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Sommario del 19/04/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI celebra i sei anni dall'inizio del Pontificato. Gli auguri del presidente Napolitano
  • L'umile lavoratore e il grande teologo: l'anniversario del Papa nelle parole del cardinale Ruini, mons. Marini e Sandro Magister
  • Telegramma di cordoglio del Papa per la morte del cardinale Saldarini, spentosi ieri a Milano. I funerali domani a Torino
  • Nomina
  • Prese di possesso cardinalizie
  • I 90 anni del cardinale Roberto Tucci, l'organizzatore dei viaggi di Papa Wojtyla: ricordi e aneddoti di un'amicizia speciale
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • In Italia, il leader degli insorti libici, Mustafa Adbel Jalil
  • Nigeria: scontri e contestazioni dopo la vittoria di Jonathan alle presidenziali
  • La Chiesa e l'annuncio del Vangelo nel Decreto conciliare "Ad gentes"
  • Chiesa e Società

  • Terra Santa: dal Messaggio pasquale dei capi delle Chiese, un appello di pace
  • Egitto. Il cardinale Naguib: "Per Pasqua, la resurrezione di un popolo che ora vive e parla"
  • In Egitto 100 mila copti in piazza per la libertà di culto e i diritti civili
  • Costa d’Avorio: il parroco di Yopougon chiede la fine di saccheggi e violenze
  • Gli Ordinari cattolici di Terra Santa per la Beatificazione di Giovanni Paolo II
  • Nord Corea: carestia e carenza dei medicinali aggravano l’emergenza tifo a Pyongyang
  • Filippine: con la Legge sulla genitorialità responsabile, ancora contrasti tra governo e Chiesa
  • Bangladesh: positiva la prima conferenza tra le comunità cristiana e ahmadiyya
  • Brasile: per la Pasqua l'arcivescovo di San Paolo indica le pratiche penitenziali
  • Ucraina. Lettera pastorale di mons. Shevchuk ai giovani: Lasciatevi amare da Cristo
  • Portogallo: contro la crisi i vescovi chiedono un "ampio consenso" politico
  • Austria-Repubblica Ceca-Slovacchia: il 27 maggio la VII edizione della “Notte delle chiese”
  • Romania: riportati alla luce i ruderi della chiesa più antica della Transilvania
  • Lampedusa: ripresi gli sbarchi, arrivato un barcone con 50 tunisini
  • Internet e minori: ricerca dell’Ue mette in guardia sui rischi dei social network
  • Sul web il nuovo sito dell’Osservatore Romano
  • Spagna, incendio domato nella "Sagrada Familia". Fermato uno squilibrato
  • 24 Ore nel Mondo

  • Sit-in di protesta a Damasco e le autorità siriane vietano ogni corteo
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI celebra i sei anni dall'inizio del Pontificato. Gli auguri del presidente Napolitano

    ◊   La Chiesa ricorda e festeggia oggi i sei anni dall’inizio del Pontificato di Benedetto XVI. Tra i primi a rivolgere questa mattina gli auguri al Papa è stato il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, che in un messaggio ringrazia, fra l’altro, il Papa per le parole rivolte agli italiani in occasione dei 150 anni dell’unità nazionale. Gli ultimi dodici mesi hanno visto Benedetto XVI protagonista di molti avvenimenti: dai viaggi apostolici al Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente, dalla firma di importanti documenti di magistero alla pubblicazioni di due libri. Nel suo servizio, Alessandro De Carolis ricorda alcuni di questi momenti:

    Abbracciare con un colpo d’occhio, come dalla cima di una montagna, l’attività svolta da un Papa durante un anno di Pontificato fa capire meglio, parafrasando San Paolo, l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità del ministero petrino. E proprio sulle orme dell’Apostolo delle Genti si apre il sesto anno di Pontificato di Benedetto XVI, che il giorno dopo il rientro in Vaticano dalla visita apostolica a Malta festeggia il traguardo con un pranzo offertogli dal cardinale decano del Collegio delle porpore, Angelo Sodano.

    Da un’isola del Mediterraneo all’altra – ma a metà maggio era stato a Fatima nel decennale della Beatificazione dei Pastorelli – il 4 giugno Benedetto XVI sbarca a Cipro. Ad accogliere il Papa non c’è mons. Luigi Padovese, il vicario apostolico di Anatolia, assassinato pochi giorni prima, un altro dei tanti sacerdoti al quale l’essere di Cristo ha comportato il sacrificio più grande. Ma ancor più forti dello sgomento per questa violenza sono le parole che Benedetto XVI dedica l’11 giugno a conclusione dell’Anno Sacerdotale. In una Piazza San Pietro resa candida dalle cotte di 15 mila presbiteri, il Papa affronta la “macchia” abusi sessuali del clero nel segno del pentimento e della catarsi:

    “E così è successo che, proprio in questo anno di gioia per il sacramento del sacerdozio, siano venuti alla luce i peccati di sacerdoti – soprattutto l’abuso nei confronti dei piccoli, nel quale il sacerdozio come compito della premura di Dio a vantaggio dell’uomo viene volto nel suo contrario (…) Anche noi chiediamo insistentemente perdono a Dio ed alle persone coinvolte, mentre intendiamo promettere di voler fare tutto il possibile affinché un tale abuso non possa succedere mai più”.


    Gli ultimi giorni d’estate Benedetto XVI vola nel Regno Unito. Preceduta da attacchi mediatici sul tema degli abusi, la visita apostolica si chiude in un’apoteosi di folla e di commenti positivi, con i britannici conquistati prima di tutto dal sorriso del Papa, che lascia loro l’eredità spirituale di un gigante del cristianesimo, il cardinale John Henry Nemwan, beatificato a Birmingham. L’ombra di questo grande conoscitore della Scrittura fa da sfondo ideale all’Esortazione apostolica Verbum Domini, che Benedetto XVI firma il 30 settembre: 200 pagine di un vibrante invito ad approfondire la conoscenza della Bibbia. Dirà qualche tempo dopo, riferendosi al documento:

    “Tanti cristiani hanno bisogno che sia loro riannunciata in modo persuasivo la Parola di Dio, così da poter sperimentare concretamente la forza del Vangelo” (n. 96). I problemi sembrano talora aumentare quando la Chiesa si rivolge agli uomini e alle donne lontani o indifferenti ad una esperienza di fede, ai quali il messaggio evangelico giunge in maniera poco efficace e coinvolgente”.

    Del resto, la marea montante dell’indifferenza verso i valori cristiani, specie in Occidente, aveva indotto il Pontefice a creare in giugno, con il Motu proprio Ubicumque et semper, il Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione, con l’obiettivo di combattere “l’eclissi del senso di Dio” e “trovare mezzi adeguati per riproporre la perenne verità del Vangelo di Cristo”. Ottobre è invece il mese del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente. Per tre settimane, il Papa ascolta con attenzione le testimonianze su un’area nella quale l’idea di pace che ispirano i Luoghi santi convive con una perenne instabilità. Alla Messa conclusiva del Sinodo, il 24 ottobre, Benedetto XVI ribadisce:
    “La pace è la condizione indispensabile per una vita degna della persona umana e della società. La pace è anche il miglior rimedio per evitare l’emigrazione dal Medio Oriente. (…) Preghiamo per la pace in Terra Santa. Preghiamo per la pace nel Medio Oriente, impegnandoci affinché tale dono di Dio offerto agli uomini di buona volontà si diffonda nel mondo intero”.

    A novembre c’è ancora tempo per un nuovo viaggio in Spagna, tra Santiago de Compostela e la Sagrada Familia di Barcellona. Ma soprattutto c’è tempo e spazio per la presentazione del libro-intervista “Luce del mondo”, nel quale il Papa – attraverso le domande del giornalista tedesco Peter Seewald – si esprime con un linguaggio semplice e privo di reticenze su temi tra i più delicati che toccano la coscienza umana. Il 2010 si chiude con un importante documento “tecnico”: il 30 dicembre, Benedetto XVI pubblica in forma di Motu proprio la Lettera apostolica “per la prevenzione ed il contrasto delle attività illegali in campo finanziario e monetario”, con la quale lo Stato Vaticano recepisce le regole della comunità internazionale contro il riciclaggio di denaro sporco e il finanziamento del terrorismo. La notte successiva, una bomba insanguina il Capodanno dei cristiani davanti a una chiesa copta di Alessandria d’Egitto. Il Papa condanna la strage all’Angelus del 2 gennaio 2011:

    “Questo vile gesto di morte, come quello di mettere bombe ora anche vicino alle case dei cristiani in Iraq per costringerli ad andarsene, offende Dio e l’umanità intera, che proprio ieri ha pregato per la pace e ha iniziato con speranza un nuovo anno".

    Di difesa della libertà religiosa Benedetto XVI parla con forza anche nel discorso del 10 gennaio di quest’anno al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Il resto, poi, è storia recente. Il 10 marzo scorso, il Papa tiene una lunga e profonda Lectio divina ai sacerdoti romani. Nelle stesse ore, il mondo si concentra sulla presentazione del secondo volume scritto dal Papa su “Gesù di Nazaret”, ma gli echi vengono subito sopraffatti dall’orrore per ciò che accade 24 ore dopo in Giappone, travolto dal doppio cataclisma terremoto-tsunami, che provoca decine di migliaia di vittime. E ancora una volta è dalla finestra dell’Angelus che il Papa può lanciare la sua preghiera e la sua solidarietà:

    “Le immagini del tragico terremoto e del conseguente tsunami in Giappone ci hanno lasciato tutti fortemente impressionati (...) Prego per le vittime e per i loro familiari, e per tutti coloro che soffrono a causa di questi tremendi eventi. Incoraggio quanti, con encomiabile prontezza, si stanno impegnando per portare aiuto. Rimaniamo uniti nella preghiera. Il Signore ci è vicino!”.

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    L'umile lavoratore e il grande teologo: l'anniversario del Papa nelle parole del cardinale Ruini, mons. Marini e Sandro Magister

    ◊   Uno degli aspetti più significativi di questi primi sei anni di Pontificato di Benedetto XVI è l’impegno per una rinnovata evangelizzazione. Su questo tema forte del magistero ratzingeriano, Fabio Colagrande ha raccolto la riflessione del cardinale Camillo Ruini:

    R. – Sin da quando era cardinale, Benedetto XVI ha più volte sottolineato come in Europa, e in generale in Occidente, si giochi una partita cruciale per il Vangelo, per tutto il mondo, dato che se il Vangelo non riuscisse a penetrare nella moderna cultura occidentale, difficilmente potrebbe poi penetrare in altre culture destinate sempre di più a entrare a loro volta, pur conservando le proprie differenze, in un grande quadro comune che ha alcuni parametri fondamentali creati in Occidente. Credo che questa sia la ragione fondamentale per la quale il Santo Padre ha voluto questo nuovo Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, specialmente nei Paesi di antica cristianità che adesso però sono a rischio di perdere la loro eredità di fede e di cultura.

    D. – Un’altra caratteristica forte del Pontificato di Benedetto XVI è la sottolineatura, da parte del Pontefice, del tema della libertà religiosa. Perché l’insistenza su questo tema, secondo lei?

