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Sommario del 23/04/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Sabato Santo, giorno del silenzio e dell'attesa. Il Papa presiede la Veglia Pasquale, la Notte in cui Cristo ha vinto la morte
  • Via Crucis al Colosseo. Il Papa: la Croce è il segno luminoso dell'amore di Dio
  • Dolore umano senza risposta senza il mistero della morte e risurrezione di Cristo: così padre Cantalamessa nella celebrazione della Passione
  • Il cordoglio del Papa per la morte del vaticanista Arcangelo Paglialunga
  • L'Ora della Madre a Santa Maria Maggiore
  • Gesù e Socrate: l’editoriale di padre Federico Lombardi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • A Gerusalemme è già Pasqua: celebrata la Madre di tutte le Veglie nella Basilica della Risurrezione
  • Vivere da cristiani la Pasqua: le riflessioni del cardinale Tettamanzi e mons. Bregantini
  • La Santa Gerusalemme: documentario su RaiUno
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Pasqua nella Repubblica Democratica del Congo: si prega per un futuro migliore
  • Indonesia: stato di allerta per la sicurezza dei cristiani in occasione della Pasqua
  • Emirati Arabi: gli immigrati cattolici filippini partecipano ai riti della Settimana Santa
  • Pasqua in Sudafrica: oltre mille adulti ricevono il Battesimo
  • Costa d'Avorio: oltre centomila ivoriani rifugiati in Liberia
  • Onu: “In Somalia malnutrizione a livelli altissimi”
  • Dieci anni fa la firma della Charta ecumenica. Mons. Giordano: un testo ancora attuale
  • Mostra in Vaticano sulla vita di Karol Wojtyła
  • 24 Ore nel Mondo

  • Misurata è libera: così, i ribelli libici in seguito al ritiro dei soldati di Gheddafi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Sabato Santo, giorno del silenzio e dell'attesa. Il Papa presiede la Veglia Pasquale, la Notte in cui Cristo ha vinto la morte

    ◊   Tutta la Chiesa oggi, Sabato Santo, giorno del silenzio, è in attesa: si appresta a celebrare la solenne Veglia Pasquale, nella quale ci è annunciata la Risurrezione di Cristo. Benedetto XVI presiederà la Veglia alle 21.00, nella Basilica Vaticana. Ce ne parla Sergio Centofanti.

    E’ la Notte centrale di tutto l’Anno liturgico, la Notte Santa in cui Cristo ha vinto la morte. La celebrazione ha inizio nell’atrio della Basilica di San Pietro con la benedizione del fuoco e la preparazione del cero pasquale, donato dalla Comunità Neocatecumenale di Roma. Il Papa amministra il Battesimo, la Cresima e la Prima Comunione a sei catecumeni, provenienti da Svizzera, Albania, Russia, Perù, Singapore e Cina. Nella Messa Crismale di giovedì scorso Benedetto XVI ha detto che in un certo senso “dovremmo sempre rimanere catecumeni”, non credere mai di essere arrivati, imparare sempre di nuovo ad amare Gesù e a ricercare il suo Volto. “Il conoscere Dio non si esaurisce mai”. Domani mattina, alle 10.15, Il Papa celebra sul sagrato della Basilica Vaticana, la solenne celebrazione della Messa del giorno nella Pasqua. Il rito si apre con il rito del Resurrexit, che prevede l’apertura dell’immagine del Risorto. Si tratta della neo “Acheropita”, una icona realizzata a partire dal prototipo medioevale, costituita dall’immagine dipinta del Salvatore, seduto in trono, con due sportelli laterali. Quest’anno, per una felice coincidenza, cattolici e ortodossi celebrano la Pasqua nello stesso giorno: per questo, dopo la proclamazione del Vangelo, un coro ortodosso intona il canto degli Stichi e degli Stichirà della liturgia bizantina. Alle 12.00, dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana, il Pontefice rivolge il Messaggio pasquale e prima di impartire la Benedizione «Urbi et Orbi», pronuncia l’augurio di Pasqua in numerose lingue. Anche quest’anno, com’è ormai consuetudine dal 1985, la decorazione floreale di Piazza San Pietro per la Pasqua è offerta e curata da un gruppo di artisti olandesi, sotto la guida del maestro compositore Charles van der Voort. I colori dominanti sono come sempre il giallo e il bianco, che simboleggiano la luce e la gioia del messaggio pasquale, oltre ad essere i colori della bandiera vaticana. Tantissimi i fiori: dalle rose ai gigli e ai tulipani, e ancora narcisi, giacinti e un’ampia varietà di alberi e piante da giardino. Questa Pasqua, inoltre, vede altre due felici coincidenze: proprio domani, infatti, ricorrono il sesto anniversario dell’inizio del Ministero Petrino di Benedetto XVI e l’anniversario del Battesimo di Sant’Agostino, santo particolarmente caro al Papa, avvenuto per le mani di Sant’Ambrogio nella notte di Pasqua del 24 aprile 387.

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    Via Crucis al Colosseo. Il Papa: la Croce è il segno luminoso dell'amore di Dio

    ◊   “La croce non è il segno della vittoria della morte, del peccato, del male, ma è il segno luminoso … della vastità dell’amore di Dio”: ha rotto con queste parole Benedetto XVI il silenzio nel quale si sono raccolti le migliaia di fedeli che ieri sera hanno preso parte a Roma alla Via Crucis al Colosseo. Portando nella croce “il peso del peccato e del male”, Cristo, ha sottolineato il Papa, ha mostrato che in ogni situazione Dio è capace di vincere la morte. Il servizio di Tiziana Campisi:

    Meditare la Passione immerge nel silenzio della croce e della morte e innalzato sul Golgota Gesù sembra mostrare una sconfitta. Ma l’invito di Benedetto XVI è ad avere uno sguardo più profondo:

    “La croce non è il segno della vittoria della morte, del peccato, del male, ma è il segno luminoso dell’amore, anzi della vastità dell’amore di Dio, di ciò che non avremmo mai potuto chiedere, immaginare o sperare”.

    La luce di Cristo che squarcia le tenebre della morte il Papa l’ha lasciata intravedere sin dalla preghiera che ha aperto la Via Crucis evidenziando che:

    “Quando le varie maschere della menzogna deridono la verità e le lusinghe del successo soffocano l’intimo richiamo dell’onestà; quando il vuoto di senso e di valori annulla l’opera educativa e il disordine del cuore sfregia l’ingenuità dei piccoli e dei deboli … in quest’ora s’insinua la tentazione della fuga, il sentimento dello sgomento e dell’angoscia”.

    Ma le parole di vita eterna di Gesù sono come un raggio che rischiara l’ora della prova, l’ora della passione della Chiesa e dell’umanità intera, e la croce, ha proseguito il Papa, non è segno della “sconfitta definitiva … di colui che aveva parlato della forza del perdono e della misericordia, che aveva invitato a credere nell’amore infinito di Dio per ogni persona umana”:

    “La croce ci parla dell’amore supremo di Dio e ci invita a rinnovare oggi la nostra fede nella potenza di questo amore, a credere che in ogni situazione della nostra vita, della storia, del mondo, Dio è capace di vincere la morte, il peccato, il male e di donarci una vita nuova, risorta. Nella morte in Croce del Figlio di Dio c’è il germe di una nuova speranza di vita, come il chicco che muore dentro la terra”.

