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Sommario del 07/04/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI: la società non capisce più il matrimonio come unione stabile e aperta alla vita
  • Altre udienze e nomine
  • Il cardinale Scherer: la pietà popolare è una grande ricchezza dell’America Latina
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Tragedia del mare: il dolore del Papa. Riprese le ricerche dei dispersi. Dalla Francia regole più rigide per gli ingressi
  • Costa d'Avorio: Gbagbo rifiuta la resa, ancora scontri ad Abidjan
  • Il Portogallo chiede assistenza finanziaria all'Unione Europea per uscire dalla crisi
  • L’astrofisico Rees, Premio Templeton 2011: scienza e fede non sono incompatibili
  • Lo storico Andrea Riccardi presenta la sua "biografia" di Giovanni Paolo II
  • In un libro, la bellezza delle cento fontane del Vaticano
  • Chiesa e Società

  • Asia Bibi ha la varicella, è debole ma continua a digiunare
  • Cina continentale: consacrato il vescovo di Jiangmen
  • India. Lotta alla corruzione: i cristiani in prima linea
  • Sri Lanka: il governo vara un piano per valorizzare chiese e luoghi storici di culto
  • Plenaria della Comece: cristianesimo a rischio estinzione in Medio Oriente
  • Romania. Il presidente Basescu non firma la Legge sul partenariato tra Chiesa e Stato nel sociale
  • Angola. Appello del vescovo di Mbanza Kongo: “Rafforzare la cultura della pace”
  • Congo: l'impegno dei cattolici in politica per il bene comune
  • La comunità internazionale ricorda il 17.mo anniversario del genocidio in Rwanda
  • Ghana. Epidemia di colera per 5 mila persone: la peggiore nell’ultimo decennio
  • La Chiesa irlandese a sostegno delle donne in gravidanza
  • Repubblica Ceca: nasce un sito per incoraggiare i credenti a non temere di mostrare la loro fede
  • La Cattedrale di Santiago di Compostela celebra l’ottavo centenario di consacrazione
  • Stati Uniti: colletta annuale per finanziare le attività delle diocesi più povere
  • Giornata Mondiale della Salute dedicata alla “farmacoresistenza”
  • Conferenza a Roma su “Wiktoria e Jerzy Ulma: la testimonianza dell’amore fino al martirio”
  • 24 Ore nel Mondo

  • Libia: raid Nato contro le forze di Gheddafi nell'area di Brega e Misurata
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI: la società non capisce più il matrimonio come unione stabile e aperta alla vita

    ◊   La Chiesa non può più contare sulla società per una comprensione del matrimonio in senso cristiano. L’affermazione di Benedetto XVI è contenuta nel discorso rivolto questa mattina al gruppo di vescovi della Chiesa siro-malabarese, ricevuti in udienza al termine della visita ad Limina. Il Papa ha toccato anche i temi della vocazione ministeriale all’episcopato e della formazione permanente dei religiosi. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Pensare al matrimonio come a un vincolo duraturo, stabile, aperto alla procreazione dei figli, oggi è socialmente e mediaticamente scorretto, perché la famiglia è divenuta friabile come i valori di tanti che la mettono in piedi e i figli sono più pretesi come un diritto che desiderati come un dono. È dall’acuta percezione di questo stato di cose che nasce la considerazione che Benedetto XVI fa a un certo punto del suo discorso ai vescovi dell’India, di tradizione siro-malabarese. Il Papa sta parlando dei cambiamenti, che definisce “rapidi e drammatici”, in atto nelle società contemporanee di “tutto il mondo” e delle “gravi sfide”, ma anche delle “nuove possibilità”, che questo quadro d’insieme offre a chi si spende per “proclamare la verità liberante del messaggio evangelico”. Rapportato questo annuncio al mondo della famiglia, il Pontefice nota con una punta di rammarico:

    “Unfortunately, the Church can no longer can…
    Purtroppo, la Chiesa non può più contare sul sostegno della società in generale per promuovere la comprensione cristiana del matrimonio come unione stabile e indissolubile, ordinata alla procreazione e la santificazione degli sposi”.

    Ciò detto, il Papa ribadisce uno a uno quei principi oggi messi fuori gioco dai relativismi:

    “Your support, dear brothers bishops…
    Il vostro sostegno, cari fratelli vescovi, e quello dei vostri sacerdoti e delle comunità all'educazione sana e integrale dei giovani nelle vie della castità e della responsabilità, non solo permetterà loro di abbracciare la vera natura del matrimonio, ma andrà anche a vantaggio della cultura indiana nel suo complesso”.

    Poco prima, parlando del ministero episcopale, Benedetto XVI aveva esortato ognuno dei presuli siro-malabaresi a essere “un ministro di unità”. Questa responsabilità, ha affermato, “è di particolare importanza in un Paese come l'India, dove si riflette l'unità della Chiesa nella ricca diversità dei suoi riti e tradizioni”. Quindi, l’attenzione si è spostata sui religiosi presenti nelle Eparchie locali, protagonisti di tante e apprezzabili opere di educazione e di carità. In questo caso, il tasto toccato dal Papa è stato quello della formazione “permanente” dei consacrati, all’interno della tradizione liturgica e spirituale della Chiesa siro-malabarese. Incoraggiando i presuli a pianificare tale formazione “in modo efficace”, Benedetto XVI ha ribadito:

    “The Church insist that preparation for religious…
    La Chiesa insiste sul fatto che la preparazione alla professione religiosa dev’essere caratterizzata da un lungo e attento discernimento, al fine di garantire, prima dell’emissione dei voti perpetui, che ogni candidato sia saldamente radicato in Cristo, solido nella sua capacità di un genuino impegno e felice di donarsi a Gesù Cristo e alla sua Chiesa”.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina il cardinale Juan Luis Cipriani Thorne, arcivescovo di Lima.

    Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Lahore (Pakistan), presentata da mons. Lawrence John Saldanha, per raggiunti limiti di età.

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    Il cardinale Scherer: la pietà popolare è una grande ricchezza dell’America Latina

    ◊   Proseguono in Vaticano i lavori della Plenaria della Pontificia Commissione per l’America Latina, incentrati sul tema dell’incidenza della pietà popolare nel processo di nuova evangelizzazione. Domani mattina, è in programma l’udienza del Papa ai partecipanti all’assise. Sul tema della pietà popolare in America Latina, Cristiane Murray ha intervistato il cardinale Odilo Pedro Scherer, arcivescovo metropolita di San Paolo del Brasile:

    R. - Esistono tante manifestazioni religiose che non sono ufficiali nella Chiesa, ma che sono molto forti e molto presenti nelle comunità e nella vita delle persone, come ad esempio i santuari o i pellegrinaggi. Noi crediamo che la religiosità popolare in America Latina sia una grande ricchezza. I nostri popoli sono molto religiosi e amano esprimere la loro fede in forme popolari forse molto semplici, ma anche di grande valore e di grande senso, che li aiutano a conservare la loro fede e a trasmetterla alle nuove generazioni. La religiosità popolare e la pietà popolare sono - senz’altro - il frutto stesso dell’inculturazione della fede cristiana, che ha prodotto tante espressioni di fede. Ma è poi frutto anche della vita stessa della Chiesa: il culto alla Madonna, i pellegrinaggi, la devozione ai Santi, il culto all’Eucaristia e questo viene dal mistero della fede. E’ una grande ricchezza: a volte mescolata con elementi provenienti dalle diverse culture, talvolta anche con elementi religiosi che provengono dalle religioni originali, che devono essere ancora purificati e meglio definiti. Comunque la religiosità popolare è un grande valore e per la nuova evangelizzazione rappresenta certamente un cammino e una via preziosa per compiere la nuova evangelizzazione. (mg)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In rilievo, nell'informazione internazionale, la crisi libica: appello delle Nazioni Unite per una tregua a Misurata.

    In cultura, nella traduzione di monsignor Alberto Perlasca dall'originale francese, la prefazione di Stefan Heid al libro del gesuita Christian Cochini "Origini apostoliche del celibato sacerdotale".

    Raffaele Alessandrini sulle direttive di Pio XII per salvare gli ebrei (nell'archivio di monsignor Giuseppe Maria Palatucci); con un articolo di Silvia Guidi su suor Emma Navarro, che sottrasse dalla furia nazista centinaia di bambini ebrei.

    Svelata una bellissima sconosciuta: il monsignore prefetto Cesare Pasini sul primo volume dedicato alla storia della Biblioteca Apostolica Vaticana.

    Tradizione cristiana patrimonio da difendere: nell'informazione religiosa, l'incontro fra il Patriarca Cirillo e l'ambasciatore italiano a Mosca, Antonio Zanardi Landi.

    L'unità della Chiesa in India nella diversità di riti e tradizioni: nell'informazione vaticana, Benedetto XVI alla Conferenza episcopale siro-malabarese.

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    Oggi in Primo Piano



    Tragedia del mare: il dolore del Papa. Riprese le ricerche dei dispersi. Dalla Francia regole più rigide per gli ingressi

    ◊   Sono riprese le ricerche dei dispersi, oltre 250, coinvolti nel tragico naufragio di un barcone avvenuto martedì notte a sud di Lampedusa, in acque maltesi, ma le condizioni del mare restano proibitive. Intanto dall’isola sono stati trasferiti i 53 migranti salvati ieri. Una vicenda seguita dal Papa con viva preoccupazione e sgomento. Ascoltiamo la riflessione del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi:

    "La tragedia della morte in mare di un gran numero di migranti che dalle coste dell’Africa settentrionale cercano di raggiungere l’Europa ha colpito profondamente il Santo Padre, che segue con partecipazione e preoccupazione le vicende dei migranti in questo periodo drammatico. Il Santo Padre e tutta la Chiesa ricordano nella preghiera tutte le vittime di ogni nazionalità e condizione, anche donne e bambini, che perdono la vita nel terribile viaggio per sfuggire alle situazioni di povertà, o di ingiustizia o di violenza da cui sono afflitte, alla ricerca di protezione, accoglienza e condizioni di vita più umane. Ricordiamo che fra le vittime di queste tragedie nel Mediterraneo vi sono migranti eritrei cattolici che si trovavano in Libia e partecipavano anche alla vita della comunità cattolica".

