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Sommario del 13/04/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI: non sono gli eroismi a fare la santità, ma l'amore vissuto nella vita di tutti i giorni
  • Nomine
  • Presentato in Vaticano “YouCat”, il sussidio al Catechismo per la Gmg di Madrid
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Immigrazione. Pantelleria: annegate due donne. Mantovano: 10 mila permessi temporanei
  • Messico: rinvenute nuove fosse comuni. Il governo accusa i narcotrafficanti
  • Allarme nucleare in Giappone. L'Aiea: Fukushima e Chernobyl, due casi diversi
  • Giornata di studio sui "martiri per la giustizia" nel Sud d'Italia: Livatino, Puglisi, Diana
  • Convegno a Roma sul cardinale Giuseppe Siri: gli interventi di Bertone e Bagnasco
  • Torna a Loreto la Rassegna di musica sacra "Virgo Lauretana"
  • Chiesa e Società

  • Libia: le Chiese cristiane di Tripoli chiedono “un immediato e incondizionato cessate il fuoco"
  • Immigrazione. I vescovi lombardi: giusto chiedere la solidarietà dell’Europa
  • Appello in difesa dei giornalisti in rivolta per la democrazia nei Paesi del Mediterraneo
  • Il patriarca latino di Gerusalemme: “I governi hanno timore dei giovani arabi”
  • India: Venerdì Santo marcia e preghiera per le vittime dei crescenti attacchi anticristiani
  • Pakistan: la Masihi Foundation chiede di accendere una candela per Asia Bibi il 20 aprile
  • Emergenza in Costa d’Avorio: aiuti dell’Unicef nella capitale Abidjan
  • Caritas Internationalis lancia la nuova edizione del “Progetto Sfera” per le crisi umanitarie
  • Giappone: l'impegno dei francescani per i terremotati
  • Rapporto negli Usa: in ulteriore calo le denunce di abusi da parte del clero
  • Bolivia: sono due milioni i bambini poveri e sfruttati sul lavoro
  • Messico: la Chiesa chiede chiarezza dopo il ritrovamento di tanti corpi massacrati a Matamoros
  • Droga: risoluzione dell’Italia approvata da Consiglio Ue e dalla Commissione Onu
  • Cina: la comunità cattolica continua il suo cammino quaresimale con profonda spiritualità
  • Azerbaigian: proibita ogni attività ai gruppi religiosi non registrati e i permessi tardano
  • Svizzera: i vescovi chiedono ai fedeli di sostenere l’Action de Carême
  • Irlanda: per i vescovi l’educazione non è mai neutra rispetto ai valori
  • Belgio-Francia: al via un nuovo partenariato tra le tv cattoliche
  • E' nata Radio Jmj, la web radio dei Paolini che racconterà la Gmg di Madrid
  • Gmg 2011: a Madrid 300 iniziative culturali
  • 24 Ore nel Mondo

  • Libia. Assedio a Misurata. Coalizione divisa sugli aiuti agli insorti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI: non sono gli eroismi a fare la santità, ma l'amore vissuto nella vita di tutti i giorni

    ◊   I Santi ci dicono che “è possibile per tutti” percorrere la loro stessa strada, quella della santità. Benedetto XVI lo ha ribadito durante la catechesi all’udienza generale di questa mattina in Piazza San Pietro. Con una lunga e sentita riflessione sul tema, il Papa ha terminato il ciclo di catechesi dedicate alle figure più importanti dell’antichità cristiana. Quindi, in inglese, il Pontefice ha inviato un videomessaggio di saluto ai partecipanti al terzo Raduno nazionale delle famiglie di Melbourne. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    La storia cristiana è fatta di Santi-icona, le stelle brillanti del firmamento della Chiesa. Ed è fatta di santi nascosti, senza altari, devozioni né eroismi visibili, che però fanno luce con la loro bontà alle persone che incontrano; persone che talvolta possono essere il Papa stesso. Lo ha confidato Benedetto XVI in uno dei passaggi spontanei e più intensi dell’udienza generale, tutta dedicata a una nuova spiegazione di un’antica verità: che la santità è per chiunque, purché si ami Dio e il prossimo. Indicando, verso la fine, nei Santi celebrati dalla Chiesa degli esempi certi da imitare, il Pontefice ha tuttavia fatto questa distinzione:

    “Per me non solo alcuni grandi santi che amo e che conosco bene sono ‘indicatori di strada’, ma proprio anche i santi semplici, cioè le persone buone che vedo nella mia vita, che non saranno mai canonizzate. Sono persone normali, per così dire, senza eroismo visibile, ma nella loro bontà di ogni giorno vedo la verità della fede. Questa bontà, che hanno maturato nella fede della Chiesa, è per me la più sicura apologia del cristianesimo e il segno di dove sia la verità”.

    Di una strada che è giusto ritenere impegnativa, ma sbagliato considerare impercorribile, il Pontefice ha sfatato anzitutto il primo errore. “Spesso – ha osservato – si è portati ancora a pensare che la santità sia una meta riservata a pochi eletti”. Invece, San Paolo replica: il Santo è Gesù e allora chiunque, unendosi a Lui, può stare vicino, vedere, ascoltare e toccare Dio stesso:

    “La santità, la pienezza della vita cristiana non consiste nel compiere imprese straordinarie, ma nell’unirsi a Cristo, nel vivere i suoi misteri, nel fare nostri i suoi atteggiamenti, i suoi pensieri, i suoi comportamenti. La misura della santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con la forza dello Spirito Santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla sua”.

    Ma bastano le forze umane, personali per rispondere alla chiamata alla santità? La risposta, ha detto il Pontefice, “è chiara”. La forza viene dall’alto ed entra nell’uomo per grazia, tramite i Sacramenti, a cominciare dal Battesimo:

    “Una vita santa non è frutto principalmente del nostro sforzo, delle nostre azioni, perché è Dio, il tre volte Santo (cfr Is 6,3), che ci rende santi, è l’azione dello Spirito Santo che ci anima dal di dentro, è la vita stessa di Cristo Risorto che ci è comunicata e che ci trasforma (...) Ma Dio rispetta sempre la nostra libertà e chiede che accettiamo questo dono e viviamo le esigenze che esso comporta, chiede che ci lasciamo trasformare dall’azione dello Spirito Santo, conformando la nostra volontà alla volontà di Dio”.

    Ma come si fa, si è domandato a questo punto il Papa, a conformare le azioni personali a quelle di Cristo? Qui, Benedetto XVI ha risposto con il Concilio Vaticano II, per il quale la santità “non è altro che la carità pienamente vissuta”. E ciò vuol dire vivere secondo lo stile e i doveri propri del cristianesimo, che il Pontefice ha raccomandato con particolare calore:

    “Essenziale è non lasciare mai una domenica senza un incontro con il Cristo Risorto nell'Eucaristia; questo non è un peso aggiunto, ma è luce per tutta la settimana. Non cominciare e non finire mai un giorno senza almeno un breve contatto con Dio (…) seguire, nelle decisioni, gli ‘indicatori stradali’ che Dio ci ha comunicato, che sono solo forme di carità”.

    Noi cristiani, ha affermato il Papa, siamo come “tessere del grande mosaico di santità che Dio va creando nella storia”. E dunque, ha concluso:

    “Non abbiamo paura di tendere verso l’alto, verso le altezze di Dio; non abbiamo paura che Dio ci chieda troppo, ma lasciamoci guidare in ogni azione quotidiana dalla sua Parola, anche se ci sentiamo poveri, inadeguati, peccatori: sarà Lui a trasformarci secondo il suo amore”.

    Di rilievo, al termine della catechesi in lingua inglese, il saluto in videomessaggio inviato da Benedetto XVI a coloro che, tra venerdì e domenica prossimi, prenderanno parte al terzo Raduno nazionale delle famiglie di Melbourne:

    “This important event is an occasion…
    Questo importante evento è per voi un'occasione non solo per testimoniare i legami di affetto all'interno delle singole famiglie, ma anche per approfondirli con la più ampia famiglia di Dio, che è la Chiesa, così da diventare protagonisti di una nuova umanità, di una rinnovata cultura di amore e di unità, di vita e di stabilità, dando gloria a Dio nostro Padre in ogni momento”.

    Il Pontefice ha inviato un saluto particolare, tra gli altri, alle religiose di diverse Congregazioni che partecipano al corso promosso dall’USMI e alle Suore Pie Discepole del Divin Maestro, riunite in Capitolo generale.

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    Nomine

    ◊   Benedetto XVI ha eretto la provincia ecclesiastica di Pelotas (Brasile) elevando a chiesa metropolitana la sede vescovile di Pelotas ed assegnandole come suffraganee le diocesi di Bagé e Rio Grande, finora appartenenti alla provincia ecclesiastica di Porto Alegre. Il Papa ha nominato primo arcivescovo metropolita di Pelotas mons. Jacinto Bergmann, finora vescovo di Pelotas. Mons. Jacinto Bergmann è nato il 29 ottobre 1951 nel municipio di Alto Feliz, nello Stato di Rio Grande do Sul. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 20 ottobre 1976. L’8 maggio 2002 è stato nominato vescovo titolare di Ausuccura e ausiliare di Pelotas ed il 14 luglio successivo ha ricevuto l’ordinazione episcopale. Il 15 giugno 2004 è stato trasferito alla diocesi di Tubarão, nello Stato di Santa Catarina. Ha svolto l’incarico di vescovo responsabile per le Comunicazioni Sociali del Regionale Sul 3 della Conferenza nazionale dei vescovi brasiliani (2002-2004) e di vescovo coordinatore della Commissione episcopale biblico-catechetica e missionaria dello Stato di Santa Catarina (2004-2009). Il 1° luglio 2009 è stato nominato vescovo di Pelotas.

    Il Santo Padre ha eretto la provincia ecclesiastica di Santa Maria (Brasile), elevando a chiesa metropolitana la sede vescovile di Santa Maria ed assegnandole come suffraganee le diocesi di Uruguaiana, Cruz Alta, Santo Ângelo, Santa Cruz do Sul e Cachoeira do Sul, finora appartenenti alla provincia ecclesiastica di Porto Alegre. Il Papa ha nominato primo arcivescovo metropolita di Santa Maria mons. Hélio Adelar Rubert, finora vescovo di Santa Maria. Mons. Hélio Adelar Rubert è nato l’11 maggio 1945 a Sobradinho, nell’attuale diocesi di Cachoeira do Sul, Stato di Rio Grande do Sul. Il 18 dicembre 1971 è stato ordinato sacerdote e incardinato nella diocesi di Santa Maria. Il 4 agosto 1999 è stato nominato vescovo titolare di Flenucleta e ausiliare di Vitória, ed ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 3 ottobre successivo. Il 24 marzo 2004 è stato nominato vescovo di Santa Maria.

    Il Santo Padre ha eretto la provincia ecclesiastica di Passo Fundo (Brasile), elevando a chiesa metropolitana la sede vescovile di Passo Fundo ed assegnandole come suffraganee le diocesi di Vacaria, Frederico Westphalen e Erexim, finora appartenenti alla provincia ecclesiastica di Porto Alegre. Il Papa ha nominato primo arcivescovo metropolita di Passo Fundo mons. Pedro Ercílio Simon, finora vescovo di Passo Fundo. Mons. Pedro Ercílio Simon è nato a Lagoa Vermelha, Ibiaçá nella diocesi di Vacaria, nello Stato di Rio Grande do Sul, il 19 settembre 1942. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 12 dicembre 1965. Il 5 luglio 1995 è stato nominato vescovo di Uruguaiana. Il 16 settembre 1998 è stato trasferito alla diocesi di Passo Fundo come coadiutore e il 19 maggio 1999 ne è divenuto ordinario. Nell’ambito della Conferenza episcopale regionale Sul 3 è stato responsabile per l’accompagnamento pastorale della pastorale liturgica, della pastorale vocazionale, dei seminari e della pastorale presbiterale. Dal 2001 al 2004 è stato segretario regionale dei vescovi dello Stato di Rio Grande do Sul.

