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Sommario del 15/04/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Padre Lombardi: la soluzione ai problemi della Chiesa in Cina può nascere solo da un dialogo sincero e rispettoso
  • La Lev pubblica le meditazioni per la Via Crucis presieduta dal Papa al Colosseo
  • Udienze e nomine
  • Predica di Quaresima di padre Cantalamessa: l'amore cristiano ha rilevanza sociale
  • Mons. Vegliò ai circensi: con la vostra bravura e i vostri sacrifici regalate un sorriso alle persone di ogni età
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Dolore e sgomento per l'uccisione del giovane cooperante italiano a Gaza
  • La rivolta raggiunge il Burkina Faso: si ribella la guardia presidenziale di Compaoré
  • I vescovi del Guatemala: negli Usa aumentate le violazioni contro i diritti dei migranti
  • Seminario di studio sul contributo educativo dei Salesiani nei 150 anni dell'unità d’Italia
  • Sugli schermi il nuovo film di Nanni Moretti "Habemus Papam"
  • Chiesa e Società

  • I vescovi belgi sull'intervista tv dell'ex vescovo di Bruges: è uno schiaffo alle vittime
  • Ucciso un sacerdote in Paraguay: dolore e costernazione dei vescovi
  • 2.64 milioni di feti muoiono dopo la 28.ma settimana di gravidanza, soprattutto nei Paesi poveri
  • Pakistan: cristiano aggredito per aver condannato il rogo del Corano e l’attacco alle chiese
  • “Picco di violenza" sulle minoranze religiose in Pakistan nel Rapporto sui diritti umani 2011
  • India. Censimento sospetto dei cristiani in Madhya Pradesh, attacchi a Delhi: Chiesa in allarme
  • Sri Lanka: il cardinale Ranjith visita le vittime di guerra Tamil
  • Vietnam: Human rights watch condanna le violenze del governo contro i montagnard cristiani
  • Hong Kong: pellegrinaggio della Croce dell’Evangelizzazione per sensibilizzare la missionarietà
  • Zambia: i vescovi preoccupati dal crescente clima di violenza politica nel Paese
  • Terra Santa: appello di padre Pizzaballa per la Colletta del Venerdì Santo
  • Vietnam: raccolta fondi promossa dagli studenti cattolici per le vittime di calamità naturali
  • Indagine di Eurostat su beni e servizi culturali nell'Unione Europea
  • Germania: appello dei vescovi ad un impegno dello Stato più efficace verso gli anziani
  • Genova: il cardinale Bagnasco esprime la vicinanza della Chiesa al mondo del lavoro
  • Cardinale Caffarra: la Pasqua riconferma l’alleanza di Dio con l’uomo
  • Mons. Betori: la politica sia una forma alta della carità
  • Ucraina: visita di una delegazione anglicana per rafforzare il dialogo interreligioso
  • I nuovi media tra Chiesa e giovani al Forum della comunicazione sociale al Regina Apostolurum
  • 24 Ore nel Mondo

  • Libia: raid della coalizione su Tripoli, prosegue l'assedio a Misurata
  • Il Papa e la Santa Sede



    Padre Lombardi: la soluzione ai problemi della Chiesa in Cina può nascere solo da un dialogo sincero e rispettoso

    ◊   Una comunità ecclesiale “ferita” da imposizioni illegittime e preoccupata per proprio il futuro. Ma anche una comunità dotata di “fede viva”, che non ha smarrito la volontà di dialogare. È l’istantanea che fa della Chiesa cinese l’apposita Commissione creata da Benedetto XVI nel 2007, che nei giorni scorsi si è riunita per un esame della situazione, indirizzando un Messaggio di sostegno ai fedeli del Paese orientale. Un Messaggio netto nel denunciare le violazioni alla libertà dei cattolici in Cina, ma che auspica un sincero dialogo con le autorità civili, come afferma in questa nota di commento, il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi:

    Non vi è dubbio che gli ultimi mesi siano stati particolarmente difficili per i cattolici cinesi. Una ordinazione episcopale gravemente illegittima e lo svolgimento della “Assemblea nazionale dei Rappresentanti cattolici”, voluta dallo Stato per imporre la sua guida alla comunità ecclesiale, hanno provocato la ferma reazione della Santa Sede a difesa della libertà della Chiesa a vivere secondo la sua natura e la sua missione, e hanno causato una situazione di tensioni e disorientamento nella comunità ecclesiale.

    Il messaggio rivolto dalla Commissione per la Chiesa cattolica in Cina, istituita dal Papa e riunita in Vaticano nei giorni scorsi, si presenta quindi come l’offerta di un punto di riferimento in una situazione di crisi. Ne possiamo delineare orientamento e spirito in alcuni punti principali.

    Anzitutto, le situazioni e i fatti critici vengono descritti con chiarezza e valutati con lucidità alla luce della dottrina cattolica: la grave illegittimità dell’ordinazione episcopale di Chengde e del ministero che ne deriva; la necessità di riaffermare la fedeltà al Papa e di riparare lo scandalo per risanare le ferite aperte nella comunità ecclesiale; l’inaccettabilità nella visione cattolica di organismi imposti dallo Stato per la guida della Chiesa. Non si può negare che questi fatti lascino gravare anche sul futuro una seria preoccupazione, nel timore che si possano ripetere situazioni analoghe per le numerose diocesi oggi vacanti.

    Tuttavia il messaggio lascia trasparire una vicinanza sincera, che necessariamente accompagna il richiamo rigoroso delle leggi canoniche per la consapevolezza delle difficoltà e della sofferenza delle situazioni vissute e per far sentire un incoraggiamento vero, radicato nell’esperienza spirituale della comunione ecclesiale nutrita da una preghiera assidua.

    In questa prospettiva insieme realista ma non scoraggiante, si riesprime più volte la convinzione che per la soluzione di diversi problemi della Chiesa in Cina – ad esempio le nomine dei vescovi o il riordino delle circoscrizioni ecclesiastiche - sarebbe prezioso il dialogo “sincero e rispettoso” con le autorità civili. Ciò contribuirebbe assai a quella “armonia nella società” che tutti desiderano per il bene comune, a cominciare dai cattolici. La disponibilità della Santa Sede a questo dialogo viene dunque ribadita ancora una volta, con l’auspicio di incontrare analoga disponibilità dall’altra parte.

    Il messaggio si caratterizza per le frequenti e ampie citazioni dell’ormai famosa Lettera del Papa alla Chiesa in Cina, del 2007, che viene quindi riproposta esplicitamente come il documento di riferimento essenziale ed attuale per orientare il cammino della comunità ecclesiale in questo tempo di grandi trasformazioni sociali e sfide pastorali cruciali.

    Sullo sfondo si intravedono i fenomeni epocali dell’urbanizzazione e dello spopolamento delle campagne, così come le calamità naturali recenti che hanno duramente provato le popolazioni; ma si evoca anche esplicitamente l’impegno generoso di sacerdoti, religiosi, religiose, fedeli, che hanno bisogno di adeguata formazione per saper dare una testimonianza cristiana efficace all’altezza dei tempi.

    Il messaggio si conclude con due osservazioni che rischiano di sfuggire a una lettura superficiale, ma sono molto rilevanti per chi lo sa leggere in una prospettiva spirituale. Anzitutto, il Papa insiste fortemente sul valore della preghiera per sostenere l’unità e la vitalità della Chiesa in Cina, e per manifestare ad essa la solidarietà della comunità cattolica universale. Poi, il messaggio dà notizia, con gioia ben giustificata, dell’avvio della causa di beatificazione di Paolo Xu Guangqi da parte della diocesi di Shanghai. Laico, funzionario imperiale di grado e cultura elevatissima, grande e fedele servitore del suo paese e del suo popolo, Xu Guangqi è uno dei primi discepoli di quel padre Matteo Ricci, che ha introdotto il cristianesimo in Cina nell’era moderna in un fecondissimo dialogo con la cultura cinese. Guardando a Xu Guangqi e alla sua vita esemplare i cinesi – cattolici e non – potranno capire meglio che non c’è alcuna contraddizione e alcun rischio nell’essere cinesi e cattolici. Anzi, che si può essere grandi cinesi e ottimi cattolici. Dal passato, una bella luce di speranza per la Cina di oggi e di domani.

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    La Lev pubblica le meditazioni per la Via Crucis presieduta dal Papa al Colosseo

    ◊   C’è l’uomo di fronte al suo cuore meschino e preso dalla contabilità del proprio benessere nelle meditazioni scritte da madre Rita Piccione per la Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo, che sarà presieduta dal Papa; meditazioni che la Libreria Editrice Vaticana pubblica domani. Nei suoi testi la monaca agostiniana vuol parlare a credenti e non, che si chiudono alla verità o sfregiano “l’ingenuità dei piccoli e dei deboli” e identifica nel peso della croce portata da Gesù le persecuzioni contro la Chiesa di ieri e di oggi. Tiziana Campisi ci anticipa in questo servizio alcuni contenuti delle meditazioni:

    “Scorgiamo la meta da raggiungere, tuttavia c’è di mezzo il mare di questo secolo … è venuto … colui al quale noi volevamo andare … e ci ha procurato il legno con cui attraversare il mare. Nessuno, infatti, può attraversare il mare di questo secolo, se non è portato dalla croce di Cristo”. Sono queste parole di Sant’Agostino ad offrire la chiave di lettura delle meditazioni della Via Crucis scritte da madre Rita Piccione per la celebrazione del Venerdì Santo al Colosseo.

    Le riflessioni di madre Rita nascono dalla premessa che il percorso verso il Calvario è come “l’ora della prova della nostra vita”, “quando le varie maschere della menzogna deridono la verità e le lusinghe del successo soffocano l’intimo richiamo all’onestà”, “quando il vuoto di senso e di valori annulla l’opera educativa e il disordine del cuore sfregia l’ingenuità dei piccoli e dei deboli”. L’ora di Cristo insinua “la tentazione della fuga, il sentimento dello sgomento e dell’angoscia”. Ed è toccante la meditazione della prima stazione, dove emergono gli interrogativi di Pilato sulla verità e l’identità di Gesù, quel restare sordo alla sua Parola e il non comprenderne la sua testimonianza di verità, quel suo uscire fuori verso i giudei più volte, durante l’interrogatorio a Gesù, che è come “un impulso a fuggire da sé. E poi il prevalere della voce che lo raggiunge da fuori sulla Parola che è dentro.