    Oggi, intanto, in Italia si è svolta alla Camera l’informativa del ministro dell’Interno Maroni che ribadisce: “l’Europa non può continuare a lasciarci soli”. Quindi ha annunciato il decreto con la concessione del permesso di soggiorno temporaneo a chi è giunto in Italia. Dal canto suo la Francia fissa 5 dure regole per gestire gli ingressi dai Paesi terzi. Sul tema dell’immigrazione è tornata anche la Conferenza episcopale italiana: “l’Italia – dicono i vescovi - rischia di dividersi sull’accoglienza”. Il servizio di Cecilia Seppia:

    E’ stata la notte del dolore a Lampedusa e insieme delle conferme drammatiche sul naufragio avvenuto in acque maltesi a 39 miglia dall’isola: circa 250 persone risultano ancora disperse. Alle prime luci dell’alba sono riprese le ricerche, con il mare forza 5 e le raffiche di maestrale, ma per ora non c’è traccia di vita in quel cimitero di corpi che è il Mediterraneo. La polemica sulla competenza delle operazioni di soccorso e intervento tra Italia e Malta va avanti, mentre da Agrigento tuona la voce del vescovo, mons. Montenegro: “Sono morti che pesano sulla coscienza di tutti - dice il presule - la colpa di questo naufragio – afferma - non è del mare, ma dell’indifferenza e di regole sbagliate”. Intanto i 53 migranti tratti in salvo ieri dalla Guardia costiera italiana sono stati trasferiti con un ponte aereo a Brindisi. Nei loro occhi ancora paura e il dolore per la perdita di parenti e amici: alcuni sopravvissuti hanno raccontato gli istanti prima del dramma: l'euforia alla vista della motovedetta, l’errore di spingersi alzandosi in piedi, la calca per guadagnare un centimetro, mentre le onde inghiottivano uomini, donne e bambini senza pietà. C’è anche il racconto dei soccorritori che dicono di aver visto letteralmente volare a grappoli centinaia di persone in mare. Ci sono poi le lacrime di Ebbi, un papà libico di 19 anni che ha perso suo figlio di appena 3 mesi: “L’acqua me l’ha strappato, ho fatto di tutto” continua a ripetere. Intanto il dibattito politico sull’emergenza immigrazione va avanti. Alla Camera, dove è stato osservato un minuto di silenzio per le vittime, il ministro dell’Interno Maroni ricorda i numeri di quest'ultima immigrazione: da gennaio ci sono stati 390 sbarchi e 25.800 arrivi, poi annuncia la concessione del permesso di soggiorno temporaneo a chi è giunto in Italia, che consentirà di circolare nei Paesi dell’area Schengen. Quindi il titolare dell’Interno ha sollecitato l’adozione da parte dell’Ue di accordi bilaterali con i Paesi nordafricani e ribadito: “L’Europa non ci lasci soli”. Un appello accorato alla comunità internazionale arriva anche da don Mussie Zerai, sacerdote eritreo presidente dell’Agenzia Abeshia per la Cooperazione allo Sviluppo:

    “Se la comunità europea ci avesse ascoltato quando noi, insieme anche al vescovo di Tripoli, lanciavamo l’appello ad evacuare queste persone insieme ai cittadini europei che lasciavano la Libia, non saremmo qui a contare i morti e i dispersi. Quello che noi ci sentiamo di fare ancora oggi è lanciare un appello per un piano di evacuazione, aprendo un corridoio umanitario sia dalla Libia, in Tunisia o in Egitto del Sud. C’è il rischio che queste persone, se non troveranno un sostegno, un’accoglienza da qualche parte, si affideranno, per la disperazione, ai barconi e al mare”.

    Ma la Francia serra i ranghi e fissa dure regole per l’ingresso da Paesi terzi: soggiorni che non superino tre mesi; essere in possesso del passaporto o di un documento valido emesso da uno stato membro dello spazio Schengen. Titoli e autorizzazioni accettabili solo se notificate alla commissione Ue dallo Stato che li ha emessi; gli stranieri dovranno poi giustificare di avere risorse sufficienti e di non rappresentare una minaccia per l’ordine pubblico, altrimenti – si legge nella nota - verranno riconsegnati allo stato di provenienza. La Cei, da parte sua, torna a ribadire l’importanza dell’accoglienza dei migranti auspicando che l’Italia su questo tema non rischi di dividersi. Ciò che emerge dice il segretario generale della Cei, mons. Crociata, è un eccesso di paura verso lo straniero bisognoso e il diverso, oltre all’incapacità di comprendere quanto sta avvenendo.

    Su questa nuova tragedia del mare Fabio Colagrande ha intervistato mons. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti:

    R. - Anzitutto desidero esprimere la mia profonda tristezza per il tragico naufragio, ieri, di un barcone che trasportava 250-300 persone, nessuno lo sa con precisione: uomini, donne e bambini in fuga dall'Africa. Le condizioni proibitive del Mare nostrum hanno inghiottito i loro sogni, come quelli di altri che attraversano questo crocevia della disperazione. Purtroppo la scelta dei barconi via mare, in mano - spesso - a contrabbandieri e trafficanti senza scrupolo, è un’estrema alternativa dettata dall’impossibilità di utilizzare altri mezzi, dato che da tempo i Paesi europei hanno chiuso i confini, introducendo norme restrittive sugli ingressi di questi poveri disgraziati.

    D. - In Europa aumenta la preoccupazione per l’improvvisa crescita del flusso migratorio proveniente dal Nord Africa verso il Vecchio Continente: un fenomeno epocale che - come in Italia, a Lampedusa - può creare gravi situazioni umanitarie. Quale atteggiamento deve avere la comunità cristiana rispetto a questa vicenda?

    R. - Desidero nuovamente fare appello alla solidarietà e all’accoglienza. L’Italia, lo scorso anno, occupava - tra i Paesi industrializzati - il 14.mo posto per l’accoglienza dei rifugiati; i Paesi Bassi, con un territorio più piccolo e una popolazione meno numerosa, hanno accolto il doppio dei rifugiati rispetto all’Italia; anche la Francia ha ospitato più rifugiati, con una percentuale del 13 per cento, mentre l’Italia ha una percentuale di rifugiati di soltanto il 2 per cento. Gli eventi in Italia, certo, possono apparire drammatici, ma sono ancora in un certo contesto e non bisognerebbe esasperare quanto sta accadendo. L’Italia, in fondo, è una grande potenza economica, industriale, sociale: quindi potrebbe avere la possibilità, con certe regole precise, di non spaventarsi troppo di fronte ad un fenomeno che esiste e che disgraziatamente, forse, va aumentando. Quello che veramente si desidererebbe è che l’Europa - non solo l’Italia - prendesse un pochino più a cuore la situazione e studiasse come affrontare e come risolvere questo problema. Non lo si può risolvere solamente con delle leggi punitive: bisogna pure darsi un po’ di pene per vedere come noi, popoli industriali e ricchi, possiamo risolvere questo problema, che esiste! Si possono cacciare, ma rientreranno da un’altra parte. Non c’è niente da fare… In secondo luogo, bisogna distinguere tra coloro che giungono dalla Libia e quanti giungono dalla Tunisia: quelli che provengono dalla Libia, attualmente zona di guerra, non dovrebbero essere respinti; quanti invece arrivano dalla Tunisia rientrano nei flussi di migrazione miste, migranti e rifugiati insieme. Ciascuno di loro dovrebbe essere sottoposto ad uno screening per vagliare il diritto alla protezione, come giustamente si sta orientando a fare l’Italia. In fondo, in questa situazione, l’Italia - sarà perché è la nazione più vicina, sarà anche per la presenza della Chiesa - penso di poter dire che si sta comportando abbastanza bene e il popolo di Lampedusa è stato esemplare. Altrettanto importante è l’adozione del permesso temporaneo, che offre solidarietà a chi ne beneficia, mentre incoraggia la cooperazione sia sul territorio italiano che a livello europeo. L’intervento dei vescovi italiani rispecchia poi il richiamo del Vangelo sull’accoglienza umana e fraterna. I vescovi, come tali e come Cei, hanno messo a disposizione 2.500 posti nelle varie diocesi. L’Europa deve riflettere seriamente su ciò che significa rimanere nella regione dalla quale i rifugiati fuggono: generalmente si afferma che essi dovrebbero recarsi nei Paesi vicini, ma se questo fosse applicato alla Libia comporterebbe che i rifugiati di quel Paese vengano accolti in Europa. Ciò significa che l’Europa deve prendersi le sue responsabilità per assolvere i suoi doveri di protezione dei rifugiati e dimostrare cosa significhi solidarietà e condivisione. L’arrivo degli altri può dare fastidio, ma non è cristiano questo egoismo: dobbiamo aprirci anche agli altri, anche politicamente parlando perché tanto è un fenomeno che non si può fermare. Questo c’è e ci sarà e bisogna darsi una regolata… (mg)

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    Costa d'Avorio: Gbagbo rifiuta la resa, ancora scontri ad Abidjan

    ◊   Tesissima la situazione in Costa d’Avorio. Fallito ieri il blitz, le forze del presidente eletto, Alassane Ouattara, anche oggi hanno posto sotto assedio ad Abidjan il palazzo-bunker dov'è asserragliato il presidente uscente, Laurent Gbagbo, che rifiuta la resa. Secondo il ministro della Difesa francese, Gerard Longuet, Gbagbo dispone ancora di ''poche migliaia di uomini'' ad Abidjan, mentre per il capo della diplomazia di Parigi, Alain Juppè, la sua caduta è ormai ''inevitabile''. Da segnalare, infine, il messaggio forte che giunge da Mosca, che parla di interferenze da parte delle forze francesi e delle Nazioni Unite nel “conflitto interno” ivoriano. Per una testimonianza sulle ultime settimane in Costa d’Avorio, Salvatore Sabatino ha intervistato Lorenzo Nizzardo, che da oltre 30 anni vive nel Paese africano per motivi di lavoro, appena tornato in Italia:

    R. – C’è stata una lunga campagna mediatica per separare le due posizioni, che si è trasformata in divisione tra la popolazione. Le cose poi hanno iniziato a degradarsi, perché gli organismi internazionali hanno imposto delle sanzioni di carattere economico-finanziario, le banche hanno cominciato a chiudere, il porto ha cominciato a cessare le sue funzioni, perché non arrivavano più navi.

    D. – E gli stranieri sono tornati a casa, e tra quegli stranieri ovviamente c’è anche lei…

    R. – Io ero tornato in Italia e dovevo restare qui per pochi giorni, per un periodo di vacanza, ma poi non sono più potuto rientrare in Costa d’Avorio, e anche tutti gli altri – chi poteva – ha cominciato a lasciare il Paese.