    La provincia ecclesiastica di Porto Alegre (Brasile) conserva le diocesi suffraganee di Caxias do Sul, Novo Hamburgo, Osório e Montenegro.

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    Presentato in Vaticano “YouCat”, il sussidio al Catechismo per la Gmg di Madrid

    ◊   Presentato stamani, in Sala Stampa vaticana, “YouCat”, il sussidio al Catechismo della Chiesa Cattolica per i Giovani, preparato per i partecipanti alla Gmg di Madrid. Una copia di “YouCat” è stata consegnata al Papa da un gruppo di giovani, a margine dell’udienza generale di stamani. Alla conferenza stampa, sono intervenuti tra gli altri il cardinale Stanisław Ryłko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici; il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, e l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Sull’evento ci riferisce Alessandro Gisotti:

    Un nuovo e valido contributo per rendere più salda la fede dei giovani: è questo l’obiettivo che si prefigge “YouCat”, il sussidio al Catechismo della Chiesa Cattolica, articolato in 527 domande e risposte. Un libro tradotto innanzitutto nelle 6 lingue ufficiali della Gmg, per raggiungere già quest’anno un numero molto più ampio, che verrà distribuito in 700 mila copie per il grande raduno giovanile di Madrid. Il cardinale Rylko ha sottolineato che “YouCat” non sostituisce il Catechismo, pur traducendone i contenuti con metodo rigoroso e fedele e con un linguaggio adeguato ai giovani. Per il porporato polacco si tratta piuttosto di “un’apristrada” al Catechismo:

    “Educare i giovani a studiare con impegno YouCat è un passaggio fondamentale per aiutarli a capire che la fede non è un’ispirazione spirituale soggettiva, né un semplice sentimento religioso o un’ideologia, ma un metodo di conoscenza della verità, un incontro con un avvenimento, con una Persona viva che si chiama Gesù Cristo”.

    Esigenza ancor più sentita oggi, ha proseguito il cardinale Rylko, in un tempo nel quale la fede corre il “rischio del soggettivismo e del relativismo”. In molti, infatti, ha osservato “compongono il loro mix di credenze, scegliendole e scartandole arbitrariamente, riducendole così a sole opinioni”. Di qui la necessità di una “vera educazione alla fede dei giovani”. Dal canto suo, il cardinale Schönborn, tra i principali promotori dell’iniziativa, ha messo l’accento sulla sfida di realizzare un testo di catechismo, frutto della collaborazione tra ragazzi e teologi e che rispondesse proprio alle esigenze del mondo giovanile:

    “E’ diventata un’avventura incredibile, ed è un miracolo che sia oggi nelle vostre mani un catechismo di giovani fedele al Catechismo della Chiesa cattolica ma, ciò nonostante, in un linguaggio che è passato attraverso due lunghe estati di lavoro su ogni parola, su ogni domanda …”.

    Il porporato austriaco ha ribadito quanto “YouCat” sia utile ai giovani cristiani che oggi vivono un’esperienza di minoranza nelle loro società secolarizzate. Poi, ha rivolto un pensiero speciale a Benedetto XVI:

    “Grazie al Santo Padre, perché è lui che si è interessato fin dall’inizio di questa iniziativa; ha sentito che questa iniziativa è importante; si è interessato, l’ha seguita, l’ha incoraggiata e, alla fine, ha dato quella prefazione che dà lo slancio a 'YouCat' per tutta la Chiesa, per tutto il mondo”.

    Nel suo intervento, l’arcivescovo Fisichella ha notato come il catechismo sia oggi essenziale “per la vita delle nuove generazioni, avvolte troppo spesso da un contesto culturale di grande frammentarietà che impedisce loro di avere una visione unitaria della vita”. Si è quindi soffermato sul valore di “YouCat”:

    “YouCat non è solo un’ottima mediazione del Catechismo della Chiesa Cattolica. Esso corrisponde anche a un’esigenza del momento presente che deve saper presentare in un linguaggio semplice, completo e soprattutto accessibile ai giovani il patrimonio di fede che da sempre e in ogni luogo i cristiani professano”.

    “YouCat”, ha soggiunto, coniuga insieme “interrogativi del mondo giovanile ed esigenze della fede”. E’ inoltre uno strumento utile al progetto di nuova evangelizzazione. E ciò, ha affermato il presile, “soprattutto per quei giovani che vivendo” in Paesi di tradizione cristiana “verificano l’allontanamento di tanti coetanei della fede, dalla comunità e dalla stessa religione”.

    Rispondendo alle domande dei giornalisti, il cardinale Schönborn ha riconosciuto che ci sono stati problemi in alcune traduzioni dal tedesco, come nel caso dell’edizione italiana. In particolare, ha detto, è stata già disposta un’errata corrige laddove alla domanda n. 420 si parla di metodi anticoncezionali, mentre si intende metodi naturali di regolazione della fertilità. Anche sulla domanda relativa all’eutanasia si riscontra un difetto di traduzione. Per questo, ha detto l’arcivescovo di Vienna, è stato deciso, in seno alla Congregazione per la Dottrina della Fede, di costituire un gruppo di studio che esaminerà le osservazioni che gli perverranno, provvedendo dove necessario a correzioni delle diverse traduzioni. Alla conferenza stampa, sono intervenuti anche Bernhard Meuser, promotore ed editore tedesco di “YouCat”, e due giovani, dei 50, che hanno preso parte alla realizzazione dell’opera.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Tutti i santi del Papa: all’udienza generale Benedetto XVI ricorda che l’amore è l’anima della vita cristiana.

    L’esperimento di Riace: in prima pagina, Lucetta Scaraffia su una risposta positiva al problema dell’immigrazione.


    Il vero amico si vede nel momento del bisogno: nell’informazione internazionale, il ringraziamento del primo ministro giapponese, Naoto Kan, per gli aiuti del dopo terremoto.


    Il sangue e il cacao: Pierluigi Natalia sulla crisi in Costa d’Avorio.

    Ma una storia non ideologica si può scrivere: in cultura, una sintesi della recensione dell’arcivescovo Agostino Marchetto (che uscirà sulla rivista “Annuarium Historiae Conciliorum”) al libro di Roberto de Mattei “Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta”; con una nota dal titolo “E ‘Avvenire’ ha criticato la decostruzione del Magistero”.

    Doppia fedeltà attraverso l’educazione: anticipazione della relazione di Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte costituzionale, a un seminario, a Roma, sui 150 anni di presenza salesiana in Italia.

    Un articolo di Antonio Paolucci dal titolo “All’ombra di Raffaello le meraviglie di Fabergé”: anche le celebri uova tra i capolavori degli zar esposti ai Musei Vaticani.

    A lezione di ospitalità dal popolo di Argo: Louis Godart, consigliere per i Beni culturali del presidente della Repubblica italiana, sulle migrazioni di popoli nel Mediterraneo di venticinque secoli fa.


    Accogliere e difendere la libertà religiosa: nell’informazione religiosa, l’intervento al Consiglio d’Europa del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso.

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    Oggi in Primo Piano



    Immigrazione. Pantelleria: annegate due donne. Mantovano: 10 mila permessi temporanei

    ◊   Tragedia nel mare di Pantelleria. Due donne, che erano bordo di un barcone di immigrati partito dalla Libia, sono morte a pochi metri dalla riva. Sull’immigrazione è intervenuto anche il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, convinto che tale emergenza ''dovrebbe e deve essere l'occasione perchè l'Italia abbia una sola voce verso l'Europa”. Alessandro Guarasci:

    Per l’immigrazione serve una “convergenza d'azione” che sia “rapida e concreta”. Lo afferma il cardinale Angelo Bagnasco, convinto che costituire “una voce unitaria” in un “momento di emergenza”, è necessario “non solo per l'Europa e per il Paese, ma per tanta gente che in condizioni disperate arriva sulle nostre coste”. Anche il presidente della Repubblica Napolitano chiede “soluzioni concordate a livello europeo” e nel contempo definisce “altamente apprezzabili” le “preoccupazioni che si riflettono nelle dichiarazioni dei massimi vertici della Chiesa italiana sul tema degli immigrati”. Oggi intanto l’ennesima tragedia. Due donne sono morte, dopo essersi gettate in acqua da un barcone con 250 immigrati partiti cinque giorni fa dalla Libia. Il dramma è avvenuto a pochi metri dall’isola di Pantelleria. Ad aiutare questi disperati, marinai, carabinieri e semplici cittadini. Il vice parroco di Pantelleria, don Nicola:

    R. - “Sono stati raggruppati in un centro ed hanno provveduto a procurar loro dei vestiti, perchè erano tutti bagnati. I bambini sono stati portati in ospedale per essere assistiti”.

    Intanto il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano annuncia che tra dieci giorni saranno consegnati diecimila permessi di soggiorno temporaneo. Gli immigrati potranno poi così circolare in Europa? Sentiamo lo stesso Mantovano:

    R. - Questo permesso di soggiorno è equivalente a qualsiasi altro titolo di soggiorno per la libera circolazione. E’ ovvio che poi, per stabilirsi ci vorranno altre condizioni - un lavoro - però questo è un passaggio successivo. Ricordo che ci sono nazioni europee - come la Svezia e la Finlandia - che hanno un’offerta di lavoro che potrebbe incrociarsi col tipo di disponibilità e di profilo che hanno questi tunisini.

    D. - Anche lei è convinto che per gestire la questione immigrati dal Nord Africa serva un approccio più europeo?

    R. - Fa veramente male vedere da un lato l’impegno che non conosce soste da parte dell’Italia dentro e fuori i confini nazionali: penso al campo di accoglienza realizzato in poche ore al confine tra la Libia e la Tunisia già da oltre un mese per 10 mila persone, penso agli aiuti umanitari mandati a Bengasi, mentre altri mandano bombe sulla Libia. E penso ancora ai 28 mila - non soltanto tunisini ma anche profughi libici, che sono partiti in molti dal loro Paese - che per mesi hanno trovato accoglienza e distribuzione sul territorio nazionale. Dagli altri Paesi europei finora abbiamo avuto soltanto rimbrotti e richiami. Se esiste un pilastro dell’Unione Europea che si chiama “immigrazione”, questo pilastro dovrebbe valere come vale l’integrazione sul piano economico e finanziario.

    D. - Oggi e ieri alcuni suoi colleghi leghisti hanno detto che, tutto sommato, non sarebbe poi così male sparare agli immigrati. Lei come risponde?