    Tutto questo oggi è riconoscibile nei condizionamenti che giungono dall’esterno, che soffocano i richiami della coscienza. E non trova migliori parole se non quelle di Sant’Agostino, madre Rita, per parlare all’uomo di oggi: “Non uscire fuori, torna in te stesso, è nel tuo uomo interiore che abita la verità”.

    Nello scorrere delle meditazioni è protagonista il cuore umano, spesso meschino, che si lascia “ingannare dalle illusioni del piccolo tornaconto personale”. Ed è a questo cuore “preso dalla contabilità del proprio benessere” (II stazione) e “cieco alla mano del povero e dell’indifeso che mendica ascolto e chiede aiuto” che le tre cadute di Gesù sotto il peso della croce lasciano insegnamenti. Così, se nella prima caduta (III stazione) si può riconoscere l’umana impotenza, dove si innesta la potenza divina, nella seconda c’è da imparare la pazienza e nel carico della croce si può scorgere (VII stazione) “il peso della persecuzione contro la Chiesa di ieri e di oggi”. Persecuzione “che uccide i cristiani in nome di un dio estraneo all’amore” o “coloro che rispondono con l’amore all’odio” e “con la mitezza alla violenza”. La terza caduta è invece l’invito a “perseverare”, a “rimanere fermi e saldi” nella prova e a rimanere in Cristo.

    Nell’incontro tra Gesù e le donne di Gerusalemme (VIII stazione), l’esortazione è a ritrovare la capacità di piangere sui propri peccati, a “riconoscere le ferite delle nostre infedeltà e delle nostre ambizioni, dei nostri tradimenti e delle nostre ribellioni” e a invocare il balsamo della conversione. L’ultima stazione della Via Crucis, la XIV, porta dinanzi al Cristo che sta per essere sepolto. Bisogna avvicinarvisi “non camminando, ma credendo”, scrive madre Rita, “non con i passi del corpo, ma con la libera decisione del cuore”.

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    Udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI riceve questo pomeriggio il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Kingston in Jamaica presentata da mons. Donald James Reece, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Charles Henry Dufour, finora vescovo di Montego Bay (Giamaica).

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    Predica di Quaresima di padre Cantalamessa: l'amore cristiano ha rilevanza sociale

    ◊   Padre Raniero Cantalamessa ha tenuto oggi, nella Cappella “Redemptoris Mater” in Vaticano, la sua quarta e ultima predica di Quaresima, alla presenza del Papa e della Curia Romana. Il predicatore della Casa Pontificia ha affrontato il tema della rilevanza sociale del Vangelo: infatti – ha sottolineato – l’amore cristiano deve essere fattivo, deve cioè tradursi in gesti concreti di carità che – tra l'altro, come afferma Gesù – costituiranno la materia del Giudizio finale.

    “Gli storici della Chiesa – ha proseguito il religioso cappuccino - vedono in questo spirito di solidarietà fraterna uno dei fattori principali” della missione e propagazione del cristianesimo nei primi tre secoli. Tutto ciò “si tradusse in iniziative - e più tardi in istituzioni - apposite per la cura degli infermi, sostegno alle vedove e agli orfani, aiuto ai carcerati, mense per i poveri, assistenza ai forestieri”. L’epoca moderna, soprattutto l’Ottocento, ha segnato “una svolta, portando alla ribalta il problema sociale. Si è preso atto che non basta provvedere caso per caso al bisogno dei poveri e degli oppressi, ma che occorre agire sulle strutture che creano i poveri e gli oppressi”. Da qui è nata la dottrina sociale della Chiesa.

    “Il Vangelo – ha tuttavia ricordato padre Cantalamessa - non fornisce soluzioni dirette ai problemi sociali”, ma contiene “dei principi che si prestano a elaborare risposte concrete alle diverse situazione storiche”. E poiché “le situazioni e i problemi sociali cambiano di epoca in epoca, il cristiano è chiamato a incarnare di volta in volta i principi del Vangelo nella situazione del momento. L’apporto delle Encicliche sociali dei Papi è precisamente questo – ha concluso il predicatore della Casa Pontificia - : esse si susseguono, riprendendo ognuna il discorso dal punto in cui l’hanno lasciato le precedenti” e “lo aggiornano in base alle istanze nuove emerse in una società” e “anche in base a una interrogazione sempre nuova della Parola di Dio”.

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    Mons. Vegliò ai circensi: con la vostra bravura e i vostri sacrifici regalate un sorriso alle persone di ogni età

    ◊   Un “mondo affascinante”, fatto di attrazioni e rischio calcolato, ma soprattutto capace di portare una luce di allegria in un mondo che spesso ne è privo. Così il presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti, l’arcivescovo Antonio Maria Vegliò, descrive in un Messaggio il circo e i suoi artisti, che domani si apprestano a celebrare la loro seconda Giornata mondiale, con spettacoli in molte città del mondo. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Fantasia, forza fisica, abilità: gli ingredienti per rompere la monotonia e aprire la finestra su uno spaccato di umanità che comunica arte e senso del bello. È’ il mondo del circo, al quale la Chiesa riconosce “valore sociale, culturale e pedagogico”. Mons. Antonio Maria Vegliò ribadisce in un Messaggio la propria ammirazione per l’opera internazionale svolta dai circensi. Alla vigilia della seconda edizione della Giornata mondiale del circo – che lo scorso anno ha visto oltre 70 eventi organizzati in 36 Stati di tutti i continenti – il massimo responsabile del dicastero vaticano, da cui dipende anche la pastorale dei circensi, offre il sostegno della Chiesa all’iniziativa che domani animerà piazze e tendoni in tutto il mondo. La “grandezza” del circo, secondo la visione della Chiesa, brilla al meglio in quelle parole che Giovanni Paolo II pronunciò nel 1993: esso, affermò, è capace di “far nascere il sorriso di un bambino e illuminare per un istante lo sguardo disperato di una persona sola e, attraverso lo spettacolo e la festa, rendere gli uomini più vicini gli uni agli altri”.

    “Auspico – scrive mons. Vegliò – che la Giornata Mondiale del Circo sia occasione propizia per ricordare agli Stati e ai Governi il loro dovere di tutelare i diritti dei circensi, affinché anch’essi possano sentirsi, a tutti gli effetti, parte integrante della società”. Le Amministrazioni pubbliche, prosegue, “si sforzino di riconoscere il valore socio-culturale dello spettacolo circense, contrastando ogni eventuale forma di marginalità e di pregiudizio nei confronti dei circhi, e le Istituzioni pubbliche favoriscano la professionalità dei giovani artisti del circo”. Il capo dicastero vaticano conclude con una osservazione dedicata alle esibizioni circensi nelle quali sono coinvolti degli animali. “L’uomo può stabilire con essi relazioni di intesa e di affascinante bellezza”, riconosce il presule, che raccomanda tuttavia che “i proprietari dei circhi vigilino sull’adeguato trattamento degli animali, tenendo conto del loro benessere”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Ad multos annos Sancte Pater: gli auguri de “L’Osservatore Romano” al Papa per il suo ottantaquattresimo compleanno.

    Non abbandonare la croce, e la croce ti porterà: in cultura, le meditazioni delle quattordici stazioni della Via Crucis scritte da suor Maria Rita Piccione, preside della Federazione dei monasteri agostiniani d’Italia.

    L’intervento di Antonio Paolucci alla presentazione del volume del “Bollettino d’Arte”, che contiene gli Atti del convegno internazionale sul monumento del cardinale Guillaume de Bray di Arnolfo di Cambio dopo il restauro.


    In rilievo, nell’informazione internazionale, la crisi libica con la Nato divisa sulla strategia da seguire.

    Nell’informazione vaticana, il cardinale Péter Erdo, arcivescovo di Esztergom-Budapest, primate d’Ungheria, recensisce il libro “Preti sposati? 30 domande scottanti sul celibato sacerdotale”, a cura di Arturo Cattaneo.

    La presentazione di padre Pietro Schiavone, vicepresidente della Federazione italiana esercizi spirituali, del libro “Un servizio di amore per una Chiesa di frontiera” del cardinale Salvatore De Giorgi.

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    Oggi in Primo Piano



    Dolore e sgomento per l'uccisione del giovane cooperante italiano a Gaza

    ◊   Strangolato poco dopo il sequestro. E' finita così, in tragedia, l'avventura di Vittorio Arrigoni, l'attivista per i diritti umani dell'International Solidarity Movement rapito ieri mattina nella Striscia di Gaza da un commando ultra-estremista salafita. Il suo corpo senza vita è stato trovato in un appartamento di Gaza City dai miliziani di Hamas. Dura la condanna da parte del presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, che in una lettera inviata alla madre del cooperante, ha scritto: “questa barbarie terroristica suscita repulsione nelle coscienze civili. La comunità internazionale tutta è chiamata a rifiutare ogni forma di violenza e a ricercare con rinnovata determinazione una soluzione negoziale al conflitto che insanguina la Regione''. Il servizio è di Salvatore Sabatino:

    “Io non credo nei confini, nelle barriere, nelle bandiere, credo che tutti apparteniamo, indipendentemente dalle latitudini, dalle longitudini, ad una stessa famiglia, che è la famiglia umana”.

