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Sommario del 21/04/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa alla Messa Crismale: non basta dirsi cristiani, bisogna anche esserlo
  • Messa “in Coena Domini” presieduta dal Papa in Laterano. Colletta in favore del Giappone colpito dallo tsunami
  • Il Papa nomina mons. Mosè Marcia vescovo di Nuoro
  • RaiUno: il Papa risponde a sette domande su Gesù
  • Giovanni Paolo II testimone del Vangelo della sofferenza: il ricordo di mons. Zimowski
  • “Francesco e il Papa”: Benedetto XVI e il Vaticano visti attraverso gli occhi di un bambino
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Orrore in Libia: i cecchini di Gheddafi uccidono anche i bambini a Misurata
  • Terrorismo: gli Usa accusano i servizi segreti pakistani di sostenere Al Qaeda
  • Costa d'Avorio. L'arcivescovo di Abidjan: fermare odio e violenza
  • Emergenza immigrazione. Il cardinale Bagnasco ribadisce l'impegno della Chiesa all'accoglienza
  • Stop al nucleare in Italia: il governo studia un nuovo piano energetico
  • La colonia albanofona di Piana degli Albanesi si prepara alla Pasqua
  • Chiesa e Società

  • Libia. Mons. Martinelli: la popolazione soffre per i bombardamenti e le divisioni interne
  • L’Unicef: più protezione per i bambini nei Paesi del mondo arabo colpiti dalle violenze
  • Pakistan: condanna a morte per l’omicida di due fratelli cristiani accusati di blasfemia
  • Vescovi polacchi: la beatificazione di Giovanni Paolo II è un “dono particolare”
  • Vietnam: prima visita ufficiale del rappresentante della Santa Sede mons. Girelli
  • Russia. L'arcivescovo di Mosca: "Sogno un calendario comune con i fratelli ortodossi"
  • Messaggio di Pasqua del Patriarca di Mosca Kirill
  • Commissione dottrinale Usa sulle obiezioni dei teologi sul ruolo dei vescovi in campo teologico
  • Nunzio in Colombia ribadisce la posizione della Chiesa sul matrimonio
  • Vescovi del Brasile: aumentano i conflitti per acqua e terra
  • Sud Sudan: tutta la società civile coinvolta nelle celebrazioni dell’indipendenza del Paese
  • Australia: raduno delle Famiglie cattoliche su “Matrimonio e il celibato consacrato"
  • Filippine: la Pasqua tempo di conversione non di ricreazione, ricorda il vescovo di Batanes
  • Torino: l’impegno pastorale del cardinale Saldarini ricordato nell’omelia funebre di mons. Nosiglia
  • Galilea: cristiani di Terra Santa ed ebrei per la "sinfonia-catechetica" scritta da Kiko Argüello
  • “Speciale TG5” su Fatima: "I bambini della profezia"
  • Roma: è morto Arcangelo Paglialunga, decano dei vaticanisti
  • 24 Ore nel Mondo

  • Siria: nominato il nuovo governatore di Homs ma la protesta non si ferma
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa alla Messa Crismale: non basta dirsi cristiani, bisogna anche esserlo

    ◊   Non dobbiamo soltanto chiamarci cristiani, ma anche esserlo: è l’esortazione di Benedetto XVI nella Messa Crismale, celebrata stamani in San Pietro con i vescovi e i presbiteri presenti a Roma. Il Papa si è soffermato sul significato degli oli sacri benedetti durante la celebrazione. Quindi, ha affermato con amarezza che in Occidente i cristiani sono diventati in gran parte un “popolo dell’incredulità e della lontananza da Dio”. Il Pontefice ha infine ricordato la figura del prossimo Beato, Giovanni Paolo II, testimone di Dio nel nostro tempo. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    (Canti)

    Un’omelia intensa per meditare sul valore degli oli sacri, ma soprattutto per interrogarsi su cosa significhi oggi essere cristiani. Il Papa ha ricordato che l’olio è il simbolo dello Spirito Santo e ci richiama a Cristo, l’Unto del Signore. Dunque, ha sottolineato, cristiani vuol dire unti, persone che appartengono a Cristo. E tuttavia, ha avvertito con Sant’Ignazio di Antiochia, non basta chiamarsi cristiani. Bisogna anche esserlo:

    “Lasciamo che proprio questi oli sacri, che vengono consacrati in quest'ora, ci ricordino tale compito intrinseco della parola 'cristiano' e preghiamo il Signore, affinché sempre più non solo ci chiamiamo cristiani, ma anche lo siamo”.

    Parlando dell’Olio del Crisma, olio dell’unzione sacerdotale e regale, il Papa ha sottolineato che i cristiani “sono popolo sacerdotale per il mondo”. I cristiani, ha soggiunto, dovrebbero perciò “rendere visibile al mondo il Dio vivente, testimoniarLo e condurre a Lui”. Un incarico che non è “una ragione per farne vanto”:

    “È una domanda che, insieme, ci dà gioia e ci inquieta: siamo veramente il santuario di Dio nel mondo e per il mondo? Apriamo agli uomini l'accesso a Dio o piuttosto lo nascondiamo? Non siamo forse noi - popolo di Dio - diventati in gran parte un popolo dell'incredulità e della lontananza da Dio?

    “Non è forse vero – ha proseguito – che l'Occidente, i Paesi centrali del cristianesimo sono stanchi della loro fede e, annoiati della propria storia e cultura, non vogliono più conoscere la fede in Gesù Cristo?”. Di qui, la sua vibrante invocazione:

    “Abbiamo motivo di gridare in quest'ora a Dio: 'Non permettere che diventiamo un non-popolo! Fa' che ti riconosciamo di nuovo! Infatti, ci hai unti con il tuo amore, hai posto il tuo Spirito Santo su di noi. Fa' che la forza del tuo Spirito diventi nuovamente efficace in noi, affinché con gioia testimoniamo il tuo messaggio!'”

    D’altro canto, ha affermato, “nonostante tutta la vergogna per i nostri errori, non dobbiamo, però, dimenticare che anche oggi esistono esempi luminosi di fede”, persone che con la loro fede e il loro amore “danno speranza al mondo”:

    “Quando il prossimo primo maggio verrà beatificato Papa Giovanni Paolo II, penseremo pieni di gratitudine a lui quale grande testimone di Dio e di Gesù Cristo nel nostro tempo, quale uomo colmato di Spirito Santo. Insieme con lui pensiamo al grande numero di coloro che egli ha beatificato e canonizzato e che ci danno la certezza che la promessa di Dio e il suo incarico anche oggi non cadono nel vuoto”.

    Il Papa non ha mancato di riflettere anche sul significato dell’olio dei catecumeni, che, ha detto, “indica come un primo modo di essere toccati da Cristo e dal suo Spirito”:

    “L'olio dei catecumeni ci dice: non solo gli uomini cercano Dio. Dio stesso si è messo alla ricerca di noi. Il fatto che Egli stesso si sia fatto uomo e sia disceso negli abissi dell'esistenza umana, fin nella notte della morte, ci mostra quanto Dio ami l'uomo, sua creatura”.

    “Dio – ha soggiunto il Papa – ama gli uomini. Egli viene incontro all’inquietudine del nostro cuore”. Al contempo, ha affermato, anche noi siamo in cammino verso di Lui, per amarlo meglio: “In questo senso dovremmo sempre rimanere catecumeni”. Quindi, il Papa si è soffermato sull’Olio per l’Unzione degli Infermi, rammentando che se compito principale della Chiesa è l’annuncio del Regno di Dio, proprio questo annuncio deve guarire il cuore ferito degli uomini:

    “L'uomo per la sua stessa essenza è un essere in relazione. Se, però, è perturbata la relazione fondamentale, la relazione con Dio, allora anche tutto il resto è perturbato. Se il nostro rapporto con Dio è perturbato, se l'orientamento fondamentale del nostro essere è sbagliato, non possiamo neppure veramente guarire nel corpo e nell'anima”.

    E tuttavia, ha aggiunto, fa parte della missione della Chiesa anche la guarigione concreta della malattia e della sofferenza. Ha così ringraziato tutti coloro che si mettono a fianco dei sofferenti, dando così testimonianza della bontà propria di Dio:

    “L'olio per l'Unzione degli infermi è segno di quest'olio della bontà del cuore, che queste persone - insieme con la loro competenza professionale - portano ai sofferenti. Senza parlare di Cristo, Lo manifestano”.

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    Messa “in Coena Domini” presieduta dal Papa in Laterano. Colletta in favore del Giappone colpito dallo tsunami

    ◊   Benedetto XVI presiederà la Santa Messa in Coena Domini, oggi pomeriggio alle 17.30, nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Il Papa, informa l’ufficio delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, farà la lavanda dei piedi a dodici sacerdoti. Durante il rito, i fedeli saranno invitati a compiere un atto di carità per le vittime del terremoto e dello tsunami in Giappone. La somma raccolta sarà affidata al Pontefice al momento della presentazione dei doni. La celebrazione sarà seguita in radiocronaca diretta dalla nostra emittente a partire dalle 17.20.

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    Il Papa nomina mons. Mosè Marcia vescovo di Nuoro

    ◊   Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Nuoro (Italia), presentata da mons. Pietro Meloni, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Mosè Marcia, finora vescovo titolare di Vardimissa ed ausiliare dell’arcidiocesi Cagliari. Mons. Mosè Marcia è nato a S. Sperate (Cagliari) il 10 ottobre 1943. Ha frequentato la scuola media inferiore nel Seminario di Cagliari. Ha svolto gli studi teologici, conseguendo la Licenza in Teologia. È stato ordinato presbitero il 17 luglio 1973, a Cagliari, sua arcidiocesi di appartenenza. Ha ricoperto i seguenti uffici: segretario particolare dell’arcivescovo (1973-1984); rettore del Seminario arcivescovile (1984-1991); parroco dei SS. Pietro e Paolo a Cagliari (1991-1999); economo dell’arcidiocesi di Cagliari dal 1° ottobre 1999 al 2006. È stato pure padre spirituale del Seminario Regionale. Eletto alla sede Titolare di Vardimissa e vescovo ausiliare di Cagliari il 3 giugno 2006, è stato consacrato vescovo l’8 settembre del medesimo anno. In seno alla Conferenza episcopale sarda è segretario.

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    RaiUno: il Papa risponde a sette domande su Gesù

    ◊   Domani, a partire dalle 14.10, durante la trasmissione di RaiUno “A sua immagine”, Benedetto XVI risponderà a sette domande su Gesù formulate dai telespettatori. Due risposte del Papa sono state anticipate dal quotidiano Avvenire, Radio Vaticana e Osservatore Romano. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    La prima domanda è di una bambina giapponese di 7 anni. Dice al Papa di avere tanta paura per il terremoto che ha sconvolto la sua terra e gli chiede perché i bambini debbano soffrire. Benedetto XVI confessa di farsi anche lui questa domanda. “Non abbiamo le risposte” – afferma – “ ma sappiamo che Gesù ha sofferto come voi, innocente” e “ sta dalla vostra parte”. E’ vero “rimane la tristezza” ma dobbiamo essere sicuri che Dio ci ama. Un giorno capiremo che “che questa sofferenza non era vuota, non era invano, ma che c’è un progetto buono, un progetto di amore dietro”. Quindi il Papa incoraggia la bimba: “noi siamo con te, con tutti i bambini giapponesi che soffrono, vogliamo aiutarvi con la preghiera, con i nostri atti”, siate sicuri che Dio vi aiuta.