    R. - Sembrano battute che, in questo momento, non solo non hanno fondamento nel buon senso e nel diritto, ma non servono certamente ad arrivare a quel clima di equilibrio e di responsabilità che è indispensabile per affrontare un’emergenza così forte. (vv)

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    Messico: rinvenute nuove fosse comuni. Il governo accusa i narcotrafficanti

    ◊   Cresce il numero delle vittime causate, in Messico, dalla cruenta lotta tra i cartelli del narcotraffico. Almeno 11 cadaveri sono stati rinvenuti in cinque nuove fosse comuni nello Stato di Sinaloa. Questa scoperta si aggiunge a quella di 116 corpi ritrovati nel Tamaulipas. Al momento il governo ha messo sotto accusa una nota organizzazione che commercia in droga, denominata “Zeta”. La polizia ha già effettuato diversi arresti. Ma quale potere hanno queste organizzazioni, che, oltre agli stupefacenti, si dedicano anche ad altre attività criminose? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Stefano Femminis, direttore della rivista dei Gesuiti “Popoli”:

    R. – Ormai non è esagerato dire che quella che si sta combattendo in Messico è una vera e propria guerra. Pensiamo che, da quando si è insediato il presidente Caldéron, alla fine del 2006, le vittime stimate sono 35 mila. Quindi questi cartelli del narcotraffico hanno un potere enorme, si stanno combattendo tra loro per il controllo di quello che ormai è diventato il Paese chiave del narcotraffico che non è più tanto la Colombia ma è il Messico in quanto luogo di transito sia verso gli Stati Uniti, che comunque rimangono il mercato principale, sia verso anche gli stessi mercati europei. Il presidente Caldéron, fin dal suo insediamento, ha lanciato una guerra a tutto campo verso appunto il narcotraffico. Questa guerra, in realtà, se si guardano i dati, se si guardano le cronache, non sta ottenendo risultati anzi stanno aumentando le violenze.

    D. - Quello del cartello del narcotraffico rischia di diventare uno Stato nello Stato?

    R. – C’è indubbiamente un fenomeno di infiltrazioni, complicità … Sicuramente il Messico è anche un Paese che, purtroppo, ha livelli di corruzione molto elevati nelle stesse istituzioni. In più quello che avviene è che poi, di fatto, quando anche non c’è una complicità delle istituzioni però c’è in qualche modo un arretramento.

    D. – Non solo stupefacenti, sembra che queste organizzazioni si finanziano anche con altre attività criminose …

    R. – E’ vero. Chiaramente la merce principale, che poi dà anche fatturati straordinari, è la droga. Però ci sono altri settori: per esempio, certamente, il traffico di esseri umani, la gestione dell’immigrazione clandestina che transita dal Sudamerica, dal Centroamerica verso gli Stati Uniti è molto remunerativa. Questo lo si è capito, soprattutto, in questi ultimi mesi quando si sono scoperte delle vere e proprie fosse comuni. Questo e molti altri episodi simili confermano che i cartelli stanno ormai gestendo il traffico di esseri umani. Per cui ci sono tutti questi fenomeni di pagamento di cifre incredibili per essere trasportati da un Paese all’altro. Qui si chiamano “scafisti”, lì si chiamano “coyotes” ma di fatto la sostanza è la stessa. (bf)

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    Allarme nucleare in Giappone. L'Aiea: Fukushima e Chernobyl, due casi diversi

    ◊   Un’ennesima scossa di assestamento ha colpito il nord est del Giappone. L’epicentro del sisma, di magnitudo 5,8 gradi della scala Richter, è stato registrato nella prefettura di Fukushima, dove si trova la centrale nucleare danneggiata dal terremoto dello scorso 11 marzo e dal conseguente maremoto che hanno provocato, secondo un bilancio ancora provvisorio, almeno 13 mila morti e oltre 14 mila dispersi. Desta sempre maggiore preoccupazione l’emergenza nucleare. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Le autorità giapponesi hanno elevato il livello di pericolo da 5 a 7, il grado più alto nella scala dei disastri atomici, equiparandolo a quello nel 1986 della centrale nucleare di Chernobyl. Ma anche se i due incidenti sono stati catalogati allo stesso livello - rende noto l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) - la situazione a Fukushima è "completamente diversa" da quella di Chernobyl. Su analogie e differenze tra i due disastri, si sofferma il dott. Massimo Salvatori, vice presidente dell’Associazione Italiana Medicina Nucleare e docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore:

    R. – Questi indici di gravità di livello 7 indubbiamente generano confusione. Sicuramente, da un punto di vista tecnico - facendo riferimento alla scala degli eventi nucleari e radiologici sono equiparabili. Però, ovviamente, possiamo pensare fin da oggi, anche se forse è azzardato sbilanciarsi, che le conseguenze cliniche sulla salute saranno enormemente diverse. Un conto è l’emissione di una certa quota di radioattività nell’ambiente e un conto sono le conseguenze cliniche. Per le conseguenze cliniche concorrono tanti fattori. Non basta solo un certo quantitativo di radioattività emesso nell’ambiente. Faccio l’esempio di Chernobyl. A Chernobyl fu emessa una grossa quantità di radioattività nell’ambiente, però esistevano tante condizioni purtroppo sfavorevoli che hanno portato ad alcune gravi conseguenze, in particolare ai tumori tiroidei nei bambini. Per quanto riguarda Fukushima, la situazione è sicuramente diversa. Pur essendo di stesso livello tecnico, le conseguenze cliniche saranno sicuramente diverse.

    D. – Anche perché proprio l’Agenzia giapponese per la sicurezza nucleare ha subito precisato che le emissioni radioattive registrate dall’inizio della crisi equivalgono a circa il 10 per cento di quelle misurate nel 1986 a Chernobyl…

    R. – Esatto, e non solo questo dato è rilevante. Faccio un paragone con Chernobyl probabilmente calzante. I tumori della tiroide nei bambini furono determinati da una serie di circostanze. Primo: l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, all’epoca non aveva un programma di prevenzione del gozzo tiroideo con la diffusione dello iodio nell’alimentazione e, quindi, le tiroidi dei bambini erano molto ricettive allo iodio. Secondo: non fu attuato, a differenza della Polonia, un programma di blocco della tiroide nei bambini e terzo, cosa ancora più grave, i bambini continuarono a bere latte consumato e prodotto dalle fattorie locali. Era latte ottenuto da bestiame che aveva pascolato e si era nutrito di erba contaminata dalla ricaduta del fall out radioattivo. Questi tre eventi, clamorosamente sbagliati, concorsero a quelle conclusioni. Oggi questi errori non si rifarebbero più. L’equazione "quantità di radioattività emessa nell’ambiente e conseguenze cliniche" non è così diretta: pur essendo, da un punto di vista tecnico, la stessa gravità, le conseguenze cliniche non potranno essere sicuramente le stesse. L’esperienza di 25 anni fa ha insegnato molto in questo, a parte le condizioni sociopolitiche diverse, tecniche. A Chernobyl esplose la centrale e rimase attiva per tanti giorni una colonna di radioattività che si innalzò per decine di chilometri. Uno scenario enormemente diverso.

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    Giornata di studio sui "martiri per la giustizia" nel Sud d'Italia: Livatino, Puglisi, Diana

    ◊   “Il martirio rischia di diventare una realtà eterea se non si parla dei martiri”. Il richiamo giunge da Napoli, dove ieri si è svolta, presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale - sezione San Luigi - la 7.ma Giornata di studio sulla storia del cristianesimo, organizzata dall’Istituto storico “Cataldo Naro”. Al centro dei lavori - che hanno riunito studenti, docenti e semplici cittadini - le figure del giudice Rosario Livatino, di Don Pino Puglisi e don Beppe Diana, uccisi perché impegnati sul fronte della giustizia nel Sud. Filo rosso dell’incontro la condivisa affermazione che il martire non è un eroe, non testimonia il culto di sé, non agisce per impulso personale, ma con libertà e responsabilità sceglie di morire con e come Gesù Cristo per la giustizia. Ma quale immagine di queste tre figure si è voluta offrire in questa giornata di approfondimento? Antonella Palermo lo ha chiesto a Sergio Tanzarella, professore ordinario di Storia della Chiesa alla Facoltà teologica dell’Italia Meridionale:

    R. – E’ l’immagine di una testimonianza libera e di un contrasto alle associazioni criminali realizzato sul piano dell’educazione, dell’impegno al lavoro ed anche di una pastorale attenta alle condizioni della vita concreta dei cittadini.

    D. – C’è uno sguardo, ci sono parole che abbiamo dimenticato quando facciamo riferimento a figure come queste?

    R. – Anzitutto la giustizia: non tanto e non solo la legalità, ma soprattutto la giustizia. La ricerca di condizioni di libertà e di vita che al sud – ma non soltanto al sud – venivano allora e vengono oggi in qualche misure dimenticate.

    D. – Livatino, Beppe Diana, Pino Puglisi: persone di fede. Dall’opinione pubblica, anche non credente, come sono considerate?

    R. – Da un lato c’è il rischio della smemoratezza, dall’altro c’è il rischio di un ricordo rituale o a volte anche di un uso strumentale e superficiale, che non passa attraverso i loro scritti e la loro azione. L’errore potrebbe essere quello di circoscrivere il loro impegno e la loro memoria alla realtà meridionale o anche alle Chiese del Meridione. Ma in realtà non è così: sono figure che hanno, soprattutto in questo momento di celebrazioni talvolta un po’ pompose dell’Unità d’Italia, probabilmente da ricordare quale sia stato il prezzo altissimo che hanno pagato sacerdoti e uomini di fede – tutti e tre loro, ma non soltanto loro – per testimoniare la propria fede, senza altri aggettivi e senza altri orpelli. Questo non riguarda soltanto il Meridione, ma riguarda tutta l’Italia e soprattutto in questo momento nel quale si affermano, ancora una volta e circa da 20 anni, volontà di separazione, di persecuzione, di nuovi razzismi.

    D. – La parte conclusiva dell’incontro di studio ha avuto per titolo: “Non eroi ma martiri. La Chiesa sulla frontiera”. Qual è la differenza tra eroe e martire?

    R. – L’eroismo ha una diretta dipendenza dal modello greco. L’eroe è una sorta di superuomo e ciò che fa lo compie con capacità straordinarie, potremmo dire sovraumane; il martire, ciò che compie e ciò che professa, lo fa per grazia di Dio. E’ Dio che gli dà la forza ed egli è testimone di Gesù Cristo, ne ripercorre lo stesso cammino. C’è una differenza sostanziale e che dovrebbe apparire evidente se considerano appunto i contesti nei quali sono stati elaborati questi termini: oggi la confusione mette da parte tutto questo e fa diventare martiri anche coloro i quali svolgono altri impegni e altri lavori, talvolta non particolarmente in linea con il rispetto della dignità umana. (mg)

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    Convegno a Roma sul cardinale Giuseppe Siri: gli interventi di Bertone e Bagnasco

    ◊   Un “indiscusso protagonista della storia del Paese per alcuni decenni e, come tale, punto di riferimento e, insieme, segno di contraddizione”. Con queste parole il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, ha ricordato il cardinale Giuseppe Siri inaugurando ieri a Roma, presso l’Istituto Luigi Sturzo, il convegno intitolato: “Giuseppe Siri: Chiesa, cultura, politica da Genova al mondo”. Stamani è intervenuto il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, sottolineando le tre dimensioni del cardinale Siri: anima di Dio, padre dei suoi preti e grande pastore con un'attenzione peculiare per il mondo del lavoro. Sulla figura del cardinale Siri, arcivescovo di Genova dal 1946 al 1987 e presidente della Cei dal 1959 al 1965, Rosario Tronnolone ha intervistato mons. Antonio Guido Filipazzi, della segreteria scientifica del convegno:

    R. – Il cardinale Siri è morto nel 1989. La sua figura, però, risulta ancora poco approfondita, ancora poco studiata, ancora poco conosciuta. Lo scopo di questo convegno è quello di cercare di avvicinarsi sempre di più a questa figura, di coglierne gli aspetti molteplici e anche di superare certi stereotipi che ci sono attorno a questo personaggio della Chiesa.

