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Sommario del 02/04/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • La Chiesa avrà 29 nuovi Beati tra cui padre Vismara, 23 martiri della guerra civile spagnola e un sacerdote ghigliottinato durante la rivoluzione francese
  • Il Papa ad Assisi per ricordare l’incontro di 25 anni fa: una giornata di dialogo e preghiera senza sincretismi
  • Altre udienze e nomine
  • Sei anni fa la morte di Giovanni Paolo II. Il cardinale Comastri: continua ad esortare tutti a non avere paura
  • Sangue versato per tutti: l’editoriale di padre Lombardi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Libia. Raid alleato colpisce gli insorti. Mons. Martinelli: possibile un passo indietro di Gheddafi solo con il dialogo
  • Vita politica italiana. Il prof. Baggio: serve un risveglio collettivo
  • Giornata mondiale dell'autismo: fiaccolata dei genitori per i diritti dei figli autistici
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Pakistan: Lettera pastorale di conforto dei vescovi dopo gli attacchi alle chiese
  • La Chiesa indiana ricorda l'opera pastorale del cardinale Vithayathil
  • Immigrati africani: appello dei vescovi europei ad una solidarietà condivisa da tutti gli Stati
  • India: appello della Chiesa per la tutela delle popolazioni indigene
  • Tagikistan: denuncia di violazioni della libertà religiosa da parte del governo
  • Nepal. Rogo in due campi profughi: oltre 5.000 civili senza assistenza
  • Una prospettiva cattolica orientale per la nuova evangelizzazione in vista del Sinodo del 2012
  • Il cardinale Ruini: i politici veramente cristiani non possono prescindere dalla fede
  • Unione Europea: natalità e aspettativa di vita in aumento
  • Gambia: la Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel incontra il governo
  • Canada: visita di una delegazione episcopale del Congo
  • Australia: iniziativa del cardinale Pell sulla dottrina sociale della Chiesa
  • Spagna: la diocesi di Bilbao di fronte all’attuale crisi socio-economica
  • Regno Unito: nuova traduzione del Messale a partire dall'Avvento
  • 24 Ore nel Mondo

  • Scontri in Costa d'Avorio: 800 morti a Duékoué
  • Il Papa e la Santa Sede



    La Chiesa avrà 29 nuovi Beati tra cui padre Vismara, 23 martiri della guerra civile spagnola e un sacerdote ghigliottinato durante la rivoluzione francese

    ◊   Stamani Benedetto XVI ha ricevuto il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, autorizzando il dicastero a promulgare i Decreti riguardanti 29 prossimi Beati e sei nuovi venerabili. Ce ne parla Sergio Centofanti.

    Tra i prossimi Beati figurano 23 martiri della guerra civile in Spagna, uccisi in odio alla fede nel 1936. E un altro martire, padre Pietro-Adriano Toulorge, ghigliottinato durante la rivoluzione francese perché era un prete: poco prima di morire disse: “Dio mio, nelle tue mani affido il mio spirito. Perdona i miei nemici!”. C’è poi un sacerdote milanese, don Serafino Morazzone, che ha dedicato la sua vita al Sacramento della Penitenza e fu anche confessore di Alessandro Manzoni. E ancora Madre Elena Aiello, cosentina, che chiese a Gesù di partecipare alla sua Passione e fu esaudita: sudava sangue e sul suo corpo si formavano stigmate che il Sabato Santo scomparivano. Tra i prossimi Beati c’è anche padre Clemente Vismara, brianzolo: dopo aver combattuto in prima linea durante la Prima Guerra Mondiale decise di diventare sacerdote nel Pime e partire missionario in Birmania per annunciare il Vangelo e aiutare poveri, orfani e lebbrosi. Viveva in una capanna di fango e andava ovunque i suoi superiori gli ordinavano: “Obbedisco – diceva – perché se facessi qualcosa di testa mia certamente sbaglierei”. Faceva il contadino, l’allevatore, il sarto, il barbiere, il dentista, il boscaiolo, portando l’Ostia consacrata nei villaggi più sperduti, superando montagne e fiumi. Ormai anziano, veniva trasportato in lettiga per continuare la sua missione. “Sei vecchio quando non sei più utile a nessuno!”, diceva. E’ morto a 91 anni, sereno e felice di aver dato tutto quello che aveva per Gesù e per gli altri.

