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Sommario del 12/04/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Fissato il giorno 22 ottobre la memoria, a Roma e in Polonia, del Beato Karol Wojtyla
  • Roma e il Papa Beato: illustrati in Campidoglio servizi e manifestazioni per l'evento del primo maggio
  • Provviste di Chiesa
  • Udienze e nomine
  • Visita di Benedetto XVI al cardinale Canestri per il 70.mo di sacerdozio
  • Il cardinale Tauran al Consiglio d’Europa: difendere la libertà religiosa e denunciare ogni forma di discriminazione
  • Il Consiglio speciale del Sinodo sul Medio Oriente: cristiani costretti all'esodo per mancanza di libertà religiosa
  • Mons. Vegliò: grave la massa di profughi iracheni in tutto il Medio Oriente, l'Europa si mobiliti
  • Dichiarazione di padre Lombardi sull'ex vescovo di Bruges
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • I vescovi tedeschi anticipano le tappe fondamentali del viaggio del Papa in Germania dal 22 al 25 settembre
  • Costa d’Avorio: l’ex capo dello Stato Gbabo verrà processato
  • Medici senza frontiere ricordano le "crisi dimenticate" nel mondo, da Haiti al Pakistan
  • La campagna Cei sull’8xmille all’insegna della trasparenza. Aiuti per 2500 immigrati del Nord Africa
  • Giovanni XXIII e la "mirabile ascensione" di Gagarin, a 50 anni dal grande volo
  • I Papi a confronto con la Sindone, "specchio del Vangelo": una lezione del teologo, mons. Ghiberti
  • Il patrimonio dell'Oriente cristiano nella rubrica dedicata al Concilio Vaticano II
  • Chiesa e Società

  • Costa d'Avorio: nonostante le violenze i missionari non lasciano il Paese
  • Nuovo caso di blasfemia in Pakistan: gli avvocati di Arif chiedono il rilascio immediato
  • Pakistan: Asia Bibi ringrazia per la Giornata di preghiera del 20 aprile
  • Pakistan: musulmano strappa una Bibbia, la Chiesa chiede di non raccogliere la provocazione
  • Indonesia: nel Kuansing violenze dopo il voto. Bruciata una chiesa
  • India: domenica migliaia di persone ai funerali del cardinale Vithayathil
  • India: la proposta dei Gesuiti contro la corruzione
  • Risveglio religioso nel Giappone ferito dal cataclisma
  • Birmania: aiuti della Caritas locale ai terremotati dello Shan
  • Senegal: la Chiesa sostiene il progetto “Coast” per la difesa dell’ambiente
  • Patriarca ecumenico di Costantinopoli in visita a Parigi
  • Ucraina: la prima Messa celebrata dal nuovo arcivescovo di Kiev mons. Shevchuk
  • Slovacchia: il 13 aprile Giornata dei sofferenti per le ingiuste persecuzioni
  • Francia: i vescovi rispondono alle accuse di oscurantismo nel dibattito sulla bioetica
  • Regno Unito: i vescovi chiedono di inviare auguri e-mail per il compleanno del Papa
  • Svizzera: all’Università di Friburgo simposio sul cristianesimo in Mesopotamia
  • Bolivia: mons. Juarez chiede ai comunicatori cattolici di rafforzare l'identità ecclesiale
  • I vescovi canadesi: gli impiegati cattolici siano liberi di celebrare la Settimana Santa
  • Usa: forse chiude il sito Data.gov, voluto da Obama per pubblicare gli atti amministrativi
  • Papua Nuova Guinea: l’Anno dei Giovani in vista della Gmg di Madrid
  • 24 Ore nel Mondo

  • Libia: Parigi e Londra chiedono alla Nato maggiore impegno al fianco dei ribelli
  • Il Papa e la Santa Sede



    Fissato il giorno 22 ottobre la memoria, a Roma e in Polonia, del Beato Karol Wojtyla

    ◊   La memoria del Beato Giovanni Paolo II verrà celebrata ogni anno il 22 ottobre, giorno dell’inizio del suo ministero petrino. E’ quanto stabilito con un Decreto dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, in vista della Beatificazione di Papa Wojtyla, presieduta da Benedetto XVI il prossimo primo maggio in Piazza San Pietro. La memoria del Beato sarà celebrata nel Calendario proprio della diocesi di Roma e delle diocesi della Polonia. Quanto agli altri Calendari propri, la richiesta di iscrizione della memoria facoltativa potrà essere presentata alla Congregazione dalle Conferenze episcopali per il loro territorio, dal vescovo diocesano per la sua diocesi, dal superiore generale per la sua famiglia religiosa. Si stabilisce, inoltre, che nell’anno successivo alla Beatificazione, sia possibile celebrare una Santa Messa di ringraziamento, su iniziativa del vescovo diocesano. La memoria del 22 ottobre ricorda, dunque, la Messa d’inizio Pontificato di Karol Wojtyla. Ripercorriamo alcuni passaggi salienti dell’omelia, nel servizio di Alessandro Gisotti:

    “Non abbiate paura”: la vibrante esortazione enunciata da Giovanni Paolo II all’inizio del suo ministero petrino racchiude tutta la sua vita, la sua straordinaria testimonianza al servizio di Cristo, della Chiesa, a difesa della dignità degli uomini. Il Successore di Pietro eleva al Signore una “fervente, umile” e “fiduciosa preghiera”:

    “O Cristo! Fa’ che io possa diventare ed essere servitore della tua unica potestà! Servitore della tua dolce potestà! Servitore della tua potestà che non conosce il tramonto! Fa’ che io possa essere un servo! Anzi, servo dei tuoi servi”.

    Poi, pronuncia quelle parole che fanno ormai parte della storia dell’umanità. Lo fa con un vigore che pare già scardinare i muri che ancora separano uomini e civiltà:

    “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa ‘cosa è dentro l’uomo’. Solo lui lo sa!”

    Karol Wojtyla sa di essere il primo Papa non italiano dopo quattro secoli e mezzo. E tuttavia, fin dal giorno dell’elezione, il 16 ottobre, ha saputo raggiungere il cuore dei fedeli italiani e in particolare dei romani. Una relazione speciale quella intessuta con la sua diocesi di Roma, che ha delle motivazioni profonde, come lui stesso spiega in quel memorabile 22 ottobre di 33 anni fa:

    “Alla Sede di Pietro a Roma sale oggi un Vescovo che non è romano. Un Vescovo che è figlio della Polonia. Ma da questo momento diventa pure lui romano. Sì, romano! Anche perché figlio di una nazione la cui storia, dai suoi primi albori, e le cui millenarie tradizioni sono segnate da un legame vivo, forte, mai interrotto, sentito e vissuto con la Sede di Pietro, una nazione che a questa Sede di Roma è rimasta sempre fedele”.

    Nella Messa che suggella l’inizio del ministero petrino, Karol Wojtyla si rivolge ad ogni uomo, in particolare a chi “è invaso dal dubbio”, a chi “è incerto del senso della sua vita su questa terra”. A tutti, il Papa “venuto da lontano” porta un messaggio di speranza: permettete a Cristo di parlarvi, solo lui ha parole di vita eterna. Un’esortazione a lasciarsi incontrare dall’amore di Dio, che Giovanni Paolo II ha ripetuto instancabilmente nei 27 anni seguiti a quella Messa solenne in Piazza San Pietro.

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    Roma e il Papa Beato: illustrati in Campidoglio servizi e manifestazioni per l'evento del primo maggio

    ◊   Si potrebbe arrivare anche ad un milione di presenze a Roma nei giorni che precederanno e seguiranno il primo maggio, data della Beatificazione di Papa Giovanni Paolo II, e la città vuole essere pronta. Oggi, in Campidoglio la presentazione delle manifestazioni e dei servizi messi in campo per rendere questo appuntamento un momento di festa. Garantire un’accoglienza attenta e cordiale, far conoscere e valorizzare la figura di Giovanni Paolo II, anche come vescovo di Roma e come amico di tutta la società, anche laica e non cattolica: questi gli obiettivi ribaditi sia dal sindaco, Gianni Alemanno, che dal vicario del Papa per la diocesi di Roma, il cardinale Agostino Vallini. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    “Io vi ho cerato, voi siete venuti da me e per questo vi ringrazio”: sono le parole di Giovanni Paolo II che guidano in queste ore la grande macchina organizzativa che tra il 30 aprile e il 2 maggio farà di Roma una città spalancata sul mondo. La mobilitazione - che per la prima volta vede collaborare, anche finanziariamente, l’Opera Romana Pellegrinaggi insieme con il Comune - è generale. Per le informazioni funzioneranno il call center 060608, un sito web specifico nel Portale di Roma Capitale e soprattutto 35 punti di accoglienza distribuiti sul territorio, perché - dall’arrivo alla meta - ognuno, fedele o turista, si senta accolto in un clima positivo ma anche sobrio, come spiega il sindaco, Gianni Alemanno:

    “Proprio per far emergere con forza il valore umano e spirituale di questo evento, bisogna abbassare i toni dal punto di vista materiale. Quindi sobrietà, massima economicità e volontari. I volontari saranno i veri protagonisti di queste giornate: insieme saranno i volontari di Roma Capitale, che sono circa 3.500, e i volontari dell’Opera Romana Pellegrinaggi, ma anche i volontari dell’Unitalsi e i volontari che saranno presenti in ogni punto di Roma per accogliere i pellegrini”.

    Al fianco dei volontari, il potenziamento dei servizi di emergenza, con circa 200 presidi e 7 aree di pronto intervento; l’attività di pulizia della città, attiva 24 ora su 24, e soprattutto la mobilità: 150 mezzi pubblici in più, con corse anche notturne, navette da stazioni e aeroporti e 5.046 posti pullman a disposizione. Ma l’efficienza del sistema - sottolineano gli organizzatori - non deve prevalere sul contenuto spirituale di questo evento. Lo ha ribadito il cardinale Agostino Vallini:

    “La Beatificazione di Giovanni Paolo II è un grande evento spirituale: è stato un testimone moderno del Vangelo, per il modo in cui ha vissuto la sua umanità. Giovanni Paolo II ha affermato, ha scritto e ha insegnato che non c’è altra via per essere pienamente uomini se non la fede in Cristo, morto e risorto. Lo ha vissuto, lo ha testimoniato e questo è il grande messaggio, o se vuole anche il grande nutrimento di cui questa nostra umanità ha bisogno. Quindi la sua Beatificazione sarà veramente l’occasione per lodare il Signore del dono che ha fatto alla Chiesa e al mondo con questo testimone. Ma anche per meditare, per riflettere e per raccogliere un modello di vita”.

    Il porporato ha ricordato anche le tre importanti tappe religiose i in programma: la veglia di sabato 30 aprile al Circo Massimo per pregare con Giovanni Paolo II, ripercorrendo i cinque continenti che lui ha visitato; la cerimonia di Beatificazione di domenica, con la venerazione che ne seguirà; poi la Santa Messa di ringraziamento, il giorno successivo. Ma Giovanni Paolo II - ha ricordato il porporato - oltre che uomo universale è stato anche l’uomo di Roma, il vescovo di Roma, amato e legato alla città, in modo profondo, anche a tutta quella società laica o non cattolica che la popola. Questo aspetto sarà il cuore del concerto del 2 maggio in Piazza del Campidoglio, con le testimonianze anche del Rabbino Toaff, del segretario privato di Giovanni Paolo II, il cardinale Dziwisz, e dell’allora portavoce della Sala Stampa vaticana, Navarro-Valls. Affidati, invece, a due mostre fotografiche altri aspetti della vita di questo Papa: si tratta delle mostre “Karol, il Papa dei popoli”, in Piazza della Repubblica, e “All’altare di Dio” ai Musei Capitolini. L’assessore alla cultura, Dino Gasperini:

    “Sarà una grande festa, in cui dialogheranno i diversi linguaggi artistici all’interno delle diverse manifestazioni. Il Papa non fu soltanto un artista: Papa Giovanni Paolo II fu il primo Pontefice che si misurò con i media, fu il primo Papa che apparve su Internet, il primo Papa che parlò da una parte all’altra del mondo, utilizzando dei canali di comunicazione, e che declinò la sua immagine con il linguaggio dell’arte. Credo sia giusto rendergli omaggio, tenendo conto di quello che è stato e di quello che ha fatto”. (mg)

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    Provviste di Chiesa

    ◊   In Angola, Benedetto XVI ha eretto la Provincia ecclesiastica di Malanje, elevando a Chiesa Metropolitana l’omonima sede vescovile, assegnandole come Chiese suffraganee le diocesi di Uije e Ndalatando. Il Santo Padre ha nominato primo arcivescovo metropolita di Malanje, mons. Luis María Pérez de Onraita Aguirre, finora vescovo della medesima diocesi. Quest'ultima, eretta il 25 novembre 1957, ha una superficie di 107 mila kmq, con 1.090.000 abitanti, di cui 500 mila cattolici (ca. 50%), serviti in 10 parrocchie da 49 sacerdoti (29 diocesani e 20 religiosi), e 120 religiose. Vi sono 30 seminaristi maggiori.