    D. – Il Convegno ha come sottotitolo: “Chiesa, cultura, politica”. Ci sono alcune sottosezioni specifiche, che parlano proprio del rapporto tra il cardinale Siri e il mondo della cultura...

    R. – Il cardinale Siri è stato per formazione un teologo dogmatico e allo stesso tempo un esperto di dottrina sociale. Tutto questo gli ha dato, secondo me, gli strumenti che gli hanno permesso di leggere gli avvenimenti, le tendenze della società a partire dagli anni ’50 e di dare sempre una risposta sulla base dei principi che vengono dalla retta ragione e dalla Rivelazione. E su questa base, poi, ha potuto veramente affrontare tutti i temi che man mano si venivano ponendo nella società italiana.

    D. – Si è parlato anche di alcuni pregiudizi che probabilmente ancora esistono nei confronti del cardinale Siri...

    R. – Diciamo che sono due i pregiudizi. Il primo è intraecclesiale, che riguarda la posizione nei confronti del Concilio Vaticano II, di cui il cardinale Siri fu uno dei padri più in vista. E l’altro riguarda la questione che si pose tra la fine degli anni ’50 e gli inizi degli anni ’60 dell’apertura a sinistra, la cosiddetta “apertura a sinistra”, quindi il coinvolgimento allora dei socialisti nell’azione di governo, e la posizione che il partito dei cattolici, la Dc, assumeva nei confronti di questa prospettiva. Penso che l’insieme di questi due pregiudizi abbia fatto sì di etichettare il cardinale Siri nella schiera dei conservatori, per usare un termine sintetico. (ap)

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    Torna a Loreto la Rassegna di musica sacra "Virgo Lauretana"

    ◊   Torna a Loreto, nella Basilica della Santa Casa, la 51.ma edizione della Rassegna di musica sacra “Virgo Lauretana”, dal 27 aprile al 1° maggio. Cinque giorni all’insegna della polifonia sacra affidata a 13 cori provenienti da 12 nazioni diverse, selezionati dal direttore artistico cardinale Domenico Bartolucci. Alle esecuzioni in Basilica e al Teatro comunale si aggiungono quest’anno due fuori programma: il concerto dei 500 cantori al Cimitero polacco, in omaggio ai caduti della II Guerra Mondiale, e un concerto straordinario in preparazione al Congresso eucaristico nazionale, su musiche di Palestrina e Bartolucci. Gabriella Ceraso ne ha parlato con il vice direttore artistico e rettore della Basilica lauretana, padre Giuliano Viabile:

    R. – Secondo me, la caratteristica fondamentale è la qualità dei cori: quest’anno abbiamo avuto problemi a rimandare a casa cori che cantavano veramente, veramente bene!

    D. – Quest’anno, quali sono i contenuti emergenti, quelli più interessanti?

    R. – Quest’anno ci saranno, vista anche la partecipazione di molti cori dell’Est, autori che noi non conosciamo: cinesi, polacchi, russi eccetera … C’è molta musica dell’Est, che è soprattutto musica contemporanea. Per noi occidentali, questo è un vero arricchimento, perché noi siamo abituati alla musica non solo spagnola, ma anche tedesca e italiana. Abbiamo assistito, anche negli anni passati, a cori con esecuzioni incredibili: come riescono a tenere il tono con quelle dissonanze … Hanno un orecchio molto più educato del nostro!

    D. – Questi cori vengono da tutto il mondo e vivono quest’esperienza sia spirituale sia di conoscenza reciproca. Su questi due aspetti, cosa ci può dire?

    R. – I cori, che da tutto il mondo vengono nella Casa di Maria, vengono innanzitutto per lodare Maria: è un’esperienza bellissima vedere come queste persone si emozionano, soprattutto quando entrano in questa casa che dà loro qualcosa di veramente profondo. Io ho visto gente piangere, entrando lì dentro; io ricordo che dopo pranzo la gente veniva in Basilica e voleva che li accompagnassi con un’Ave Maria perché volevano dedicarla alla Madonna. Tutti giovani che hanno fatto un’esperienza credo profondamente spirituale. E poi, la parte più “artistica” è questo scambio culturale, di spartiti di autori che loro non conoscevano, ascoltare come si canta, tecniche di composizione diverse, espressioni musicali diverse, c’è questo scambio culturale, anche, tra loro … La Rassegna, soprattutto il sabato, diventa come una festa. E’ un collegamento tra i popoli: la musica unisce … (gf)

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    Chiesa e Società



    Libia: le Chiese cristiane di Tripoli chiedono “un immediato e incondizionato cessate il fuoco"

    ◊   “Le violenze e il bagno di sangue devono finire immediatamente, perché la guerra non è la soluzione dei problemi” afferma la dichiarazione del Consiglio ecumenico delle Chiese di Tripoli (in Libia) consegnata oggi, al locale Ufficio delle Nazioni Unite. La dichiarazione, in arabo ed in inglese, è stata inviata all’agenzia Fides da mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli. Nel preambolo si afferma: “come comunità di credenti siamo profondamente rattristati dai tragici eventi accaduti di recente che stanno lacerando il Paese con continue sofferenze, paure e angosce per il suo popolo, e desideriamo esprimere la nostra solidarietà con questa dichiarazione”. Le Chiese cristiane chiedono “un immediato e incondizionato cessate il fuoco a tutte le parti coinvolte nella disputa e l’assistenza umanitaria per le vittime”. Si afferma inoltre che “il dialogo e la riconciliazione devono essere la strada maestra per trovare una soluzione amichevole e portare la pace”. “Per questo - continua il messaggio - appoggiamo con decisione ogni sforzo ed iniziativa degli anziani del Paese, che conoscono gli autentici sentimenti e aspirazioni del popolo libico, e di tutte le organizzazioni internazionali, volte a creare un’atmosfera di confidenza per trovare una soluzione pacifica”. “Continueremo a pregare in solidarietà con tutti i musulmani libici che lottano per la pace e la giustizia in questo momento difficile della storia del loro Paese” conclude il comunicato. (R.P.)

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    Immigrazione. I vescovi lombardi: giusto chiedere la solidarietà dell’Europa

    ◊   Di fronte all’emergenza immigrazione “si è giustamente chiesta la solidarietà dell’Europa, che è chiamata ad affrontare con un’azione unitaria e solidale questo problema”: è quanto afferma il messaggio dei vescovi lombardi riunitisi l’11 e il 12 aprile a Villa Cagnola di Gazzada (Varese). “L’ondata di richiedenti asilo e di migranti che dal nord Africa cercano approdo in Italia – si legge nel messaggio - provoca in noi profonda emozione e ci invita ad atteggiamenti di responsabilità”. Il fenomeno migratorio – secondo i presuli - va considerato nella sua realtà: si calcola che nel 2011 siano arrivate in Italia dal mare circa 28.000 persone. “È bene evidenziare - aggiungono che, a proposito dei rifugiati politici, l’Italia accoglie ora 55.000 profughi e nel 2010 ha ricevuto 10.000 nuove domande di asilo. La Germania conta 600.000 rifugiati (40.000 domande di asilo nel 2010) e 200.000 sono i rifugiati in Francia (47.000 i richiedenti asilo nel 2010)”. Per i vescovi lombardi “è anzitutto necessario recuperare il volto autentico dell’uomo. Come cristiani noi vediamo in ognuna delle persone migranti l’immagine del Padre e il volto stesso di Cristo”. “Un secondo passo consiste nel riconoscere con franchezza che l’arrivo nella nostra terra di uomini e donne, giovani e bambini, impegna la nostra comunità civile a provvedere affinché l’ordine sociale sia sempre tutelato nell’interesse di ogni cittadino. Davanti alla migrazione, oltre al dovere d’accoglienza, siamo chiamati ad alzare lo sguardo e a riconoscere le opportunità nuove e positive. Pur riconoscendo le difficoltà di organizzare l’emergenza – prosegue il testo - occorre fare in modo che si dia ai rifugiati – senza ritardi – un’accoglienza organizzata e competente. Sarà opportuno ospitarli in maniera decentrata e diffusa, con un attivo coinvolgimento delle comunità civili locali. Solo questa modalità sottrae le persone alla tentazione dell’illegalità, al possibile sfruttamento della malavita. I fenomeni della migrazione domandano di essere affrontati entro prospettive più ampie. L’arrivo dei migranti e dei profughi costituisce una sfida e un impegno morale per le comunità cristiane. Parrocchie, enti, istituzioni religiose sono chiamati a continuare il loro servizio per un’autentica integrazione”. I vescovi chiedono gesti di accoglienza concreta e rispetto per la libertà religiosa di ognuno. Quindi concludono: “Abbiamo più speranze che preoccupazioni: il Signore ci aiuti a leggere il tratto di storia che stiamo percorrendo e ci renda capaci di diventare generosi compagni di strada del migrante che giunge tra noi”.

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    Appello in difesa dei giornalisti in rivolta per la democrazia nei Paesi del Mediterraneo

    ◊   Un appello a tutte le organizzazioni dei giornalisti perché si mobilitino a tutela dei colleghi dei Paesi dell’area del Mediterraneo dove sono in atto movimenti democratici, è stato lanciato da Isf (Information Safety and Freedom), associazione internazionale per la libertà di stampa. Non ci sarà in questi Paesi “vera democrazia senza libertà di espressione e di stampa”, sottolinea un documento di Isf a seguito della condanna a tre anni di carcere comminata dal Tribunale Militare del Cairo al blogger Maikel Nabil Sanad. Tale sentenza scrive Isf dimostra “che in Egitto non sono finite le pratiche autoritarie e illegali del regime, in particolare contro la libera espressione”. La pena inflitta domenica scorsa a Maikel Nabil Sanad, sarebbe infatti “illegale perché, come sottolinea il suo avvocato Ali Atef, è stata comminata ad un civile da un Tribunale Militare. Maikel è stato riconosciuto colpevole di ‘insulti all’Esercito’ per un articolo nel quale denunciava, come peraltro molti altri blogger, violenze e torture perpetrate dai militari nei confronti dei manifestanti di piazza Tahir, nel corso della rivolta che ha portato alla caduta di Mubarak”. Questa sentenza “rappresenta – rileva Isf - un evidente intimidazione nei confronti di tutto il mondo dell’informazione egiziano”. “Ma il caso-Maikel è solo uno dei segnali del permanere di un clima autoritario in Egitto”, prosegue la nota di Isf. “Da tempo la televisione di Stato ha avviato una campagna di disinformazione e denigrazione dei manifestanti. Ogni giorno si parla di rivoltosi pagati 50mila dollari a testa per protestare”. “Questa vicenda lancia un grave allarme sui futuri assetti dei Paesi della sponda sud-est del Mediterraneo”, ammonisce Isf. “Se ai vecchi dittattori se ne sostituiranno dei nuovi e le aspirazioni di libertà e giustizia dei giovani saranno frustrate e represse, la primavera araba si concluderà in un inutile bagno di sangue” e “i nuovi equilibri non potranno che rivelarsi instabili”. “Spetta dunque alle organizzazioni umanitarie e alle istituzioni internazionali - conclude il documento di Isf - intervenire per tutelare il rispetto di quei diritti che sono imprescindibili come fondamento dell’istituzione di reali democrazie nell’area.” (A cura di Roberta Gisotti)

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    Il patriarca latino di Gerusalemme: “I governi hanno timore dei giovani arabi”

    ◊   “Siamo felici della presa di coscienza della gioventù che ha preso in mano il suo destino. Dai giovani arabi giunge una presa di coscienza della propria forza e vitalità”. E’ quanto afferma il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal in una video intervista sul sito del patriarcato. Come riferisce l’agenzia Sir, il patriarca ha aggiunto che “la forza dei giovani ha rotto l’elemento paura: della polizia, dei servizi segreti, della prigione. I governi hanno timore di questa massa di giovani, di opinione che si sta svegliando. I cristiani del Medio Oriente – ha sottolineato – non devono restare ai margini di questi movimenti, devono sentirsi cittadini al 100% come i loro compatrioti musulmani. Devono poter partecipare alla vita del loro Paese e non stare rintanati in un ghetto” ha concluso il patriarca. (G.P.)