    D. – Ha avuto modo di contattare qualcuno in Costa d’Avorio, magari qualche suo amico, qualche suo conoscente in queste ore? Che cosa le hanno raccontato?

    R. – Ho avuto più occasioni di contattare persone che sono rimaste lì, che non sono potute partire, sia personale europeo che gente del posto. Sono tutti chiusi in casa e non possono stare nemmeno seduti in salotto, perché si nascondono nei corridoi dove non ci sono finestre, a causa dei proiettili vaganti. Tutti temono che qualche proiettile, qualche bomba possa entrare nelle case. Quelli che ce l’hanno fatta, sono scappati per rifugiarsi in qualche base militare dell’Onu. Non escono di casa da più giorni e quindi non possono andare né a fare la spesa né a fare rifornimenti di acqua e di viveri. In molti quartieri c’è stata interruzione di energia elettrica, mancanza di acqua: una situazione da guerra civile.

    D. – Insomma, una situazione davvero drammatica…

    R. - E’ drammatica per tutti sotto il profilo umanitario, perché ci sono state decine per non dire centinaia di morti.

    D. – Secondo lei, era prevedibile tutto questo?

    R. – No, non credo proprio. Avevo parlato anche con il personale dell’ambasciata italiana, prima delle elezioni, e tutti erano fiduciosi; tutti ritenevano di avere messo in atto una procedura di verifica, di controllo, affinché le elezioni andassero veramente senza problemi e che alla fine si potesse dire: ha vinto Tizio oppure ha vinto Caio…ed uno governa e l’altro va all’opposizione. E’ stata, quindi, una sorpresa, se vogliamo, per tutti.

    D. – In cuor suo spera di ritornare presto, immagino?

    R. – Io me lo auguro. E’ un Paese meraviglioso, al di là di questi problemi: c’è una bella natura; la gente è buona e non sente questo clima di odio, di contrasto tra due opposizioni: vive tranquillamente in pace. Io posso raccontare anche di coppie: cristiani che si sposano con musulmani… C’è una certa integrazione. Purtroppo, poi, certa politica fa degenerare tutto.(ap)

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    Il Portogallo chiede assistenza finanziaria all'Unione Europea per uscire dalla crisi

    ◊   Dopo mesi di resistenza e tre giri di vite antideficit, che hanno messo in ginocchio il Portogallo senza però calmare i mercati, il governo dimissionario di Lisbona del premier socialista José Socrates ha deciso di chiedere assistenza finanziaria all'Unione europea. Il prossimo 5 giugno, il Paese andrà alle urne per elezioni politiche anticipate. Da Lisbona, il servizio di Riccardo Carucci:

    Il primo ministro socialista dimissionario José Socrates aveva persistentemente negato la necessità di chiedere aiuti esterni, ma ora - incolpando l’opposizione che ha bocciato l’ultimo piano di austerità provocando le dimissioni del governo minoritario e elezioni anticipate - ha ammesso che la situazione finanziaria del Paese è talmente grave da imporre il ricorso all’aiuto dell’Unione europea, il che significa, come nel caso di Grecia e Irlanda, al Fondo europeo di stabilità finanziaria e al Fondo monetario internazionale per un possibile montante - secondo cifre avanzate nei giorni scorsi - di 75 miliardi di Euro o qualcosa di più. In effetti, la situazione era sempre più grave. Interessi sempre più alti nei prestiti sul mercato internazionale; accanimento delle agenzie di rating nell’abbassare le quotazioni del Portogallo e delle sue imprese; difficoltà di controllare il deficit; gravissimi problemi di liquidità delle aziende e dei servizi pubblici. A tutto ciò si sono aggiunte le banche portoghesi che hanno deciso di non concedere più credito allo Stato, dimenticando le loro imprudenze e gli aiuti ricevuti. Essendo il suo un governo limitato all’ordinaria amministrazione, Socrates ha chiesto tramite il presidente della Repubblica, Anibal Cavaco Silva, l’appoggio di altri partiti. La principale forza di opposizione, il partito socialdemocratico di centrodestra, ha già assicurato il proprio appoggio in questo momento difficile attraverso il suo leader Pedro Passos Coelho, probabile primo ministro dopo le elezioni del 5 giugno. Ci saranno trattative sulle modalità del prestito, ma certo i portoghesi non sfuggiranno a una nuova pesante austerità con recessione e più disoccupazione.

    La Banca centrale europea ha deciso di alzare di un quarto di punto il tasso di riferimento principale in Eurolandia, portandolo all'1,25% dal minimo storico dell'1%. E' la prima stretta monetaria varata dal Consiglio direttivo da metà del 2008. Intanto, a partire da stasera la crisi portoghese sarà affrontata dai ministri finanziari europei riuniti a Budapest. Sulla situazione economica di Lisbona e sui motivi della decisione di ricorrere agli aiuti internazionali, Giada Aquilino ha intervistato l’economista Francesco Carlà, presidente di Finanza World:

    R. – La decisione dipende dal fatto che Lisbona non riesce più a finanziarsi a tassi possibili sul mercato dei capitali, cioè con interessi sostenibili, e quindi ha dovuto alzare bandiera bianca.

    D. – Di fatto, quali procedimenti si innescano?

    R. – I procedimenti che si innescano sono molto semplici: si chiede un finanziamento per avere quegli stessi denari ad interessi più compatibili, sostenibili. Si parla – ma lo sapremo con certezza soltanto nelle prossime ore – di circa 60-80 miliardi di Euro per tre anni. Queste sono le necessità del Portogallo per evitare il default. Probabilmente non basterà, esattamente come era successo con gli annunci della Grecia. Dovremo vedere se - grazie ai capitali ottenuti ad interessi più sostenibili dal Paese - la crescita migliorerà e quindi lo stesso Paese potrebbe far fronte anche da solo, in parte, alle sue esigenze. Infatti, tra i tentativi che sono stati fatti in questi mesi dal governo c’era soprattutto il tentativo di agire sulla leva del risparmio dei costi interni, cosa che non ha funzionato perché alla quarta manovra il governo è caduto.

    D. – Il nuovo governo – quello che uscirà dalle elezioni del 5 giugno – dovrà comunque prevedere un pacchetto di misure per far fronte alla crisi?

    R. – Il problema portoghese non è tanto quello del deficit, quanto – appunto - quello della scarsa fiducia, in questo momento, sui mercati finanziari. Questo problema è risolto, nel senso che non si finanzia più sul mercato normale dei buoni del tesoro, ma su quello “privato” dell’aiuto europeo e del Fondo monetario. E quindi il Paese potrebbe rimettersi in un corso economico, approfittando forse anche della ripresa internazionale che potrebbe consentire di star dentro a questi 60-80 miliardi nei tre anni. Naturalmente, sono tutte ipotesi: dobbiamo vedere come l’economia portoghese riuscirà a reagire a tali iniezioni di capitali; e dobbiamo anche tener presente un po’ la depressione, dal punto di vista psicologico, che il Portogallo dovrà affrontare per essere finito, dopo tanti disperati tentativi di non entrarci, nel club di quelli che hanno bisogno degli aiuti europei. Finora in questo club sono entrati Grecia, Irlanda e adesso il Portogallo. I prossimi potrebbero essere la Spagna e l’Italia.

    D. – Ecco: la Spagna esclude un contagio. Mentre in queste ore è cominciata una fase di “austerity” anche per la Gran Bretagna …

    R. – La Gran Bretagna ha una situazione diversa perché non è nell’Euro; quindi dovrà cercare di far da sola. Il problema spagnolo è tanto temuto perché è il famoso “too big to fail”, come si dice; cioè: dopo tre Paesi di dimensioni – da un punto di vista economico e finanziario, per il livello europeo – tutto sommato non troppo rilevanti (cioè Grecia, Irlanda e Portogallo), sarebbe il momento di un’economia molto grande. Quindi l’intervento non sarebbe nell’ordine di 60-80 miliardi per tre anni, ma sarebbe di entità molto più grande, probabilmente eccedente anche il budget dei fondi creati dopo la crisi greca. (gf)

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    L’astrofisico Rees, Premio Templeton 2011: scienza e fede non sono incompatibili

    ◊   L’astrofisico britannico Martin J. Rees è il vincitore del Premio Templeton 2011, riconoscimento assegnato a quanti si sono distinti nella ricerca di Dio, nella spiritualità e nell'ambito della conoscenza scientifica. Il prof. Rees, che si dichiara non credente, è considerato uno dei più grandi scienziati viventi. “Gli interrogativi sollevati da Rees – ha affermato John M. Templeton, presidente della Fondazione omonima – hanno un impatto ben più profondo che la semplice asserzione dei fatti, aprendo orizzonti ben più larghi di quanto possa fare un telescopio”. Martin J. Rees, ha aggiunto Templeton, “ha aperto una finestra sulla nostra vera umanità, invitando ognuno a confrontarsi con le questioni fondamentali della nostra natura e della nostra esistenza”. Philippa Hitchen ha chiesto al prof. Martin J. Rees di raccontare il suo percorso di ricerca scientifica e il suo rapporto con la religione:

    R. – I studied mathematics and physics…
    Ho studiato matematica e fisica all’Università e volevo trovare alcuni contesti in cui poter usare queste capacità, in ambiti in cui si potesse procedere in velocità con vasti orizzonti concettuali. E in realtà sono stato veramente fortunato, perché ho iniziato ad occuparmi di questi argomenti alla fine degli anni ’60, quando ci furono sviluppi entusiasmanti - le prime prove dell’esistenza del Big Bang, le prime prove dell’esistenza dei buchi neri e così via; ma quello che è stato ancora più favorevole è il fatto che il passo non sia affatto rallentato: se guardo a quello che è successo negli ultimi due anni, si tratta di un periodo interessante quanto qualsiasi periodo precedente. In particolare, non solo abbiamo capito molto di più delle primissime fasi dell’Universo, ma stiamo iniziando ad avere qualche barlume di idea che il nostro Universo possa essere incredibilmente più vasto di quello che avessimo pensato; e gli astronomi per la prima volta hanno avuto una prova sicura che molte stelle abbiano pianeti nella loro orbita, così come il sole è al centro dell’orbita della Terra e degli altri pianeti che conosciamo. Quindi, i cieli notturni diventano sempre più interessanti.

    D. – Lei affronta temi particolarmente complessi: pensa che oggi le persone siano in generale più interessate e forse anche più preparate in tali questioni di quando lei ha cominciato il suo lavoro?