    La seconda domanda è di una donna italiana, madre di un figlio in stato vegetativo dalla Pasqua del 2009. Chiede al Papa se l’anima abbia abbandonato il corpo del figlio, visto che lui non è più cosciente. “Certamente l'anima è ancora presente nel corpo” – risponde il Pontefice – anzi “sono sicuro che quest'anima nascosta sente in profondità il vostro amore”, anche se non sente le vostre parole. “Questa vostra presenza accanto a lui, ore ed ore ogni giorno, – dice alla mamma - è un atto vero di amore di grande valore, perché questa presenza entra nella profondità di quest'anima nascosta e il vostro atto è, quindi, anche una testimonianza di fede in Dio, di fede nell'uomo” e “di rispetto per la vita umana, anche nelle situazioni più tristi”: il vostro “un grande servizio all'umanità”.

    Domani, a partire dalle 14.10, sentiremo tutte le risposte del Papa, che sono state registrate nei giorni scorsi nel Palazzo Apostolico dal Centro Televisivo Vaticano. Riguardano anche la persecuzione dei cristiani, il mistero della morte e risurrezione di Gesù, il dialogo tra le fedi: quest’ultima domanda è stata posta da una donna musulmana della Costa d’Avorio.

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    Giovanni Paolo II testimone del Vangelo della sofferenza: il ricordo di mons. Zimowski

    ◊   “I testimoni della Croce e della Risurrezione di Cristo hanno trasmesso alla Chiesa e all’umanità uno specifico Vangelo della sofferenza”. E’ quanto scrive Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica “Salvifici Doloris” dell’11 febbraio del 1984 ed incentrata sul senso cristiano della sofferenza. La vita e il Pontificato di Giovanni Paolo II, che il prossimo primo maggio verrà proclamato Beato, sono profondamente legati anche a questo tema. Sul rapporto tra Papa Wojtyla e la sofferenza si sofferma al microfono di Romilda Ferrauto, mons. Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari, istituito proprio da Giovanni Paolo II.

    R. – Giovanni Paolo II è stato un Papa che ha avuto un rapporto davvero speciale con la sofferenza, sia dal punto di vista personale, prima di essere Papa e anche durante il Pontificato: non dimentichiamo quando Giovanni Paolo II si univa alla Via Crucis al Colosseo e si è aggrappato alla Croce di Nostro Signore Gesù Cristo! Lui ha sperimentato la sofferenza fin da bambino, quando ha perso la sua mamma a nove anni, e poi ci sono stati tanti, tanti altri eventi, in modo particolare durante la Seconda Guerra Mondiale nel corso della quale morirono tanti suoi amici … E’ stato un uomo che veramente ha toccato la sofferenza.

    D. – Il futuro Beato ha provato sulla sua stessa carne la sofferenza, la malattia … C’è un momento specifico in cui Giovanni Paolo II ha accettato il suo calvario e che l’ha colpito?

    R. – Nel ripercorrere la vita di questo grande Papa, ho trovato particolarmente significativo quanto disse pubblicamente nel maggio 1994, durante l’Angelus, al ritorno da un suo lungo ricovero al Policlinico Gemelli: “Vorrei che attraverso Maria sia espressa oggi la mia gratitudine per questo dono della sofferenza”. E aggiunse: “Voglio ringraziare per questo dono: ho capito che è un dono necessario”. Certamente, queste affermazioni illustrano da un lato la sua particolare devozione per la Vergine Maria e, dall’altro, l’accettazione di lunghi e molteplici patimenti fisici, e quando pronunciò queste parole era come se fosse consapevole di avere ancora molta strada da percorrere e molte, molte sofferenze fisiche da affrontare per l’umanità, per la Chiesa.

    D. – Questo indebolimento fisico è stato d’ostacolo all’azione pastorale di Giovanni Paolo II?

    R. – Nell’ultima parte del suo Pontificato, noi sappiamo che la sofferenza aveva indubbiamente e gravemente già segnato il suo corpo; ma vorrei, a questo proposito, riportare quanto evidenziato da Benedetto XVI in occasione degli auguri natalizi alla Curia Romana, nell’anno della morte di Giovanni Paolo II: “Nessun Papa ci ha lasciato una quantità di testi pari a quella che ci ha lasciato lui; nessun Papa in precedenza ha potuto visitare, come lui, tutto il mondo e parlare in modo diretto agli uomini di tutti i continenti”. Il Santo Padre sottolineò ancora: “Alla fine, gli è toccato un cammino di sofferenza e di silenzio”. Con le sue parole e con le sue opere ci ha donato cose grandi, ma non meno importante è la lezione che ci ha dato dalla cattedra della sofferenza e del silenzio. (gf)

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    “Francesco e il Papa”: Benedetto XVI e il Vaticano visti attraverso gli occhi di un bambino

    ◊   Esce oggi in oltre 60 sale cinematografiche in molte città della Germania e anche in Svizzera un nuovo film, assai originale, che presenta sul grande schermo la figura di Benedetto XVI e la realtà della vita in Vaticano visti attraverso gli occhi di un bambino. Ce ne parla, in questa breve nota informativa, padre Federico Lombardi:

    ”Francesco e il Papa” è un film che racconta la storia di un bambino che sogna di cantare per il Papa. Esso è stato presentato in prima visione il 24 marzo a Monaco di Baviera, alla presenza di numerosi invitati, tra cui il cardinale arcivescovo di Monaco e Frisinga, Reinhard Marx. Successivamente vi sono state altre due anteprime, a Würzburg l’8 aprile e ad Einsiedeln (Svizzera) il 15 e oggi, 21 aprile, esce in molte sale cinematografiche in numerose città della Germania e della Svizzera. Il protagonista della pellicola, firmata dal regista Ciro Cappellari, è un bambino romano di undici anni, appassionato di calcio e di musica, membro del celeberrimo coro pontificio della “Cappella Sistina”. Per la sua voce dal timbro straordinario Francesco viene scelto per cantare un assolo davanti al Santo Padre. Sotto la guida esperta di mons. Giuseppe Liberto, direttore della Cappella Sistina, il ragazzo è accompagnato dalla cinepresa durante la sua preparazione fino al momento culminante in cui si esibisce davanti al Sommo Pontefice. Contemporaneamente – siamo nel 2009 – ci vengono mostrati scorci dei viaggi apostolici di Benedetto XVI in Africa e in Terra Santa e immagini della vita quotidiana e dell’attività del Papa, raccolto in preghiera o ripreso durante una passeggiata a Castel Gandolfo … Sempre attraverso gli occhi del bambino, lo spettatore viene introdotto in vari aspetti della vita che si svolge in Vaticano: l’addestramento e l’attività delle guardie svizzere e dei gendarmi, le celebrazioni in San Pietro, e così via.

    Le riprese particolari autorizzate per la realizzazione del film, le immagini e la collaborazione fornite dal Centro Televisivo Vaticano, insieme con l’assistenza garantita dal Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali, fanno di questa pellicola una produzione molto originale, che offre anche al pubblico delle sale cinematografiche una possibilità di entrare nel mondo vaticano e di avvicinarsi alla figura del Santo Padre e alla sua umanità in un modo semplice e informale. Senza entrare in una valutazione approfondita dell’opera, si può certamente affermare che essa costituisce un’ulteriore dimostrazione della disponibilità del Papa e dei suoi collaboratori a cercare e accogliere forme nuove, diverse e dirette, per entrare in comunicazione con un vasto pubblico.

    Il film, della durata di circa 90 minuti, è prodotto da P.Weckert, N.Preuss, O.Berben, per la tedesca Fanes Film, in coproduzione con Constantin Film e Beta Film.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, l’omelia del Papa alla Messa crismale celebrata all’altare della Confessione della Basilica di San Pietro sulla “gioia e l’inquietudine” di essere cristiani.

    Di spalla, sempre in prima pagina, “I signori del rating e i segreti di Washington”, un editoriale di Luca Possati dedicato allo stato di salute dell’economia Usa e ai retroscena del taglio di Standard&Poor’s all’outlook americano.

    Al centro, un articolo sulle violenze postelettorali in Nigeria, ancora lontana dalla normalità democratica, e l’ultima fotografia dei due reporter uccisi a Misurata. Nelle pagine del servizio internazionale, ampio spazio viene dedicato al piano immigrazione dell’Unione Europea, dopo il via libera dei commissari alla bozza presentata da Cecilia Malmström, mentre il servizio religioso riporta ampi stralci della tradizionale lettera pasquale dell’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams.

    Per rendere omaggio al vaticanista appena scomparso, Arcangelo Paglialunga, L’Osservatore Romano pubblica ampi stralci del suo ultimo articolo. In “Quella bellissima pianista che respinse D’Annunzio”, Paglialunga rievoca l’atmosfera dei salotti culturali dalla Roma di fine Ottocento e ricorda due musiciste all’epoca molto celebri, Isa Bosisio e Teresina Tua. Sempre nelle pagine culturali del giornale, “Sette parole nella solitudine del mistero”, una meditazione sulle ultime ore della vita terrena di Gesù di Inos Biffi, e un articolo di Timothy Verdon su sentimento e fede nelle raffigurazioni del Cristo morto.

    Nelle pagine del servizio vaticano, “Papa Wojtyła e il vangelo del lavoro”, un ricordo della visita all’Enel di Civitavecchia, avvenuta 24 anni fa e “L’anima nel corpo sofferente”, un’anticipazione della trasmissione tv «A sua immagine» in cui Benedetto XVI risponderà alle domande del pubblico.

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    Oggi in Primo Piano



    Orrore in Libia: i cecchini di Gheddafi uccidono anche i bambini a Misurata

    ◊   Ormai guerra senza esclusione di colpi in Libia. La situazione tra forze lealiste e quelle degli insorti cambia di ora in ora con avanzate e arretramenti continui. Ieri due fotoreporter sono rimasti uccisi a Misurata, mentre una forte denuncia arriva dai medici di Emergency che operano sul terreno: gravissime accuse ai fedelissimi di Gheddafi che mostrano come la tragedia si stia trasformando in orrore. Ce ne parla Marco Guerra:

    Gheddafi starebbe utilizzando cecchini che sparano sui civili in particolare sui bambini: cinque i minori uccisi negli ultimi giorni. Ma il personale di Emergency lancia anche un’altra grave accusa nei confronti delle milizie lealiste: ovvero l’utilizzo indiscriminato delle famigerate cluster bombs, le bombe a grappolo. Ordigni micidiali contenenti munizioni più piccole che colpiscono in maniera indiscriminata. Un’arma largamente messa al bando a livello internazionale, ma che continua ad essere utilizzata in molti teatri di guerra. E nei combattimenti di ieri a Misurata, uno dei fulcri di questo conflitto, hanno perso la vita due fotoreporter stranieri: il britannico Tim Hetherington e l'americano Chris Hondros. Due numeri uno della fotografia, che avevano raccontato al mondo la tragedia della guerra a qualsiasi latitudine. Sono stati colpiti da una bomba da mortaio mentre si trovavano nella roccaforte occidentale degli insorti. Intanto, sul terreno continuano i raid aerei della coalizione internazionale: la Tv di Stato libica denuncia l’uccisione di 7 civili a sud di Tripoli. La Nato conferma il bombardamento di un bunker nei pressi della capitale ma esclude che abbia causato vittime non militari. E nelle ultime ore i ribelli hanno preso il controllo di una vasta area nei pressi della frontiera con la Tunisia, cacciando oltre confine le milizie pro-Gheddafi. Insorti che nei prossimi giorni potranno contare sull’appoggio logistico un ristretto numero di ''istruttori militari'' che invieranno Parigi, Londra e Roma. E oggi il rappresentante della Francia presso l'opposizione libica non ha escluso una visita del presidente francese Sarkozy a Bengasi. Dichiarazioni a cui ha fatto seguito, oggi, il monito del ministro degli Esteri russo Lavorov, che ha esortato ad attenersi alla risoluzione del consiglio di sicurezza dell'Onu. E un forte appello a risolvere la crisi “sul piano diplomatico” è stato lanciato dal presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, nell'omelia pronunciata questa mattina nella cattedrale di Genova.