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    India: Venerdì Santo marcia e preghiera per le vittime dei crescenti attacchi anticristiani

    ◊   Sarà un pellegrinaggio silenzioso, accompagnato dal digiuno e dalla preghiera, quello che il prossimo Venerdì Santo, 22 aprile, vedrà sfilare per le strade di Mumbai oltre 20mila cristiani indiani, di tutte le confessioni. L’iniziativa, lanciata dall’Ong cattolica “Catholic Secular Forum” (Csf), e già appoggiata da numerosi gruppi e associazioni cristiane, sarà dedicata alla preghiera per i fedeli perseguitati e, in special modo, alle vittime degli attacchi anticristiani in India. Come riferisce all’agenzia Fides Joseph Dias, laico cattolico e direttore del Csf, “la comunità dei credenti ha avvertito l’esigenza di dedicare il Venerdì Santo, giorno in cui si riflette e si prega sulla Crocifissione di Cristo, a tutti quei fedeli ‘crocifissi’ oggi in India e nel mondo”. Il pellegrinaggio principale si terrà a Mumbai (secondo le adesioni, si attendono oltre 20mila persone), partendo dalla chiesa del Sacro Cuore per giungere, dopo 10 km di marcia, al Convento di San Carlo. Ma anche nelle altre principali città indiane, come Delhi, Calcutta, Bangalore e altre ancora, si stanno organizzando simili iniziative, che vedranno i cristiani sfilare e pregare pubblicamene per sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica. I cristiani infatti sono allarmati perché, sottolinea Dias, “gli attacchi anticristiani compiuti da gruppi estremisti indù sono in aumento: nel 2011 registriamo, in media, un episodio al giorno, più o meno grave. A volte le aggressioni si concentrano in alcune aree, come l’Orissa o il Karnataka, ma si può dire che nessuno Stato dell’India ne sia immune”. In Karnataka ad esempio, spiega Dias, non si può parlare di “nuova ondata” perché “dal 2008 gli attacchi non si sono mai fermati. I recenti episodi ne rappresentano la drammatica conferma”. “Il Csf – continua – ha denunciato l’alleanza criminale fra vertici dell’esercito e leader estremisti indù, responsabile della violenza anticristiana che negli anni scorsi ha colpito negli stati di Orissa, Karnataka, Madhya Pradesh e Maharashtra, e che prosegue tuttora”. Dias nota che “i cristiani sono vittime facili perché non rispondono con la violenza, nè con la vendetta, ma con la preghiera e con il perdono”. Sulle ragioni dell’impennata negli attacchi, il direttore del Csf nota a Fides: “Spesso il pretesto è una falsa accusa di proselitismo e di operare conversioni forzate. La vera questione è che gli estremisti indù non tollerano l’impegno sociale dei cristiani, in scuole e ospedali, e soprattutto la loro preziosa opera di promozione umana, economica e sociale dei dalit e dei tribali, oppressi e discriminati nella società su base castale, poiché spesso costoro in seguito chiedono di abbracciare la fede cristiana”. (R.P.)

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    Pakistan: la Masihi Foundation chiede di accendere una candela per Asia Bibi il 20 aprile

    ◊   La Masihi Foundation ha proclamato il 20 aprile come giorno dedicato ad Asia Bibi. Lo slogan della giornata é “Amore per Asia Bibi, una giornata di preghiera e digiuno per Asia Bibi”. La fondazione dei cristiani pakistani ha chiesto che ogni cristiano nel mondo accenda una candela mercoledì prossimo, e rivolga una preghiera speciale per la cristiana in prigione condannata a morte per blasfemia. Le diocesi cattoliche del Pakistan e del mondo hanno annunciato che parteciperanno a questa iniziativa. La Masihi Foundation ha annunciato di aver già ricevuto una conferma dall’Italia, secondo cui la Chiesa italiana parteciperà all’evento. Il vescovo di Islamabad-Rawalpindi Rufin Anthony, ha dichiarato: “Ci uniremo alla Masihi Foundation nell’accendere una candela per Asia Bibi durante la Settimana santa, e chiedo a tutti i cristiani di pregare e digiunare per la donna, che anche se è malata prega e digiuna. La Masihi Foundation - riferisce l'agenzia AsiaNews - appoggia e sostiene la famiglia di Asia Bibi e si occupa di questo caso; preghiamo anche per la Masihi Foundation. Siamo anche preoccupati per il recente caso di Arif Masih, di cui la fondazione si sta occupando. Questo incidente ha diffuso la paura fra i cristiani di Faisalabad. Abbiamo bisogno di un mondo senza violenza, un mondo che ami la vita e che cresca in giustizia e solidarietà. L’odio crescente è un problema serio e il governo deve prendere passi concreti “. Uno dei timori legati al caso di Asia Bibi è che la donna possa essere uccisa, in carcere o una volta che la Suprema corte avrà proceduto a esaminare il suo ricorso. Dal 1986 al 2010 ci sono stati 43 casi di uccisioni “extragiudiziali” di persone accusate di blasfemia. 19 riguardavano cristiani, 17 musulmani, 2 indù e 5 ahmadi. E intanto c’è un altro caso di una famiglia cristiana perseguitata con minacce e obbligata a nascondersi. E’ quella di Sidra George, un’insegnante del distretto di Narowal denunciata ingiustamente di blasfemia da una sua collega, moglie di un religioso islamico. Quando Sidra ha cominciato a ricevere minacce sul cellulare, insieme al marito ed i suoi tre figli, ha lasciato Narowal, ed è entrata in clandestinità con tutta la sua famiglia per ragioni di sicurezza. George Masih, marito di Sidra, ha dichiarato: “Ricevevamo minacce per convertirci, abbiamo chiuso i cellulari e siamo partiti. La vita sta diventando difficile per i cristiani in Pakistan”. Padre Anwar Gill, di Zafarwal, ha dichiarato: “Incidenti del genere sono diventati frequenti, specialmente in Punjab. Di molti non si viene a conoscenza, i cristiani sono perseguitati nella loro vita di tutti i giorni. La mentalità estremista si sta diffondendo, senza controlli, e cercano di forzare i cristiani con la loro ideologia. Molte ragazze cristiane sono rapite in Punjab, e sposate a forza e convertite. La gente sarebbe choccata nel sapere quanti sono i matrimoni forzati ogni anno”. (R.P.)

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    Emergenza in Costa d’Avorio: aiuti dell’Unicef nella capitale Abidjan

    ◊   L’Unicef è riuscito a distribuire aiuti e rifornimenti a Abidjan per la prima volta dopo settimane. Gli aiuti includono: medicine, integratori alimentari, saponi e coperte. L'Unicef sta organizzando anche un primo ponte aereo con 32 tonnellate di aiuti umanitari, che giungerà nella capitale nei prossimi giorni. "Mentre ancora persiste un certo livello di insicurezza ad Abidjan, siamo fiduciosi di poter continuare le nostre operazioni umanitarie nella capitale e ovunque sia necessario nel paese. La nostra assoluta priorità è ristabilire i sistemi idrici e distribuire kit sanitari di pronto soccorso. Intendiamo riprendere le campagne di vaccinazione di emergenza per prevenire focolai di malattie soprattutto tra i bambini che sono i più vulnerabili ", ha detto Hervé Ludovic de Lys, rappresentante Unicef ad Abidjan. "Abbiamo in programma di ampliare le nostre operazioni in Costa D'Avorio, insieme ai nostri partner umanitari e al governo per riuscire ad aiutare coloro che necessitano di aiuti salva-vita. Ma questo non sarà possibile senza adeguate risorse finanziarie e per il momento siamo seriamente sotto-finanziati", ha detto de Lys. “Come prima risposta a questo appello – ha dichiarato il Presidente dell’Unicef Italia Vincenzo Spadafora - il Comitato italiano ha già inviato un contributo di 700.000 euro per la nutrizione dei bambini, che copre oltre il 10% dei finanziamenti necessari per i programmi d’urgenza in questo settore. In collaborazione con Ong internazionali, Pam, Oms e Ministero della Sanità, l’Unicef curerà 50.000 bambini affetti da malnutrizione acuta grave; verranno inoltre attuati interventi su vasta scala di prevenzione della malnutrizione e condotte campagne mirate di integrazione alimentare”. L'Unicef sta aiutando i bambini che hanno assistito alle violenze e, eventualmente, visto familiari uccisi o feriti; sono bambini che hanno bisogno di cure particolari, ora e in futuro; l’Unicef, non appena le condizioni lo permetteranno, sta lavorando per far tornare i bambini a scuola e sta preparando la distribuzione di kit scolastici per oltre 600 scuole in tutto il Paese. Oltre al problema dell’acqua potabile, c’è grande preoccupazione per la scarsità di farmaci essenziali; nel nord del Paese, le scorte sono sufficienti solo per due-quattro settimane. L’Unicef ha lanciato un appello per 32 milioni di dollari, finora ne ha raccolti solo 5,3. Serve urgentemente trovare i fondi per rispondere alle esigenze più pressanti: scuola, acqua e igiene, salute, nutrizione, protezione dei bambini dai rischi e dalle conseguenze del conflitto. (R.P.)

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    Caritas Internationalis lancia la nuova edizione del “Progetto Sfera” per le crisi umanitarie

    ◊   Saranno la sede di Caritas Europa, a Bruxelles, e quella di Caritas Internationalis di Ginevra ad ospitare, domani, la presentazione della nuova edizione del “Progetto Sfera”, ovvero il manuale sugli standard minimi di assistenza da garantire in caso di crisi umanitarie. Ideato nel 1998, dopo il genocidio in Rwanda e la guerra in Congo, il volume stabilisce, in modo univoco, le giuste quantità di acqua e cibo, la grandezza delle tende per i profughi o i quantitativi di medicinali che tutte le Organizzazioni non governative devono offire alle popolazioni nelle aree di crisi. Naturalmente, gli standard vanno anche contestualizzati: se, ad esempio, si stabilisce un quantitativo necessario di 15 litri di acqua al giorno pro capite, è chiaro che, in Paesi come il Ciad, in cui la popolazione ottiene al massimo tre litri di acqua ogni giorno, gli standard andranno rivalutati. “La Caritas – spiega Alistair Dutton, direttore del settore umanitario della Caritas – è stata uno dei membri fondativi del “Progetto Sfera” ed ha preso parte sia alla stesura originaria del manuale che alle sue successive revisioni, per adeguare gli standard all’attualità”. “L’edizione del 2011 – continua Dutton – è già la terza perché il nostro impegno è quello di migliorare continuamente i servizi delle nostre organizzazioni ed il lavoro che facciamo. L’aggiornamento del libro riflette i miglioramenti che ci sono stati suggeriti. Ad esempio, c’è un nuovo capitolo che riguarda la sicurezza, un tema non analizzato a sufficienza nelle precedenti edizioni”. Infatti, sottolinea il direttore del settore umanitario della Caritas, “tutelare le popolazioni tramite la sicurezza è un aspetto cruciale del lavoro nelle emergenze. In precedenza, gli standard del “Progetto Sfera” erano focalizzati più sugli aspetti materiali degli aiuti, come la qualità e la quantità dei beni di prima necessità da garantire”. Inoltre, l’edizione 2011 riserva ampie pagine alla questione dei trasferimenti su gomma, ai rapporti tra la popolazione e l’esercito, al cambiamento climatico, all’educazione e alle ripercussioni che le aree di crisi possono avere sulla sfera psico-sociale della popolazione. La revisione 2011 del manuale ha coinvolto più di 650 esperti appartenenti a circa 300 organizzazioni di venti Paesi del mondo. Domani, la nuova edizione del libro sarà disponibile in lingua inglese e sarà consultabile anche on line sul sito Internet di Caritas Europa. Tra giugno e luglio, invece, ne verranno realizzate alcune traduzioni in francese, spagnolo, russo, tedesco ed arabo. (I.P.)

