione dello stipendio personale ed includono le condizioni lavorative, lo stato degli ospedali e delle strutture sanitarie in termini di attrezzature e risorse”. Ribadendo quindi che “i medici non stanno manifestando solo le loro necessità personali e professionali, ma anche quelle delle strutture sanitarie, in modo da rendere il loro lavoro più efficiente ed efficace e da accrescere il benessere dei pazienti”, la Conferenza episcopale lancia un appello al dialogo tra le parti. “Il governo ha la responsabilità di ascoltare”, scrivono i vescovi, e “le parti in causa devono tenere in considerazione la posta in gioco”, poiché “i medici offrono un servizio che non dovrebbe essere mai interrotti”, ovvero “l’obbligo di proteggere la vita umana e di fare tutto il possibile per preservarla attraverso la medicina preventiva e curativa”. Anche perché, continua la Kec, “il giuramento di Ippocrate è imperniato sulla deontologia medica” e “non dovrebbe mai verificarsi una situazione in cui la vita sia messa in pericolo, direttamente o indirettamente”. Di qui, l’accento forte posto dai vescovi sul fatto che “essere un medico o un infermiere è una vocazione, una chiamata da parte di Dio ed ha lo scopo di proteggere la vita umana”. La Chiesa del Kenya ricorda, poi, che il diritto alla vita è sancito anche dalla Costituzione del Paese, così come dalla Dottrina sociale della Chiesa, nella quale si ribadisce che tale diritto è “una priorità assoluta” e che senza di esso “tutti gli altri diritti non hanno alcun valore. Anzi: ogni altro diritto è rilevante solo se c’è la vita”. In questo spirito, perciò, la Kec esprime apprezzamento per “la volontà dei medici di preservare la vita ad ogni costo e di negoziare con il governo usando tutti quegli strumenti che non danneggiano la vita stessa e la dignità dei pazienti”. Allo stesso tempo, i vescovi kenioti lanciano un appello al governo affinché “crei le strutture necessarie ad un dialogo serio”, il che significa “impegnarsi a preservare la vita, comprendendo la gravità delle conseguenze sulla popolazione se lo sciopero dei medici dovesse effettivamente avere luogo”. Per risolvere i problemi, conclude la nota, è necessario “abbandonare gradualmente la cultura degli scioperi ed abbracciare quella del dialogo”, tenendo presente che “non tutte le richieste possono essere accolte in una volta sola” e che è importante “instaurare strutture di dialogo affidabili e coerenti”. (I.P.)

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    Il cardinale Pengo: l’Esortazione del Papa rilancia l’impegno per l’evangelizzazione in Africa

    ◊   L'Esortazione apostolica post-sinodale di Benedetto XVI “Africae munus” è una spinta a rinnovare l’impegno della Chiesa nel continente africano, a dare nuovo slancio alla sua missione di evangelizzazione, “a costruire un’Africa più riconciliata seguendo i sentieri della verità, della giustizia, dell'amore e della pace”. Così – riporta l’agenzia Fides - il Cardinale Polycarp Pengo, arcivescovo di Dar Es-Salaam, in Tanzania, e presidente del Simposio delle Conferenze episcopali d’Africa e Madagascar (Secam), ha dato avvio alle consultazioni sul documento consegnato dal Papa in Benin, in occasione del suo recente viaggio apostolico nel continente africano. Le consultazioni, tenutesi a Cotonou, dal 21 al 23 novembre – ha detto il porporato – testimoniano l’importanza che la Chiesa africana attribuisce all’Esortazione del Pontefice. Nel suo discorso di apertura, il cardinale Pengo ha poi lodato le istituzioni ecclesiali e i partner nei progetti di sviluppo del Secam come Misereor, Missio, Icmc (International Catholic Migration Commission), Aiuto alla Chiesa che Soffre, Catholic Relief Services (Crs) e diverse Conferenze episcopali di altri continenti, per il loro prezioso sostegno finanziario e la collaborazione con il Secam nella attuazione delle attività previste dai piani post-sinodali. (C.D.L.)