    Sulle gravissime accuse rivolte da Emergency alle truppe fedeli a Gheddafi di sparare deliberatamente sui minori, Giancarlo La Vella ha sentito Cristiano Tinazzi, appena rientrato da Tripoli:

    R. - Questa è una notizia molto forte, molto dura. Io penso che non sia una cosa deliberata, perché comunque molti soldati hanno legami di parentela l’uno con l’altro, legami tribali anche con civili che si trovano in mezzo alla guerra. Purtroppo, come è già successo in altre parti del mondo, dove si verificano guerre civili, si perde anche ogni senso della dignità e il comportamento anche etico delle forze armate in campo. Diventa di una ferocia incredibile… Se fosse confermato tutto questo, si dimostrerebbe come l’escalation di questa guerra civile sta assumendo toni inumani, da entrambe le parti: molti soldati catturati da parte ribelle vengono uccisi sul posto.

    D. - C’è anche un’altra forte denuncia, che è quella dell’utilizzo delle famigerate bombe a grappolo - le cluster bombs - sempre da parte dei soldati lealisti…

    R. - Sì, è una denuncia che è arrivata dai medici di Emergency ed io credo che loro abbiamo avuto modo di riscontrarlo che le ferite trovate sulle persone portate nel loro centro ospedaliero sono compatibili con queste armi, che colpiscono indiscriminatamente la popolazione civile.

    D. - E’ una guerra che sta causando vittime anche tra gli stranieri, tra coloro che sono lì per osservare quello che succede ieri due fotoreporter: vuol dire che è un confronto senza esclusione di colpi, insomma…

    R. - Sì, purtroppo non sono i primi fotografi e giornalisti che muoiono nel conflitto. Purtroppo è un pegno che non si vorrebbe pagare, ma che troppo spesso chi deve dare informazioni al resto del mondo si trova a scontare…

    D. - Da questo quadro appare, dunque, una situazione nella quale pensare ad un accordo sembra molto difficile…

    R. - E’ sempre più difficile. E’ una guerra che si continuerà a portare avanti, ma ormai le vie diplomatiche sono completamente esaurite… Spero di no, ma io penso che questa guerra non finirà presto e che, anzi, continuerà a diventare sempre più crudele. (mg)

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    Terrorismo: gli Usa accusano i servizi segreti pakistani di sostenere Al Qaeda

    ◊   Gli Usa, con il capo degli Stati maggiori congiunti, l’ammiraglio Mike Mullen, in visita ad Islamabad, hanno accusato ieri i servizi segreti pachistani di sostenere le attività della cosiddetta Rete Haqqani, che in Afghanistan organizza attentati contro le truppe che combattono i talebani. Non è la prima volta che si punta il dito contro le attività dei servizi segreti di Islamabad. Sui motivi di queste accuse, Giada Aquilino ha intervistato Francesca Marino che - con Beniamino Natale - è autrice del libro “Apocalisse Pakistan”, appena pubblicato da Edizioni Memori:

    R. – L’ammiraglio Mullen ha ribadito una cosa, che poi è uno dei soliti “segreti di Pulcinella” del Pakistan: le attività dei servizi segreti di Islamabad sono legate ai talebani. È storia vecchia di come sia la Cia, sia i servizi pakistani abbiano messo in piedi all’epoca dell’invasione russa i talebani e anche la rete di Haqqani, che è una fazione indipendente dei talebani afghani. In un’intervista, l’ex comandante dei servizi pakistani, Hamid Gul, mi ha detto che: “spezzare i vecchi legami a volte non è nemmeno auspicabile”.

    D. – In quale momento arrivano le dichiarazioni dell’ammiraglio Mullen nella storia delle relazioni tra gli Stati Uniti e il Pakistan?

    R. – In gennaio si è scoperto un agente della Cia sotto copertura al consolato Usa di Lahore: l’uomo è stato arrestato perché ha sparato, in pieno centro città, contro due persone in motocicletta, che si è scoperto poi essere riconducibili all’Isi, l’intelligence pakistana. Questa storia ha provocato uno dei momenti di massima tensione tra Washington e Islamabad. A questo punto, è ricominciato il balletto di accuse contro i servizi segreti pakistani da parte di Washington e contro gli attacchi con i “droni” da parte di Islamabad, che vanno avanti ormai da anni.

    D. – Cche percezione si ha oggi in Pakistan del ruolo della Cina nell’area?

    R. – A livello popolare, la forte presenza cinese in Pakistan – che non è visibilissima, però c’è – non è molto ben vista. A livello governativo, la Cina è diventata il tutore e il referente privilegiato del Pakistan, anche perché c’è una vecchia storia di aiuti forniti per costruire basi nucleari. Ma la Cina, in Pakistan, ha investimenti fortissimi. Certamente in Baluchistan la presenza cinese è fortissima: i cinesi hanno costruito il porto di Gwadar e hanno in mano l’economia della regione. Ma lì la presenza cinese è vista come un’occupazione. (gf)

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    Costa d'Avorio. L'arcivescovo di Abidjan: fermare odio e violenza

    ◊   Resta tesa la situazione in Costa d’Avorio ad oltre una settimana dalla cattura del presidente uscente Gbagbo. Tiri di armi pesanti si sentono ancora ad Abidjan, nel bastione dei militanti fedeli all’ex capo di Stato. Sul posto sono presenti le forze del neo-presidente ivoriano Alassane Ouattará. Dall’arresto, l'11 aprile scorso, dell’ex presidente Gbagbo, le forze di Ouattará hanno progressivamente preso il controllo della capitale economica ivoriana. In questo contesto il Paese si appresta a vivere la Pasqua tra timori e speranze. L’arcivescovo di Abidjan, Jean-Pierre Kutwa, ha lanciato un accorato appello a fermare odio e violenza per riportare pace e benessere. Ascoltiamolo al microfono di Hélène Destombes:

    R. - La Côte d’Ivoire a vécu…
    La Costa d’Avorio ha vissuto e continua a vivere delle grandi prove; ha conosciuto degli scontri di rara violenza, degli scontri che cominciano ad avere fine con questo tempo che ci conduce alla Pasqua e nella Pasqua tutti i Paesi sperano di conoscere la Resurrezione. In questo tempo di Pasqua, tutta la Costa d’Avorio deve uscire dal suo “sepolcro”: quella grande pietra di odio, quella grande pietra di divisione che si è abbattuta sul Paese, con la Pasqua – ne siamo pienamente coscienti - sarà tolta e la Costa d’Avorio risorgerà, ancora più bella di prima. Con la grazia di Dio, la Costa d’Avorio si metterà sul cammino del perdono, della riconciliazione e dell’unità, affinché una grande pace possa ritornare nel Paese, per la felicità di tutti.

    D. – Adesso è tempo che gli ivoriani facciano proprio il perdono?

    R. – Le pardon doit être vraiment un rendez-vous. …
    Il perdono deve essere un appuntamento importante. Ci sono stati molti, troppi morti da una parte come dall’altra: c’è stato molto dolore e lutto. Noi domandiamo che il Signore doni a ciascun ivoriano questa grazia del perdono, perché il perdono non è qualcosa di naturale: il perdono è qualcosa di soprannaturale. E’ necessario ricevere la grazia di Dio per conoscere veramente il perdono. Dopo queste grandi ferite, noi preghiamo il Signore che tutti aspirino a questo perdono per conoscere veramente la riconciliazione.

    D. – In Costa d’Avorio le varie confessioni religiose hanno operato per la pace?

    R. – Tous les religieux dans ce pays…
    Tutti i religiosi nei loro Paesi portano questo grande messaggio e lavorano per questa convivenza pacifica; tutti i religiosi cercano di far comprendere che tutti noi siamo nati dallo stesso Padre, dallo stesso Creatore, e non dobbiamo assolutamente dimenticarlo: è necessario che ci si riconosca tutti come fratelli e che la nostra convivenza sia pacifica e fraterna.

    D. – Il coprifuoco è stato tolto: è finalmente tornata la calma in Costa d’Avorio?

    R. – Après de tels affrontements, …
    Dopo gli scontri, la calma in Costa d’Avorio potrà tornare solo lentamente. Il coprifuoco è stato tolto, fortunatamente, e ogni giorno ci porterà un poco più di calma. Nel giro di uno o due mesi – come ha detto anche il presidente – tutta la Costa d’Avorio ritroverà la pace e la calma, che l’hanno sempre caratterizzata. (mg)

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    Emergenza immigrazione. Il cardinale Bagnasco ribadisce l'impegno della Chiesa all'accoglienza

    ◊   Continua l’impegno della Chiesa a favore dei migranti. La Caritas ha individuato oltre 3100 posti in 107 diocesi. ''Davanti al dramma di tanti profughi e rifugiati – ha detto oggi il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, riaffermiamo l'impegno della Chiesa a educare ad una cultura dell'accoglienza che sia sempre congiunta alla legalità e alla sicurezza, tenendo conto della oggettiva complessità della situazione. Come uomini e come pastori – ha aggiunto, come riferisce il Sir - guardiamo a tanti fratelli che lasciano i Paesi martoriati del Nord Africa, e approdano come profughi o rifugiati sulle nostre coste in cerca di speranza''. A Roma, però, la Comunità di Sant'Egidio esprime “stupore e disappunto per le recenti scelte dell'Amministrazione comunale nei confronti dei Rom e dei profughi giunti in questi giorni dal Nord Africa”. Per la Comunità non si intravvede una “politica di accoglienza e umanità all’altezza del ruolo di Roma”. Nella capitale hanno trovato alloggio una cinquantina di tunisini nella parrocchia della Natività a Via Gallia, altri bivaccano alla Stazione Termini. Alessandro Guarasci.

    La Natività è una parrocchia storica di San Giovanni. E storica è la sua capacità di accogliere. Sabato circa 200 immigrati tunisini sono arrivati a Roma per essere accolti a Grottarossa, ma il quartiere è insorto. Da lì è iniziato il loro vagabondare per la città. Poche ore dopo è intervenuto il parroco della Natività, don Pietro Sigurani, sorpreso della scarsa capacità d’accoglienza della capitale:

    R. - E’ una città che si è risvegliata indifferente. E’ un’indifferenza che rasenta un po’ di razzismo.

    D. – Quale segno di vicinanza ha dato la parrocchia a questi ragazzi?

    R. – La parrocchia ha delle case nel Sahara tunisino e anche delle scuole, in modo da farli venire regolarmente. Diamo loro da mangiare, diamo loro da dormire e poi li mettiamo in contatto con i parenti che hanno in Francia e con i parenti che hanno in altre città d’Italia e alcuni sono già andati. Qui cerchiamo di dare loro anche un lavoro e quattro li stiamo assumendo con contratto regolare. Ci dicono: “Siamo venuti qui e ‘pour nous c’est un rêve!’, 'per noi è un sogno!'".