    R. – Non soltanto per la sua importanza centrale, dato che la libertà religiosa è la madre di tutte le libertà, ma anche per un motivo concreto, storico, immediato. La libertà religiosa oggi è in grave pericolo in molti Paesi del mondo, è gravemente minacciata. E il Papa non poteva rinunciare a fare udire la sua voce con tutta la sua forza, con tutta la sua autorità, per riaffermare questo punto fondamentale per la convivenza pacifica tra gli uomini e, naturalmente, per la diffusione della fede cristiana.

    D. – Parlando del mondo della comunicazione, non crede che la pubblicazione nel novembre scorso del libro intervista “Luce del mondo” abbia in qualche modo dimostrato la capacità di Benedetto XVI di comunicare in modo semplice e diretto i contenuti di fede?

    R. – Benedetto XVI ha mostrato certamente questa capacità di comunicare nel libro-intervista a Peter Seewald, ma l’aveva dimostrata fin dall’inizio del suo pontificato e - se mi è permesso dirlo - anche prima nelle tante conferenze, incontri, omelie fatte come vescovo, come cardinale e prima come teologo. Benedetto XVI è un grandissimo teologo ma anche un grandissimo evangelizzatore, un apologeta nel senso positivo: cioè, colui che propone le ragioni della nostra fede e lo fa con un linguaggio molto chiaro, molto semplice, mai distaccato dalla realtà.

    D. – C’è un gesto, una parola di Benedetto XVI che le è rimasto più impresso in questi sei anni?

    R. – Credo che la parola fondamentale sia quella di mettere Dio al centro, di mettere al centro quel Dio che tante correnti, tanti filoni della cultura attuale vorrebbero invece mettere ai margini dell’uomo e della cultura. Questa è la priorità del Pontificato come l’ha indicata, e con tutta chiarezza, il Papa stesso. (bf)

    La centralità della liturgia nella vita del cristiano è un altro tema forte di questo Pontificato. Fabio Colagrande ne ha parlato con mons. Guido Marini, maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie:

    R. – Ci sono tanti momenti che rimangono scritti nella memoria e rimangono scritti nel cuore. Chiaramente ogni celebrazione porta con sé tanti ricordi. Credo, in modo particolare, i viaggi: da una parte costituiscono un impegno anche più gravoso del solito, ma portano con sé anche tanta gioia spirituale, soprattutto per come il Santo Padre viene accolto: in uno spirito di grande fede.

    D. – Ci sono dei mutamenti particolari che lei stesso ha apportato nella pratica liturgica, per volere di Benedetto XVI, in questi anni?

    R. – Io credo che i mutamenti li porti lo stesso Santo Padre anche con il suo stile celebrativo. Io credo che se c’è una sottolineatura, qualcosa che valga la pena rilevare, sono le celebrazioni presiedute dal Santo Padre: la sua ricerca che mira al cuore e all’essenza della liturgia, che è il mistero del Signore celebrato, rispetto al quale tutti siamo chiamati ad entrare e a renderci partecipi, in un clima di adorazione, di preghiera, che anche il momento del silenzio contribuisce a realizzare e a creare.

    D. – Nell’anniversario dell’inizio del suo Pontificato, le chiedo come definirebbe Papa Benedetto XVI?

    R. – Do una definizione dalla mia prospettiva. Dal mio punto di vista, mi pare di poter dire che il Santo Padre è un maestro di liturgia, per quanto riguarda i contenuti, l’insegnamento e il pensiero. Allo stesso tempo – non dimentichiamo – egli è anche un grande liturgo, perché ci insegna l’arte della celebrazione. (ap)

    Il 19 aprile di sei anni fa, Benedetto XVI si presentò al mondo come “umile lavoratore nella vigna del Signore”. Proprio questo è lo stile che caratterizza il Pontificato di Benedetto XVI. E’ quanto sottolinea il vaticanista Sandro Magister, intervistato da Alessandro Gisotti:

    R. – Questo profilo, che Benedetto XVI ha dato di se stesso citando quell’allocuzione così tipicamente evangelica, corrisponde all’immagine che pian piano si è imposta agli occhi dell’opinione pubblica mondiale. Quel personaggio che era conosciuto prima della sua elezione come quello del “guardiano inflessibile del dogma” era frutto di un’immagine che si è rivelata ogni volta di più totalmente falsa ed è stata sostituita da quella mite e operosa descritta proprio da questa locuzione, quasi come fosse l’avvio di una parabola: la parabola che ha già toccato sei anni di questo Pontificato.

    D. – Si può dire, riprendendo anche il titolo dell’ultima enciclica di Benedetto XVI, che “carità nella verità” sia la chiave di lettura per interpretare il magistero ratzingeriano?

    R. – Direi di sì. Perché questo magistero, che si esprime poi in diversi modi e i diversi livelli – questo non va trascurato – è un tipo di magistero che non si limita a ripetere, a riaffermare i capisaldi della Dottrina, ma di tutto da ragione. Cioè, è un Papa che argomenta quello che dice, è un Papa che annuncia – e l’annuncio è davvero la priorità di questo Pontificato – ma è un annuncio sempre argomentato. E’ un Papa che spiega le ragioni di questo annuncio.

    D. – Dal “Cortile dei gentili” al dicastero per la Nuova Evangelizzazione, Benedetto XVI indica chiaramente – con ragione, per l’appunto – l’impegno a raccogliere le sfide che il mondo contemporaneo pone alla Chiesa…

    R. – Sì, è vero. Paradossalmente, abbiamo un Papa che in un periodo in cui il pensiero diffuso a livello mondiale è così povero di ragioni, è un grande apologeta della forza della ragione, e soprattutto di quello che rende così attraente la ragione, cioè la sua apertura, la sua sconfinata capacità di arrivare anche là dove non è capace di cogliere pienamente la verità e dove, appunto, fede e ragione si integrano invece di scontrarsi. (gf)

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    Telegramma di cordoglio del Papa per la morte del cardinale Saldarini, spentosi ieri a Milano. I funerali domani a Torino

    ◊   Un presule “sollecito e amabile”. Benedetto XVI definisce così il cardinale arcivescovo emerito di Torino, Giovanni Saldarini, nel telegramma di cordoglio per la morte del porporato, spentosi ieri pomeriggio in una clinica di Milano all’età di 87 anni. Nel telegramma, il Papa mette in evidenza come la “lunga infermità” che ha afflitto il cardinale Saldarini sia stata da lui vissuta “con fiducioso abbandono al Signore”. Il Pontefice esprime la sua “profonda partecipazione” al dolore dell’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, della comunità diocesana e dei familiari del porporato. Ricordandone il servizio generoso al Vangelo e alla Chiesa, Benedetto XVI ne mette in risalto con gratitudine “l’intensa opera pastorale profusa dapprima quale zelante presbitero e vescovo ausiliare di Milano poi come sollecito e amabile” arcivescovo di Torino.

    Le due arcidiocesi si preparano a tributare l’omaggio al cardinale Saldarini. A Milano, dove fu eletto ausiliare nel 1984, il cardinale arcivescovo della città, Dionigi Tettamanzi presiederà alle 18.30 di oggi una Messa di suffragio. Successivamente, la salma del porporato verrà trasferita presso la cattedrale di Torino, dove sarà allestita la camera ardente. Sempre in cattedrale saranno celebrati domani pomeriggio alle 15.30 i funerali, presieduti da mons. Nosiglia. Il cardinale Saldarini fu a capo dell’arcidiocesi del capoluogo piemontese per dieci anni, dal 31 gennaio 1989 al 19 giugno 1999.

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    Nomina

    ◊   Benedetto XVI ha nominato arcivescovo metropolita di Cardiff, in Galles, mons. George Stack, finora vescovo titolare di Gemelle di Numidia e ausiliare di Westminster. Mons. George Stack è nato a Cork, in Irlanda, il 9 maggio 1946. Ha compiuto gli studi al “St Aloysius College” a Highgate ed è stato ordinato sacerdote per l’arcidiocesi di Westminster il 21 maggio 1972. Durante gli anni che ha trascorso come vicario parrocchiale a Hanwell e a Wood Green, ha svolto anche gli incarichi di cappellano dell’ospedale “St Bernard’s” a Southall e della scuola “Cardinal Wiseman” a Greenford. Il 12 aprile 2001 è stato nominato vescovo titolare di Gemelle di Numidia e ausiliare di Westminster.

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    Prese di possesso cardinalizie

    ◊   L'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice comunica che Venerdì 29 aprile, alle 18, il cardinale Kazimierz Nycz, arcivescovo di Warszawa, prenderà possesso del Titolo dei Santi Silvestro e Martino ai Monti, Via del Monte Oppio, 28.

    Lo stesso giorno, alle 19, il cardinale José Manuel Estepa Llaurens, arcivescovo ordinario militare emerito, prenderà possesso del Titolo di San Gabriele Arcangelo all'Acqua Traversa, Viale Cortina D'Ampezzo, 144.

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    I 90 anni del cardinale Roberto Tucci, l'organizzatore dei viaggi di Papa Wojtyla: ricordi e aneddoti di un'amicizia speciale

    ◊   La Radio Vaticana in festa per il cardinale Roberto Tucci, che compie oggi 90 anni. Direttore generale della nostra emittente, dal 1973 al 1985, il porporato gesuita è stato organizzatore dei viaggi apostolici internazionali di Giovanni Paolo II. Proprio da questa straordinaria esperienza muove la riflessione del cardinale Roberto Tucci nell’intervista di Alessandro Di Bussolo, del Centro Televisivo Vaticano:

    R. - Anzitutto, si tratta di un uomo di fede, una fede alimentata dalla preghiera. Si può dire che era in preghiera continua. Io lo vedevo pregare in macchina il Rosario oppure il breviario; lo vedevo in elicottero, in treno, in aereo: era una continua preghiera, anche quando entravamo in una chiesa ed eravamo in ritardo. Andava davanti al Santissimo e stava lì dieci minuti, anche venti minuti. Al principio, se entrava in una chiesa già piena di gente, naturalmente sin dagli inizi c’era un grande chiasso per gli applausi e per le urla in suo favore. Ma vedendo poi che quest’uomo stava senza muoversi, come fosse una statua davanti al Santissimo, come se in realtà stesse fuori da quella chiesa e non sentisse tutto quel rumore, il chiasso si placava e la gente cominciava a stare in silenzio. Avevamo una chiesa piena di gente entusiasta che stava zitta e il Papa che pregava con una grande intensità. Qualche volta, quando dopo un po’ io mi accostavo per dirgli che eravamo in ritardo, mi diceva: “Padre, la preghiera è più importante della puntualità”. Così capivo che avevo sbagliato e che era meglio ritirarmi… Mi ha impressionato qualche volta, tante volte anzi, questa sua capacità di raccogliersi in preghiera in qualsiasi situazione. Per esempio una volta, tornando dall’India, da Bombay, non potemmo atterrare a Roma perché c’era la neve e dovemmo atterrare all’una di notte a Napoli: andai a dirgli che purtroppo non c’era altro mezzo per arrivare a Roma che prendere un treno, perché anche con l’elicottero non si poteva viaggiare e lui si mise tranquillo a pregare e rimase più di un’ora ad aspettare che tutto fosse pronto per partire. Non si lagnò di niente, era raccolto nella sua preghiera e tutto andava bene. E mi fece soprattutto impressione - perché è una cosa un po’ particolare - quella volta in Israele, mentre andavamo in elicottero da Gerusalemme verso Nazareth. Era la Festa dell’Annunciazione, io sedevo vicino a lui in elicottero - uno dei rari casi in cui ero sull’elicottero del Papa, vicino al Papa - mentre lui sedeva vicino al finestrino e non guardava il paesaggio ch sfilava sotto di noi da Gerusalemme a Nazareth. Vidi che aveva in mano dei foglietti, stampati, tenuti insieme da un filo: leggeva una di queste paginette, poi faceva un gran segno di croce e rimaneva parecchio tempo tutto preso dalla preghiera, poi voltava pagina, faceva un nuovo segno della croce e poi di nuovo una lunga meditazione… Mi venne allora la curiosità di guardare cosa fossero quelle paginette: era la Via Crucis. Era un venerdì e lui ogni venerdì recitava la Via Crucis, e avendo quel giorno un programma molto fitto, e temendo di non avere tempo la sera la stava leggendo in elicottero, con grande semplicità; lui da solo, con se stesso, davanti al Signore. La capacità di questo uomo di raccogliersi in preghiera si spiega anche con altri motivi, ma certo era un uomo di gran coraggio, che non si scoraggiava mai… Se si pensa che era vissuto sotto due dittature - quella nazista e quella comunista - si può capire come si fosse rafforzato molto il suo carattere; una “formazione” impostagli dalle contingenze. Tuttavia, era soprattutto la sua fede in Dio a dargli questa grande sicurezza: non una sicurezza di sé, ma la sicurezza che il Signore lo avrebbe aiutato. La sua fiducia nell’aiuto del Signore, attraverso la preghiera, non lo fece mai scoraggiare.

    D. - Eminenza, lei ha spiegato che la fede in Dio dava la forza a Karol Wojtyla per non fermarsi davanti agli ostacoli. Ci ricordi alcuni dei suoi gesti coraggiosi nei viaggi…

    R. - Anzitutto il Nicaragua, perché andare in quel momento in Nicaragua (1983 - ndr) è stato un atto di coraggio. Ma ci sono stati momenti difficili anche in Polonia, sin dal primo viaggio, così come negli altri viaggi che ho organizzato io. Il Papa non si adirava: gli dispiaceva ma continuava, perché pensava soprattutto al popolo. La tranquillità gli veniva sempre da questa grande unità col Signore. Io prego sempre il Signore che ne dia un pochino anche a me e mi rivolgo proprio a Giovanni Paolo II affinché mi aiuti. Certamente, mi ha fatto un grande favore: da ragazzo ero in una congregazione mariana - ed è lì che sono diventato cattolico e poi sono diventato anche gesuita - dove si recitava il Rosario. Durante la mia vita, lo avevo un poco trascurato, ma poi sentendo il Papa parlare dell’importanza del Rosario - che insieme con la Madonna permette di "ripassare" l’intera vita di Gesù - posso dire che oggi è diventata la mia preghiera più cara: ogni giorno dico il Rosario e sento quanto sia importante la preghiera del Rosario, che prima consideravo una cosa noiosa, ripetitiva… Ora non la considero più tale e lo devo a lui.

    D. - Lei è stato chiamato da Giovanni Paolo II a presentare ai giornalisti le sue prime Encicliche, quelle che poi hanno segnato tutto il Pontificato. Possiamo dire che è stato il Papa della dignità dell’uomo, della misericordia di Dio e della riconciliazione?

    R. – Sì, sappiamo bene che è stato lui ad istituire la festa della Divina misericordia, per la sua devozione verso una pia donna polacca che lui ha anche beatificato e canonizzato. Aveva un gran senso di misericordia e ha scritto un’Enciclica su questo, molto bella. Una delle più belle prime encicliche del Papa è quella sulla Misericordia di Dio. Poi, una cosa che mi ha sempre colpito era l’amore del Papa per i malati. Mi fece impressione, in Messico, quando ancora non ero io a organizzare i viaggi, entrare in una chiesa di stile coloniale stupenda, piena di tutte le miserie più grosse che si possono mettere insieme in una chiesa riempiendola di malati, di storpi, di gente in carrozzella... il Papa in quell’occasione mi colpì profondamente: accostandosi a ogni singolo malato - salutò così ogni singolo malato spesso baciandogli la fronte - mi sembrò che il Papa stesse in adorazione, come se stesse adorando nostro Signore nel fare quel gesto verso quel malato. Mi fece un’impressione enorme e gliel’ho visto fare molte altre volte. Io qualche volta come organizzatore ero un po’ preoccupato: sapevo che il Papa voleva che i malati in carrozzella stessero in prima fila nelle Messe, però dicevo pure di non farne entrare troppi, perché sennò chissà quanto tempo si sarebbe voluto e sarebbero saltati i tempi... Una volta vennero messi in prima fila alcuni malati; alle loro spalle venne posta una transenna dietro la quale stavano però molti più malati di quelli al di qua. Allora il Papa mi ha chiesto, in una maniera anche un po’ brusca: “Per favore mi faccia passare!”. Abbiamo dovuto togliere la sbarra e farlo passare: lui è andato a salutare tutti quanti. E più che con affetto a me è sempre sembrato con venerazione.

    D. – Un ricordo personale, lei che lo ha conosciuto ai tempi della Commissione del Concilio incaricata di preparare la Gaudium et spes... Un suo ricordo personale di Giovanni Paolo II, quello che conserva nel cuore, il ricordo di un “amico” come lei lo ha anche definito …

    R. – Ce ne sono tanti, è difficile scegliere… Ci sono quelli che me lo ricordano scherzare con me, prendermi un po' in giro, aneddoti simpatici... Per dire, di solito lui non si preoccupava molto dei problemi organizzativi. Una volta invece, durante una riunione di lavoro a pranzo, cominciò a chiedermi come si organizzava quella cosa, come si organizzava quell'altra, fece molte domande. Poi uscimmo e andammo in cappella - si andava in cappella a pregare 10 minuti prima del pranzo e 10 minuti dopo il pranzo - mi prese per il braccio e mi disse: “Povero padre Tucci, come è caduto in basso dalla teologia!”. Questo perché lo avevo conosciuto durante il Concilio Vaticano II, quando ero lì come teologo e lui come vescovo… Aveva di queste battute così! Oppure, quando era il mio onomastico - che è la festa di San Roberto Bellarmino a settembre - il Papa mi faceva sempre una festicciola. La mattina mi chiamava, poi arrivavano quelli del seguito papale - prima che cominciassi il lavoro vero e proprio - e mi faceva gli auguri. Una volta, per prendermi in giro, ha detto agli altri che stavano lì: “Ma non vi sembra che il padre Tucci faccia in modo che si organizzino i viaggi che capitino proprio nel giorno del suo onomastico?”. Io sono stato un po’ impertinente perché gli ho risposto: “Santo Padre, lei sa molto meglio di me, che è lei che deicide le date dei viaggi, non io!”. Allora mi ha abbracciato e si è fatto una gran risata! Perché sapeva anche apprezzare l’umorismo.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Per spiegare la bellezza della famiglia, un divertente manuale di evangelizzazione: in prima pagina, Lucetta Scaraffia sul libro della giornalista Costanza Miriano “Sposati e sii sottomessa”.

    Gli auguri del presidente Giorgio Napolitano in occasione dell'anniversario dell'elezione al pontificato di Benedetto XVI.

    Nell'informazione internazionale, Pierluigi Natalia sulle speranze nigeriane di normalità nonostante i disordini postelettorali.

    “L’idraulico di Woody Allen e il senso del lavoro”: Marco Bellizi sulla formazione dei giovani in un libro di Giuseppe Bertagna.

    Ritrattazione mancante o implicita?: in cultura, Sergio Pagano sul ritrovamento, nell'Archivio Segreto Vaticano, di una lettera inedita (che viene pubblicata) sulla confessione in un punto di morte del conte Camillo Benso di Cavour.

    Galerio ovvero il persecutore pentito 1700 anni dopo l'editto del 30 aprile 311: anticipazione della relazione di Paolo Siniscalco al XXXI seminario internazionale di studi storici, in Campidoglio, "Da Roma alla Terza Roma".

    Pascalina dalla Baviera al Palazzo Apostolico: sarà presentata al Papa la fiction dedicata alla suora che fu fedele collaboratrice di Pio XII.

    Un'avanguardia fermata in corsa: Sandro Barbagallo illustra il percorso dell'arte russa dalle icone a Malevic.

    I pazienti passi dell'unità tra i cristiani: nell'informazione religiosa, Riccardo Burigana su un incontro, in Germania, tra anglicani e protestanti europei.

    Nella terra del beato Stepinac: nell'informazione vaticana, un articolo sulla visita del Papa in Croazia, dal 4 al 5 giugno, per la giornata nazionale delle famiglie cattoliche.

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    Oggi in Primo Piano



    In Italia, il leader degli insorti libici, Mustafa Adbel Jalil

    ◊   In Libia, proseguono i bombardamenti delle truppe di Gheddafi su Misurata, anche se il regime ha accettato l’ingresso nella città di aiuti umanitari dell’Onu. Aperto anche un nuovo corridoio umanitario nell’ovest del Paese. Oggi, intanto, in Italia è arrivato il presidente del Consiglio nazionale di transizione libico, Mustafa Abdel Jalil, che ha incontrato il ministro degli Esteri, Franco Frattini e poi il capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Domani vedrà a Parigi il presidente Sarkozy. Alla conferenza stampa congiunta di Frattini e Jalil era presente per noi Debora Donnini:

    L’Italia accoglie, dunque, ufficialmente il capo dei ribelli libici, ormai il principale antagonista di Muhammar Gheddafi. Non solo. L’Italia, dice Franco Frattini, intende spiegare agli altri Paesi europei e del mondo, perché anche loro dovranno presto riconoscere il Consiglio nazionale transitorio libico da cui nascerà la nuova Libia:

    “Con questa lunga giornata, il presidente Abdel Jalil ha già confermato nel nostro incontro il suo impegno e quello del governo del Consiglio nazionale di Bengasi ad andare avanti nella strada della democrazia, della lotta al terrorismo e ad ogni forma di estremismo nella ricostruzione della Libia, nel contrasto all’immigrazione clandestina. Ha parlato di una vera e propria 'linea rossa' contro i trafficanti di esseri umani e, da parte sua, l’Italia conferma amicizia, stima e sostegno al popolo libico”.

    Ribadito anche l’impegno internazionale italiano. Il Gruppo di contatto sulla Libia, che si riunirà il 2 maggio a Roma discuterà, spiega Frattini, anche dell’invio di strumenti per l’autodifesa, come attrezzature per le intercettazioni, radar e rivelatori notturni. Confermati anche i trattati internazionali fra cui quello italo-libico. La situazione sul terreno resta, comunque, difficile. Frattini riferisce quanto gli ha spiegato lo stesso Jalil: dall’inizio del conflitto in Libia, ci sono stati 10 mila morti e oltre 50-55 mila feriti. Il responsabile della Farnesina promette, dunque, di aumentare il numero dei malati gravi che possono venire in Italia e si sta valutando l’invio di un altro team di medici in Libia. Anche i sostenitori di Gheddafi in pericolo di vita saranno aiutati perché questo, afferma il ministro, è il germe della democrazia.