    Nella notte che ha ricordato l’ora della prova di Cristo, la lettura di brevi pensieri come premessa alle meditazioni affidata a due bambini, ha richiamato “alla semplicità dei piccoli che sanno cogliere il cuore della realtà”, perché ciascuno riesca a vedere, nell’esperienza di Gesù, il cammino della verità e della vita.

    (II stazione)
    Bambino: Gesù porta la croce, si carica del peso della verità.

    (V stazione)
    Bambina: Gesù impara l’obbedienza d’amore lungo la via della passione

    Ma ha voluto anche essere “un simbolico spazio di accoglienza, nella preghiera della Chiesa, della voce dell’infanzia talora offesa e sfruttata”.

    La via verso il Calvario meditata dalla monaca agostiniana madre Rita Piccione ha avuto come protagonista il cuore umano, spesso meschino, che si lascia “ingannare dalle illusioni del piccolo tornaconto personale” e “preso dalla contabilità del proprio benessere”.

    La preghiera rivolta all’“Umile Gesù” che ha seguito ogni meditazione e che è stata letta da Piera degli Esposti, è stata pensata come voce della Chiesa che riflette:

    (II stazione)
    (Piera degli Esposti):
    Umile Gesù,
    nello scorrere quotidiano della vita
    il nostro cuore guarda in basso, al suo piccolo mondo,
    e, tutto preso dalla contabilità del proprio benessere,
    resta cieco alla mano del povero e dell’indifeso
    che mendica ascolto e chiede aiuto.

    E l’invocazione allo Spirito Santo pronunciata da Orazio Coclite come ciò che la Chiesa chiede bussando al cuore di Dio:

    (VI stazione)
    (Orazio Coclite):
    Vieni, Spirito di Verità,
    versa nei nostri occhi «il collirio della fede»
    perché non si lascino attrarre dall’apparenza delle cose visibili,
    ma imparino il fascino di quelle invisibili.

    Lo scorrere delle stazioni ha indotto ad un esame di coscienza e a trarre insegnamenti dai personaggi che la Tradizione descrive intorno a Cristo. E se da Maria si apprende a pregare “quando le avversità e le ingiustizie della vita, il dolore innocente e la truce violenza” indurrebbero invece ad inveire contro Dio, e nel suo stare sul Golgota (XIII stazione) si riconosce “la dedizione al sì dell’amore, l’abbandono e l’accoglienza, la fiducia e l’attenzione concreta”, e ancora “la tenerezza che sana la vita e suscita la gioia”, nella figura di Simone di Cirene (V stazione) ciascuno può intravedere se stesso portare la propria croce. Ma il cireneo che riceve la Croce di Gesù nella libertà dell’amore rispecchia l’obbedienza del discepolo di Cristo alla Croce, l’abbandono a lasciarsi istruire dalla sua geometria, che nel braccio orizzontale suggerisce larghezza nelle opere di bontà e nel braccio verticale perseveranza nelle avversità.

    Ma è su Gesù che puntano i riflettori le ultime meditazioni. Spogliato delle sue vesti (X stazione) il Cristo induce “a riconoscere e benedire in ogni spogliamento che soffriamo un appuntamento con la verità del nostro essere”, lui che dalla Croce “tesse … l’abito nuovo della dignità filiale dell’uomo”, mentre la sua “tunica senza cuciture” rimasta integra è “la veste della sua figliolanza divina” donata agli uomini.

    Nel culmine della crocifissione (XI stazione), poi, la sconvolgente verità: Gesù “non regna dominando con un potere di questo mondo” ma attraendo; “il suo magnete è l’amore del Padre che in Lui si dona per noi”. Nella croce non c’è allora il buio della morte ma il barlume verso una vita nuova, da qui l’esortazione di Benedetto XVI:

    “Fissiamo il nostro sguardo su Gesù Crocifisso e chiediamo nella preghiera: illumina Signore il nostro cuore, perché possiamo seguirti sul cammino della croce, fa morire in noi l’uomo vecchio, legato all’egoismo, al male, al peccato. Rendici uomini nuovi, uomini e donne santi, trasformati e animati dal tuo amore”.

    E se l’ultima immagine che la Via Crucis offre di Cristo è quella della sua morte, dove ha inizio “il tempo della fede che attende silente”, è la speranza che deve sostenere lo sguardo dell’uomo verso la promessa di salvezza e di gioia.

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    Dolore umano senza risposta senza il mistero della morte e risurrezione di Cristo: così padre Cantalamessa nella celebrazione della Passione

    ◊   Colui che contempliamo sulla croce è Dio “in persona”. Finchè non si riconosce questa verità, “il dolore umano resterà senza risposta”: così padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, nell’omelia per la celebrazione della Passione del Signore, presieduta ieri pomeriggio nella Basilica Vaticana da Benedetto XVI. Il sacerdote cappuccino ha esortato a non far passare sotto silenzio la testimonianza dei martiri dei nostri giorni. Quindi ha ribadito che le “sciagure che colpiscono insieme colpevoli e innocenti non sono mai un castigo di Dio”. Il Servizio è di Paolo Ondarza.

    Il Papa in ginocchio, in silenzio, ai piedi della Croce; poi senza scarpe, in segno di penitenza, bacia il crocifisso offrendolo alla contemplazione dei fedeli. Sono i gesti essenziali della celebrazione della Passione del Signore che ha il suo culmine nell’adorazione del Sacrificio di Cristo sulla Croce. Qui, inchiodato al legno c’è Dio in persona, "senza questa verità di fede da proclamare forte il Venerdì Santo – ha detto padre Cantalamessa – il dolore umano resta senza risposta”. Dio invece scegliendo di bere dal calice amaro del dolore ha dimostrato che in fondo a questo calice ci deve essere una perla: la risurrezione. “La risposta della croce – ha proseguito il predicatore della Casa Pontificia – non è solo per i cristiani è per tutti. Lo Spirito Santo offre a ogni uomo la possibilità di essere associato al mistero pasquale” proprio attraverso la sofferenza. Oggi - ha riscontrato - “il mondo cristiano è tornato ad essere visitato dalla prova del martirio che si credeva finita con la caduta dei regimi totalitari”:

    “Proprio oggi, Venerdì Santo del 2011, in un grande paese dell’Asia, i cristiani hanno pregato e marciato in silenzio per le vie di alcune città per scongiurare la minaccia che incombe su di loro … E come non rimanere ammirati dalle parole scritte nel suo testamento dall’uomo politico cattolico, Shahbaz Bhatti, ucciso per la sua fede, il mese scorso? Il suo testamento è lasciato anche a noi, suoi fratelli di fede, e sarebbe ingratitudine lasciarlo cadere presto nell’oblio”.