    Sempre in Angola, il Papa ha eretto la Provincia ecclesiastica di Saurimo, elevando a Chiesa Metropolitana l’omonima sede vescovile, assegnandole come Chiese suffraganee le diocesi di Lwena e Dundo. Il Pontefice ha nominato primo arcivescovo metropolita di Saurimo, mons. José Manuel Imbamba, finora vescovo di Dundo e amministratore apostolico di Saurimo. La diocesi di Saurimo, eretta il 10 agosto 1975, è situata nella parte nordorientale del Paese e comprende i confini della provincia di Lunda-Sul. Si estende su 77.600 kmq, con una popolazione di 420 mila abitanti, di cui 61.700 cattolici (15%), suddivisi in 5 parrocchie, servite da 11 sacerdoti diocesani, 10 religiosi (appartenente alle 3 Congregazioni) e 18 religiose (delle 2 Congregazioni), che collaborano nell’assistenza parrocchiale. Vi sono 3 seminaristi maggiori.

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    Udienze e nomine

    ◊   Negli Stati Uniti, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Yakima, presentata da mons Carlos A. Sevilla, per sopraggiunti limiti di età. Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Yakima (U.S.A.) mons. Joseph J. Tyson, finora vescovo ausiliare di Seattle. Mons. Joseph Jude Tyson è nato il 16 ottobre 1957 a Moses Lake (Washington), nella diocesi di Yakima. Ha ricevuto la sua educazione dapprima presso la scuola elementare “Saint Alphonsus” a Ballare e, poi, presso la “Bishop Blanchet High School” a Seattle. Nel 1975 ha frequentato il “Shoreline Community College” a Seattle e l’“University of Washington”, dove ha conseguito il bacellierato in “Communications and Journalism” e un “Masters” in “International Studies”. Ha completato gli studi ecclesiastici al “Theological College” presso l’Università Cattolica d’America a Washington. E’ stato ordinato sacerdote il 10 giugno 1989 per l’arcidiocesi di Seattle. Nominato vescovo titolare di Migirpa ed ausiliare dell’arcidiocesi di Seattle il 12 marzo 2005, ha ricevuto la consacrazione episcopale il 6 giugno successivo.

    In Mozambico, Benedetto ha anche nominato vescovo della diocesi di Tete padre Inácio Saure, Maestro dei novizi presso il Noviziato internazionale della Consolata a Maputo. Padre Inácio Saure, è nato il 2 marzo 1960, a Balama, nella Diocesi di Pemba, in Mozambico. Dopo lo scoppio della guerra civile, è entrato nel Seminario della Consolata a Maputo; ha frequentato i corsi di Filosofia e il I anno di Teologia nel Seminario S. Agostino di Matola (1990-1992), proseguendo poi nel 1993 gli studi teologici presso l’Istituto Superiore di Teologia S. Eugenio di Mazenod a Kinshasa (R.D. del Congo). È stato ordinato sacerdote l’8 dicembre 1998.

    La diocesi di Tete (1962), suffraganea dell'arcidiocesi di Beira, ha una superficie di 100.725 kmq e una popolazione di circa due milioni di abitanti, di cui 270 mila cattolici. Ci sono 25 parrocchie servite da 31 sacerdoti (5 diocesani, 26 religiosi), 5 fratelli religiosi, più di 60 suore e 19 seminaristi maggiori.

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    Visita di Benedetto XVI al cardinale Canestri per il 70.mo di sacerdozio

    ◊   Benedetto XVI ha visitato, domenica scorsa, il cardinale Giovanni Canestri, prossimo a celebrare il 70.mo anniversario di ordinazione sacerdotale (12 aprile 1941). Nel mese di luglio il cardinale Canestri celebrerà anche il cinquantesimo di quella episcopale (30 luglio 1961). Con il Pontefice erano presenti anche il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, e il segretario particolare del Papa, mons. Georg Gänswein. Nella residenza del porporato – ricorda in una nota l’Osservatore Romano – c’erano tra gli altri, l’arcivescovo Ennio Appignanesi, e monsignor Enrico Pomili, succeduti a Canestri come parroci di Santa Maria Consolatrice. Infatti, nella chiesa romana di Casal Bertone — della quale tra l’altro il cardinale Joseph Ratzinger è stato titolare dal 1977 al 1993 — il cardinale, oggi novantaduenne, è stato giovane parroco dal 1951 al 1959. Gli è succeduto proprio monsignor Appignanesi, rimasto alla guida pastorale della comunità parrocchiale sino al 1981, quando è stato sostituito da mons. Pomili, rimasto poi parroco sino al 2007. Erano presenti all’incontro anche i monsignori Renzo Giuliano e Francesco Camaldo. (A.L.)

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    Il cardinale Tauran al Consiglio d’Europa: difendere la libertà religiosa e denunciare ogni forma di discriminazione

    ◊   “Mai il nome di Dio sia invocato per giustificare discriminazioni e violenze”: è l’accorato appello pronunciato stamani dal cardinale Jean-Louis Tauran, al Consiglio d’Europa in occasione di un dibattito sulla dimensione religiosa del dialogo interculturale, al quale hanno preso parte numerosi esponenti di diverse fedi. Il presidente del Pontificio Consiglio del Dialogo Interreligioso ha auspicato che il Consiglio d’Europa “abbia sempre il coraggio di prendere le decisioni necessarie per promuovere e, se c’è bisogno difendere, la libertà religiosa”. Ancora, ha invitato l’istituzione di Strasburgo a “denunciare tutte le forme di persecuzioni, di violenze e discriminazione per motivi religiosi, tanto in Europa quanto nel resto del mondo”.

    Nel suo discorso, il porporato francese ha citato interventi in favore della libertà religiosa di Benedetto XVI, Giovanni Paolo II e la Costituzione conciliare Gaudium et Spes. Il cardinale Tauran ha sottolineato che in Europa “nessuna religione può pretendere d’imporsi con la forza. In Europa si dialoga e la religione non si eredita semplicemente ma sempre più si sceglie”. Il cardinale Tauran ha, così, messo l’accento sull’importanza di luoghi dove i credenti possano condividere le proprie esperienze. L’Europa, ha aggiunto, è un crogiolo di culture e religioni di cui Strasburgo è un laboratorio e simbolo. Il porporato non ha poi mancato di ribadire che “l’umanesimo europeo ha un’origine cristiana”, ricordando come le grandi istituzioni europee “scuole, università ed ospedali” abbiano un’origine cristiana. (A cura di Alessandro Gisotti)

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    Il Consiglio speciale del Sinodo sul Medio Oriente: cristiani costretti all'esodo per mancanza di libertà religiosa

    ◊   “Un programma sinodale maturato all’interno dell’Assemblea, che attende di trovare applicazione nelle Chiese presenti in Medio Oriente”. Così il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, mons. Nikola Eterović, ha definito gli interventi che Benedetto XVI ha tenuto durante l’ultima assise sinodale dello scorso ottobre. Nell’introdurre i lavori della terza riunione del Consiglio speciale – svoltasi il 30 e il 31 marzo scorsi – mons. Eterovic è tornato anzitutto sulle linee portanti delle affermazioni del Papa al Sinodo, ricordando il tema dell’assise "La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: Comunione e testimonianza. 'La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un'anima sola' (At 4, 32)".

    Il segretario generale del Sinodo, informa una nota, “ha fatto pure riferimento alla situazione attuale nel Medio Oriente, che obbliga i cristiani a seguire l’esempio della prima comunità della Chiesa, nella quale tutti davano testimonianza di comunione, pur vivendo nelle difficoltà derivanti dalla novità della vita che avevano abbracciato, tra cui l’opposizione e l’inimicizia di molti”. Un saluto è stato rivolto in particolare da mons. Eterovic al nuovo patriarca di Antiochia dei Maroniti, Sua Beatitudine Béchara Boutros Raï. La riunione del Consiglio speciale si è poi suddivisa in due gruppi per studiare una bozza di lavoro con la quale presentare in maniera organica i contenuti delle Proposizioni enunciate al Sinodo, in vista della stesura del documento postsinodale.

    Tra gli aggiornamenti sulle Chiese particolari, informa il comunicato, c’è stato uno “scambio di pareri e informazioni” sulla situazione generale del Medio Oriente e del Nord Africa. “La situazione precaria dovuta a movimenti sociopolitici interessa da vicino le Chiese che – si afferma – condividono le gioie e le preoccupazioni dei cittadini, costretti in molti casi ad emigrare a causa della violenza, della mancanza di lavoro, della restrizione della libertà religiosa, del ridotto spazio della democrazia. Peraltro rimane impellente la necessità di un dialogo libero e fruttuoso con le altre religioni e con i legittimi rappresentanti dei poteri civili”.

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    Mons. Vegliò: grave la massa di profughi iracheni in tutto il Medio Oriente, l'Europa si mobiliti

    ◊   Un appello all’Unione Europea, affinché sia potenziato il programma di reinsediamento dei rifugiati provenienti dal Medio Oriente, arriva dall’arcivescovo Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti. Il presule ha compiuto nel mese di marzo una visita pastorale in Giordania, dove ha potuto verificare la drammatica condizione dei rifugiati iracheni. Eccolo al microfono di Fabio Colagrande:

    R. - La situazione è complessa. La regione – che comprende Iraq, Giordania, Libano, Siria e Turchia – è caratterizzata dal flusso dei rifugiati iracheni, il cui numero si aggira intorno ai due milioni. Solo in Iraq si possono contare circa 1 milione e mezzo di sfollati. In questo momento, in Giordania vi sono ben 300 mila migranti per motivi economici e circa 500 mila rifugiati, di cui circa 33 mila riconosciuti come tali dall'UNHCR. Un numero molto consistente di persone. Per questa accoglienza che il Paese offre ai rifugiati, malgrado la precarietà dello loro status, ho ringraziato personalmente il Re Abdullah II che mi ha ricevuto in udienza. Gli iracheni non vogliono rimanere nel proprio Paese e lo lasciano per paura. In particolare, la gente che scappa appartiene a minoranze non solo cristiane ma anche musulmane. Tutto ciò ha gravi conseguenze sulla società irachena, la sua gente e su ogni singolo individuo.

    D. - Qual è l’impegno della Chiesa locale in una realtà particolare come quella Giordana?

    R. - Ho riscontrato che vi è una generale predisposizione all’accoglienza come ritengo sia doveroso fare. Durante la mia visita in Giordania, ho visto organizzazioni cattoliche, come la Caritas e l’ICMC, che si prendono cura di quanti hanno bisogno, provvedendo ai generi alimentari, alla ricerca di lavoro, alle cure mediche negli ospedali e alla scolarizzazione. La Chiesa è anche attiva nella cura pastorale. Vi sono comunità di rifugiati che vivono in Giordania, come la chiesa Caldea che forma una comunità in diaspora, e come la Chiesa greco-melchita, che si attiva molto in favore dei rifugiati. Al tempo stesso, la Chiesa cattolica in Giordania è pure molto operosa con l’ausilio delle sue Congregazioni religiose. Infatti, vi sono sacerdoti e soprattutto suore che si recano a visitare le case dei rifugiati, per prestare assistenza integrale a ciascuna persona e organizzando campi per i giovani. Il problema dei rifugiati è che essi sono autorizzati a soggiornare nel Paese soltanto come ospiti, senza però diritto a lavorare. Questo divieto li fa cadere nella più assoluta povertà, privi di mezzi di sussistenza. Essi possono soltanto farsi spedire soldi dall’Iraq o da familiari sparsi in altri Paesi ospitanti. Molte volte le conseguenze sono drammatiche, dato che la situazione si protrae per anni. È chiaro che questi rifugiati non sono autorizzati a integrarsi nella società giordana. Per loro è previsto il ritorno nel Paese d’origine, l’Iraq, ma al momento non è possibile per la situazione incerta e pericolosa. Una terza possibilità è il re-insediamento nei Paesi disposti a ospitare i rifugiati. Con questa preoccupazione, desidero fare appello affinché il programma di re-insediamento dell’Unione Europea sia potenziato per accogliere un maggior numero di rifugiati dal Medio Oriente.

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    Dichiarazione di padre Lombardi sull'ex vescovo di Bruges

    ◊   Il direttore della Sala Stampa della santa Sede, padre Federico Lombardi, ha rilasciato una dichiarazione in merito a mons. Roger Vangheluwe, l’ex vescovo di Bruges, dimessosi il 23 aprile di un anno fa perché coinvolto nello scandalo degli abusi. “Nel quadro del procedimento nei confronti di Mons. Roger Vangheluwe – ha affermato padre Lombardi – la Congregazione per la Dottrina della Fede – come già comunicato dalla Nunziatura in Belgio – ha stabilito che egli lasci il Belgio e si sottoponga a un periodo di trattamento spirituale e psicologico. In tale periodo evidentemente non gli è permesso alcun esercizio pubblico del ministero sacerdotale ed episcopale”.