    Alla conferenza stampa è intervenuto anche Jalil…

    (parole in arabo)

    Il capo degli insorti conferma cooperazione e amicizia che saranno offerti in primo luogo a Italia, Francia e Qatar, quindi anche a Stati Uniti e Gran Bretagna, a seconda del sostegno dato fino a oggi. Jalil ribadisce le difficoltà: gli attacchi aerei contro le truppe di Gheddafi non sono sufficienti e in questo modo non c’è protezione totale per i civili.

    Presente anche il responsabile della politica estera del Cnt, Ali al Isawi, che dichiara: fra i ribelli e il regime di Gheddafi attualmente non c’è alcuna mediazione. In Libia, infatti, proseguono i combattimenti. Le truppe del rais continuano a bombardare Misurata, ultima roccaforte degli insorti. In Tripolitania si parla ancora di morti e feriti. Oggi però il regime ha consentito l’ingresso nella città di aiuti umanitari dell’Onu. Il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite è riuscito ad aprire un nuovo corridoio umanitario nell’ovest del Paese, gli aerei della coalizione multinazionale hanno lanciato missili aria-terra su Tripoli e Sirte. (mg)

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    Nigeria: scontri e contestazioni dopo la vittoria di Jonathan alle presidenziali

    ◊   Invito a mettere fine a questa condotta inutile ed evitabile, soprattutto dopo che tutti i cittadini di questo grande Paese si sono impegnati per garantire elezioni giuste e trasparenti. Così, Goodluck Jonathan, il vincitore delle presidenziali nigeriane, svoltesi sabato e contestate nel nord del Paese con una serie di scontri che hanno causato, secondo la Croce Rossa, diversi morti - il numero è imprecisato - oltre 250 feriti e 15 mila profughi. Ma si può dire che le elezioni hanno riconfermato la netta spaccatura del gigante africano? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Enrico Casale, africanista della rivista dei Gesuiti “Popoli”:

    R. – E’ vero che i risultati delle elezioni hanno portato a nuovi scontri, però questi scontri riguardano frange di estremisti che non rappresentano l’intera popolazione nigeriana. Forse l’immagine migliore che vale la pena di ricordare della Nigeria è proprio quella delle file ordinate, composte di persone che si sono recate a votare; simbolo del desiderio di un Paese dove le tensioni vengano in parte stemperate.

    D. – Molti analisti credono anche che gli scontri di questi giorni siano stati causati dalla presa di coscienza della popolazione, che pur vivendo in un Paese in forte crescita, con grandi giacimenti petroliferi, vive in una situazione però di grave miseria...

    R. – Bisogna ricordare che la Nigeria vive una serie di paradossi: è l’ottavo produttore mondiale di petrolio e il principale produttore, o uno dei principali produttori, di petrolio d’Africa e deve importare benzina; le popolazioni del Delta del Niger, dove si estrae la maggior parte del petrolio nigeriano, sono costrette a vivere senza luce e acqua corrente nelle case. Questo vuol dire che molti dei proventi dell’industria petrolifera, che riguardano sia il petrolio che il gas, non vengono ridistribuiti alla popolazione, ma vengono goduti da una piccola elite di persone al potere. Il nuovo presidente si è impegnato ad una migliore distribuzione. Sarà, il suo, un compito difficilissimo, perché deve scontrarsi appunto con questa elite piccola, ma molto forte.

    D. – Jonathan pare che abbia anche ottimi contatti con i ribelli proprio del Delta del Niger, con i quali si potrebbe stabilire a questo punto una tregua ed un equilibrio di cui se ne gioverebbe l’intero Paese. Cosa possiamo prevedere da questo punto di vista?

    R. – Bisogna dire che Goodluck Jonathan è il primo presidente nigeriano che proviene dalla zona del Delta del Niger. E’ chiaro, quindi, che conosce bene i problemi della zona e può chiaramente avere dei rapporti con i ribelli del Delta. Ha annunciato lui stesso che una delle sue priorità sarà quella di risolvere il problema e certamente nella sua agenda le questioni del Delta del Niger è tra i primi punti che affronterà. Credo che, da questo punto di vista, si possa essere ottimisti. (ap)

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    La Chiesa e l'annuncio del Vangelo nel Decreto conciliare "Ad gentes"

    ◊   La Chiesa è missionaria “per natura”. Questa affermazione, così nota e comune al giorno d’oggi, proviene dagli insegnamenti del Vaticano II. È contenuta del Decreto Ad gentes, promulgato da Paolo VI nel dicembre del 1965. Un documento basilare che schiuse una nuova stagione all’evangelizzazione, come ricorda in questa 24.ma puntata della rubrica dedicata al Concilio il gesuita, padre Dariusz Kowalczyk:

    Un falso spirito conciliare dice che oggi si deve sospendere l’evangelizzazione per poter dialogare. All’evangelizzazione, compresa come il proporre con le parole e gli esempi la fede cattolica, si contrappone il dialogo sia con le altre religioni e confessioni, che con gli atei. Si dice che l’evangelizzazione turba, e il dialogo unisce.

    Però questo non è ciò che ci insegna il Concilio. Nel decreto sull’attività missionaria della Chiesa leggiamo: “La Chiesa […] è per sua natura missionaria” (n. 2), cioè la Chiesa deve sforzarsi di portare l'annuncio del Vangelo a tutti gli uomini. In questo modo essa risponde alle esigenze più profonde della sua cattolicità ed all'ordine specifico del suo fondatore (cfr. n. 1): “Andate e ammaestrate tutte le nazioni” (Mt 28,19). Il dialogo va visto dunque come una dimensione dell’evangelizzazione, e non al contrario.

    Il Concilio insegna che i non-cristiani possono essere salvati, perché Dio, attraverso vie che Lui solo conosce, dà agli uomini che, senza loro colpa, ignorano il Vangelo la sua grazia. Ma nello stesso tempo afferma che “non possono salvarsi quegli uomini i quali, pur sapendo che la Chiesa cattolica è stata stabilita da Dio per mezzo di Gesù Cristo come istituzione necessaria, tuttavia rifiutano o di entrare o di rimanere in essa” (n. 7).

    Nel passato non si è sempre compreso che la predicazione del Vangelo doveva rispettare la libertà dell’uomo. Perciò il Concilio dice con chiarezza: “La Chiesa proibisce di costringere o di attirare alcuno con inopportuni raggiri ad abbracciare la fede” (n. 13). Però si sottolinea anche che la Chiesa “rivendica energicamente il diritto che nessuno con ingiuste vessazioni sia distolto dalla fede stessa”. Queste parole vanno riferite tra l’altro alle situazioni in cui una laicizzazione aggressiva cerca di imporsi con uno spirito quasi missionario, o piuttosto anti-missionario.

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    Chiesa e Società



    Terra Santa: dal Messaggio pasquale dei capi delle Chiese, un appello di pace

    ◊   Un appello alla riconciliazione in Terra Santa è stato lanciato dai 13 Capi delle chiese di Gerusalemme nel messaggio comune scritto per la prossima Pasqua e diffuso oggi nella Città Santa. “I cristiani assistono, in preghiera, agli sviluppi in Medio Oriente – si legge nel testo ripreso dall'agenzia Sir -. Preghiamo affinché le riforme portino ad una società civile in cui siano rispettate la libertà di espressione, la libertà di religione, i diritti umani, inclusi quelli di coloro che sono considerati, per numero, una minoranza. Invitiamo tutte le persone di fede e di buona volontà a ricercare la pace che non può essere comprata al prezzo del silenzio e della sottomissione alla corruzione e all’ingiustizia”, aggiungono 13 leader delle chiese cristiane. “Esortiamo tutti i cristiani – prosegue il testo – a pregare per la riconciliazione tra i popoli della Terra Santa dove la situazione deteriorata sembra allontanare più che mai la pace e la giustizia. Facciamo appello alle Chiese del mondo di sostenerci nel dare voce a coloro che sono nel silenzio, a rompere i muri che ci separano gli uni dagli altri e a costruire ponti di buona volontà tra gli uomini”. Infine, i leader religiosi chiedono ai “capi delle nazioni e a coloro che manifestano per un cambiamento, di usare saggezza e giudizio per soddisfare i bisogni dei loro popoli e per promuovere soluzioni pacifiche per costruire un avvenire migliore per tutti i figli di Dio”. (M.G.)

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    Egitto. Il cardinale Naguib: "Per Pasqua, la resurrezione di un popolo che ora vive e parla"

    ◊   “La resurrezione di un popolo che era immerso nella paura e nell’incapacità di dire ciò che sente e vede, e ora non è più addormentato ma vive e parla”. E’ il senso della Pasqua che l’Egitto si appresta a celebrare nella sua minoranza cristiana, secondo il patriarca copto-cattolico di Alessandria, cardinale Antonios Naguib. “Questa Pasqua – dichiara all'agenzia Sir - viene in un tempo particolare, ci trova in mezzo a speranze miste a preoccupazioni e ci annuncia serenità e vera Pace. Il nostro Paese vive ancora il clima della rivoluzione del 25 gennaio. Tale rivoluzione è nata e cresciuta nei cuori dei nostri cari giovani. È nata dalla volontà di un cambiamento radicale e del rifiuto dell’ingiustizia e della corruzione. La nostra rivoluzione è nata senza nessuna macchia di sangue e non cercava la distruzione, ma il bene di tutti”. Perciò, aggiunge il cardinale, “la possiamo considerare come resurrezione di un popolo che era immerso nella profondità della paura, e nella incapacità di dire quello che sente e quello che vede, e ora non è più addormentato ma vive e parla. Non tace più, ma grida e proclama i suoi desideri e speranze, desideri di una nuova epoca, di un nuovo Paese basato sulla cittadinanza e sul rispetto dei diritti umani, senza nessuna discriminazione. Auguriamo che questo grido sia ascoltato e non venga macchiato da ideologie o correnti che cercano il proprio interesse”. (R.P.)