    “Anche il mondo – ha aggiunto padre Cantalamessa – si inchina davanti ai testimoni moderni della fede”. Si spiega così l’inatteso successo in Francia del film “Uomini di Dio” sull’uccisione dei sette monaci cistercensi a Tibhirine nel Marzo 1996. “Ma i martiri cristiani non sono i soli a soffrire e a morire intorno a noi”, ha constatato il padre francescano ricordando le tragedie consumatesi in mare nelle ultime settimane e la catastrofe abbattutasi sul Giappone. “Cosa possiamo offrire a chi soffre, oltre la nostra certezza di fede che c’è un riscatto per il dolore?” , si è chiesto il predicatore:

    “Possiamo soffrire con chi soffre, piangere con chi piange (Rom 12,15). Prima di annunciare la risurrezione e la vita, davanti al lutto delle sorelle di Lazzaro, Gesù ‘scoppio in pianto’ (Gv 11, 35). In questo momento, soffrire e piangere, in particolare, con il popolo giapponese, reduce da una delle più immani catastrofi naturali della storia. Possiamo anche dire a questi fratelli in umanità che siamo ammirati della loro dignità e dell’esempio di compostezza e mutuo soccorso che hanno dato al mondo”.

    "La globalizzazione – ha rilevato padre Cantalamessa – ha almeno questo effetto positivo: ci dà occasione di scoprire che siamo una sola famiglia umana”. “Terremoti, uragani e altre sciagure che colpiscono insieme colpevoli e innocenti non sono mai un castigo di Dio. Dire il contrario significa offendere Dio e gli uomini. Sono però un ammonimento – ha detto il religioso – a non illuderci che basteranno la scienza e la tecnica a salvarci”:

    “Se non sapremo imporci dei limiti, possono diventare, proprio esse, lo stiamo vedendo, la minaccia più grave di tutte”.

    “Ci fu un terremoto anche al momento della morte di Cristo – ha ricordato il sacerdote cappuccino – ma ce ne fu un altro ancora più grande al momento della sua risurrezione. Così sarà sempre. A ogni terremoto di morte - ha concluso - succederà un terremoto di risurrezione e di vita”.

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    Il cordoglio del Papa per la morte del vaticanista Arcangelo Paglialunga

    ◊   Il Papa ha espresso il proprio cordoglio per la morte di Arcangelo Paglialunga, “stimato giornalista e apprezzato decano dei vaticanisti”, spentosi il 20 aprile scorso. In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, inviato ai familiari, Benedetto XVI ricorda “la fedeltà a Cristo, l’amore alla Chiesa e il generoso servizio alla Santa Sede” del giornalista, assicurando “fervide preghiere di suffragio” per l’anima. “del compianto defunto e caro amico che affida alla materna intercessione della Vergine Maria”. I funerali si sono svolti ieri, Venerdì santo, nella chiesa parrocchiale dei Santi Protomartiri romani: erano presenti oltre ai figli di Arcangelo, Cecilia e Maurizio, il direttore e il vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi e padre Ciro Benedettini, il direttore della Libreria Editrice Vaticana, don Giuseppe Costa, il direttore e il vice-direttore dell’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian e Carlo Di Cicco. Folta la partecipazione amichevole di molti colleghi, anche non italiani, della Sala Stampa.

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    L'Ora della Madre a Santa Maria Maggiore

    ◊   Nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore si è tenuta stamani, come ogni Sabato Santo, la celebrazione dell'Ora della Madre che ricorda la prova suprema della fede vissuta da Maria in attesa della Risurrezione del Figlio. La celebrazione è stata presieduta dal cardinale Bernard Francis Law, arciprete della Basilica. Sul significato teologico dell’Ora della Madre si sofferma al microfono di Amedeo Lomonaco il direttore del Centro di Cultura Mariana “Madre della Chiesa”, padre Ermanno Toniolo, dell’Ordine dei Servi di Maria:

    R. – L’Ora della Madre come tale mette in primo luogo la Vergine Maria quando Gesù ha già consumato la sua ora, il Venerdì Santo, e cioè dopo che lei ha assistito e compartecipato al suo divino sacrificio offrendo anche il suo cuore di madre insieme col suo sacrificio divino per la salvezza di tutti. Poi Gesù è deposto nel sepolcro. In quel momento sembra che tutto sia finito. Nel momento in cui tutto pare finito, allora invece, una grande fiamma, una fiamma alta, rimane nel cuore della Vergine. In lei si concentra tutta la fede della Chiesa e del mondo, in lei si concentra la speranza di tutta l’umanità: Cristo risorgerà, sta per risorgere. La memoria del dolore la porta a condividere ancora, in certo modo quasi straziata, quello che è stato compiuto al figlio di Dio ma la speranza della Risurrezione la proietta in questa radiosa attesa che è una trepidazione in cui tutta l’ora della Madre, si può dire, si concentra nel chiedere: torna o Signore, ritorna tra i vivi, tu che sei venuto per salvare tutti e dare a tutti la tua vita.

    D. - Dunque Maria è il ponte tra il Venerdì Santo e l’alba della Pasqua…

    R. – E’ il ponte della fede. Così come è stata il ponte tra l’umanità e Dio per l’Incarnazione, così è il ponte con la sua fede, sempre per la fede. Maria rimane lì, nella trepida attesa, vegliando, pregando, gemendo e implorando, attendendo il primo abbraccio del Figlio risorto che porterà la luce radiosa della Pasqua su tutta l’umanità e su tutti i tempi della storia umana.

    D. – Un ponte fonte di unione e che unisce anche Oriente e Occidente proprio nel ricordo dell’attesa da parte di Maria…

    R. - Soprattutto l’Oriente. L’Oriente è carico di questa attesa della Vergine. Tutta la notte del Sabato Santo, davanti al Cristo deposto nel sepolcro accanto alla madre. E cantano i lamenti, i lamenti delle pie donne sul figlio ucciso, trafitto, una notte intera di canto e, se vogliamo dire, anche di speranza e di fede davanti all’immagine del Cristo deposto nel Sepolcro ma davanti alla Vergine che attende unica con fede indubitata, con speranza contro ogni speranza, che Egli ritorni subito dai morti a consolare quanti l’attendono e a diffondere nel mondo la certezza che dove Egli è ivi è la vita.

    D. – Quali insegnamenti possono trarre i cristiani dall’attesa di Maria, attesa della nascita di Gesù, attesa della Risurrezione …

    R. – Abbiamo bisogno di ravvivare la speranza. Colui che sembrava finito, Colui che dicevano ormai essere un malfattore, a cui i suoi avversari avevano già posto i sigilli al sepolcro perché non fosse trafugato, Colui al quale si è fatto ogni sorta di ingiuria, alla fine sarà Lui il salvatore anche dei suoi crocifissori, sarà Lui che detterà l’ultima parola. La parola appartiene a Dio che è amore, è la speranza nel cuore di tutti nonostante le tribolazioni di ogni giorno: è al di là della tribolazione, al di là della croce, spunta e sarà sempre eterna la luce. (bf)

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    Gesù e Socrate: l’editoriale di padre Federico Lombardi