    Poche parole, pronunciate dallo stesso Vittorio Arrigoni, per disegnare il profilo della sua esistenza; tutta incentrata sui concetti di unione, comunione e giustizia. Era un giovane come tanti, Vittorio. Ma diverso, perché aveva un obiettivo: lottare per il rispetto dei diritti umani, contro le ingiustizie, raccontando quello che accadeva a Gaza, e per questo rischiava la vita ogni giorno. Fino alla fine. E non è un caso che la sua uccisione abbia lasciato una traccia forte di sdegno e dolore a Gaza; tra quei palestinesi che in lui avevano trovato un paladino. E non sono un caso neppure le condanne giunte dall'Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen, e da Hamas, che attraverso il suo portavoce ha parlato di “un crimine atroce” contro i loro valori. Il ricordo di Vittorio Arrigoni, nelle parole di chi lo ha conosciuto bene, don Nandino Capovilla, coordinatore nazionale di Pax Christi, intervistato da Fabio Colagrande:

    R. – Vittorio Arrigoni è un giovane che ho lasciato l’ultima volta, ricordo, lungo la spiaggia di Gaza: dovevo affrettarmi per poter uscire dalla Striscia, prima che l’esercito chiudesse ancora una volta i confini. Vittorio mi diceva: “Io ho capito che dobbiamo restituire veramente alla popolazione l’umanità di cui è stata privata da anni e anni di assedio”. Il motto di Vittorio erano queste parole, che ripeteva continuamente e scriveva: “Restiamo umani”. Ecco allora che il ricordo di Vittorio e la sua stesa figura oggi restituiscono a noi un impegno ancora più forte, che si rafforzerà con un’altra missione della Freedom Flottiglia, che viene, ancora una volta, ostacolata. Ma noi continueremo, e Pax Christi continuerà ad essere presente, con i cristiani, i musulmani e i palestinesi, che nella Striscia di Gaza e nella Palestina occupata attendono come un “kairos” di giustizia e di pace. (ap)

    La tragica vicenda di Vittorio Arrigoni si è consumata in poche ore: iniziata nella mattina di ieri, con il rapimento da parte del gruppo estremista salafita legato ad Al Qaeda; poi la richiesta di liberazione dei loro “confratelli” detenuti in cambio di quella dell’italiano, il video che mostrava lo stesso bendato e con segni di percosse; e l’ultimatum, fissato per oggi alla 16.00. Poi il drammatico epilogo, che ha portato alla scoperta del suo corpo nel corso di un blitz delle forze di sicurezza di Hamas in un palazzo di Gaza City. Secondo fonti locali, il 36enne sarebbe stato soffocato prima dell’irruzione nell’appartamento. E mentre proseguono le indagini - 2 gli arresti eseguiti fino a questo momento – la radio militare israeliana sottolinea che l'uccisione di Arrigoni mette in luce che a Gaza "cresce la guerra interna" fra Hamas e i gruppi integralisti salafiti che si ispirano ad Al Qaeda. Su queste profonde divisioni interpalestinesi, abbiamo sentito Giorgio Bernardelli, esperto di questioni mediorientali:

    R. – Noi continuiamo ad analizzare sempre la situazione palestinese ragionando sullo scontro tra Fatah e Hamas. In realtà la situazione oggi è sempre più frastagliata, sempre più complessa, soprattutto all’interno della Striscia di Gaza. E’ proprio qui che esistono forze salafite, vicine ad al Qaeda; da tempo sono presenti e portano avanti una loro linea che è molto più oltranzista di quella di Hamas. Ma non è una cosa che succede da oggi, va avanti da anni. Questa morte probabilmente getta un cono di luce su questa situazione, fa cadere la maschera.

    D. – Alcuni credono anche che il rapimento e la morte di Arrigoni siano un segnale contro gli stranieri presenti nella Striscia?

    R. – Certamente ci sono oggi gruppi all’interno della Striscia di Gaza che guardano con preoccupazione a qualsiasi presenza che possa dare un sostegno, una soluzione, un piccolo spiraglio per uscire dal vicolo cieco. Sono gruppi che guardano con sospetto tutto questo perché hanno capito che è la loro forza mantenere in questa situazione ed è la lezione di questa morte: non si può più lasciare sola Gaza.(bf)

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    La rivolta raggiunge il Burkina Faso: si ribella la guardia presidenziale di Compaoré

    ◊   Cresce la tensione in Burkina Faso, dove diverse unità della guardia presidenziale si sono ammutinate ed hanno costretto il presidente, Blaise Compaoré, ad abbandonare la capitale Ouagadougou per alcune ore. La contestazione nei confronti del presidente è montata proprio mentre in Costa d’Avorio è riuscito a salire al potere Alassane Ouattara, sostenuto anche da Compaoré nel corso della disputa con il presidente uscente Gbabo. Per un commento sulla situazione nel Paese, Stefano Leszczynski ha intervistato Angelo Turco, analista di dinamiche internazionali in Africa:

    R. - Queste tensioni si stanno manifestando già da qualche tempo. Nel mese di febbraio-marzo si sono susseguite delle manifestazioni a diversi livelli: quella più grave è stata certamente quella degli insegnanti delle scuole secondarie, che sono ancora in sciopero attualmente; ci sono state ulteriori manifestazioni e repressioni; e, ci sono stati anche degli ammutinamenti di militare a fine marzo. Questa è soltanto l’ultima. Quello che è singolare è che il presidente Compaoré aveva cominciato una serie di colloqui, soprattutto con i corpi militari e paramilitari, per avviare un dialogo sociale: in qualche modo questa risposta, dopo l’attenzione manifestata dal presidente, non è che sia molto tranquillizzante.

    D. - Il presidente Compaoré aveva un ruolo di rilevanza internazionale a livello regionale per quanto riguardava la crisi in Costa d’Avorio…

    R. - Compaoré è stato molto presente sulla scena ovest africana, ma il suo ruolo è sempre stato ambiguo: si sospettano rapporti inquietanti sia con Charles Taylor, sia con Mohammar Gheddafi e quindi al centro di una ragnatela di personaggi poco raccomandabili.

    D. - A livello sociale, c’è la possibilità che il malcontento prenda piede?

    R. - Di fatto gli apparati del potere sono fortemente autoritari e controllati da Compaoré, dalla sua famiglia e dal suo apparato clientelare. Riforme in Burkina Faso non se ne fanno e il Burkina Faso rimane uno dei Paesi più poveri del mondo: non a caso le manifestazioni delle scorse settimane, sono manifestazioni dovute all’aumento del costo della vita e in un Paese, con un dollaro e mezzo di reddito procapite al giorno, l’aumento del costo della vita significa rendere drammatica l’esistenza di milioni di persone. (mg)

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    I vescovi del Guatemala: negli Usa aumentate le violazioni contro i diritti dei migranti

    ◊   Nelle ultime settimane, negli Stati Uniti, è aumentato il controllo sui flussi migratori provenienti dal sud del Continente americano, con misure che molte volte vìolano la dignità della persona. E’ quanto denunciano, in un documento, i vescovi della Conferenza episcopale del Guatemala che definiscono l’esperienza vissuta da migliaia di migranti una “vera e propria via crucis”. Su questo documento si sofferma, al microfono di Fabio Colagrande, il nostro collega Luis Badilla, esperto di questioni latinoamericane:

    R. – Succede, come denunciano i vescovi del Guatemala, che da diverse settimane si è scatenato un modo di agire contro queste persone, con il pretesto di applicare la legge – a volte in modo molto arbitrario – che ferisce gravemente la dignità di queste persone. Questo è un documento molto ampio in cui si elencano diverse situazioni, si fanno diverse denunce, in particolare quelle che riguardano le deportazioni. Negli Stati Uniti, da mesi si deportano le persone che vengono ritenute “migranti illegali”. Con queste pretesto, vengono deportati il padre e la madre, e spesso negli Stati Uniti vengono lasciati i figli, soli … La Chiesa statunitense ha dovuto istituire strutture per poter dare protezione a molti bambini – addirittura – o adolescenti che rimangono soli negli Stati Uniti! Quello che i vescovi del Guatemala vogliono dire – oltre a descrivere molte situazioni specifiche come queste delle deportazioni – è che qui non si deve confondere la lotta contro i flussi migratori illegali con l’umiliazione della dignità umana. Purtroppo sta accadendo proprio questo! E non sta accadendo solo negli Stati Uniti: sta accadendo anche in altre parti del mondo!

    D. – I vescovi non risparmiano parole dure e poi sottolineano anche l’importanza – dal punto di vista del magistero del Papa, spesso rivolto in questa direzione – di tutelare la famiglia migrante nella sua interezza, in qualche modo anche di favorire i ricongiungimenti familiari …

    R. – Certo, perché i vescovi ricordano che questi flussi migratori planetari sono – nell’aggravarsi degli ultimi anni – un sottoprodotto della globalizzazione. I flussi sono sempre esistiti, ma negli ultimi due-tre anni sono aumentati in diverse regioni del mondo. Questo non è altro che un sottoprodotto di una politica economica planetaria che concentra tutta la ricchezza in determinate zone del mondo e concentrandola lì, questa ricchezza in qualche modo si auto-finanzia a spese della povertà di altre regioni del mondo. Questa povertà che viene creata in altre zone del mondo, determina l’aumento quasi vertiginoso dei flussi migratori verso i poli della ricchezza. Dobbiamo tener presente che si tratta di esseri umani che vanno rispettati, anche perché queste persone – e lo scrivono, i vescovi – non sono colpevoli né del fatto che esistano mafie che si arricchiscono con il traffico di esseri umani, né del fatto che i loro Paesi di origine siano poveri mentre altri sono ricchi … (gf)

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    Seminario di studio sul contributo educativo dei Salesiani nei 150 anni dell'unità d’Italia

    ◊   Nata nel 1859 la famiglia di San Giovanni Bosco, ha influito notevolmente sulla costruzione dell’Unità d’Italia. Se ne è parlato ieri a Roma presso la Camera dei Deputati in un seminario di studio promosso dalle Salesiane e dai Salesiani d’Italia, con il patrocinio dell’Università Pontificia Salesiana e della Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium. Titolo dell’incontro: “150 anni d’Italia e di presenza salesiana – Fare gli italiani…con l’educazione”. Ma come la formazione nelle scuole offerta dai Salesiani ha contribuito ad unire il popolo italiano? Paolo Ondarza lo ha chiesto a suor Grazia Loparco, docente di storia della Chiesa all’Auxilium di Roma:

    R. – Don Bosco ha fondato i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice, per una formazione di onesti cittadini e buoni cristiani. Quindi, attraverso una formazione scolastica, una formazione al lavoro, una formazione ad una socializzazione e ad un inserimento attivo nella società ha formato persone che potessero in qualche modo entrare nei gangli della modernità, in una società sempre più secolarizzata, in modo adeguato alle nuove esigenze di una società che stava cambiando come quella italiana, in cui lo Stato stava preoccupandosi di cambiamenti a livello istituzionale, a livello statale, ma non aveva ancora le risorse per poter arrivare alle fasce sociali più disagiate, più deboli quali erano appunto quelle dei ragazzi e delle ragazze di cui si sono occupati i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice.

    D. – E’ possibile quantificare questa presenza salesiana in Italia?

    R. – Sì, si è trattato di più di 30 mila tra Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice, che hanno professato in Italia dal 1859, quando è sorta la società salesiana, e dal 1872, l’origine delle Figlie di Maria Ausiliatrice, fino al 31 dicembre 2010: 17 mila salesiani e oltre 13.800 Figlie di Maria Ausiliatrice. Questi 150 anni hanno coperto, possiamo dire, tutto il territorio nazionale attraverso opere educative.

