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Sommario del 26/04/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • La straordinaria storia dell'amore di Dio per l'uomo: le parole di Benedetto XVI nella Settimana Santa
  • Rinunce e nomine
  • La gioia di movimenti e comunità per la Beatificazione di Giovanni Paolo II: Martinez di Rinnovamento nello Spirito e Corigliano dell’Opus Dei
  • Una piccola ampolla di sangue esposta come reliquia alla Beatificazione di Papa Wojtyla
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria, morti e centinaia di arresti nella città di Deraa. Il Paese a rischio sanzioni
  • La vicepresidente dell'europarlamento europeo, Angelilli, nel campo profughi tra Libia e Tunisia
  • Il direttore della Caritas di Roma, mons. Feroci: la vicenda dei rom sgomberati va risolta con spirito di solidarietà
  • Costa d'Avorio, il cardinale Sarr: giusto intervenire per limitare un potere che diventa abuso
  • Chernobyl 25 anni dopo, tra commemorazioni e proteste antinucleare
  • Il Vaticano II è la bussola del terzo millennio cristiano
  • Chiesa e Società

  • Chernobyl: Messa di Kirill a Mosca per gli 800 mila volontari che ripulirono la centrale
  • Pasqua a Mosca: dal Patriarca Kirill messaggi al Papa e ai protestanti
  • Messico: sette persone irrompono nella basilica di Guadalupe. Distrutta la statua della Madonna
  • Bolivia: ucciso un giornalista dell’agenzia dei Gesuiti Fides. Ignoti autore e movente
  • Sri Lanka: l’Onu pubblica il Rapporto sui crimini di guerra. Colombo protesta
  • Pakistan: a Lahore, Pasqua nel ricordo di Shahbaz Bhatti
  • Emirati Arabi: i cattolici filippini in pellegrinaggio alle sette chiese, sfidando deserto e distanze
  • Haiti: migliorano le condizioni dei terremotati grazie all’impegno della Chiesa
  • Guatemala: a 13 anni dall'omicidio di mons. Gerardi, la Chiesa chiede giustizia
  • La prima Santa australiana, Mary MacKillop, sarà onorata con una solennità l’8 agosto
  • Lettera del Patriarca Bartolomeo I: verso un incontro degli ortodossi del Medio Oriente
  • Settimana Santa: 1.000 anglicani d’Inghitlerra e Galles accolti nella Chiesa cattolica
  • Germania: solidarietà delle Chiese ai profughi del Nordafrica
  • L’Azione Cattolica per la Beatificazione di Giovanni Paolo II: veglia di preghiera il 30 aprile
  • Roma: al Centro San Lorenzo tre giornate di preghiera per Papa Wojtyla
  • Giovanni Paolo II: a Roma un Libro sui giornalisti ed una Mostra di fotografie
  • Inghilterra: la preghiera dei cattolici per il principe William e la futura moglie Catherine
  • Pellegrinaggio Assisi-Loreto: riattivata e riproposta l'antica via Lauretana
  • 24 Ore nel Mondo

  • Vertice Italia-Francia a Roma: riformare il Trattato di Schengen
  • Il Papa e la Santa Sede



    La straordinaria storia dell'amore di Dio per l'uomo: le parole di Benedetto XVI nella Settimana Santa

    ◊   Nella Settimana Santa, centro di tutto l’Anno liturgico, Benedetto XVI ha pronunciato parole intense, parole forti: una sorta di appello accorato all’umanità per ribadire che la porta del Cielo per raggiungere Dio è stata aperta. Ripercorriamo le parole del Papa in questo servizio di Sergio Centofanti.

    Il Papa, in questa Settimana Santa appena trascorsa, ha illustrato la straordinaria storia dell’amore di Dio per l’uomo. A quanti negano Dio o sono dubbiosi ha ricordato che le perfezioni del cosmo non si sono prodotte da sé: l’ordine non è generato dal caso o dall’irrazionalità. Dietro una cosa ben fatta c’è un’intelligenza che la produce. Questa Intelligenza, questa Ragione creatrice, è Dio, e Dio è Amore e ha voluto comunicare in modo particolare il suo amore a una creatura, l’uomo:

    “Se l’uomo fosse soltanto un prodotto casuale dell’evoluzione in qualche posto al margine dell’universo, allora la sua vita sarebbe priva di senso o addirittura un disturbo della natura. Invece no: la Ragione è all’inizio, la Ragione creatrice, divina.”. (Omelia per la Veglia Pasquale, 23 aprile)

    Senza libertà non c’è vero amore. Per questo l’uomo è libero di rifiutare Dio, di negare addirittura la sua esistenza. E Dio non s’impone. Ma nel cuore dell’uomo resta pur sempre l’impronta divina e senza Dio è perennemente inquieto. Aspira a raggiungere l’infinito, ad essere come Dio, totalmente libero, perfetto, e ci prova con le sue forze:

    “Noi da soli siamo troppo deboli per sollevare il nostro cuore fino all’altezza di Dio. Non ne siamo in grado. Proprio la superbia di poterlo fare da soli ci tira verso il basso e ci allontana da Dio. Dio stesso deve tirarci in alto, ed è questo che Cristo ha iniziato sulla Croce. Egli è disceso fin nell’estrema bassezza dell’esistenza umana, per tirarci in alto verso di sé, verso il Dio vivente. Egli è diventato umile ... Soltanto così la nostra superbia poteva essere superata: l’umiltà di Dio è la forma estrema del suo amore, e questo amore umile attrae verso l’alto”. (Omelia per la Domenica delle Palme, 17 aprile)

    Dio è sceso perché l’uomo possa salire. Salire è difficile, non è comodo. La nostra volontà è un’altra. Seguire la volontà di un Altro è duro: è la nostra croce, la nostra morte. Ma Gesù ci ha mostrato che da questa morte viene la vita. Lui ha fatto la volontà del Padre ed è risorto:

    “La risurrezione di Cristo non è il frutto di una speculazione, di un’esperienza mistica: è un avvenimento, che certamente oltrepassa la storia, ma che avviene in un momento preciso della storia e lascia in essa un’impronta indelebile”. (Messaggio Pasquale, 24 aprile)

    La risurrezione di Gesù è un fatto inaudito che cambia la storia, cambia la vita di tutti. I discepoli, già in fuga davanti al Maestro arrestato e crocifisso, si sarebbero dispersi se non avessero visto con i loro occhi qualcosa di inimmaginabile. Per questo hanno potuto dare la vita per il loro Signore: perché l’hanno visto risorto. Ora non avevano più paura della morte. Nasce la Chiesa:

    “La Chiesa non è una qualsiasi associazione che si occupa dei bisogni religiosi degli uomini, ma che ha, appunto, lo scopo limitato di tale associazione. No, essa porta l’uomo in contatto con Dio”. (Omelia per la Veglia Pasquale, 23 aprile)

    La Chiesa è fatta di uomini deboli che devono annunciare cose ben più grandi di loro, la Parola di Dio. Per questo è attaccata da Satana davanti al mondo. Noi la vorremmo diversa, perfetta come Dio è perfetto. Anche gli apostoli non accettavano l’idea di un Cristo debole, umile, crocifisso:

    “Tutti noi dobbiamo sempre di nuovo imparare ad accettare Dio e Gesù Cristo così come Egli è, e non come noi vorremmo che fosse. Anche noi stentiamo ad accettare che Egli si sia legato ai limiti della sua Chiesa e dei suoi ministri. Anche noi non vogliamo accettare che Egli sia senza potere in questo mondo. Anche noi ci nascondiamo dietro pretesti, quando l’appartenenza a Lui ci diventa troppo costosa e troppo pericolosa. Tutti noi abbiamo bisogno di conversione che accoglie Gesù nel suo essere-Dio ed essere-Uomo. Abbiamo bisogno dell’umiltà del discepolo che segue la volontà del Maestro”. (Omelia per la Messa nella Cena del Signore, 21 aprile)

    Essere cristiani non è un vanto, ma una responsabilità: significa testimoniare al mondo il Dio vivente. Il Papa si rivolge ai cristiani: ai cristiani che si credono migliori perché hanno fatto un lungo percorso di fede. Li esorta ad essere umili come catecumeni, sempre all’inizio del cammino, sempre in cerca del Volto di Dio. Si rivolge ai cristiani sonnolenti, insensibili dinanzi al male che sconvolge il mondo perché insensibili a Dio e all’amore. E senza amore la fede è morta. Si rivolge ai popoli dell’Occidente, stanchi della propria fede, e li invita a non disprezzare la Croce: è l’unica speranza dell’umanità:

    “La Croce non è il segno della vittoria della morte, del peccato, del male ma è il segno luminoso dell’amore, anzi della vastità dell’amore di Dio, di ciò che non avremmo mai potuto chiedere, immaginare o sperare: Dio si è piegato su di noi, si è abbassato fino a giungere nell’angolo più buio della nostra vita per tenderci la mano e tirarci a sé, portarci fino a Lui”. (Discorso per la Via Crucis al Colosseo, 22 aprile)

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    Rinunce e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Evansville, negli Stati Uniti, presentata da mons. Gerald Andrew Gettelfinger, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Charles C. Thompson, del clero dell’arcidiocesi di Louisville, vicario generale e parroco della "Holy Trinity Parish" a Louisville. Mons. Charles C. Thompson è nato l’11 aprile 1961 a Louisville (Kentucky). Dopo aver frequentato la scuola elementare "Saint Charles" e la scuola secondaria "Moore High School" a Louisville, ha frequentato il "Bellarmine College" dove ha ottenuto un Baccalaureato in "Accounting" nel 1983. Ha quindi, nel 1987, conseguito il "Master of Divinity" in Teologia presso la "Saint Meinrad School of Theology" a Saint Meinrad (Indiana). È stato ordinato sacerdote il 30 maggio 1987 per l’arcidiocesi di Louisville. Nel 1992 ha ottenuto la Licenza in Diritto Canonico presso la Saint Paul University ad Ottawa (Canada). Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarichi: vice-parroco della Saint Joseph Pro-Cathedral e cappellano della Bethlehem High School a Bardstown (1987-1990); vice-parroco della Saint Francis of Assisi Parish a Louisville (1992-1993); vicario giudiziale metropolitano (1993-1998); amministratore della Saint Peter Claver Parish a Louisville (1994-1996); cappellano della Presentation Academy a Louisville (1995-1997); parroco della Saint Augustine Parish a Lebanon (1996-2002); difensore del Vincolo e Giudice del Tribunale Arcidiocesano (1998-2008); parroco della Holy Trinity Parish a Louisville (dal 2002); vicario generale (dal 2008). Inoltre, è professore aggiunto di Diritto Canonico presso la Saint Meinrad School of Theology. Oltre l’inglese, conosce lo spagnolo.