    Di seguito la lista completa dei Decreti riguardanti:

    - un miracolo, attribuito all'intercessione del Venerabile Servo di Dio Serafino Morazzone, Sacerdote diocesano; nato a Milano (Italia) il 1° febbraio 1747 e morto a Chiuso di Lecco (Italia) il 13 aprile 1822;

    - un miracolo, attribuito all’intercessione del Venerabile Servo di Dio Clemente Vismara, Sacerdote professo del Pontificio Istituto Missioni Estere (P.I.M.E.); nato ad Agrate Brianza (Italia) il 6 settembre 1897 e morto a Mong Ping (Myanmar) il 15 giugno 1988;

    - un miracolo, attribuito all'intercessione della Venerabile Serva di Dio Elena Aiello, Fondatrice della Congregazione delle Suore Minime della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, nata a Montalto Uffugo (Italia) il 10 aprile 1895 e morta a Roma (Italia) il 19 giugno 1961;

    - un miracolo, attribuito all'intercessione della Venerabile Serva di Dio Maria Caterina Irigoyen Echegaray (in religione: Maria dello Sposalizio), Suora professa della Congregazione delle Serve di Maria Ministre degli Infermi; nata a Pamplona (Spagna) il 25 novembre 1848 e morta a Madrid (Spagna) il 10 ottobre 1918;

    - un miracolo, attribuito all'intercessione della Venerabile Serva di Dio Enrica Alfieri (al secolo: Maria Angela), Suora professa della Congregazione delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret; nata a Borgovercelli (Italia) il 23 febbraio 1891 e morta a Milano (Italia) il 23 novembre 1951;

    - il martirio del Servo di Dio Pietro-Adriano Toulorge, Sacerdote professo dei Canonici Regolari Premonstratensi; nato a La Quièze (Francia) il 4 maggio 1757 e ucciso, in odio alla Fede, a Coutances (Francia) il 13 ottobre 1793;

    - il martirio dei Servi di Dio Francesco Stefano Lacal, Sacerdote professo, e 21 Compagni della Congregazione dei Missionari Oblati di Maria Vergine Immacolata, nonché di Candido Castán San José, Laico, uccisi in odio alla Fede, in Spagna nel 1936;

    - le virtù eroiche del Servo di Dio Tommaso Kurialacherry, primo Vescovo di Changanacherry e Fondatore delle Suore dell'Adorazione del Ss.mo Sacramento; nato a Champakulam (India) il 14 gennaio 1873 e morto a Roma (Italia) il 2 giugno 1925;

    - le virtù eroiche del Servo di Dio Adolfo Châtillon (in religione: Teofanio Leone), Religioso professo dei Fratelli delle Scuole Cristiane; nato a Nicolet (Canada) il 31 ottobre 1871 e morto a Laval-des-Rapides (Canada) il 28 aprile 1929;

    - le virtù eroiche della Serva di Dio Maria Chiara di Santa Teresa di Gesù Bambino (al secolo: Vincenza Damato), Monaca professa dell'Ordine di Santa Chiara di Assisi; nata a Barletta (Italia) l'11 novembre 1909 e morta a Bari (Italia) il 9 marzo 1948;

    - le virtù eroiche della Serva di Dio Maria Dolores Inglese (al secolo: Libera Italia, Maria), Religiosa professa della Congregazione delle Serve di Maria Riparatrici; nata a Rovigo (Italia) il 16 dicembre 1866 ed ivi morta il 29 dicembre 1928.

    - le virtù eroiche della Serva di Dio Irene Stefani (al secolo: Aurelia), Religiosa professa dell'Istituto delle Suore Missionarie della Consolata; nata ad Anfo (Italia) il 22 agosto 1891 e morta a Gikondi (Kenya) il 31 ottobre 1930;

    - le virtù eroiche del Servo di Dio Bernardo Lehner, Laico; nato a Herrngiersdorf (Germania) il 4 gennaio 1930 e morto a Ratisbona (Germania) il 24 gennaio 1944.

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    Il Papa ad Assisi per ricordare l’incontro di 25 anni fa: una giornata di dialogo e preghiera senza sincretismi

    ◊   Un pellegrinaggio per ricordare solennemente il 25.mo anniversario della storica Giornata di dialogo e di preghiera per la pace nel mondo voluta da Giovanni Paolo II ad Assisi il 27 ottobre 1986: è l’iniziativa annunciata da Benedetto XVI il primo gennaio scorso e presentata oggi nella Città di San Francesco durante una conferenza stampa. La Giornata avrà come tema: “Pellegrini della verità, pellegrini della pace”. La Sala Stampa vaticana ha pubblicato al riguardo un comunicato. Il servizio di Fausta Speranza:

    Una “Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo” il prossimo 27 ottobre ad Assisi. In questo modo Benedetto XVI ricorderà l’incontro voluto da Giovanni Paolo II 25 anni fa. Allora Papa Wojtyla si rivolgeva così ai leader religiosi:

    “Rappresentanti delle Chiese cristiane, delle comunità ecclesiali, delle religioni mondiali, che siete venuti ad Assisi per questo giorno di preghiera, di digiuno e di pellegrinaggio. Vi ringrazio nuovamente per aver accettato il mio invito a venire qui per questo atto di testimonianza davanti al mondo”.