    R. – I think they are. It’s very important that scientists ....
    Penso di sì. E’ molto importante che gli scienziati sottolineino chiaramente se fanno affermazioni di cui hanno una qualche certezza o se dicono cose di cui non sono assolutamente certi. Ma io credo che sia possibile spiegare le idee chiave della scienza, in modo comprensibile. Ovviamente noi specialisti dobbiamo scendere nei dettagli, ma penso che le idee chiave possano essere capite da chiunque: uno dei piaceri del mio ruolo di professore di astronomia è sapere di poter spiegare i risultati delle nostre scoperte in modo tale che possa essere interessante per un vasto pubblico. Penso che alla gente piaccia sapere che ci sono molti altri pianeti che orbitano attorno ad altre stelle, che alla gente piaccia sapere che c’è stato un inizio, circa 40 miliardi di anni fa, del nostro universo in espansione; e che alla gente farebbe piacere sapere cosa ci riserva il futuro, e così via. Quindi, sento di essere fortunato e credo davvero che queste idee possano essere comunicate con un linguaggio non tecnico.

    D. – Non c’è il rischio di semplificare troppo?

    R. – Well, I don’t think so ...
    No, non credo. Ci sono alcuni argomenti concettualmente difficili, ma penso che l’astronomia sia molto più facile da comunicare, piuttosto, per esempio, che la fisica subatomica, che è molto lontana dal consueto modo di pensare della gente. Tutti guardano le stelle: il cielo notturno è forse l’aspetto del nostro ambiente più comune a tutta l’umanità, perché in ogni epoca le persone hanno alzato gli occhi al cielo, interpretandolo a proprio modo e ponendosi domande. Oggi noi possiamo rispondere a domande cui non si poteva nel passato e queste domande sono radicate nel mistero e nella meraviglia, rendendo tutto questo più affascinante e complesso.

    D. – Lei sottolinea di non avere nessun credo religioso ma di essere – cito – “un prodotto della cultura e dell’etica cristiana della Chiesa anglicana in cui è stato allevato”. Cosa esattamente vuol dire con questo?

    R. – Well, I certainly was brought up …
    Certamente sono stato educato in un tipico background inglese. Sono andato in una scuola, dove tutti andavamo in chiesa. Sono stato molto influenzato da questa cultura e apprezzo grandemente la tradizione estetica e musicale della Chiesa di Inghilterra nella quale sono cresciuto. Sono un sostenitore della Chiesa d’Inghilterra come istituzione: ritengo che siamo particolarmente fortunati perché due suoi arcivescovi, John Sentamu e Rowan Williams, persone con modi di pensare completamente diversi, sono entrambi individui rimarchevoli, che hanno notevolmente risollevato gli standard del dibattito pubblico nel Regno Unito. Quindi, non credo ci sia incompatibilità tra scienza e fede. Ci sono molti cosmologi che sono credenti: solo che io non sono tra loro. (ap)

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    Lo storico Andrea Riccardi presenta la sua "biografia" di Giovanni Paolo II

    ◊   Un protagonista per più di un quarto di secolo sulla scena mondiale: così lo storico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, racconta nel testo “Giovanni Paolo II. La biografia”, edito dalla San Paolo, il Papa che ha traghettato la Chiesa nel nuovo millennio e ha cambiato la storia. Il libro è stato scritto attraverso la testimonianza diretta dell’autore oltre che sulla base di fonti inedite e colloqui privati. Ieri la presentazione a Roma. L’ha seguita per noi Paolo Ondarza:

    E’ il momento di passare dai sentimenti alla storia. Andrea Riccardi presenta così la sua biografia su Giovanni Paolo II, frutto di un accurato lavoro scientifico e di colloqui avuti con chi ha vissuto quotidianamente con il Papa. Tra le testimonianze raccolte nei tredici capitoli figurano quelle di Benedetto XVI e dei cardinali Stanisław Dziwisz e Camillo Ruini. L’ex presidente della Cei ha detto di aver ritrovato nel testo di Riccardi il Giovanni Paolo II che ha conosciuto. L’autore definisce il Papa polacco un grande umanista, un uomo in costante ricerca, un rivoluzionario, un leader spirituale e civile, un uomo "crocevia", protagonista del XX secolo. Ecco perché nelle intenzioni di chi lo ha scritto il volume edito dalla San Paolo non vuole essere un testo di storia della Chiesa, ma di storia contemporanea a tutto tondo. Andrea Riccardi:

    R. - Solo la storia ci fa capire la dimensione complessa di Wojtyła.

    D. – Lei ha detto: “Il libro nasce come un debito verso Giovanni Paolo II”. Perché?

    R. – Nasce come un debito perché io l’ho conosciuto che avevo 28, 29 anni, ed è stato sempre aperto e gentile con me, mi ha ricevuto e abbiamo parlato tante volte. Si faceva fare tutte le domande e non aveva paura di rispondere come voleva. Credo di avere messo al servizio di questa conoscenza il mio modesto laboratorio di storico, perché non basta conoscere, aver vissuto i fatti, ma bisogna avere la ragione storica per saperli leggere.

    D. - Lei crede che siano maturi i tempi per passare dai sentimenti alla storia?

    R. – Sì, se non si passa dai sentimenti alla storia il mondo dei sentimenti è pieno di sabbie mobili.

    D. - Emerge dal suo testo il concetto di un Papa rivoluzionario …

    R. – E’ un Papa rivoluzionario ma non nella maniera della rivoluzione francese, o della rivoluzione marxista, o della rivoluzione violenta: crede alla rivoluzione che può cambiare la storia.

    D. – Lei ha detto: “Lascio questo testo a chi verrà dopo di noi, come speranza per il futuro”. In che senso?

    R. – Nel senso che noi abbiamo bisogno della grandezza del suo magistero e della sua testimonianza per andare avanti.

    Il libro è stato già tradotto in inglese, francese, tedesco, spagnolo, polacco, portoghese e croato e venduto in 18 Paesi nel mondo. Altri 10 sono in trattativa.(bf)

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    In un libro, la bellezza delle cento fontane del Vaticano

    ◊   In occasione dell’inaugurazione della 100.ma fontana nel territorio della Città del Vaticano, donata al Papa Benedetto XVI, nel luglio scorso, dai “Patrons of the Arts in Vatican Museum”, e dedicata alla storia di San Giuseppe, è stato presentato ieri, presso i Musei Vaticani, il Volume “Le cento fontane del Vaticano”, edito dalla Libreria Editrice Vaticana: il primo di una monografia in tre volumi, dedicato alle fontane che sorgono lungo i viali e nel bosco della Città del Vaticano. Architetture d’acqua, di luce e di suoni, motivo di ornamento e di meditazione. C’era per noi Claudia Di Lorenzi:

    E’ un richiamo gioioso alla vita, che sempre rinasce e si rinnova, ma è soprattutto evocazione della vita eterna, la cui promessa colma il cuore dell’uomo di speranza. “L’acqua è simbolo della vera Vita alimentata dalla Grazia” ha detto il cardinale Giovanni Lajolo, presidente del Governatorato della Città del Vaticano, presentando oggi il volume che raccoglie alcune fra le 100 fontane che impreziosiscono i giardini vaticani e i chiostri dei palazzi dentro le mura leonine: capolavori dell’arte, per lo più in stile barocco, che alla funzione puramente ornamentale uniscono quella evocativa e meditativa. Ascoltiamo il cardinale Lajolo:

    “La fontana è anche un simbolo dell’acqua zampillante della vita eterna di cui ci ha parlato nostro Signore nel suo discorso con la donna samaritana. Nei giardini del Papa queste fontane hanno una valenza talvolta alquanto recondita, però vera, di un’acqua diversa che ci presenta la grazia del Signore”.

    Una bellezza frutto del genio di architetti come il Bernini e il Borromini, rispettivamente progettista e autore della celebre Fontana delle Api, o come Giovanni Vasanzio, autore per Paolo V Borghese della monumentale Fontana del Galeone. E poi il Vignola, Pirro Ligorio e autori cosiddetti minori, portatori di una sensibilità che ben si armonizza nel percorso artistico, storico e simbolico delle fontane vaticane, architetture d’acqua, di luce e di suoni. Una bellezza che si fa eco di una bellezza più alta. Ancora il presidente del Governatorato:

    “Anzitutto la bellezza della natura, perché qui è l’arte che si inserisce nella natura, che vuole far godere ancora di più la natura. Così, anche, far vedere la bellezza delle bellezze che è quella bellezza sempre antica e sempre nuova di cui parla Agostino: la bellezza divina”.

    E dello spettacolo dell’acqua, un bene da tutelare anzitutto, ha parlato l’architetto Paolo Portoghesi, intervenuto all’incontro:

    “Certamente l’acqua è un elemento fondamentale per la vita, però l’acqua non è solo questo, è anche uno spettacolo. Basta pensare al mare, certamente una delle immagini più affascinanti che la terra ci offre. Ma, naturalmente, l’uomo può trasformare l’acqua, può utilizzare i suoi vari aspetti guidandola, in un certo senso, facendogli recitare una parte. Questa è un po’ l’arte della fontana: considerare l’acqua una specie di attore a cui si chiede una prestazione spettacolare. E’ interessante vedere come il cristianesimo abbia riconosciuto in pieno che il rispetto della natura faccia parte proprio della professione religiosa: il culto della creazione come qualcosa che non va soltanto sfruttato ma difeso. L’opera di Benedetto XVI è importante anche per l’aver messo spesso l’accento sull’importanza del rispetto nei confronti del creato”.