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    La gioia di movimenti e comunità per la Beatificazione di Giovanni Paolo II: Martinez di Rinnovamento nello Spirito e Corigliano dell’Opus Dei

    ◊   Giovanni Paolo II ha sempre incoraggiato e sostenuto i movimenti ecclesiali e le nuove comunità, tanto da definirli “la nuova primavera della Chiesa”. Di qui la grande gioia con la quale i movimenti vivono, in questi giorni, l’attesa dell’imminente Beatificazione di Karol Wojtyla. Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianza di Salvatore Martinez, presidente nazionale di Rinnovamento nello Spirito Santo:

    R. - Questo Pontefice è profondamente uomo, profondamente incarnato, eppure capace nella fede di realizzare cose impossibili, proprio perché lo Spirito lo ha reso capace di cose divine. Per me, la Beatificazione di Giovanni Paolo si riassume proprio in questo assunto: un uomo profondamente incarnato, appassionato, soprattutto di tutta quella umanità esclusa, fondatore anch’egli di una nuova antropologia sempre più orientata a Cristo. Eppure, uomo profondamente interiorizzato, uomo profondamente immerso nel mistero di Dio con una forza interiore, con un magistero interiore, che ha svelato il cuore di Dio attraverso il volto, il ministero del Pontefice.

    D. - Quali frutti può dare questa Beatificazione al “Rinnovamento nello Spirito” ma non solo…

    R. - Io lo riassumerei nell’espressione “cultura della Pentecoste”, un’espressione che Giovanni Paolo II ci consegnò nel 2002. Questa convivenza pacifica tra gli uomini, questa civiltà dell’amore che Paolo VI volle indicare alla Chiesa si realizza soltanto se gli uomini sapranno riscoprire il primato del soprannaturale, il primato della vita nello Spirito. E’ l’ordine dei miracoli, cioè ciò che la fede può compiere laddove tutto sembrerebbe ormai finito. Laddove verrebbe voglia di arrendersi, di tornare indietro, direi di dichiarare “sciopero della speranza”, il credente ha questa riserva straordinaria che viene dallo Spirito. C’è bisogno di questa nuova cultura nei gesti di ogni giorno, c’è bisogno di includere nel nostro ordine sociologico il primato di Dio, la verità di Dio, il bene che Dio chiede ai suoi discepoli di compiere. Credo che questa sia la missione all’inizio di questo nuovo millennio, la missione che Giovanni Paolo II ci ha assegnato. Lo Spirito Santo è questo benefico amico degli uomini, è questo anelito di unità nel genere umano. Questa è la globalizzazione che noi dobbiamo realizzare, la globalizzazione dell’amore, un nuovo primato dell’amore dato a tutti e a ciascuno. (bf)

    Tra le nuove realtà ecclesiali che hanno avuto in Giovanni Paolo II un grande sostenitore c’è sicuramente l’Opus Dei, che proprio Papa Wojtyla eresse in Prelatura personale nel 1982. Sulla particolare sintonia tra il prossimo Beato e l’Opera fondata da San Josemaria Escrivà, Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione del portavoce in Italia dell’Opus Dei, Giuseppe Corigliano:

    R. – Da una parte, è chiaro che non si può dimenticare la grande intesa che c’è stata con questo grande Papa, che è quella poi che fermenta: penso ai giovani, alla Prelatura personale. Ci sono, quindi, gesti di affetto personale che continuano a fare effetto, perché l’amore è sempre fecondo anche nei ricordi. Guardando al futuro lui è un gran modello: non solo un modello di Papa, di vescovo, di sacerdote, ma è un gran modello di cristiano comune, come l’Opus Dei vorrebbe formare, e cioè una persona che sa unire, in grande unità di vita, lo sport con la ricerca della verità filosofica e teologica, con la poesia e anche con lo stesso gusto di saper vedere le cose belle del mondo. Si pensi a lui quando stava in montagna, a come apprezzava la natura. E’ un uomo che ci aiuta, ci fa capire che il cristiano è un vero uomo, ha tutte le corde, per cui è un modello ottimo anche per il laico.

    D. – Il Vangelo arriva dovunque, senza barriere, questo in qualche modo è il grande elemento di sintonia tra Josemaría Escrivá e Karol Wojtyla...

    R. – Esattamente! E’ giustissimo questo. Anche questo suo aver voluto girare tutto il mondo, che perfino poi qualcuno ha criticato, sta a testimoniare questa voglia di Gesù di raggiungere tutti. Quindi, è veramente un Santo senza frontiere, un Beato - ma sarà Santo presto - senza frontiere. Effettivamente si assomigliano.

    D. – Questa Beatificazione, dunque, può essere davvero occasione di nuovo slancio proprio nel senso dell’universalità...

    R. – Sì, per far capire quello che il cristiano di oggi è chiamato a fare. Il nuovo Beato rappresenta veramente un modello, un modello a cui la formazione dell’Opus Dei tende. (ap)

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    Una piccola ampolla di sangue esposta come reliquia alla Beatificazione di Papa Wojtyla

    ◊   Una “piccola ampolla di sangue”, conservato allo “stato liquido” per via della “presenza di un anticoagulante”. Sarà questa la reliquia di Giovanni Paolo II che verrà esposta alla venerazione dei fedeli in occasione della Beatificazione. Lo spiega in un comunicato ufficiale la Sala Stampa Vaticana. La nota spiega nel dettaglio l’origine della reliquia, inserita in un “prezioso reliquiario fatto preparare appositamente dall’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice”. “Negli ultimi giorni della malattia del Santo Padre – si legge nel comunicato – il personale medico addetto compì prelievi di sangue, da mettere a disposizione del Centro Emotrasfusionale dell’Ospedale Bambino Gesù in vista di un’eventuale trasfusione. Tale Centro, diretto dal prof. Isacchi, era infatti incaricato di questo servizio medico per il Papa”. Tuttavia, prosegue la nota, “non ebbe poi luogo alcuna trasfusione, e il sangue prelevato rimase conservato in quattro piccoli contenitori. Due di questi sono rimasti a disposizione del Segretario particolare del Papa Giovanni Paolo II, il cardinale Dziwisz; gli altri due sono rimasti presso l’Ospedale Bambino Gesù, devotamente custoditi dalle Suore dell’Ospedale”.

    In occasione della Beatificazione, i due contenitori “sono stati collocati in due reliquiari. Il primo – afferma la nota ufficiale – verrà presentato alla venerazione dei fedeli in occasione della cerimonia di Beatificazione del primo maggio, e poi sarà conservato nel ‘Sacrario’ a cura dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice, insieme ad altre importanti reliquie”. Il secondo reliquiario, invece, “verrà riconsegnato all’Ospedale Bambino Gesù, le cui suore avevano già fedelmente custodito la preziosa reliquia negli anni trascorsi”. Il comunicato della Sala Stampa termina con una importante annotazione: “Il sangue – si precisa – si trova allo stato liquido, circostanza che si spiega per la presenza di una sostanza anticoagulante che era presente nelle provette al momento del prelievo”. (A cura di Alessandro De Carolis)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   L’annuncio pasquale di Benedetto XVI nel messaggio urbi et orbi.

    La Ragione buona è il titolo dell’editoriale del direttore sull’omelia tenuta dal Papa durante la veglia pasquale.

    Nell’informazione vaticana, gli auguri del Papa in sessantacinque lingue.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, le prove di dialogo fra Tripoli e i ribelli.

    Figlio della nazione polacca: in cultura, l’articolo di Bernard Lecomte contenuto nel numero speciale realizzato dall’“Osservatore Romano” in occasione della beatificazione di Giovanni Paolo II.

    Un articolo di Giulia Galeotti dal titolo “Vite che sono le nostre”: tradotto in italiano “D’autres vies que la mienne” di Emmanuel Carrère.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria, morti e centinaia di arresti nella città di Deraa. Il Paese a rischio sanzioni

    ◊   Sono almeno 11 le persone uccise in Siria dopo l’invio delle forze di sicurezza nella città di Deraa, dove oggi i militari hanno ripreso a sparare contro i civili. Secondo Amnesty International, il bilancio dei morti dall’inizio delle proteste è salito a 393. Il servizio è di Gabriele Papini:

    Deraa, a sud di Damasco, è per il secondo giorno consecutivo nel mirino delle forze di sicurezza siriane. Si parla di almeno 500 persone arrestate in seguito alla stretta decisa contro i manifestanti dal presidente Assad. Nella città epicentro della rivolta, i soldati sparano sulle abitazioni civili e ci sono corpi rimasti sulle strade. Stamane l’esercito ha tagliato le linee elettriche e telefoniche isolando la città. Ieri, le stesse ambulanze sono state attaccate dalle forze di sicurezza, che impedivano il soccorso dei feriti. Intanto, il Dipartimento di Stato americano ha ordinato alle famiglie dei diplomatici e al personale non indispensabile dell’ambasciata a Damasco di lasciare il Paese a causa della “instabilità” e della incertezza della situazione politica. A tal proposito, la Gran Bretagna sta lavorando con i suoi partner internazionali a possibili ulteriori sanzioni contro la Siria ed ha rivolto un appello al presidente Assad di far cessare immediatamente gli attacchi contro i manifestanti.

    La comunità internazionale dunque si prepara a rispondere al regime siriano del presidente Basher el Assad con misure sanzionatorie mirate. A Stefano Silvestri, presidente dell’Istituto Affari Internazionali, Stefano Leszczynski ha chiesto come si possa leggere la posizione internazionale di fronte all’evoluzione della crisi siriana:

    R. – Il problema è naturalmente duplice. Da un lato, la Siria, che è già sottoposta a sanzioni, è un problema molto più complesso della Libia: ha uno Stato molto più articolato e forte e ha collegamenti internazionali importanti sia con Paesi difficili come l’Iran sia anche con un Paese importante come la Turchia. Il secondo problema è connesso a Israele: la Siria è fondamentale nella dimensione del possibile processo di pace in Medio Oriente, quindi gli interventi saranno molto più complicati da definire politicamente. Questo non toglie, evidentemente, che sarà necessario esprimere la solidarietà con i manifestanti, ma io dubito che in questa fase sia ancora molto chiaro ciò che concretamente si possa fare a loro favore.

    D. – C’è il pericolo di una guerra civile in Siria?

    R. – Diciamo che una forma di guerra civile sembra già esserci a suo modo, sia pure sotto forma di una repressione molto violenta. Quando si devono mandare i carri armati contro le manifestazioni e ci sono città intere che resistono, mi sembra vi sia una situazione di "pre-guerra civile", se non altro. Non credo che avremmo di fronte un’evoluzione di tipo libico. Uno dei motivi per cui sono stati possibili una certa evoluzione in Libia e anche l’intervento militare occidentale è stato la relativa minore importanza strategica della Libia malgrado la sua importanza economica. La Siria ha un’importanza strategica molto maggiore e quindi ogni intervento probabilmente dovrà essere valutato in quest’ottica.