    La Giornata voluta per il prossimo ottobre da Benedetto XVI avrà lo spirito e la modalità del pellegrinaggio: perché – spiega il comunicato della Sala Stampa vaticana - “ogni essere umano è un pellegrino in cerca di verità e bene” e il credente “rimane sempre in cammino verso Dio”. E in cammino verso la verità si incontrano credenti di altre fedi o uomini di cultura e di scienza che avvertono “la comune responsabilità per la causa della giustizia e della pace in questo mondo”. Da qui la necessità di parlare e dialogare con tutti, da qui l’invito che presto partirà per tante personalità diverse che parteciperanno e prenderanno la parola, così come, 25 anni dopo quello voluto da Giovanni Paolo II, all’incontro di Assisi 2011 prenderà la parola Benedetto XVI. Il dialogo dunque è elemento centrale, “senza rinunciare – si legge nel comunicato - alla propria identità o indulgere in forme di sincretismo”.

    Ma anche il silenzio sarà protagonista: dopo gli incontri del mattino presso la Basilica di Santa Maria degli Angeli, e un pranzo frugale che richiama al valore del digiuno, nel pomeriggio è previsto il vero e proprio pellegrinaggio verso la Basilica di San Francesco. Sarà preghiera e meditazione personale.

    L’invito del Papa ad unirsi fisicamente o spiritualmente è rivolto a tutti per la giornata del 27 ottobre ma anche per la veglia di preghiera che il Papa farà la sera precedente in San Pietro, con i fedeli della Diocesi di Roma. E le chiese particolari e le comunità sparse nel mondo sono invitate ad organizzare momenti analoghi.

    Resta da dire che per presentare l’evento ad Assisi si è svolta oggi in tarda mattinata una conferenza stampa alla presenza di mons. Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, padre Egidio Canin in rappresentanza di padre Giuseppe Piemontese, custode del Sacro Convento di Assisi. Così come le autorità politiche a livello comunale e provinciale.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina mons. Ivan Jurkovič, arcivescovo tit. di Corbavia, nunzio apostolico nella Federazione Russa; Frère Alois, priore della Comunità di Taizé; il prof. Rudolf Voderholzer, direttore dell’Institut Papst Benedikt XVI, di Regensburg; il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi.


    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Rodez (Francia), presentata da mons. Bellino Ghirard, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. François Fonlupt, finora vicario episcopale dell’arcidiocesi di Clermont. Mons. François Fonlupt è nato il 20 dicembre 1954 ad Allègre, nella diocesi di Le Puy. È stato ordinato sacerdote il 15 marzo 1979 per l’arcidiocesi di Clermont.

    Il Papa ha nominato membro della Congregazione per i Vescovi mons. Santos Abril y Castelló, arcivescovo titolare di Tamada, vicecamerlengo di Santa Romana Chiesa.

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    Sei anni fa la morte di Giovanni Paolo II. Il cardinale Comastri: continua ad esortare tutti a non avere paura

    ◊   Il 2 aprile di 6 anni fa, Giovanni Paolo II tornava alla Casa del Padre. Un anniversario che quest’anno viene illuminato dall’attesa gioiosa ed emozionata, in tutto il mondo, per la Beatificazione di Papa Wojtyla il prossimo primo maggio. Su questo straordinario binomio tra la morte e l’elevazione agli altari di Karol Wojtyla, Alessandro Gisotti ha intervistato il cardinale Angelo Comastri, vicario del Papa per lo Stato della Città del Vaticano:

    R. – Dobbiamo riconoscere che il popolo di Dio, nel momento stesso della morte di Giovanni Paolo II ebbe la certezza che un Santo era entrato nel cielo. Del resto, l’allora cardinale Joseph Ratzinger, l’8 aprile 2005, durante i solenni funerali in Piazza San Pietro, invocò la benedizione di Giovanni Paolo II dalla finestra del cielo, in un certo senso considerandolo già Santo. Tutti ricordiamo quelle toccanti parole: “Padre Santo, benediteci dalla finestra del cielo!”. Con la Beatificazione, la percezione del popolo di Dio viene confermata con un atto solenne e ufficiale dal Santo Padre.