    ◊   “Il criterio che ha guidato ogni scelta di Gesù durante tutta la sua vita è stata la sua ferma volontà di amare il Padre”: è quanto affermato dal Papa all’udienza generale di mercoledì scorso, tutta dedicata al Triduo Pasquale. Il Santo Padre si è anche soffermato sulla differenza di atteggiamento di Gesù e Socrate dinnanzi alla morte. Proprio su questo confronto, si sofferma il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per “Octava Dies”, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    Nel corso dell’Udienza del Mercoledì Santo, il Papa, lasciando il testo scritto preparato, ha parlato a lungo spontaneamente della preghiera di Gesù nel Getsemani. Meditando con partecipazione e profondità sull’angoscia di Gesù, sulla sua paura davanti alla morte, ha rilevato la differenza fra Gesù e Socrate. Tutti ammiriamo la fortezza e il dominio di sé dall’antico saggio greco, che il suo discepolo Platone ci ha descritto con grande efficacia in pagine indimenticabili. Ma la sua superiorità di fronte all’esperienza dell’angoscia in certo senso lo allontana dalla concreta povertà e fragilità della comune condizione umana di fronte alla morte. Non così Gesù, veramente uno di noi. L’amore di Dio scende in fondo all’abisso per portarci tutti verso l’alto. Paradossalmente la pagina forse più misteriosa e sconcertante del Vangelo, il Getsemani, si trasforma in quella che può dare più conforto allo sconfinato dolore dell’umanità di tutti i tempi. Sconfinato dolore, ma anche sconfinato amore. Per questo possiamo parlare di “salvezza” e possiamo credervi, nella nostra carne, nella nostra vita e nella nostra morte. Rispondendo il Venerdì Santo alle domande giuntegli da diverse parti del mondo, il Papa ha detto che nell’Eucarestia il corpo risorto di Gesù ci tocca ed entra in noi, per trasformare la nostra vita nella sua nuova vita. Passione e Risurrezione, il dono più grande di Dio alla nostra umanità in cammino.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Dalla croce una vita nuova, risorta: le celebrazioni del Venerdì Santo presiedute da Benedetto XVI.

    Dal legno discese come frutto e salì al cielo come primizia: in prima pagina, Manuel Nin sulla crocifissione e la risurrezione negli inni di Efrem il Siro.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, le violenze in Siria.

    Isaia e la rugiada di luce: in cultura, il cardinale Gianfranco Ravasi sulla morte della morte nelle profezie dell’Antico Testamento.

    Su Gesù davanti a Pilato un articolo di Valerio Massimo Manfredi dal titolo “Una sentenza politica”.

    E dopo sedici secoli Pascasio è ancora in classifica: Carlo Carletti ricorda quando il nome raccontava una vita.

    L’abito giusto: il cardinale Albert Vanhoye in un’intervista su “Avvenire” parla dell’ultimo libro di Benedetto XVI.

    Discepoli e annunciatori del Risorto: nell’informazione religiosa, Antonio Pitta sulla responsabilità degli insegnanti di religione.

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    Oggi in Primo Piano



    A Gerusalemme è già Pasqua: celebrata la Madre di tutte le Veglie nella Basilica della Risurrezione

    ◊   Oltre cento sacerdoti hanno concelebrato, stamani, nella Basilica della Risurrezione a Gerusalemme la Veglia di Pasqua, presieduta dal Patriarca Latino di Gerusalemme Fouad Twal. Una celebrazione di straordinaria intensità e significato, cuore di tutto l’Anno liturgico. Da Gerusalemme, il servizio di Stefania Sboarina:

    La più significativa e importante liturgia di tutto l’anno, la Madre di tutte le Veglie, qui a Gerusalemme nella Basilica della Risurrezione, si celebra al mattino, a motivo dello status quo, il famoso regolamento che fissa le regole per le comunità cristiane presenti nella Basilica cuore della cristianità. Un’incongruenza temporale rispetto agli usi della Chiesa, questa celebrazione mattutina della Veglia di Pasqua, che costituisce però anche un felice primato per cui proprio la Chiesa di Gerusalemme è la prima a far risuonare il Preconio, l’antico inno che canta la vittoria del Signore sulla morte e sul peccato.

    A concelebrare accanto al Patriarca Latino di Gerusalemme Fouad Twal che ha presieduto la Veglia, anche il cardinale emerito di Praga, Miloslav Vlk, il vescovo ausiliare emerito di Gerusalemme, Kamal Batish, e il vescovo emerito di Verona, il cappuccino Flavio Roberto Carraro, oltre a 120 sacerdoti.

    “Fratelli carissimi - dice il patriarca Twal all’inizio della celebrazione - siamo radunati in questo luogo in cui il Signore nostro Gesù Cristo passò da morte a vita... Qui rivivremo insieme la Pasqua del Signore…”. La celebrazione, che segue la liturgia latina e insieme accoglie la ricca e antica tradizione liturgica di Gerusalemme, inizia alle porte della Basilica, davanti alla Pietra dell’unzione. E’ qui che si svolge la suggestiva liturgia del fuoco. Poi, proprio davanti all’edicola, l’accensione del cero pasquale, che avviene attingendo la luce dalle lampade che giorno e notte illuminano la Tomba vuota del Signore, per dire che da qui un giorno si è emanata la luce vera che illumina ogni uomo. Secondo il rito romano si sussegue la proclamazione in lingua latina di 7 letture dell’Antico Testamento, a ripercorrere tutta la storia della salvezza.

    Dopo il canto del Gloria e l’Epistola Paolina, ecco la nuova alleanza, il compimento delle promesse: il Vangelo che, secondo un’antica tradizione di Gerusalemme deve essere solennemente proclamato dal vescovo davanti porta dell’edicola, annuncia l’evento accaduto in questo luogo, la buona notizia della Resurrezione. Un fremito di commozione coglie chi nel silenzio e con fede sente le parole: “Non è qui. E risorto...”. Pellegrini e fedeli di tutte le lingue, in questa mattina di vigilia di Pasqua, hanno già rivissuto quell’annuncio pasquale che è risuonato proprio in questo luogo. Qui dove oggi si innalza l’Anastasis, c’era il giardino che vide brillare la luce della Resurrezione.

    Al termine della Veglia Pasquale dei cristiani cattolici, in un ampio respiro ecumenico, la Basilica si è andata via via affollando di pellegrini ortodossi che alle 12 hanno celebrato la famosa cerimonia del fuoco santo, lasciando fuori una città vecchia, traboccante di pellegrini cristiani ed ebrei (le cui Pasque quest’anno coincidono) e blindata per motivi logistici e di sicurezza. La Basilica della Resurrezione tornerà ad essere animata dalla liturgia dei latini soltanto a tarda sera. Alle 23.30 comincerà la solenne liturgia delle ore presieduta dal padre Custode di Terra Santa. Sarà un altro momento privilegiato: nella notte del Sabato Santo molti cristiani staranno celebrando la grande Veglia in comunione con loro e con tutta la Chiesa si pregherà anche qui nella più santa di tutte le basiliche. Ma intanto, in questa mattina del Sabato Santo, nella Basilica del Resurrezione è già Pasqua! (Da Gerusalemme per Radio Vaticana, Stefania Sboarina Franciscan Media Center – Custodia di Terra Santa)

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    Vivere da cristiani la Pasqua: le riflessioni del cardinale Tettamanzi e mons. Bregantini