    Sono giovani, venti anni o poco più, tutti con un titolo di studio o con un mestiere. Il loro primo impatto con Lampedusa è stato forte. Ascoltiamo la testimonianza di un immigrato:

    R. – Essendo troppi, gli alloggi non erano un granché a Lampedusa, e solo dopo essere stati trasferiti a Caserta e a Napoli l’ospitalità è migliorata. Poi, però, sono stati trasferiti a Roma, a Grottarossa, dove invece sono stati trattati malissimo, e dove una parte dei cittadini ha reagito male: alcuni avevano bastoni e altri persino la pistola. Per fortuna presso la Natività sono venuti a saperlo e il parroco ha mandato alcuni parrocchiani a cercare questi ragazzi che dormivano per strada.

    D. – Ma è difficile vivere per un giovane in Tunisia?

    R. – Quelli del Sud e dell'Est della Tunisia, come noi, non hanno un lavoro. Quelli del Sahel invece trovano un lavoro, anche se non sono laureati. Noi invece, che per la maggior parte abbiamo studiato e chi non è laureato ha almeno un diploma, non abbiamo un lavoro. Nel Sud siamo isolati, come se non facessimo parte della Tunisia. (ap)

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    Stop al nucleare in Italia: il governo studia un nuovo piano energetico

    ◊   In Italia, dopo lo stop al programma nucleare sancito ieri con il via libera del Senato all’emendamento della maggioranza al decreto omnibus che abroga le norme necessarie per la realizzazione delle centrali nucleari, il Governo sta ora lavorando al Piano per una strategia energetica nazionale che sarà presentato dopo l’estate. Lo ha detto oggi il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani precisando che, nell’agenda dei lavori, c’è anche la valutazione sugli incentivi alle rinnovabili. “Il dibattito non è più sul nucleare sì o no, ma sulla sicurezza”, ha detto ancora Romani, cambia dunque anche la missione dell’Agenzia sul nucleare guidata da Umberto Veronesi che da oggi si concentrerà su questo tema. Nel tracciare una nuova strategia energetica il Governo intende tener conto di più approfondite evidenze scientifiche e anche delle scelte dell’Unione Europea. Ma l’Europa sul nucleare non appare affatto unita. Lo conferma Valerio Rossi Albertini, fisico del Cnr, esperto di nucleare e di energie rinnovabili, intervistato da Francesca Sabatinelli:

    R. – E’ già un po’ di tempo che non si va più verso il nucleare. Alcuni Paesi hanno vocazione nuclearista, come la Francia, ma altri invece, come la Germania ad esempio, hanno già preannunciato che si fermeranno e che dismetteranno le vecchie centrali, che hanno la stessa età di Fukushima. Quindi, non c’è un orientamento omogeneo e coerente dell’Unione Europea su questo tema.

    D. – In attesa di un chiarimento, una voce autorevole come quella di Umberto Veronesi ha chiesto che la ricerca non si fermi, perché il nucleare non va escluso...

    R. – Io risponderei: la ricerca non va fermata in nessun ambito. Per quanto riguarda il nucleare, immagino che la sua affermazione si riferisca alle sorgenti di quarta generazione che per adesso sono ancora un progetto, ma verranno realizzate probabilmente tra dieci o quindici anni.

    D. – Lei ci può dire che esiste la possibilità di fonti di energia alternative?

    R. – Naturalmente sì, fonti alternative ci sono e anzi la mia piccola battaglia consiste proprio nel cercare di allargare il discorso, oltre che al nucleare, di cui si può discutere e si dovrebbe fare senza pregiudizi, anche e soprattutto alle fonti rinnovabili di nuova generazione, perché noi siamo abituati a pensare che le rinnovabili siano le pale eoliche o l’idroelettrico, il geotermico o i pannelli solari tradizionali. In realtà, adesso, nei nostri laboratori c’è infinitamente più di questo: fonti alternative innovative, due volte nuove quindi.

    D. – Ci troviamo, però, almeno in Italia con delle forti proteste dei lavoratori del fotovoltaico contro il decreto cosiddetto “ammazza rinnovabili”. Quindi, non è chiaro in che direzione voglia andare l’Italia...

    R. – Esattamente! E’ proprio questo che noi denunciamo: che ancora non si sia pianificata una strategia di ampio respiro e di lungo termine. Sembra che tutti questi provvedimenti, compresi gli incentivi alle rinnovabili, siano piuttosto episodi estemporanei e non facciano parte di un quadro d’insieme. Quello che ci sentiamo di dire al governo è che sarebbe opportuno aprire un tavolo, soprattutto con i tecnici, che possa dare delle chiare indicazioni su quali potrebbero essere le alternative al nucleare. Se adesso vogliono fermare il programma di sviluppo, non potremo fare a meno, anzi sarà una necessità urgente, cominciare a parlare di alternative ai combustibili fossili, quali il petrolio e il gas, che sono in via di esaurimento. Le scelte che noi stiamo facendo adesso si ripercuoteranno nei prossimi dieci o venti anni, quando le fonti di combustibile fossile saranno in via di esaurimento. Allora sarà troppo tardi per rendersi conto del tempo che abbiamo perso. Noi rinnoviamo ancora una volta – io come portavoce della comunità scientifica – l’auspicio che finalmente, prendendo a pretesto questi eventi luttuosi di Fukushima, si possa interloquire con i nostri governanti e pianificare congiuntamente un’azione sul piano energetico, che possa affrancarci progressivamente dalla schiavitù dei combustibili fossili. (ap)

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    La colonia albanofona di Piana degli Albanesi si prepara alla Pasqua

    ◊   Anche la colonia albanofona di Piana degli Albanesi si prepara alla Pasqua, una festività molto sentita in cui si fondono tradizioni religiose e culturali. Suggestivo il rito greco-bizantino: tra ampie volute di incenso, l’eparca celebra il rito sulla sacra mensa circondato dai sacerdoti tra cori e inni sacri. Ci riferisce da Palermo Alessandra Zaffiro:

    In provincia di Palermo, oltre cinque secoli fa, un gruppo di profughi dell’Albania centrale e meridionale, scampati all’invasione e alle persecuzioni dei turchi, fondò Piana degli Albanesi. Gli albanesi di Piana, gli arbëreshë, hanno tenacemente conservato fino ad oggi lingua, costumi e tradizioni liturgiche greco-bizantine, al punto da chiamare gli italiani ‘latini’ per il loro rito.

    L'Eparchia di Piana degli Albanesi, alla quale appartengono gli arbëreshë, è una comunità di fedeli cattolici in comunione con la Chiesa di Roma che segue un rito e una disciplina ecclesiastica propri. Le manifestazioni religiose di questa colonia albanofona, raggiungono il culmine nella celebrazione della Settimana Santa, (Java e madhë), in particolare il giorno di Pasqua. La cerimonia liturgica inizia al mattino nella Cattedrale "San Demetrio", ricca di icone, con il solenne pontificale celebrato dal vescovo Sotir Ferrar e dai sacerdoti, papàdes, dell’Eparchia, istituita nel 1937 da Papa Pio XI con la Bolla Pontificia "Apostolica Sedes". Nelle celebrazioni liturgiche vengono utilizzate sia la lingua greca che la lingua albanese. Tra ampie volute di incenso l’Eparca, attorniato dai ‘papàdes’, celebra il rito sulla sacra mensa che, secondo l’uso greco, si innalza al centro dell’abside.

    La celebrazione della Divina Liturgia (la Santa Messa), molto diversa da quella di rito latino, contiene gli stessi momenti liturgici essenziali: introito, lettura della Parola di Dio, offertorio, consacrazione e comunione che, nel rito bizantino greco, si distribuisce sotto le due specie del pane fermentato e del vino consacrato. L’intensità delle preghiere, l’armonia dei canti e lo splendore dei paramenti sacri, creano momenti di profonda spiritualità. Vibrante il congedo pasquale, quando in lingua arbëreshë il celebrante pronuncia: “Krishti u ngjall!”, “Cristo è risorto!”. E i fedeli rispondono: “Me të vërtet u ngjall!”, “E’ veramente risorto!”. Al termine della funzione, la tradizionale sfilata delle donne in costumi ricamati in oro fino alla piazza, dove viene impartita la benedizione, seguita dalla distribuzione delle uova rosse, simboli di vita e immortalità.

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    Chiesa e Società



    Libia. Mons. Martinelli: la popolazione soffre per i bombardamenti e le divisioni interne

    ◊   “‘Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?’, le parole di Gesù sulla Croce scritte nel Vangelo di Matteo esprimono ciò che sta soffrendo la popolazione libica in questa drammatica vicenda”. È quanto afferma mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli. “La Settimana Santa – aggiunge – vissuta alla luce della fede cristiana è un periodo che invita tutti a riflettere e a pregare per chiedere al Signore di accogliere la sofferenza della popolazione libica cristiana e non cristiana”. Secondo mons. Martinelli, a circa un mese dall’inizio dell’operazione Odyssey Dawn, la popolazione patisce non solo i bombardamenti, ma anche il clima di divisione che si è instaurato all’interno del popolo libico. “È un momento di grande sofferenza – spiega all'agenzia AsiaNews – c’è un silenzio assoluto nelle città. Molti villaggi sono ormai vuoti. A Tripoli bisogna fare la fila per prendere la benzina, ma sono ancora disponibili i generi di prima necessità. Molta gente scappa. Hanno paura, per la famiglia, per i bambini, per se stessi”. Il prelato sottolinea che la situazione è molto incerta e anche la Chiesa è stata costretta a far evacuare il proprio personale dalle città più colpite. In questi giorni, sono ritornate a Tripoli le suore che operano come infermiere nell’ospedale di Yefrem. Nel dolore provocato dalla guerra, la piccola comunità cristiana, composta soprattutto da lavoratori migranti filippini e africani sub-sahariani, è ancora molto attiva e la sua presenza è un sostegno spirituale anche per i musulmani libici. “Venerdì scorso – racconta mons. Martinelli – si sono fermate in fondo alla chiesa alcune donne musulmane, che chiedevano a noi cristiani di pregare e sollecitare l’intervento del Papa per fermare i bombardamenti e trovare una via per riconciliare questa realtà umana”. Mons. Martinelli spera ancora nella riapertura di un dialogo fra il regime di Gheddafi, forze Nato e ribelli. “Solo la diplomazia può risolvere questa situazione – afferma – la guerra non può indurre l’uomo a piegarsi. Anzi bisogna tentare tutte le forme, soprattutto quella del dialogo con il regime”. Secondo il prelato la comunità internazionale e l’Italia sbagliano a isolare completamente Gheddafi, dialogando solo con i ribelli, perché non si fa che aumentare la divisione e l’odio. “Non considerare la possibilità di un dialogo con il governo libico – sottolinea – non è una cosa positiva, per l’amicizia e il futuro della Libia”. (R.P.)