    D. – Come è noto, negli ultimi momenti della sua vita terrena Giovanni Paolo II disse: “Lasciatemi andare!”. Con questo “andare”, in questo “ritornare” dal Padre, Karol Wojtyla è però rimasto vivo con noi, forse in qualche modo anche più presente di prima …

    R. – “Lasciatemi andare” ha un preciso significato: Giovanni Paolo II sentiva di essere già sulla soglia della Casa del Padre. Quelle parole, quelle espressioni erano l’ansia del cuore, la gioia – quasi – di affrettare il passo per andare da Gesù, preso per mano da Maria. Io ho immaginato, nella mia fantasia di fede, in quel momento, sono sicuro che sulla porta del Cielo c’era Maria. Maria, alla quale Giovanni Paolo II ha guardato costantemente e credo che Maria l’abbia abbracciato come l’abbracciò nel giorno dell’attentato per salvarlo.

    D. – “Totus tuus ego sum”: la vita, il Pontificato di Giovanni Paolo II sono stati – sono! – nel segno di Maria. Ecco, questa Beatificazione può essere letta, in fondo, come un dono della Vergine alla Chiesa, a tutti i fedeli?

    R. – Certamente! Giovanni Paolo II ha sentito tutta la sua vita legata a Maria. Il motto episcopale “Totus tuus” – tutto tuo, o Maria – è l’espressione della spiritualità di tutta la sua vita. Ma in particolare, dobbiamo dire che il suo Pontificato si è sviluppato sotto lo sguardo di Maria. Come non ricordare il 13 maggio del 1981? Il giorno in cui la Madonna appare per la prima volta a Fatima, un proiettile attraversa il corpo di Giovanni Paolo II ma non riesce ad ucciderlo. Fu Giovanni Paolo stesso a dire: “Una mano assassina sparò per uccidere, ma una mano materna mi ha fermato sulla soglia della morte”. Non può esserci altra lettura. Ma come non ricordare, anche, il 25 marzo 1984? Quel giorno in Piazza San Pietro, davanti all’immagine della Madonna di Fatima fatta venire appositamente a Fatima, il Papa – lo vedo ancora – in ginocchio, consacra la Russia al cuore immacolato di Maria; l’anno dopo – 1985 – va al potere Gorbaciov e inizia la “perestrojka”, il cambiamento dell’Est, la rivoluzione dell’Europa.

    D. – Giovanni Paolo II sarà elevato all’onore degli altari da Benedetto XVI. Due Papi, due servitori della Chiesa, due amici, due personalità così legate tra loro: anche questo è un aspetto particolarmente significativo, si potrebbe dire provvidenziale …

    R. – Io credo che sia la prima volta nella storia della Chiesa che un Papa abbia la gioia di dichiarare Beato il suo predecessore. Certamente, sarà un’emozione straordinaria per Benedetto XVI, ma sarà anche una sicurezza spirituale! Giovanni Paolo II ora, dal cielo, protegge i passi del suo successore e lo conforta nelle sfide che oggi la Chiesa deve affrontare. Il Papa, proprio nei primi discorsi, disse: “Mi sembra di sentire ancora la sua voce che mi dice: ‘Non avere paura!’”, quell’invito, quell’imperativo che il Papa rivolse al mondo intero, ai cristiani sparsi nel mondo intero. “Non abbiate paura!”: ora sicuramente, dal cielo, lo dice anche a Benedetto XVI in questo momento drammatico della storia, in questo momento in cui il mare della storia sembra veramente in tempesta. Aggrappati a Gesù, sotto lo sguardo di Maria, possiamo attraversare tutte le tempeste della storia, sicuri di giungere al porto di Dio. (gf)

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    Sangue versato per tutti: l’editoriale di padre Lombardi

    ◊   Questo tempo di Quaresima è segnato in modo particolare dal dolore: Costa d’Avorio, Libia e tanti altri Paesi e situazioni che mostrano un’umanità sofferente, calpestata, violentata. E’ il cammino che ha voluto intraprendere anche Gesù nel versare il suo sangue per tutti. Ascoltiamo in proposito il nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    Il sangue di Gesù “non viene versato contro qualcuno, ma è sangue versato per molti, per tutti…Noi tutti abbiamo bisogno della forza purificatrice dell’amore, e tale forza è il suo sangue. Non è maledizione, ma salvezza”. Questa è una delle affermazioni dell’ultimo libro del Papa su Gesù che ha attirato maggiormente l’attenzione e riscosso molti consensi, perché ha risolutamente eliminato alla radice le interpretazioni di un passo del Vangelo che suonavano condanna del popolo ebreo.