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    In Egitto 100 mila copti in piazza per la libertà di culto e i diritti civili

    ◊   Circa 100mila egiziani copti — accompagnati anche da numerosi musulmani — hanno sfilato, sabato, lungo le strade che dal distretto di Shobra, a nord del Cairo, conducono fino alla piazza Tahrir per chiedere il rispetto della libertà di culto e dei diritti civili. Secondo quanto riferisce l’Osservatore Romano, la lunga catena umana ha poi composto la forma di una grande piramide, il simbolo più conosciuto della nazione, per mostrare, è stato sottolineato, “che i copti sono una presenza attiva e hanno esigenze giuste e legali”. Nel Paese non si placano, infatti, i timori per gli attacchi condotti dai gruppi musulmani che alimentano l’odio tra le comunità religiose e che prendono di mira, in particolare, proprio le chiese cristiane. In particolare, la comunità copta guarda soprattutto alla nuova Costituzione che, nelle aspirazioni generali, dovrebbe rafforzare la democrazia, chiedendo il rispetto dello Stato di diritto, in particolare, la libertà di praticare il proprio credo e la fine dell’impunità per i colpevoli delle violenze. Un sacerdote copto ortodosso, padre Mettias Nasr, ha sottolineato: “Vogliamo un Stato democratico e una Costituzione che eviti qualsiasi discriminazione”. E ha aggiunto: “Desideriamo soprattutto che le nostre chiese tornino a essere luoghi di raccoglimento e quelle che sono state chiuse per motivi di sicurezza vengano riaperte”. Un altro religioso, padre Filopareer Gamil, ha poi rilevato: “Chi attacca i copti non viene mai punito e spesso la questione viene risolta con generiche sollecitazioni alla riconciliazione”. In Egitto è da tempo in corso una strisciante ascesa del fondamentalismo religioso che desta preoccupazione tra le minoranze religiose. Si tratta di gruppi di estremisti, talvolta non numericamente rilevanti, ma comunque in grado di alimentare ansie e paure tra le varie comunità. Tra questi spiccano, ad esempio, l’Islamic Jihad Movement e i salafiti le cui attività, organizzate in base a logiche militariste e terroristiche, puntano all’applicazione della sharia in tutto il Paese. Spesso i fondamentalisti si servono di banali pretesti per colpire le minoranze, facendo leva soprattutto sulle, talvolta, deboli reazioni delle forze dell’ordine. Padre Luciano Verdoscia, un missionario comboniano, che da anni opera in Egitto sostiene che la gente “sia consapevole del pericolo del fondamentalismo religioso. Il messaggio fondamentalista non ha attecchito tra i giovani che hanno partecipato alle proteste popolari, che sanno bene cosa significhi”. Tuttavia, ha concluso il missionario “esiste un divario tra i giovani e gli strati più ignoranti della popolazione, che possono essere facilmente influenzati dai predicatori islamici, come si è visto in occasione del referendum costituzionale”. (M.G.)

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    Costa d’Avorio: il parroco di Yopougon chiede la fine di saccheggi e violenze

    ◊   A otto giorni dall’arresto del presidente uscente Laurent Gbagbo, che avrebbe dovuto segnare la fine della crisi post-elettorale in atto da fine novembre, in Costa d’Avorio non si allenta la tensione sul terreno. Particolarmente difficile la situazione a Yopougon, il più esteso e popolato sobborgo della capitale economica, Abidjan. Secondo la testimonianza fatta alla Misna da padre Hypolite Mel, parroco della chiesa Saint Vincent de Paul, a Yopougon: “La vita quotidiana è ancora bloccata, molta gente è scappata da Yopougon per mettersi al riparo in quartieri più sicuri, da parenti o amici. Chi invece ha deciso di rimanere è soltanto per proteggere la propria casa e tutti i beni guadagnati con anni di duro lavoro. Siamo totalmente isolati, manca il cibo, da due giorni non c’è più luce e la gente ha paura di uscire. I giovani patrioti non intendono deporre le armi e sono loro che dettano legge ormai da settimane”. “Alla luce dell’insicurezza diffusa nel quartiere – spiega il sacerdote - abbiamo deciso di anticipare gli orari della processione e la messa del Venerdì santo per consentire ai fedeli di rientrare a casa prima del tramonto, fino a quando durerà la nostra Via Crucis”. Padre Hypolite chiede quindi a gran voce la fine dei saccheggi ai danni delle famiglie povere e indifese e lo stop alle voci infondate e alle speculazioni che alimentano incertezza e panico tra la gente. Il sacerdote insiste inoltre sull’urgenza di “voltare le spalle alla cultura dell’odio, della vendetta e a chiunque cerchi di gettare ancora benzina sul fuoco”. Di fatto, ricorda il giovane parroco ivoriano, “la nostra società è fondata sugli scambi culturali e religiosi tra popolazioni di diverse origini etniche e diverse nazionalità: le famiglie miste cristiano-musulmane sono numerose e per noi è normale convivere in armonia”. Considerando il nuovo panorama politico in Costa d’Avorio con l’arrivo al potere del presidente eletto Alassane Dramane Ouattara (chiamato ‘Ado’), secondo il parroco di Yopougon, dopo più di quattro mesi di braccio di ferro per il potere, è giunta l’ora di “uscire dalla logica della strumentalizzazione religiosa, culturale, etnica a fini politici” poiché “la Costa d’Avorio si potrà ricostruire solo con l’unità, la riconciliazione, il dialogo e la pacificazione”. (M.G.)

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    Gli Ordinari cattolici di Terra Santa per la Beatificazione di Giovanni Paolo II

    ◊   “Uomo di fede, di dialogo e di pace, testimone intrepido e uomo sofferente”: questo è Giovanni Paolo II nelle parole dell’Assemblea degli Ordinari cattolici di Terra Santa che, in una lettera indirizzata ai sacerdoti, ai religiosi ed ai fedeli, ha diffuso un programma di eventi organizzati per celebrare la beatificazione del 1° maggio in Vaticano. “Noi che l’abbiamo conosciuto, pellegrino in Terra Santa, uomo di fede, di dialogo e di pace, che abbiamo ascoltato la sua parola di fede e di speranza, sicura e rassicurante e col quale abbiamo parlato delle gioie, sofferenze e speranze delle nostre diocesi e del nostro popolo non possiamo permetterci di lasciar passare un evento così importante senza viverlo e fare memoria del futuro Beato Giovanni Paolo II”. A tale riguardo - riporta l'agenzia Sir - l’Assemblea comunica una serie di eventi che si svolgeranno a Gerusalemme, Betlemme, Nazareth e Amman tra il 29 aprile e l’8 maggio, tra cui un concerto d’organo, veglie eucaristiche e mariane, mostre artistiche ed un incontro di giovani in Giordania il 30 aprile. Il 1° maggio gli Ordinari invitano parroci e sacerdoti ad informare i fedeli sulla beatificazione che verrà seguita anche in diretta tv da Gerusalemme e dalla Fondazione Giovanni Paolo II a Betlemme dove sarà presente anche il premier palestinese Salam Fayyad. Sempre il 1° maggio (16.30), a Gerusalemme, il patriarca Fouad Twal, celebrerà una messa in onore del beato Giovanni Paolo II. A maggio, infine, è prevista una tavola rotonda con cristiani, ebrei e musulmani su “Giovanni Paolo II, un uomo di pace e di dialogo”. (R.P.)

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    Nord Corea: carestia e carenza dei medicinali aggravano l’emergenza tifo a Pyongyang

    ◊   È ormai fuori controllo l’ epidemia di febbre para-tifoidea che ha colpito la scorsa settimana la capitale nordcoreana Pyongyang. Le autorità, sostiene una fonte dell'agenzia AsiaNews, “sono nel panico. I medicinali per curare questa febbre, dei normali antibiotici, si possono trovare soltanto al mercato nero a prezzi proibitivi. E avendo tagliato dal budget nazionale le spese per la sanità pubblica, a favore dell’esercito, non hanno soldi in cassa per frenare l’epidemia”. Non meno allarmante la testimonianza di una fonte del North Korean Daily secondo cui “la malattia è apparsa l’autunno dello scorso anno. Fino ad ora era abbastanza limitata, soprattutto nelle campagne che costeggiano la capitale, ma ora è dovunque. In alcune aree c’è un malato ogni due famiglie e il governo non sa cosa fare”. La febbre para-tifoidea, nota anche come “paratifo”, è un’infezione provocata dai batteri della salmonella. Si trasmette attraverso cibo contaminato o acqua sporca, ma può essere veicolata anche tramite gli insetti comuni. È abbastanza frequente negli Stati sottosviluppati ed è molto contagiosa. Il miglior trattamento è l’isolamento del paziente e la disinfestazione delle aree colpite: una procedura impossibile in una nazione dove ogni essere umano è costretto a lavorare per sopravvivere. Il tutto è aggravato dalla malnutrizione praticamente endemica nel Paese. A tal proposito un dissidente, al momento residente in Corea del Sud, ricorda: “Nel 1997 circa 800 persone morirono di questa malattia nella provincia di Yangkang. Allora come oggi, per la carestia, le difese immunitarie della popolazione erano ai limiti storici. Inoltre i medicinali che passa lo Stato vengono dalla Cina, e tutti sanno che non ci si può fidare molto”. La fonte di AsiaNews conclude: “In altri tempi, tramite Organizzazioni non governative, potevamo aiutare inviando antibiotici e cibo a sufficienza per fermare dal lavoro i malati. Oggi, con il blocco imposto dopo i disastrosi attacchi ordinati dal regime, questo è impossibile. Sappiamo bene che qualunque cosa possiamo inviare finirà nelle mani dei soldati”. (M.G.)

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    Filippine: con la Legge sulla genitorialità responsabile, ancora contrasti tra governo e Chiesa

    ◊   Nelle Filippine, dopo la Legge sulla Salute Riproduttiva (Rh Bill), un nuovo disegno di legge ha aperto un ulteriore fronte di polemica tra il Governo e la Chiesa cattolica. Si tratta della Legge sulla genitorialità responsabile (Rp Bill) patrocinata dal Presidente Benigno Aquino. L’episcopato – riferisce l’agenzia Ucan - ha già espresso la sua contrarietà al provvedimento in quanto, analogamente alla Health Reproductive Bill, ancora in discussione al Congresso, promuove la contraccezione. Il Presidente Aquino ha tuttavia fatto sapere che non intende cedere alle pressioni della Chiesa su questo punto “anche a costo di essere scomunicato”, ha detto ieri parlando all’Università delle Filippine. “Alla fine devo ascoltare la mia coscienza e fare quello che è giusto”, ha aggiunto. Secondo il Presidente Aquino c'è un legame tra povertà e crescita demografica incontrollata. Un argomento - come è noto - respinto come infondato dai vescovi che hanno rilevato a più riprese come la povertà endemica nelle Filippine abbia ben altre ragioni e possa essere sconfitta per altre vie più rispettose della vita e della dignità delle persone. (L.Z.)