    ◊   Nel Sabato Santo – ha scritto il cardinale Carlo Maria Martini - tra il dolore della Croce e la gioia di Pasqua – “i discepoli sperimentano il silenzio di Dio, la pesantezza della sua apparente sconfitta, la dispersione dovuta all’assenza del Maestro”. Ma come vivere questo giorno, questa vigilia di Pasqua? Fabio Colagrande lo ha chiesto al cardinale arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi:

    R. – Direi che ciascuno di noi dovrebbe possedere il proprio io. Può sembrare un’affermazione paradossale e invece è reale, nel senso che il rischio che tutti corriamo è di vivere fuori noi stessi. Allora, in questa giornata dobbiamo entrare nel nostro io e realizzare un clima di profondo silenzio. Siamo spesso rubati da tante, da troppe parole umane, e abbiamo bisogno invece di questo silenzio, perché solo così, in questo silenzio, noi possiamo ascoltare la nostra coscienza o, meglio, possiamo ascoltare Colui che abita la nostra coscienza: il Signore, la sua opera di salvezza, il suo amore. Solo il silenzio fatto dentro di noi rende possibile la risposta all’apparente silenzio di Dio, perché in realtà Lui ci parla proprio a partire da questo silenzio, che ha voluto Lui stesso vivere sulla croce.

    D. – Il Papa nella catechesi del Mercoledì Santo si è soffermato sulla sonnolenza dei discepoli, che nel Getsemani sono incapaci di vegliare con Gesù, paragonando questa sonnolenza alla nostra insensibilità per Dio, ma anche per il male: perché facciamo così fatica ad essere vigili?

    R. – Perché siamo troppo superficiali e troppo banali. Superficiali, perché viviamo alla superficie di noi stessi, alla periferia del nostro Dio. Banali, perché abbiamo delle preoccupazioni che non sono essenziali per la nostra esistenza. La preoccupazione in un certo senso unica, quella che raccoglie tutte le altre e dà loro significato, è la preoccupazione di stare in ascolto della Parola di Dio. E mi viene in mente, in particolare, quanto ci ha detto Papa Benedetto XVI: dobbiamo lasciare a Dio il diritto di incontrarci e di parlarci. Torno a ripetere quanto detto all’inizio: ci sono troppe parole umane; c’è poca Parola di Dio, non perché manchi questa parola: mancano gli ascoltatori. Allora, il modo per prepararci alla Pasqua e per vivere questa Pasqua è questa vigilanza, è questa disponibilità sempre viva e profonda di ascoltare l’unica Parola di vita eterna che è appunto quella del Signore.

    D. – Da pastore della più grande diocesi italiana, quale resurrezione auspica per la sua città, Milano, per l’Italia, proprio dal punto di vista sociale?

    R. – La prima resurrezione è quella religiosa, quella della fede. Abbiamo la fede, ma il rischio che corriamo è che questa fede non sia viva, non sia contagiosa, non sia capace di dare una testimonianza credibile alle persone che incontriamo. La prima resurrezione, allora, è quella religiosa, cui segue la resurrezione morale: il senso di responsabilità che noi abbiamo nei confronti di noi stessi e nei confronti degli altri. Se dovesse tornare vivo, resuscitato dal profondo dell’abisso, questo senso di responsabilità che ha la sua origine, il suo significato più grande nella resurrezione religiosa, se dovesse mancare questa resurrezione davvero dovremmo preoccuparci e preoccuparci grandemente della nostra attuale situazione. Ma Pasqua ci parla di speranza, anzi ci parla di certezza. Non siamo soli: c’è il Signore risorto per questo. Noi auguriamo a tutti e a ciascuno di avere una fede viva e missionaria e avere davvero più sentito e più radicato dentro di noi il senso della responsabilità personale e sociale. (ap)

    Il mistero del male può essere compreso solo alla luce del mistero della morte e risurrezione di Cristo. Su questa questione si sofferma al microfono di Antonella Palermo mons. Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso Boiano e presidente della Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace.

    R. – Il tema di Dio e il tema del male sono i due grandi temi inscindibili perché da sempre non si può affrontare l’uno senza l’altro. Il male comunque resta una domanda perennemente risorgente nel cuore, non ci sarà mai una risposta definitiva se non tramite la croce: è la croce che ti apre alla risurrezione. Il male va affrontato dentro la tragedia del Venerdì Santo che però apre alla bellezza e al fulgore del Sabato Santo, della grande Veglia, perché altrimenti resta sempre domanda filosofica senza risposta; se invece io lo leggo nella luce del Sabato Santo arrivo a dire quella frase immensa che viene detta nel Preconio pasquale: “O felix culpa”.

    D. – Mons. Bregantini, una Pasqua con il dramma dei profughi, del carovita, delle tragedie: dov’è la risurrezione?

    R. – Questa è la tragica realtà che noi abbiamo davanti. Ma senza risurrezione noi saremo ancora più sprofondati nel baratro senza luce, mentre, per esempio, con la forza della risurrezione mi accorgo che posso essere capace anche di dare una risposta grande dal punto di vista del cuore aperto. Nell’omelia del Giovedì Santo ho detto: se tu apri il tuo cuore alla Parola aprirai anche la tua casa agli immigrati e il tuo Paese all’accoglienza. (bf)

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    La Santa Gerusalemme: documentario su RaiUno

    ◊   La Santa – Gerusalemme: è il titolo del documentario in onda domani sera, 24 aprile, alle 23.25 nel corso di Speciale TG1 della RAI, scritto da Franco Scaglia e Andrea Di Consoli e diretto da Francesca Murli, che prende spunto dalle sette porte della città per raccontarne la vita quotidiana e la sua eccezionale storia, crocevia di culture e di fedi. Il servizio di Luca Pellegrini.

    Alle sue porte i nostri passi si fermano ancora oggi, come prega il noto salmo. Sono quelle di Gerusalemme, sette - perché sette è il numero biblico della pienezza e della perfezione. Franco Scaglia conosce ogni angolo, luce e profumo della città. Questa volta entriamo in modo nuovo, come ci racconta.

    R. - Proprio per l’uso delle porte. Io ne ho visti tanti di documentari e servizi su Gerusalemme, ma è la prima volta che la vedo in un’ottica di recinto aperto da sette porte. Ognuna di queste porte ha una sua storia, un suo significato e un suo percorso. Quindi, entrare nella città da sette punti diversi, offre una Gerusalemme assolutamente diversa.

    D. - Lei confessa che Gerusalemme, plasmata dalle religioni, aiuta a conoscersi…

    R. – Io la considero la città dell’origine dell’uomo e la città delle religioni. Gerusalemme è la città che ti offre il grande mistero - agli atei e ai credenti – perché è l’unico luogo del mondo dove le grandi religioni si sono unite, scontrate e divise; ma è la città dove vedi anche la profonda unità delle religioni monoteiste.

    D. - Santo Sepolcro, Moschea e Muro del Pianto: emozioni che le immagini ci trasmettono intatte…

    R. – Le emozioni sono toccare quei luoghi dove sono avvenuti grandi fatti della storia dell’uomo: da Gesù a tutto quello che è accaduto agli ebrei; dalla crocifissione di Gesù al volo di Maometto. In pochissimi metri, in dieci minuti di cammino, tu passi da Gesù alla religione ebraica all’islamismo. Questa è l’emozione di Gerusalemme, ma è una emozione che una persona deve vivere e deve andare lì per capire.