    D. – La Giordania è anch’essa un Paese a rischio "contagio", rispetto a quello che sta avvenendo nei Paesi, ovvero l'esigenza di avviare cambiamento delle società arabe…

    R. – Diciamo che la Giordania ha già avuto un certo numero di manifestazioni e sembra aver raggiunto una sorta di equilibrio in cui, praticamente, la monarchia ha mantenuto una sua legittimità popolare e, nello stesso tempo, c’è un maggiore dialogo con le forze di opposizione. Però, è chiaro che nessun Paese arabo è completamente al riparo da questa evoluzione. (bf)

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    La vicepresidente dell'europarlamento europeo, Angelilli, nel campo profughi tra Libia e Tunisia

    ◊   Le autorità tunisine chiedono il sostegno dell’Europa in questo difficile momento di transizione e in particolare per l’emergenza immigrazione. Ha raccolto l’appello la vicepresidente del parlamento europeo, Roberta Angelilli, che ha trascorso la Pasqua al campo profughi Choucha Camp a Ras Jdir al confine libico-tunisino. L'ha intervistata Fausta Speranza:

    R. - In Tunisia, soprattutto al confine con la Libia, la situazione è ancora molto complicata, perché ci sono tantissimi profughi: in questo momento ce ne sono più di 15 mila, tra i quali diverse centinaia di bambini. Le autorità tunisine sono molto preoccupate, perché temono - nei prossimi giorni e nelle prossime settimane - un esodo massiccio dalla parte delle Libia. Quindi c’è preoccupazione, perché mancano medicine, c’è bisogno di cibo… Ovviamente anche la Tunisia è un Paese non ricchissimo e quindi ha timore di dover - diciamo - sopportare un onere così forte.

    D. - Dal punto di vista politico-istituzionale, si sta costruendo un nuovo Paese?

    R. - Ci stanno provando, perché c’è davvero la voglia di avviare questo Paese verso una democrazia compiuta, ma la Tunisia si aspetta anche molto soprattutto dall’Europa sia per affrontare l’emergenza umanitaria, sia in prospettiva: quindi si aspetta investimenti, si aspetta possibilmente un sostengo finanziario, perché in Tunisia ci sono situazioni di grande squilibrio e c’è moltissima disoccupazione, soprattutto a livello giovanile.

    D. - E l’Europa cosa potrà fare?

    R. - L’Europa potrebbe fare parecchio. Tra l’altro, per vari anni si è parlato di una sorta di “nuovo piano Marshall” per i Paesi che si affacciano sulla sponda del Mediterraneo, sostenendo questi Paesi, sostenendo la democrazia, ma sostenendo anche l’economia attraverso rapporti commerciali più forti, attraverso investimenti sulle opere pubbliche. Dunque, un progetto strategico che avvii un progetto virtuoso. Purtroppo, però, siamo ancora fermi… L’Europa non ha ancora avuto il coraggio di investire veramente su questa zona e con la crisi economica, c’è stato anche un po’ il timore di investire risorse su questo obiettivo, che è chiaramente un obiettivo importante.

    D. - Vicepresidente Angelilli, cosa può dirci degli incontri che ha avuto in Tunisia?

    R. - Ho incontrato le organizzazioni umanitarie presenti sul territorio, che stanno facendo delle cose straordinarie. Abbiamo incontrato naturalmente anche le autorità tunisine, che hanno lanciato, soprattutto al parlamento europeo, un appello accorato di aiuto e di sostegno e di speranza. Da parte mia, ovviamente, l’impegno - che spero poi di poter condividere con il presidente del parlamento europeo - di agire positivamente per sostenere gli oneri e le responsabilità dell’emergenza, ma anche per cercare poi di fare qualcosa di più per questo Paese. (mg)

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    Il direttore della Caritas di Roma, mons. Feroci: la vicenda dei rom sgomberati va risolta con spirito di solidarietà

    ◊   Un grande uovo di Pasqua, donato dal Papa, è stato portato ieri ai rom sgomberati, venerdì scorso, dal loro campo nel quartiere romano di Casal Bruciato. Il gruppo di rom si trova ora, grazie all’intervento della Caritas, nella casa di accoglienza “Domus”, dopo che nei giorni scorsi erano riparati nella Basilica di San Paolo fuori le Mura. Il dono del Papa è stato portato dal direttore della Caritas di Roma, mons. Enrico Feroci, che - al microfono di Antonella Palermo - racconta le reazioni delle famiglie rom:

    R. - Sono stati molto contenti e sono veramente molto grati dell’interessamento della Chiesa nei loro confronti. E’ una struttura provvisoria: dovrebbero starci poco tempo…

    D. - Quanto, più o meno?

    R. - Questo dipende dalla capacità dell’amministrazione comunale di terminare la strutturazione di un campo, dove possano essere accolti.

    D. - Cosa chiede all’Amministrazione capitolina?

    R. - Lo chiedo al sindaco, ma lo chiedo anche a tutti i romani, di avere la capacità di essere accanto a ogni persona che ha bisogno. Anche i rom che sono qui sono anzitutto persone. Io sono stato tre giorni con loro e mi sono reso conto delle dinamichefamiliari: la maggior parte delle famiglie sono come le nostre, con bambini che vanno a scuola, simpaticissimi, intelligenti. Dico, quindi, di lavorare tutti affinché si possa fare un percorso educativo, di attenzione; un percorso in cui loro possano essere integrati nella nostra realtà. Io non posso condividere una politica di sgombero, senza un’alternativa diretta: bisognerà quindi lavorare, intorno ad un tavole, con persone sensibili ed intelligente, perché qui è necessaria una progettualità. La nostra città, che è sempre stata - nei secoli - così sensibile, credo che debba mettere al primo posto - manifestandola - la propria civiltà. (mg)

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    Costa d'Avorio, il cardinale Sarr: giusto intervenire per limitare un potere che diventa abuso

    ◊   I profughi della Costa d'Avorio sono stati fra coloro per i quali Benedetto XVI ha invocato la solidarietà internazionale alla Benedizione Urbi et orbi della mattina di Pasqua. E in effetti, la violenta crisi istituzionale e civile che patisce da mesi lo Stato africano ha causato oltre un milione di sfollati, secondo quanto ricordato nei giorni scorsi dall'Unione Europea, che ha parlato di "disastro umanitario". Ancora ieri, con colpi di arma da fuoco sono stati uditi ad Abidjan. A sollecitare attenzione per la Costa d'Avorio sono stati nei giorni scorsi i vescovi della Cerao, la Conferenza episcopale regionale dell'Africa dell'ovest, riuniti in assemblea. Al loro presidente, il cardinale Théodor Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar, Olivier Tosseri della nostra redazione francese ha chiesto una valutazione della crisi, sullo sfondo della festa di Pasqua:

    R. – J’ai voulu saisir l’occasion du Jeudi Saint de la célébration du geste tellement …
    Ho voluto cogliere l’occasione del Giovedì Santo, della celebrazione di quel gesto tanto eloquente compiuto da Gesù Cristo – la lavanda dei piedi dei suoi discepoli – per chiedere una riflessione approfondita sull’esercizio del potere, in particolare in Africa e ancora più in particolare, nella nostra regione. Volevo dire che, riflettendo sul gesto di Cristo, dobbiamo comprendere tutti che il potere è servizio: il servizio agli altri, non a se stessi. A partire da questo, ho voluto lanciare un appello affinché tutti i detentori del potere sappiano che il loro potere non è assoluto, ma che deve essere regolato da valori e norme superiori: la promozione della pace nel proprio Paese, la prevenzione e il sollievo dalla sofferenza della popolazione di cui si è responsabili e, altrettanto evidentemente, il rispetto assoluto della verità delle urne al momento delle elezioni. Tutto questo è rivolto ai nostri Paesi, al fine di evitare che accada tutto quello cui stiamo assistendo, come l’abuso di potere e le sue disastrose conseguenze.

    D. – Di fronte a queste derive e all’applicazione della legge del più forte, che lei denuncia, pensa sia auspicabile un “diritto di ingerenza” umanitario e politico?

    R. – Tout ce que nous avons vu en Côte d’Ivoire et que nous voyons ailleurs …
    Quello che abbiamo visto accadere in Costa d’Avorio e che vediamo accadere altrove mi induce a interrogarmi – e credo di non essere il solo – sul diritto di ingerenza. E’ bene che tutti i detentori del potere sappiano che non possono fare quello che vogliono mentre il mondo sta a guardare senza dire nulla, anche perché il diritto di ingerenza, il diritto d’intervento umanitario, esiste. È però altrettanto necessario regolare quest’ultimo in maniera chiara al fine di evitare abusi: l’uomo è l’uomo e penso che, a tutti i livelli del potere, la tentazione della legge del più forte, o della legge dei due pesi e delle due misure, o perfino la promozione di interessi particolari, non siano poi tanto illusorie. Questo semplicemente per dire: attenzione! Intervento, sì, purché avvenga secondo determinate, precise norme.

    D. – Quel è il messaggio di pace che le suggerisce la Pasqua di quest’anno?

    R. – Dans mon message, j'ai fini par cette expérience que, grace aux efforts ...
    Ho concluso il mio messaggio di Pasqua con la speranza che, grazie agli sforzi dei cristiani rinnovati dal Cristo risorto, possiamo assistere alla nascita di una nuova Africa, un’Africa che sempre più possa presentare al mondo un volto nuovo. Sarà un lavoro di ampio respiro, ma pensiamo che noi cristiani dobbiamo lasciarci trasformare nel nostro intimo, per poter poi trasformare anche le nostre Chiese, gli ambiti in cui viviamo e la società. (gf)

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    Chernobyl 25 anni dopo, tra commemorazioni e proteste antinucleare

    ◊   In Ucraina si svolgono oggi le commemorazioni per il 25.mo anniversario del disastro nucleare di Chernobyl, che alle ore 1:23 del 26 aprile 1986 causò migliaia di morti, quattromila secondo le Nazioni Unite. Le nubi radioattive raggiunsero anche l’Europa e la costa orientale del nord America. Numerose oggi le manifestazioni antinucleare in tutto il mondo. Intanto, a 25 anni di distanza preoccupa ancora lo stato del reattore che causò l’incidente. Sui rischi ancora persistenti, Paolo Ondarza ha sentito Silvia Trini Castelli, ricercatrice dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio nazionale delle ricerche:

    R. - Quello che si può dire di oggi è che sicuramente ci sono ancora delle radiazioni, che rimangono e permangono nell’atmosfera e che sono legate sostanzialmente al Cesio 137, che ha una vita di dimezzamento di 30 anni. Quindi, è probabile che ci siano ancora tracce in giro per l’atmosfera. Per quanto riguarda altri radioisotopi, tipo il Iodio 131 che decade molto rapidamente - in circa otto giorno - le tracce sono sicuramente smaltite.