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    I Gesuiti dell’Africa e del Madagascar sulle proposte della Chiesa per sconfiggere l'Aids

    ◊   “La risposta mondiale all’Aids ci dà buoni motivi per sperare in un futuro libero da questa pandemia fintanto che gli sforzi volti ad assicurare l’accesso universale a trattamenti di qualità per le persone colpite saranno mantenuti e migliorati. Ma l’Aids resta ancora una grave minaccia alla vita e non c’è alcuno spazio per il compiacimento”. È la convinzione espressa dai Gesuiti dell'Africa e del Madagascar in occasione Giornata mondiale per la lotta all'Aids celebrata il 1° dicembre. Questa convinzione - afferma un messaggio del presidente della Conferenza dei Provinciali dell'Africa e del Madagascar (Jevam), padre Michael Lewis - è sostenuta dall’esperienza sul campo dell’Ajan, il network dei Gesuiti in Africa contro l’Aids,, dall’obiettivo ‘zero’ fissato quest’anno dall’agenzia Onu contro l’Aids e dalle indicazioni del Santo Padre nella recente Esortazione apostolica “Africae Munus”. Gli ultimi dati statistici, che indicano una sensibile diminuzione del contagio e un crescita del 20% dell’accesso ai farmaci antiretrovirali tra il 2009 e il 2010 nell’Africa sub-sahariana – rileva padre Lewis nel testo - permettono un “prudente ottimismo”. Questo non deve però fare dimenticare che il numero delle persone affette dall’Hiv e dei contagi nel Continente africano resta ancora molto elevato. L’Ajan fa quindi propri gli appelli dell’Onu e di Benedetto XVI nell’”Africae Munus” a maggiori investimenti per le cure contro l’Hiv. Gli antiretrovirali non sono tuttavia sufficienti: essi, sottolinea il messaggio, “devono fare parte di un approccio integrato alla prevenzione e alle cure che, come suggerito da Benedetto XVI, combini soluzioni farmacologiche con preoccupazioni etiche, il cambiamento di certi comportamenti con lo sviluppo integrale, la carità con la giustizia”. “Da tempo – ricorda l’Ajan – la Chiesa cattolica offre questo tipo di risposta integrale”. Essa ha quindi “un ruolo essenziale da svolgere nella strategia dell’agenzia Onu contro l’Aids per raggiungere l’obiettivo zero”. La giustizia – conclude il messaggio - è una parte essenziale di questa battaglia che non può prescindere da una ridistribuzione delle risorse a favore delle spese sanitarie. (L.Z.)

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    Burundi: condannati all’ergastolo gli assassini di Suor Mamic e del volontario Bazzani

    ◊   Con l’accusa di omicidio, furto, rapimento, detenzione illegale di armi e associazione a delinquere, sono stati condannati al carcere a vita i due uomini ritenuti responsabili dell’omicidio di Suor Lukrecija Mamic, religiosa croata, e del volontario italiano Francesco Bazzani, avvenuto domenica scorsa nella missione religiosa di Kiremba, a 140 km da Bujumbura, in Burundi. Il verdetto è giunto in tempi rapidi per flagranza di reato; soddisfazione è stata espressa dal pubblico ministero. Intanto è previsto per lunedì il funerale della religiosa, che avrà luogo nel suo Paese d’origine, mentre si è svolta ieri, a Cerea, nel veronese, alla presenza dell’intera comunità cittadina, la cerimonia funebre del cooperante Bazzani, 59enne, medico, membro dell’associazione Ascom di Legnago. “Sono circostanze in cui le parole sono difficili – ha detto il sindaco Paolo Marconcini – non ci sono giustificazioni per un atto del genere, soprattutto nei confronti di coloro che hanno ricevuto qualcosa di positivo dai volontari”. E’ invece fuori pericolo, anche se ancora ricoverata in ospedale, Suor Carla Brianza, l’altra religiosa italiana, anch’essa appartenente all’Ordine delle Ancelle della carità, rimasta ferita nell’agguato. (C.D.L.)