    D. - Da quarant'anni visita frequentemente la Terra Santa: è cambiata Gerusalemme?

    R. – Sento un tentativo di farla diventare sempre più una città occidentale, mentre Gerusalemme è sopra all’Occidente, all’Oriente, al Medio Oriente: è la Città Celeste. Questa è quella che ho conosciuto e che vorrei rimanesse. (ap)

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa Pasqua di Risurrezione, la liturgia ci propone il passo del Vangelo che ci parla del sepolcro vuoto. Prima Maria di Màgdala, poi Pietro e Giovanni, si trovano di fronte a un dato di fatto: il corpo di Gesù non c’è. Pietro entra nel sepolcro e osserva i teli posati là, e il sudario, avvolto in un luogo a parte:

    “Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti”.

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Incapace di attendere ancora, Maria di Magdala, prima che il sole sorga, va al sepolcro, per stare vicino al Maestro che aveva visto straziato nel corpo tre giorni prima. Il supplizio della croce e quella pietra non potevano impedire il suo amore. Ma la grossa pietra è stata spostata, quel sepolcro è vuoto. Pensa: qualcuno ha trafugato quel corpo: e allora, terrorizzata, corre, con il cuore in gola, a dirlo agli amici del Maestro. Pietro e il discepolo prediletto corrono a vedere, a controllare, incapaci di sopportare un altro oltraggio al Maestro. Ma non era stato trafugato quel corpo: era uscito da solo da lì, lasciando le bende mortuarie come afflosciate, svuotate dal loro contenuto. Se fosse stato trafugato davvero, le bende non potevano restare afflosciate. Pietro non capisce e resta confuso; l’altro discepolo intuisce qualcosa di unico: nessuno l’ha portato via, da solo è sfuggito alla morte. Le lacrime non hanno più senso: qualcosa di incredibile è successo. Ritorna alla mente una parola che Gesù ripeteva: risurrezione. Ah, ecco cosa significa. La vita trionfa, oltre ogni morte e ogni violenza: appunto come le Scritture affermano quando parlano della fedeltà di Dio. E da allora la vita corre, corre vittoriosa, felice, nuova. A tutti voi: Buona Pasqua!

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    Chiesa e Società



    Pasqua nella Repubblica Democratica del Congo: si prega per un futuro migliore

    ◊   Un appello alla pace e la speranza di un futuro migliore: così la Repubblica Democratica del Congo si prepara a festeggiare la Santa Pasqua. Mons. Richard Domba Mady, vescovo di Doruma-Dungu, diocesi nell’est del Paese, attraverso la Misna ha lanciato un appello alla pace dopo le violenze di questi giorni che hanno avuto per oggetto la popolazione civile. Nel corso dell’ultima settimana, infatti, ci sono stati ben due attacchi da parte dei ribelli dell’Esercito di resistenza del Signore (Lra) nel centro della città, che hanno causato tre vittime. Della situazione di insicurezza che si vive, il presule aveva già parlato nella lettera scritta in occasione della Quaresima, e tornerà sul tema anche nella sua omelia pasquale: “Chiediamo alle autorità di raddoppiare gli sforzi e di non abbandonare la nostra gente”, ha detto. La Lra è una milizia fondata negli anni Ottanta da Joseph Kony, che ha iniziato tre anni fa ad attivarsi nella provincia orientale del Congo uccidendo e sequestrando migliaia di persone. I ribelli sembrano essere presenti anche in Centrafrica e Sudan, mentre hanno abbandonato il Nord dell’Uganda dopo il fallimento degli accordi di pace. (R.B.)

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    Indonesia: stato di allerta per la sicurezza dei cristiani in occasione della Pasqua

    ◊   Resta alto il livello di allerta per la sicurezza della minoranza cristiana in occasione delle celebrazioni della Pasqua in Indonesia: nella sola Giacarta, domani, saranno schierati almeno 20mila agenti a tutela dei fedeli, cui si aggiungeranno molti volontari, in prevalenza musulmani. A deciderlo è stato il presidente Susilo Bambang Yudhyono per garantire la sicurezza dei partecipanti alle funzioni. Lo stato di allerta si è innalzato nel Paese dopo il ritrovamento, due giorni fa, di cinque ordigni, in seguito disinnescati, nelle condutture del gas nei pressi della Christ Cathedral Church della capitale: sarebbero dovute esplodere durante le celebrazioni del Venerdì Santo. Per questo attentato sventato, la polizia ha già fermato 19 persone. L’Indonesia è un Paese a maggioranza musulmana: dei 240 milioni di abitanti, solo il 5,7% è di fede cristiana e di questi il 3% è cattolico. (R.B.)

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    Emirati Arabi: gli immigrati cattolici filippini partecipano ai riti della Settimana Santa

    ◊   Con grande fede e determinazione centinaia di filippini emigrati negli Emirati Arabi per lavoro hanno partecipato alla tradizionale “Visita Iglesia” che le comunità compiono il Venerdì Santo. Negli Emirati, unico Paese del Golfo Persico che consente la libertà di professare fedi diverse dall’Islam, il pellegrinaggio è stato organizzato dalla piccola comunità cattolica di Abu Dhabi ed è particolarmente faticoso perché le “sette chiese” si trovano a distanza di anche 100 km l’una dall’altra, difficoltà cui si aggiungono il caldo e i trasbordi in autobus in mezzo al deserto. Nonostante ciò, la partecipazione è stata alta e ha registrato anche la presenza di molti cattolici stranieri che hanno pregato i misteri del Rosario durante gli spostamenti per non perdere il clima di raccoglimento. Queste, inoltre, le sette chiese toccate dal pellegrinaggio: la St. Joseph’s Church di Abu Dhabi, la St. Francis of Assisi Church di Dubai, la St. Michael’s Church di Sharjan, la St. Anthony de Padua Church di Ras al-Kaimah e le due chiese dedicate alla Vergine di Dubai e Abu Dhabi; in ognuna delle quali si è meditato su due stazioni della Via Crucis. La “Visita Iglesia”, ricorda AsiaNews, fu introdotta dai missionari spagnoli all’inizio del XVIII secolo sul modello del pellegrinaggio alle sette basiliche romane e coinvolge da secoli tutto il popolo filippino: dal 2010 la Conferenza episcopale dell’arcipelago, per agevolare i residenti all’estero, ha messo on line sul sito www.cbcponline.net una visita virtuale ai principali luoghi di culto di Manila, pagina che quest’anno ha registrato il record di contatti, circa 50mila solo all’inizio della Settimana Santa. (R.B.)