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    Bangladesh: positiva la prima conferenza tra le comunità cristiana e ahmadiyya

    ◊   “Positivo, educativo e costruttivo”, con queste parole padre Francesco Rapacioli ha descritto all'agenzia AsiaNews l’incontro tra le comunità ahmadiyya e cristiana di Dhaka, in Bangladesh, avvenuto sabato scorso. “L’affluenza – spiega il sacerdote animatore del movimento ecumenico “Shalom” – è stata maggiore che in ogni altro incontro promosso da ‘Shalom’: i partecipanti erano 175, di cui un’ottantina cristiani e il restante ahmadi”. La comunità ahmadiyya è nata in India, nella zona del Punjab, al confine col Pakistan, nel 1889, da Mirza Ghulam Ahmad che, oltre a essere il fondatore del movimento, è considerato anche il messia. Dopo la sua morte, il movimento è stato presieduto da altri ‘mirza’, guide”. Al momento, la comunità è retta dal quinto leader, Mirza Masroor Ahmad. Le radici indiane di questa comunità sono molto forti, secondo padre Rapacioli: “Gli ahmadiyya riconoscono come profeti anche quelli fuori dalla linea giudaico-cristiana, come Khrisna, Buddha o Confucio, a differenza invece dell’islam sunnita che accetta solo la figura di Gesù. Un tipo di teologia e comprensione del messianismo tipico degli indiani”. Proprio quest’apertura – insieme alla convinzione che il loro fondatore sia il nuovo messia – è uno dei motivi per cui sono discriminati e perseguitati dai fondamentalisti. Che il clima in cui gli ahmadiyya vivono non sia affatto sereno emerge da un episodio occorso proprio durante la conferenza. “A un certo punto – spiega il religioso – la discussione si è un po’ bloccata. Mobasherur Rahman, responsabile della comunità bengalese e uno degli organizzatori, ha affrettato la conclusione dell’incontro senza dare troppe spiegazioni. Lì per lì non ho capito cosa stesse accadendo. Più tardi, da persona onesta qual è, mi ha confessato di aver visto entrare nella sede alcuni musulmani, che avrebbero senz’altro rovinato l’atmosfera, essendo sempre molto ostili e aggressivi nei loro confronti”. Al di là di questo episodio, il bilancio finale dell’incontro è molto positivo. “Sia la comunità cristiana che quella ahmadiyya – continua padre Rapacioli – sono due minoranze in Bangladesh, e tra i due gruppi c’è sempre stata una certa diffidenza. Noi, oltretutto, rappresentiamo una minoranza anche dal punto etnico, visto che più del 50% dei cristiani sono tribali, indigeni. Loro, perché si tratta di una comunità dai tratti particolari, poco conosciuta”. “Eppure – prosegue il sacerdote -, non solo hanno voluto ospitarci nella loro sede, ma più tardi ci hanno offerto un rinfresco e messo a disposizione le loro pubblicazioni. Questo per dimostrarci di aver trovato una comunità con cui aprirsi, dialogare, incontrarsi. È come se avessero trovato degli alleati”. Padre Rapacioli spiega in conclusione che l’evento è stato costruttivo anche per la comunità cristiana: “Proprio da un punto di vista educativo: capire che esiste un’alterità religiosa, con principi vicini ai nostri e che a volte è anche discriminata, in qualche modo ci permette di comprendere meglio la nostra stessa fede”. (M.G)

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    Brasile: per la Pasqua l'arcivescovo di San Paolo indica le pratiche penitenziali

    ◊   In vista della Pasqua, l'arcivescovo di San Paolo del Brasile, il cardinale Odilo Scherer, raccomanda ai fedeli di seguire “le pratiche penitenziali, come esercizio di ricerca più intensa di Dio e della nostra conversione alle sue vie”. In un articolo ripreso dall'agenzia Zenit, il cardinale Scherer sottolinea che “il digiuno e la moderazione dei nostri desideri e delle nostre passioni non devono essere praticati solo come atti di 'mortificazione'”. Piuttosto devono essere vissuti “come esercizi che ci stimolano e ci aiutano nel processo della nostra conversione, motivati dalla Parola del Vangelo e dalla sincera ricerca di Dio, come unico assoluto della nostra vita”. L'arcivescovo ha affermato che tutti hanno bisogno di penitenza perché nessuno è esente dal peccato: “E’ stato Gesù stesso a raccomandare ai discepoli di fare penitenza. La penitenza sincera porta al riconoscimento del fatto che le vie di Dio sono sagge e giuste, e alla sincera e umile obbedienza ad esse”. Il porporato è poi entrato nel merito degli esercizi personali di penitenza: “Possono essere la correzione di certi vizi, lo sforzo per riorientare le passioni disordinate, la riconciliazione con il prossimo, la riparazione delle offese, l'astensione dal consumo sfrenato di cose superflue, la pratica più intensa della carità e delle altre virtù”. “Ci sono anche pratiche comunitarie di penitenza – precisa il porporato -, come la Via Crucis, gesti di solidarietà in favore dei bisognosi, le celebrazioni penitenziali fatte in comunità”. Gli esercizi personali e comunitari di penitenza, ha aggiunto, “dovrebbero portare a una confessione sacramentale ben fatta. Gesù Cristo – ha spiegato il cardinale Scherer -, che ci ha riconciliato con Dio, ha affidato alla Chiesa il ministero della riconciliazione. Attraverso il sacramento della confessione, riceviamo da Dio il perdono dei nostri peccati e possiamo sentire anche in noi l'effetto delle parole confortanti di Gesù: 'Vai in pace, i tuoi peccati ti sono perdonati'”. Per fare una buona confessione e ottenere il perdono sacramentale dei peccati, ha affermato il cardinale, “è necessario avere la consapevolezza dei peccati e della loro gravità, essere sinceramente pentiti davanti a Dio, avere fede nel perdono dato da Dio attraverso la Chiesa e confessare i peccati con sincera umiltà al sacerdote, ministro del perdono. E' infine necessario compiere la 'penitenza' imposta dal confessore e avere il fermo 'proposito di emendamento' e di non tornare a commettere gli stessi peccati”. (M.G.)

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    Ucraina. Lettera pastorale di mons. Shevchuk ai giovani: Lasciatevi amare da Cristo

    ◊   “Non abbiate paura di incontrare Cristo”, è l’esortazione rivolta ai giovani dal neo arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč, Sviatoslav Shevchuk, in occasione della Domenica delle palme e della passione del Signore. Il responsabile della Chiesa greco-cattolica ucraina ha scritto una lettera pastorale, la prima dalla sua elezione, in cui chiede ai giovani di vivere “questo incontro” lasciandosi “ispirare dalla forza dell’amore, con la quale costruiamo il nostro futuro insieme”. Mons. Shevchuk, che ha letto il messaggio durante la liturgia celebrata nella cattedrale della Risurrezione a Kiev, ha detto ai giovani che “oggi la Chiesa ha bisogno della vostra spontaneità e della vostra apertura intuitiva alla realtà di Dio, presente tra noi. Siete voi le voci con cui la Chiesa accoglie il suo Re cantando “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”. Ai giorni nostri, purtroppo – ha aggiunto il presule citato dall’Osservatore Romano - questa innata religiosità giovanile e la ricerca di quell’eterno amore, che è Dio, sono spesso offese e rubate. È difficile per noi lasciarci amare, perché abbiamo paura di essere ingannati o usati. Inoltre, a volte non siamo capaci di amare” . “Diamo più valore alle cose, al divertimento virtuale e alla comunicazione nelle reti sociali — ha poi osservato Shevchuk — piuttosto che alle persone vive che ci sono vicine. Tali caratteristiche della cultura di oggi ci isolano, ci fanno chiudere in noi stessi e ci rendono incapaci di incontrare gli altri”. Per questo motivo, afferma il presule, “i giovani contemporanei si sentono spesso profondamente soli anche in mezzo a una folla rumorosa e allegra di amici. Non avendo incontrato il Signore, non si può incontrare se stessi”. L’arcivescovo ricorda inoltre come Cristo “entra nella sua città, Gerusalemme, che è ognuna delle nostre comunità, ognuno dei nostri gruppi, cuore di ciascuno di noi”. I rami d’ulivo sono simbolo della vittoria sull’isolamento e sulla solitudine, sono un “segno verde di risveglio, aria fresca di primavera che frantuma stereotipi e pregiudizi, prevale su dubbi e sospetti e riconosce Colui che viene in ciascuno di noi”. L’incontro fra Dio e l’essere umano – si legge ancora nella lettera pastorale - è reciprocamente spontaneo: da una parte il Signore e “questo movimento di amore del Creatore verso la sua creazione, amore che lo conduce alla sofferenza, totale sacrificio del figlio di Dio per ognuno di noi”; dall’altra l’uomo e “questa risposta spontanea dei giovani nell’avvicinarsi a Dio”. Sono in particolare i giovani di Gerusalemme — sottolinea infine l’arcivescovo di Kiev — a sentire questo movimento di amore. La loro reazione, all’ingresso di Gesù in Gerusalemme, fu “spontanea, non pianificata, impensabile per l’élite religiosa e politica di allora”, spiega Shevchuk, ricordando poi la risposta di Cristo ai farisei che, tra la folla, gli chiedevano di rimproverare i suoi discepoli: “Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre”. (M.G.)

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    Portogallo: contro la crisi i vescovi chiedono un "ampio consenso" politico

    ◊   Promuovere un "ampio consenso" in questo momento di crisi per il Paese. È l'appello che – riferisce l’agenzia Sir - il Consiglio permanente della Conferenza episcopale portoghese (Cep) rivolge ai partiti politici in vista delle elezioni legislative del 5 giugno. Anche se dalle urne uscirà "una maggioranza assoluta, è chiaro che in queste circostanze è importante, fondamentale, un ampio consenso", ha dichiarato il segretario della Cep, padre Manuel Morujão, al termine della sessione del Consiglio permanente che si è svolta nei giorni scorsi a Fatima. "Questa situazione di estrema necessità, di urgenza sociale, deve creare iniziative di ricerca di consenso" ha aggiunto, evidenziando "la necessità di un impegno serio da parte di tutti". Per il segretario della Cep è opportuno che "i poveri non paghino" le conseguenze della "tempesta in cui il Paese si trova", facendo riferimento in particolare a quanti "sono disoccupati" o ricevono una pensione minima. "La politica - ha affermato - non è un'arena in cui i partiti politici e le forze sono in lotta, ma un tavolo d'incontro e di dialogo"; per questo il sacerdote ha chiesto "un rafforzamento dell'etica in politica". "Il bene comune deve essere la norma fondamentale per l'organizzazione della vita politica e sociale del Paese", ha concluso padre Morujão, ricordando che "la Chiesa è dalla parte della speranza" e convinto che una soluzione alla situazione portoghese è "perfettamente raggiungibile". (L.Z.)

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    Austria-Repubblica Ceca-Slovacchia: il 27 maggio la VII edizione della “Notte delle chiese”

    ◊   Dopo il grande successo riscosso in Austria e nella vicina Repubblica Ceca, per la prima volta quest’anno anche la Chiesa slovacca promuove la “Notte delle chiese", un’iniziativa nata nell'arcidiocesi di Vienna nel 2005. Più di 65 chiese nel Paese – riferisce l’agenzia Sir - resteranno aperte al pubblico dalle 18 alle 24 del 27 maggio per ospitare mostre, spettacoli, concerti e varie esibizioni tutte rigorosamente gratuite. Scopo dell’iniziativa, che ha una dimensione ecumenica, è di offrire alla gente di ogni credo l’opportunità di scoprire i luoghi di culto cristiani. L’anno scorso in Austria più di 350.000 visitatori da tutto il Paese hanno oltrepassato i cancelli di 744 chiese appartenenti a 14 denominazioni cristiane. Il 27 maggio anche la Repubblica Ceca aprirà i cancelli delle proprie chiese per la terza volta. "Abbiamo la possibilità di entrare nei luoghi che hanno formato la nostra storia sociale, culturale e religiosa. Ogni persona qui possiede un valore eterno, il valore testimoniato da Gesù Cristo sulla Croce", si legge nel messaggio di uno dei principali patrocinatori dell'evento, il presidente della Conferenza episcopale ceca, mons. Dominik Duka. La “Notte delle chiese” non è sostenuta soltanto dai rappresentanti delle Chiese cristiane nel Paese, ma anche dai sindaci e da altri dirigenti dei governi locali. "La Notte delle chiese vuole illuminare l'Europa… è un'opportunità perché le persone prendano coscienza di avere bisogno di luce nella propria vita". Con queste parole l'arcivescovo di Trnava, mons. Róbert Bezák, ha invitato le parrocchie della sua arcidiocesi e di tutta la Slovacchia a partecipare all’iniziativa. Un mese prima dell’evento - il 28 aprile - la Galleria dell'arcidiocesi di Trnava inaugurerà una mostra dei dipinti delle chiese di Trnava sotto la direzione dell'Istituto di cultura cristiana dell'Università di Trnava.
    (L.Z.)