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    Perù: i Domenicani difendono Radio Santo Domingo dalle calunnie

    ◊   “La trasmissione della verità è uno dei fondamenti del nostro carisma domenicano e molte volte questo può non piacere a qualcuno, ma non gli dà il diritto di attaccare e insultare per far tacere un mezzo di comunicazione”. Così – in un comunicato ripreso dall'agenzia Fides - il Priore Provinciale dei Domenicani, Fr. Juan José Salaverry Villarreal, e i membri della Provincia Domenicana di San Giovanni Battista del Perú, manifestano il loro appoggio ai confratelli che lavorano a Radio Santo Domingo di Chimbote, dinanzi alle dichiarazioni diffamatorie del Presidente della Regione di Ancash, César Álvarez Aguilar. L’uomo ha accusato di omosessualità i religiosi che lavorano per la radio, e il vescovo locale, mons. Luis Bambaren, è stato insultato da un giornalista in una trasmissione televisiva. In un comunicato, il Priore dei Domenicani afferma che la comunità conosce bene “la vita religiosa dei confratelli che attualmente compongono la nostra comunità a Chimbote, dell'attuale direttore di Radio Santo Domingo, e di coloro che hanno occupato tale incarico negli ultimi anni”, e per questo definisce “inaccettabile” la “dichiarazione diffamatoria sulla vita morale” dei religiosi. “Allo stesso modo – aggiunge - non accettiamo le opinioni manifestate sul vescovo, mons. Luis Bambaren, su mons. Angel Simón e sul clero della diocesi di Chimbote” e "non possiamo permettere che il lavoro di tanti anni venga squalificato per alcune affermazioni infondate che macchiano l'onore della Chiesa, l'Ordine dei Predicatori e dei nostri confratelli”. Il lavoro dei domenicani a Chimbote ha inizio nel 1962 ed ha luogo nei più vari ambiti: dalle missioni nell’entroterra al lavoro con le famiglie, dall’impegno in favore della giustizia sociale a quello nei mass media, dall'educazione al lavoro nelle parrocchie e nelle cooperative. Fin dal loro arrivo, i domenicani hanno lavorato con i pescatori del porto, predicando dal pulpito delle chiese e dai microfoni della radio, raggiungendo i fratelli della costa e delle Ande di Ancash. Dal canto suo il vescovo Bambarén, ex presidente della Conferenza Episcopale del Perù, ha dichiarato alla stampa locale che la Chiesa sta studiando la possibilità di ricorrere alle vie legali. (C.D.L.)

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    Bielorussia: l’arcivescovo Kondrusiewicz chiede una moratoria sulla pena di morte

    ◊   L’arcivescovo di Minsk-Mahileu, in Bielorussia, mons. Tadeusz Kondrusiewicz, lancia un appello per una moratoria contro la pena capitale. A seguito della sentenza di condanna a morte emessa il 30 novembre scorso dalla Corte Suprema bielorussa nei confronti di Vladislav Kovolev e Dmitriy Konovalov, giudicati colpevoli dell’attentato terroristico nella metropolitana di Minsk, lo scorso 11 aprile, il presule ribadisce la necessità di una “giusta condanna” per tutti coloro che sono responsabili di attentati terroristici, i quali, in nome del bene comune, devono essere “privati della possibilità di compiere il male”, ma chiede al presidente della Repubblica bielorussa Aleksandr Lukashenko di sostituire con l’ergastolo la condanna della pena capitale, e di concedere la grazia a tutti i condannati a morte, restituendo loro la possibilità di redimersi. In un intervento pubblicato sul sito ufficiale della Chiesa cattolica in Bielorussia, , il metropolita bielorusso ha ricordato le parole rivolte da Benedetto XVI, durante l’udienza generale del 30 novembre 2011, ai partecipanti all’incontro promosso dalla Comunità di Sant'Egidio sul tema “Non c'è giustizia senza vita”: “Bisogna incoraggiare – ha detto il Papa - le iniziative politiche e legislative promosse da un numero crescente di Paesi per eliminare la pena di morte e per continuare i progressi sostanziali realizzati per conformare il diritto penale sia alla dignità umana dei carcerati che ad un efficace mantenimento dell’ordine pubblico”. L’arcivescovo ha infine messo in luce come anche la Chiesa Ortodossa abbia una posizione molto simile riguardo la pena capitale. (C.D.L.)