    D. - Per quanto riguarda queste sostanze che ancora permangono nell’aria, qual è il rischio per la salute dell’uomo?

    R. - Queste sostanze interagiscono con gli organismi, andando ad intaccare le informazioni del Dna e, quindi, possono sostanzialmente indurre forme tumorali, ma non è certo…

    D. - Però diciamo che sono potenzialmente nocive…

    R. - Certo, sono nocive. Diciamo che a distanza di 25 anni sono molto diluite, si sono molto depositate e quindi saranno ancora presenti nell’ambiente, ma ritengo che la dannosità sia molto ridotta.

    D. - Il raggio di azione di queste sostanze fin dove potrebbe arrivare?

    R. - Nel caso di Chernobyl, c’è stata un’esplosione molto forte, che scoperchiò anche la parte del reattore che copriva il nocciolo, e quindi le sostanze sono state emesse molto in alto nell'atmosfera: avranno raggiunto i 1.500-2.000-2.500 metri circolando con venti molto forti in quota. Di conseguenza, si sono siffuse anche in Europa. Per esempio, al confronto l’incidente verificatosi a Fukushima è per il momento molto più locale: anche se la nube è arrivata anche in Europa, si tratta di valori estremamente bassi e non nocivi per la salute.

    D. - E’ azzardato un paragone tra le due tragedie?

    R. - Sì. Diciamo che, sicuramente, l’impatto da un punto di vista ambientale e della salute è forte in ambedue i casi. Le differenze sono anzitutto nella dinamica dell’incidente, che è stata molto diversa: mentre Chernobyl ha portato conseguenze a distanze transfrontaliere piuttosto grande, non è la stessa cosa per il momento per Fukushima. Lì l’impatto più forte sarà nelle acque e nell’atmosfera nei dintorni della centrale.

    D. - A ogni anniversario di Chernobyl si riaccende il dibattito sul nucleare, già infuocato quest’anno dalla recente tragedia giapponese. Ma tragedie come queste possono essere degli elementi validi per dire “sì” o “no” all’atomo?

    R. - Diciamo che questi incidenti suonano come campanelli d’allarme, ma per fortuna non se ne sono verificati numerosi. Io credo che per decidere se proseguire con il nucleare - che comunque e sicuramente è una fonte di energia molto produttiva e molto efficace - bisogna porsi tante altre domande che riguardano la costruzione in sicurezza delle centrali, lo smaltimento delle scorie e quindi molti altri aspetti che non riguardano esclusivamente la protezione in caso di incidente. Nel caso di Chernobyl, per esempio, l’incidente è successo perché stavano facendo degli esperimenti per riutilizzare il calore delle turbine che veniva prodotto e avevano spento i sistemi di sicurezza e quindi quando si è innescato l’incidente non sono stati in grado di tenerlo sotto controllo. Nel caso di Fukushima, invece, è successo di tutto e di più: la centrale era stata testata per un certo grado di evento sismico, ma si è verificato un evento al di là di ogni previsioni e quindi è andata fuori controllo per questo motivo. Gli incidenti sono eventi sperabilmente rari. (mg)

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    Il Vaticano II è la bussola del terzo millennio cristiano

    ◊   I Papi che lo hanno visto nascere e affermarsi lo hanno ripetuto a più riprese: il Concilio Vaticano II non ha ancora visto completato il suo disegno spirituale e dottrinale nella Chiesa contemporanea. C’è una ricchezza che attende ancora di esprimere il proprio potenziale di rinnovamento. A sostenerlo è anche il gesuita padre Dariusz Kowalczyk, che al Concilio ha dedicato una lunga rubrica settimanale di approfondimento, oggi giunta alla sua 25.ma e ultima puntata:

    Nella lettera “Novo millennio ineunte”, scritta al termine del Grande Giubileo, Giovanni Paolo II ci dà un programma, anzi un testamento pastorale per il XXI secolo. Alla fine della lettera il Papa scrive: “Quanta ricchezza negli orientamenti che il Concilio Vaticano II ci ha dato! Per questo, in preparazione al Grande Giubileo, ho chiesto alla Chiesa di
    interrogarsi sulla ricezione del Concilio. È stato fatto?” (n. 57). Ecco, questa domanda ci ha accompagnato nelle nostre 25 puntate. La risposta ad essa è che la ricezione del Concilio non è un’opera compiuta.

    E’ vero quanto dice Giovanni Paolo II al riguardo dei testi conciliari che “a mano a mano che passano gli anni,
    quei testi non perdono il loro valore né il loro smalto. È necessario che essi vengano letti […] conosciuti e assimilati” (NMI, 57). Infatti, la nostra conoscenza del Concilio è piuttosto superficiale. Benedetto XVI fa notare nel suo libro “La luce del mondo” che “il Concilio è stato recepito dal mondo tramite l’interpretazione dei mass media e non attraverso i suoi testi”.

    Allora, l’indicazione di Giovanni Paolo II che nel Concilio “ci è offerta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre” (NMI, 57), la dobbiamo riferire soprattutto ai testi conciliari e non a un sentimento vago dello spirito del Concilio, che in fondo è un vero anti-spirito.

    Spesso non ci rendiamo conto che uno dei grandissimi frutti del Concilio Vaticano secondo è il Catechismo della Chiesa Cattolica. Giovanni Paolo II si aspettava che “dopo il rinnovamento della Liturgia e la nuova codificazione del Diritto canonico […], questo Catechismo apporterà un contributo molto importante a quell’opera di rinnovamento […] voluta e iniziata dal Concilio”. Leggiamo dunque i testi conciliari e leggiamo il Catechismo per poter rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi” (cfr. 1 Pt 3,15).

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    Chiesa e Società



    Chernobyl: Messa di Kirill a Mosca per gli 800 mila volontari che ripulirono la centrale

    ◊   Conferenze e incontri tra capi di Stato, ma anche funzioni religiose a Kiev, in Ucraina, per ricordare il 25° anniversario del disastro nucleare di Chernobyl, che quest’anno assume un significato maggiore dopo l’incidente di Fukushima in Giappone. Kirill, patriarca di Mosca e di tutte le Russie ha celebrato ieri sera – riferisce l’agenzia AsiaNews - una Messa di commemorazione nel quartiere Darnitsa, nella chiesa di San Michele Arcangelo dove è stato eretto il monumento in onore dei ‘liquidatori’, uomini giunti da tutta l’ex Unione Sovietica, impiegati a turno per spegnere ed arginare l’esplosione. ‘Liquidare’, cioè, le conseguenze dell’incidente: ripulire la centrale, i villaggi e le strade; spostare con le loro mani il materiale contaminato; seppellire con le pale quintali di scorie e materiale radioattivi; lavare con getti d’acqua la struttura della centrale, i palazzi di Pripyat - la città ucraina dove si trova la famosa centrale, situata vicino al confine nord bielorusso - e le case dei villaggi. “Questi uomini – ha sottolineato Kirill durante la funzione – hanno portato a Dio il dono più grande che può fare un uomo: una vita data per gli altri”. Il presidente dell’associazione “Unione Chernobyl Ucraina”, Yuri Andreev, ha ricordato che in totale i liquidatori furono 829 mila, di cui 356 mila provenienti dal territorio ucraino. Di questi ultimi ne sono rimasti in vita 219 mila. La notte del 26 aprile 1986, all’una, 23 minuti e 58 secondi vi fu la prima di una serie di esplosioni che distrusse il reattore e il fabbricato della quarta unità della centrale elettronucleare di Chernobyl, sul territorio oggi ucraino. L’incidente è diventato il più grande disastro tecnologico del XX secolo. “Sono passati 25 anni – ha rievocato il Patriarca – da quel terribile momento quando nel silenzio della notte ci fu l’esplosione che ha scoperto il mortale nucleo del reattore il mondo non ha conosciuto una catastrofe in tempo di pace paragonabile a quella di Chernobyl”. Al termine della celebrazione, all’una e 23 minuti, uno dei liquidatori ha suonato 25 rintocchi di campana. Alla commemorazione hanno partecipato 700 persone tra cui numerosi liquidatori, il premier ucraino Mykola Azarov e il metropolita di Kiev e di tutta l’Ucraina. Molti hanno portato fiori e acceso candele. (R.G.)

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    Pasqua a Mosca: dal Patriarca Kirill messaggi al Papa e ai protestanti

    ◊   Proclamando il tradizionale ‘Christos Voskrese!’ (Cristo è risorto) e con la risposta dei fedeli ‘Voistinu voskrese’ (E' veramente risorto), il Patriarca Kirill ha invitato i russo-ortodossi raccolti a Pasqua nella cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca a cambiare le loro vite “in accordo con questa grande speranza” che viene dalla Resurrezione. “Rifiutando ciò che appartiene alle tenebre ciò che non appartiene al cristianesimo: il male, l’odio, l’invidia”, ha spiegato. La Pasqua ortodossa - riferisce l'agenzia AsiaNews - quest’anno ha coinciso con quella cattolica e alla vigilia della festività il Patriarca ha inviato un messaggio al Papa e ai leader protestanti chiamando alla “comune testimonianza della verità di Dio…a professare pace, giustizia e amore”. A Mosca, Kirill ha celebrato anche la Veglia del sabato alla presenza del presidente Dmitri Medvedev e del premier Vladimir Putin, entrambi accompagnati dalle rispettive mogli. Nella cattedrale simbolo della rinascita religiosa della Russia post-sovietica, il Patriarca ha officiato la tradizionale cerimonia del fuoco e guidato la caratteristica processione circolare (simbolo dell’eternità) all’interno della chiesa. Il rito rappresenta la ricerca di Gesù dopo la sua morte: al suo termine si proclama la Resurrezione e suonano le campane. Kirill ha invitato la comunità a essere ottimista: “La Resurrezione è la vittoria della vita sulla morte…la nostra visione del mondo deve essere gioiosa e pacifica, perché Cristo è risorto”. Il messaggio di auguri pasquali è stato, invece, occasione per il capo del Cremlino di ribadire l’importanza dei valori ortodossi nel rafforzamento dei fondamenti della società russa, dell’armonia interetnica e interreligiosa in Russia. La fruttuosa interazione della Chiesa ortodossa con lo Stato – ha aggiunto Medvedev – aiuta lo sviluppo del nostro Paese”. Secondo un sondaggio del Levada Center, la maggior parte dei russi festeggia la Pasqua secondo la tradizione: uova colorate, la torta paskha, il kulic, il panettone russo che ricorda il pane che Gesù spezzò nell’ultima cena e tutti i piatti invece proibiti durante il ‘grande digiuno’ che ha preceduto la festività religiosa (frutta candita, formaggio, burro, mandorle, vaniglia). Il 27% dei russi, inoltre, ha organizzato il tipico picnic in famiglia sulla tomba di un parente defunto, usanza a dir la verità per nulla legata alla fede ma piuttosto diffusa. Tanto che le autorità hanno imposto per due giorni il bando alla vendita di alcolici nei pressi dei cimiteri nella zona di Mosca. La sera di Pasqua i russi hanno continuato a festeggiare con un banchetto a base di diversi tipi di carne, pesche e funghi. Secondo il sondaggio Levada, però, solo il 9% della popolazione ha partecipato alle funzioni religiose. Si tratta per lo più di studenti e persone sopra i 55 anni, abitanti di piccole cittadine e villaggi. (R.P.)