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    Romania: riportati alla luce i ruderi della chiesa più antica della Transilvania

    ◊   La chiesa dell’anno mille portata alla luce grazie ai lavori di ristrutturazione della cattedrale cattolica di Alba Iulia, nell’ovest della Romania. La meravigliosa quanto fortuita scoperta è stata fatta dagli archeologi dell’arcidiocesi romano-cattolica di Alba Iulia, i quali ritengono che si tratti della chiesa più antica della Transilvania edificata prima della separazione della Chiesa di Costantinopoli da quella di Roma. Le rovine si trovano ad una profondità di solo un metro e a 24 metri distanza dalla cattedrale cattolica di San Michele. Daniela Marcu Istrate, esperto archeologo dell’arcidiocesi romano-cattolica di Alba Iulia, ha affermato in una conferenza stampa ripresa dall'agenzia Sir che la chiesa scoperta potrebbe essere stata costruita dal principe Gyula oppure dal santo re Stefano. Oltre all’abside, gli archeologi hanno scoperto anche 43 tombe della fine del XII secolo. Gli esperti pensano che a quel tempo la chiesa era già demolita. Per ora i lavori al sito archeologico sono sospesi, per mancanza di mezzi tecnici ed economici. Le rovine dell’abside verranno conservate in maniera provvisoria. (M.G.)

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    Lampedusa: ripresi gli sbarchi, arrivato un barcone con 50 tunisini

    ◊   Dopo quattro giorni di tregua, anche a causa delle cattive condizioni del tempo, sono ripresi gli sbarchi a Lampedusa. Un'imbarcazione con a bordo 50 migranti, tra cui due donne e due minori, che hanno detto di essere tunisini, è stato soccorso in nottata da una motovedetta della Guardia di Finanza a 12 miglia dall'isola. I migranti sono stati accompagnati nel centro di prima accoglienza di Lampedusa dove si trovano ancora 24 minori che dovrebbero essere trasferiti nelle prossime ore verso altri centri di accoglienza italiani. Per gli altri migranti dovrebbe invece essere previsto il rimpatrio, in base all'accordo bilaterale stipulato il 5 aprile scorso tra l'Italia e la Tunisia. L'ultimo sbarco a Lampedusa risaliva a venerdì scorso: un barcone con più di 200 migranti partiti dalla Libia. (G.P.)

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    Internet e minori: ricerca dell’Ue mette in guardia sui rischi dei social network

    ◊   Il 77% dei ragazzini dai 13 ai 16 anni e il 38% di quelli dai 9 ai 12 hanno un profilo sul sito internet di un social network. Lo rivela un’indagine della Commissione Europea su 25 mila giovani di 25 Paesi della Comunità, che pone l’accento sui rischi legati alla pubblicazione sul web di informazioni private. “Un numero crescente di bambini è presente sui siti dei social network, ma un gran numero non prende le precauzioni necessarie per proteggersi online”, sottolinea la commissaria Ue all'agenda digitale, Neelie Kroes, secondo la quale i rischi sono più grandi quanto più i bambini sono piccoli: se un 78% dei ragazzi che hanno 15-16 anni dice di sapere come si modificano i parametri per proteggere i loro dati privati, questo non vale per il 56% dei giovanissimi di 11-12 anni. “Questi ragazzini si mettono in una situazione che può nuocere loro”, sottolinea la commissaria che fa appello ai social network perché modifichino i regolamenti dei profili dei minori in modo che possano diventare inaccessibili, a partire da un motore di ricerca oppure per le persone che i bambini non hanno individuato come amici. L’indagine mostra inoltre come 15% dei bambini dai 9 ai 12 anni hanno dichiarato, secondo l'indagine, di avere i nomi di più di 100 persone nel loro profilo. Un quarto dei bambini sostiene inoltre di avere un profilo pubblico (accessibile a tutti), un quinto ha diffuso anche il numero di telefono. Una serie di social network, finora, tra cui Facebook, ha firmato nel 2009 un codice di condotta dove si impegnavano a prendere misure nei confronti dei minori. ''Quelle società che non hanno ancora firmato i principi Ue per social network più sicuri dovrebbero farlo senza ritardi per garantire la sicurezza dei nostri bambini'', ha concluso la commissaria Ue. (M.G.)

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    Sul web il nuovo sito dell’Osservatore Romano

    ◊   Più contenuti e una grafica completamente rinnovata, si presenta così il nuovo sito de L’Osservatore Romano lanciato oggi sul web, in occasione del settimo anno di pontificato di Benedetto XVI (19 aprile 2011). “Sostenuto con efficacia dal Servizio Internet Vaticano e dalla società informatica Everett – si legge sul numero odierno del quotidiano della Santa Sede – il giornale sarà così accessibile nelle sue diverse edizioni (oltre al quotidiano, quelle settimanali in italiano, inglese, tedesco, francese, spagnolo, portoghese e il mensile in polacco) all'indirizzo Internet www.osservatoreromano.va. Per le edizioni settimanali e mensile sarà possibile attivare subito abbonamenti elettronici, mentre l’accesso al quotidiano – in rete nel tardo pomeriggio (ora di Roma), cioè subito dopo la pubblicazione e prima ancora che arrivi nelle edicole – sarà gratuito fino al prossimo 31 agosto”.Gli abbonamenti decorreranno dal primo settembre. Sul sito viene spiegato infine che i testi del quotidiano saranno inizialmente in italiano e progressivamente verranno le versioni nelle altre nelle altre lingue “a partire dall’inglese”. (M.G.)

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    Spagna, incendio domato nella "Sagrada Familia". Fermato uno squilibrato

    ◊   Un indigente squilibrato ha appiccato un incendio nella sagrestia della cattedrale della Sagrada Familia, a Barcellona. Le fiamme sono state subito domate e i 1500 visitatori presenti nella basilica progettata da Antoni Gaudí sono stati prontamente evacuati. Quattro custodi sono stati intossicati dal fumo. Secondo una prima stima dei danni le fiamme, che sono arrivate fino alla navata centrale della basilica, hanno annerito le pareti della sagrestia di 40 metri quadrati e danneggiato il mobilio, ma ha risparmiatole vetrate di Gaudí. Il piromane, che era già stato visto nella cattedrale, ha dato fuoco ad alcuni abiti talari e ad altri paramenti sacri, prima di essere bloccato da alcuni turisti. La Sagrada Familia, consacrata dal Papa a novembre, nella settimana di Pasqua accoglie fino a 12mila visitatori al giorno. Le autorità hanno fatto sapere che sarà necessario rafforzare le misure di sicurezza. (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Sit-in di protesta a Damasco e le autorità siriane vietano ogni corteo

    ◊   Le forze di sicurezza siriane hanno disperso stamane a Damasco un sit-in di circa 200 studenti della facoltà di Medicina dell'università cittadina mentre nella notte ci sono stati morti nella cittadina di Homs. E le autorità hanno annunciato che da oggi è vietato ogni tipo di corteo, manifestazione o raduno in tutto il Paese per assicurare ''la stabilità e la sicurezza''. Il Ministero dell’interno denuncia come “rivolta armata” le rivendicazioni dei manifestanti. Il servizio di Fausta Speranza:

    Al momento arrivano notizie di persone malmenate all’interno della facoltà di Medicina a Damasco: su Twitter, Suhayr Attasi, esponente di spicco del movimento siriano per i diritti umani, riferisce di un sit-in degli studenti stamane per chiedere “la fine dei massacri commessi dal regime” e per invocare “libertà". Intanto, l’agenzia ufficiale siriana Sana riferisce dell'uccisione ieri nei pressi di Homs, terza città del Paese, di tre ufficiali dell'esercito e di tre bambini da non meglio precisati “gruppi criminali armati”. Organizzazioni umanitarie locali parlano invece di almeno dieci morti a Homs durante la repressione da parte di forze di sicurezza e agenti in borghese. Per la seconda notte consecutiva, la gente a Homs, che si trova a nord di Damasco, si era radunata in piazza al-Saa, per protestare contro l'uccisione di almeno diciannove dimostranti, avvenuta il giorno precedente. Il bilancio delle vittime tra l’altro non è certo perché è stato impedito al personale medico di accedere alla piazza per soccorrere i feriti. I manifestanti avevano criticato il discorso con cui sabato scorso il presidente Assad aveva promesso la revoca dello stato di emergenza in vigore dal 1963, ma senza fissare date precise né annunciare altre riforme, ammonendo anzi che le nuove norme non sarebbero state meno severe nei confronti dei "cospiratori". Resta da dire che il Ministero dell'interno, ieri sera, in una nota parla di "rivolta armata" e di gruppi dell’islam radicale. E avverte che, quelle che definisce “attività terroristiche, non saranno tollerate”.

    In Yemen, fuoco delle forze dell’ordine su manifestanti: un morto
    Una persona è rimasta uccisa e diverse ferite oggi in Yemen quando le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco contro alcune migliaia di manifestanti anti-regime radunatisi a Taz, a Sud della capitale Sana'a. Quattro altre persone, compreso un fotografo di un giornale locale, sono stati arrestati, stando agli organizzatori della manifestazione. Taz, seconda città dello Yemen 200 km a sud di Sana'a, è teatro quasi quotidianamente di manifestazioni anti-regime. Intanto, alcuni dissidenti del partito del presidente Ali Abdallah Saleh hanno annunciato la creazione di una nuova formazione politica che chiede l'uscita di scena “immediata” del capo di Stato, stando ad un comunicato diffuso oggi.

    Proteste nel Sud dell’Egitto contro il nuovo governatore cristiano copto
    Non si ferma a Qena, nell’Egitto meridionale, la protesta contro il nuovo governatore, Emad Shehata Michael, insediatosi giovedì. I manifestanti accusano il governatore Michael, cristiano copto ed ex ufficiale di polizia, di essere legato al vecchio regime e di aver contribuito alla repressione delle proteste contro Mubarak. Fin da venerdì, sono scesi in piazza esponenti di alcune formazioni salafite, scandendo slogan contro i copti. Questo ha spinto molti dei cristiani locali, che inizialmente avevano aderito alla protesta, ad abbandonare la piazza. Ad oggi, la città è completamente isolata dal resto del Paese. La protesta è in mano a esponenti di alcune tribù locali. “Non vogliamo Michael perchè è un copto - ha ammesso Mahmoud Saad, professore di filosofia e attivista – e il fatto che facesse parte delle forze di polizia è una questione secondaria”. Il vescovo di Qena, mons. Kyrollos, denuncia una situazione che rischia di esplodere. “Credo che i manifestanti siano manipolati - ha detto - protestare contro un governatore perchè copto è inusuale e molto sospetto”.