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    L’Unicef: più protezione per i bambini nei Paesi del mondo arabo colpiti dalle violenze

    ◊   L’Unicef lancia l’allarme per gli effetti sui bambini delle violenze che stanno scuotendo il mondo arabo. L’agenzia delle Nazioni Unite, in una nota ripresa dall'agenzia Sir, condanna gli attacchi contro i civili da parte dei gruppi armati ed esorta tutte le parti a “lasciare entrare gli operatori umanitari immediatamente in tutte le zone e raggiungere i bambini in pericolo”. Secondo le informazioni in possesso dell’Unicef, in Libia, a Misurata, almeno 20 bambini sono stati uccisi e molti altri feriti, con notizie di utilizzo di bombe a grappolo. Nello Yemen, dall'inizio di febbraio almeno 26 bambini sono stati uccisi e oltre 800 sono stati feriti. In Siria, nel corso delle ultime settimane, nove bambini sono stati uccisi e molti feriti. Nel Bahrein molti dimostranti sono stati uccisi o feriti, tra questi c’erano giovani studenti. Nel sud di Israele, il lancio di razzi a Gaza continua a colpire i bambini. Questa settimana, un 16enne israeliano è morto a seguito delle lesioni, dopo che un razzo aveva colpito uno scuolabus. Nel Territorio Palestinese Occupato, dall'inizio dell'anno, otto bambini palestinesi sono stati uccisi e almeno 48 feriti sia dalle forze di sicurezza israeliane che dai gruppi armati palestinesi. L'Unicef esorta tutte le parti ad “adottare tutte le misure necessarie per proteggere i bambini dagli effetti diretti e indiretti delle violenze”. (M.G.)

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    Pakistan: condanna a morte per l’omicida di due fratelli cristiani accusati di blasfemia

    ◊   Il tribunale dell’anti-terrorismo pakistano a Faisalabad ha condannato a morte Maqsood Ahmed, un musulmano, per l’omicidio nel luglio 2010 di due fratelli cristiani accusati di blasfemia. Il giudice Raja Muhammad Arshad ha emesso la sentenza il 18 aprile scorso, aggiungendo alla pena capitale una ulteriore condanna a 10 anni di galera e al pagamento di circa 47mila dollari. L’imputato dovrà inoltre versare una somma di quasi 6mila dollari all’ispettore di polizia, rimasto ferito nella sparatoria in cui sono morti Rashid e Sajid Masih Emmanuel. Un gruppo di attivisti cristiani riferisce che si tratta “del primo caso” in cui è applicata la legge e viene condannato l’assassinio di due cristiani, vittime innocenti. Il 19 luglio 2010 Rashid Emmanuel e Sajid Masih Emmanuel, due fratelli cristiani di 32 e 30 anni, a processo con l’accusa di blasfemia, sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco all’uscita del tribunale a Faisalabad, nel Punjab. Per il brutale omicidio è stato condannato il musulmano Maqsood Ahmed, che li ha freddati all’esterno dell’edificio dal quale erano appena usciti. Ancora ammanettati, i due fratelli cristiani sarebbero dovuti rientrare in carcere al termine dell’udienza. Per gli attivisti si tratta “del primo caso” in cui è applicata la legge e viene condannato l’assassinio di due cristiani, vittime innocenti. “Siamo molto soddisfatti – affermano in un’intervista ad Ans ripresa dall'agenzia AsiaNews – e se i giudici decideranno tutti i casi di blasfemia sui meri fatti, si vedrà che la maggioranza di questi è del tutto priva di fondamento”. Durante i giorni del dibattimento, la comunità cristiana temeva rappresaglie verso Rashid e Sajid Masih Emmanuel, perché imputati in base alla “legge nera” e con molte probabilità di essere prosciolti. (R.P.)

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    Vescovi polacchi: la beatificazione di Giovanni Paolo II è un “dono particolare”

    ◊   “La Beatificazione di Giovanni Paolo II è una grazia per tutta la Chiesa e per molti uomini di buona volontà; è anche un dono particolare per la Polonia e ancora di più per noi”. Lo scrivono i vescovi polacchi nella Lettera per il Giovedì Santo, come riferisce agenzia Sir. Ricordando che Karol Wojtyla “in Polonia ha ricevuto la grazia della vocazione sacerdotale” e che egli era “attento ai bisogni non solo della Chiesa di Cracovia ma di tutta la Chiesa polacca, e di tutta la Patria”, i vescovi auspicano che la Beatificazione del 1° maggio possa “rendere più forte l'unità tra vescovi e presbiteri, con le persone consacrate, e con i laici”. L'episcopato polacco esprime inoltre la fiducia che con la Beatificazione possano essere ricordate con forza gli appelli del Papa al “primato della santità interiore nei confronti dell'agire verso l'esterno”. La Lettera, ispirata dall'esortazione apostolica “Verbum Domini” di Benedetto XVI, ricorda ai sacerdoti - che sono “gli araldi della verità e amore” - la necessità di contemplare la Parola per essere capaci di “vivere la quotidianità in maniera reale e concreta”. (G.P.)

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    Vietnam: prima visita ufficiale del rappresentante della Santa Sede mons. Girelli

    ◊   L’arcivescovo Leopoldo Girelli, nominato lo scorso gennaio nuovo nunzio apostolico in Singapore, delegato apostolico in Malaysia e in Brunei, nonché rappresentante pontificio non residente per il Vietnam, è giunto lunedì ad Hanoi per la sua prima visita ufficiale nel Paese. Ad accoglierlo è stato l’arcivescovo di Hanoi. Pierre Nguyên Van Nhon. Scopo della visita, ha dichiarato il card. Jean-Baptiste Pham Minh Mân, arcivescovo di Ho Chi Minh Ville, è di “aiutare la Chiesa locale a testimoniare la Buona Novella e ad evangelizzare il popolo vietnamita, attraverso le sue attività nel campo educativo, caritativo, culturale e sanitario”. Secondo quanto riferisce il servizio di informazione della Conferenza episcopale vietnamita citato dalle agenzie Eglises d’Asie (Eda) e Ucan, la durata prevista della visita è di due settimane durante le quali mons. Girelli incontrerà i vescovi e altri rappresentanti della Chiesa locale. In particolare, il presule parteciperà alle cerimonie della Settimana Santa ad Hanoi e il giorno di Pasqua sarà ad Ho Chi Minh Ville (ex Saigon), dove, secondo il programma, dovrebbe intervenire all’apertura dei lavori della prima sessione annuale dei vescovi previsti dal 24 al 29 aprile. Durante il suo soggiorno visiterà anche le diocesi di Can Tho, My Tho, Vinh Long e Xuan Lôc nel Sud del Paese e presenzierà all’ordinazione episcopale del vescovo coadiutore di Phu Cuong, Joseph Nguyen Tan Tuoc. Nel programma anche una visita a tre seminari maggiori. Mons. Girelli approfitterà dell’occasione per cercare una sede al suo nuovo ufficio ad Hanoi e ad Ho Chi Minh Ville. (L.Z.)

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    Russia. L'arcivescovo di Mosca: "Sogno un calendario comune con i fratelli ortodossi"

    ◊   Momento di “riflessione con i fratelli ortodossi sul comune patrimonio di fede da testimoniare insieme” nel mondo contemporaneo e occasione per avviare una “nuova evangelizzazione” della comunità, bisognosa di “nuovi impulsi” e “radicamento” nella società. Con questo spirito l’arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, mons. Paolo Pezzi, si appresta a celebrare la Pasqua con la piccola minoranza dei cattolici di Russia. Per l’occasione, il presule racconta all'agenzia AsiaNews le difficoltà e successi della collaborazione con il Patriarcato di Mosca. Per il secondo anno consecutivo, la festività per le due Chiese – che usano calendari differenti – coincide e la comunità cattolica (un milione secondo le stime più generose, ndr) potrebbe celebrare la Pasqua già con il nuovo nunzio apostolico presso la Federazione russa, mons. Ivan Jurkovic, atteso “ormai a giorni”, come riferisce il presule. Anche se spesso la Pasqua ‘in differita’ delle due comunità permette maggiori contatti e incontri tra i leader spirituali nel periodo della Settimana Santa, la possibilità di festeggiare nello stesso periodo ha dei grandi vantaggi. “Prima di tutto - spiega mons. Pezzi - diventa più facile, pur nelle diversità, capire e vivere una stessa testimonianza. Favorisce, cioè, la consapevolezza che abbiamo un tesoro di fede comune e che le differenze che abbiamo tra di noi non sono per forza barriere, ma un possibile arricchimento reciproco”. Per questo, l’arcivescovo confida che si possa arrivare un giorno a un “calendario comune” o a fissare per lo meno una data uguale per le principali festività religiose in Russia: “La comunità cattolica potrebbe adeguarsi al calendario ortodosso e celebrare nello stesso giorno la Pasqua e il Natale”. La questione - di cui si discute da tempo e proposta anche dal Patriarcato ecumenico di Costantinopoli - “dovrebbe essere messa a tema nel prossimo Sinodo panortodosso, che stanno cercando di organizzare nel giro di pochi anni”, dichiara l’arcivescovo di Mosca. Mons. Pezzi individua tre campi in cui si deve continuare a lavorare, raccogliendo l’eredità dei precedenti ‘ambasciatori vaticani’: “La cura e l’organizzazione, dal punto di vista delle strutture, della Chiesa cattolica sul territorio; il rapporto indispensabile con gli ortodossi prima ancora che con altre confessioni religioni e poi le relazioni con la società civile e lo Stato”. “La comunità cattolica – sottolinea l’arcivescovo - ha bisogno da una parte di una nuova evangelizzazione e dall’altra di una radicazione nella fede con una presenza costruttiva di uomini di fede nella società in cui viviamo”. (M.G.)

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    Messaggio di Pasqua del Patriarca di Mosca Kirill

    ◊   La Pasqua segni per ognuno l’inizio di un’«autentica rinascita» spirituale, che alla trasformazione del proprio «mondo interiore» associ «l’impegno a favore del proprio Paese» e della «bellezza e l’armonia del mondo che ci circonda». È l’auspicio contenuto nel messaggio che, in vista della Pasqua, il Patriarca di Mosca, Kirill, ha rivolto ai membri dell'episcopato, del clero, ai monaci e a tutti i fedeli della Chiesa ortodossa russa. «Cristo è risorto!» è l’annuncio di salvezza che Kirill proclama «col cuore colmo di riconoscenza a Dio». Un «evento di portata universale» - si sottolinea nel messaggio diffuso in una traduzione italiana dal sito del dipartimento delle relazioni esterne del patriarcato e ripreso da L'Osservatore Romano - che da quasi duemila anni testimonia a «tutta l'umanità che la morte non significa la fine della vita». Infatti, la resurrezione di Cristo, «per volere di Dio ha significato l'inizio della resurrezione anche per ognuno di noi». E, se il Salvatore «è stato crocefisso e si è rialzato dal sepolcro, ciò è avvenuto affinché anche ogni uomo possa attraversare l'esperienza della resurrezione dai morti, non in senso metaforico, ma in senso reale». Nell'antica Russia la festa della Pasqua «era sempre la più grande e luminosa». E, negli ultimi decenni «essa è celebrata anche in quei posti in cui prima non risuonava il saluto pasquale: negli ospedali e nelle carceri, nelle caserme e sulle navi militari, e perfino sulle stazioni spaziali». Di qui l’auspicio, affidato alla volontà di Dio, «che a questi cambiamenti esteriori, avvenuti nei Paesi della nostra cultura russa, corrisponda un'autentica rinascita delle anime delle persone». È, infatti, attraverso la resurrezione di Cristo che i credenti ricevono la grazia «per vivere secondo la verità e i comandamenti di Dio, essere misericordiosi e caritatevoli, onesti e ben disposti verso ogni prossimo, pronti a condividerne gioie e dolori». Un atteggiamento — viene rilevato — che «comprende anche l'impegno a favore del proprio Paese». Infatti, «predicando la priorità dei valori spirituali eterni, la Chiesa esorta i suoi figli ad aver riguardo anche dei valori passeggeri del mondo creato da Dio, onorando la natura che ci circonda, il ricco tesoro della cultura umana, raccolto lungo i secoli dai nostri antenati. Essere custodi dell'eredità spirituale e della tradizione dell'ortodossia significa impegnarsi attivamente alla trasformazione di se stessi, del proprio mondo interiore, e nel contempo sostenere e preservare la bellezza e l'armonia del mondo che ci circonda, e ristabilirla laddove è stata infranta dalla perfidia umana. Tale è la chiamata e la responsabilità del cristiano». (R.P.)