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    Pasqua in Sudafrica: oltre mille adulti ricevono il Battesimo

    ◊   Sta germogliando a Johannesburg, in Sudafrica, il seme dell’impegno di decine di catechisti laici affiancati, nel loro lavoro, dai sacerdoti: domani, giorno di Pasqua, nel corso di una solenne liturgia celebrata dall’arcivescovo Buti Joseph Tlhagale nella cattedrale di Cristo Re, ben 1116 catecumeni riceveranno il Battesimo e poi i sacramenti dell’Eucarestia e della Confermazione. L’Osservatore Romano ha raccolto alcune testimonianze dei laici che hanno guidato i catecumeni in questo percorso rilevando che il problema maggiore è stato, in questi mesi, la costanza nel frequentare le lezioni di catechismo: molti, infatti, si sentivano in colpa del fatto di sottrarre tempo alle loro famiglie. “Per convincerli - racconta uno dei catechisti - ho detto loro che l’uomo non vive di solo pane, ma che è indispensabile nutrirsi della Parola di Dio”, un tema che, tra l’altro, era stato scelto come riflessione della Quaresima dall’arcivescovo Thlagale. I catecumeni che stanno per ricevere il Battesimo appartengono a etnie diverse e hanno raccontato di aver abbracciato la fede cattolica perché per loro rappresenta una “fonte di verità” e apprezzano “il suo messaggio di uguaglianza tra gli uomini e la difesa che essa fa dei valori tradizionali della società basata sulla famiglia”. (R.B.)

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    Costa d'Avorio: oltre centomila ivoriani rifugiati in Liberia

    ◊   Sono oltre 125mila, secondo le stime dell’Onu, le persone fuggite in questo periodo dalla Costa d’Avorio alla volta della Liberia, molte delle quali sono annegate nel tentativo di oltrepassare il fiume. L’associazione "Sos Villaggi dei Bambini" testimonia che circa 40mila persone, specialmente donne e bambini, sono ospitate in cinque campi profughi sul confine: in particolare, nel campo di Bahn la situazione è difficile per la mancanza di cibo e acqua, nonché per la presenza di numerosi minori non accompagnati. Molte le donne costrette a lavorare per guadagnare un pugno di riso, mentre molti bambini presentano i sintomi della disidratazione dopo giorni di diarrea e vomito. Ora il rischio più imminente è quello del diffondersi di epidemie come il colera. (R.B.)

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    Onu: “In Somalia malnutrizione a livelli altissimi”

    ◊   La Somalia è uno dei Paesi con il più alto numero di persone malnutrite al mondo. A dirlo, in un’intervista alla Bbc, è una portavoce dell’Onu, Grainne Molony, che specifica: “In Somalia, almeno un bambino su quattro è affetto da malnutrizione”. Tra le cause citate, 20 anni di conflitti e guerre, cui si è aggiunta una fortissima siccità che da diverse stagioni insiste sul Paese e che sta devastando i raccolti, con la conseguenza che la gente è sempre più dipendente dagli aiuti umanitari. Tuttavia, i somali emigrati non riescono a supplire, con il denaro inviato a casa, alle necessità dei familiari, e anche le agenzie delle Nazioni Unite e le ong operanti sul territorio sono a corto di fondi: l’Onu stessa è riuscita a raccogliere solo un terzo del denaro ritenuto necessario per affrontare questa emergenza. (R.B.)

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    Dieci anni fa la firma della Charta ecumenica. Mons. Giordano: un testo ancora attuale

    ◊   Il 12 aprile scorso l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha approvato una raccomandazione sul tema “La dimensione religiosa del dialogo interculturale” in cui viene citata spesso la Charta Oecumenica, un documento firmato dieci anni fa a Strasburgo dai responsabili delle Chiese cristiane in Europa. Quando il cardinale Miloslav Vlk e il metropolita Geremia Caligiorgis, per il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) e per la Conferenza delle Chiese europee (Kek), siglarono il documento, era il 22 aprile 2001: la data era stata scelta perché proprio nel 2001 la Pasqua coincideva per tutti i cristiani, e Strasburgo perché città di frontiera a livello politico ma anche ecumenico e interreligioso. Da allora, la Charta Oecumenica è stata tradotta in una trentina di lingue, dall’arabo all’armeno. Il Sir ha raccolto in merito la testimonianza di mons. Aldo Giordano, Osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa: “Si tratta di un testo esemplare per dire l’impegno comune dei cristiani del nostro continente nel salvare e promuovere i valori alla base della costruzione europea – ha detto – e per dire la possibilità di collaborazione tra religioni e res publica per il bene comune”. Nel corso dell’assemblea del 12 aprile scorso, cui hanno partecipato cinque leader rappresentanti delle religioni, tra cui il presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, il cardinale Jean-Louis Tauran, e il Patriarca della Chiesa ortodossa di Romania, Daniel, sono stati messi in evidenza alcuni punti toccati dalla Charta che ancora oggi risultano di grande attualità: il riconoscimento della uguale dignità della persona umana, che costituisce la radice dei diritti dell’uomo; la pace tra le Chiese, la cui missione è mettersi al servizio della riconciliazione tra i popoli e tra le culture, resistendo al tempo stesso a ogni tentativo di strumentalizzazione; e le questioni dell’incontro e del dialogo con il Giudaismo, l’Islam e le altre grandi religioni del mondo. Per celebrare il decimo anniversario del documento, infine, il 9 maggio prossimo è in programma un seminario ecumenico presso l’università di Friburgo, in Svizzera, organizzato dall’Istituto di studi ecumenici in collaborazione con la Comunità di lavoro delle Chiese cristiane in Svizzera. (A cura di Roberta Barbi)

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    Mostra in Vaticano sulla vita di Karol Wojtyła

    ◊   "Giovanni Paolo II. Un omaggio di Benedetto XVI in occasione della beatificazione", è il tema della mostra che verrà inaugurata giovedì 28 aprile, alle 17.30, al Braccio di Carlo Magno, in Vaticano. La mostra - che rimarrà aperta dal 29 aprile al 24 luglio con ingresso gratuito, tutti i giorni dalle 9 alle 19.30, eccetto il mercoledì, dalle 13 alle 19.30 - è stata promossa dal Governatorato dello Stato della Città del Vaticano in collaborazione con l’ambasciata di Polonia presso la Santa Sede e con il ministero della Cultura e del Patrimonio nazionale della Repubblica Polacca. L’esposizione - ricorda L’Osservatore Romano - è divisa in quindici sezioni che illustrano la vita e il pontificato di Karol Wojtyła. Vengono ricordati l’infanzia e la gioventù a Wadowice, gli anni a Cracovia, con i vari momenti della sua vita: dal periodo della guerra all’esperienza come operaio, dal seminario clandestino all’ordinazione sacerdotale, dalla nomina a vescovo alla creazione a cardinale, fino agli anni del lungo pontificato. Sarà il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, a inaugurare la mostra, alla presenza del cardinale Giovanni Lajolo, presidente del Governatorato, e di vari esponenti politici e diplomatici della Polonia: tra questi, Waldemar Pawlak, vice premier e ministro dell’Economia, Piotr Żuchowski, vice ministro della Cultura e del Patrimonio nazionale, Hanna Suchocka, ambasciatore presso la Santa Sede.