    “I trattamento psicologico – ha precisato padre Lombardi – è stato disposto dalla Congregazione per ottenere gli ulteriori elementi diagnostici e prognostici utili per continuare e concludere la procedura in vista della decisione definitiva, che rimane di competenza della Congregazione stessa, e da approvarsi da parte del Santo Padre. Tale decisione naturalmente terrà conto dei diversi aspetti della questione, a cominciare dalla sofferenza delle vittime e dalle esigenze della giustizia. Il procedimento è quindi tuttora in corso e la decisione presa finora dalla Congregazione è interlocutoria e non definitiva”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il re della gloria ci fa partecipi della vita eterna: in prima pagina, Manuel Nin sulla liturgia dei Doni presantificati nella tradizione bizantina.

    Nell'informazione internazionale, la visita in Guatemala (dal 25 al 31 marzo) dell'arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati.

    In cultura, l'intervento del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone al convegno, a Roma, "Giuseppe Siri. Chiesa, cultura, politica da Genova al mondo".

    Ventisette anni della nostra storia: Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio italiano, alla presentazione ieri - all'ambasciata d'Italia presso la Santa Sede - del libro di Andrea Riccardi "Giovanni Paolo II. La biografia".

    "La bugia di Gagarin": un articolo di Giulia Galeotti su"L'Osservatore Romano" e la propaganda sovietica.

    Claustrofobico Lumet: Emilio Ranzato ricorda il regista di "La parola ai giurati" e "L'uomo del banco dei pegni".

    Il lato politico di Hayez: a Brera un'esposizione dedicata al pittore risorgimentale per i 150 anni dell'unità d'Italia.

    Nell'informazione religiosa, la prefazione del Patriarca ecumenico Bartolomeo, arcivescovo di Costantinopoli, al suo libro sul cristianesimo ortodosso oggi.

    Nell'informazione vaticana, il cardinale Giovanni Coppa ricorda monsignor Amleto Tondini, maestro di fede e di cultura.

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    Oggi in Primo Piano



    I vescovi tedeschi anticipano le tappe fondamentali del viaggio del Papa in Germania dal 22 al 25 settembre

    ◊   Una visita che “non è rivolta solamente ai cattolici”. Con queste parole il presidente della Conferenza episcopale tedesca, mons. Robert Zollitsch, definisce in un comunicato stampa il viaggio che Benedetto XVI compirà in Germania dal 22 al 25 settembre prossimi. La Chiesa tedesca ha anticipato date e itinerario della visita pastorale, con una descrizione delle tappe più salienti. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    L’accento della visita sarà “ecumenico”, in particolare quando il Papa sosterà ed Erfurt, città dove Martin Lutero, l’iniziatore della Riforma protestante, era ancora cattolico e agostiniano. “La visita del Santo Padre nella zona dell’Eichsfeld vuole essere un segno di incoraggiamento e di rafforzamento nella nostra fede”, sottolinea lo stesso vescovo di Erfurt, mons. Joachim Wanke, nel comunicato dei vescovi tedeschi, che descrive nei particolari come si svolgerà il soggiorno di Benedetto XVI, in questo suo terzo ritorno in Germania. Il programma approvato dal Papa - annuncia la Conferenza episcopale del Paese - “prevede pernottamenti nelle maggiori città – Berlino, Erfurt e Friburgo – e grandi celebrazioni liturgiche nelle tre diocesi”. Da oggi, è in funzione il sito Internet dedicato al viaggio di settembre (“papst-in-deutschland.de”), che contiene informazioni sul programma e anche la possibilità di prenotarsi per partecipare alle celebrazioni eucaristiche presiedute da Benedetto XVI, per le quali ci si potrà accreditare anche per il tramite delle parrocchie.

    In attesa della pubblicazione del programma ufficiale da parte della Sala Stampa Vaticana, i vescovi tedeschi ne hanno anticipato a grandi linee gli eventi. L’arrivo del Papa all’aeroporto di Berlino è previsto per le 10.30 di giovedì 22 settembre e dopo le visite ufficiali sarà tempo per la prima delle tre Messe papali, in questo caso celebrata davanti al castello di Charlottenburg. Il giorno successivo, il Pontefice si sposterà a Erfurt, tappa nella quale l’evento di rilievo sarà costituito dal Colloquio con la Chiesa evangelica tedesca nel convento agostiniano della città, seguito dalla celebrazione ecumenica della Parola. Dopo il trasferimento pomeridiano al santuario di Etzelsbach (Eichsfeld) per la recita dei Vespri mariani, Erfurt ospiterà sabato 24 la celebrazione eucaristica sul sagrato del duomo. Nel pomeriggio, Benedetto XVI si sposterà a Friburgo dove, nel pomeriggio, si svolgerà un incontro con la Chiesa ortodossa e, a seguire, la veglia di preghiera con i giovani nella zona della Fiera. Domenica 25, infine, il Papa presiederà al mattino la Messa all’aeroporto di Friburgo, quindi nel pomeriggio terrà un discorso nella Sala dei Concerti della città per poi ripertire in serata per Roma.

    Il programma della visita, spiega ancora il comunicato dei vescovi tedeschi, prevede anche l’incontro di Benedetto XVI con i rappresentanti del Consiglio degli Ebrei, con delegati dell’Islam e con membri del Comitato centrale dei cattolici tedeschi. In programma anche colloqui con le massime autorità dello Stato, tra le quali il cancelliere federale, la signora Angela Merkel.

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    Costa d’Avorio: l’ex capo dello Stato Gbabo verrà processato

    ◊   Clamorosa svolta in Costa D’Avorio. Ieri ad Abidjan, in un ultimo clamoroso attacco al suo bunker, è stato arrestato il presidente uscente, Laurent Gbagbo. Il blitz è stato condotto dalle truppe del capo di Stato eletto, Alassane Ouattara, coadiuvate dalle forze francesi e delle Nazioni Unite. Il segretario generale del Palazzo di Vetro, Ban Ki-moon, ha esortato Ouattara ad evitare un bagno di sangue, mentre il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha salutato la resa come “una vittoria per la democrazia”, invitando il presidente legittimo, Alassane Ouattara, a “governare in nome di tutto il popolo”. E quest’ultimo ha annunciato che Gbagbo sarà processato. Si conclude così la dolorosa vicenda ivoriana, iniziata con il ballottaggio presidenziale del 28 novembre scorso, e con il rifiuto di Gbagbo di lasciare il potere. La crisi, secondo fonti Onu, è costata la morte di almeno 536 persone e centinaia di migliaia di sfollati. Sugli ultimi eventi Giancarlo la Vella ha intervistato Anna Bono, docente di Storia dei Paesi africani all’Università di Torino:

    R. – Il modo in cui questa crisi postelettorale, iniziata quattro mesi fa, si sta concludendo non è dei migliori. Gbagbo è stato arrestato con l’aiuto decisivo di forze esterne. Le settimane a venire – speriamo che non siano mesi – ci diranno se la comunità internazionale, che ha avuto un peso decisivo nel risolvere questa crisi, ha avuto ragione a comportarsi in questo modo. Mi riferisco soprattutto al fatto che essersi schierata immediatamente a favore dell’avversario Ouattara può essere stata una decisione avventata, visto che i risultati sono stati e resteranno per sempre un punto interrogativo.

    D. – Si ha la sensazione che la situazione si sia conclusa al vertice, ma che di fatto persista un forte rischio di guerra civile. E c'è poi la situazione umanitaria da risolvere: in 500 mila sono fuggiti dalle violenze, hanno lasciato le proprie case.

    R. – Forse persino il doppio. La situazione reale del Paese è tutta da risolvere. E’ un Paese effettivamente diviso in due e questi anni e questi ultimi eventi non hanno certo migliorato la situazione tra nord e sud, tra etnie antagoniste, possiamo dire, da secoli, tra popolazione islamica e popolazione cristiana. C’è da considerare per di più che il nuovo leader, il nuovo presidente Ouattara, è visto forse dalla maggior parte della popolazione ivoriana prima di tutto come uno straniero per le sue origini non ivoriane - che infatti negli anni passati gli hanno impedito di candidarsi alla carica di presidente come aveva già tentato di fare. Inoltre, a questo bisogna adesso aggiungere il fatto che la sua conquista del potere è stata dovuta più al fatto di essere stato sostenuto da forze esterne e dalle sue truppe, che in virtù del voto, lasciando dietro di sé una scia di sangue e violenze che peseranno di sicuro in una prospettiva di pace.

    D. – Sembrerebbero le stesse accuse per cui verrà processato Gbagbo, in fondo...

    R. – Sì. L’aspetto problematico di questa crisi che si conclude per un verso e si apre per un altro è che le stesse accuse rivolte a Gbagbo – violenze, la determinazione a non ammettere la volontà popolare – si possono e si devono rivolgere anche Ouattara. Le premesse con cui sale al potere questo leader non sono delle migliori. I prossimi giorni saranno decisivi per un verso. Si è già parlato di una Commissione di riconciliazione… Molto dipenderà anche da come si comporterà Ouattara nei confronti non tanto di Gbagbo, ma del suo schieramento. Esce di scena un leader ma, non dimentichiamo, dietro a un leader c’è una cordata di parlamentari, ministri, personalità ivoriane che adesso rischiano a loro volta le loro posizioni economiche e politiche. Molto dipenderà da come Ouattara saprà e vorrà gestire il rapporto con gli sconfitti. (bf)

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    Medici senza frontiere ricordano le "crisi dimenticate" nel mondo, da Haiti al Pakistan

    ◊   Medici Senza Frontiere ha presentato oggi a Roma il settimo Rapporto sulle “Crisi dimenticate”, a cura dell’Osservatorio di Pavia. Nel 40.mo anno dalla fondazione dell’organizzazione, il documento prende in esame le notizie trattate dalla stampa italiana ed europea, occupandosi del terremoto ad Haiti e delle alluvioni in Pakistan, ma anche della situazione in Libia, Bahrein e Costa d'Avorio. Il servizio di Giada Aquilino:

    Il terremoto e l’epidemia di colera ad Haiti. Le alluvioni in Pakistan. Gli sconvolgimenti in Libia, Costa d’Avorio e Bahrein. Sono le crisi umanitarie del 2010 e d’inizio 2011. Ma nonostante l’entità delle emergenze, non tutte hanno avuto la stessa visibilità mediatica. In particolare, il settimo rapporto di Medici Senza Frontiere sulle “Crisi dimenticate” mostra, ha detto Kostas Moschochoritis, direttore generale di MSF Italia, come, per quanto riguarda Haiti, “l’enorme copertura da parte dei media data al terremoto del 12 gennaio 2010 e l’enorme mobilitazione di fondi e organizzazioni umanitarie non si siano poi tramutate in una risposta immediata nella gestione dell’epidemia di colera, esplosa sull’isola a ottobre” scorso. Per le alluvioni in Pakistan dell’estate 2010, la stampa - italiana e non solo - ha prestato attenzione all’emergenza in agosto, poi i riflettori si sono spenti già a partire da settembre. Per Moschochoritis, l’allarme ora è anche per la Costa d’Avorio, a poche ore dall’arresto dell’ex presidente Laurent Gbagbo, ad opera dei fedelissimi del capo di Stato eletto, Alassane Ouattara:

    “Parliamo di una situazione molto difficile per la popolazione, con un non-accesso alle strutture sanitarie da parte della gente comune. All’ospedale di Abobo di Abidjan, dove supportiamo il sistema sanitario locale, avevamo predisposto un sistema di ambulanze per portare i feriti all’ospedale: negli ultimi giorni, questo sistema non ha potuto funzionare perché la sicurezza non lo ha consentito. E la gente non è potuta arrivare all’ospedale. Questa è una cosa che abbiamo denunciato fortemente: l’accesso della popolazione alle strutture sanitarie è alla base del diritto umanitario internazionale. Inoltre, cerchiamo di garantire quei servizi che sono necessari comunque in ogni Paese: non dobbiamo dimenticare che non ci sono soltanto i feriti da arma da fuoco, ma ci sono donne incinte con parti complicati, c’è la popolazione vulnerabile che ha malattie croniche, che ha bisogno di cure continue”.