    Uno spettacolo che prende forme fra le più variegate. Ascoltiamo Giandomenico Spinola, responsabile per i Musei Vaticani del Reparto per le Antichità Classiche:

    “Quella dell’Aquilone è certamente tra le più belle. E’ molto affascinante anche la Fontana degli Specchi. A mio avviso, molto importante è la Fontana delle Api, che sta all’ingresso, vicino alla Porta Sant’Anna e in questo momento è oggetto di restauro, a me piace molto. Poi, la Fontana della Galera che spara acqua dal pennone e dai cannoni, che è una fontana del ’600, molto bella”.(bf)

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    Chiesa e Società



    Asia Bibi ha la varicella, è debole ma continua a digiunare

    ◊   Asia Bibi, la cristiana pakistana condannata a morte per blasfemia e oggi rinchiusa in carcere, in questi ultimi giorni ha contratto una malattia esantematica, che le causa eruzioni cutanee su tutto il corpo (si pensa alla varicella), mentre non è ancora chiaro chi l’abbia potuta contagiare. Probabilmente la causa è la sporcizia in cui versa la sua cella, i suoi abiti, la biancheria. Sta di fatto che tale malattia debilita ulteriormente il suo fisico, già debole e provato da mesi di prigione in cella di isolamento. La “Masihi Foundation”, attraverso l’Agenzia Fides, lancia un allarme: “Ora urge più che mai un intervento dei medici. Stiamo cercando di organizzare, con le autorità del carcere, una visita specialistica di medici fidati. Temiamo davvero per la sua salute, che possa ammalarsi gravemente e morire in carcere”. Asia, secondo i suoi legali, dovrebbe a questo punto interrompere il digiuno quaresimale che sta portando avanti, in quanto il suo fisico è già molto debilitato. “Lei prega molto e digiuna, offrendo a Dio la sua sofferenza. Ma speriamo che la visita dei medici possa convincerla a riprendere a nutrirsi. Deve farlo per il suo bene e per la sua salute” spiega a Fides Haroon Masih, Direttore della “Masihi Foundation” che si occupa della sua assistenza legale e materiale. Intanto nel mondo di moltiplicano le comunità che pregano per Asia Bibi e per la sua liberazione. Un convento di suore di clausura di Toledo (Spagna), le Concezioniste Francescane (ordine fondato dalla Santa Beatriz de Silva), ha iniziato una campagna di preghiera. Suor Maria Immacolata, Abbadessa del Monastero, scrive in un messaggio a Fides: “Stiamo seguendo il caso di Asia e stiamo pregando per lei e la sua famiglia, ma anche per tutti coloro che sono morti per difenderla. Siamo felici che anche il Santo Padre si sia interessato alla sua causa. Preghiamo che il Signore conceda ad Asia la grazia di incontrarlo. Preghiamo Iddio con tutto il cuore perché un giorno possa riabbracciare la sua famiglia”.

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    Cina continentale: consacrato il vescovo di Jiangmen

    ◊   Nella chiesa cattedrale del Sacro Cuore di Maria a Jiangmen, nella provincia di Guangdong, ha avuto luogo il 30 marzo scorso l’ordinazione episcopale di mons. Paolo Liang Jiansen, di 46 anni di età e 19 di sacerdozio. Il presule è stato approvato dalla Santa Sede per l’ufficio di vescovo della diocesi di Jiangmen (Kongmoon). Le autorità cinesi hanno autorizzato la sua ordinazione. La solenne liturgia è stata presieduta da mons. Giuseppe Gan Junqiu, arcivescovo di Guangzhou, coadiuvato da mons. Giuseppe Liao Hongqing di Meixian e mons. Paolo Su Yongda di Beihai. Hanno partecipato alla celebrazione anche i vescovi Giovanni Battista Tan Yanquan di Nannning, Giovanni Battista Li Suguang di Nanchang e Giuseppe Shen Bin di Haimen. Si tratta di presuli in comunione con la Santa Sede e riconosciuti dal governo. Mons. Paolo Liang si è detto felice di essere stato ordinato dai suoi compagni di seminario in una celebrazione, che si è svolta in modo tranquillo.Alla celebrazione erano presenti, insieme alla madre e ai parenti del neo-ordinato, più di un migliaio di fedeli appartenenti alla sua diocesi o provenienti dalle province di Guangdong e di Shanxi, oltre che da Hong Kong e da Macao. Mons. Liang è nato il 6 maggio 1964. Dopo aver compiuto gli studi nel seminario regionale di Wuhan, nello Hubei, è stato ordinato sacerdote l’8 dicembre 1991. Ha servito la diocesi prima come parroco (1985-2004) e poi come vicario generale del suo predecessore, deceduto nel 2007. La diocesi di Jiangmen conta attualmente una decina di sacerdoti, una trentina di suore e circa 20.000 fedeli, distribuiti in 20 parrocchie e ha un posto speciale nella storia della Chiesa in Cina: sull’isola di Shangchuan, che fa parte oggi della diocesi, morì nel 1552 Francesco Saverio. Il santuario, che ricorda la morte del santo missionario gesuita, è oggi luogo di pellegrinaggi. A nord della diocesi si trova la città di Zhaoqing, dove padre Matteo Ricci passò tre anni, costruì un chiesa e si preparò alla successiva missione sul continente. Mons. Liang intende guardare allo spirito e all’opera di questi due grandi gesuiti per il suo lavoro di evangelizzazione. “ La mia croce è pesante – ha detto – ma ho fiducia nel Signore per il mio ministero episcopale. Una delle priorità sarà quella di rafforzare la formazione spirituale dei sacerdoti e delle suore e di cominciare al più presto anche corsi di formazione per i laici”.

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    India. Lotta alla corruzione: i cristiani in prima linea

    ◊   I cristiani dell’India sono in prima linea nella lotta alla corruzione, che sta coinvolgendo larghi settori della società civile indiana. I vescovi a livello istituzionale e i fedeli a livello di base, stanno partecipando attivamente al dibattito che in questi giorni attraversa la nazione, sull’approvazione di una specifica legge contro la corruzione, chiamata “Lokpal Bill”. In questo delicato passaggio della vita politica nazionale, le Chiese cristiane dell’India hanno parlato con una sola voce, attraverso il “National United Christian Forum” (NUCF), che include la Chiesa cattolica e le Chiese protestanti ed evangeliche. Mons. Vincent Concessao, arcivescovo di Delhi e portavoce del NUCF, spiega in una nota inviata a Fides le ragioni dell’impegno dei cristiani in questa campagna. “Le popolazioni più colpite dalla corruzione sono i poveri, perché la corruzione non solo rende loro inaccessibili i servizi pubblici ma non consente nemmeno di realizzare le politiche necessarie alla loro promozione sociale”. Inoltre i cristiani dell’India intendono immettere in questa campagna motivazioni morali che vengono dalla fede cristiana: “la Bibbia condanna la corruzione – prosegue l’arcivescovo – perché essa impedisce all’uomo di vedere cosa è giusto e rovina la causa degli innocenti”. Secondo il Forum, urge anche rivedere il sistema legale e penale, oggi del tutto inadeguato, per condannare quanti si macchiano del reato di corruzione, per far sì che tale reato non resti impunito, soprattutto nell’opera dei funzionari pubblici. Per questo, afferma mons. Concessao, il NUCF e tutti i cristiani dell’India alzeranno la voce e si leveranno in piedi contro la corruzione”, per costruire una società più giusta e fraterna. Secondo un rapporto inviato a Fides dall’istituto “Political & Economic Risk Consultancy” (PERC), che ha sede a Hong Kong, l’India è fra i paesi più corrotti dell’Asia. Con un indice di 8,67 (l’indice peggiore è 10), l’India, secondo il PERC, è accanto a nazioni come Filippine (8.9), Indonesia (9.25) e Cambogia (9.27). Il governo indiano è stato scosso nei mesi scorsi da diversi scandali di corruzione. Il 30 gennaio una rete di movimenti e associazioni della società civile indiana ha indetto una grande “Marcia anti-corruzione” a cui hanno aderito aderito personalità di rilevo del mondo della cultura, della politica, dell’economia, delle diverse comunità religiose.

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    Sri Lanka: il governo vara un piano per valorizzare chiese e luoghi storici di culto

    ◊   Il ministero dei Beni culturali ed ambientali dello Sri Lanka ha approvato un programma per valorizzare i luoghi storici di culto, tra cui anche alcune chiese. Lo ha annunciato ieri il ministro T.B. Ekanayake durante un incontro con il cardinale Malcolm Ranjith, arcivescovo di Colombo. Il progetto è stato voluto dallo stesso presidente Mahinda Rajapaksa. Il ministro ha anche affermato di volersi impegnare a costruire un ambiente culturale positivo che aiuti in maniera diretta la gente a realizzare una politica nazionale di sviluppo del Paese. Dal canto suo il cardinale Ranjith ha espresso la necessità di proteggere oltre ai luoghi anche le diverse culture e fedi religiose che come la Chiesa cattolica hanno dato un grande contributo alla crescita del Paese. In particolare, l’arcivescovo- secondo quanto riferisce l'agenzia Misna- ha ricordato il sostegno ai fratelli buddisti in vista del prossimo solenne Vesak, la festa in cui si celebra la nascita e l’illuminazione di Buddha. Il cardinale Ranjith ha poi esortato il ministro a cercare modi non solo per restaurare le chiese d’importanza storica, ma anche per salvaguardarle. In particolare, ha indicato la chiesa di S. Anthony a Kachchativu, a circa 70 chilometri a sud-ovest di Jaffna. Il santuario necessita di lavori poiché sorge su un’isola pressoché disabitata ed è sprovvisto dei mezzi necessari ad accogliere gli oltre quattromila pellegrini indiani che ogni anno arrivano per la festa del protettore. (C.S.)

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    Plenaria della Comece: cristianesimo a rischio estinzione in Medio Oriente