    Il feretro dell’attivista italiano ucciso a Gaza è in Egitto
    Il feretro di Vittorio Arrigoni, il volontario ucciso nella Striscia di Gaza, è entrato in Egitto attraverso il valico di Rafah e il suo arrivo al Cairo è previsto in serata. Lo riferiscono fonti a Rafah. Il transito del feretro è avvenuto a conclusione d'una commemorazione solenne svoltasi nella parte palestinese di Rafah, come ha constatato l'Ansa sul posto. L'ultimo viaggio di Arrigoni prosegue ora verso il Cairo, dove è prevista per domani una camera ardente. Successivamente - a quanto si è appreso - la salma sarà imbarcata su un aereo destinato a riportarlo in Italia per i funerali. L'arrivo sarà a Milano, alla presenza di familiari. La cerimonia funebre dovrebbe svolgersi a Bulciago, in provincia di Lecco, paese d'origine di Arrigoni e comune del quale sua madre, Egidia Beretta, è sindaco, ma la data resta ancora da confermare.

    Algeria: scontri con gruppi armati
    Sono 24 i militari uccisi in Cabilia, nell’est dell’Algeria, in seguito a scontri con gruppi armati legati al Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento (Gspc). Ad essere interessata da questa nuova ondata di violenze sono in particolare le province di Tizi Ouzou, Boumerdès e Bouira. Nel dicembre dello scorso anno, in seguito ad una campagna militare di tre settimane, le principali basi del Gspc erano state neutralizzate ed erano seguiti mesi di completa inattività da parte del gruppo armato. “Ma queste puntuali azioni militari condotte dagli apparati dello Stato – scrive il quotidiano algerino ‘El Watan’ – mostrano il loro limite di fronte a una nebulosa terrorista capace di rigenerarsi e prosperare in un clima sociale instabile e quindi a lei favorevole”.

    In Tunisia, il capo dell’esercito nominato capo di tutte le forze armate
    Il capo di stato maggiore dell'Esercito tunisino, il generale Rachid Ammar, è stato nominato dal presidente della Repubblica, Menbazaa, capo di stato maggiore delle forze armate tunisine. Ammar manterrà, comunque, le funzioni di capo di stato maggiore dell'Esercito. Nel corso della cerimonia ufficiale di insediamento di Ammar, il ministro della Difesa, Abdelkarim Zbidi, ha voluto sottolineare il ruolo che l'alto ufficiale ha svolto nei giorni della “rivoluzione” a tutela “della dignità, della libertà e della giustizia sociale”. Zbidi ha aggiunto, riferisce la Tap, che le Forze armate hanno “risparmiato al Paese i tormenti della discordia e forse della guerra civile, dando prova di fedeltà ai valori e ai principi repubblicani”.

    In Tunisia, scontri tra rifugiati dalla Libia di origine tunisina e forze dell’ordine
    La città di Sidi Bouzid, dove, in dicembre, un giovane commerciante ambulante si diede fuoco per protesta, dando il via alle manifestazioni che portarono alla caduta di Ben Ali, è stata teatro, ieri, di violenti scontri tra rifugiati tunisini dalla Libia e forze dell'ordine. I rifugiati, riferisce la Tap, hanno manifestato davanti alla sede del Governatorato per protestare contro il mancato accoglimento delle richieste di ottenere i sussidi decisi dal governo in favore dei tunisini costretti a scappare dalla Libia. Delle 1401 domande avanzate, ne sono state rigettate 581, ritenute non in linea con i requisiti richiesti per l'erogazione.

    Lampedusa: ripresi gli sbarchi, arrivato un barcone con 50 migranti
    Dopo quattro giorni di tregua, anche a causa delle condizioni del tempo, riprendono gli sbarchi sull’isola italiana di Lampedusa. Una motovedetta della Guardia di Finanza ha soccorso nella notte un barcone con 50 tunisini a bordo, tra cui due donne e due minori. I migranti sono stati accompagnati nel centro di prima accoglienza dell’isola dove si trovano 24 minori che dovrebbero essere trasferiti nelle prossime ore verso altri centri di accoglienza italiani. Per gli altri tunisini dovrebbe invece scattare il rimpatrio, in base all’accordo bilaterale stipulato tra Roma e Tunisi il 5 aprile scorso. Intanto, stamani è stata avvistata un'altra imbarcazione in difficoltà, con a bordo circa 250 persone. Nella zona si stanno dirigendo quattro motovedette della Guardia costiera.

    Continua l’esodo dalla Libia verso la Tunisia
    Non si ferma l'esodo verso la Tunisia dei libici in fuga per la guerra. Ieri, secondo i dati raccolti dalla Tap, dal posto di frontiera di Ras Jedir ne sono transitati 1696, su un totale di 2233 rifugiati. Nel campo di Choucha, il numero dei rifugiati sta registrando una forte contrazione: ieri erano soltanto 1560. Negli altri campi attivati nella zona sono ospitate circa 2250 persone.

    Togo: proteste di piazza nella capitale Lomé
    Nella capitale, Lomé, il fine settimana è trascorso all’insegna delle proteste di piazza. A denunciare 20 anni di silenzio sulle rivendicazioni del popolo togolese è stato il "Fronte per la salvaguardia delle conquiste democratiche e un governo efficiente" (Front Sage), una coalizione di una decina di organizzazioni della società civile nata a marzo.

    Repubblica Centrafricana: “Situazione di donne e bambini molto precaria”
    “L’attuazione del programma disarmo, smobilitazione e reinserimento procede con troppa lentezza e il processo va rilanciato quanto prima”: è il parere espresso da Jan Grauls, presidente della Commissione di consolidamento della pace per il Centrafrica, al termine di una missione a Bangui. Il programma dovrebbe farsi carico di circa 8mila ex-combattenti, di cui 6mila nell’instabile zona nord-orientale di Birao, dove, secondo Grauls, “la situazione di donne e bambini rimane molto precaria”.

    Kenya: programma per migliorare le condizioni di vita della comunità
    Per facilitare l’accesso ai 120 milioni di dollari messi a disposizione dal Fondo di sviluppo africano, a Nairobi cinque paesi dell’Africa orientale hanno firmato un accordo di trasferimento di fondi. Si dovrebbe così accelerare la realizzazione della seconda fase del programma ‘Acqua e igienizzazione’ del Lago Vittoria per migliorare le condizioni di vita e la salute delle comunità. Lo scorso 4 aprile era stata siglata un’intesa di cooperazione finanziaria tra la Comunità dell’Africa orientale e il Fondo di sviluppo africano.

    Pakistan: autobomba contro istituto assistenziale, almeno due feriti
    Un'autobomba è saltata in aria davanti alla sede di una fondazione assistenziale a Quetta, capitale della provincia sud-occidentale pakistana del Belucistan: almeno due feriti, tra cui una donna. L'ente benefico preso di mira dagli attentatori si occupa di promuovere l'istruzione grazie a donazioni ricevute anche dall'estero. Il Belucistan è teatro di una triplice insurrezione: al tradizionale separatismo in tempi più recenti si sono cumulati gli scontri tra estremisti di confessioni islamiche avverse e l'infiltrazione dei talebani e di alleati di Al-Qaeda.

    La crisi di governo in Belgio conquista il guinness dei primati
    La crisi senza fine del governo belga è entrata ufficialmente nel Guinness Book dei primati mondiali. Lo ha reso noto la direttrice del marketing della pubblicazione che registra ogni anno 40 mila record. Il 30 marzo scorso, arrivando a 290 giorni di governo 'uscente', il Belgio aveva 'strappato' il record all'Iraq, che però usciva da un conflitto. Oggi lo stallo che impedisce la formazione di un nuovo governo è giunto a 310 giorni.

    Nel Nepal continua l’emergenza umanitaria dei bhutanesi
    Da oltre 20 anni, circa 50 mila bhutanesi di origine nepalese sono rifugiati in campi di raccolta del Nepal. Cacciati dal loro Paese per motivi etnici, chiedono ora di rientravi, ma ben 15 tornate di negoziati tra Bhutan e Nepal sono sinora fallite. Ma come è nata quest’emergenza umanitaria dimenticata? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Simone Cantarini, dell’agenzia "AsiaNews":

    R. – Nasce tra gli anni Settanta e gli anni Novanta. Il periodo del vecchio re, che era un buddista e ha cacciato tutti gli immigrati nepalesi, di vecchia generazione, che erano di religione indù, per creare una sorta di Paese puro da ogni influenza esterna. Questi immigrati hanno attraversato i confini e sono andati in India, che li ha ricacciati, e quindi sono andati in Nepal, dove sono da quasi 20 anni.

    D. – Che cosa si può fare, a livello di comunità internazionale, affinché questa non diventi una delle tante emergenze dimenticate?

    R. – Innanzitutto, non esaltare troppo il Bhutan per il Pil della felicità e tutte queste cose che l’hanno reso famoso, perché dal 2006 si è aperto al mondo ed è diventato un pò lo stereotipo della "Svizzera asiatica". Quindi, tutto perfetto, tutto bello … Da un altro punto di vista, gli Stati devono fare pressione, affinché i suoi governanti inizino a prendersi la responsabilità di questa tragedia. Soprattutto l’India dovrebbe fare pressione …

    D. – In quali condizioni vivono questi profughi in Nepal?

    R. – Le condizioni di vita sono molto difficili, perché non possono uscire dai campi profughi; non possono lavorare – c’è l’Onu, nei campi profughi … Spesso ci sono incendi, ci sono malattie … La situazione è grave. Più che altro perché queste persone sono, in realtà, prigionieri.

    D. – Secondo te, questa vicenda è l’emblema di cosa?

    R. – Di grandi contraddizioni. Del fatto che oramai l’economia, gli interessi economici hanno dimenticato ciò che li genera, cioè l’uomo. Se l’uomo non è al centro, l’economia va contro l’uomo. Questo è l’emblema della situazione: dell’indifferenza che ormai esiste nei riguardi dell’uomo. Non solo nei riguardi dei diritti umani, ma proprio nei riguardi dell’uomo. (gf)

    A Cuba il partito comunista approva le riforme economiche di Raul Castro
    Il congresso del Partito comunista cubano ha approvato le riforme economiche proposte dal presidente Raul Castro. Oltre alla società statale socialista, che “resterà la forma principale nell'economia nazionale”, Cuba riconoscerà “investimenti stranieri, cooperative, piccoli contadini, usufruttuari, e i lavoratori autonomi”. Le riforme prevedono inoltre il taglio di lavoratori statali, l'eliminazione graduale del libretto di razionamento e l'ampliamento dell'iniziativa privata. Finora 130 mila contadini hanno ricevuto appezzamenti di terra e sono state concesse 171 mila licenze per l'apertura di piccole imprese. Entro il 2015, il governo prevede che 1,8 milioni di cubani saranno impegnati nel settore privato. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Gabriele Papini)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 109

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.