    Stefano Zannini, capo missione MSF ad Haiti, ha notato che in queste settimane l’attenzione per l’isola caraibica è tutta per i risultati delle elezioni, vinte dal cantante Michel Martelly. Ma l’allarme è ancora alto:

    R. – Ci sono vari pericoli, secondo me. Sicuramente il processo elettorale sta facendo attraversare alle istituzioni pubbliche haitiane una fase di impasse generale. Non vengono prese decisioni, mancano i funzionari pubblici e si aspetta un nuovo governo. Eppure, i rischi sono impellenti: il rischio di ripresa dell’epidemia di colera con l’arrivo delle prossime piogge, il rischio di catastrofi naturali come inondazioni, cicloni, smottamenti o addirittura altri terremoti. E, inoltre, tensioni politiche e sociali legate ad una possibile crisi alimentare: ricordiamo che i prezzi di alcuni prodotti alimentari di base stanno aumentando a livello internazionale e ad Haiti il raccolto del riso – che è uno dei prodotti alimentari più importanti – è oggi in grande difficoltà.

    D. – In quale zona avviene la coltivazione del riso?

    R. – Ad Haiti, la maggior parte del riso viene prodotta nel dipartimento dell’Artibonite, che è quello nel quale l’epidemia di colera ha avuto inizio nell’ottobre 2010. Moltissimi agricoltori si rifiutano oggi di andare in quelle zone a raccogliere il riso, preoccupati del rischio di nuovi contagi. Se questo raccolto non dovesse essere assicurato, come nei mesi e negli anni passati, si rischia effettivamente di avere ulteriori, gravi problemi nei prossimi mesi.

    L’impegno di MSF è anche per il Nord Africa e i Paesi arabi, teatro di una grave escalation di violenza a danno dei civili, come pure per l’isola italiana di Lampedusa, per l’assistenza ai migranti. In Libia, un intervento particolare è da poco riuscito a Misurata. Ce ne parla Sergio Cecchini, responsabile comunicazione MSF Italia:

    “Misurata è una città isolata e domenica 3 aprile siamo riusciti ad approdare in città con una nave e ad evacuare 71 feriti gravi a causa del conflitto. Li abbiamo trasferiti in Tunisia, dove sono stati presi in carico dalle strutture sanitarie locali. Quando siamo arrivati a Misurata, l’ospedale cittadino era stato più volte bombardato durante la mattinata e c’era enorme bisogno di materiale medico, che siamo riusciti a trasportare con la stessa nave”.

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    La campagna Cei sull’8xmille all’insegna della trasparenza. Aiuti per 2500 immigrati del Nord Africa

    ◊   Presentata stamane a Roma, nella sede della nostra emittente, la nuova campagna dell’8xmille alla Chiesa italiana. Presente mons. Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della Cei, assieme ad alcuni protagonisti delle storie raccontate negli spot. Il servizio di Roberta Gisotti:

    (spot)

    Dalle scuole per gli ex bambini soldato ugandesi alle cucine popolari di Padova, dal Centro per anziani soli a Pantelleria alla Casa per le bambine abbandonate di Calcutta: sono alcune delle storie proposte nei nuovi spot e annunci dell’8xmille, che vedremo su tv e giornali a partire dal 17 aprile. La novità quest’anno è l’invito ad approfondire queste realtà di bisogno sul sito Internet, dove saranno i diretti interessati a raccontare i diversi progetti, insieme ad otto bloggers, che hanno visitato le opere, documentandole con diari di viaggio e foto. Nel sito sarà disponibile anche un "Libro bianco" per conoscere le migliaia di interventi realizzati sul territorio grazie ai fondi dell’8xmille, a 22 anni dall’istituzione del Servizio per il sostegno economico alla Chiesa. Una campagna, senza immagini shock né quadretti edificanti, che punta più che nel passato a coinvolgere i cittadini, come ci spiega mons. Domenico Pompili, responsabile comunicazione della Cei:

    R. – Sì: non vuol essere semplicemente una documentazione di quello che si fa, ma ha nel suo linguaggio, molto più da reportage, anche la capacità di coinvolgere le persone intorno ai drammi di cui spesso si fa carico l’8 per mille e che vengono attentamente documentati. E poi, questo rimando on-line al "Libro bianco" mi pare sia una forma concreta per dare spazio a quella interattività che rende oggi il mondo di Internet così intrigante, non solo per le giovani generazioni: offre la possibilità di avere quotidianamente un contatto con quello che la testimonianza cristiana, grazie proprio all’8 per mille, riesce a realizzare negli ambiti spesso più disattesi della nostra società.

    D. – Documentare, ma anche dare massima trasparenza agli interventi portati avanti...

    R. – Certamente, c’è un’esigenza di accountability, ovvero un’esigenza di responsabilità che porta a render conto di ciò che si è ricevuto, ma nello stesso tempo dà anche la possibilità di mostrare nei fatti quanto l’8 per mille riesca ad essere un volano di iniziative e di presenze sul territorio che la Chiesa garantisce proprio con la sua presenza così capillare.

    D. – Il pensiero corre inevitabilmente, in questi giorni, agli immigrati del nord Africa. Come sta reagendo la Chiesa italiana a questa situazione di bisogno estremo?

    R. – Mi pare che la risposta sia stata quella di offrire concretamente luoghi in cui poter alloggiare, passando dunque da una disponibilità teorica ad una disponibilità molto concreta. Già qualche settimana fa, il segretario generale della Cei ha parlato di circa 2.500 posti disponibili e mi sembra che ormai tutte le Caritas sul territorio siano attivate per rendere possibile questa accoglienza che è assolutamente necessaria. Pure nel contesto di un problema che, evidentemente, non è solo italiano ma ha a che fare con l’Europa. (gf)

    A tracciare il bilancio delle entrate dell’8xmille è stato mons. Giampietro Fasani, economo della Cei. I dati a disposizione sono quelli delle dichiarazioni fiscali del 2008 relative ai redditi del 2007. In aumento il numero assoluto dei firmatari anche se in lieve calo percentuale, intorno all’85%; in aumento anche il gettito complessivo, in parte dovuto all’incremento dell’entrata fiscale. Riguardo la gestione dei fondi - circa 1 miliardo di euro - 381 milioni sono andati ad integrare il reddito di 37 mila sacerdoti; altri 381 milioni sono serviti per le esigenze di culto, compresi gli interventi sulle chiese; circa 205 milioni sono stati destinati ad opere di carità, di cui 85 milioni nei Paesi in via di sviluppo. L’intenzione – ha detto mons. Fasani – è di aumentare quest’anno la quota per la carità, decisione che sarà presa nella prossima Assemblea generale della Cei, prevista a Roma dal 23 al 27 maggio.

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    Giovanni XXIII e la "mirabile ascensione" di Gagarin, a 50 anni dal grande volo

    ◊   Sono passati 50 anni dal primo volo dell’uomo nello spazio. A compierlo è stato nel 1961 il cosmonauta russo, Yuri Gagarin, che superò l’allora invalicabile barriera dello spazio oltre l’atmosfera. Un'impresa che anche Papa Giovanni XXIII seguì con emozione. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    (Canzone “Gagarin”)
    E’ il 12 aprile del 1961. Sono le 6.50, ora di Mosca, e il 27.enne Yuri Gagarin si sistema sulla navicella Vostok che alle 9.07 parte per una storica missione. La capsula russa compie un’intera orbita ellittica intorno alla terra ed il cosmonauta, il primo uomo nello spazio, alle 10.55 tocca di nuovo il suolo terrestre. Questo il documento sonoro su quella straordinaria impresa, trasmesso dalla Radio di Mosca dopo il ritorno di Gagarin dallo spazio, con le ultime parole pronunciate proprio dal pilota russo che annuncia di essere appena partito:

    (Parole in russo)

    Per la prima volta un uomo può ammirare la Terra dallo spazio. Le prime parole pronunciate dal cosmonauta russo, morto sette anni dopo quell'impresa, sono dedicate allo straordinario panorama visto dall’oblò della sua navicella: “La Terra – esclama Gagarin dallo spazio – è blu, è bellissima, è incredibile!”. Dopo quella prima missione spaziale, sono stati diversi i voli compiuti, nell’arco di pochi mesi, da astronauti statunitensi e cosmonauti russi. Papa Giovanni XXIII parlò pubblicamente di quelle “imprese spaziali” in un radiomessaggio rivolto ai fedeli di tutto il mondo domenica 12 agosto del 1962:

    “I popoli, e in particolare le giovani generazioni, seguono con entusiasmo gli sviluppi delle mirabili ascensioni e navigazioni spaziali. Oh! come vorremmo che queste intraprese assumessero significato di omaggio reso a Dio creatore e legislatore supremo. Questi storici avvenimenti come saranno segnati negli annali della conoscenza scientifica del cosmo, così possano divenire espressione di vero e pacifico progresso, a solido fondamento della umana fraternità”.

    Su quel primo volo di un uomo nello spazio si è soffermato, il 13 marzo del 2000, anche l’allora cardinale Joseph Ratzinger, nel suo intervento nel corso della “Settimana della fede” promossa dall’arcidiocesi di Palermo. In quell’occasione, il cardinale Ratzinger ha ricordato che Juri Gagarin, ritornando dal suo viaggio nello spazio, aveva asserito “di non aver visto alcun dio”. “Anche per l’ateo meno provveduto – osservò allora il futuro Pontefice – era ovvio che una simile affermazione non poteva costituire un argomento convincente contro l’esistenza di Dio”. “Che Dio non si possa toccare con le mani od osservare con il telescopio, che non abiti sulla luna, su Saturno, su qualche pianeta o nelle stelle – concluse il cardinale Ratzinger - lo si sapeva già, prima che ce lo dicesse Gagarin, a prescindere dal fatto che questo viaggio nello spazio, pur rimanendo un’impresa straordinaria, se riferito ai parametri dell’Universo, può venir considerato tutt’al più una breve passeggiata fuori della porta di casa”.

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    I Papi a confronto con la Sindone, "specchio del Vangelo": una lezione del teologo, mons. Ghiberti

    ◊   La Sindone nei discorsi di tre grandi Papi. Questo il tema della conferenza tenutasi ieri all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma nell’ambito del corso di specializzazione in Studi Sindonici. Relatore dell’incontro è stato monsignor Giuseppe Ghiberti, teologo e biblista e uno dei massimi esperti internazionali della reliquia. Il servizio di Michele Raviart:

    I Papi e la Sindone. Un rapporto irrinunciabile in cui devozione e scienza spesso si intersecano tra loro. Un argomento libero per la fede, ma sul quale molti pontefici hanno sempre sentito il bisogno di prendere una posizione, mostrando una sorta di amore pudico, importante in modo unico, per la reliquia. Padre Giuseppe Ghiberti, teologo e biblista.

    “La Sindone non può essere dichiarata articolo di fede, perché nel credo non c’è, ad esempio. In realtà, però, aiuta a credere, e tutto il programma della Chiesa è proprio in quella direzione: richiamare alla fede coloro che possono essere distratti e che, magari, a contatto con questo segno possono riprendere un rapporto con il Signore”.

    In occasione delle Ostensioni pubbliche del Sacro Lino, Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, hanno sottolineato nei loro discorsi il legame naturale della reliquia con il racconto dei Vangeli e con gli ultimi giorni mortali di Cristo. La Sindone come “specchio del Vangelo”, quindi e come modello e invito all’evangelizzazione. Ma se per Paolo VI la Sindone è la fortuna riservata all’uomo moderno di poter vedere qualche lineamento del volto di Gesù “così vero, così profondo, così umano e divino”, per Giovanni Paolo II, la reliquia è un’opportunità per delimitare i confini tra scienza e fede:

    “Per Giovanni Paolo II, c’è l’insistenza, da una parte, nel chiarire quale sia il campo della competenza della scienza, e cioè la risposta a quelle due famose domande dell’età del telo sindonico e della modalità di formazione dell’immagine sindonica. Dall’altra parte, però, c’è tutto il rimando sia alla sofferenza che al silenzio che alla debolezza, in modo che ambedue gli aspetti, quello della devozione da una parte e della ricerca dall’altra, si condizionino tra di loro”.

    La prospettiva di Benedetto XVI è invece quella della Sindone come aiuto ad accettare la sofferenza e la morte. Ancora Padre Ghiberti:

    “Per Benedetto XVI, è il richiamo al mistero del Sabato Santo, quello che viene ad echeggiare quando ci si mette di fronte alla Sindone, e cioè il mistero del momento in cui l’Incarnazione ha toccato il punto più basso della sua realizzazione: non solo la morte, ma il rimanere nella morte, per cui la forza della Resurrezione ha provocato il superamento e, nello stesso tempo, ha dato il motivo della speranza. E noi passiamo per la stessa strada”.(ap)

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    Il patrimonio dell'Oriente cristiano nella rubrica dedicata al Concilio Vaticano II

    ◊   La ricchezza della tradizione spirituale e liturgica dell’Oriente cristiano va preservata senza modifiche che possano snaturarla. A questo mirarono in sostanza i padri conciliari quando nel approvarono il Decreto Orientalium Ecclesiarum, poi promulgato da Paolo Vi nel novembre del 1964. Sui contenuti del documento si sofferma il gesuita, padre Dariusz Kowalczyk, nella 23.ma puntata della rubrica dedicata al Vaticano II:

    Per secoli si è cercato di “latinizzare” l’Oriente cattolico. Il Concilio si è opposto a tali sforzi dicendo chiaramente che tutti gli orientali “possono sempre e devono conservare i loro legittimi riti e la loro disciplina, e che non si devono introdurre mutazioni, se non per ragione del proprio organico progresso” (n. 6). Il decreto sulle Chiese orientali sottolinea che esse sono patrimonio irrinunciabile della Chiesa universale.