    ◊   Preoccupazione dei vescovi europei per la “situazione opprimente” in cui vivono i cristiani del Medio Oriente e per “il pericolo di vedere scomparire il cristianesimo da luoghi in cui è nato e ha posto la sua dimora per più di due millenni”. Ad esprimerla - come riferisce il Sir - è mons. Adrianus van Luyn, vescovo di Rotterdam e presidente della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece) aprendo a Bruxelles i lavori della sessione plenaria di primavera dell’organismo europeo nell’ambito del quale quest’anno si è svolto l’incontro su “Le Chiese cristiane nel Maghreb e nel Mashriq”. “Siamo ancora scioccati – ha detto il presidente Van Luyn – dagli attentati sanguinari contro le Chiese cristiane in Egitto e Iraq”. Ed ha aggiunto riferendosi alle rivoluzioni che si sono svolte in questi ultimi mesi nei paesi del Nord Africa, in nome della libertà e democrazia: “Nonostante le evoluzioni di queste ultime settimane, la situazione delle minoranze cristiane resta precaria. Occorre pertanto proteggerle”. Il presidente della Comece, parlando nella sua prolusione anche della drammatica catastrofe che ha colpito il Giappone, ha quindi auspicato una pausa di riflessione sull’utilizzo dell’energia nucleare e soprattutto sugli stili di vita che richiedono un sovra-utilizzo di energia. Per il cardinale Antonios Naguib, patriarca copto cattolico di Alessandria, intervenuto ai lavori, la corruzione diffusa, la povertà, la crisi sociale, la soffocante atmosfera politica sono state le cause che hanno scatenato le manifestazioni del 25 gennaio in Egitto che hanno dato vita “al movimento per il rinnovamento” dei giovani di piazza Tahrir che ora “rischia di essere oscurato”. Il cardinale ha avvertito del rischio che “i Fratelli musulmani possano strappare di mano ai giovani egiziani questo rinnovamento. Al contrario dei Fratelli Musulmani il movimento giovanile non ha leader riconosciuti, strutture per affrontare con qualche possibilità le prossime elezioni. Hanno bisogno di tempo che non hanno”. Altro fattore di rischio per la transizione democratica in Egitto è rappresentato, secondo il card. Naguib, dal dibattito sull’articolo 2 della Costituzione, che prevede che fonte principale del diritto sia la legge islamica. “Come chiesa abbiamo deciso di non sollevare la questione per non pregiudicare la coesione nazionale, rimandandola a quando il cambio della Costituzione sarà realtà. Noi propendiamo per la democrazia e per questo ci preoccupa se questo articolo verrà mantenuto nell’impianto della futura Costituzione” ha ribadito il porporato ricordando come “nel Paese l’uguaglianza non venga applicata a tutto tondo” nonostante ci siano articoli che lo prevedano. “Nel movimento del 25 gennaio non ci sono motivazioni religiose – ha concluso Naguib – l’inizio roseo ora rischia di essere oscurato ma continuiamo a sperare in questi giovani”. Da parte sua, l’arcivescovo maronita di Cipro, mons. Youssef Soueif, ha rilevato che “i cristiani resteranno in Medio Oriente nonostante le difficoltà. È giunto il tempo di inchinarsi a questa gente che vive l’ingiustizia”. “I cristiani, come detto anche dal Sinodo per il Medio Oriente, sono portatori di cultura e di speranza, di pace e di riconciliazione – ha rimarcato il presule – e per questo motivo rappresentano una necessità sia per i musulmani che per i non credenti”.

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    Romania. Il presidente Basescu non firma la Legge sul partenariato tra Chiesa e Stato nel sociale

    ◊   Il presidente romeno Traian Basescu ha deciso di non firmare la Legge sul partenariato tra Chiesa e Stato nel campo sociale. Il provvedimento, approvato dal Parlamento l’8 marzo scorso, prevede che lo Stato possa finanziare fino all’80 per cento delle attività delle organizzazioni caritative religiose. Il capo dello Stato – riferisce l’agenzia Apic - ha motivato il rinvio del testo al Parlamento con il fatto che esso introdurrebbe un trattamento differenziato per l’accesso ai fondi pubblici tra le diverse organizzazioni non governative impegnate nell’assistenza sociale. La Legge avrebbe sostenuto le attività benefiche della Chiesa ortodossa, maggioritaria nel Paese, di quella cattolica e delle Chiese protestanti. La normativa è stata osteggiata da movimenti e associazioni che denunciano presunte interferenze delle comunità religiose nella sfera pubblica.

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    Angola. Appello del vescovo di Mbanza Kongo: “Rafforzare la cultura della pace”

    ◊   Un vibrante appello a tutta l’Angola affinché la cultura della pace sia rafforzata nelle famiglie e in tutti i settori della vita quotidiana: a lanciarlo, lunedì scorso, è stato mons. Vicente Carlos Kiaziku, vescovo di Mbanza Kongo. Il presule ha rilasciato una dichiarazione alla stampa in occasione della Giornata della Pace e della Riconciliazione nazionale, che in Angola si celebra, appunto, il 4 aprile. Nella sua dichiarazione, il presule ha sottolineato la necessità di “una maggiore diffusione del messaggio di pace a tutta la popolazione, anche attraverso i mass media”, con l’obiettivo di raggiungere “la pacificazione degli spiriti e la salvaguardia dei valori morali e civili”. In questo contesto, due sono le strade concrete da intraprendere: “lasciare libertà di movimento ai religiosi e ai catechisti, in modo che essi possano annunciare al Parola di Dio” ed ampliare il raggio delle antenne di Radio Ecclesia, così che “il Vangelo di Cristo sia seguito in tutti gli angoli del Paese”. Mons. Kiakizu ha poi sottolineato come “lo sviluppo socio-economico sia possibile solo con la pace”: per questo, “il dolore ed i lutti che la popolazione ha vissuto sono già sufficienti perché nessuno pensi ad una nuova guerra”. Infatti, ha aggiunto il presule, “la pace deve significare, oltre all’assenza di guerra, anche il benessere per tutti i cittadini e la distribuzione giusta ed equa delle ricchezza nazionali”. Ribadendo la necessità di “evitare conflitti inutili, dando la precedenza alla giustizia”, il vescovo angolano ha sottolineato che “il dialogo deve sempre costituire la via migliore per la soluzione di tutte le differenze”. Un concetto – quello dell’unità nella differenza e del confronto delle idee – ribadito ancora dal presule che ha concluso dicendo: ”Tutte le componenti attive della popolazione devono partecipare ai dibattiti che portano alla soluzione delle principali problematiche del Paese”. (I.P.)

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    Congo: l'impegno dei cattolici in politica per il bene comune

    ◊   Il senso della responsabilità e il comune impegno nella lotta alla corruzione: sono le sfide alle quali sono chiamati a rispondere i politici cattolici nella Repubblica Democratica del Congo, protagonisti del V Atelier National des Acteurs Politiques Catholiques, l’incontro nazionale promosso nei giorni scorsi a Kinshasa dalla Commissione episcopale per l’apostolato dei laici. L’evento, che come riferisce l’Osservatore Romano, ha riunito oltre 300 rappresentanti di vari organismi laici e religiosi, ha costituito l’occasione per ribadire come il contributo al bene comune e la lotta alla corruzione siano l’orizzonte primario al quale guardare per superare le contrapposizioni che hanno segnato per lungo tempo la storia del Paese. «Partecipare alla costruzione di una società innamorata di giustizia e di pace e dove il bene comune e la dignità umana trovino rispetto» è l’indicazione emersa in occasione del’incontro, caratterizzato in apertura e in conclusione dalla celebrazione della messa presieduta dal vescovo ausiliare di Kinshasa, Edouard Kisonga. La libertà di coscienza e il diritto al voto, è stato osservato, rappresentano la base privilegiata sulla quale sperimentare questa partecipazione. Il segretario della Commissione episcopale per le questioni giuridiche, padre George Kalenga, ha sottolineato «che dalla combinazione della libertà di coscienza e della responsabilità, che deriva l’esigenza della partecipazione dei cittadini nel contesto delle elezioni e della democrazia». Gli attori politici hanno inoltre ribadito il loro impegno collettivo e individuale nel contrastare la diffusione della corruzione, considerata come una vera e propria piaga sociale. Il segretario della Commissione episcopale per l’apostolato dei laici, padre Ambroise Mutshembe, ha rilevato «che la corruzione contribuisce a far perdere alla persona la propria identità e a generare la violenza». La corruzione poi, come fenomeno che altera i valori fondamentali, paralizza anche tutti gli sforzi di riforma politica, economica, sociale e morale. In occasione delle celebrazione del 50° anniversario dell’indipendenza della Repubblica Democratica del Congo, i vescovi avevano raccomandato nel loro messaggio proprio il contrasto alla corruzione come un’azione fondamentale in politica. I presuli, fra l’altro, hanno auspicato che «i ruoli di comando siano attribuiti a persone sulla base dei loro meriti, della loro competenza o esperienza; persone decise a resistere alla corruzione, al nepotismo, al favoritismo e al clientelismo. Impegnarsi in politica significa impegnarsi a servire e la politica non può in alcun caso essere ridotta a una corsa agli onori e al denaro».

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    La comunità internazionale ricorda il 17.mo anniversario del genocidio in Rwanda

    ◊   Il Rwanda, le Nazioni Unite e la comunità internazionale ricordano oggi il 17.mo anniversario del genocidio del 1994 in Rwanda, costato la vita ad oltre 800mila persone. Cerimonie si tengono al Palazzo di Vetro di New York e in altri centri di informazione ONU del mondo durante tutta la settimana in corso, intorno al tema “Ricostruire il Rwanda: riconciliazione e istruzione”. La cerimonia ufficiale di commemorazione ha luogo nel pomeriggio presso gli uffici dell’ECOSOC (Consiglio Economico e Sociale), con interventi del Rappresentante Permanente del Rwanda, ambasciatore Eugène-Richard Gasana e di altri diplomatici; una testimonianza verrà da Immaculée Ilibagiza, una dei sopravvissuti al genocidio. Seguirà, nella giornata di domani, una conferenza interattiva sulla prevenzione del genocidio, presso la stessa sede ONU, con il coinvolgimento di studenti universitari; interverranno Francis Deng, consigliere speciale del Segretario Generale dell’ONU sulla prevenzione del genocidio e Clémentine Wamariya, una dei superstiti del massacro, oggi studentessa all’Università di Yale. (M.V.)

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    Ghana. Epidemia di colera per 5 mila persone: la peggiore nell’ultimo decennio

    ◊   Negli ultimi mesi in Ghana sono state contagiate 5 mila persone e 69 sono morte a causa di una epidemia di colera. Gli operatori sanitari locali – riferisce la Fides - sono preoccupati per la stagione delle piogge, appena iniziata nel paese, che potrebbe peggiorare la situazione. Finora sono state colpite 5 regioni su 10, ad Accra è stato registrato il maggior numero di morti: 36. Anche se non è stato identificato il batterio portatore del colera, i funzionari della sanità attribuiscono il problema ai sistemi sanitari precari e alle pessime abitudini igieniche, compreso l’uso di latrine all’aperto, la raccolta irregolare dei rifiuti e le norme alimentari igieniche inesistenti. Il principale ospedale di Accra, il Korle-bu Teaching Hospital, è sovraffollato e privo di materiale e farmaci per far fronte all’epidemia. Molti pazienti sono sdraiati su tavole nei corridoi. Il governo si è impegnato nella concessione di finanziamenti più cospicui per l’approvigionamento di medicinali e per fornire maggiori servizi nel settore dell’educazione. Circa il 59% dei 24 milioni di abitanti del Ghana, e circa la metà dei 3,2 milioni di abitanti di Accra, hanno accesso all’acqua potabile pubblica. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il colera si contrae attraverso il cibo o l’acqua contaminati, in particolare nel periodo delle piogge, anche se può verificarsi in altri periodi di siccità. In Ghana ci sono due stagioni delle piogge, da aprile a luglio e da settembre a novembre. Tuttavia quest’anno le piogge torrenziali si sono abbattute nel mese di gennaio.