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    Commissione dottrinale Usa sulle obiezioni dei teologi sul ruolo dei vescovi in campo teologico

    ◊   I vescovi sono aperti al dialogo con i teologi, ma devono difendere l’insegnamento del Magistero della Chiesa, in virtù del munus docendi conferito da Cristo agli Apostoli. È quanto puntualizza il cardinale Donald Wuerl presidente della Commissione per la Dottrina della Fede della Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb) che risponde così alle obiezioni mosse dalla “Catholic Theological Society of America” (Ctsa) sul caso della teologa giuseppina Elisabeth Johson. La religiosa, che insegna Teologia sistematica presso la Fordham University di New York, è stata richiamata dalla stessa Commissione dottrinale per il contenuto di un suo notissimo libro “The Quest for the Living God” (“La ricerca del Dio vivente”) pubblicato nel 2007 e utilizzato come libro di testo in molte università, perché non in linea con “l’autentica dottrina cattolica”, in particolare per quanto riguarda il tema della Trinità. Secondo l’autrice e il comitato direttivo del Ctsa, la bocciatura dell’episcopato è giunta senza alcuna possibilità di dialogo contro le stesse procedure previste dai vescovi ed è il frutto di una cattiva interpretazione della linea di pensiero sviluppata dal libro. Essa inoltre rifletterebbe una visione molto restrittiva del compito dei teologi. Secondo quanto riferisce l’agenzia Cns, in una nota di 13 pagine diffusa lunedì il cardinale Wuerl ricorda che i vescovi hanno la responsabilità di insegnare la fede cattolica e di conservarla “come è stata ricevuta e trasmessa” e quindi sono tenuti a verificare il lavoro dei teologi se ritengono che la fede sia rappresentata in modo errato. “I responsabili della Catholic Theological Society of America – si legge nel documento – sembra fraintendere il ruolo legittimo e apostolico dei vescovi nei loro rapporti con i teologi”. Questi - sottolinea l’arcivescovo di Washington - dovrebbero essere improntati alla “collaborazione”, nel pieno rispetto della legittima autonomia e libertà di ricerca dei teologi, ma anche della verità di fede di cui i vescovi, come successori degli Apostoli, sono custodi. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Nunzio in Colombia ribadisce la posizione della Chiesa sul matrimonio

    ◊   La Colombia, come altri Paesi del continente americano, è in pieno dibattito legislativo sul tema dell'adozione di bambini da parte di coppie omosessuali. Il nunzio apostolico nel Paese, mons. Aldo Cavalli, ha ribadito la posizione della Chiesa affermando che la natura del matrimonio è tra un uomo e una donna e la sua finalità, sia naturale che civile e religiosa, è la procreazione. Come riferisce l’agenzia Zenit, il nunzio ha spiegato che, quando si richiede l'adozione di un bambino, questa deve essere compiuta nei parametri del matrimonio. “Non abbiamo inventato questa istituzione, ma l'abbiamo ricevuta dalla natura: uomo, donna e figli, per cui qualsiasi altro tipo di istituzione è secondaria”. (G.P.)

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    Vescovi del Brasile: aumentano i conflitti per acqua e terra

    ◊   34 contadini uccisi nel 2010, con 1.186 conflitti per la terra, l’acqua o a causa di schiavitù lavorativa. Una cifra in leggero aumento rispetto all’anno precedente, con una crescita vertiginosa dei conflitti per la risorsa acqua (87). Sono i dati che emergono dalla relazione annuale della Cpt, la Commissione pastorale per la terra promossa dai vescovi brasiliani, presentata a Brasilia, nella sede della Conferenza episcopale. 181 pagine che documentano tutti i conflitti del 2010 in Brasile, concentrati maggiormente nelle regioni del Nord est del Paese (Maranhão, Parà e Tocantins). Prevalgono, come sempre, i conflitti per la proprietà della terra, con 30 persone assassinate. L’anno scorso sono stati anche registrati 204 casi di schiavitù lavorativa, in leggera diminuzione rispetto all’anno precedente. Secondo padre Ladislau Biernaski, presidente della Cpt, sulla questione della terra “non esiste pace perché la terra non è ancora ben ripartita e la Riforma agraria brasiliana non ha ancora assolto il suo compito”. (G.P.)

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    Sud Sudan: tutta la società civile coinvolta nelle celebrazioni dell’indipendenza del Paese

    ◊   Con grande entusiasmo e partecipazione la popolazione del Sud del Sudan si prepara a celebrare, il prossimo 9 luglio, l’indipendenza da Khartoum. Padre José Vieira, missionario comboniano raggiunto dalla Misna a Juba, capitale di quello che si appresta a diventare il 54.mo Stato africano, riferisce che “i lavori di rinnovamento sono cominciati la scorsa settimana, sia nello stadio di calcio che nel palazzetto del basket. I giovani, soprattutto, aspettano con ansia di festeggiare con lo sport l’indipendenza del Sud Sudan”. “Allo stadio – racconta il religioso all’agenzia missionaria – è già previsto un incontro tra la nazionale sud sudanese e quella keniana proprio nel giorno della proclamazione dell’indipendenza da Khartoum. Un appuntamento a cui nessun cittadino vuole mancare e per cui sono previste celebrazioni ed eventi in tutto il Paese”. Il cuore delle cerimonie per questo avvenimento storico, tuttavia, rimane Juba dove il governo ha annunciato l’arrivo di centinaia di ospiti da tutto il continente, solo per la cerimonia che sancirà la nascita del nuovo e più giovane stato del mondo. Ma i preparativi par l’occasione fervono non solo nei centri sportivi: “fino a un anno fa in città non si contavano più di tre o quattro chilometri di strade asfaltate e in alcuni quartieri manca l’elettricità” fa notare padre Vieira, anticipando che il governo del nuovo Stato si troverà a dover affrontare grosse sfide per il futuro del Paese. Decretata attraverso un referendum popolare svoltosi lo scorso mese di gennaio nelle regioni meridionali, la secessione del Sud Sudan dal governo di Khartoum e dal resto del Paese, costituisce il punto di approdo di un lungo cammino, avviato nel 2005 con la firma di accordi di pace che posero fine al ventennale conflitto civile tra nord e sud del Paese. Tuttavia all’imminenza dell’appuntamento di luglio, il Sudan si avvicina con tutta una serie di questioni irrisolte. Nodi delicati come quello relativo alle frontiere o allo statuto di Abyei, ricca regione petrolifera, contesa dalle due parti. Al di là delle difficoltà dei mesi a venire “il 9 luglio sarà una giornata memorabile per tutti i sud-sudanesi e nell’aria si respira già un clima di euforica attesa – osserva ancora il missionario – Il comitato per la preparazione dei festeggiamenti ha fatto circolare in tutte le chiese e i centri sociali il testo e la musica del nuovo inno nazionale. I ragazzi, dopo la scuola, vengono anche da noi in parrocchia per fare le prove. Il loro sogno? Essere scelti per far parte del coro che canterà il giorno della cerimonia di stato nel piazzale antistante il mausoleo di John Garang”. (M.G.)


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    Australia: raduno delle Famiglie cattoliche su “Matrimonio e il celibato consacrato"

    ◊   Grande successo di partecipazione per il III raduno nazionale delle Famiglie Cattoliche australiane a Melbourne. Nel fine settimana del 15-17 aprile, più di 800 persone hanno assistito a una serie di conferenze e laboratori su oltre 40 topici legati al matrimonio e alla vita familiare. La tre giorni è stata chiusa dall’intervento del segretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia, il vescovo Jean Laffitte, sul tema “il matrimonio e il celibato consacrato”. Nel suo discorso, citato dall'agenzia Zenit, il vescovo Laffitte ha incoraggiato i presenti a considerare l'amore di Cristo in tutte le sue dimensioni come l'unica base e speranza sicura per la famiglia: “L'amore umano nella sua forma matura, il matrimonio, è una buona notizia – ha dichiarato –; corrisponde a una profonda aspirazione nel cuore dell'uomo e della donna”. “Come dono irrevocabile che gli sposi si offrono a vicenda, il matrimonio sigilla un patto che nella sua forma cristiana è fatto con loro da Cristo stesso”, ha osservato il presule. Ai giovani, il vescovo ha illustrato i due possibili modi per rispondere alla chiamata ad amare: il matrimonio e il celibato consacrato. L'intervento è stato seguito da una sessione di domande e risposte. Nel suo discorso di domenica, il segretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia ha indicato che la famiglia offre un contributo essenziale al bene comune della società, e ha sottolineato che il perdono è un'espressione d'amore. “E' solo quando la coppia dispone il proprio cuore all'amore”, ha detto, che questo stesso amore si apre al perdono. “Nella Domenica delle Palme, si può vedere chiaramente l'amore di Dio che si manifesta nella Persona di Cristo che si offre per donare il perdono divino”. Il raduno ha attirato centinaia di famiglie con bambini, persone single, coppie impegnate, nonni. L'atmosfera di festa del weekend è culminata nella Messa di chiusura, presieduta dall'arcivescovo di Melbourne, Denis Hart, che ha ospitato l'incontro con il sostegno della Conferenza dei vescovi cattolici dell'Australia. Il vescovo Laffitte ha concelebrato. Al termine della Messa, l'arcivescovo Hart ha guidato i delegati nella registrazione di un breve messaggio video di riconoscenza da inviare al Papa, ringraziandolo per le sue preghiere e il suo incoraggiamento. Benedetto XVI aveva inviato un videomessaggio offrendo la sua benedizione ai delegati e assicurando loro le sue preghiere. Matthew MacDonald, dell'Ufficio Vita, Matrimonio e Famiglia dell'arcidiocesi di Melbourne, responsabile del coordinamento dell'evento, ha affermato che l'incontro è stato “un enorme incoraggiamento per tutti noi. Il messaggio del Santo Padre e la presenza di otto vescovi con molti altri sacerdoti e religiosi esprimono in modo eloquente la solidarietà di tutta la Chiesa nei confronti della nostra missione di promuovere l'indispensabile e insostituibile ruolo del matrimonio e della vita familiare”. “Come cristiani, a volte possiamo sentirci isolati da una cultura che non fornisce sempre un suolo fertile in cui le famiglie possano fiorire”, ha riconosciuto. “Ma permettendoci di essere modellati dall'amore di Cristo, con la fiducia nella sua fedeltà e l'incoraggiamento di tante sorelle e di tanti fratelli qui presenti, come potremmo avere altro che non sia una grande speranza per il futuro?”. (M.G.)