    Il Concilio esprime la speranza che proprio le Chiese orientali che sono in comunione con il Vescovo di Roma potranno promuovere l'unità di tutti i cristiani, specialmente orientali. Purtroppo capita che la realtà sia diversa – le Chiese orientali cattoliche sono a volte viste dalle Chiese ortodosse non come un ponte nel dialogo ecumenico, ma al contrario, come un cavallo di Troia.

    Il decreto Orientalium Ecclesiarum formula diverse indicazioni particolari. Una di esse riguarda la festa di Pasqua, cioè la possibilità di arrivare – nella stessa regione o nazione – a un accordo tra i cristiani orientali ed occidentali, per celebrare la Pasqua nella stessa domenica. Questo invito rimane attuale, perché finora i cristiani dei diversi riti non sono riusciti a fissare un unico giorno per la comune celebrazione pasquale.

    L’anno scorso si è tenuto a Roma il Sinodo dei Vescovi per la Chiesa cattolica in Medio Oriente, che costituisce una parte importante di tutta la tradizione orientale. I cristiani di quella regione sono spesso limitati nel loro spazio di espressione religiosa. “Allargare questo spazio […] diventa – ha detto Benedetto XVI – un’esigenza per garantire a tutti gli appartenenti alle varie comunità religiose la vera libertà di vivere e professare la propria fede”. Si deve far tutto, per fermare l’emigrazione dal Medio Oriente dei cristiani locali che oggi subiscono diverse discriminazioni.

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    Chiesa e Società



    Costa d'Avorio: nonostante le violenze i missionari non lasciano il Paese

    ◊   Il conflitto in Costa d’Avorio finora ha causato danni irreparabili sia all’economia del Paese sia nella vita della popolazione, oltre che centinaia di morti e più di un milione di rifugiati. Stando alle notizie diffuse dai mezzi di comunicazione, i cittadini spagnoli che lo richiedono vengono rimpatriati, mentre in tanti, nonostante il clima di violenza, rimangono nel Paese. Tra questi ci sono i missionari. “Non abbiamo mai pensato di abbandonare la Costa d’Avorio”, commenta una religiosa, delle Domenicane dell’Annunziata, in una nota diffusa dall’Ong cattolica Manos Unidas. Tutti i religiosi dei diversi Ordini presenti nel Paese africano continuano il loro lavoro. Non risultano attacchi nè minacce, ma certo sono impauriti. Molti rifugiati vengono accolti nelle loro case. Manos Unidas è impegnata da lunghi anni in Costa d’Avorio con i missionari e i partner locali, con particolare attenzione al settore educativo e a quello sanitario, soprattutto nelle zone più colpite dal conflitto e più emarginate dal governo: il Nord e il Nordovest del Paese. (R.P.)

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    Nuovo caso di blasfemia in Pakistan: gli avvocati di Arif chiedono il rilascio immediato

    ◊   “Rilascio immediato”: è la richiesta dei legali di Arif Masih, cristiano di 40 anni, arrestato nella zona di Faisalabad con l’accusa di blasfemia. Grazie all’intervento della “Fondazione Masihi”, che ha assunto ufficialmente la difesa del caso, gli avvocati stanno cercando di venire a capo di una vicenda che appare molto ambigua. Intanto la famiglia di Arif è stata trasferita a Lahore per motivi di sicurezza. Questa è la precisa ricostruzione del caso, riferita all'agenzia Fides dalla Fondazione Masihi: il musulmano Shahid Yousaf (vicino di casa di Arif) stava andando al mercato quando ha visto dei pezzi di carta in strada. Avvicinatosi per raccoglierli, si è accorto che erano pagine del Corano. Vicino alle pagine strappate vi era, a suo dire, anche una lettera minatoria scritta in inglese. Si è allora recato alla stazione di polizia di Sahianwala per sporgere una denuncia contro ignoti di blasfemia. La polizia ha registrato il caso e poi, dopo alcune indagini, ha arrestato Arif che vive in quella stessa via con altre famiglie cristiane. Secondo molti cristiani e musulmani locali, Arif è vittima di un complotto ordito ai suoi danni per vendetta contro la sua famiglia, che di recente aveva vinto una controversia per una proprietà fondiaria. I legali della Masihi Foundation chiedono alla polizia di liberare Arif, dato che non vi sono prove contro di lui e dato che la denuncia è contro ignoti: “Non possono trattenerlo senza nemmeno una denuncia a suo carico e senza alcuna ordinanza di un tribunale”, notano a Fides. Va ricordato – rimarca la Fondazione – che, a partire dal 1986, l’80% delle denunce di blasfemia provengono proprio dai pochi distretti del Punjab centrale e si sono verificate ben 43 esecuzioni extragiudiziali di uomini accusati di blasfemia. Nell’area di Faisalabad operano i cosiddetti “gruppi talebani del Punjab” che, secondo alcuni osservatori, sono responsabili dell’omicidio del governatore Salman Taseer e del Ministro cattolico Shahbaz Bhatti. (R.P.)

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    Pakistan: Asia Bibi ringrazia per la Giornata di preghiera del 20 aprile

    ◊   Asia Bibi, la donna condannata a morte per blasfemia e rinchiusa nel carcere di Sheikupura (in Punjab), ringrazia la Fondazione Masihi e tutti coloro che pregheranno per lei nella “Speciale Giornata di Preghiera” del 20 aprile, in cui tutte le comunità cristiane del mondo sono invitate a ricordare Asia Bibi e le vittime innocenti della legge sulla blasfemia. La donna, informata dell’iniziativa, ha reagito scoppiando in lacrime e si è detta “felicissima perchè tutto il mondo pregherà per lei”. Contatta dall’agenzia Fides, tramite la “Fondazione Masihi”, che le assicura assistenza legale, Asia ha dichiarato. “Sono grata alla Fondazione Masihi per aver organizzato un simile evento, che mi dà una speranza per vivere. Mi sento amata dalla Chiesa cattolica e da tutte le comunità cristiane del mondo. Sono orgogliosa di essere figlia di una comunità tanto amorevole e misericordiosa”. Nonostante la malattia, il digiuno quaresimale e un fisico debilitato, il suo morale è alto “grazie alla fede in Gesù Cristo. Vorrei mandare un messaggio di pace e di amore a tutto il mondo” aggiunge. “Voglio dire grazie ad ogni sorella, ad ogni fratello, ad ogni monaca e sacerdote che prega per me, e specialmente al Santo Padre. Spero con tutto il cuore che questa Quaresima e tutte le preghiere possano donarmi la libertà e la felicità alla mia famiglia”. Intanto anche il cattolico Paul Bhatti, consigliere speciale per le Minoranze religiose e fratello del Ministro ucciso Shahbaz Bhatti, ha reso noto, tramite Fides, la sua adesione alla Giornata, assicurando la sua preghiera personale, e garantendo il suo impegno a “lavorare con il governo e con le minoranze religiose per trovare una soluzione ed evitare che in futuro vi siano altre vittime innocenti della legge sulla blasfemia”. (R.P.)

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    Pakistan: musulmano strappa una Bibbia, la Chiesa chiede di non raccogliere la provocazione

    ◊   Le autorità religiose dell’arcidiocesi di Lahore esortano i cristiani in Pakistan a non reagire alla provocazione di un musulmano che nei giorni scorsi ha strappato una Bibbia per vendicare il rogo del Corano compiuto il mese scorso dal sedicente pastore americano Terry Jones. Mohammad Akhtar, questo il nome dell’autore del gesto oltraggioso compiuto durante una liturgia nella cattedrale, è stato bloccato e consegnato alla polizia ed è tuttora in carcere. La Chiesa locale – riferisce l’agenzia Ucan - ha deciso tuttavia di non sporgere denuncia e ha anzi perdonato il provocatore, per non alimentare le tensioni già alte tra i musulmani e la comunità cristiana in Pakistan, indignata per questo ennesimo affronto. Il vicario generale dell’arcidiocesi, padre Andrew Nisari ha vivamente esortato i fedeli a mantenere la calma: “Questa è un’altra prova per i cristiani in Pakistan: siate pazienti nella sofferenza e imitate la passione di Cristo”, ha detto il sacerdote durante la Messa domenicale in cattedrale. “Un’azione legale servirebbe solo a creare altri problemi, sarà lo Stato ad occuparsi di questo criminale”, ha detto, da parte sua, l’arcivescovo emerito di Lahore Lawrence Saldanha, attuale presidente della Conferenza episcopale, che ha ribadito le sue preoccupazioni per la crescente ostilità contro i cristiani nel Paese. Un’ostilità riaccesa dall’incidente del rogo del Corano che come è noto ha scatenato nuovi attacchi contro chiese cristiane nel Paese e causato 24 morti nel vicino Afghanistan. La settimana scorsa mons. Saldhana aveva chiesto un intervento diretto di Washington per fermare il pastore Jones: “Il governo americano parla di libertà religiosa, ma noi gli chiediamo di prevenire simili azioni da parte di estremisti e altri fondamentalisti cristiani”, aveva detto il presule. E una dura condanna del rogo del Corano è stata espressa a nome dei vescovi statunitensi anche dall’arcivescovo di Miami Thomas G. Wenski che ha parlato di un gesto “riprovevole” contrario al Vangelo. (L.Z.)

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    Indonesia: nel Kuansing violenze dopo il voto. Bruciata una chiesa

    ◊   Una chiesa cristiana data alle fiamme e un ufficio della Commissione elettorale danneggiato in modo serio. È il risultato di una rivolta di piazza avvenuta ieri nel distretto del Kuansing – nell’isola di Sumatra, divampata in seguito ai risultati delle locali elezioni amministrative. La lotta politica fra le principali fazioni in lotta al ballottaggio, si è trasformata in uno scontro aperto all’annuncio del vincitore alla carica di sindaco. Anche oggi la tensione resta elevata; le autorità hanno dispiegato un nutrito gruppo di forze dell’ordine per prevenire ulteriori violenze. Ieri pomeriggio una folla inferocita, composta da migliaia di persone, ha assaltato e dato alle fiamme una chiesa cristiana – al momento non si sa se cattolica o protestante – e la sede della Commissione elettorale del distretto di Kuansing, provincia di Riau, nell’isola di Sumatra, a ovest dell’arcipelago indonesiano. A scatenare la guerriglia urbana, la notizia che il principale favorito alla guida della municipalità era stato battuto al ballottaggio. La tensione nell’area resta elevata e solo il dispiegamento, oggi, di migliaia di agenti in tenuta antisommossa impedisce nuovi scontri. Centinaia di abitanti sono impauriti e non intendono rientrare nelle loro abitazioni. Restiawan, capo della polizia di Kuansing, esclude che il rogo della chiesa sia dovuto a questioni di natura confessionale. Padre Leo Mali, capo della Commissione nazionale di Giustizia e pace dell’arcidiocesi di Kupang, nella provincia di East Nusa Tenggara, condanna “con forza l’anarchia che ha causato la distruzione della chiesa a Kuansing” e accusa lo Stato di non saper applicare la legge per punire i colpevoli. Un abitante della zona interessata dalle violenze, in condizioni di anonimato, aggiunge che “80 famiglie che vivono vicino alla chiesa bruciata non hanno il coraggio di tornare nelle loro case”. Interpellato dall'agenzia AsiaNews, padre Anton Konseng Pr spiega che al momento non si sa se la chiesa appartiene a una comunità cattolica o protestante, perché “il luogo è in una località remota, sono necessarie ore di viaggio per raggiungerla”. Egli aggiunge che le violenze “non hanno nulla a che fare con l’armonia confessionale nella reggenza, ma è stata scatenata dal malcontento per i risultati delle elezioni”. (R.P.)

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    India: domenica migliaia di persone ai funerali del cardinale Vithayathil

    ◊   Decine di migliaia di persone si sono riunite questa domenica per i funerali del cardinale Varkey Vithayathil, arcivescovo maggiore di Ernakulam-Angamaly dei Siro-Malabaresi, in India. Il porporato 84enne, che era stato anche presidente della Conferenza dei vescovi cattolici dell'India, è morto per un attacco cardiaco il 1° aprile. L'arcivescovo Cyril Vasil, segretario della Congregazione per le Chiese Orientali, ha assistito alle esequie a nome di Benedetto XVI, riporta l'agenzia UcaNews ripresa dalla Zenit. In un messaggio inviato il 1° aprile, il Pontefice ha dichiarato di ricordare “con gratitudine la dedizione e il servizio del cardinale ai siro-malabaresi e alla Chiesa universale. Mi unisco a voi e a tutti coloro che lo piangono, inclusi i membri della famiglia del porporato defunto, nell'affidare la sua anima all'infinita misericordia di Dio, nostro Padre amorevole”, ha aggiunto. Il cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai e attualmente presidente della Conferenza dei vescovi cattolici dell'India, ha sottolineato durante il funerale la necessità di “portare avanti la visione” del porporato scomparso “seguendone le orme”. Durante la cerimonia sono stati letti anche messaggi inviati dal Presidente indiano Pratibha Patil e dal Primo Ministro Manmohan Singh. Le spoglie del cardinale sono state seppellite nella Basilica cattedrale di St. Mary a Kochi. (R.P.)