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    La Chiesa irlandese a sostegno delle donne in gravidanza

    ◊   Il primo e 2 aprile si è tenuta ad Athlone la trentaquattresima conferenza annuale di "Cura", l'ente voluto, nel 1977, dalla Conferenza episcopale irlandese per dare supporto e aiuto alle donne alle prese con gravidanze inattese. Ai 159 delegati presenti – riferisce un comunicato ripreso dall’agenzia Sir - il vescovo ausiliare dell'arcidiocesi di Armagh, mons. Gerard Clifford, ha ricordato le finalità dell'agenzia: "Viviamo in un mondo in cambiamento dove atteggiamenti come l'indipendenza sono entrati a far parte dei mutamenti della società. Le persone sono generalmente più informate rispetto al passato ma ciò non significa situazioni di crisi, come potrebbe essere una gravidanza indesiderata, siano più facili da gestire rispetto a prima". Di qui il ringraziamento del vescovo ai tanti volontari che si prodigano in questo ambito fornendo per "Cura" servizi come test di gravidanza, supporto per tutto il periodo della attesa, informazioni sulle agevolazioni previste dallo Stato, supporto alle madri dopo la nascita dei figli. La conferenza, inoltre, ha avuto come scopo quello di verificare se gli obiettivi istituzionali di "Cura", ossia aiutare e supportare donne che si trovino in una gravidanza non programmata, siano stati effettivamente rispettati. Questo processo di verifica, iniziato nel settembre 2010 per terminare nell'ottobre 2011, prevede tre fasi: ricognizione, pianificazione e implementazione dei servizi. Tra questi ultimi, è stato ricordato, anche il supporto dopo un aborto, sostegno ai padri di bambini in difficoltà e programmi di formazione e prevenzione per le scuole.

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    Repubblica Ceca: nasce un sito per incoraggiare i credenti a non temere di mostrare la loro fede

    ◊   Sostenere la fiducia in se stessi dei credenti che hanno paura di mostrare apertamente la loro fede a motivo di possibili reazioni negative da parte della maggioranza della società: ecco lo scopo del sito internet www.jsemkatolik.cz. L'iniziativa – riferisce l’agenzia Sir - viene portata avanti nella Repubblica Ceca da un gruppo di laici cattolici che vogliono presentare la fede come uno stile di vita "naturale e ragionevole". Il progetto si inserisce nella preparazione del censimento del 2011. Un questionario ufficiale distribuito a tutti i cittadini dovrà essere compilato e rispedito alle autorità statali entro il 14 aprile, incluse le informazioni sulla religione professata. La pagina web mostra alcune testimonianze di persone ben conosciute e rispettate nel proprio ambiente culturale e sociale, che parlano della loro visione e della loro esperienza personale con la fede. Secondo i risultati del censimento precedente, del 2001, un terzo degli abitanti della Repubblica Ceca si dichiara cristiano.

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    La Cattedrale di Santiago di Compostela celebra l’ottavo centenario di consacrazione

    ◊   Era il 1211 quando la Cattedrale di Santiago de Compostela, in Spagna, veniva consacrata. A distanza di 800 anni da quella data, l’arcivescovo della città, mons. Julian Barrio Barrio, ha indirizzato una Lettera pastorale a tutti i sacerdoti, i diaconi, i seminaristi, i consacrati dell’arcidiocesi, così come anche a tutti i fedeli laici. Nel lungo documento, il presule riflette innanzitutto sul significato dell’ottavo centenario: “Si tratta di un’occasione provvidenziale affinché tutti i fedeli dell’arcidiocesi rendano grazia a Dio per il dono della fede che ci ha trasmesso e perché, a nostra volta, ci preoccupiamo di trasmetterlo alle generazioni future”, comprese a quelle battezzate, ma che non si integrano nella vita della Chiesa con “una fede attiva”. “Senza dubbio – scrive mons. Barrio – questa celebrazione ci aiuterà a ravvivare la nostra consapevolezza di appartenere alla comunità ecclesiale diocesana, facendo così della Chiesa una casa ed una scuola della comunione”. Tre le caratteristiche che deve avere la Cattedrale, sottolinea poi l’arcivescovo di Santiago: essa deve essere “aperta, viva ed accogliente”. “Una casa aperta in cui tutti possono entrare per pregare, ammirare l’arte o semplicemente assaporare il silenzio in cui è più facile ascoltare la Parola di Dio e meditarla nel cuore”. Il luogo di culto deve essere poi una casa viva, nel senso di “abitata, ovvero in cui la presenza della comunità è assicurata. Chiunque vi entri, deve notare le caratteristiche della comunità cristiana”. Infine, la Cattedrale deve mostrarsi come “una casa accogliente, in cui si manifesta la vita della Chiesa locale”, ma anche “la Chiesa nella sua totalità”. Scrive ancora mons. Barrio: “La Cattedrale non è un museo. In essa, la Chiesa pellegrina prega e celebra il mistero della fede, perché se Gesù non fosse resuscitato, questo edificio non avrebbe senso. Sarebbe solo una casa vuota e triste”. In quest’ottica, il presule spagnolo sottolinea che “la Cattedrale è un simbolo della Chiesa visibile di Cristo” ed attraverso “la maestosità della sua struttura architettonica, essa è segno del tempio spirituale che sorge nell’anima di ciascuno di noi”. Per questo, “le fondamenta della Cattedrale ci ricordano che noi, pietre vive della comunità cristiana, dobbiamo poggiarci su Cristo, ieri, oggi e sempre, vera pietra angolare”. Con un’immagine particolare, inoltre, mons. Barrio paragona la Cattedrale “ad una maestra, poiché spiega la fede attraverso la sua costruzione; ad un ospedale, quando accoglie i pellegrini stanchi per le fatiche e le incertezze della vita; ad una guardia che veglia sulla tomba di San Giacomo Apostolo”. Infine, la Lettera pastorale si conclude con l’auspicio che “la speranza cristiana che dà senso, forza ed impulso alla fede, proiettandola giorno dopo giorno verso la sua meta definitiva, possa continuare a risuonare nella Cattedrale di Santiago de Compostela”. (I.P.)

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    Stati Uniti: colletta annuale per finanziare le attività delle diocesi più povere

    ◊   Si terrà il primo maggio la Catholic Home Missions Appeal, l'annuale colletta promossa dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb) per le missioni interne. La colletta, istituita nel 1998, serve a finanziare l'attività pastorale delle diocesi e parrocchie che non sono in grado di sostenersi da sole. Attualmente in questa situazione si trovano 87 diocesi, nel cui territorio sono comprese aree povere o poco popolate, spesso con un numero insufficiente di sacerdoti. Come sottolinea il presidente della Sotto-Commissione episcopale per le Catholic Home Missions, mons. Michael W. Warfel “la generosità di tanti fedeli negli Stati Uniti ha cambiato la vita a molte comunità di fede” destinate altrimenti a scomparire. L'anno scorso la Sotto-Commissione ha assegnato aiuti per un totale di quasi 9 milioni di dollari. I fondi raccolti sono serviti a finanziare quest’anno 382 progetti, tra cui 149 di evangelizzazione e 114 di formazione (compresi programmi di aggiornamento per sacerdoti). 40mila dollari sono stati destinati al nuovo Esarcato Apostolico siro-malankarese negli Stati Uniti, creato da Benedetto XVI lo scorso mese di luglio. (L.Z.)

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    Giornata Mondiale della Salute dedicata alla “farmacoresistenza”

    ◊   ”Lottare contro la resistenza ai medicinali antimicrobici. Agire oggi per poter ancora curare domani”: è il tema dell’annuale Giornata Mondiale della Salute, osservata il 7 aprile sotto l’egida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO/OMS). La “farmacoresistenza”, problema non nuovo, sta diventando sempre più acuto e pericoloso - sottolineano gli esperti dell’OMS –e necessita di urgenti sforzi collettivi per evitare di tornare all’epoca in cui gli antibiotici erano sconosciuti. Alla categoria degli antimicrobici appartengono gli antibiotici, gli agenti chemioterapici, gli antiparassitari e gli antivirali, farmaci usati per trattare le infezioni provocate da microrganismi – batteri, funghi, parassiti e virus. La loro scoperta ha permesso di alleviare le sofferenze causate dalla malattia e di salvare innumerevoli vite negli ultimi 70 anni. La “resistenza” avviene quando microrganismi, quali batteri, virus, funghi o parassiti si trasformano in modo tale da rendere inefficaci i farmaci utilizzati nella cura delle infezioni che essi stessi provocano. Il fenomeno è un tema che allarma, poiché l’infezione resistente può uccidere, propagarsi e imporre costi molto elevati alle persone e alla società. In occasione della “Giornata”, l’OMS pubblicherà dunque un appello a mettere fine allo sviluppo della resistenza agli antimicrobici, mediante la sinergia dei responsabili politici, dei pazienti, dei medici e farmacisti e dell’industria farmaceutica. (M.V.)

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    Conferenza a Roma su “Wiktoria e Jerzy Ulma: la testimonianza dell’amore fino al martirio”

    ◊   “Wiktoria e Jerzy Ulma: la testimonianza dell’amore fino al martirio”: è il tema della conferenza che lo storico polacco Mateusz Szpytma tiene oggi presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia della Lateranense (ore 17.00). La riflessione si colloca nell’ambito del ciclo “Profili di santità coniugale”, dedicato dall’Istituto a coppie di sposi che hanno testimoniato in modo speciale l’amore di Dio attraverso la loro unione fedele e l’esemplarità della vita. A costituire il quadro storico degli eventi trattati è l’occupazione tedesca della Polonia nella Seconda Guerra Mondiale e quanto avvenne il 24 marzo 1944 nel villaggio di Markowa, nella Polonia sudorientale. Al tempo della Seconda Repubblica Polacca (1918-1939), la località era abitata da alcune migliaia di persone, con un centinaio di ebrei; grazie ad un movimento rurale particolarmente attivo e dinamico, nel territorio poté formarsi un’élite agricola aperta al mondo esterno, che seppe adottare tecniche moderne in agricoltura, mantenendosi ben ancorata alla fede cattolica e ai valori evangelici. In questo ambiente crebbero Józef Ulma e Wiktoria Niemczak, dal cui matrimonio celebrato nel 1935 nacquero sei figli. Mentre il capo famiglia si dedicava al lavoro agricolo, partecipando inoltre attivamente alla vita delle organizzazioni cattoliche locali, Wiktoria era assorbita dalla cura dei figli e della casa. Di fronte all’infuriare alla violenza antisemitica dei nazisti, alcune famiglie del villaggio, tra cui gli Ulma, si impegnarono a nascondere gli ebrei, nonostante il divieto nazista e la punizione con la morte dei “colpevoli”. Denunciati probabilmente da un poliziotto ucraino, Józef e Wiktoria - prossima a dare alla luce il settimo figlio - con i loro bambini e con gli ebrei che avevano accolto in casa furono uccisi dalla polizia militare tedesca il 24 marzo 1944. Alla coppia vene concesso nel 1995 il titolo di “Giusto tra le Nazioni” dallo Stato di Israele; alcuni anni più tardi, nel 2003, la Chiesa Cattolica avviava la causa di Beatificazione della famiglia Ulma. (M.V.)