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    Bielorussia: inaugurato un monumento sull'unità cristiana

    ◊   La scorsa settimana a Lida, in Bielorussia, è stato consacrato il monumento commemorativo come simbolo di unità cristiana per la celebrazione del II millennio del cristianesimo. La cerimonia – riporta l’agenzia Sir - è avvenuta alla presenza dei rappresentanti della Chiesa cattolica e della Chiesa ortodossa, nonché dei rappresentanti della giunta comunale. Il monumento riporta brani del Vangelo in greco, bielorusso e in lingue della Vecchia Chiesa slava, e figure di evangelisti. "Sia la consacrazione del monumento commemorativo della cristianità un segno di gratitudine nei confronti delle generazioni di cristiani che hanno conservato e tramandato la fede, specialmente in tempi difficili di sofferenza", ha auspicato il vescovo cattolico Aleksandr Kashkevich. L'arcivescovo ortodosso Gury di Novogrudok e Lida ha espresso la speranza che "questo monumento sia un segno di riconciliazione, che ci ricordi della nostra fede, della nostra storia valorosa, un segno di cui possiamo essere fieri". (L.Z.)

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    Australia: kit informativo della Chiesa per la Giornata internazionale della disabilità

    ◊   Riflette sulla Chiesa come “unico Corpo di Cristo” il kit informativo che la Conferenza episcopale australiana lancia il 3 dicembre, in occasione della Giornata internazionale delle persone disabili. Il kit, intitolato “Un unico Corpo in Cristo: approccio, atteggiamento e accettazione”, ha l’obiettivo di “incoraggiare ed aiutare le parrocchie e le comunità di fedeli a scoprire e a celebrare la bellezza e la forza del Corpo di Cristo, incoraggiando e promuovendo la piena partecipazione dei disabili alla vita della Chiesa”. Come spiegano i vescovi in una nota, “una delle sfide delle parrocchie è quella di far sì che tutti i fedeli siano inclusi nella vita della Chiesa, specialmente quelli con disabilità, le loro famiglie e gli amici che li aiutano”. D’altronde, scrivono i presuli australiani, “attraverso il battesimo, i cristiani sono chiamati a testimoniare la vita di Gesù Cristo” ed è proprio “attraverso la vita, la sofferenza, la morte e la resurrezione del Salvatore che i cristiani sono sfidati ad essere una comunità amorevole, compassionevole ed inclusiva, una comunità che sia davvero un unico Corpo in Cristo”. Di qui, l’invito dei presuli “a contemplare il volto di Cristo, poiché quando riconosciamo Cristo in noi stessi e negli altri, siamo spinti ad una comprensione più profonda del significato dell’essere Corpo di Cristo”. La nota si conclude con l’auspicio a “diventare comunità di fede che accolgano felicemente le persone disabili ed i loro familiari, riconoscere la presenza di Cristo in ogni uomo e rafforzare l’evangelizzazione e la diffusione della Buona Novella”. Il documento è a firma di mons. Terence J. Brady, delegato per la questione della Disabilità all’interno della Commissione per la Pastorale della Vita. (I.P.)

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    Cipro: "la scelta della pace" al Consiglio delle Chiese del Medio Oriente

    ◊   “La scelta della pace è la scelta della Chiesa d’Oriente”: così si è espresso l’arcivescovo di Cipro Chrysostomos II, ospite della 10.ma Assemblea generale del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente (Cemo), che si è svolta martedì e mercoledì scorsi a Pafos, nell’isola di Cipro, proprio nella sua arcidiocesi, sul tema “La moltitudine dei credenti aveva un cuore solo”. Il presule, si legge sul portale del patriarcato latino di Gerusalemme www.lpj.org, ha sottolineato l’importanza dell’incontro, in un momento in cui il Medio Oriente e il Nord Africa sono scossi dalla violenza e dalla rivoluzione, ed ha evidenziato la necessità di rafforzare il dialogo tra cristiani, musulmani ed ebrei. All’Assemblea hanno preso parte, tra gli altri, il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, il patriarca di Antiochia Gregorios III Lahham, il patriarca siro-cattolico Joseph Younan III, rappresentanti del Consiglio Ecumenico delle Chiese, dell’arcivescovo di Canterbury, del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani e del patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I. Per la prima volta ha partecipato all’incontro il patriarca ortodosso d'Egitto Teodoro II. Unanimi i pareri dei partecipanti circa la collaborazione tra confessioni religiose diverse per sostenere la pace nel mondo. Il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente è stato fondato nel maggio del 1974, è composto da quattro presidenti (che rappresentano le quattro famiglie ecclesiali del Medio Oriente: cattolici, ortodossi orientali, ortodossi e protestanti), un comitato esecutivo e dai delegati delle Chiese membro; le assemblee generali si tengono ogni quattro anni. (T.C.)