    D. – E questa copertura su tutto il territorio nazionale, in tutte le regioni italiane, porta come conseguenza una conoscenza delle peculiarità delle varie realtà territoriali. Guardando proprio a questo profilo italiano, così eterogeneo, è possibile rilevare un’unità nel Paese?

    R. – L’esperienza ci dice che soprattutto nei primi decenni post-unitari era certamente difficile intendersi e ritrovare omogeneità. I Salesiani si spostarono direttamente dal Piemonte alla Sicilia, mentre era più facile che ci si spostasse in qualche modo allargando il cerchio di azione. Don Bosco ebbe questa intuizione in qualche modo visionaria per il tempo.

    D. – Potremmo dire a macchia di leopardo, anziché a macchia d’olio?

    R. – Direi proprio di sì. I Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice, in realtà, hanno portato un modello educativo che sostanzialmente era uguale, era lo stesso, proprio perché si tratta di Congregazioni religiose centralizzate con personale soggetto a trasferimento, tra le regioni d’Italia. Nello stesso tempo, il modello unico educativo del sistema preventivo di Don Bosco si è declinato e in qualche modo è stato connotato anche dall’ambiente.

    D. – Ed oggi c’è una maggiore omogeneità?

    R. – Oggi, da un certo punto di vista sicuramente, perché la globalizzazione in qualche modo ha influenzato anche l’Italia, probabilmente, per creare dei modelli più uniformi. Sappiamo benissimo, però, che ci sono anche delle differenze, delle connotazioni che ancora oggi chiedono di essere tenute in conto, per poter promuovere sempre lo stesso ideale del buon cristiano, dell’onesto cittadino. E cosa vuol dire cittadino? Oggi ha una connotazione diversa rispetto al 1860, ma nella differenziazione dei contesti regionali si capisce che i valori di fondo sono gli stessi.

    D. – I giovani, in un certo senso, riflettono quella che è la società. Tra molti si registra un certo entusiasmo per questi 150 anni, altri invece lamentano una scarsa coesione del Paese e non si riconoscono in questa unità. Che cosa può fare l’educatore?

    R. – Credo che sia proprio dell’educatore tentare di puntare sui valori che aprono le persone piuttosto che chiuderle, per non vivere in un ambito mentale ristretto. Gli educatori credo debbano fare un cammino per se stessi, proprio perché la differenza, la compresenza di culture diverse è ormai sotto gli occhi di tutti noi. Quindi, aiutare ad aprirsi alla diversità, non temendola come una minaccia, ma invece aiutando un po’ a scoprire quali sono i valori e anche le sfide che sono implicate nel cercare di vivere bene insieme a persone che hanno caratteristiche in parte diverse, può essere un’opportunità per tutti noi, proprio perché è inutile pensare di poter vivere in un ambiente troppo ristretto, quando ormai il mondo ce l’abbiamo continuamente in casa, sugli autobus e nelle nostre città. L’educatore, dunque, credo abbia questo bellissimo compito: di indicare la bellezza, la speranza più che avallare quegli atteggiamenti di diffidenza o di chiusura o di difesa di alcuni interessi molto particolari.(ap)

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    Sugli schermi il nuovo film di Nanni Moretti "Habemus Papam"

    ◊   Esce oggi nei cinema italiani, con ben cinquecento copie, l'ultimo film di Nanni Moretti Habemus Papam che è stato anche inserito in concorso al prossimo Festival di Cannes. Molta attesa per questa storia particolare nella quale un Papa appena eletto entra in dolorosa crisi, fugge dal Vaticano mentre il mondo, i fedeli e il Sacro Collegio attendono. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Le immagini di repertorio, sui titoli di testa, sono quelle famosissime dell'inizio della celebrazione funebre di Giovanni Paolo II. La verità storica dell'inizio chiarisce che il tempo è reale e anche quello che succede a seguire potrebbe esserlo. Moretti comincia a ricostruire con grande fedeltà e rispetto per le figure, che sono quelle dei cardinali elettori, il conclave. Nessuna ironia, nessun macchiettismo. Tutto molto umano, così come profondamente umano è lo sbigottimento generale che assale il Sacro Collegio quando, dopo l'atteso "Habemus Papam" l'eletto ha paura, si rifiuta di apparire al balcone della Basilica di San Pietro, si rifugia in Cappella Sistina, prega, piange, è nervoso, non parla. Da qui in poi Nanni Moretti, che ha voluto, come dalle sue parole, soltanto raccontare l'inadeguatezza e la fragilità che il nuovo Papa - il bravissimo Michel Piccoli - come tanti altri uomini, potrebbe sentire di fronte al mondo, al ruolo e alle responsabilità enormi di cui è stato investito, lascia la storia e entra in un tempo sospeso, tempo di prova, di riflessione, di attesa, un tempo tutto cinematografico. Chiedendo agli spettatori la capacità critica di andare oltre ciò che si narra e oltre, appunto, la realtà. Il regista si ritaglia a questo punto il ruolo di uno psicanalista che avvicina, senza successo, il Papa, e questa volta lo fa con pudore, con equilibrio e con qualche divertente osservazione. I toni diventano quelli di una commedia che spera sempre di non diventare tragedia. E così avviene, mentre il protagonista esce dalle mura del Vaticano e penetra la realtà quotidiana della vita romana, degli uomini, mentre i cardinali, molto comprensivi della situazione di assoluta novità, senza precedenti, addirittura affettuosi con il Papa in crisi, decidono di aspettare, come tutto il mondo fa, chi giocando a carte, chi cercando di concludere un puzzle, chi prendendo tranquillanti, molti organizzando un torneo di pallavolo, l'unico sguardo forse non necessario, troppo compiaciuto e troppo lungo di Moretti, per una situazione dalle chiare tentazioni felliniane.

    Il film non è stato scritto e girato pro o contro la Chiesa, pro o contro i fedeli, pro o contro la gerarchia cattolica: il film è stato fatto, ed è la sua anima candida, avvolta dalle belle musiche di Franco Piersanti, per gli spettatori di cinema, per il gusto di raccontare una storia diversa, certo per porre anche qualche riflessione, senza punta di sfida e che risale ai tempi della morettiana "La messa è finita": là un sacerdote in crisi rinnovava la sua fiducia nel sacerdozio, qui un Papa in crisi rinuncia al suo Papato. Così si fa notare che, pur sotto la luce dello Spirito e la guida della provvidenza, tutti siamo uomini. Dio, però, è sempre capace di aggiustare le scelte e i risultati delle nostre debolezze. Moretti, liberamente, come laico, si ferma prima, mentre in una visione di fede, la vita, la storia, la Chiesa e il mondo si aprono ad altre prospettive.

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    Chiesa e Società



    I vescovi belgi sull'intervista tv dell'ex vescovo di Bruges: è uno schiaffo alle vittime

    ◊   I vescovi belgi si dicono “stupiti” ed “estremamente scioccati” dall’intervista televisiva rilasciata a un’emittente belga dall’ex vescovo di Bruges, Roger Vangheluwe, nel corso della quale il presule ha ammesso di essere autore di abusi a sfondo sessuale. A colpire, scrivono in una nota i vescovi del Belgio, è stato il modo usato da Vangheluwe “di minimizzare e giustificare i crimini commessi, le conseguenze nei riguardi delle vittime, delle loro famiglie, dei credenti e più in generale di tutta la società. Questo è inaccettabile”. Roger Vangheluwe, affermano i presuli, “ancora non sembra misurare l'estrema gravità delle sue azioni. Questa intervista non corrisponde a ciò che è stato chiesto da Roma”, anzi – calcano i presuli – è estremamente offensiva per le vittime, per le loro famiglie e per tutti coloro che devono affrontare il problema degli abusi sessuali. Anche per i fedeli, è uno schiaffo”. Come noi, riconoscono, “sono certamente disperati e confusi”. Inoltre, sottolineano, il tono dell’intervista è in “totale contraddizione con gli sforzi intrapresi negli ultimi mesi che mirano a prendere con serietà il problema degli abusi sessuali, l’ascolto delle vittime e la definizione delle misure appropriate”. Confidiamo, concludono i vescovi, in un “suo ritiro nel silenzio all'estero per riflettere sulle sue azioni” e sottoporsi alle cure psicologiche e spirituali richieste da Roma. Benedetto XVI aveva accettato circa un anno fa la rinuncia di mons. Vangheluwe al governo della diocesi di Bruges. (A.D.C.)

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    Ucciso un sacerdote in Paraguay: dolore e costernazione dei vescovi

    ◊   I vescovi del Paraguay esprimono “profondo dolore e costernazione” per l'assassinio di mons. Julio César Álvarez, 47 anni, parroco della chiesa del Sacro Cuore di Gesù nella città di Villarrica, a 150 km dalla capitale Asunciòn. Il sacerdote era conosciuto e apprezzato per le numerose attività pastorali della sua comunità. Nel ricordare la figura di mons. Alvarez, i vescovi paraguayani esprimono il cordoglio di tanti sacerdoti, religiosi e laici che lo hanno conosciuto. Al momento due persone sospette sono in stato di fermo con l’accusa di furto. Gli inquirenti e la polizia locale ritengono che i sospetti potrebbero essere coinvolti nell’assassinio del sacerdote. A tal proposito la nota dei vescovi chiede “una rapida indagine” e “un giusto processo” per i responsabili. La nota ricorda inoltre le numerose attività svolte da mons. Álvarez, dottore in diritto canonico presso la Pontifica Università San Tommaso d'Aquino, formatore nel Seminario maggiore e docente presso la Facoltà di teologia dell'Università cattolica. (A cura di Luis Badilla)

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    2.64 milioni di feti muoiono dopo la 28.ma settimana di gravidanza, soprattutto nei Paesi poveri

    ◊   Il numero annuale di bambini nati morti in tutto il mondo è il doppio rispetto alle persone che muoiono per malattie collegate con l’Hiv. Secondo quanto riportato dal settimanale scientifico inglese The Lancet, circa 2.64 milioni di feti muoiono dopo la 28.ma settimana di gravidanza, prevalentemente in Paesi a basso e medio reddito. Tra le cause principali ci sono complicazioni del parto, infezioni materne in gravidanza, disturbi come ipertensione e diabete, la restrizione della crescita del feto e anomalie congenite. Secondo gli esperti, per far fronte a questa piaga sociale sarebbe sufficiente una maggiore attenzione all’assistenza prenatale. In Paesi come il Kenya, le strutture sanitarie sono sovraffollate. Al Madiany Hospital del distretto di Rarieda, provincia occidentale di Nyanza, medici ed ostetriche affrontano quotidianamente parti di nati morti; gli operatori sanitari sono sopraffatti dalle mamme in attesa di tutto il distretto, anche se le donne che si recano in ospedale per essere assistite sono solo una piccola parte. I centri sanitari di Nyanza sono pochi e molto distanti gli uni dagli altri, e capita che tante donne perdano i loro bambini nel corso del lungo viaggio da casa all’ospedale, mentre altri muoiono perché le mamme decidono di partorire in casa. Oltre la metà di tutte le donne kenyote partoriscono senza l’aiuto di personale medico specializzato. Secondo The Lancet, circa 1.2 milioni di tutti i parti di nati morti si verificano durante il travaglio. "In Uganda solo il 42% delle donne riceve assistenza adeguata al parto," riferisce il coordinatore nazionale del The White Ribbon Alliance, Ong internazionale che si occupa di salute materna. Servono un’assistenza specifica alla nascita e cure ostetriche di emergenza; informazioni di base e accesso al servizio sanitario per gli utenti oltre a competenze, conoscenze e risorse degli operatori del settore. Altre misure includono la fornitura di integratori di acido folico, la distribuzione nelle zone endemiche per la malaria di zanzariere trattate con insetticidi e il monitoraggio abituale della sifilide durante le visite prenatali. (R.P.)