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    India: la proposta dei Gesuiti contro la corruzione

    ◊   La lotta alla corruzione sta impegnando intensamente la Chiesa indiana che manda messaggi chiari alla politica sull’urgenza di “moralizzare la res publica, per rendere un servizio ai cittadini e contribuire al bene comune”: per questo i Gesuiti indiani, impegnati nel Segretariato dell’Azione Sociale, hanno reso noto e inviato alle autorità governative un memorandum in nove punti che offre proposte concrete per la lotta alla corruzione in India. Nei giorni scorsi i cristiani indiani hanno appoggiato la protesta non violenta dell’attivista gandhiano Anna Hazare, che ha digiunato in segno di disapprovazione: il governo ha accolto le sue rimostranze promettendo la creazione di una Commissione di 10 membri (incluso lo stesso Hazare) per redigere una proposta di legge anti corruzione. La vicenda ha mobilitato le coscienza e ravvivato il dibattito nella società civile. I Gesuiti indiani nel loro Memorandum, inviato all’agenzia Fides, propongono di istituire una autorità indipendente contro la corruzione in ogni stato indiano, denominata “Lokpal” e un centro federale di coordinamento, del tutto separati dalla burocrazia e dalla politica. Le indagini sui casi di corruzione, nota il testo dei Gesuiti, non dovranno durare più di un anno, e un altro anno sarà dato per il processo. I funzionari pubblici che risultano colpevoli dovranno risarcire lo Stato. Un risarcimento sarà dovuto anche ai cittadini che, a causa di comportamenti corrotti, sono stati danneggiati. L’autorità anti corruzione sarà sempre a disposizione e a servizio dei cittadini, e in tal modo contribuirà al bene comune. I membri del “Lokpal” – prosegue il Memorandum – saranno scelti dal popolo e non dalla politica, con un processo di massima trasparenza. In questa autorità, rimarcano i Gesuiti, dovranno fondersi anche le commissioni anti corruzione attualmente esistenti, in modo da dare al “Lokpal” pieni poteri in materia. (R.P.)

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    Risveglio religioso nel Giappone ferito dal cataclisma

    ◊   Nel Giappone ferito dai terribili eventi naturali e colpito dal disastro nucleare, si assiste a un forte risveglio religioso: è quanto dice all’agenzia Fides padre Olmes Milani, missionario Scalabriniano brasiliano che vive a Tokyo, attento osservatore della realtà giapponese. “C’è un evidente ritorno alla preghiera e ai valori spirituali, in una società normalmente considerata materialista e puntata solo sulla produzione e sul profitto” nota il missionario. Secondo i sondaggi – continua – l’86% dei giapponesi non crede a nulla, ma “la catastrofe che ha colpito il Paese ha risvegliato le coscienze, i bisogni e i valori spirituali. La gente si ferma a pregare nei santuari buddisti e scintoisti. Tutti pregano: i volontari dell’esercito come le vittime dello tsunami che vengono assistite. Anche nelle nostre chiese cattoliche c’è un afflusso di persone che non sono cattoliche che si fermano in preghiera” racconta padre Olmes. Si fanno strada, rimarca il missionario, “valori come la fraternità e la solidarietà, a fronte dell’individualismo esasperato che domina i rapporti sociali”. Per questo “tutti sono convinti che questa tragedia avrà un forte impatto sulla società nipponica del futuro: i giapponesi saranno più aperti e bendisposti verso gli altri, anche verso gli stranieri”. “Colpiscono molto, ad esempio – spiega p. Milani – gli aiuti che stanno arrivando da Paesi ritenuti ‘ostili’ come la Cina, la Corea del Sud e anche la Corea del Nord, che ha messo a disposizione le sue riserve di acqua. Questo è il bene che può nascere da questa tragedia: imparare a vedere gli altri come fratelli”. Sul fatto che tale risveglio possa diventare una opportunità di evangelizzazione, il missionario dice a Fides che “la fede cristiana resta sempre, a livello culturale, una religione straniera e dunque sarà difficile superare tale barriera. Ma intanto sta crescendo la cooperazione e la collaborazione fra credenti delle diverse religioni, nella coscienza di contribuire al bene della società”. Mentre le allarmanti notizie sul disastro nucleare (forse giunto al livello di guardia “7”), “fanno crescere i timori, le ansie, il senso di impotenza e precarietà nella popolazione”, la piccola Chiesa cattolica giapponese (lo 0,7% della popolazione) “trae forza dalla preghiera per la sua missione, si affida alla Provvidenza”. Resta lodevole e molto apprezzato, sottolinea padre Milani, lo sforzo di solidarietà prodotto da tutte le diocesi, per l’accoglienza dei profughi dello tsunami e per il costante sostegno fornito alla Caritas Giappone, impegnata nell’assistenza tramite il con il “Centro di Aiuto” istituito a Sendai. “Vanno ricordati – conclude il missionario – anche tutti gli immigrati che, restando in Giappone a condividere le sorti della nazione, sono stati fra i primi a recarsi come volontari per aiutare le vittime, nelle zone colpite dal disastro”. (R.P.)

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    Birmania: aiuti della Caritas locale ai terremotati dello Shan

    ◊   I terremotati hanno una “migliore conoscenza del significato dell’universalità della Chiesa cattolica” la cui “missione primaria è promuovere una pienezza del significato della vita umana”. E’ quanto sottolinea padre Sthephen Ano, direttore della Caritas locale (Kkss), in missione nelle aree più colpite dal terremoto. “La nostra opera per gli sfollati – spiega il sacerdote – copre un totale di più di 3mila vittime, provenienti da 19 villaggi della zona”. La Kkss è la prima organizzazione non governativa ad aver predisposto interventi di prima necessità e recupero per i terremotati. La situazione è ancora critica ma è scongiurato il pericolo di epidemie di colera, come confermano anche fonti delle Nazioni Unite. Secondo stime ufficiali, il terremoto di magnitudo 6,8 che ha colpito il 24 marzo scorso diverse zone nello Shan, lungo il confine birmano con Thailandia e Laos, ha causato almeno 75 morti. (G.P.)

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    Senegal: la Chiesa sostiene il progetto “Coast” per la difesa dell’ambiente

    ◊   Si chiama “Coast” ed è l’acronimo di “Azione concertata per un turismo costiero duraturo”. Si tratta del progetto di tutela dell’ambiente presentato nei giorni scorsi a Ngazobil, in Senegal, dalle autorità politiche e amministrative locali. L’iniziativa punta all’ecoturismo, alla gestione della biodiversità, alla lotta contro l’inquinamento marino e alla protezione delle coste. Soddisfazione per il progetto è stata espressa anche dalla Chiesa senegalese, in particolare dall’abate Georges Guirane Diouf, direttore del Seminario di Ngazobil: “La natura – ha detto il religioso – è un bene che tutto il mondo deve proteggere e rappresenta il principale interesse dell’intera umanità”. Ribadendo che la protezione dell’ambiente è in linea con gli insegnamenti della Chiesa, l’abate Diouf ha affermato: “La relazione che deve unire l’uomo alla natura ci rimanda immediatamente al racconto biblico della Creazione, in cui ammiriamo la bellezza dell’opera di Dio, posta sotto la responsabilità dell’uomo”. Per questo, ha aggiunto il direttore del Seminario, “gli obiettivi del progetto ‘Coast’ toccano le realtà costitutive della fede cattolica”, poiché “rispettare l’opera della Creazione per il bene di tutti significa sostenere e rinforzare la conservazione degli ecosistemi costieri e marini, importanti a livello mondiale, come anche la biodiversità nell’Africa sub-sahariana. E ciò è possibile attraverso la riduzione degli impatti negativi sull’ambiente provocati dal turismo costiero”. Quindi l’abate Diouf ha sottolineato l’importanza di partire “dall’educazione alla tutela dell’ambiente”, così da apprezzare la Creazione come “un dono di Dio che si ha il dovere di rispettare”. Infine, qualche dettaglio tecnico: il progetto “Coast” andrà avanti per un anno e coinvolgerà le popolazioni di Mbodiène, Ndianda, Nguéniène, Fadiouth e, naturalmente, Ngazobil. Tra i primi passi mossi finora, c’è la creazione di un inventario delle specie vegetali ed animali, dislocate in un giardino di 1.600 ettari, a disposizione degli studiosi. In futuro, si pensa di trasformare il sito terriero in un laboratorio di sviluppo botanico, in modo da favorire il mantenimento della medicina tradizionale, meno costosa di quella moderna. (I.P.)

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    Patriarca ecumenico di Costantinopoli in visita a Parigi

    ◊   Il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I è in Francia per una visita ufficiale di quattro giorni nella capitale francese. Tra i vari appuntamenti previsti, la consegna della nuova edizione della traduzione ecumenica della Bibbia, una riunione con il presidente e i membri dell’Assemblea dei vescovi ortodossi di Francia, colloqui con i rappresentanti delle istituzioni tra cui il Presidente Sarkozy, un incontro con il presidente della Conferenza episcopale, cardinale Vingt-Trois. Il patriarca ecumenico di Costantinopoli ha con la Francia dei legami speciali, considerandola, per quanto riguarda l’organizzazione della Chiesa ortodossa, “un esempio da imitare”. Il Patriarca ecumenico ha visitato più volte il Paese: in particolare nel 1995 effettuò una visita pastorale alle varie comunità ortodosse in occasione del centesimo anniversario dell’inaugurazione della cattedrale greco-ortodossa di Santo Stefano. (G.P.)

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    Ucraina: la prima Messa celebrata dal nuovo arcivescovo di Kiev mons. Shevchuk

    ◊   “Senza Annunciazione non c’è Risurrezione, poiché con la sua incarnazione, con il suo entrare nella storia umana, Gesù Cristo comincia l’opera di salvezza che si completa con la sua morte e risurrezione”. Lo ha detto, nella sua prima divina liturgia da arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč, Sviatoslav Shevchuk, che – riferisce l’Osservatore Romano - l’8 aprile ha celebrato il rito in occasione della festa parrocchiale della chiesa dell’Annunciazione della Santissima Theotokos, adiacente alla cattedrale patriarcale della Risurrezione di Cristo, a Kiev. “La stessa cosa — ha spiegato mons. Shevchuk — si può osservare qui: la piccola chiesa dell’Annunciazione dà inizio a questa piccola comunità, alla comunità parrocchiale della nostra cattedrale, ma il cammino sarà completato con la Risurrezione, alla quale Dio vuole condurci”. Con Shevchuk ha concelebrato, tra gli altri, il vescovo ausiliare e protosincello di Kyiv, Yosyf Milan, il quale ha ricordato che l’arcivescovo maggiore è stato consacrato vescovo nel giorno dell’Annunciazione e che ora, nello stesso giorno, ha presieduto la sua prima divina liturgia. L’auspicio, ha detto monsignor Milan, è che “Dio onnipotente vi dia la forza per guidare a lungo la nostra Chiesa con coraggio e saggezza». Dal canto suo mons. Sviatoslav Shevchuk ha sottolineato che, «per noi cristiani del nuovo millennio, Maria è il prototipo della Chiesa di Cristo perché accetta la forza di Dio e ne è travolta». Per questo, «seguendo l’esempio di Maria, siamo chiamati ad accogliere la forza del Vangelo: questo è il motivo per cui oggi stiamo parlando della nuova evangelizzazione, del rinnovamento della nostra contemporaneità attraverso questa forza celeste”. L’arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina è attualmente in visita pastorale in Argentina, nazione nella quale ha ricoperto l’incarico di amministratore apostolico di Santa María del Patrocinio a Buenos Aires. (R.P.)

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    Slovacchia: il 13 aprile Giornata dei sofferenti per le ingiuste persecuzioni

    ◊   Domani la popolazione slovacca celebra la Giornata di coloro che soffrono per ingiuste persecuzioni, istituita in memoria della notte tra il 13 e il 14 aprile 1950, quando in Cecoslovacchia vennero soppressi gli Ordini monastici maschili e femminili. In quella notte vescovi, sacerdoti e laici vennero incarcerati e torturati per la loro fede. Il Forum delle istituzioni cristiane in Slovacchia ricorda “che la persecuzione dei cristiani è presente tuttora nel mondo e assume diverse forme”. I cittadini slovacchi, quindi, sono invitati ad esprimere la loro solidarietà nelle chiese e nelle piazze del Paese. Il Forum delle istituzioni cristiane rivolge un appello ai rappresentanti del governo locale e ai funzionari dell’Unione Europea affinché si “sforzino per mettere fine alle ingiuste persecuzioni dovute al credo religioso”. (G.P.)