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    Messico: sette persone irrompono nella basilica di Guadalupe. Distrutta la statua della Madonna

    ◊   In frantumi la statua della Vergine di Guadalupe, nell’omonima basilica di Città del Messico, per mano di sette persone che domenica scorsa hanno fatto irruzione nella chiesa durante la Messa pasquale, celebrata dal cardinale Norberto Rivera. L’atto sacrilego – riferisce oggi il quotidiano Avvenire - è stato compiuto da sei donne, una delle quali si è finta incinta, ed un uomo che hanno fatto irruzione nell’affollata cattedrale, interrompendo con un megafono i canti del coro, gridando slogan contro la Chiesa e i vertici ecclesiastici messicani. Per qualche minuto la cerimonia è stata interrotta e la tensione è salita quando il gruppo di attentatori ha raggiunto, distruggendola, la statua di gesso della Madonna, patrona del Messico e del continente latinoamericano. Fra urla e spintoni le guardie di sicurezza del tempio – aiutate da alcuni fedeli – hanno circondato i sette dissacratori, costringedoli ad uscire dalla basilica, dove sono stati arrestati dalla forze dell’Ordine e quindi interrogati dalle autorità giudiziarie della capitale messicana. Il cardinale Rivera ha già comunicato di avere perdonato i provocatori, ma non si può lasciare – sottolinea una nota dell’arcivescovado - che un simbolo tanto amato come la Vergine di Guadalupe venga aggredito in tal modo. Le indagini sono in corso per accertare se gli attentatori abbiano agito in proprio o per conto di un movimento o associazione. (R.G.)

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    Bolivia: ucciso un giornalista dell’agenzia dei Gesuiti Fides. Ignoti autore e movente

    ◊   La Società interamericana della stampa (Sip) sollecita le autorità della Bolivia a fornire notizie certe sull’assassinio del giornalista David Niño de Guzmán, capo-redattore dell’Agenzia di notizie Fides, gestita dai Gesuiti della Bolivia, rinvenuto morto il 21 aprile lungo le rive del fiume Orkajahuira a La Paz. “Occorre seguire con urgenza tutte le piste investigative per rintracciare i responsabili” ha detto il presidente della Sip, Gonzalo Marroquín, in una nota dalla sede centrale dell’organizzazione a Miami. Dagli Stati Uniti anche il Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj) si è unito alla Sip chiedendo indagini esaustive sull’accaduto”. Secondo fonti di stampa boliviane – riferisce l’agenzia Misna - il cadavere del giornalista, scomparso il 19 aprile, presentava ferite da esplosivo; per il momento non ci sono ipotesi concrete sul movente dell’omicidio né sugli autori. Deplorando l’assassinio, la stessa Conferenza episcopale boliviana ha chiesto alle autorità competenti di “fare luce su questo accadimento luttuoso nel più breve tempo possibile”. (R.G.)

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    Sri Lanka: l’Onu pubblica il Rapporto sui crimini di guerra. Colombo protesta

    ◊   L’Onu ha pubblicato oggi il rapporto in cui accusa il governo dello Sri Lanka dell’assassinio di migliaia di civili, durante le fasi finali del conflitto del 2009. Lo Sri Lanka e i Paesi alleati - riferisce l'agenzia AsiaNews - hanno esercitato invano forti pressioni per evitare la diffusione del documento. In esso, in particolare, si cita un bombardamento dell’aviazione militare dalle vaste proporzioni, che avrebbe ucciso più di 40mila persone. Sin dal suo annuncio, il governo srilankese ha rifiutato la controversa relazione, voluta dal segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, e in ogni modo ha cercato di evitare la pubblicazione “per non danneggiare gli sforzi di riconciliazione in atto nel Paese”, come riporta un comunicato ufficiale. Il rapporto Onu dipinge un quadro infernale della vita a Vanni, l’area più estesa della provincia del nord (comprende i distretti di Mannar, Mullaitivu, Vavuniya e parte di Kilinochchi), la cosiddetta “no-fire zone” dove erano stati raccolti 330mila civili: prigionieri freddati con un colpo alla testa, donne stuprate, corpi di bambini straziati. Il rapporto accusa anche i ribelli tamil (Ltte) di aver usato i civili come scudi umani, durante i bombardamenti dell’aviazione militare. Secondo esperti delle Nazioni Unite, quelle riportate nel documento sono “accuse credibili che, se dimostrate, confermano che sia il governo dello Sri Lanka che i membri delle Ltte avrebbero commesso un largo numero di gravi violazioni di diritti umani e internazionali. Alcune delle quali classificabili come crimini di guerra e crimini contro l’umanità”. Ban Ki-moon ha dichiarato che lo scopo del rapporto è di esortare il governo ad ammettere un riconoscimento ufficiale e formale della sua responsabilità per le vittime civili nelle fasi finali del conflitto del 2009. E ha aggiunto di non avere l’autorità per lanciare un’indagine internazionale sui possibili crimini di guerra, a meno di ricevere un’autorizzazione del governo dello Sri Lanka, o i membri delle Nazioni Unite non facciano una richiesta formale. Il documento è stato redatto dopo aver raccolto le prove per 10 mesi. La sua pubblicazione è stata rinviata più volte, a causa delle pressioni esercitate dal governo dello Sri Lanka, giustificate per evitare di recare “danni irreparabili” al processo di riconciliazione che sta attraversando il Paese. Il portavoce di Ban Ki- moon ha difeso la decisione di diffondere il rapporto come una “questione di trasparenza, nel più ampio interesse pubblico”. Il governo srilankese aveva ricevuto una copia integrale del documento già lo scorso 12 aprile, insieme alla ripetuta proposta – sempre rifiutata da Colombo – di pubblicare una replica ufficiale del governo insieme al documento Onu. I primi a denunciare il governo dello Sri Lanka di aver commesso crimini di guerra sono stati i Journalists for Democracy in Sri Lanka (Jds), un gruppo di giornalisti srilankesi in esilio, sia singalesi che tamil. Attraverso il loro sito www.jdslanka.org i Jds hanno reso pubblici una serie di filmati. I video mostrano esecuzioni perpetrate dai militari, oltre che atti di violenza di vario genere. (R.P.)

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    Pakistan: a Lahore, Pasqua nel ricordo di Shahbaz Bhatti

    ◊   L’intera comunità cristiana pakistana, circa due milioni e 900mila persone, è stata quest’anno particolarmente impegnata nelle cerimonie e nei riti di Pasqua, per festeggiare quello che è un giorno di speranza e di buona volontà e prosperità, un giorno di pace, amore, libertà e giustizia. Nelle chiese illuminate - riferisce l'agenzia AsiaNews - sono state organizzate numerose cerimonie, nelle quali si è pregato in maniera particolare per la pace e la libertà nel Paese e nella regione. L’arcivescovo Evarist Pinto, nella cattedrale cattolica di Karachi, ha detto che “l’intolleranza e il terrorismo sono un fenomeno globale; Pasqua è il momento di lavorare insieme per la pace e la prosperità. Facciamo appello alla comunità internazionale di riunirsi e lavorare per la promozione della giustizia e della pace. Crediamo in un Dio vivente, Gesù Cristo, che ha sacrificato la Sua vita per noi, così che possiamo essere salvati. In questa Pasqua dobbiamo lavorare insieme per affrontare la crescente intolleranza nel Paese”. Il vescovo cattolico Andrew Francis, di Multan, ha dichiarato: “Pasqua è un giorno di celebrazione perché rappresenta il compimento della nostra fede di cristiani. San Paolo ha scritto che se Cristo non fosse risorto, vana sarebbe la nostra fede. Dobbiamo restare fermi nella nostra fede, nel momento in cui in Pakistan la situazione per le minoranze è difficile. Dobbiamo ricordare nelle nostre preghiere i perseguitati”. Da Islamabad, il vescovo, Rufin Anthony, ha ricordato che “a Pasqua, Gesù ha dato l’esempio di ciò che vuol dire vivere (e morire) in perfetta obbedienza e fede in Dio. Ha sofferto in maniera tremenda e tuttavia non aveva colpe. I credenti dovrebbero patire le loro sofferenze e non lamentarsene. Gesù è risorto dai morti nella domenica di Pasqua, e questo prova la Sua divinità e il Suo potere di salvare per l’eternità coloro che si affidano a Lui. Questo evento nella storia ha un grande significato permanente. La comunità cristiana in Pakistan soffre ogni giorno la persecuzione. Dobbiamo restare fermi nella nostra fede incrollabile”. Il vescovo anglicano Alexander John Malik ha parlato invece della speranza della vittoria: “Crediamo che il Dio rivelato da Gesù è il Dio dell’amore e della compassione, che desidera per noi amore e compassione. Gesù è sempre al fianco di chi soffre. La resurrezione di Gesù dalla morte ci fa fare un passo ulteriore, dichiara che nella provvidenza di Dio la morte, la distruzione e la tragedia non sono l’ultima parola. Alla fine sono Dio e la vita, con la resurrezione, che trionfano; e tutti noi, come discepoli di Gesù, siamo invitati a unirci a Lui nella cura per le vittime del nostro mondo, a lavorare per una società più giusta e così a unirsi a Lui nel rendere tutto il mondo il Suo mondo”. A Khushpur, paese natale di Shahbaz Bhatti, la messa di Pasqua è stata celebrata da padre Rehmat Sohail. Gli abitanti di Khushpur vivono ancora nella paura, dopo l’assassinio del ministro per le Minoranze. E prima di Pasqua c’era chi aveva detto che i cristiani non avrebbero potuto celebrare la festa come erano abituati a fare negli anni precedenti. “Pasqua - ha detto padre Sohail - rappresenta la vittoria della vita sulla morte, del bene sul male. Come è possibile che i seguaci del Dio vivente non celebrino la resurrezione? Dio non ci ha dato uno spirito di paura. Anche se il Punjab è il centro della persecuzione religiosa, non possiamo smettere di praticare la nostra religione. Un credente rimane fedele, sino alla morte”. Alla messa era presente la famiglia di Shahbaz Bhatti. (R.P.)