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    Vienna: dibattito per il 10° anniversario della Charta Oecumenica

    ◊   È stato celebrato giovedì scorso a Vienna con un dibattito ecumenico organizzato dalla fondazione austriaca «Pro Oriente» il decennale della Charta Oecumenica. «Pietra miliare dell’ecumenismo oppure occasione mancata?» è il titolo dell’incontro al quale – riporta L’Osservatore Romano - hanno preso parte il vescovo evangelico luterano Michael Bünker, il segretario generale ad interim della Conferenza delle Chiese d’Europa (Cec), il teologo romeno ortodosso Viorel Ionita, e il sacerdote Michael Weninger. La situazione attuale dei rapporti tra le Chiese, l’attuazione degli obiettivi fissati dalla Charta Oecumenica e il significato del documento a dieci anni di distanza dalla sua diffusione, soprattutto in considerazione degli sforzi compiuti per avvicinare le Chiese dell’Est e dell’Ovest, sono stati i temi principali affrontati durante il dibattito. La Charta Oecumenica, primo documento comune pubblicato dalle Chiese europee da mille anni a questa parte, contiene obiettivi per le Chiese cristiane che si impegnano a realizzare il cammino ecumenico al fine di favorire il processo di unificazione europea. Il documento fu siglato il 22 aprile 2001 a Strasburgo dagli allora presidenti della Conferenza delle Chiese europee, il metropolita ortodosso Jeremie, e del Consiglio delle Conferenze episcopali europee, il cardinale Miloslav Vlk, arcivescovo emerito di Praga. (L.Z.)

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    Malta: lettera dei vescovi ai fedeli per l'Avvento

    ◊   È improntata al “coraggio del cambiamento” e all’importanza del rinnovamento la lettera che la Chiesa di Malta ha indirizzato ai fedeli in occasione dell’Avvento. Nel lungo documento, siglato da mons. Paul Cremona, arcivescovo di Malta, e da mons. Mario Grech, vescovo di Gozo, si sottolinea come la società contemporanea sia ormai troppo abituata alla routine, finendo per far perdere efficacia a settori cruciali come la politica, la pubblica amministrazione o l’istruzione. Un rischio che, scrivono i vescovi maltesi, corre anche la vita cristiana: “La Voce di Dio è solo una fra le tante e per alcuni la preghiera è talmente radicata nella routine da diventare un peso, piuttosto che un piacere”. La consuetudine colpisce anche la celebrazione della Messa e spesso “non si riesce ad apprezzare la bellezza e la forza dell’Eucaristia” e neppure l’importanza dei sacramenti, visti come “una convenzione sociale” e non come “un incontro con Cristo che può trasformare la vita”. Tutto questo, sottolineano i presuli, va naturalmente “a scapito del Vangelo”, poiché anche la Chiesa rischia di diventare “niente di più di un museo storico”. L’invito ai fedeli, allora, è quello di guardare all’Avvento come ad “un tempo che invita a nascere e a rinascere”, affinché il Natale imminente sia “una forte esperienza della luce di Cristo che ci esorta a fare uno sforzo per uscire dal grembo oscuro di una mentalità chiusa”. In questo senso, scrivono i presuli maltesi, “lo Spirito che discese su Maria di Nazaret e per la cui opera Ella diede alla luce un bambino è lo Spirito stesso di Dio” e “se apriamo il nostro cuore a Lui, infonderà nei nostri cuori la Parola di Dio che funge da mappa per il nostro cammino di vita”. Ma bisogna fare attenzione, si legge ancora nella lettera, perché “per ricevere la Parola di Dio nel nostro cuore dobbiamo essere aperti allo Spirito di Verità. Ed è per questo che abbiamo bisogno di essere rinnovati con lo Spirito Santo”. Tale esigenza di rinnovarsi, afferma la Chiesa maltese, “non può essere ignorata” e va messa in atto “nei rapporti tra la comunità ecclesiale ed il mondo intorno ad essa, costituito da cittadini di differenti credenze spirituali ed ideologiche”, perché “con grande amore, ma nella fedeltà a Cristo, non dobbiamo evitare di condividere il nostro patrimonio teologico, spirituale ed etico, con la speranza che esso possa stimolare un rinnovamento”. In particolare, continuano i vescovi, devono essere rinnovate “le persone e le comunità consapevoli del loro dovere di praticare e trasmettere lo Spirito di Cristo”. Infine, ricordando che il Concilio Vaticano II “ha dispiegato nuovi e grandi orizzonti”, la Chiesa di Malta guarda alla “preziosa opportunità di rinnovamento” offerta dall’Anno della Fede, indetto per il 2012 da Benedetto XVI proprio per celebrare il 50° anniversario dell’apertura del Concilio. (I.P.)