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    Pakistan: cristiano aggredito per aver condannato il rogo del Corano e l’attacco alle chiese

    ◊   Nuove intimidazioni e minacce contro la comunità cristiana in Pakistan. Riferisce AsiaNews che Waris Masih, infermiere della città di Multan, nel Punjab centrale, è stato aggredito martedì scorso sul posto di lavoro per aver preso posizione contro il rogo del Corano in Florida e contro gli attacchi ai luoghi di culto cristiani in Pakistan. Le sue opinioni hanno scatenato un dibattito furioso con alcuni suoi colleghi, che erano invece favorevoli alle violenze perpetrate contro le chiese cristiane e inneggiavano alla profanazione della Bibbia avvenuta l’8 aprile scorso davanti la chiesa di Sant’Antonio a Lahore. Il giorno successivo la lite, un gruppo di fanatici ha bloccato Waris Masih, colpendolo e intimandogli di lasciare la città, altrimenti avrebbe subito una “punizione esemplare”. Rientrato a casa, egli ha scoperto che anche la sua famiglia era stata minacciata e nella notte ha fatto perdere le proprie tracce. Quello dell’infermiere cristiano è il settimo caso di attacco contro obiettivi o fedeli cristiani in Pakistan dal 20 marzo scorso, quando il pastore Wayne Sapp ha bruciato un Corano in Florida, sotto la supervisione del predicatore evangelico Terry Jones. L’iniziativa è stata più volte condannata con forza da leader cristiani, pakistani e indiani, perché compiuta da un cittadino statunitense che non ha nulla a che vedere con i cristiani pakistani. Tuttavia, ha scatenato la reazione dei fondamentalisti islamici che, in pochi giorni, hanno attaccato tre chiese e ucciso due persone. Tra le altre discriminazioni verificate, il mese scorso il personale sanitario cristiano di Lahore ha chiesto alcune deroghe all’orario di lavoro in occasione della Quaresima. In risposta, il vice-direttore sanitario li ha aggrediti e aumentato il carico di lavoro, passando da otto a 10 ore al giorno. Il 9 aprile, invece, un ordigno ha colpito una chiesa luterana a Mardan, città della provincia di Khyber, provocando danni alla struttura ma nessuna vittima. Padre Joseph Xavier, della diocesi di Lahore, ha riferito ad AsiaNews, che “l’odio crescente verso i cristiani è ormai un problema serio per il Pakistan”. Il rogo del Corano ha esacerbato gli animi e “sebbene i cristiani abbiano condannato con forza il gesto, vengono ormai considerati agenti del governo americano: una cosa totalmente sbagliata”. Il sacerdote ha sottolineato inoltre di aver “più volte condannato l’atto di Terry Jones” e ha invitato l’Occidente a “pensare prima di agire”, perché “cristiani innocenti devono pagare le conseguenze dei loro gesti” (M.R.)

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    “Picco di violenza" sulle minoranze religiose in Pakistan nel Rapporto sui diritti umani 2011

    ◊   “Pochi sviluppi positivi e molti segni preoccupanti per le minoranze religiose in Pakistan”, afferma il Rapporto “Stato dei diritti umani 2011”, pubblicato dalla “Commissione per i diritti umani del Pakistan”, una fra la maggiori organizzazioni non governative esistenti nel Paese. Il testo ripreso dall'agenzia Fides, traccia un quadro allarmante sulla libertà di coscienza e di religione, e sulla condizione delle minoranze, affermando che, secondo tutti gli indicatori, “la situazione potrebbe ulteriormente peggiorare”. Analizzando gli episodi del 2010, il Rapporto nota che “i membri delle minoranze religiose sono stati vittime di terribili atti di violenza a causa della loro fede. La violenza e l’intimidazione hanno fatto crescere il senso di insicurezza in tutte le comunità”. Nel corso dell’anno, hanno perso la vita 99 fedeli ahmadi (considerati una “setta islamica”) mentre episodi di violenza su vasta scala hanno colpito anche i cristiani, soprattutto in Punjab. Quel che preoccupa la Commissione è l’impunità di cui tuttora godono mandanti ed esecutori delle violenze: “La retorica sulla protezione delle minoranze abbonda, ma in pratica si fa ben poco. Sembra che gli sforzi per garantire convivenza e armonia non siano una priorità” nota il testo. Uno degli strumenti di oppressione è la “legge sulla blasfemia”, di cui si chiede l’abolizione: l’abuso della legge ha colpito 64 persone nel 2010, culminando con l’esecuzione extragiudiziale di due fratelli cristiani, Rashid e Sajid Emmanuel, uccisi a Faisalabad nel luglio 2010. La diffusione dell’estremismo islamico ha causato un progressivo deterioramento dei diritti umani nel Paese, con gravi ripercussioni anche sulle comunità sikh e indù, vittime, insieme con i cristiani, di una propaganda di odio che è la base ideologica della violenza. Secondo i dati generali forniti dal Rapporto, oltre 2.500 persone sono state uccise in Pakistan nel 2010, in 67 fra attacchi dinamitardi e attentati, segno di un crescente clima di intolleranza e di una libertà di azione del terrorismo che le autorità dovrebbero bloccare. (R.P.)

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    India. Censimento sospetto dei cristiani in Madhya Pradesh, attacchi a Delhi: Chiesa in allarme

    ◊   Uno “strano” censimento di vescovi, sacerdoti, delle case dei singoli fedeli, di scuole e istituzioni cristiane, è in corso nello stato del Madhya Pradesh, in India centrale, compiuto dalla polizia locale. L’iniziativa allarma la Chiesa e tutte le comunità cristiane: “Si tratta di un provvedimento alquanto sospetto e discriminatorio. Siamo molto preoccupati perché non ne sappiamo le ragioni e per le conseguenze che potrebbe avere. Ricordiamo infatti i precedenti: una simile iniziativa fu presa in Gujarat nel 1998 e si è verificata in altre occasioni. Furono atti che prepararono una massiccia offensiva e rastrellamenti di radicali indù contro i cristiani” spiega all’agenzia Fides padre Joseph Babu Karakombil, portavoce della Conferenza episcopale dell’India. I leader cristiani sono stati sottoposti a interrogatori, senza alcuna giustificazione, per fornire dati e dettagli sull’estensione e le proprietà della comunità: questo, secondo la Chiesa, è “totalmente inaccettabile e viola le garanzie costituzionali”. “Va ricordato che in Madhya Pradesh è al governo il Baratiya Janata Party (Bjp) che continua a perseguire una agenda nazionalista e a sostenere i gruppi radicali” spiega il portavoce. La Chiesa cattolica ha chiesto al governo locale e alle autorità federali di bloccare questo “censimento ad hoc” e ha ottenuto rassicurazioni in merito. “I gruppi radicali sono molto forti e ricevono finanziamenti dall’estero, per perseguire i propri scopi” racconta padre Karakombil. “In vista della Pasqua temiamo che negli stati dove il Bjp è al potere possano verificarsi incidenti anticristiani”. Un recente episodio ha toccato anche Delhi, dove le violenze “sono fortunatamente rare”, rimarca padre Karakombil: il 9 aprile scorso una folla di oltre 150 militanti indù ha attaccato una assemblea di cristiani a Bhajanpura, nell’Est della capitale. I fedeli della “Chiesa dell’Assemblea di Dio” avevano organizzato una celebrazione all’aperto, ma un gruppo di estremisti indù è intervenuto con slogan anticristiani, percuotendo con bastoni i fedeli, inclusi donne e bambini, e mettendoli in fuga. (R.P.)

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    Sri Lanka: il cardinale Ranjith visita le vittime di guerra Tamil

    ◊   La popolazione Tamil vive ancora in grande insicurezza, al di sotto dei livelli minimi di sussistenza e in stato di abbandono. È quanto emerge dalla missione d’inchiesta che il Congresso delle religioni ha svolto nei giorni scorsi nel nord dello Sri Lanka per valutare la situazione della zona a due anni dalla fine del conflitto etnico. Tra i 26 delegati era presente anche il cardinale Ranjith, arcivescovo di Colombo, che ha raccolto le lamentele degli sfollati e delle vittime di guerra tamil. Secondo la relazione stilata dopo la visita, riportata da AsiaNews, “la vastità della distruzione provocata dagli ultimi mesi della guerra è misurabile dalle carcasse delle auto esplose, abbandonate fuori dagli edifici lungo i lati della strada che da Pudukudirippu conduce a Paranthan... quelle carcasse sono tutto ciò che resta delle persone che vivevano in quelle case”. Dal rapporto emerge anche che la maggior parte del personale militare presente nell’area non parla il tamil, la lingua parlata nella provincia del nord, creando così un grave problema di comunicazione. Inoltre, la delegazione ha avuto la possibilità di visitare il bunker sotterraneo di Velupillai Prabhakaran, l’ultimo leader del movimento di liberazione delle “Tigri del Tamil”. Tra gli altri delegati del Congresso delle religioni figuravano anche l’arcivescovo emerito di Colombo Oswald Gomis, quattro sacerdoti cattolici, due rappresentanti della Chiesa di Ceylon, due sacerdoti metodisti, due musulmani, due indù, due laici della Caritas Sri Lanka e dieci monaci buddisti tra cui il bonzo Ittapane Dhammalankara Anunayake Thero. (M.R.)