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    Emirati Arabi: i cattolici filippini in pellegrinaggio alle sette chiese, sfidando deserto e distanze

    ◊   Emigrati per lavoro negli Emirati Arabi, i cattolici filippini di Abu Dhabi non hanno rinunciato a testimoniare la loro fede, tra le difficoltà e le restrizioni imposte nei Paesi islamici. In occasione del Venerdì Santo – riferisce l’agenzia AsiaNews - hanno infatti svolto il tradizionale pellegrinaggio alle “sette chiese” (Visita Iglesia), nei pochi edifici religiosi presenti nel Paese arabo, che distano l’uno dall’altro oltre 100 km. Orlan Santos, infermiere del Al Ain Hospital di Abu Dahabi, organizzatore dell’iniziativa, racconta che decine di fedeli non solo filippini hanno partecipato, nonostante le distanze e il caldo del deserto. La ‘Visita Iglesia’, introdotta dai missionari spagnoli all’inizio del XVIII secolo sul modello del pellegrinaggio alle sette basiliche romane, coinvolge da secoli tutto il popolo filippino, che compie la visita nel Venerdì Santo. I fedeli possono scegliere i luoghi di culto da visitare e in ognuna delle sette chiese meditano su due delle 14 stazioni della via Crucis. La comunità filippina di Abhu Dabhi ha scelto per il suo pellegrinaggio le chiese cattoliche presenti nelle varie città degli Emirati Arabi: la St. Joseph’s Church di Abu Dhabi, la St. Francis of Assisi Church di Dubai, la St. Michael’s Church di Sharjah, la St. Anthony de Padua Church di Ras al-Kaimah e le due chiese dedicate alla vergine di Dubai e Abu Dabhi. Sono oltre 250 mila i migranti cattolici negli Emirati Arabi, unico Paese del Golfo che permette una certa libertà di culto e non ostacola la costruzione di edifici religiosi. In tutto il mondo i migranti filippini sono oltre 10 milioni e circa due milioni risiedono nei Paesi islamici, dove non vi sono chiese ed è proibito manifestare in pubblico la propria fede. Per consentire ai migranti di compiere il pellegrinaggio in ogni parte del mondo, nel 2010 la Conferenza episcopale filippina ha allestito sul suo sito www.cbcponline.net una visita virtuale ai principali luoghi di culto di Manila. Quest’anno il sito ha registrato una media record di oltre 50mila accessi nei primi giorni della Settimana Santa. (R.G.)

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    Haiti: migliorano le condizioni dei terremotati grazie all’impegno della Chiesa

    ◊   A oltre un anno dal terremoto che ha colpito l’isola di Haiti, prosegue senza sosta l’impegno della comunità cattolica per dare concrete risposte al desiderio di rinascita della società. A partire, in particolare, dalle strutture sanitarie. La Catholic Health Association degli Stati Uniti (Cha), in collaborazione con il Catholic Relief Services, sta lavorando al progetto per la ricostruzione del Saint Francis de Sales Hospital che, una volta ultimata, consentirà di offrire circa duecento posti letto. Il presidente della Cha, suor Carol Keehan, - riferisce L'Osservatore Romano - ha spiegato che il progetto intende sviluppare anche un partenariato con gli operatori sanitari haitiani per migliorare i servizi di cura e di assistenza. Il progetto intende favorire anche il rientro in patria dei medici e degli infermieri haitiani che attualmente lavorano all’estero. La ricostruzione della struttura sanitaria è uno degli esempi maggiori dell’impegno della comunità cattolica, ma numerosi altri sono i «micro-progetti», come sottolinea il nunzio apostolico in Haiti, l’arcivescovo Bernardito C. Auza, in un’intervista realizzata da Giuseppe Rusconi nel nuovo numero del periodico di approfondimento «Il Consulente Re». Il nunzio spiega che, a partire da fine marzo, la commissione creata dalla Chiesa cattolica per la ricostruzione (Proche – Proximité Catholique à Haiti et à son Eglise) ha avviato le attività. «Si è deciso di avvalerci di tale commissione tecnica — osserva mons. Auza — per assicurarci che i lavori siano ben fatti». Nei prossimi due mesi, ha aggiunto, «saranno lanciati progetti “quick impact”, piccoli e tecnicamente meno esigenti, ma con effetti positivi immediati. Nel contempo abbiamo già progetti di alcune chiese. Ho fiducia che possiamo andare avanti, sempre con l’aiuto della Chiesa universale, in particolare di quelle Chiese locali che hanno più risorse». Migliorano anche le condizioni degli sfollati: «L’anno scorso, a tale proposito, si era in una situazione di crisi profonda. Vi sono stati progressi nella situazione delle vittime del terremoto, anche se resta moltissimo da fare». In base alle più recenti stime sarebbero ancora circa 600.000 le persone ospitate nei campi di soccorso. (R.P.)

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    Guatemala: a 13 anni dall'omicidio di mons. Gerardi, la Chiesa chiede giustizia

    ◊   “La Chiesa cattolica auspica che la giustizia arrivi nei confronti di tutti quelli che hanno partecipato al vile omicidio”: lo ha detto Nery Rodenas, direttore dell’ufficio per i diritti umani dell’arcivescovado di Guatemala (Odhag), alla vigilia delle commemorazioni per l’omicidio di mons. Juan José Gerardi Conedera, ucciso il 26 aprile 1998. A 13 anni dalla morte del presule, “è importante scoprire tutti i responsabili” ha aggiunto Rodenas. Finora - riferisce l'agenzia Misna - due militari e un sacerdote, già segretario di mons. Gerardi, sono stati riconosciuti colpevoli: si tratta del colonnello Byron Lima Estrada, di suoi figlio, il capitano Byron Lima Oliva, e di padre Mario Orantes, condannati a 20 anni di carcere. Sentenze, ha sottolineato il direttore dell’Odhag, che “hanno comprovato la partecipazione dello Stato al crimine per il rapporto Remhi (Recupero della memoria storica)” sui crimini della guerra civile che tra il 1960 e il 1996 provocò almeno 200.000 vittime, tra morti e ‘desaparecidos. Le indagini tuttavia proseguono nei confronti di altri sospetti, la maggior parte militari. “Crediamo che nella pianificazione, nell’esecuzione e nella campagna di disinformazione seguita al crimine abbiano partecipato circa 20 persone” ha detto ancora Rodenas, senza aggiungere altri particolari. Due giorni prima di essere ucciso mons. Gerardi aveva pubblicato il rapporto ‘Guatemala nunca más’ (Guatemala mai più), frutto del Progetto interdiocesano Remhi, in cui cui sono documentate oltre 55.000 violazioni dei diritti umani perpetrate durante il conflitto, l’80 % delle quali attribuite all’esercito. (R.P.)

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    La prima Santa australiana, Mary MacKillop, sarà onorata con una solennità l’8 agosto

    ◊   Santa Mary MacKillop, la prima santa nata in Australia, sarà festeggiata con una solennnità l'8 agosto. La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti – riferisce l’agenzia Zenit - ha approvato la richiesta della Conferenza dei vescovi cattolici dell'Australia di elevare la memoria liturgica di Santa Mary MacKillop da “festa” a “solennità”. Per questo, in Australia la Messa di quel giorno includerà una prima e una seconda lettura, il Gloria e il Credo. L'arcivescovo Philip Wilson, presidente della Conferenza episcopale, ha affermato che “essendo la prima santa australiana è bene che la liturgia della Chiesa in Australia nella sua festa rifletta questo fatto con il massimo grado liturgico”. L'arcivescovo ha ricordato che molti presuli australiani e 8 mila fedeli si sono recati a Roma nell'ottobre scorso per la sua canonizzazione, e molti altri hanno celebrato l'evento in tutto il Paese. “Per tutti gli australiani”, ha sottolineato mons. Wilson, “cattolici o meno, Mary MacKillop è una donna dalle virtù eroiche, e questo è un altro passo per onorare il suo grande esempio”. (R.G.)

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    Lettera del Patriarca Bartolomeo I: verso un incontro degli ortodossi del Medio Oriente

    ◊   Il Patriarca ecumenico Bartolomeo I ha intenzione di convocare un incontro dei capi delle Chiese ortodosse del Medio Oriente. Lo ha riferito il sito di informazione religiosa in lingua greca «Romfea», prendendo spunto da una lettera che Bartolomeo I ha inviato ai patriarchi Théodoro ii d’Alessandria, primate della Chiesa ortodossa in Africa, Ignazio IV d’Antiochia, primate della Chiesa ortodossa in Siria, Libano, Iraq e Kuwait, Théophilo III di Gerusalemme, primate della Chiesa ortodossa in Israele, Giordania e Territori palestinesi, e Chrysostomo II primate della Chiesa di Cipro. Nella lettera - riporta L'Osservatore Romano - Bartolomeo I giustifica questa iniziativa dovuta alla necessità dei responsabili della Chiesa di esaminare e approfondire «l’instabilità della situazione politica attuale» nei Paesi del Medio Oriente. Il Patriarca ha sottolineato che è proprio nella tradizione canonica della Chiesa riunire quando è necessario i primati. L’incontro — spiega Bartolomeo I — sarà l’occasione per affrontare una serie di problematiche di ordine generale riguardanti le relazioni interortodosse e la preparazione del prossimo concilio panortodosso. L’incontro, secondo quanto riferito da «Romfea», potrebbe avere luogo a Istanbul il prossimo 31 agosto e 1° settembre. (R.P.)

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    Settimana Santa: 1.000 anglicani d’Inghitlerra e Galles accolti nella Chiesa cattolica

    ◊   Circa 1.000 anglicani sono stati accolti nella piena comunione con la Chiesa cattolica durante la scorsa Settimana Santa, in varie celebrazioni organizzate dall'Ordinariato personale di Nostra Signora di Walsingham, una diocesi senza territorio creata da Benedetto XVI in Inghilterra e Galles per l'accoglienza e l'assistenza spirituale di questi fedeli. Si tratta di una trentina di gruppi. Una tappa decisiva nella risposta del Papa alle richieste di parte degli anglicani di tornare alla Chiesa cattolica in comunità, prevista dalla Costituzione Apostolica. Questi gruppi anglicani - riferisce l'agenzia Zenit - sono stati accolti nella Chiesa cattolica da tre ex vescovi, ora ordinati sacerdoti cattolici: mons. Keith Newton, superiore dell'Ordinariato personale, mons. John Broadhurst, ex vescovo di Fulham, e mons. Andrew Burnham, ex vescovo di Ebbsfleet. Le immagini e le testimonianze dei gruppi che sono entrati nella Chiesa cattolica si possono visionare sul sito dell'Ordinariato personale di Nostra Signora di Walsingham (R.G.)