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    Giappone: l'impegno dei francescani per i terremotati

    ◊   La riflessione che si impone, a un mese dal sisma e dallo tsunami che hanno sconvolto il Giappone, è questa: “Occorre prendersi cura delle vittime, dei sofferenti, in ogni modo, a livello materiale e spirituale; ma, dopo il disastro nucleare, urge anche una revisione dello stile di vita”, secondo modelli più sostenibili, umani e in sintonia con il Creato. E’ quanto dice all’agenzia Fides padre Peter Abe Keita, responsabile della Commissione “Giustizia, Pace e Salvaguardia del Creato” nella Provincia dei Frati Minori a Tokyo. Dopo il terremoto, i francescani hanno immediatamente lanciato una raccolta fondi di solidarietà in Giappone e, a livello internazionale, presso tutte le comunità francescane nel mondo, per aiutare la Caritas Giappone che sta operando nelle diocesi più colpite. Nel contempo hanno aperto le loro case, ospitando i profughi nel “Franciscan Chapel Center” a Tokyo, ma anche nei conventi di Kiryuu, nella provincia di Gunma. “In molti luoghi occorre solo personale altamente specializzato, dunque le operazioni di soccorso e assistenza sono affidate alla Protezione civile e all’esercito” nota padre Abe Keita a Fides. In ogni caso due frati si sono recati nel territorio di Miyagi, colpito dallo tsunami, “per prendere visione della situazione, con la prospettiva di contribuire alla ricostruzione e alla riabilitazione delle famiglie colpite”. Sulla questione nucleare, che oggi allarma la popolazione nipponica, il francescano rimarca: “Siamo davvero scioccati dal potere della natura cha va oltre ogni immaginazione. Guardando al disastro nucleare, non posso fare a meno di pensare che deve esistere un limite all’intervento umano sulla natura, per la salvezza dell’umanità. Il livello di radioattività che si registra oggi è il più alto da sempre. Il governo dovrebbe compensare le vittime e proteggere la popolazione. Ma oggi non basta dire ‘no’ alle centrali nucleari: occorre anche rivedere profondamente il nostro stile di vita, all’insegna della moderazione e della sobrietà, ad esempio moderando l’uso dell’energia elettrica nella vita quotidiana”. I francescani auspicano modelli di sviluppo più sostenibili, umani e rispettosi della Creazione. (R.P.)

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    Rapporto negli Usa: in ulteriore calo le denunce di abusi da parte del clero

    ◊   Il 2010 ha registrato un’ulteriore flessione delle denunce di abusi sessuali nelle diocesi e negli ordini religiosi negli Stati Uniti e la maggioranza (i due terzi) riguardano fatti avvenuti diversi anni fa. È quanto emerge dal rapporto annuale del Centro di ricerca applicata sull’apostolato (Cara) della Georgetown University di Washington, incaricata dalla Conferenza episcopale di monitorare i casi e l’applicazione della “Carta di Protezione dei bambini e dei giovani” adottata dai vescovi nel 2002 dopo lo scandalo scoppiato nei mesi precedenti. All’indagine – riferisce l’agenzia Cns – ha partecipato la quasi totalità delle 195 diocesi ed eparchie statunitensi, con l’eccezione di una e 157 ordini religiosi maschili, su un totale di 218. Secondo il rapporto, pubblicato lunedì, nel 2010 sono state registrate in tutto 505 denunce considerate credibili. Di queste, nelle diocesi, il 17 per cento si sono poi rivelate false o non supportate da prove sufficienti. Da rilevare che nel 2004 il numero dei casi denunciati era superiore a mille e che da allora si è registrato un calo costante. Il 60 per cento degli accusati erano già stati segnalati in precedenti denunce e i tre quarti sono deceduti o sono stati ridotti allo stato laicale. Il 52 per cento delle denunce sono partite direttamente dalle vittime, mentre un quarto da avvocati. I costi economici dello scandalo degli abusi continuano a farsi sentire. Secondo i calcoli del Cara, nel 2010 questa voce ha assorbito in tutto 123,7 milioni di dollari nelle diocesi e 25,9 milioni negli ordini religiosi, che portano a 2,7 miliardi la somma totale sborsata dalla Chiesa americana dal 2004. Più della metà del denaro è andata alle vittime e quasi 40 milioni sono serviti per pagare gli onorari degli avvocati. La parte restante è stata destinata a finanziare le terapie per le vittime e i responsabili degli abusi, ai vari programmi predisposti dalle diocesi per la protezione dei bambini e alla formazione del personale assunto a questo scopo. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Bolivia: sono due milioni i bambini poveri e sfruttati sul lavoro

    ◊   Due milioni di bambini e adolescenti, circa il 20% dell’intera popolazione della Bolivia, vivono sotto la soglia di povertà e oltre 300 mila sopravvivono lavorando nelle strade, nelle miniere e nei campi: lo rivela un rapporto diffuso a La Paz in concomitanza con la Giornata del bambino nel Paese andino. Come riferisce l’agenzia Misna, ogni 1000 bambini che cominciano la scuola, 30 non finiscono quella primaria e molti subiscono una qualche forma di violenza domestica “in un contesto in cui le punizioni sono accettate come metodi educativi”, come si legge nello studio. Almeno 6 mila bambini vivono nelle strade delle principali città e più di mille nelle carceri insieme ai genitori che scontano condanne per reati di vario genere. Molti reclusi affermano di essere costretti a portare i figli in prigione per mancanza di parenti a cui affidarli. Il governo del presidente Evo Morales - si legge ancora nel rapporto - deve dare priorità a questo segmento della popolazione “a prescindere della sua condizione etnico-culturale, del livello socio-economico e delle condizioni di vita”. (G.P.)

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    Messico: la Chiesa chiede chiarezza dopo il ritrovamento di tanti corpi massacrati a Matamoros

    ◊   Padre Jorge Molina, sacerdote della diocesi di Matamoros, ha chiesto alle autorità di compiere con scrupolo il loro dovere per proteggere la gente del Paese. La richiesta del sacerdote è stata fatta prima di un momento di preghiera spontaneo, presso la sede del Procuratore Generale di Matamoros, insieme ai membri di 78 famiglie che erano arrivati lì per riconoscere i propri cari tra i corpi ritrovati nelle fosse clandestine a San Fernando. Padre Molina ha invitato le famiglie che erano arrivate dagli stati di Oaxaca, Guanajuato, Michoacán, Nuevo León e altri comuni di Tamaulipas, a pregare per i propri cari e ad unirsi alla richiesta di chiarezza fatta alle autorità. Secondo la stampa locale, fuori della sede della Procura si è svolta una scena terribile, con gente che piangeva nel riconoscere i propri familiari e gente disperata perché finora non sono ancora stati rinvenuti i corpi dei loro parenti scomparsi. I terribili fatti sono ormai noti: la scorsa settimana i soldati hanno trovato una cinquantina di morti nelle fosse clandestine della città di San Fernando, stato di Tamaulipas, proprio nella zona in cui, nell’agosto dell'anno scorso, sicari del cartello della droga di Los Zetas avevano ucciso 72 immigrati, in gran parte provenienti dal Centro America. Le autorità della Procura generale della Repubblica (Pgr) hanno confermato, fino a questo momento, la presenza di 116 corpi trovati nelle fosse di San Fernando, ma secondo il rapporto presentato alla stampa da parte dell'obitorio di Semefo di Matamoros, sarebbero almeno 120 i cadaveri. Fonti vicine alla polizia della zona parlano inoltre di altri 22 corpi trovati a Matamoros. Pochi giorni fa, l’8 aprile, mons. Faustino Armendáriz Jiménez, vescovo di Matamoros, aveva pubblicato una Lettera pastorale chiedendo alla popolazione di unirsi nella preghiera per il tragico ritrovamento di tante persone assassinate dalla malavita. “Esprimiamo la nostra profonda costernazione dinanzi al nuovo massacro nella città di San Fernando, in particolare nel Ejido La Joya. Constatiamo tristemente che la cultura della morte è ancora presente nella comunità" aveva scritto il vescovo. (R.P.)

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    Droga: risoluzione dell’Italia approvata da Consiglio Ue e dalla Commissione Onu

    ◊   Approvata dall’Onu la risoluzione presentata dall'Italia in materia di droghe. Concordata prima dagli Stati europei e infine condivisa dai 180 Paesi dell’Onu, la risoluzione prevede un approccio al mondo delle droghe che strategicamente divide l'impegno su due fronti: da una parte la prevenzione e dall'altra il recupero totale delle persone tossicodipendenti. Il documento è stato discusso prima a Bruxelles in sede di Consiglio dai 27 Paesi dell'Unione Europea e poi proposto a Vienna nell'ambito della 54ma Commissione stupefacenti delle Nazioni Unite. “Un risultato importante” - sottolinea il Dipartimento italiano per le politiche antidroga (Dpa) – che “valorizza come punti fondamentali centrali nell'intervento sulle tossicodipendenze i concetti di riabilitazione, reinserimento sociale-lavorativo” e “recupero totale della persona". “Con questa risoluzione, tutti gli Stati – sottolinea il Dpa - hanno concordato che questa deve essere la strategia prioritaria nell'approccio alle tossicodipendenze”. (R.G.)