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    Vietnam: Human rights watch condanna le violenze del governo contro i montagnard cristiani

    ◊   Aumentano le violenze del governo vietnamita contro i montagnard, minoranza cristiana che vive negli altopiani centrali del Paese. L’accusa è lanciata dall’organizzazione Human rights watch che in un lungo rapporto ha denunciato pubblicamente i nomi di 81 montagnard rinchiusi nella prigione di Han Nam, per aver partecipato alle attività delle chiese domestiche o perché ritenuti attivisti per i diritti umani. Riferisce l'agenzia AsiaNews, che secondo l’organizzazione altre 30 persone sconosciute sono recluse nello stesso carcere, mentre almeno altre 250 sono imprigionate altrove. Dalle 46 pagine del rapporto emergono le violenze con le quali le autorità tentano di sciogliere le chiese domestiche, costringono a firmare rinunce alla fede, blindano il confine per impedire la fuga in Cambogia, dove peraltro è stato chiuso un campo profughi dell’Onu che ospitava i montagnard. “I montagnard “, conferma Phil Robertson, vicedirettore per l’Asia di Human rights watch, “stanno subendo una dura persecuzione, in particolare coloro che fanno parte delle chiese domestiche indipendenti, perché le autorità non tollerano attività religiose che non possono vedere o controllare”. Sulla base di fonti ufficiale vietnamite, 567 famiglie del distretto di Krong Pa sono state costrette a firmare le rinunce alla fede, in seguito alle visite quotidiane delle autorità. Un corpo speciale di sicurezza, nominato Pa43, ha il compito specifico di catturare, imprigionare, interrogare persone identificate come attivisti politici o membri delle chiese domestiche. Alla polizia si affiancano speciali “tribunali mobili”. La situazione è tale che Human rights watch ha chiesto al governo vietnamita di mettere fine alla persecuzione e a quello statunitense di tornare a inserire il Vietnam tra i Paesi che destano “particolare preoccupazione” per le violazioni alla libertà religiosa. (M.R.)

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    Hong Kong: pellegrinaggio della Croce dell’Evangelizzazione per sensibilizzare la missionarietà

    ◊   Con la benedizione della Croce impartita da mons. John Tong, Vescovo diocesano, ha avuto ufficialmente inizio il 3 aprile il pellegrinaggio della Croce dell’Evangelizzazione nella diocesi di Hong Kong. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese ripreso dall'agenzia Fides), nei prossimi mesi la Croce sarà devotamente accolta nelle parrocchie, nelle scuole cattoliche, nei conventi religiosi, per trasmettere il “messaggio della Croce” e aiutare i fedeli a meditare sul senso salvifico della Croce. Inoltre, la grande processione è un modo convincente per testimoniare e diffondere la fede tra i non cristiani. Il pellegrinaggio, intitolato “Vieni e Seguimi”, è motivato dalla necessità di sensibilizzare i fedeli sulla loro responsabilità missionaria, perché non sia limitata solo alla Giornata Missionaria Mondiale, ma duri tutti i 365 giorni dell’anno. (R.P.)

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    Zambia: i vescovi preoccupati dal crescente clima di violenza politica nel Paese

    ◊   Un’azione decisa per fermare le violenze gratuite perpetrate dai sostenitori del Presidente Banda. È quanto ha chiesto nei giorni scorsi alle autorità zambiane l’arcivescovo di Lusaka Telephore Mpundu, preoccupato dal crescente clima di violenza politica e paura nel Paese. Con l’avvicinarsi delle elezioni politiche previste quest’anno i simpatizzanti del partito di Governo, il Movimento per una Democrazia Multipartitica, hanno infatti scatenato in queste settimane una campagna di violenze e pestaggi per intimidire i sostenitori dell’opposizione. Una escalation che, se non viene fermata, rischia di trasformarsi in “un disastro” e di degenerare come in Nord Africa e in Medio Oriente, ha ammonito mons. Mpundu durante la Messa per la consacrazione episcopale del nuovo ausiliare della diocesi di Chipata Benjamin Phiri. “Le istituzioni preposte a fare rispettare la legge sembrano impotenti e paralizzate, mentre la gente viene pestata e insultata in pubblico”, ha denunciato il presule che – riferisce l’agenzia Cns - ha puntato il dito contro “ben noti teppisti politici”. A rendere più precario il quadro politico – ha aggiunto mons. Mpundu - è il fatto che il Paese andrà con tutta probabilità alle elezioni con la vecchia Costituzione del 1996, che è del tutto inadeguata per il Paese, come hanno confermato le elezioni del 2001, 2006 e 2008. Alle parole di mons. Mpundu hanno fatto eco quelle del vice-presidente della Conferenza episcopale zambiana, mons, Ignatius Chama, vescovo di Mpika, che ha invitato il Presidente Banda a dialogare con l’opposizione per trovare una soluzione alle violenze. I vescovi dello Zambia hanno seguito da vicino il lungo iter della riforma costituzionale, muovendo a più riprese rilevi critici di metodo e anche nel merito dei testi proposti. (L.Z.)

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    Terra Santa: appello di padre Pizzaballa per la Colletta del Venerdì Santo

    ◊   “Il sostegno alla Chiesa madre di Gerusalemme, alle opere della custodia e alla tutela e alla salvaguardia dei santuari cristiani è una cosa che ci riguarda tutti da vicino”. Così il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, in un’intervista all'agenzia Sir, spiega l’importanza della Colletta del Venerdì Santo, tradizionalmente destinata ai Luoghi Santi. “Tanto è stato fatto ma molto resta da fare”, dichiara il custode, per il quale la Colletta, “è anche uno strumento di conoscenza della Chiesa che è in Terra Santa, della sua comunità, della difficile realtà sociale, economica e religiosa in cui si trova a vivere e ad operare” e che spinge i cristiani locali ad emigrare. Nonostante la crisi economica globale, padre Pizzaballa si dice fiducioso che “anche in questa congiuntura negativa, i cristiani non faranno mancare il loro sostegno alla Terra Santa e alle comunità cristiane locali. Dobbiamo offrire motivi di speranza ai nostri fedeli e la Colletta rappresenta un modo concreto per farlo. Sentire il sostegno della Chiesa universale è importante per la Chiesa madre di Gerusalemme" (M.R.)

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    Vietnam: raccolta fondi promossa dagli studenti cattolici per le vittime di calamità naturali

    ◊   Centinaia di studenti cattolici di sette università e college del Vietnam centrale partecipano in questi giorni a una settimana di raccolta fondi a favore delle vittime di disastri passati e recenti. La settimana ha preso il via lunedì a Hue e si concluderà il 17 aprile. “L’obiettivo dell’iniziativa - spiega all’agenzia Ucan padre Antoine Nguyen Van Tuyen, che coordina le attività pastorali degli studenti della diocesi - è di offrire loro l'opportunità di testimoniare il Vangelo del Cristo Risorto ai loro amici non cattolici”. I fondi raccolti, ha precisato il sacerdote andranno alle vittime del recente tsunami in Giappone e a quelle delle armi chimiche usate durante la Guerra in Vietnam, finita 36 anni fa. Nel programma della settimana figurano anche visite ai malati di Aids ricoverati negli ospedali e la pulizia dei cimiteri dove sono sepolti feti abortiti. (A.N.)

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    Indagine di Eurostat su beni e servizi culturali nell'Unione Europea

    ◊   L’Unione Europea “esporta” beni e servizi strettamente connessi alla cultura e alle attività artistiche più di quanto ne importi. È uno dei dati che emergono da un’indagine di Eurostat, intitolata “Cultural Statistics”, che si basa su diversi indicatori di riferimento, quali il numero di occupati in tale ambito, i prezzi di beni e servizi, le differenze tra i vari Paesi). Le statistiche presentate – rende noto il Sir - consentono di illustrare i “comportamenti culturali” e i “contatti interculturali” di 500 milioni di cittadini dell’Ue. Nella ricerca si sottolinea che “la cultura gioca un ruolo importante nella vita quotidiana degli europei”. Lo studio, disponibile in inglese all’indirizzo ), include capitoli sulle imprese attive nel settore, sull’educazione, sulle abitudini di lettura, sulla valorizzazione dei servizi culturali. Dallo studio emerge che gli studenti universitari impegnati in corsi legati alle arti sono 725 mila, ossia il 3,8% del totale, con punte massime nel Regno Unito (6,8%), in Irlanda (6,6%), Finlandia e Cipro (dati 2007/2008). Dalla ricerca si apprende anche che nel 2010 “lo 0,6% delle esportazioni di beni dall’Europa comunitaria verso il resto del mondo riguardava prodotti e servizi culturali”. Le importazioni, invece, si sono fermate allo 0,4%. Nella classifica dell’export culturale e artistico primeggia il Regno Unito e per quanto riguarda i prezzi dei beni e dei servizi culturali – come ad esempio l’ingresso ai musei o ai concerti - nel quinquennio 2005/2010 sono cresciuti di più rispetto alla media di tutti gli altri prezzi. Si è registrato infatti un incremento del 13,3% rispetto alla media dell’11,9%. Il prezzo dei giornali e delle riviste è però salito del 17,5%. I libri, infine, sono aumentati solo del 6,5%, ossia meno della media dell’inflazione. (A.L.)

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    Germania: appello dei vescovi ad un impegno dello Stato più efficace verso gli anziani

    ◊   Migliorare il sostegno statale agli anziani bisognosi. E’ quanto richiesto dalla Conferenza episcopale tedesca (Dbk) in un documento diffuso ieri, che analizza il futuro dell’assistenza agli anziani in Germania. Nel testo, riferisce l’agenzia Sir, i vescovi tedeschi hanno espresso il bisogno di riconoscere una nuova definizione giuridica di “assistenza”, poiché “l’attuale definizione vigente, che costituisce la base per le prestazioni assistenziali, è troppo ristretta e circoscritta al fattore fisico”. I vescovi si auspicano inoltre un aumento dei servizi e di nuove forme di assistenza, rafforzando anche “le reti sociali, dalla famiglia agli aiuti tra vicini ai gruppi di auto aiuto”. “Il futuro dell’assistenza agli anziani richiede solidarietà e una convivenza rispettosa delle generazioni”, si legge nella prefazione del presidente della Dbk, mons. Robert Zollitsch: “Compito della Chiesa è difendere la dignità di ogni persona, accompagnandola nella vita, particolarmente quando ha bisogno di sostegno” (M.R.)