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    Polonia: a Jasna Góra sessione missiologica su Giovanni Paolo II e Pauline Jaricot

    ◊   L'attività missionaria del Beato Giovanni Paolo II e l'impegno missionario della Serva di Dio Pauline M. Jaricot, fondatrice della Pontificia Opera della Propagazione della Fede, sono il tema della sessione missiologica e del pellegrinaggio promosso della Pontificia Unione Missionaria della Polonia che si svolge oggi e domani al Santuario nazionale della Madonna di Czestochowa a Jasna Góra. Come riferisce l'agenzia Fides, alla sessione missiologica e alla Veglia di preghiera parteciperanno sacerdoti, religiosi, religiose e laici, guidati da don Tomasz Atlas, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Polonia. Durante la sessione missiologica, i partecipanti riflettono su diversi argomenti: la spiritualità missionaria; la vita e l'attività missionaria della Serva di Dio Pauline Jaricot; il dialogo interreligioso e l'attività missionaria della Chiesa alla luce degli scritti e dei viaggi apostolici nel continente africano di Giovanni Paolo II. Durante il pellegrinaggio don Tomasz Atlas presiederà la Santa Messa nella Cappella della Madonna a Jasna Góra. La Pontificia Unione Missionaria è stata approvata in Polonia nel 1924, a Czestochowa. (L.Z.)

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    Terra Santa: nuove scoperte archeologiche sul Muro occidentale a Gerusalemme

    ◊   Porzioni di edifici che non risalgono al periodo di Erode il Grande sono state rinvenute nella Spianata delle Moschee, a Gerusalemme, in Terra Santa, durante alcune indagini archeologiche realizzate sotto il Muro occidentale del Monte del Tempio. Gli archeologi, che hanno effettuato scavi accanto a un antico canale di drenaggio di Gerusalemme, ritengono, riferisce il portale terrasanta.net, di aver scoperto prove che contraddicono l’opinione comune che attribuisce solo ad Erode - che regnò tra il 37 e il 4 a.C. - la costruzione del muro. Lo scavo, per conto dell’Autorità israeliana delle antichità, è stato condotto sotto la via pavimentata che si trova nei pressi dell’Arco di Robinson (i resti di un’arcata chiamati così in onore dello studioso Edward Robinson, che li individuò nel 1838). Già lo storico ebreo Giuseppe Flavio, contemporaneo di Erode, aveva scritto che il sovrano aveva intrapreso un progetto di ampliamento del recinto del Tempio nel diciottesimo anno del suo regno descrivendolo come il “più ambizioso progetto di cui si fosse mai sentito parlare al mondo”. Tra i recenti rinvenimenti sono da sottolineare tre lampade ad olio, di argilla, di un tipo molto comune nel primo secolo d.C. e 17 monete in bronzo, di cui 4 probabilmente coniate dal procuratore romano di Giudea Valerio Grato, nell’anno 17 - 18 d.C.. Secondo gli archeologi israeliani, i manufatti, e il luogo in cui sono stati rinvenuti, dimostrano che l’Arco di Robinson, e probabilmente una porzione più lunga del Muro occidentale, furono costruiti almeno 20 anni dopo la morte di Erode, cosa che dimostrerebbe che la costruzione delle mura del Monte del Tempio e dell’Arco di Robinson rientrerebbe in un enorme progetto durato diversi decenni e non completato durante la vita di Erode. Tutto ciò sarebbe confermato da descrizioni di Giuseppe Flavio, secondo il quale l’opera fu terminata solo durante il regno di Agrippa II – pronipote di Erode – e che in quel periodo a Gerusalemme rimasero senza lavoro almeno 8, 10 mila persone. (T.C.)