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    Cina: la comunità cattolica continua il suo cammino quaresimale con profonda spiritualità

    ◊   Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, la comunità continentale continua il cammino quaresimale verso la Pasqua con profonda spiritualità vissuta nelle diverse iniziative programmate in questo periodo. Oltre 400 fedeli della parrocchia del Sacro Cuore di Gesù della diocesi di Wan Zhou hanno partecipato a due giorni di ritiro spirituale incentrato sulla Sacra Scrittura. Sia il sacerdote che le religiose che hanno organizzato e guidato l’incontro, come i fedeli laici partecipanti, si sono resi conto dell’importanza di tale iniziativa, “perché ci ha permesso di approfondire la conoscenza della nostra fede e intensificato la comunione con Dio e con la comunità”. La comunità di Guang Yuan della diocesi di Cheng Du, colpita pesantemente dal terremoto del 12 maggio 2008, ha potuto realizzare il suo primo ritiro spirituale dopo il sisma. Dal 6 al 9 aprile, sono stati affrontati i temi della spiritualità, dei Sacramenti e della Parola di Dio. Secondo il sacerdote locale, “questo ritiro ci aiuterà nella missione dell’evangelizzazione, ma anche nella ricostruzione della comunità, dal punto di vista materiale e spirituale”. Infatti l’incontro si è svolto in una chiesa provvisoria, a causa delle conseguenze del terremoto. Una sessantina di membri del Terz’Ordine francescano della parrocchia di Nan Guang della diocesi di Feng Xiang, provincia dello Shaan Xi, hanno seguito la meditazione spirituale sulla Croce durante 4 giorni di ritiro spirituale quaresimale. Essendo una parrocchia grande e protagonista dell’evangelizzazione, organizzano spesso questi momenti di ricarica spirituale per testimoniare Gesù sulle orme di S. Francesco. “Questa contemplazione della Croce e davanti alla Croce ci ha rafforzato la fede e la sensibilità missionaria” hanno detto i partecipanti. La comunità di Ba Hu della diocesi di Tang Shan ha vissuto la Quaresima praticando le opere caritative. Dopo un momento di raccoglimento spirituale, i fedeli guidato dal parroco hanno portato coperte, vestiti nuovi e viveri ai lavoratori immigrati. Secondo il parroco “questa comunità ha una lunga storia, è stata fondata da un missionario olandese nel 1927. Con questa iniziativa abbiamo potuto realizzare concretamente ciò che preghiamo e crediamo. Così gli altri possono vedere Gesù attraverso di noi”. Mons. Meng Ning You, Vescovo della diocesi di Tai Yuan della provincia di Shaan Xi, ha invitato i fedeli a “vivere il vero senso della Quaresima tutti i giorni, partecipando alle iniziative diocesane per la Quaresima, dal ritiro spirituale alle opere caritative”. Da domani, fino al 16 aprile, le cinque parrocchie maggiori della diocesi di Pechino (Immacolata Concezione, S. Salvatore, S. Giuseppe, S. Michele e della Medaglia Miracolosa) terranno il ritiro spirituale per i fedeli. Alla conclusione, conferiranno il Sacramento dell’Unzione agli anziani e ai malati. (R.P.)

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    Azerbaigian: proibita ogni attività ai gruppi religiosi non registrati e i permessi tardano

    ◊   La nuova legge sulla libertà religiosa in Azerbaigian proibisce qualsiasi attività ai gruppi e movimenti religiosi non registrati, persino di riunirsi per pregare o leggere testi sacri. Sarebbero oltre 300 le comunità religiose - riferisce l'agenzia AsiaNews - che hanno già chiesto la registrazione, ma questa tarda ad arrivare. La riforma del dicembre 2010 è stata presentata sulla carta come un utile strumento contro il terrorismo islamico, ma di fatto vari gruppi cristiani, islamici e di altre confessioni, in attesa del riconoscimento, subiscono incursioni della Polizia ed arresti per la loro “illegale” attività religiosa. Intanto il presidente Ilham Aliev il 7 aprile, aprendo a Baku i lavori del Forum mondiale per il dialogo interculturale, si è compiaciuto che “in Azerbaigian c’è un alto livello di tolleranza etnica e religiosa”, “questa è la fonte della nostra forza”, ha detto, aggiungendo che “La libertà di religione e la libertà di coscienza” sono una realtà in Azerbaigian. (R.G.)

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    Svizzera: i vescovi chiedono ai fedeli di sostenere l’Action de Carême

    ◊   “Una Quaresima come piace a Dio”: si intitola così la nota che la Conferenza episcopale svizzera (Ces) ha indirizzato a tutti i fedeli, chiedendo il loro sostegno per Action de Carême, l’organizzazione di cooperazione internazionale dei cattolici elvetici. “La Quaresima – si legge nel documento a firma di mons. Norbert Brunner, presidente della Ces – è un tempo di preparazione alla festa di Pasqua ed invita i cristiani a riflettere sul proprio stile di vita, sul rapporto con Dio e con i propri simili”, e “sulle questioni della solidarietà, della spiritualità e del cambiamento del modo di vivere”. Per questo, “da oltre 50 anni, la colletta di Quaresima appare come il simbolo di Action de Carême, ovvero simbolo vivente della condivisione e della riflessione”. Quindi, la Chiesa svizzera si sofferma sull’importanza di “proteggere e preservare il Creato”, poiché “chiunque voglia affrontare la Quaresima con serietà, non può sfuggire alla questione urgente dello sviluppo duraturo, comprendente aspetti ecologici, economici, sociali e religiosi”. E tra le situazioni più drammatiche, i vescovi svizzeri citano la Repubblica Democratica del Congo, in cui la popolazione vive “nell’estrema povertà e nell’insicurezza”, nonostante le risorse naturali siano abbondanti e “contribuiscano al buon funzionamento dell’economia mondiale”. Nel Paese africano, Action de Carême “coopera attivamente con la Chiesa locale che si batte per i diritti dei poveri”, poiché “non si può restare indifferenti di fronte agli sfollati, agli affamati, a coloro che vengono torturati e uccisi nei conflitti”. Ma, conclude quindi la nota dei vescovi svizzeri, “la Chiesa non li abbandonerà. Noi ci impegniamo perché venga il Regno di Dio e trionfi la sua giustizia”. (I.P.)

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    Irlanda: per i vescovi l’educazione non è mai neutra rispetto ai valori

    ◊   Non ci sono scuole ‘neutre’ rispetto ai valori: presentato alla stampa una “Non esiste un'educazione neutra rispetto ai valori”, i genitori devono quindi scegliere quale visione del mondo vogliono che apprendano i propri figli. E' uno dei punti della Dichiarazione presentata alla stampa dalla Catholic Schools Partnership, istituita nel gennaio 2010 dai vescovi e dai religiosi cattolici irlandesi per sostenere l'educazione confessionale nel loro Paese. La Dichiarazione – di cui riferisce l’agenzia Zenit - è “parte di un processo di consultazione in corso sul futuro delle scuole cattoliche nella Repubblica d'Irlanda”. “Tutte le scuole, istituite dallo Stato o da un gruppo volontario, sposano necessariamente e implicitamente - afferma il documento - una visione della persona umana e danno espressione a un ethos particolare con le loro scelte, azioni e priorità”. Il testo riconosce che “alcune persone pensano che le scuole dovrebbero adottare un atteggiamento neutro in relazione alla religione”, sostenendo che “il credo religioso è una questione puramente privata e non dovrebbe avere alcun ruolo nella sfera pubblica dell'istruzione”. “Ad ogni modo, anche quanti vorrebbero escludere la religione dalla scuola sposano un proprio ethos” - sottolinea la Partnership - “vogliono impartire una visione del mondo, una filosofia di vita, tanto quanto le persone di fede”. “Alcune scuole nelle loro strutture e nei curricula abbracciano un particolare credo”, sottolineano gli educatori cattolici. “Altre presentano tutte le religioni e l'umanesimo ateo come risposte ugualmente valide alla domanda su Dio; altre ancora chiedono che queste convinzioni vengano lasciate a casa e non influenzino la vita della scuola; altre, infine, bandiscono ogni menzione di Dio”. “Ma la domanda su Dio non scomparirà”, dichiarano. “Le scuole cattoliche sono impegnate nel più profondo rispetto sia per la fede che per la ragione, e come tali contribuiscono in modo significativo alla formazione di cittadini maturi e razionali della nostra società democratica”, afferma il documento. “Una delle caratteristiche più notevoli dell'educazione cattolica è il rispetto per la fede e la ragione”, aggiunge. “Ciò aiuta a spiegare perché queste scuole sono tanto popolari nel mondo”. “La Chiesa continua ad essere coinvolta nell'educazione perché ciò rappresenta una parte centrale della sua missione e perché ci sono genitori che desiderano che i propri figli siano educati in un contesto che rispetti sia la fede che la ragione”, indica la Partnership. “Radicata in una comprensione della persona umana come figlia di Dio, redenta da Cristo e destinata a condividere per sempre la vita di Dio stesso”, l'educazione “è un processo che dura tutta la vita, di crescita umana e sviluppo in risposta alla chiamata di Dio”. “Inizia a casa, continua nella scuola e matura attraverso il coinvolgimento nella comunità cattolica nella parrocchia”. Il documento conclude sottolineando che “queste tre dimensioni di famiglia, scuola e parrocchia devono collaborare se l'educazione cattolica vuole davvero raggiungere il suo obiettivo di formare persone umane mature a immagine e somiglianza di Cristo”. (R.G.)

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    Belgio-Francia: al via un nuovo partenariato tra le tv cattoliche

    ◊   Avverrà in due tempi la presentazione di una nuova collaborazione tra le principali emittenti televisive cattoliche del Belgio e della Francia: il primo appuntamento è per oggi quando verrà presentato in conferenza stampa a Bruxelles il nuovo partenariato tra la televisione cattolica francese Kto e la Belgacom Tv. L’emittente di Parigi, infatti, verrà trasmessa attraverso il canale 299 della tv belga. La neonata collaborazione verrà messa alla prova domani alle 20.45, quando ci sarà una diretta tv speciale dalla Basilica di Koekelberg a Bruxelles. Per l’occasione, mons. André Mutien Léonard, presidente dei vescovi belgi, traccerà le linee-guida per il futuro della Chiesa del Paese. Seguirà quindi un dibattito con alcune personalità cattoliche e non cattoliche del Belgio. Al centro della riflessione, lo scandalo della pedofilia, il rapporto Chiesa-istituzioni, la vita delle parrocchie, la formazione dei sacerdoti e l’attuale crisi politica del Paese. Ma mons. Léonard toccherà anche temi fondamentali come il ruolo della Chiesa nella società e la sfida della nuova evangelizzazione. Infine, da sottolineare che questo nuovo partenariato si inscrive nell’evoluzione avviata anche dal portale www.catho.be che ha cambiato stile, presentando aggiornamenti continui, mentre a partire dalla settimana prossima, il settimanale “Domenica” uscirà con una nuova impaginazione. (I. P.)

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    E' nata Radio Jmj, la web radio dei Paolini che racconterà la Gmg di Madrid

    ◊   E' nata Radio Jmj, una proposta paolina di comunicazione dei giovani per i giovani, pensata e portata avanti da un gruppo di volontari, in collaborazione con la Famiglia Mercedaria. Il prossimo agosto, durante la Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid (16-21 agosto), la web radio trasmetterà dalla capitale spagnola e la si potrà ascoltare collegandosi al sito internet www.radiojmj.es. Radio Jmj darà voce ai protagonisti, al calore di quei giorni e alle esperienze vissute in giornate che resteranno nel cuore di tutti, pellegrini e volontari. Sarà possibile “sintonizzarsi” dal proprio pc o telefonino, per assaporare il clima così particolare, ma anche per interagire con la redazione e partecipare ai programmi. Lo staff è costituito da un gruppo di giovani provenienti da diverse regioni italiane che condividono il grande dono della fede e la passione per la radio, nel solco del carisma paolino incentrato sulla comunicazione. La programmazione e il palinsesto della web radio sono interamente ideati e realizzati dallo staff. Prenderà parte all’esperienza anche un giovane paolino della Repubblica Democratica del Congo, con un programma in francese rivolto ai tanti giovani africani presenti in Europa. Inoltre, il progetto include la guida di un gruppo di giovani coinvolti nella realizzazione di alcune attività che completeranno il palinsesto. (R.P.)