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    Genova: il cardinale Bagnasco esprime la vicinanza della Chiesa al mondo del lavoro

    ◊   "La Chiesa è vicina alla gente, soprattutto quando si tratta del pane quotidiano": lo ha affermato l'arcivescovo di Genova e presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, che stamani ha celebrato due messe pasquali presso i Cantieri Navali della Fincantieri di Genova Sestri Ponente e presso gli stabilimenti Ilva di Cornigliano. "Esprimo la vicinanza, la maternità, la stima, la fiducia che la Chiesa ha nei confronti dei lavoratori e del mondo del lavoro", ha aggiunto, perché "la Chiesa di Genova è presente nei luoghi di lavoro tutto l'anno, da decenni, attraverso i nostri sacerdoti, i cappellani del lavoro, che desidero ringraziare, come desidero ringraziare voi, che li accogliete con tanta cordialità, stima, rispetto e simpatia". Presso i Cantieri Navali - riferisce l'agenzia Sir - ha spiegato che "le difficoltà le conosciamo, i riflessi a volte sono pesanti e, forse ancora di più, preoccupanti ma la fiducia, la determinazione, nel guardare avanti, a un futuro con meno ombre e più luminoso non ci deve mai abbandonare". "La Chiesa – ha aggiunto ancora – ha il dovere, la missione e il desiderio di stare vicino a voi sia nei momenti più facili che, soprattutto, in quelli più difficili. Questa vicinanza la esprimiamo anche con questa Messa ed assicurandovi, e garantendovi, non solo la nostra stima, ma qualunque possibile operosa collaborazione qui e altrove". Nell'omelia pronunciata presso gli stabilmenti Ilva di Cornigliano, il cardinale Bagnasco ha voluto "affidare al Signore il nostro lavoro, la nostra attività, l'attività di questa azienda, di questo vostro luogo di lavoro". "Questa azienda – ha proseguito – per la sua importanza, il suo spessore, la sua efficacia, fa parte della storia e del patrimonio della nostra città. Per questo ci è cara, è cara a voi, ma è cara all'intera nostra città". "Vogliamo affidare al Signore questa realtà del vostro lavoro, di questa vostra azienda – ha aggiunto – e vogliamo pregarlo perché benedica tutti quanti voi, perché il lavoro a Genova non venga meno, nonostante le difficoltà". Difficoltà, ha affermato, "che speriamo siano ancora brevi, il più possibile, che speriamo e vogliamo che non incidano pesantemente, né sui singoli lavoratori e le loro famiglie, né sulla storia, sul volto, sul destino di questa nostra amatissima Genova, che ha un patrimonio talmente grande di professionalità, di competenza, di genialità, a tutti i livelli, che non può assolutamente e in nessun modo essere disperso e misconosciuto". (R.P.)

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    Cardinale Caffarra: la Pasqua riconferma l’alleanza di Dio con l’uomo

    ◊   Porre “l’alleanza con la tecnica” al posto dell’“alleanza con Dio”. È il rischio che corre l’uomo indicato ieri dall’arcivescovo di Bologna, cardinale Carlo Caffarra, durante la Santa Messa per gli universitari in preparazione alla Pasqua. Il porporato ha messo in guardia da “una cultura” che tende a spezzare l’alleanza tra uomo e Dio. “Dio non impone - ha ricordato l’arcivescovo di Bologna - ma propone all’uomo di divenire suo alleato”. “L’osservanza dell’alleanza – ha aggiunto - è la libera decisione dell’uomo di rimanervi fedele”. La Chiesa – ha poi detto il porporato le cui parole sono state riprese dal Sir - celebra la Pasqua “perché Dio in Gesù vuole riconfermare la sua alleanza con l’uomo”. “Cari giovani, che cosa accada nel cuore di ogni uomo è mistero impenetrabile”. “Ma non c’è dubbio – ha affermato - che vivete in una cultura che tende a persuadervi che è bene per l’uomo spezzare quella duplice alleanza” con la “Sapienza divina” e con il “sangue di Cristo”, cercando di convincervi che “l’uomo può vivere una buona vita senza essere alleato con Dio”. Ma per rompere l’alleanza con la Sapienza divina - ha sottolineato l’arcivescovo di Bologna - “il prezzo da pagare è decurtare la vostra intelligenza censurandone il bisogno” di “cercare e trovare una spiegazione non solo di singoli frammenti della realtà, ma anche dell’intero”. “Uscire dalla seconda alleanza”, invece, chiede di ridurre la proposta cristiana da ‘proposta di vita eterna’ a proposta di ‘regole etiche’. (A.L.)

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    Mons. Betori: la politica sia una forma alta della carità

    ◊   La politica, anche quella di oggi, non può fare a meno di “confrontarsi con il progetto di uomo che scaturisce dalla testimonianza di Gesù”. Lo ha detto l’arcivescovo di Firenze, mons. Giuseppe Betori, nell’omelia per la messa, celebrata ieri in arcivescovado, in preparazione alla Pasqua per i cattolici impegnati in ambito sociale, politico e nell’amministrazione pubblica. La politica – ha detto l’arcivescovo di Firenze - “è una forma alta della carità che chiede rigorosa responsabilità di coerenza di persona e di progetti e dedizione generosa”. Al tempo di Gesù, così come oggi, la superficialità porta gli uomini a cercare “una religiosità di compromesso”. Una religiosità - ha proseguito mons. Betori - “in cui la fede non è percepita come la cosa seria, come una scelta che non ammette commistioni e pretende totale esclusività”. Tutto ciò si riflette e diventa un problema, “anche per il nostro stare nel mondo”, nel servire i fratelli come nel servizio della politica perché “è sempre e solo la persona umana, la sua dignità e il suo bene, ciò che è in gioco tanto nella fede quanto nella politica”. Per questo, essa non può che avere “come fine il bene comune”. L'arcivescovo – riferisce il Sir - si è quindi soffermato “sul senso dell’impegno di un credente nella sfera sociale e politica”, dove ciascuno “è chiamato per nome”, una chiamata in cui “gli altri sono sempre implicati”. “Prendersi cura degli altri, anche nella forma istituzionale della politica – ha concluso l’arcivescovo di Firenze – non si aggiunge quindi ad un’identità già conclusa nel rapporto tra ogni uomo e Dio, ma è incluso in esso”. “È questo che fa della politica una forma alta della carità, ma anche una missione di testimonianza del Vangelo per tutti”. (A.L.)

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    Ucraina: visita di una delegazione anglicana per rafforzare il dialogo interreligioso

    ◊   Il principale obiettivo delle comunità religiose, specialmente quelle in Ucraina, dovrebbe esser la ricerca dell’unità”, così il cardinale Lubomyr Husar, arcivescovo di Kiev, ha commentato la visita che una delegazione della Comunione anglicana ha compiuto ieri in Ucraina al fine di implementare la collaborazione sui temi morali e sociali che più coinvolgono le società in Europa. Il vescovo anglicano di Wakefield, Stephen George Platten, che ha guidato la delegazione, ha definito la visita nel suo complesso “un inizio positivo e un impegno per una fruttuosa collaborazione tra gli anglicani e le comunità delle varie denominazioni cristiane in Ucraina”. Al termine dell’incontro tra i leader anglicani e cattolici è stata espressa “gratitudine reciproca per l’opportunità creatasi di poter approfondire la conoscenza riguardo la cooperazione tra le comunità religiose in Ucraina”. Nell’incontro con il porporato, il vescovo di Wakefield era accompagnato dal segretario per le attività ecumeniche del primate della Comunione anglicana, il reverendo Jonathan Gudall; dal presidente della Commissione per l’ecumenismo della Chiesa greco-cattolica in Ucraina, padre Ihor Shaban; e dal rappresentante della comunità evangelica in Georgia, Malkhaz Songulashvili. La delegazione anglicana ha compiuto poi una visita alla sede della nunziatura apostolica della Santa Sede a Kiev e ha incontrato anche il patriarca Filarete, primate della Chiesa ortodossa ucraina - Patriarcato di Kiev. I leader anglicani e quello ortodosso hanno avuto uno scambio di opinioni sulle prospettive del dialogo tra le comunità cristiane e le sfide che devono affrontare nell’odierno contesto europeo. I leader anglicani hanno peraltro dichiarato di voler approfondire la conoscenza riguardo le attività del Consiglio Panucraino delle Chiese e delle Organizzazioni Religiose. I membri della delegazione anglicana sono stati infine ricevuti nella residenza del monastero delle Grotte di Kiev dal metropolita Vladimiro della Chiesa ortodossa ucraina - Patriarcato di Mosca. (M.R.)

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    I nuovi media tra Chiesa e giovani al Forum della comunicazione sociale al Regina Apostolurum

    ◊   La comunicazione giovanile nell’era digitale è stato il tema di un convegno che si è svolto ieri all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, con il patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura. Obiettivo del forum è stato quello di dare una risposta alle parole del Papa sull’uso della Chiesa dei nuovi linguaggi e delle nuove tecnologie per comunicare a tutte le genti il Vangelo di salvezza. Tra i numerosi interventi mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina, ha analizzato il rapporto tra giovani, mass media e libertà. Il riferimento è stato ai grandi movimenti di popolo nell’Africa mediterranea, che hanno dimostrato come la libertà sia “la domanda di giustizia di gran lunga più sentita dai giovani”. E in questa lotta dagli esiti incerti, i mass media possono essere “un grande sostegno o un affossamento definitivo”. Mons. Paul Tighe, Segretario del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, nel suo discorso ha parlato invece di “divario digitale”, sottolineando come “oggi il confronto tra le generazioni sembra essere determinato soprattutto da un’accelerazione tecnologica che impone un diverso ‘linguaggio’, o meglio un diverso modo di esprimersi, ma anche una differente cultura”. E se per i giovani la connessione con il resto del mondo è scontata, per le altre generazioni “è miracolosa” e quegli stessi strumenti, come internet, “hanno il valore di un vero e proprio ‘dono’, concesso all’umanità per approfittare delle innumerevoli potenzialità che ne derivano”. (M.R.)