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    24 Ore nel Mondo



    Misurata è libera: così, i ribelli libici in seguito al ritiro dei soldati di Gheddafi

    ◊   In Libia le forze di Gheddafi si sono ritirate da Misurata dopo settimane di durissimi scontri, costati la vita a centinaia di persone. I ribelli hanno annunciato la liberazione della città. I particolari nel servizio di Eugenio Bonanata:

    Misurata è libera. Anche se non ci sono conferme indipendenti, i leader dei ribelli cantano vittoria. Il colonnello ha ordinato ai suoi uomini di ritirarsi, inaugurando così una nuova fase strategica che consiste nel lasciare la zona e affidare le operazioni militari alle tribù locali. Lo ha testimoniato anche un soldato filo-governativo catturato dagli insorti proprio durante l’abbandono della città ribelle, segnato peraltro da nuovi scontri con almeno una decina di vittime. Il militare ha detto che l’ordine di Tripoli è arrivato ieri. Una dichiarazione che conferma quanto già anticipato dal viceministro degli Esteri libico, Khaled Kaim, che in queste ore aveva parlato di una situazione divenuta insostenibile a Misurata: un assedio che prosegue da diverse settimane, con centinaia di morti, senza avanzamenti significativi. Così il regime ha accettato l’aiuto delle tribù locali che prima tenteranno di dialogare con gli insorti per convincerli ad arrendersi: in caso di fallimento si continuerà a combattere. La soluzione, frutto di pressioni delle stesse tribù, che avevano dato un ultimatum alle truppe di Gheddafi, deve tuttavia fare i conti con i raid aerei della Nato. La notte scorsa, come annunciato, i caccia della coalizione sono entrati in azione a Tripoli. Nel mirino è finito un terreno poco distante dalla residenza di Gheddafi dove si troverebbe un bunker. Per il regime, però, si tratta solo di un parcheggio e di una fognatura. Il raid – sempre secondo fonti governative – ha provocato la morte di tre civili.

    Siria
    Ancora morti in Siria: sembrano essere 7, oggi, i morti a Izraa e a Douma, dove la polizia ha aperto il fuoco sulla folla che stava partecipando ai funerali delle 112 vittime, uccise ieri dalle forze di sicurezza durante la repressione delle manifestazioni antigovernative. Per questo motivo, per la prima volta, due deputati hanno annunciato le loro dimissioni. Il servizio è di Roberta Barbi:

    Sono morti almeno in 7, secondo quanto alcuni testimoni oculari hanno riferito alla tv al-Arabiya, uccisi dai cecchini appostati sui tetti di Izraa o dalla polizia che ha aperto il fuoco sulla folla a Douma, dove oggi si sono svolti i funerali delle vittime delle manifestazioni antigovernative di ieri, cui hanno partecipato migliaia di persone. Fonti giornalistiche riferiscono, inoltre, che in migliaia sono scesi in piazza in diverse città, chiedendo “il rovesciamento del regime” e cantando in onore dei caduti di quella che ieri è stata l’ennesima giornata di sangue. La triste conta delle vittime, tra le quali molti bambini, non lascia dubbi: l’intervento delle forze dell’ordine nel corso delle manifestazioni è stato sproporzionato. Immediata la condanna internazionale per l’atteggiamento delle autorità: Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Unione Europea hanno condannato il vergognoso e atroce uso della forza sui dimostranti. Scende in campo con fermezza anche il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, che ha condannato la repressione in atto, rinnovando la richiesta di un'indagine indipendente e trasparente sulle uccisioni dei manifestanti.

    Yemen-Bahrein-Arabia Saudita
    Resta difficile la situazione nello Yemen. Negozi chiusi oggi nella capitale Sanaa all’indomani della più grande manifestazione contro il presidente Saleh, al potere da 32 anni, dall'inizio delle proteste lo scorso gennaio. Sempre, ieri, dimostrazioni anche in Arabia Saudita in favore del rispetto dei diritti umani e contro la distruzione di moschee sciite nel vicino Bahrein. E sono stati migliaia a scendere in piazza anche in questo Paese, dove ieri la polizia è intervenuta con decisione eseguendo centinaia di arresti per interrompere le proteste antigovernative.

    Iran
    Le proteste in Bahrein sono “giuste” e il governo di Manama e l’Arabia Saudita, che ha inviato truppe per aiutare a reprimere la sollevazione, “non potranno far nulla” per fermare la rabbia della popolazione. Lo ha detto oggi la Guida suprema iraniana, ayatollah Ali Khamenei, citato dalla televisione di Stato, che ha respinto le accuse di ingerenze nelle rivolte di questi Paesi, mosse a Teheran dall’Unione Europea e dal Consiglio di Cooperazione del Golfo.

    Immigrazione-Italia-sbarchi
    Sbarco di immigrati in Calabria, sulla costa ionica. Almeno 18 persone di nazionalità pakistana, tra i quali un minorenne, sono stati rintracciati mentre camminavano lungo la Statale 106. Secondo una prima ricostruzione sono partiti dalla Grecia per approdare la notte scorsa nel crotonese. Nessuna traccia dell’imbarcazione con cui hanno viaggiato. Intanto a Ventimiglia continuano i passaggi in Francia di nordafricani in arrivo da vari centri italiani. Nelle ultime ore si contano almeno 150 partenze. Martedì il tema dell’immigrazione sarà al centro del vertice italo francese in programma a Roma.

    Italia-mafia
    Duro colpo, in Italia, alla criminalità organizzata. In manette ad Oria, nel brindisino, in Puglia, colui che viene considerato il capo della "Sacra Corona Unita". Si tratta di Francesco Campana arrestato dalla polizia stamattina nella sua abitazione: l’accusa è di associazione mafiosa. Deve scontare una condanna a nove anni.

    Italia-rifiuti
    Riprese le proteste a Terzigno, nel napoletano, nei pressi della discarica di Cava Sari. La notte scorsa si sono verificati atti vandalici, che hanno provocato lo stop del conferimento dei rifiuti per alcune ore. Protagonisti cinquanta persone a volto coperto che hanno fermato tre auto compattatori, incendiato la cabina di un mezzo e danneggiato un’automobile.

    Nigeria
    Continuano gli scontri in Nigeria, in preda alle violenze post-elezioni. Di oggi la notizia di un attentato a Kaduna, nel Nord del Paese. Due kamikaze sarebbero morti. Secondo fonti locali i combattimenti tra i fedelissimi del neo presidente Jonathan Goodluck e i sostenitori del candidato antagonista Muhammadu Buhari hanno provocato finora la morte di oltre 240 persone.

    Terremoto Isole Salomone
    Un sisma di magnitudo 6,9 sulla scala Richter si è verificato stamani alle isole Salomone, nel Pacifico. Ad annunciarlo l’Istituto Geofisico statunitense, precisando che non è stata diramata alcuna allerta tsunami. La regione fu colpita nel 2009 da un forte terremoto, seguito da uno tsunami, con un bilancio di 186 vittime.

    Haiti
    Ad Haiti il presidente eletto, Michel Martelly, ha chiesto formalmente alla Comunità internazionale di “non riconoscere i risultati delle elezioni legislative”. La tornata, secondo il capo dello stato, che ieri sera ha diffuso un comunicato, è viziata da una frode in favore del partito al potere e dunque non riflette la volontà popolare. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 113

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.