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    Filippine: la Pasqua tempo di conversione non di ricreazione, ricorda il vescovo di Batanes

    ◊   La Settimana Santa dovrebbe essere “un tempo per il silenzio, la riflessione e una profonda conversione, non per andare in vacanza o divertirsi”. Lo ha ricordato nei giorni scorsi dalle antenne di Radio Veritas il vescovo filippino della Prelatura territoriale di Batanes mons. Camillo Diaz Gregorio, rilevando come anche in un Paese profondamente cattolico come le Filippine stia prendendo piede l’abitudine di partire nel periodo pasquale. “È triste - ha detto il presule - che per alcune persone la Pasqua sia diventata un periodo di vacanza, dimenticando che essa è un’occasione per una più profonda conversione e unità con Dio”. Come tale essa continua peraltro ad essere vissuta dalla maggioranza dei fedeli filippini che durante il Triduo Pasquale partecipano ai diversi riti e processioni per commemorare la Passione e Morte di Cristo. Tra queste “Visita Iglesia”, il tradizionale giro delle chiese per ripercorrere le 14 stazioni della Via Crucis che adesso è possibile fare anche in forma virtuale grazie al sito visitaiglesia.net messo in rete dalla Chiesa locale per chi non può fare il pellegrinaggio di persona. A queste pratiche si affiancano altre che sono invece condannate dall’episcopato, come quella di riprodurre “dal vivo” il Calvario, dalla flagellazione alla crocifissione, una sofferenza a cui si sottopongono ogni anno decine di fedeli filippini. Si tratta di una tradizione relativamente recente tollerata dalle autorità, ma che la Chiesa cerca di scoraggiare anche perché, come più volte evidenziato dai vescovi filippini, questi riti trascurano il messaggio centrale della Pasqua: quello della Resurrezione. (L.Z.)

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    Torino: l’impegno pastorale del cardinale Saldarini ricordato nell’omelia funebre di mons. Nosiglia

    ◊   “Un ricordo incancellabile di sapienza e guida spirituale e pastorale, i cui frutti sono ancora ben vivi e presenti nelle comunità cristiane della Diocesi”: con queste parole l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, ha definito la memoria del suo predecessore, cardinale Giovanni Saldarini, morto lunedì sera, nell’omelia funebre pronunciata ieri pomeriggio nella cattedrale torinese, di cui riferisce l'agenzia Sir. “Resta forte nella coscienza della Chiesa italiana e nella stessa società civile – ha spiegato l’arcivescovo di Torino - l’intervento del cardinale Saldarini al Convegno ecclesiale di Palermo, quando egli disse che la carità, l’azione più decisiva e impegnativa per la Chiesa, non è da considerarsi come il medico che interviene quando giunge la malattia, ma deve operare prima perché la malattia non prenda possesso delle persone: prevenire e incidere dunque sulle cause che determinano le vecchie e nuove povertà del nostro tempo. Un invito che resta obiettivo ancora da raggiungere – ha proseguito - e risulta spesso difficile da attuare, ma è invece decisivo se vogliamo edificare una comunità fraterna e una cittadinanza responsabile che si mobilitano sempre e in ogni momento e tengono alto il grado di attenzione e di prossimità feriale e quotidiana, nella coscienza di ogni persona. Missione – ha poi affermato - significa annuncio di Cristo risorto, a tutti, senza riserve e offerto con coraggio da parte di ogni cristiano verso tante famiglie divise o in difficoltà, giovani privi di prospettive positive nel domani e chiusi dentro un mondo virtuale di devianza e di individualismo, intellettuali orgogliosi del loro sapere ma privi di quella sapienza dello spirito che sola può dare serenità e luce alla propria ricerca di senso, di vita e di futuro”. L’arcivescovo ha poi sottolineato che “la missione oggi diventa anche debito primario della nostra Chiesa verso tanti uomini e donne di altre confessioni cristiane o credenti di religioni diverse che vivono tra noi, immigrati, rifugiati e stranieri che necessitano di accoglienza e solidarietà sul piano sociale, ma anche incontro e dialogo su quello religioso, morale e spirituale. Questa ampia azione missionaria ha rappresentato la più convinta e forte preoccupazione del cardinale Saldarini, che ci ha consegnato come eredità e priorità per la nostra Chiesa”. Nell’omelia funebre, mons. Nosiglia ha infine richiamato le omelie alla città del cardinale, pronunciate nella festa di S. Giovanni Battista, dalle quali – ha detto – “emerge con evidenza questo anelito di Cristo buon pastore che guarda al di là del recinto del proprio ovile e apre il suo cuore e la sua azione pastorale a tante altre pecore che stanno fuori e meritano rispetto, attenzione, dialogo, incontro, amicizia insieme a una chiara e coraggiosa proposta evangelica”. (M.G.)

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    Galilea: cristiani di Terra Santa ed ebrei per la "sinfonia-catechetica" scritta da Kiko Argüello

    ◊   Si è tenuto martedì sera alla Domus Galilaeae, il Centro internazionale del Cammino neocatecumenale sul lago di Tiberiade, una celebrazione "sinfonico-catechetica" dove è stata eseguita la sinfonia “La sofferenza degli innocenti”, scritta dall’iniziatore del Cammino, Kiko Argüello. Il concerto è stato eseguito da 120 elementi tra musicisti e coro provenienti da Spagna, Italia e Polonia. In un clima di profonda commozione la sinfonia è stata eseguita davanti a 800 cristiani di Terra Santa. Presenti l’arcivescovo greco-melkita mons. Elias Chacour, il vescovo latino di Nazareth mons. Giacinto Marcuzzo, l’incaricato degli Affari religiosi del governo di Israele, parroci, suore, gente dello spettacolo e numerosi fedeli che provenivano non solo dalla Galilea ma anche da Gerusalemme e da Tel Aviv. Oltre alle tre parti della sinfonia presentate nella sala Nervi il 17 gennaio davanti al Santo Padre, è stata eseguita la prima de “La preghiera di Gesù nel Getsemani”, composta da Kiko insieme all’orchestra proprio in questi giorni in Galilea. La novità è che la sinfonia è stata eseguita all’interno di una celebrazione della parola con la proclamazione di due letture dell’Antico e del Nuovo Testamento. Dopo il Vangelo è stata eseguita la sinfonia, seguita dall’omelia del Presidente e dalle preghiere. Questo tipo di celebrazione “sinfonico-catechetica” dove la Parola si intreccia con la musica, ha colpito i presenti, soprattutto alcuni cristiani che ormai non frequentavano più la chiesa e che hanno manifestato il desiderio di ritornare. Oggi, Giovedì Santo, la stessa celebrazione sarà offerta questa sera ad un folto gruppo di ebrei – tra cui molti rabbini ed autorità ebraiche - che hanno accolto volentieri l’invito. Molti ebrei infatti, conoscono questa Casa ed hanno già partecipato a molti eventi. Tutto questo sulla linea indicata da Giovanni Paolo II che prima di morire, in un messaggio inviato per l’inaugurazione della Domus Galilaeae, auspicava che il Centro potesse promuovere una serie di iniziative per un più profondo dialogo tra la chiesa cattolica e il popolo ebraico. Alla fine della celebrazione è previsto anche l’annuncio della realizzazione del Parco Memoriale “Giovanni Paolo II” che la fondazione ebraica Keren Kaieme (Kk) realizzerà con la collaborazione del governo d’Israele. Questo Parco nascerà sul Monte delle Beatitudini nel luogo accanto alla Domus Galilaeae dove il Papa Giovanni Paolo II ha celebrato l’eucarestia il 24 marzo del 2000 con i fedeli della Terra Santa e i giovani del Cammino neocatecumenale. Con la realizzazione di questo Parco il popolo ebraico vuole manifestare la riconoscenza al Papa Giovanni Paolo II, anche in vista della sua Beatificazione, per la sua visita in Terra Santa e per il grande amore che gli ha manifestato durante il suo pontificato. (Dalla Galilea: don Rino Rossi)

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    “Speciale TG5” su Fatima: "I bambini della profezia"

    ◊   “I bambini della profezia”, è il titolo del quarto degli speciali TG5 co-prodotti da Opera Romana Pellegrinaggi e da Canale 5 che verrà trasmesso domani, Venerdì Santo, in seconda serata su Canale 5. Lo Speciale, curato dalla vaticanista Marina Ricci, racconta la storia delle apparizioni e del "Segreto di Fatima" attraverso le immagini girate nel Santuario della Cova da Iria e nel convento carmelitano di Coimbra dove ha vissuto ed è morta nel febbraio del 2005, all’età di 97 anni, suor Lucia, la più grande dei tre bambini di Fatima. Ai filmati si aggiunge inoltre la straordinaria documentazione fotografica dell’epoca, che ha tramandato fino ad oggi i volti attoniti dei presenti al “miracolo del sole”, avvenuto, a conclusione delle apparizioni, il 13 ottobre del 1917. A parlare nelle interviste sono invece la vicepostulatrice della causa di beatificazione di Francesco e Giacinta Marto, suor Angela da Fatima Coelho e una consorella di suor Lucia nel Carmelo di Coimbra, suor Maria Celina. Il documentario parlerà dunque del Segreto di Fatima. "Il segreto consta di tre cose distinte" scrisse Suor Lucia al vescovo di Leiria-Fatima nel 1941. "La visione di Fatima riguarda soprattutto la lotta dei sistemi atei contro la Chiesa e i cristiani e descrive l'immane sofferenza dei testimoni della fede dell'ultimo secolo del secondo millennio. È una interminabile Via Crucis guidata dai Papi del ventesimo secolo" spiegò il cardinale Angelo Sodano, allora Segretario di Stato, il 13 maggio 2000 al termine della solenne Concelebrazione Eucaristica presieduta da Giovanni Paolo II a Fatima. (M.G.)