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    Germania: solidarietà delle Chiese ai profughi del Nordafrica

    ◊   Etica e diritti umani: questi i principali temi degli interventi delle Chiese tedesche in occasione della Pasqua. Gli esponenti della Chiesa cattolica e di quella evangelica hanno rivolto appelli ai responsabili politici e sociali per dimostrare solidarietà ai profughi del Nordafrica. Un altro argomento affrontato da molti vescovi - riferisce l'agenzia Sir - è la diagnosi pre-impianto, respinta dalla Chiesa cattolica e ammessa in certi casi da quella protestante. Mons. Robert Trelle (Hildesheim) ha esortato i fedeli a non lasciare soli i nordafricani. "Che lo vogliamo o meno, siamo vicini di queste persone che tendono la mano affinché noi possiamo offrire loro comprensione, aiuto e sostegno". Il cardinale Reinhard Marx (Monaco) ha auspicato una soluzione europea del problema, sottolineando che "la Germania ha la stessa responsabilità dei Paesi mediterranei". Nikolaus Schneider, capo della Chiesa evangelica tedesca (Ekd), ha esortato ad agire "contro le catastrofi e la sofferenza. Ciò vale anche per le vittime della guerra e della guerra civile, per i profughi sui barconi del Mediterraneo". Anche mons. Robert Zollitsch, presidente della Conferenza episcopale tedesca, ha sollecitato i cristiani ad "accogliere maggiormente il messaggio pasquale" per superare l’egoismo e unire le genti. (R.P.)

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    L’Azione Cattolica per la Beatificazione di Giovanni Paolo II: veglia di preghiera il 30 aprile

    ◊   Una Veglia di preghiera mariana la sera del 30 aprile - vigilia della beatificazione di Giovanni Paolo II - e la recita del santo Rosario: sono le proposte che il Segretariato del Forum internazionale di Azione cattolica raccomanda alle associazioni di tutto il mondo “per unirsi idealmente nel ringraziare il Signore” e affidarsi “come il futuro beato alla Vergine Maria”. Il Forum, nato nel 1987 durante il pontificato di Papa Wojtyła, conta 25 Paesi membri e 25 Paesi osservatori in quattro continenti. I rappresentanti di alcuni di questi Paesi – Polonia in testa – parteciperanno - riferisce l'agenzia Zenit - alla celebrazione eucaristica del 1° maggio in piazza San Pietro. Ai molti che resteranno nelle diocesi è rivolto l’invito a “seguire insieme la beatificazione, con i fedeli in parrocchia o con il vescovo” locale, “favorendo la partecipazione” “alla grande gioia di tutta la Chiesa e di ogni cristiano”. Alle associazioni di Ac è proposto anche di animare le celebrazioni di ringraziamento che seguiranno il rito della beatificazione attraverso una Via Lucis preparata dai giovani del Fiac, in occasione della visita di Benedetto XVI in Terra Santa nel tempo pasquale 2008. E’ scandita in otto tappe o soste contemplando il mistero della Resurrezione, come i discepoli di Gesù “dall'ottavo giorno in cammino con il Risorto”. Il testo della Via Lucis è disponibile sul sito del Fiac www.fiacifca.org/it (R.G.)

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    Roma: al Centro San Lorenzo tre giornate di preghiera per Papa Wojtyla

    ◊   In attesa della beatificazione di Giovanni Paolo II, il prossimo 1° maggio, il Centro San Lorenzo - a Roma in via Pfeiffer 24 - invita i giovani a tre giornate di preghiera. Fondato da Giovanni Paolo II il Centro è luogo di interesse per i cittadini della capitale ma anche per i pellegrini perchè ospita la Croce originale delle Giornate Mondiali delle Gioventù. A cominciare da giovedì e fino a sabato, infatti, sarà possibile venerarla, fare adorazione eucaristica e confessarsi. Nel programma di eventi promossi dal Centro anche la proiezione, in sei lingue, del documentario “La Potenza della Croce”, riproposta in ciascuna delle tre giornate. In programma anche diverse Messe: giovedì 28 alle ore 18.00, venerdì 29 alle ore 18.30, presieduta da mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia, e sabato 30 alle ore 12.30. Nei tre giorni è prevista anche la presenza di gruppi di pellegrini provenienti da tutto il mondo, con una nutrita rappresentanza di giovani dalla Polonia. Una trentina i volontari da diversi Paesi disponibili per accogliere i pellegrini in diverse lingue. Saranno a disposizione sacerdoti per le confessioni. (C.D.L.)

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    Giovanni Paolo II: a Roma un Libro sui giornalisti ed una Mostra di fotografie

    ◊   Un libro che raccoglie il "pensiero" di Giovanni Paolo II in materia di informazione, toccando temi come dignità, libertà ed eticità della professione giornalistica. È "Giornalisti abbiate coraggio", un volume a cura dei giornalisti Alessandro Guarasci, Ignazio Ingrao e Piero Schiavazzi, che raccoglie i 27 messaggi annuali di Papa Wojtyla per le Giornate Mondiali delle Comunicazioni Sociali, dal 1979 al 2005. Il libro - riferisce l'agenzia Sir - sarà presentato domani, a Roma, a Palazzo Valentini, alle ore 11, ed è una delle due iniziative organizzate dalla Provincia di Roma (nel caso del volume, in collaborazione con la Federazione Nazionale della Stampa Italiana) in vista dell’imminente Beatificazione di Giovanni Paolo II, in programma domenica prossima in piazza S. Pietro. L’altro evento promosso dalla Provincia di Roma in preparazione all’importante appuntamento del 1° maggio è "Beatus!", una mostra dedicata al Pontefice in collaborazione con l’Osservatore Romano, che metterà a disposizione oltre 120 fotografie inedite dall’archivio del quotidiano della Santa Sede. L’inaugurazione della mostra avverrà giovedì prossimo, 28 aprile, a Palazzo Valentini, e sarà visitabile fino al 20 maggio. (R.P.)

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    Inghilterra: la preghiera dei cattolici per il principe William e la futura moglie Catherine

    ◊   Dopo le parole benauguranti al principe William e alla sua futura moglie Catherine Middleton dell’arcivescovo anglicano Rowan Williams che celebrerà le nozze, arrivano quelle della Chiesa cattolica presente in Inghilterra. L’arcivescovo cattolico di Birmingham mons. Bernard Longley ha detto ieri, durante la sua omelia per il Lunedì dell'Angelo, che il matrimonio reale del principe William e di Catherine Middleton, venerdì prossimo 29 aprile, a Westminster Abbey, "offre alle persone una opportunità di reimparare i valori che sostengono il matrimonio cristiano". Durante la Messa nella cattedrale di St. Chad, - riferisce l'agenzia Sir - mons. Longley ha ricordato l’importanza chiave della famiglia e ha detto che "benchè vi siano stili di vita alternativi che sono diffusi, il matrimonio continua ad esercitare un’attrazione". All’inizio di aprile i vescovi cattolici hanno pubblicato una preghiera per gli sposi regali, che i cattolici inglesi potranno usare in tutte le chiese oppure privatamente, nella quale si chiede a Dio di "benedire sua altezza reale il principe William e Catherine mentre promettono il loro amore reciproco nel matrimonio" e di dare loro la forza di servire Dio, il nostro Paese e il Commonwealth con integrità e fedeltà". "Volevamo offrire le nostre preghiere e migliori auguri alla felice coppia mentre cominciano la loro vita insieme", ha spiegato un portavoce della conferenza episcopale. (R.P.)

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    Pellegrinaggio Assisi-Loreto: riattivata e riproposta l'antica via Lauretana

    ◊   Con un pellegrinaggio da Assisi a Loreto che si tiene da ieri a lunedì 2 maggio, viene riattivata e riproposta l’antica via Lauretana, cammino di pellegrinaggio che nei secoli passati univa il Santuario Lauretano alla Basilica di san Pietro, centro della Cristianità. Il progetto di recupero dell’antico tracciato devozionale è stato avviato a Loreto il 10 dicembre scorso, festa della Virgo Lauretana, con la firma di un protocollo d’intesa alla presenza del cardinale Angelo Bagnasco presidente della Cei; a promuovere l’iniziativa è stata l’Associazione Amici del Centro Giovanni Paolo II e del Santuario Lauretano, con il patrocinio dei vescovi delle Marche e dell’Associazione via Lauretana, nonché il supporto delle Casse di Risparmio di Loreto e di Macerata. Prima della partenza i pellegrini hanno partecipato ieri mattina alla Celebrazione Eucaristica nella Basilica Inferiore, presieduta dall’arcivescovo Prelato di Loreto Giovanni Tonucci, che ha guidato anche la cerimonia successiva della vestizione e benedizione dei pellegrini. Le tappe intermedie vedranno il gruppo raggiungere Spello, Camerino, Tolentino, Fiastra e Macerata, prima di arrivare alla meta finale di Loreto, al mattino del 1° maggio. Presso il Centro Giovanni Paolo II di Montorso, i pellegrini seguiranno in televisione il rito di Beatificazione di Papa Wojtyla e parteciperanno nel pomeriggio alla Santa Messa di Ringraziamento presieduta dall’arcivescovo Tonucci. Nella giornata di lunedì 2 maggio, i “viandanti della fede” percorreranno l’ultimo tratto della Via Lauretana, che li condurrà alla Basilica della Santa Casa, dove saranno accolti dall’arcivescovo Tonucci e dai sindaci dei comuni toccati nei giorni del cammino. Dopo il tratto Loreto-Assisi, i Promotori della Via Lauretana auspicano di poter ripristinare il tracciato completo del cammino devozionale, che conobbe il massimo flusso di pellegrini tra il XVI e il XIX secolo. (A cura di Marina Vitalini)

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    24 Ore nel Mondo



    Vertice Italia-Francia a Roma: riformare il Trattato di Schengen

    ◊   Due i documenti a conclusione del vertice italo-francese in corso a Roma: una lettera a firma Berlusconi-Sarkozy sui temi dell'immigrazione indirizzata al presidente del Consiglio Ue e al presidente della Commissione Europea e una dichiarazione congiunta tra i due Paesi relativa alla cooperazione tra l'Unione Europea e i Paesi della sponda sud del Mediterraneo. Ma dei contenuti dell’incontro tra il presidente francese Sarkozy e il premier italiano Berlusconi ci parla Giada Aquilino:

    Era stato annunciato come il vertice della riconciliazione quello di oggi a Villa Madama tra il premier italiano Berlusconi e il presidente francese Sarkozy, alla presenza dei principali ministri degli esecutivi di Roma e Parigi. Certo, i toni della vigilia non erano stati concilianti. La Francia nelle ultime ore era tornata a criticare Roma per i permessi di soggiorno temporanei concessi ai migranti nordafricani sbarcati a Lampedusa fino ai primi di aprile. “I problemi ci sono” - ha detto Berlusconi - “la Francia ha ricevuto nell’ultimo anno più di 50 mila tunisini, l’Italia 10mila”: lo sforzo di Parigi è stato senz’altro superiore, ha riconosciuto il presidente del Consiglio italiano. “Ci sono tensioni - gli ha fatto eco Sarkozy - ma i due Paesi sono legati da storia e cultura”. “Vogliamo che il trattato di Schengen viva, ma perché viva deve essere riformato”, ha precisato Sarkozy. “Nessuno di noi vuole negare Schengen ma in circostanze eccezionali sono necessarie delle variazioni”, ha detto Berlusconi. E’ stata quindi inviata una lettera congiunta ai vertici europei su una proposta di revisione del Trattato per chiarire il ripristino provvisorio del controllo alle frontiere. Chiesto un rafforzamento del pattugliamento comune Frontex. Per quanto riguarda la missione in Libia, Berlusconi ha spiegato che quelli autorizzati ieri da Roma “non sono bombardamenti”, per esempio con bombe a grappolo, ma interventi con razzi di precisione su obiettivi militari. “Lo scopo è quello di proteggere la popolazione civile”, ha ancora aggiunto il premier italiano. La decisione è stata poi comunicata con una telefonata anche al presidente del Cnt di Bengasi, Jalil. Condanna unanime poi di Francia e Italia per quanto sta succedendo in Siria. I due leader si sono detti molto preoccupati e hanno lanciato un appello forte a Damasco per fermare quelle che hanno definito “repressioni violente a dimostrazioni pacifiche”. Infine si è parlato di questioni economiche legate, per esempio, alle scalate francesi alle aziende italiane, l’ultima è quella di Parmalat. Auspicata la formazione di grandi multinazionali tra i due Paesi. Affrontato anche il tema della questione nucleare civile. Insomma, a Roma si è cercata una traccia di Europa unita in un momento che, di fatto, è già di campagna elettorale. Imminente il test delle amministrative in Italia. Nel 2012 poi sarà la volta delle presidenziali in Francia.