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    24 Ore nel Mondo



    Libia: raid Nato contro le forze di Gheddafi nell'area di Brega e Misurata

    ◊   In Libia, proseguono senza sosta i combattimenti tra le forze lealiste e i ribelli che ormai da diversi giorni si concentrano soprattutto attorno a Misurata e a Brega. Le truppe lealiste che operano nella regione delle due città stamattina sono finite nel mirino dei raid della Nato, mentre la diplomazia internazionale insiste sulla necessità che Gheddafi lasci il Paese. Il servizio di Eugenio Bonanata:

    Coinvolgere l’Unione Africana e organizzare al più presto un’incontro tra i leader europei e i rappresentanti dei ribelli. Questi i punti fondamentali sui quali lavorerà la seconda riunione del cosiddetto Gruppo di contatto in programma a Dhoa, in Qatar, il prossimo 13 aprile. Di oggi la notizia dell’arrivo a Bengasi di una delegazione europea con l’obiettivo di avviare i primi contatti con gli insorti, che in queste ore hanno lamentato lo scarso appoggio sul campo. La Nato ha risposto che la conduzione dei raid aerei si fa sempre più difficile a causa dell’utilizzo di civili come scudi umani. Nonostante questo, i velivoli della coalizione stamattina hanno colpito le forze governative sia a Misurata che a Brega, con testimoni che riferiscono di esplosioni anche nella periferia di Tripoli. Non è chiaro, invece, chi abbia colpito il campo petrolifero di Sarir, nel sud della Cirenaica, in mano ai ribelli. Confuso anche il bilancio delle vittime della mattinata, che potrebbe aggirarsi intorno ad una decina di morti e diversi feriti. I ribelli hanno annunciato a breve una grande battaglia. Per il momento, però, nessuna delle due parti avanza in modo significativo, mentre nella confinante Tunisia è stato allestito un nuovo campo per garantire l'assistenza umanitaria. “Gheddafi non ha futuro”, ha affermato l’ex ministro dell’Energia libico, che ha lasciato la città di Misurata per rifugiarsi a Malta. Il leader libico, dal canto suo, ha chiesto lo stop delle ostilità, ma la lettera che ha inviato ieri alla Casa Bianca non ha sortito alcun effetto. L’amministrazione Usa chiede fatti concreti e lavora per il suo esilio e anche Parigi ha ribadito che il nodo centrale della questione è sapere a quali condizioni Gheddafi sia disposto a fare un passo indietro. Intanto, la cronaca registra molte voci alimentate dalla stampa: c’è la presunta scomparsa di un commando di forze speciali francesi, che sarebbe avvenuta nel deserto libico nonostante la risoluzione Onu escluda l’impiego di truppe di terra. Poi, si parla anche della presenza di mercenari bielorussi in aiuto delle forze lealiste. Dall’Algeria, infine, è arrivato l’allarme relativo al Qaeda: il ramo magrebino della rete di Osama Bin Laden starebbe inviando in Libia kamikaze pronti a colpire le brigate di Gheddafi.

    Yemen
    Nello Yemen, prosegue la mediazione del Consiglio di Cooperazione del Golfo in vista di una soluzione pacifica della crisi politica in atto nel paese, che ha già provocato decine di morti. L’organismo sarebbe pronto a chiedere le dimissioni del presidente Saleh. La proposta è contenuta in una bozza d’intesa che a breve sarà presentata allo stesso leader yemenita, dopo il via libera da parte dell’opposizione. Il documento – secondo le anticipazioni fornite dal primo ministro del Qatar – prevede una breve fase di transizione guidata da un Consiglio nazionale, composto da tutte le forze in campo, che dovrebbe traghettare il Paese verso le nuove elezioni.

    Siria
    Resta sempre alta la tensione in Sira. Ignoti hanno assaltato e incendiato la casa di un deputato a Daraa, nel sud del Paese, teatro nelle settimane scorse della violenta repressione delle forze di sicurezza contro i manifestanti anti-regime. Oggi, intanto, il presidente al Assad, dopo oltre mezzo secolo, ha concesso la nazionalità ai curdi residenti nella regione nordorientale di Hasake, al confine con Turchia e Iraq. Si tratta di 100 mila persone, private finora di ogni diritto.

    Afghanistan
    Almeno sei membri delle forze di sicurezza afghane sono morti in un attentato suicida avvenuto oggi contro un centro di addestramento della polizia a Kandahar, nel sud dell'Afghanistan. L'attacco è sfociato in una battaglia protrattasi per alcune ore, che ha portato all’uccisione di tre dei quattro attentatori. L’azione è stata rivendicata dai talebani.

    Messico
    Almeno 59 cadaveri sono stati ritrovati in otto fosse comuni, nello Stato nordorientale messicano di Tamaulipas. Le autorità locali hanno annunciato il fermo di 11 persone sospettate di essere coinvolte nelle uccisioni. Per la polizia potrebbe trattarsi dei passeggeri di alcuni pullman spariti nel nulla il 25 marzo scorso nella stessa zona: l’ipotesi è che tutti siano finiti nelle mani dei trafficanti, nel tentativo di entrare illegalmente in territorio statunitense. La scoperta è avvenuta proprio mentre migliaia di persone sfilavano in una quarantina di città messicane per condannare i narcotrafficanti e chiedere la fine delle violenze. Alla fine del 2010, la lotta ai narcotrafficanti ha causato oltre 34.600 morti. Dall'inizio del 2011 i morti sono stati già più di tremila.

    Medio Oriente
    Nuovo raid aereo sulla Striscia di Gaza, condotto la notte scorsa dall'aviazione israeliana in risposta ad un attacco missilistico dei miliziani palestinesi. Per ora non si ha notizia di vittime. Secondo un portavoce militare a Tel Aviv, sono stati colpiti tre tunnel di contrabbando nel sud della Striscia.

    Pakistan
    Un’autobomba è esplosa oggi in Pakistan contro la residenza di un ufficiale di polizia a Quetta, capoluogo della provincia meridionale del Baluchistan, causando un morto e nove feriti. Gli attentatori hanno diretto il veicolo contro la casa di del vice ispettore generale della polizia investigativa della città. Intanto a Bara, nel territorio confinante con l'Afghanistan, sette membri di un reparto delle forze di sicurezza pakistane sono rimasti feriti in un attentato.

    Giappone
    In Giappone, possibile nuova perdita di acqua radioattiva dal reattore numero due della centrale di Fukushima, nonostante la riparazione della falla attraverso iniezioni di "vetro solubile" ultimata in queste ore. Lo ha affermato il portavoce dell’Agenzia nipponica per la sicurezza nucleare, precisando che la Tepco – la società che gestisce l’impianto – avrebbe rafforzato le analisi sulle radiazioni in mare. Inoltre, per evitare altre contaminazioni, si prevede di creare una diga con 100 tonnellate di sacchetti di sabbia e di utilizzare pannelli di ferro come contenimento attorno ai punti critici.

    Haiti
    Ad oltre un anno dal devastante sismo che ha colpito Haiti, ci sono grosse difficoltà nella ricostruzione e nella ripresa del poverissimo Paese caraibico. A lanciare l’allarme le Nazioni Unite dopo una riunione che si è svolta ieri al Palazzo di Ventro. Il servizio, da New York, è di Elena Molinari:

    Quattordici mesi dopo il sisma che l’ha devasta, Haiti rimane in ginocchio e la comunità internazionale ha stanziato solo il 37 per cento dei fondi promessi per la ricostruzione. Lo ha detto Bill Clinton, inviato dell’Onu nel Paese centroamericano, intervenendo ieri ad una riunione del Consiglio di sicurezza su Haiti. L’ex presidente americano ha sottolineato che tonnellate di macerie rimangono nella capitale haitiana, Port-au-Prince, dal gennaio 2010. Durante la stessa riunione, il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha invece evidenziato che l’economia di Haiti rimane prostrata: le istituzioni pubbliche sono a mala pena in grado di offrire i servizi essenziali e troppe donne e bambini vivono nella paura della violenza sessuale. Il segretario generale ha, però, illustrato anche alcuni dati positivi: gli sfollati che vivono nei campi profughi sono passati - ad esempio - da un milione e mezzo nel luglio dell’anno scorso ai 680 mila attuali. Anche Clinton ha concluso dicendo che, nelle condizioni attuali, la ricostruzione avvenuta finora ad Haiti è un piccolo miracolo, anche se la sfida per un successo a lungo termine dipende dal prossimo governo di Port-au-Prince, emerso dal ballottaggio presidenziale del mese scorso.

    Kosovo
    I principali partiti del Kosovo hanno raggiunto un accordo per sostenere un candidato comune alla presidenza, dopo il verdetto della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittima l’elezione di Pacolli, avvenuta lo scorso mese di febbraio. La scelta, è caduta su una donna, Atifete Jahjaga, attualmente alto funzionario della polizia. L’intesa, annunciata dal premier Thaci evita il ricorso anticipato alle urne e prevede alcune riforme costituzionali e una riforma della legge elettorale, sia per quanto riguarda il presidente della Repubblica sia il parlamento. Le prossime presidenziali sono in programma nell’aprile 2012, mentre le politiche sono previste per la primavera del 2013.

    Cina
    La Cina ha esortato gli altri Paesi a non interferire nell’arresto dell’artista dissidente, Ai Weiwei, avvenuto domenica nell’ambito di un’inchiesta per presunti crimini economici. Diversi governi e diverse organizzazioni internazionali hanno chiesto notizie sulla sorte dell’uomo, che fa parte di un gruppo di una trentina di persone scomparse da febbraio in concomitanza con le rivoluzioni nel mondo arabo e nordafricano. Per Pechino, la vicenda “non ha nulla a che vedere con i diritti umani e la libertà d’espressione”. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata e di Gabriele Papini)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 97

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.