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    Francia: i vescovi rispondono alle accuse di oscurantismo nel dibattito sulla bioetica

    ◊   "Discutere sì, denigrare no !!!" Con queste parole e tanto di punti esclamativi il portavoce della Conferenza episcopale francese (Cef), mons. Bernard Podvin, ha replicato in una nota ai violenti attacchi mossi nei giorni scorsi sulle pagine di “Le Monde” da due ricercatori sul ruolo dei cattolici nell’attuale dibattito sulla bioetica in Francia. Nel loro articolo, Marc Peschanski e Cécile Martinat, responsabili dell’Istituto delle cellule staminali per il trattamento e lo studio delle malattie monogeniche di Evry avevano parlato, tra l’altro, di “lobby conservatrici della Chiesa cattolica contrarie a qualsiasi manipolazione ai danni di quello che considerano come un essere umano sin dal concepimento”. Secca la risposta di mons. Podvin: “È inammissibile che con il pretesto di difendere alcune tesi si faccia la caricatura di altri punti di vista relegandoli alla categoria dell’oscurantismo”, si legge nella nota diffusa venerdì durante i lavori della plenaria dei vescovi a Lourdes. “La Chiesa cattolica – ricorda il presule - non si è risparmiata in questi due anni nel confronto circa la posta in gioco su questo delicato tema, ricevendo apprezzamenti per la qualità dei suoi interventi da numerosi politici e scienziati, ben oltre alla sfera dei credenti”. Non meno duro – riferisce il quotidiano cattolico “La Vie” – il commento di mons. Jérôme Beau, vescovo ausiliare di Parigi, e direttore del Collegio dei Bernardini, e di padre Brice de Malherbe, co-direttore del dipartimento di etica biomedica del Collegio nonché consultore del Pontificio Consiglio per la Famiglia. In un articolo pubblicato sempre su Le Monde, essi hanno affermato che i cattolici “accettano volentieri il confronto con punti di vista differenti”, ma non di “essere trattati da nemici della scienza e da bugiardi”. Intanto procede l’iter parlamentare della legge sulla bioetica teso a modernizzare la legge del 2004 sulla pratica della biomedicina. Nella giornata di venerdì il Senato francese, contro il parere del Governo, ha approvato un testo diverso da quello adottato dall’Assemblea nazionale il 15 febbraio, che autorizza la ricerca regolamentata sull’embrione e sulle cellule staminali embrionali. I senatori, hanno deciso di passare dall’attuale regime di proibizione (con possibilità di deroga) della ricerca sugli embrioni e sulle cellule staminali embrionali, a un’”autorizzazione regolamentata”. Il Senato ha inoltre esteso l’assistenza medica alla procreazione, aprendola a “tutte le coppie”, quindi, di fatto, anche a quelle omosessuali. Resta invece l’anonimato per i donatori di gameti, mentre è stata respinta la richiesta di autorizzare la maternità surrogata. Ma la battaglia sulla legge è tutt’altro che finita: mentre il testo è stato inviato all’Assemblea nazionale per la seconda lettura, il ministro del Lavoro, dell’Impiego e della Sanità, Xavier Bertrand, ha annunciato che il Governo tornerà sui due punti più controversi — ricerca sull’embrione e allargamento dell’assistenza medica alla procreazione — durante il nuovo passaggio parlamentare. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Regno Unito: i vescovi chiedono di inviare auguri e-mail per il compleanno del Papa

    ◊   Il prossimo 16 aprile, Papa Benedetto XVI compirà 84 anni. In vista di questa data, la Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles esorta tutti i fedeli ad inviare un augurio speciale al Pontefice tramite un’e-mail. Un biglietto di auguri elettronico è disponibile sul sito www.facebook.com/papalvisit e, una volta compilato, potrà essere inviato all’indirizzo benedict.xvi@vatican.va. I fedeli sono, inoltre, invitati a lasciare i loro auguri e le loro preghiere tramite un post sulla bacheca della pagina Facebook. L’iniziativa, spiega una nota dei vescovi inglesi, rientra nel progetto chiamato “Alcuni obiettivi precisi” e che vuole “incoraggiare la popolazione a contribuire all’eredità lasciata dalla visita del Papa nel Regno Unito, lo scorso settembre”. Il progetto è coordinato dall’Ufficio Missione domestica della Conferenza episcopale locale. “Solo sei mesi fa – scrivono i presuli inglesi – il Regno Unito dava il suo benvenuto al Papa. Inviare un biglietto di auguri è un piccolo modo con cui possiamo esprimergli il nostro ringraziamento per la sua visita e porgergli un augurio di felicità”. (I.P.)

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    Svizzera: all’Università di Friburgo simposio sul cristianesimo in Mesopotamia

    ◊   “Il cristianesimo in Mesopotamia” è il tema al centro di un simposio organizzato dal 13 al 14 maggio dalla Facoltà di Teologia dell’Università di Friburgo, in Svizzera, e il Babel College di Arbil-Ankawa, l'unica università teologica cristiana irachena. L’iniziativa – riferisce l’agenzia Apic - rientra nel quadro di un accordo di collaborazione scientifica firmato la scorsa estate tra i due atenei per dare un sostegno concreto alla Chiesa in Iraq, dove a otto anni dalla caduta di Saddam Hussein la situazione per i cristiani continua ad essere drammatica, come ha confermato il mese scorso all’”Aiuto alla Chiesa che Soffre”, l’arcivescovo caldeo di Kirkuk Louis Sako. Il seminario sarà dunque un’occasione non solo per scoprire il ricco patrimonio religioso della Mesopotamia antica, ma anche per conoscere meglio la difficile realtà attuale. A parlarne sono stati invitati dieci professori del Babel College, tra i quali il rettore mons. Jacques Isaac e mons. Louis Sako, arcivescovo caldeo di Kirkuk. Introdurranno i lavori il rettore dell’Università di Friburgo Guido Vergauwen, il prof. Mariano Delgado, decano della Facoltà di Teologia di Friburgo e il prof Franz Mali, presidente del gruppo di collaborazione tra la suddetta facoltà e il Babel College, che parleranno dell’eredità lasciata dalle religioni mesopotamiche al cristianesimo. Tra le altre relazioni in programma quella del padre domenicano Samir Marroghi sulla spiritualità siriaca nella Chiesa di Mesopotamia; quella di Hikmat Bashir Majid Al-Aswad, direttore del Museo storico di Mossul che parlerà del simbolismo della croce nell’antica Mesopotamia e quella del prof. Lusia Markos Shammas dedicata ad Afraate il Saggio, una delle figure più importanti nella nascita della teologia biblica orientale. Mons. Isaac affronterà il tema della Vergine nella liturgia caldea, mentre l’intervento di mons Sako sarà dedicato ai rapporti ecumenici in Iraq oggi. L’accordo siglato tra il Babel College e la Facoltà di teologia di Friburgo prevede oltre a seminari, scambi di studenti e di professori. (L.Z.)

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    Bolivia: mons. Juarez chiede ai comunicatori cattolici di rafforzare l'identità ecclesiale

    ◊   "Questo evento ha avuto un riscontro positivo per i 41 giornalisti che lavorano per la Chiesa cattolica": così si esprime il vescovo della diocesi di El Alto, mons. Jesus Juarez, alla conclusione dell'Incontro Nazionale dei comunicatori cattolici e responsabili per la stampa, che si è svolto dal 6 all’8 aprile. Durante l'incontro ci sono stati momenti d'informazione, di formazione e di conoscenza della realtà della Chiesa, e sono state prese una serie di decisioni per aiutare il lavoro del comunicatore. "E' importante che questi incontri riescano a rafforzare l'identità cattolica del comunicatore, perciò siamo del parere che eventi come questo possano ripetersi” ha detto mons. Juarez. Per il vescovo di El Alto, "la missione del comunicatore cattolico è tradurre in realtà le parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni, al capitolo 20: 'Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi’. Il comunicatore sociale è una persona scelta, un messaggero, un comunicatore del messaggio liberatore di Gesù di Nazaret". In questo contesto, ha sottolineato che il comunicatore cattolico deve impegnarsi nell'identificarsi sempre di più con Gesù Cristo, il grande comunicatore del Padre, e farlo mediante i sacramenti, la preghiera e la lettura della Parola di Dio. Nella nota inviata all’agenzia Fides, si legge anche la testimonianza di Beatriz Cahuasa, responsabile nazionale del Gruppo Fides, sulla missione attuale del comunicatore cattolico, che è quella di servire gli altri. "E' chiaro che il nostro lavoro dovrebbe essere concentrato sulle nostre azioni, dovrebbe contribuire a migliorare la qualità della vita, quindi è necessario pensare agli altri al momento di dare le notizie e non pensare solo a quello che conviene a me" ha sostenuto. Il Gruppo Fides riunisce le diverse emittenti radio cattoliche diffuse in Bolivia, che hanno come base Radio Fides, fondata il 2 febbraio 1939, la radio cattolica dei Gesuiti considerata la prima radio cattolica iberoamericana. Radio Fides ha avuto molti alti e bassi nel suo percorso come emittente cattolica, ma alla fine degli anni 90 ha cominciato un processo di espansione riuscendo ad installare emittenti autonome in diverse parti del Paese e dando origine al Gruppo Fides. (R.P.)

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    I vescovi canadesi: gli impiegati cattolici siano liberi di celebrare la Settimana Santa

    ◊   Il prossimo 2 maggio, il Canada sarà chiamato alle urne per le elezioni generali federali. Tuttavia, dal 22 al 25 aprile, si potrà votare anticipatamente tramite bollettino postale. Ciò significa che gli impiegati e i volontari cattolici del Comitato elettorale saranno impegnati proprio nei giorni della Settimana Santa, che quest’anno cade, appunto, dal 18 al 25 aprile. Vista la coincidenza, la Conferenza episcopale canadese (Cecc/Cccb) ha indirizzato una lettera a Marc Mayrand, direttore generale delle elezioni nel Paese. Nella missiva, a firma di mons. Pierre Morisette, presidente della Cecc/Cccb, si legge: “A causa dei numerosi appelli ricevuti dai cattolici di ogni parte del Paese, ci permettiamo di scrivervi a nome del personale e dei volontari del Comitato elettorale che saranno chiamati a lavorare durante il Triduo pasquale. Vi riportiamo, quindi, le loro preoccupazioni. E vi saremmo riconoscenti se prendeste i provvedimenti necessari per agevolare quegli impiegati che volessero partecipare ad un momento di preghiera o ad una cerimonia religiosa in quei giorni”, insieme “alla loro comunità cristiana”. Da segnalare che in vista della tornata elettorale, a fine marzo la Commissione Giustizia e Pace dei vescovi canadesi ha pubblicato una guida in cui i fedeli sono invitati ad esercitare il loro diritto di voto con responsabilità e discernimento. Intitolato “Fare sentire la propria voce”, il documento richiama in particolare l’attenzione su alcune questioni importanti, tra cui il rispetto della vita e della dignità della persona umana dal concepimento fino alla morte naturale; la giustizia sociale; la promozione umana e della famiglia; la pace nel mondo e la tutela responsabile dell’ambiente e delle risorse naturali. (I.P.)

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    Usa: forse chiude il sito Data.gov, voluto da Obama per pubblicare gli atti amministrativi

    ◊   Data.gov, il famoso sito Usa dedicato alla pubblicazione dei dati dell’Amministrazione pubblica americana, rischia la chiusura. Il bilancio federale, che è in discussione al Senato, prevede infatti un fortissimo taglio ai relativi finanziamenti, che passerebbero da 34 a 2 milioni di dollari. Il servizio internet era stato annunciato con toni entusiasti dal presidente Obama, che aveva fatto della trasparenza uno degli elementi chiave della sua campagna elettorale nel 2008. Il sito, gestito dalla Casa Bianca, pubblica da più di due anni informazioni di grande rilevanza per la pubblica opinione come la lista delle direttive sulla sicurezza nucleare o le cifre relative all’adozione degli Ogm da parte degli agricoltori americani. Un’iniziativa di esempio per altri Paesi, come il Regno unito, che si è dotato di uno , e la Francia, che sta lavorando a . Il bilancio in discussione a Washington non è definitivo ma la , organizzazione che si batte per la trasparenza in campo politico, ritiene che la minaccia per la sopravvivenza del sito sia molto seria. Per questo ha diffuso una , in cui ricorda che un “governo aperto e responsabile è condizione basilare della democrazia’’. (R.G.)