    L’odissea di 10.000 persone partite dall’Africa sub-sahariana e bloccate in Libia
    Continua l’odissea di almeno diecimila immigrati dell’Africa sub-sahariana, soprattutto somali, eritrei ed etiopi, bloccati in Libia. Molti di loro non possono tornare nei loro Paesi d’origine, perché lì c’è la guerra o perché rischiano persecuzioni. La denuncia arriva da alcune Ong e associazioni che si occupano di rifugiati. Tra queste anche il Centro Astalli. Alessandro Guarasci ha intervistato il presidente padre Giovanni La Manna:

    R. - Queste persone sono rimaste bloccate in Libia a seguito ai respingimenti che il governo italiano ha messo in atto. Tenendo conto della situazione che si è creata ora in Libia, dove c’è una guerra in atto, dobbiamo provvedere a mettere in salvo queste persone, creando dei canali sicuri, umanitari che ci consentano di portare in salvo queste persone, senza lasciarle all’iniziativa di Gheddafi, che organizza barconi con 700 persone, che viaggiano sperando di poter arrivare e nell’indifferenza di tutti.

    D. - Serve però a questo punto un intervento di un’istituzione internazionale oppure che qualche Stato europeo se ne faccia carico…

    R. - È la comunità internazionale che ha sentito il bisogno di intervenire, perché Gheddafi sparava sui suoi concittadini: la stessa preoccupazione dovrebbe valere per queste persone, che sono già scappate dai loro Paesi a motivo di guerre e persecuzioni. È doveroso intervenire per salvare queste vite umane. (mg)

    Yemen
    L'opposizione yemenita ha dato il suo via libera definitivo al piano proposto dal Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), che prevede le dimissioni entro un mese del presidente Saleh, la nascita di un governo provvisorio di unità nazionale ed elezioni presidenziali dopo tre mesi. Secondo alcune fonti, l'opposizione avrebbe ora accettato di partecipare al governo di unità nazionale. La sua posizione sull'impunità a Saleh, invece, non è ancora chiara. In un’intervista alla BBC, il presidente yemenita ha fatto una parziale marcia indietro dopo essersi detto pronto a farsi da parte. Saleh ha detto infatti che qualsiasi transizione dovrà passare per le urne e di non essere disposto a lasciare campo libero a chi “sta tentando un colpo di Stato”. Diversa, però, è la posizione dei giovani manifestanti che stanno portando avanti il sit-in davanti all'università di Sanàa. Gli studenti chiedono che il capo di Stato venga processato per le vittime della repressione attuata dalla polizia nei confronti dei manifestanti. Almeno due persone sono state uccise ieri dalle forze di sicurezza e centinaia sono rimaste intossicate dai gas lacrimogeni in proteste in altre città.

    Tensione Iran - Bahrein
    Si aggrava la tensione tra l'Iran e il Bahrein, il cui governo accusa Teheran di sostenere la sollevazione della popolazione a maggioranza sciita nel piccolo regno-arcipelago. Manama ha annunciato l'espulsione di un diplomatico iraniano e la Repubblica islamica ha risposto condannando la decisione e minacciando ritorsioni. Il mese scorso i due Paesi avevano già proceduto all'espulsione reciproca di un diplomatico. “L'ultima iniziativa del Bahrein è contraria alle relazioni di buon vicinato tra i due Paesi e non è basata su alcun fatto reale”, ha detto oggi il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Ramin Mehman-Parast, citato dalla televisione in inglese PressTv. Teheran, ha aggiunto il portavoce, “si riserva il diritto di prendere misure di ritorsione”. Le tensioni tra l'Iran da un alto e il governo del Bahrein e delle altre monarchie arabe del Golfo è altissima da quando i Paesi arabi hanno accusato Teheran di interferire nella sollevazione popolare in Bahrein, mentre l'Iran ha condannato l'Arabia Saudita per l'invio di truppe nell'emirato per aiutare a reprimere la sollevazione.

    La Nato annuncia la morte del numero due del terrorismo in Afghanistan
    Le truppe della Nato in Afghanistan hanno annunciato che 'il nemico numero 2' e membro di al Qaeda, Abu Hafs al-Najdi, detto anche Abdul Ghani, è stato ucciso durante un bombardamento nella zona di Dangam, nella provincia del Kunar, il 13 aprile scorso. L'Isaf ha detto che l'uomo, di origine saudita, operava per lo più nel Kunar e viaggiava di frequente tra Afghanistan e Pakistan. Sempre in Afghanistan ieri un soldato statunitense della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf) è morto. I militari stranieri morti in Afghanistan sono saliti a 142 dall'inizio dell'anno e a 34 dal primo aprile 2011. Le truppe Nato operative in Afghanistan hanno fatto sapere di aver ucciso uno dei leader di Al-Qaeda, il secondo nella lista degli uomini più pericolosi dell'organizzazione terroristica talebana.

    Attentati in Pakistan: almeno 4 morti
    Almeno 4 membri della Marina pakistana morti e 37 feriti: è il bilancio di due diversi
    attentati contro pullman che trasportavano personale militare a Karachi, in Pakistan. Le bombe sono esplose in due aree della città, in un’area utilizzata dalla Nato per spedire i rifornimenti alle truppe in Afghanistan. In un altro attentato nella provincia del Balucistan, uomini armati hanno dato fuoco a un autobus, causando la morte di almeno 13 persone. Si registrano attentati quotidiani di talebani e altri gruppi islamisti nella zona di frontiera tra Pakistan e Afghanistan, dove risiede il quartier generale di al-Qaeda.

    Costa d’Avorio
    Colpi di artiglieria pesante sono risuonati questa mattina a Yopougon, l’ultimo quartiere della capitale economica Abidjan sotto il controllo dei sostenitori dell’ex-presidente Laurent Gbagbo. Le forze di Alassane Ouattara, il presidente riconosciuto dall’Onu e da gran parte della comunità internazionale come legittimo vincitore delle elezioni di novembre, hanno assunto il controllo del resto della città. Ad Abidjan negoziati dall’esito incerto sono in corso anche con Ibrahim Coulibaly, il comandante di un’unità irregolare che controlla alcuni settori a nord della città. Nuovi combattimenti rischierebbero di determinare un’emergenza umanitaria per i circa 600 mila abitanti del quartiere. Una soluzione di compromesso, aggiungono i missionari, potrebbe invece favorire l’avvio di una fase di riconciliazione e ricostruzione dopo il dramma della guerra civile e la nuova crisi seguita alle presidenziali.

    Sud Sudan
    Sono decine le vittime di scontri che negli ultimi giorni hanno contrapposto l’esercito a due differenti gruppi armati: lo scrive il quotidiano “Sudan Tribune”, secondo il quale nei mesi che precedono la proclamazione d’indipendenza del Sud del Paese da Khartoum sono sette le formazioni irregolari responsabili di violenze. Secondo un portavoce dell’esercito, in pochi giorni sarebbero stati uccisi almeno 165 “combattenti” nemici. Ai problemi dell’insicurezza e dell’instabilità del Sud Sudan ha fatto riferimento durante un messaggio per la Pasqua anche Salva Kiir Mayardit, dal 9 luglio presidente del 54° Stato africano. “I nostri cuori – ha detto Kiir – restano aperti a coloro che vogliono deporre le armi e riconciliarsi”.

    Egitto
    Il procuratore della Repubblica egiziana ha ordinato che l’ex presidente Hosni Mubarak sia trasferito in un ospedale militare. La decisione segue la visita di uno staff medico che ha giudicato stabile il suo stato di salute. Al momento non è stato ancora indicato l'ospedale militare nel quale sarà trasferito Mubarak. Secondo indiscrezioni, però, il nosocomio scelto potrebbe essere il Centro medico internazionale che si trova alle porte del Cairo.

    Jimmy Carter e altri 3 ex capi di Stato e di governo in Corea del Nord per colloqui
    L'ex presidente americano Jimmy Carter è arrivato a Pyongyang, capitale della Corea del Nord. Lo riferisce l'agenzia Nuova Cina. Carter avrà colloqui con la leadership del Paese asiatico. L'ex presidente americano, nella sua visita in Corea del Nord, è accompagnato da altri tre ex capi di Stato e di governo stranieri, e si tratterrà tre giorni. Carter, Martti Athisaari (ex presidente finlandese), Gro Brundtland (ex primo ministro norvegese) e Mary Robinson (ex presidente irlandese) sono stati ricevuti all'aeroporto da Ri Yong-ho, vice ministro degli Esteri della Repubblica democratica popolare di Corea. Nessun discorso è stato fatto all'aeroporto. La visita di Carter e degli altri tre ex capi di Stato e di governo si focalizzerà sul tentativo di riduzione delle tensioni nella penisola coreana, sul programma nucleare di Pyongyang e sugli aiuti alimentari.

    Nuovi scontri tra forze di Thailandia e forze di Cambogia
    Non accenna a diminuire la tensione tra Thailandia e Cambogia: nuovi scontri tra le forze dei due Paesi sono segnalati oggi presso il tempio indù di Preah Vihear, il secondo punto di frizione lungo il confine comune, a circa 150 km di distanza dal luogo di combattimenti degli ultimi giorni. Lo hanno detto fonti dei due Paesi. Un portavoce dell'esercito thailandese ha detto che nei combattimenti sono stati utilizzati razzi a corto raggio e fucili automatici. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Gabriele Papini)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 116

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.