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    Reggio Calabria: il cardinale Bertone riceve un premio per la pace

    ◊   È stato assegnato al cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato Vaticano, il premio per la Pace “Beato Giovanni Paolo II” promosso dall’associazione Anassilaos di Reggio Calabria. Il cardinale ritirerà il premio oggi e, per l’occasione, incontrerà l’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, mons. Vittorio Mondello, il clero diocesano e i fedeli. Domani il cardinale Bertone celebrerà la messa nella basilica cattedrale della città calabrese. Per il settimanale diocesano “L’Avvenire di Calabria”, la visita del cardinale Bertone a Reggio Calabria “non è certamente dovuta al solo fatto di ricevere il pur prestigioso Premio” ma “anche al desiderio di entrare, anche se per una due giorni soltanto, dentro il tessuto della nostra Chiesa reggina, incontrare l’arcivescovo mons. Vittorio Mondello, il clero e il popolo reggino. Per tutta la Chiesa diocesana sarà motivo di grazia pregare assieme al cardinale Bertone, partecipare alla Divina Eucaristia, ascoltare la sua parola, condividere la gioia dell’incontro”. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Egitto, sale l’attesa per i risultati delle elezioni: partiti islamisti verso il trionfo

    ◊   A cinque giorni dal primo turno delle elezioni in Egitto ancora non si conoscono i risultati del voto. Unico dato certo il tasso di affluenza alle urne al 62%. E mentre si attende una grande affermazione dei Fratelli musulmani, i manifestanti in piazza Tahrir continuano a scandire slogan contro il Consiglio militare. Il servizio di Giovanni Cossu:

    Con 24 ore di ritardo il presidente della commissione elettorale ha annunciato che in Egitto ha votato il 62% della popolazione. È un risultato storico per un Paese dove ultimamente l'astensionismo era molto alto. In attesa dei dati ufficiali, si continua a fare affidamento alle previsioni dei mezzi d'informazione, che annunciano una grande vittoria dei partiti legati islamisti. Nelle prime consultazioni democratiche in 60 anni, il partito Giustizia e Libertà dei Fratelli Musulmani dovrebbe essere il più votato con oltre il 40% dei voti. La vera sorpresa, i salafiti di al Nur, “la luce”, vengono dati al 25%. Segue con il 18% il Blocco egiziano, partito laico e moderato. I risultati finali saranno annunciati a gennaio, quando si concluderanno le altre due tornate elettorali per la Camera bassa. Nel frattempo, alcuni esponenti dei Fratelli Musulmani lanciano messaggi incoraggianti a favore di un governo di coalizione aperto ad altre forze, non solo islamiste. Il portavoce dei salafiti, invece, ha cercato di rassicurare i cristiani d'Egitto, sostenendo che i loro diritti sono "tutelati" dalla sharia. Intanto non si ferma la protesta a piazza Tahrir, anche se il numero dei manifestanti è calato rispetto alla scorsa settimana. Mentre i dimostranti continuano a contestare il potere militare, il premier incaricato di formare il nuovo governo di transizione, Kamal el Ganzuri, continua a riempire i tasselli del sua squadra, che dovrebbe nascere ufficialmente nei prossimi giorni.