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    Papua Nuova Guinea: l’Anno dei Giovani in vista della Gmg di Madrid

    ◊   La Chiesa della Papua Nuova Guinea sta celebrando “l’Anno dei Giovani”, che intende dare una speciale attenzione alla pastorale giovanile in una nazione in cui i giovani sotto i 20 anni costituiscono circa il 50% della popolazione. Numerose sono le attività di preghiera e sensibilizzazione in atto, che costituiscono anche un cammino di preparazione spirituale e pastorale alla Giornata Mondiale della Gioventù che si terrà a Madrid nell’agosto 2011, evento a cui molti giovani papuani desiderano partecipare. Nei giorni scorsi, ad esempio, nella diocesi di Vanimo si è svolta una lunga Via Crucis preparata dai giovani delle cinque parrocchie costiere. Oltre 400 giovani hanno vissuto una Veglia di preghiera prima di iniziare i 5 chilometri di Via Crucis che è durata 4 ore e si è conclusa con la concelebrazione della Santa Messa, presieduta dal vicario generale, padre Tommy Thomas, nel santuario del Cuore Immacolato di Maria. La preparazione spirituale si avvale anche di specifiche giornate di ritiro: un gruppo di circa 60 giovani della parrocchia di San Giuseppe, sempre nella diocesi di Vanimo, ha vissuto una giornata di meditazione, ascoltando la catechesi del missionario italiano don Saverio Taffari (in Papua dal 1997), sul Vangelo di Gesù al pozzo con la Samaritana. I giovani, ha detto all'agenzia Fides il missionario, hanno scoperto “quanto sia grande la sete che Gesù ha di ogni peccatore” e sono chiamati ad “arrendersi e aprirsi a Lui, per dissetare la grande sete di amore di Dio”. La Chiesa della Papua Nuova Guinea è in prima linea nell’educazione dei giovani e in attività pastorali utili alla prevenzione del disagio, della droga, della violenza, della criminalità. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Libia: Parigi e Londra chiedono alla Nato maggiore impegno al fianco dei ribelli

    ◊   Libia: all’indomani del fallimento della sua missione, l’Unione africana chiede collaborazione ai ribelli che hanno rifiutato il cessate-il-fuoco. Il regime di Tripoli, invece, torna a minacciare la comunità internazionale, mentre Francia e Gran Bretagna chiedono maggiore impegno alla Nato al fianco degli insorti. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

    La Nato non sta facendo abbastanza, sia nel proteggere i civili che nel contrastare le forze di Gheddafi. Francia e Gran Bretagna sono convinte che l’Alleanza Atlantica debba intensificare i suoi sforzi nel Paese dopo aver assunto la guida della missione. E anche l'Italia - con il ministro degli Esteri Frattini che oggi a Roma ha incontrato il leader dei ribelli libici - ha auspicato un maggiore coordinamento militare con gli insorti. Gheddafi non può garantire “un futuro di pace e democrazia alla Libia”: chiara la posizione dell’Ashton, rappresentante della Politica estera dell’Ue all’apertura del vertice dei ministri degli Esteri europei a Lussemburgo, dove è previsto anche un breve incontro informale con alcuni rappresentanti del Consiglio transitorio di Bengasi. Da giorni si ipotizza il dispiegamento di una forza militare di interposizione con fini umanitari. Il regime di Tripoli, però, ha minacciato una “feroce resistenza” contro qualsiasi tipo di intervento straniero, precisando che si accetteranno aiuti umanitari soltanto dalla Croce Rossa e dalla Mezzaluna Rossa. Sembra in affanno l’Unione Africana: ieri ha proposto invano un cessate-il-fuoco senza garanzie circa l’uscita di scena del rais e oggi ha esortato a tenere aperta la strada del dialogo chiedendo piena collaborazione ai ribelli. Intanto, l’Organizzazione internazionale delle migrazioni ha previsto a breve l’arrivo nel porto di Misurata di una nave con la quale spera di evacuare migliaia di persone, rimaste bloccate nella città assediata da giorni. La tv di Stato libica, invece, ha annunciato un numero imprecisato di vittime a causa di raid aerei a sud di Tripoli, mentre da Ajdabiya fonti mediche riferiscono di almeno 3 civili morti durante la violenta battaglia che ha portato gli insorti a riconquistare la città. Dal canto suo, l’ex ministro degli Esteri libico, rifugiatosi in Gran Bretagna, ha agitato lo spettro della Somalia e ha chiesto di non trascinare il Paese in una guerra civile.

    Siria
    Nuova manifestazione indetta per oggi in tutta la Siria, attraverso i principali social network su Internet. Gli attivisti protestano contro il regime e “in solidarietà con i martiri, i feriti e prigionieri” provocati in questi giorni dalla repressione delle forze di sicurezza. L’appello arriva all’indomani delle mobilitazioni studentesche in due università di Damasco e dopo le violenze avvenute nella città di Banias e in quella di Daraa, che resta ancora assediata dai carri armati dell’esercito. Il bilancio delle vittime dell’ultimo mese – secondo fonti di associazioni per i diritti civili – è di almeno 20 morti.

    Egitto
    In Egitto arrestato il capo del partito dell’ex leader Mubarak e presidente della camera alta egiziana. L’accusa è di corruzione e appropriazione indebita. Intanto "Human Rights Watch" ha definito un “duro colpo contro la libertà d’espressione” l’arresto del blogger egiziano 25enne condannato a 3 anni di carcere per aver criticato le forze armate prima e dopo la caduta del regime.

    Immigrazione - Ue
    Missione oggi in Tunisia per il presidente della Commissione Europea, Barroso, con l’obiettivo di porre le basi di una cooperazione che arresti l’immigrazione irregolare verso l'Europa. Intanto, in Italia non si placano le polemiche per la risposta data ieri dall’Europa sull'immigrazione, mentre prosegue il flusso di immigrati dal nord Africa. Un barcone partito dalla Libia con oltre 100 persone a bordo, in gran parte provenienti dal Ciad e dalla Somalia, è approdato a Malta dopo essere stato soccorso dalla marina militare maltese. A bordo c’è anche il cadavere di una donna di 24 anni, morta durante la traversata. In giornata, inoltre, circa 800 migranti giunti in questi giorni a Lampedusa lasceranno l’isola. In 700 raggiungeranno altre zone d’Italia attraverso la nave “Exelsior”, mentre gli altri migranti saranno rimpatriati forzatamente in Tunisia a bordo di due aerei.

    Algeria
    È stata repressa dalle forze dell’ordine la manifestazione organizzata ieri da alcune centinaia di studenti universitari di ingegneria, in segno di protesta contro alcune riforme ritenute a loro sfavorevoli. Per alcune ore i manifestanti hanno bloccato la strada d’accesso al palazzo presidenziale, fino all’intervento della polizia. I giornali algerini riferiscono di una ventina di feriti e di alcuni fermi.

    Giappone
    La situazione alla centrale nucleare di Fukushima “si sta stabilizzando passo dopo passo”. Così il premier giapponese Naoto Kan, precisando che “le radiazioni stanno diminuendo”. Preoccupazione è stata invece espressa dalla Tepco, che gestisce l’impianto, mentre l’agenzia nipponica per la sicurezza nucleare ha innalzato al livello massimo di 7 la classificazione dell’incidente, al pari del disastro di Chernobyl del 1986. Stamani una nuova scossa di magnitudo 6,3 ha colpito l’area.

    Guinea
    Più di 5mila persone hanno assistito ai funerali del militante del partito di opposizione, Zakariaou Diallo, 32 anni, deceduto per le ferite riportate durante la manifestazione del 3 aprile, repressa dalle forze di polizia di Conakry. Come altri sostenitori dell’Unione delle forze democratiche di Guinea (Ufdg), Diallo partecipava ai festeggiamenti per il rientro in patria, dopo tre mesi di assenza del loro leader, sconfitto alle presidenziali lo scorso novembre.

    Bielorussia
    E' salito a 12 morti e un centinaio di feriti il bilancio delle vittime dell'esplosione avvenuta ieri nella metro di Minsk, e ritenuta dalla polizia bielorussa un attacco terroristico. Lo stesso presidente Aleksandr Lukashenko ha definito l’attentato un tentativo di destabilizzare il Paese da parte di imprecisate forze esterne. Intanto, il ministro dell’interno ha già fatto diramare gli identikit dei possibili attentatori. Su questi primi elementi Stefano Leszczynski ha intervistato Fabrizio Dragosei, corrispondente da Mosca del "Corriere della Sera":

    R. – Sono in molti in Bielorussia a pensare che l'attentato possa venire dall’esterno, non solo il presidente, anche se le opinioni sono divergenti. Il presidente ha sempre accusato l’Occidente di fomentare l’instabilità in Bielorussia mentre l’opposizione pensa che se c’è qualcuno che vuole mettere in discussione anche la stessa attività dell’opposizione bisogna guardare non a Occidente ma, invece, a Oriente e quindi verso la Russia e verso i servizi segreti.

    D. – Questo è stato proprio il principale timore espresso dall’opposizione. C’era stato questo tipo di reazione in passato?

    R. – Sì, già nel 2008 quando c’era stato un attentato che in realtà era stata una cosa molto meno seria di questa, le autorità ne avevano "approfittato". Il fatto che immediatamente le autorità abbiano annunciato un identikit, abbiano annunciato l’identificazione, fa pensare che forse si potrebbero temere indagini a senso unico perché naturalmente è facile identificare gli oppositori, sono conosciuti. Ricordiamoci che a dicembre furono arrestate 700 persone e tra queste c’erano numerosi candidati alle elezioni presidenziali.

    D. – Lukashenko non è un personaggio particolarmente amato da molti ambienti democratici. Questo attentato potrebbe contribuire a spostare l’attenzione da quella che è l’attività di questo presidente molto duro …

    R. – Diciamo che Lukashenko non è amato in Occidente però è oggettivamente amato in patria. Lui vince le elezioni con percentuali plebiscitarie, perché in realtà lui garantisce o ha garantito finora e in passato un minimo di tranquillità. Inoltre, la Bielorussia era fino a ieri un Paese molto sicuro, dove non succedevano le cose terribili accadute nella vicina Russia. L’attentato nella metropolitana di ieri potrebbe cambiare un po’ le carte in tavola perché a questo punto se Lukashenko non riesce neanche più a garantire la sicurezza, forse la gente può iniziare a ripensarci. Certamente l’atteggiamento dell’Occidente e della Russia nei confronti di Minsk, del suo “padre-padrone”, dipenderà anche poi da quello che uscirà fuori dalle indagini: cioè, da chi saranno effettivamente gli eventuali personaggi che stanno dietro questo attentato. (bf)

    Italia processo breve
    In Italia oggi pomeriggio il provvedimento sul cosiddetto processo breve approda in aula alla Camera per il rush finale. Alta tensione con le opposizioni che hanno annunciato ostruzionismo presentando numerosi emendamenti. Per domani diverse associazioni si preparano ad "assediare" con le loro proteste Montecitorio.

    Tanzania
    Nuove nomine ai vertici del partito di governo sono state effettuate con l’obiettivo di contrastare un calo di popolarità rivelato dai progressi delle opposizioni e dalla bassa affluenza alle elezioni politiche dell’anno scorso. I cambiamenti nell’organigramma del Chama Cha Mapinduzi (Ccm) riguardano il comitato centrale e la segreteria generale, affidata ora a Wilson Mukama, un ex-funzionario pubblico con alle spalle una lunga carriera nel partito. Le nomine sono state annunciate al termine di un vertice incentrato sulle strategie politiche in vista delle elezioni legislative e presidenziali del 2015. Ad alimentare i malumori nei confronti del partito di governo, in un Paese dove oltre il 50% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, hanno contribuito di recente anche alcuni casi di corruzione.

    Elezioni presidenziali in Perù
    In Perù, prosegue lo spoglio dopo le elezioni presidenziali di domenica scorsa. I dati parziali, relativi all’85 per cento dei voti, vedono al primo posto il candidato della sinistra, Humala, con oltre il 30 per cento dei consensi. In seconda posizione c’è l’esponente della destra, Keiko Fujimori, figlia dell’ex presidente Alberto, che ha ottenuto fino ad ora più del 23 per cento voti. Terzo posto per l’latro candidato della destra, Kuczynski con meno del 20 per cento. Se il quadro sarà confermato saranno i primi due i protagonisti del ballottaggio in programma il 5 giugno prossimo.

    Nigeria
    Una multa di 3mila Euro per non aver rispettato le norme di radiodiffusione durante le elezioni generali in corso: la dovranno pagare 33 emittenti radiotelevisive in base alla sanzione decisa dalla Commissione nazionale dell’audiovisivo della Nigeria (Nbc). Sabato, mentre erano in corso le elezioni legislative, le emittenti sanzionate hanno diffuso programmi su questioni politiche. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata e Gabriele Papini)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 102

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