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    24 Ore nel Mondo



    Libia: raid della coalizione su Tripoli, prosegue l'assedio a Misurata

    ◊   Secondo giorno del vertice dei ministri degli Esteri della Nato a Berlino, dove si tenta di superare le differenze profonde sul campagna militare in Libia. Intanto, sul terreno proseguono sia il sanguinoso assedio di Misurata da parte delle truppe fedeli a Gheddafi, sia i raid dell’Alleanza su obiettivi strategici nei pressi di Tripoli. Il servizio di Marco Guerra:

    Si stringe l’assedio delle truppe di Gheddaffi intorno a Misurata, terza città del Paese e ultima roccaforte degli insorti in Tripolitania. Secondo i residenti della città, sono almeno 120 i razzi sparati oggi. Fonti mediche parlano di otto nuovi morti, tra cui donne e bambini. Si combatte anche nella parte occidentale di Adjabiyah, dove il fuoco dei governativi ha ucciso almeno un ribelle e ferito altri due. E non danno tregua neanche gli aerei della Nato, che in mattinata hanno compiuti tre raid sulla capitale libica Tripoli e negli immediati dintorni. L'emittente araba al-Jazeera, riferisce che, tra i vari obiettivi, è stato colpito un deposito di missili. Giornata convulsa anche a Berlino, durante la quale i ministri degli esteri della Nato si sono nuovamente riuniti per superare l’impasse che vede molti Paesi dell’alleanza non disponibili a fare più di quello che stanno già facendo. L’ordine del giorno comprende anche incontri con i funzionari di Ucraina e Georgia, e con il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov. In particolare, si cercherà di trovare una sintesi tra chi, come Spagna e Italia, vorrebbe armare gli insorti escludendo la propria partecipazione ai bombardamenti, e chi, come Francia e Gran Bretagna in primis, spinge per un maggior impegno militare della Nato. Fuori discussione al momento qualsiasi intervento sul terreno, mentre sono tutti d’accordo con quanto detto, in un articolo comune, da Obama, Cameron e Sarkozy, secondo i quali è impossibile “immaginare che la Libia abbia un avvenire con Gheddafi'', mentre va rifiutato “qualsiasi compromesso che lasci al potere” il rais. A turbare un quadro già complesso arriva anche il messaggio video del numero due di al Qaida, al-Zawahiri, che esorta i musulmani del Nord Africa a “combattere sia i mercenari di Gheddafi sia la Nato''.

    Immigrazione, nuovi sbarchi a Lampedusa
    Dopo una tregua di circa 24 ore, sono ripresi gli sbarchi nell'isola italiana di Lampedusa. Un barcone con a bordo 46 tunisini è stato soccorso da una motovedetta della Guardia di finanza. Un’altra imbarcazione è attesa per le prossime ore. Il servizio di Gabriele Papini:

    Altra notte di sbarchi a Lampedusa. Una motovedetta della Guardia di finanza ha intercettato un'imbarcazione con a bordo 46 tunisini. Il pessimo stato del natante ha fatto sì che i militari trasbordassero i migranti sulla motovedetta. Nel frattempo il servizio di pattugliamento del Canale di Sicilia ha avvistato un altro barcone con a bordo circa 300 profughi partiti dalla Libia e in arrivo nelle prossime ore. Alta tensione nel centro di prima accoglienza sull’isola, dove ieri si è registrata la protesta di un centinaio di migranti contro i rimpatri avviati sulla base dell'accordo tra l’Italia e le autorità di Tunisi. “Accelerare i negoziati con i paesi del Nord Africa e in particolare con la Tunisia, per stringere accordi operativi ed organizzare pattugliamenti congiunti”: è quanto scrive il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, in una lettera inviata al commissario europeo per gli Affari interni, Cecilia Malmstrom, ed alla presidenza di turno ungherese dell’Ue. In attesa del vertice italo-francese sul tema dell’immigrazione, in programma a fine mese, Parigi suggerisce di far sì che Frontex, la missione europea, non porti in Europa i migranti intercettati a Lampedusa ma li rimpatri in Tunisia. Soluzione che ha riscosso subito il consenso del ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini.

    Siria
    Cresce la pressione internazionale sulla Siria, accusata di reprimere le proteste con l’aiuto dell’Iran. Per alleggerire la tensione, ieri il presidente Assad ha annunciato la nascita di un nuovo governo e la scarcerazione di centinaia di prigionieri politici. Ma nonostante le aperture del presidente Assad, si è tenuto dell’odierno “venerdì della tenacia” segnato da manifestazioni contro il governo in tutto il Paese. Intanto, l'organizzazione di difesa dei diritti umani Human Rights Watch (HRW) accusa i Servizi di sicurezza siriani di aver torturato numerosi manifestanti fra le centinaia di arrestati dall’inizio delle contestazioni.

    Egitto
    La procura de Il Cairo, chiamata a giudicare l’ex presidente Mubarak, ha smentito che sia stata fissata una data per il processo all’ex capo di Stato e ai suoi due figli, detenuti quest’ultimi in un carcere della capitale. Viene definito “stabile e rassicurante” lo stato di salute di Mubarak, colpito nei giorni scorsi da una crisi cardiaca. Lo ha rivelato una fonte medica, confermando che l’ex-raìs si trova ancora nell’ospedale internazionale di Sharm el Sheikh.

    Bahrein
    Il ministro della Giustizia ha intrapreso un’azione per la dissoluzione di due partiti sciiti di opposizione, l’"Associazione islamica" e "al Wefaq". Quest’ultimo in particolare, principale gruppo di opposizione in parlamento, è accusato di aver “violato alcuni articoli della Costituzione e le leggi in vigore”, allo scopo di “turbare la pace e l’ordine sociale”. In questi giorni, le organizzazioni per i diritti umani denunciano le percosse subite da diversi esponenti di opposizione in seguito alle proteste avvenute nel Paese il mese scorso.

    Marocco
    Il sovrano, Mohammed VI, ha graziato 190 detenuti politici, esponenti di movimenti islamisti, in risposta ad un memorandum presentatogli dal Consiglio nazionale dei diritti dell’uomo (Cndh). Solo 96 dei ‘graziati’ tuttavia, saranno liberati nell’immediato. Gli altri si sono visti ridurre le pene detentive “in modo considerevole”.

    Tribunale penale internazionale condanna ex generale croato
    L'ex generale croato, Ante Gotovina, è stato condannato a 24 anni di carcere dal Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia. Gotovina è stato riconosciuto colpevole di crimini di guerra e crimini contro l'umanità compiuti nel ’95 sui civili serbi in Croazia.

    G20, economia
    Non sono incoraggianti i dati sulla crisi economica che emergono dai lavori del G20, iniziato ieri a Washington. Ad esprimere le maggiori preoccupazioni per l’oscillante andamento della ripresa è stato il direttore generale del Fondo monetario internazionale (Fmi), Strauss-Kahn. Tra gli impegni che i grandi del mondo sono chiamati ad assolvere c’è la necessità di mettere a punto un sistema di regole per prevenire e gestire eventuali crisi future, anche dal punto di vista finanziario. Il servizio da New York di Elena Molinari:

    “Siamo ancora al centro della crisi”. E’ una voce fuori dal coro quella del direttore generale del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn, che ieri da Washington ha descritto una ripresa “squilibrata” perché senza lavoro. Strauss-Kahn ha lanciato in particolare l’allarme per i giovani: “Il vero rischio è per loro - ha detto - servono politiche per l’occupazione. Nessun minuto da perdere compiacendosi della strada fatta, bisogna mettere in atto misure urgenti”. Il direttore del Fondo si rivoleva ai governi dei Paesi del G20, arrivati ieri nella capitale Usa per definire nel dettaglio linee guida per prevenire e gestire crisi future. “E’ sulla base della consapevolezza che siamo solo a metà dal guado che il G20 cercherà da oggi di mettere a punto un metodo e una serie di indicatori destinati ad individuare segnali di crisi e di squilibrio che facciano suonare un campanello d’allarme”. Spetterà al G20 anche parlare di riforme del sistema monetario e di flussi di capitali oltre che del rincaro dei prezzi delle materie prime in tutto il mondo. Inevitabile anche il dibattito sulla regolamentazione del sistema finanziario, con la paura di una fuga delle banche regolamentate da parte del settore a quelle non regolate.

    Grecia economia
    La Grecia risolverà i propri problemi economici senza ristrutturare il debito ma "ristrutturando il Paese". Lo ha dichiarato il primo ministro ellenico, George Papandreou, presentando il suo piano di riforme anticrisi. Intanto, nel Paese continua a salire il numero dei senza lavoro: nel mese di gennaio il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 15,1%, dal 13,1% di gennaio 2010.

    Italia, allarme inflazione
    Il tasso d'inflazione a marzo è salito in Italia al 2,5%, dal 2,4% di febbraio. Lo rileva l'Istat confermando le stime provvisorie e aggiungendo che l'aumento dei prezzi su base mensile è pari allo 0,4%. A livello europeo, invece, il costo della vita ha segnato una crescita del 2,7%. Sentiamo Alessandro Guarasci:

    I portafogli degli italiani sono sempre più leggeri. Il tasso tendenziale risulta il più alto dal novembre del 2008, quando l'inflazione si attestò al 2,7%. L'aumento dei prezzi al consumo risente dei rialzi sui beni energetici non regolamentati, come i carburanti, e sugli alimentari. Se si va a vedere quello che è il carrello di tutti i giorni, l’inflazione ha raggiunto il 3,2%. Sulle conseguenze per famiglie e imprese il commento dell’economista Luigi Campiglio.

    R. - Questo accrescerà ulteriormente le difficoltà delle famiglie e probabilmente comporterà dei processi di risistemazione interna della spesa disponibile, che potrebbero non essere un buon segnale per le imprese che producono.

    D. – A questo punto lei che cosa suggerirebbe: una manovra fiscale per venire incontro alle esigenze delle famiglie, fermando, tra l’altro, questo vizio di ritoccare ogni volta le accise dei carburanti?

    R. – E’ vero che i prezzi del petrolio sono aumentati in modo considerevole, ma l’ordine di grandezza dell’aumento è all’incirca lo stesso ordine di grandezza di rivalutazione dell’euro sul dollaro, e dato che il petrolio è pagato in dollari, la domanda è: di quanto è realmente variato il prezzo in euro di un barile di petrolio? Non credo sia variato di tantissimo. E’ un aumento che andrebbe a maggior ragione giustificato ai cittadini consumatori.

    Per le Associazioni dei consumatori ogni famiglia rischia di spendere oltre 1800 euro in più. In compenso vanno bene le entrate tributarie, nei primi due mesi dell’anno cresciute del 5,4% rispetto a un anno fa. Sotto controllo il debito pubblico, a febbraio calato di quattro miliardi.(ap) (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Gabriele Papini)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 105

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