    Yemen, violenze e processo di pacificazione
    Nello Yemen nuove violenze mettono a rischio la tenuta dell’accordo per la formazione di un governo di unità nazionale. Secondo testimonianze sul web, a Taez, tra gli epicentri della rivolta, nelle ultime ore sarebbero state uccise cinque persone, di cui tre civili. Il bilancio dell’ultima settimana di scontri sarebbe di oltre una trentina di morti intorno alla città. I partiti di opposizione hanno dichiarato che se queste uccisioni non termineranno, sono pronti a ritornare sull’accordo politico siglato con la mediazione del Consiglio per la cooperazione del Golfo e gli Stati Uniti.

    Iran, giunti a Teheran diplomatici espulsi in Gran Bretagna
    Sono rientrati a Teheran questa mattina i diplomatici iraniani espulsi dalla Gran Bretagna in seguito all'attacco all'ambasciata britannica nella capitale iraniana. Il gruppo è stato accolto all’aeroporto, da oltre 100 studenti che scandivano slogan contro la Gran Bretagna, invocando la piena rottura delle relazioni con Londra.

    Stati Uniti, segretario alla Difesa esorta Israele a rompere il suo isolamento
    Israele deve adottare misure diplomatiche per uscire dal suo crescente “isolamento” in Medio Oriente, a causa del quale il processo di pace ''è stato in effetti sospeso''. Così il segretario alla Difesa Usa, Leon Panetta, il quale ha poi assicurato che gli israeliani possono contare sull'impegno degli Stati Uniti per la sicurezza di Israele e per impedire che l'Iran riesca a dotarsi di armi nucleari.

    Congo elezioni
    Nella Repubblica Democratica del Congo cresce la tensione in vista dei risultati delle presidenziali del 28 novembre scorso, attesi per martedì prossimo. Nei giorni scorsi almeno 15 persone hanno perso la vita in scontri con le forze di sicurezza. Secondo i primi dati, relativi al 15% delle schede, il presidente uscente Kabila e lo storico leader dell’opposizione Tshisekedi hanno staccato di netto tutti gli altri nove candidati, raccogliendo rispettivamente il 51,6 e 33,9 per cento dei consensi.

    L’Ue comunica accordo tra Serbia e Kosovo sulla gestione dei confini
    L'Unione europea ha comunicato che Belgrado e Pristina hanno raggiunto un accordo per una gestione "integrata" dei confini nel nord del Kosovo. L'accordo, mediato dalla Ue, arriva dopo settimane di tensioni e blocco dei valichi di frontiera da parte dei serbi. Tuttavia la situazione non è ancora chiara. Il capo negoziatore serbo nega che sia stato raggiunto un accordo mentre la delegazione di Pristina conferma l'intesa.

    Economia Usa-Ue
    Il segretario Usa al Tesoro, Timothy Geithner, sarà in Europa la prossima settimana. In agenda gli incontri, dal 6 dicembre, con il presidente francese Sarkozy, il premier italiano Monti e il primo ministro spagnolo, Rajoy. Tra gli appuntamenti anche la BCE e la Germania. E intanto negli Stati Uniti il tasso di disoccupazione ha segnato un modesto freno dello 0,4% nel mese di novembre rispetto a ottobre per stabilirsi all’8,6%.

    Grecia – Troika
    I rappresentanti dei creditori internazionali della Grecia, FMI, UE e BCE, saranno ad Atene il 12 dicembre. Il gruppo valuterà aspetti relativi alle riforme strutturali che riguardano il mercato del lavoro e la completa liberalizzazione delle professioni chiuse, i servizi pubblici, lo sviluppo economico e la competitività del Paese.

    Myanmar, nuova legge autorizza manifestazioni
    Il Myanmar segna un nuovo passo verso il processo di apertura alla democrazia. Il presidente, Thein Sein, ha firmato una nuova legge che, per la prima volta, permette lo svolgimento di manifestazioni pacifiche. Fino ad oggi ogni tipo di manifestazione era vietato, ora bisogna chiedere l'autorizzazione con cinque giorni di anticipo. L'annuncio giunge all'indomani della storica visita di Hillary Clinton, la prima di un segretario di stato americano dal 1955, la quale ha annunciato lo stanziamento di 1,2 milioni di dollari a sostegno delle riforme, sottolineando l’esigenza di proseguire su questa strada. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Giovanni Cossu)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 337

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.