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    Roma: è morto Arcangelo Paglialunga, decano dei vaticanisti

    ◊   Il “decano” dei vaticanisti Arcangelo Paglialunga è morto ieri a Roma per un ictus che lo ha colpito per strada intorno alle 12. Ricoverato al Santo Spirito e' entrato in coma ed è deceduto intorno alle 17,30. I funerali si svolgeranno domani, venerdì santo, alle ore 10,30 nella sua chiesa parrocchiale dei Santi Protomartiri romani, in via Angelo di Pietro, 50. Nella mattinata di domani sarà aperta la camera ardente all’ospedale Santo Spirito. Paglialunga Ha raccontato il Vaticano dalla morte di Pio XII all'elezione di Benedetto XVI. Ha cominciato il mestiere di giornalista nel '56 con il ''Momento sera'', ha scritto per la ''Gazzetta del Popolo di Torino'', la ''Gazzetta'' di Bari, il ''Piccolo di Trieste'', ''Il Mattino'' di Firenze al tempo di Giorgio La Pira, la ''Sicilia'', ''Il Mattino'' di Napoli, il ''Giornale di Brescia''. Arcangelo Pagliuca custodiva aneddoti e ricordi raccontati sempre con precisione e umanita', dal bivacco dei giornalisti a Castel Gandolfo durante l'agonia di Pio XII, alle uscite a sorpresa di Giovanni XXIII dal Vaticano, passando per scambi di opinione in piazza San Pietro con il cardinale bavarese Joseph Ratzinger, all’epoca Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Siria: nominato il nuovo governatore di Homs ma la protesta non si ferma

    ◊   Le autorità siriane hanno nominato un nuovo governatore nella città di Homs, ma non si placano le proteste nel Paese. Intanto, il segretario di Stato americano è tornato a condannare le violenze sui manifestanti. Il servizio di Gabriele Papini:

    Dopo aver nominato un nuovo governatore a Homs, le autorità siriane hanno accolto un'altra richiesta dei manifestanti, annunciando lo scioglimento dei “comitati popolari”, accusati di esser responsabili dell'uccisione di civili durante le manifestazioni anti governative. Intanto, per domani, tradizionale venerdì di preghiera musulmana e Venerdì Santo per i cristiani, sono annunciate nuove proteste. Nel pomeriggio di ieri, più di tremila persone sono scese in strada a Homs, in solidarietà delle dieci vittime degli ultimi giorni. Intanto, anche nella città di Banias, a nord est di Damasco, su pressione dei manifestanti, le autorità hanno ordinato la rimozione del responsabile delle forze di sicurezza per la dura repressione messa in atto in questi giorni. Ieri, gli Stati Uniti sono tornati a condannare gli atti di violenza contro i manifestanti in Siria. Il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, ha detto che il governo di Damasco “deve porre fine agli arresti arbitrari, alla detenzione e alle torture nei confronti dei prigionieri”. La Clinton ha espresso “viva inquietudine” per la situazione in Siria. “La violenza deve finire e il governo siriano deve impegnarsi in un vero processo politico”, ha concluso il segretario di Stato.

    Yemen: presidente Saleh vuole restare fino alla fine del suo mandato
    Il presidente yemenita Saleh ha fatto sapere di non avere intenzione di lasciare il potere, se non attraverso le elezioni. Saleh ha promesso che non si ricandiderà una volta terminato il suo mandato presidenziale nel 2013, prospettiva non gradita all’opposizione che da settimane protesta per una sua uscita di scena immediata. Intanto il Consiglio di cooperazione del Golgo (Ccg), che ha offerto la sua mediazione nella crisi yemenita, ha proposto oggi al contestato presidente Saleh di presentare le sue dimissioni entro 30 giorni, dopo la formazione di un governo di unione nazionale. Lo ha detto all'agenzia Afp una fonte governativa.

    846 morti nella rivolta in Egitto: più del doppio di quanti denunciati da Mubarak
    Sono 846 le vittime degli scontri avvenuti in Egitto nelle tre settimane di disordini e proteste che hanno portato alla caduta del presidente Hosni Mubarak. Lo ha reso noto un rapporto della commissione di inchiesta incaricata di far luce sulla vicenda, rivelando un bilancio di vittime più che duplicato rispetto a quello presentato dalla precedente amministrazione. La commissione ha detto di ritenere l’ex-presidente principale responsabile delle uccisioni di manifestanti.

    Tunisia: visita del ministro degli Esteri francese
    Riavvicinamento diplomatico ma anche questioni economiche e flusso migratorio saranno i temi centrali della visita di due giorni a Tunisi del ministro degli Esteri francese, Alain Juppé. Sono previsti colloqui con il presidente e il primo ministro ad interim di Tunisi, ma anche con i responsabili di tre commissioni incaricate della transizione nel Paese. Il precedente ministro degli Esteri francese, Michèle Alliot-Marie, dopo lo scoppio della rivolta in Tunisia ha rassegnato le dimissioni per il suo presunto tentativo di aver fornito un sostegno materiale all’ex-presidente contestato Ben Ali per poter fuggire dalla Tunisia.

    Sequestrata da pirati motonave italiana
    Attaccata e sequestrata dai pirati, la scorsa notte, in pieno mare Arabico, la motonave italiana "Rosalia D'Amato". A bordo 21 uomini di equipaggio, di cui 6 italiani, tra loro il comandante. E' successo alle 4, ora italiana, quando la motonave – partita dal Brasile e diretta in Iran - si trovava nel mare Arabico a circa 320 miglia a sud dell'Oman e a 300 a Est dell'isola di Socotra. Due barchini si sono avvicinati con a bordo i pirati, che si sono impossessati della nave: tutto sarebbe avvenuto senza sparare; nessuna conseguenza per l'equipaggio. I pirati starebbero dirigendo verso le coste somale. Gli armatori: abbiamo parlato col comandante, a bordo stanno bene.

    Rwanda: arrestato procuratore per presunto coinvolgimento nel genocidio del ‘94
    E’ stato arrestato a Bruxelles per il suo presunto coinvolgimento nel genocidio del 1994 l’ex-procuratore della cittadina rwandese Butare, Mathias Bushihi. Dal 2009 il suo nome era su una lista di ricercati stilata da Interpol per aver partecipato a fine maggio del 1994 a un consiglio di sicurezza durante il quale venne pianificato il massacro dei tutsi nel territorio sotto la sua giurisdizione. Con l’accusa di genocidio e crimini contro l’umanità, Bushihi si trova ora nel carcere di Forest, in attesa dell’apertura di un processo dinanzi alla Corte d’assise di Bruxelles.

    Sud Sudan: 20 soldati dell’esercito uccisi da ribelli
    Almeno 20 soldati dell'esercito del Sud Sudan sono rimasti uccisi in combattimenti contro milizie ribelli nello Stato petrolifero dell'Unità. I ribelli - ha detto all'Afp Philip Aguer, portavoce dell'Esercito popolare di liberazione del Sudan (Spla) - ''hanno attaccato la zona di Boang, dove era di stanza una compagnia di 100 uomini''. I combattimenti, avvenuti martedì scorso, sono stati scatenati, secondo Aguer, da uomini fedeli a Peter Gadet, capo di milizie sud sudanesi e alla tribù araba dei Misseriya. La milizia ribelle ha da parte sua affermato di aver ucciso ''decine di uomini dell'Spla''. Gadet, ex ufficiale dell'Spla, è diventato ora un oppositore del governo di Giuba, la capitale del Sud Sudan. Lo scorso gennaio il Sud Sudan, in un referendum ha votato massicciamente per la secessione dal Nord.

    Bashir parla delle sue responsabilità nel Darfur
    Il presidente del Sudan Omar al-Bashir per la prima volta ha riconosciuto di avere responsabilità nel conflitto nel Darfur in quanto leader del Paese. Lo ha fatto in un’intervista al Guardian. Ma nel colloquio con il giornale, il primo con una testata occidentale dall'incriminazione per crimini di guerra presso la Corte penale internazionale, Bashir ha accusato il tribunale di ''doppio standard'', di aver condotto una ''campagna di menzogne'' e di aver esagerato il numero dei morti. ''Sono il presidente e dunque sono responsabile di tutto quello che accade in questo Paese'', ha detto Bashir rispondendo a una domanda sul Darfur: "Ma quello del Darfur è innanzitutto un conflitto tradizionale che risale all'età coloniale''. Tuttavia, il presidente del Sudan ha detto che le perdite sono state di gran lunga inferiori alle cifre citate sui media occidentali, dove i fatti vengono ''esagerati per una ragione''. Secondo stime Onu, 300 mila persone hanno perso la vita nel Darfur e circa 2 milioni 700 mila hanno dovuto lasciare le loro case.

    Afghanistan: ancora violenze, morti e feriti in raid Isaf
    Una bomba è esplosa questa mattina nella provincia di Nangarhar, nell'Est dell’Afghanistan, provocando la morte di tre poliziotti e ferendo sei persone. Lo riferiscono autorità locali. Sempre stamani due donne afghane sono rimaste uccise durante un’operazione delle forze della coalizione internazionale nel distretto di Dangam, in cui sono morti anche 17 militanti. Lo hanno riferito fonti della Forza internazionale di sicurezza e assistenza (Isaf). Ieri un soldato francese dell’Isaf è morto e 9 sono rimasti feriti nella provincia di Kapisa, a nord-est di Kabul, per lo scoppio di un ordigno al passaggio del convoglio su cui viaggiavano i militari francesi.

    Afghanistan: varato piano di salvataggio della Kabul Bank
    Il governo afghano ha annunciato di avere messo a punto un piano di salvataggio per la Kabul Bank, il più importante istituto bancario del Paese, al centro di uno scandalo riguardante prestiti in sofferenza del valore di poco meno di un miliardo di dollari, in cui sono coinvolte numerose personalità afghane. In base al progetto, la banca sarà divisa in una parte sana con depositi, prestiti recuperabili e proprietà, data in gestione al Dipartimento del Tesoro del Ministero delle finanze, ed una “bad company” a cui verranno assegnati i prestiti di cui per il momento non si conoscono le prospettive. Questa seconda istituzione avrà il compito di recuperare la maggior parte dei 579 milioni di dollari prestati per lo più agli azionisti stessi della banca, che ora hanno raggiunto la cifra record di 909 milioni di dollari. L'avvio a soluzione dello scandalo era stato sollecitato dal Fondo monetario internazionale (Fmi), che di fronte alla crisi aveva bloccato ogni forma di collaborazione e sostegno al Paese.

    In Italia le forze dell’ordine sequestrano beni alla mafia per 190 milioni
    Un'operazione della Guardia di finanza e dei Carabinieri di Reggio Calabria, nel Sud Italia, ha portato al sequestro di beni per un valore di 190 milioni ad una cosca della 'ndrangheta, ritenuta molto pericolosa.: 40 imprese, operanti principalmente nel settore dei trasporti, in quello agrumicolo e nel commercio, 44 abitazioni, 4 ville, 12 autorimesse, oltre a 60 terreni, 56 autoveicoli e 108 autocarri, e poi due squadre di calcio che militano nella serie D, girone I attraverso le quali, secondo le indagini, il clan contava di aumentare il proprio consenso sul territorio. Attraverso il provvedimento – disposto dal Tribunale di Reggio-Sezione Misure di Prevenzione – gli investigatori ritengono di aver completamente annientato la potenza economica di una pericolosa consorteria di 'ndrangheta.

    Obama annuncia tagli necessari ma fatti ad arte per evitare altra recessione
    La situazione di bilancio americana è insostenibile: il presidente Obama torna a ribadirlo. Tagliare la spesa e' necessario – afferma - per risanare i conti ma i tagli vanno effettuati con lo ''scalpello'' non con il ''machete'' altrimenti il rischio e' di una nuova recessione. Il presidente Usa ha parlato di conti andando nel quartier generale di Facebook. Obama ha risposto alle domande che arrivavano dal web e a quelle del pubblico.

    In Giappone annunciate analisi sul latte materno dopo rilevazioni sospette di iodio
    Il Ministero della salute giapponese effettuerà analisi sul latte materno dopo che tracce di iodio radioattivo sono state trovate su 4 donne in allattamento dell'area a est e nordest di Tokyo. Lo ha annunciato il capo di gabinetto del ministero, Yukio Edano. Intanto da stasera diventerà "off limits" l'area nel raggio di 20 km intorno alla centrale di Fukushima. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 111




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