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    Gmg 2011: a Madrid 300 iniziative culturali

    ◊   La Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid, in programma dal 16 al 21 agosto, sarà accompagnata da un denso programma culturale. Sono circa 300 le attività previste e suddivise in diverse categorie: film, musica, mostre, teatro e visite nella città. La capitale spagnola diventerà un importante centro culturale con mostre, concerti e vari appuntamenti dal 15 al 20 agosto. “Il programma culturale - ha spiegato Carla Diez de Rivera, direttore tecnico del dipartimento della cultura della Gmg - è uno tra i pilastri fondamentali della Gmg”. “Tutte queste attività - ha aggiunto - sono un esempio della ricchezza culturale cristiana nella sua proiezione più universale”. Con l’accredito da pellegrino, tutti i giovani avranno libero accesso agli eventi del programma culturale. Mercoledì 17 agosto sarà il giorno dedicato al cinema e Calle Fuencarral si trasformerà nel palcoscenico della settima arte. Ci saranno poi mostre d’arte, come quella su Antonio Gaudí e l’origine della sua ispirazione per la Sagrada Familia di Barcellona. Ci saranno anche mostre che riflettono lo spirito missionario spagnolo. Anche le grandi pinacoteche – ricorda il Sir - si associano al programma culturale. Il Museo del Prado ha creato un itinerario sull’immagine di Cristo. Il percorso artistico proporrà quadri della collezione del prestigioso museo spagnolo e un’opera prestata dai Musei Vaticani, “La Santa sepoltura” opera di Caravaggio. Sono previste anche visite guidate di Madrid, sulla presenza dei cristiani in tutta la storia della città, nelle loro espressioni artistiche e nelle tradizioni. Diverse iniziative saranno infine dedicate a Papa Giovanni Paolo II. Sono in programma, tra i vari eventi, un musical sulla sua vita, una mostra fotografica e una rassegna con poesie del Pontefice polacco. In occasione della prossima beatificazione di Papa Wojtyła, si terrà venerdì 29 aprile, in onore di Giovanni Paolo II, il concerto “Se non puoi andare, vieni a festeggiarlo”, con brani di Beethoven, incluso l’“Inno alla gioia”. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Libia. Assedio a Misurata. Coalizione divisa sugli aiuti agli insorti

    ◊   Sono cifre ancora tutte da confermare quelle degli scontri in Libia, ma il quadro che ne esce è davvero sconcertante. “Misurata come Sarajevo”, dicono testimoni dalla martoriata città enclave dei ribelli, assediata da giorni dalle forze di Gheddafi. Intanto, le potenze del gruppo di contatto sulla Libia si confrontano oggi a Doha, in Qatar. Sul tavolo, il ruolo della Nato e l’eventuale sostegno logistico al Consiglio nazionale di transizione con sede a Bengasi. Il servizio di Marco Guerra:

    Il Gruppo di contatto dei Paesi che hanno aderito all’intervento militare in Libia non sembra ancora aver trovato una posizione comune sulla possibilità di fornire armi, equipaggiamenti e assistenza di intelligence agli insorti. I Paesi contrari a questa ipotesi si appellano alla risoluzione Onu 1973 sulla Libia, che non autorizza ad armare i ribelli. Più possibiliste Italia e Francia, che hanno già riconosciuto ufficialmente Consiglio nazionale di transizione. Nel quadro della risoluzione Onu, l'Italia vuole “mettere i ribelli libici in condizione di difendersi e chiede pertanto al Gruppo di contatto di esaminare la possibilità di fornire materiale per l'autodifesa”, ha detto il portavoce del ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini. Ma l’obiettivo ufficiale del vertice è anche quello di proseguire il confronto, per trovare una soluzione politica per l'uscita di scena del rais e dell'avvio di una transizione che porti alla costituzione della "nuova Libia". A tal proposito, il ministro degli Esteri britannico, William Hague, ha detto che l’odierna riunione rafforzerà la pressione della comunità internazionale su Gheddafi, affinché questi si faccia da parte. La questione sarà approfondita nel pomeriggio, a Parigi, in un faccia a faccia tra il premier britannico Cameron e il presidente francese Sarkozy. Dal canto suo, il Consiglio nazionale transitorio di Bengasi preme per un intervento più deciso della Nato e promette petrolio in cambio di aiuti alla popolazione. E sempre dai vertici degli insorti arriva l’allarme per l’assedio di Misurata da parte delle milizie di Gheddafi. Nella località occidentale della Libia, i morti sarebbero già almeno mille, secondo le stime degli insorti. Cifre tutte da confermare, come i 10 mila morti in tutto il Paese denunciati sempre dagli insorti. E parlando della situazione sul terreno, il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha stimato che, nella peggiore delle ipotesi, circa oltre tre milioni e mezzo di persone potrebbero aver bisogno di aiuto umanitario.

    Egitto, crisi cardiaca dopo l’arresto per l’ex presidente Mubarak
    In Egitto, è ancora in piena evoluzione il processo di cambiamento istituzionale che ha portato alle dimissioni del presidente, Hosni Mubarak, attualmente in custodia cautelare a Sharm El Sheikh con l’accusa di aver provocato le violenze nelle quali hanno perso la vita almeno 800 persone. Da ieri, Mubarak si trova in terapia intensiva nell'ospedale della località turistica egiziana, dopo una crisi cardiaca che ha avuto alla notizia dell’arresto dei suoi due figli al Cairo. I figli sono stati contestati e derisi dagli altri detenuti al loro arrivo in carcere questa mattina.

    Yemen, ancora vittime nelle proteste antigovernative
    Quattro agenti della polizia yemenita e due soldati dell'esercito, passati con i manifestanti antigovernativi, sono morti in uno scontro a fuoco a nord di Sana’a, la capitale dello Yemen. Secondo la ricostruzione, gli scontri sarebbero scoppiati nella notte nei pressi di un checkpoint nella capitale yemenita. Scontri anche in altre parti del Paese: sale ad almeno due morti e cinque feriti il bilancio dell'intervento delle forze di sicurezza yemenite ad Aden, nel sud del Paese, contro manifestanti antigovernativi. Gli agenti hanno sparato contro i dimostranti per bloccare una nuova manifestazione contro il presidente Saleh, al potere da 32 anni.

    Bielorussia, due arresti per terrorismo
    Due arresti in Bielorussia per l’attentato nella metropolitana di Minsk, che lunedì scorso ha causato 12 morti e 200 feriti, di cui una ventina gravi. Le forze dell'ordine hanno fermato nella notte due amici bielorussi, ritenuti l'esecutore e il complice dell'attentato. Entrambi gli arrestati sono della provincia bielorussa e si conoscono da tempo. Il presunto autore ha 25 anni. I due uomini sono stati identificati grazie alle telecamere della metropolitana. Gli inquirenti stanno conducendo gli interrogatori. Finora, nessuna rivendicazione è stata avanzata e gli investigatori seguono tutte le piste. Per il presidente Aleksandr Lukashenko, si tratta di un attacco simile a quello del 2008 e attribuibile ad un complotto straniero.

    Spagna, debito pubblico
    Il premier spagnolo, Zapatero, da Pechino esclude nuove misure per tagliare il deficit pubblico, dopo che la Cina ha rinnovato il suo impegno a comprare altri bond governativi di Madrid. La Cina continuerà ad acquistare debito spagnolo e contribuirà a finanziare una ristrutturazione delle casse di risparmio del Paese. Lo ha detto una fonte governativa spagnola, dopo l’incontro bilaterale tra il premier cinese, Wen Jiabao, e il primo ministro spagnolo. La Cina detiene il 12% del debito sovrano spagnolo, che è in mani estere. Nel corso della sua visita a Pechino, Zapatero ha siglato accordi per un miliardo di euro tra imprese iberiche e cinesi. Durante la conferenza stampa, il premier spagnolo ha detto anche che il suo esecutivo “proseguirà con tutta la sua capacità, a ridurre le possibilità” di azione dell’Eta. Il governo socialista chiede che il gruppo separatista basco - che il 10 gennaio scorso ha decretato una “tregua permanente e generale” - deponga definitivamente le armi.

    Costa d’Avorio, arresti domiciliari per l’ex presidente Gbagbo
    L'ex capo di Stato della Costa d'Avorio, Laurent Gbagbo, arrestato lunedì scorso, è agli arresti domiciliari “in attesa che si apra un procedimento giudiziario”. Lo ha annunciato ieri sera il governo del neo-presidente, Alassane Ouattara, senza precisare il luogo della detenzione. Intanto, il ministro della Difesa francese, Gerard Longuet, ha annunciato che “pattuglie di gendarmeria ivoriane e di Parigi circoleranno ad Abidjan per mostrare che c'è uno stato di diritto che si mette in attività”. “A questo momento - ha aggiunto, intervenendo davanti all'Assemblea nazionale - hanno dato la disponibilità al presidente eletto Ouattara il direttore della gendarmeria, il direttore della polizia, il capo di Stato maggiore dell'esercito e quello delle truppe di terra”. Il futuro del contingente francese "Liocorno", di stanza in Costa D’Avorio ad Abidjan, dipenderà dalle decisioni in materia dei responsabili dell'Onuci, la missione delle Nazioni Unite in Costa d'Avorio.

    Swaziland
    Un coprifuoco notturno è stato instaurato ieri sera dalle autorità del regno dello Swaziland, per arginare un tentativo di protesta popolare a favore di un’apertura democratica e di una migliore gestione degli affari del Paese, sullo sfondo di un malessere sociale generalizzato. Come per le rivolte delle piazze arabe, l’organizzazione della protesta nello Swaziland è stata in parte veicolata dai social network. I sindacati dello Swaziland, principali promotori della protesta, avevano comunicato al governo la loro intenzione di manifestare per tre giorni a partire da ieri, ma l’autorizzazione era stata negata. Ieri, nelle strade di Manzini, la città più grande, le forze dell’ordine hanno disperso diversi tentativi di manifestazione. In mattinata, erano stati effettuati vari arresti, che si aggiungono a quelli dei principali organizzatori delle proteste.

    R.D. Congo
    Nel processo sull’uccisione del noto difensore dei diritti umani, Floribert Chebeya, il Consiglio delle parti civili ha chiesto alla corte militare di Kinshasa di “rendere giustizia nella verità”. Il pubblico ministero, in una requisitoria di più di cento pagine, ha invece richiesto la pena capitale per gli imputati, per lo più militari, accusati di associazione a delinquere.

    Afghanistan
    Ancora violenza in Afghanistan. Almeno dieci civili sono morti e altri sette sono rimasti feriti in seguito a un attacco kamikaze, sferrato nel distretto di Asmar, nella provincia di Kunar. Lo riferisce l'agenzia di stampa “Xinhua”, citando il capo della polizia provinciale. L'attacco è stato lanciato mentre era in corso un’assemblea tribale. Vittime si contano anche tra i militari del contingente straniero. Un soldato della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf, sotto comando Nato) è morto oggi nell’Afghanistan orientale. Lo riferisce la stessa Isaf a Kabul. I militari stranieri morti nel Paese sono, secondo l'Ong icasualties, 121 dal primo gennaio e 13 dall'inizio di aprile.

    Pakistan
    Aerei droni statunitensi hanno lanciato quattro missili contro un veicolo sospetto, uccidendo sei militanti islamisti nei pressi della piccola città pakistana di Angoor Adda, a circa sei chilometri dal confine con l'Afghanistan. Il raid del velivolo senza pilota, il primo dopo una tregua di oltre tre settimane, è avvenuto all’indomani di un incontro avvenuto a Washington tra il capo della Cia e il responsabile dei servizi segreti pakistani, in cui sono stati discussi i rapporti tra le due agenzie. L'ultimo attacco drone in Pakistan risale al 17 marzo scorso, quando 39 persone, tra cui diversi civili, rimasero uccise, scuotendo la fragile alleanza tra il Pakistan e gli Stati Uniti nella guerra contro gli islamisti. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Gabriele Papini)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 103

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.