    Ma oggi queste parole ci tornano alla mente guardando ancora una volta al troppo sangue che viene versato, sia in Costa d’Avorio, sia in Libia, sia in tante altre parti del mondo. Sangue versato per guerre civili, per conflitti interni a Paesi, che, per quanto compositi essi siano, dovrebbero cercare di crescere come una comunità umana e civile, e in cui invece si scavano abissi di odio non solo per oggi, ma anche per il futuro.

    Quando vedono il sangue versato, i cristiani non possono non ricordare spontaneamente il sangue di Gesù. Dio vicino, presente e partecipe alla sofferenza provocata da una violenza omicida di cui si può rallegrare solo chi è nemico dell’umanità. Dio che continua ad amare tutti e a desiderare la salvezza di tutti, di tutte le parti, pagando il prezzo della fatica e della credibilità di questo amore. Arma impotente o più forte, alla fine, delle altre? Il cammino verso la croce e la risurrezione sostiene l’impegno difficile di tutti i costruttori di pace.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Ad Assisi pellegrini di verità e di pace: in prima pagina, l'incontro convocato dal Papa il 27 ottobre.

    Nell'informazione vaticana, la prefazione di mons. George Gänswein, segretario particolare di Benedetto XVI, al libro di Stefano e Roberto Calvigioni "Lo sport in Vaticano". Con il resoconto, pubblicato nella rubrica "Nostre informazioni" dell'11 agosto 1948, della speciale udienza concessa da Pio XII a Gino Bartali, vincitore del Tour de France.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, l'attacco all'Onu in Afghanistan dopo il rogo del Corano da parte di un pastore statunitense.

    In cultura, un articolo di Andrea Possieri dal titolo "Lo statista della ricostruzione": 130 anni fa nasceva Alcide De Gasperi.

    Quando Napoleone rubò le navi al Papa: Ulrich Nersinger a proposito della mostra, a Bonn, su "Napoleone e l'Europa. Sogno e trauma".

    Dalla vanga al touch screen: Marcello Celestini e Alessandro Serenelli riguardo all'influsso della tecnologia sulla fisiologia umana.

    Una donna contro Hitler: Cristiana Dobner su Nina von Stauffenberg raccontata da sua figlia Konstanze.

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    Oggi in Primo Piano



    Libia. Raid alleato colpisce gli insorti. Mons. Martinelli: possibile un passo indietro di Gheddafi solo con il dialogo

    ◊   In Libia si continua a combattere: almeno 15 insorti sono morti a causa di un raid aereo della coalizione alla periferia di Brega. Il governo libico ha anche respinto una proposta di cessate il fuoco. Ancora aperto il dibattito sull'eventualità di fornire armi ai ribelli. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    I combattimenti proseguono in varie zone del Paese. Il ministro della Difesa britannico non esclude che, nel rispetto della risoluzione dell'Onu per la protesione dei civili, si possa decidere di fornire armi agli insorti. Al momento è ancora lontana l’ipotesi di una tregua imminente. Il governo libico ha respinto le condizioni avanzate dagli insorti per un cessate il fuoco e le truppe governative non si ritireranno dalle città libiche, come richiesto dall’opposizione. Le forze ribelli, che hanno dichiarato di aver riconquistato la città di Brega, terminal petrolifero a sudest di Bengasi, hanno anche reso noto che almeno 15 loro uomini sono rimasti uccisi in seguito ad un raid sferrato dalla coalizione internazionale. Fonti dei ribelli affermano che miliziani governativi si sono infiltrati tra gli insorti e hanno sparato colpi in aria. A quel punto, gli aerei sotto il comando della Nato, hanno bombardato l’area. L’Unione Europea, intanto, ha dato il via libera alla missione militare umanitaria. Lo scopo della missione “Eufor”, che avrà Roma come quartier generale, è di contribuire “alla sicurezza dei movimenti e all'evacuazione delle persone sfollate e di sostenere le agenzie umanitarie nelle loro attività”.

    E sulla situazione nella capitale libica e nel Paese si è soffermato al microfono di Amedeo Lomonaco, il vicario apostolico di Tripoli mons. Giovanni Innocenzo Martinelli:

    R. – Oggi la situazione è abbastanza calma, questa notte non abbiamo sentito le bombe. Ieri ci sono state vittime civili a Sirte, con un bilancio di otto morti tra cui donne e bambini. C’è una stanchezza nella popolazione, che deve fare la fila per prendere la benzina, il pane. Tante famiglie sono scappate proprio a causa della guerra. In questi giorni ci sono stati almeno una cinquantina di aborti. Tante donne, purtroppo, hanno perso il loro bimbo perché, inevitabilmente, il trauma che provoca la bomba può portare anche alla morte del feto nel grembo della mamma. E’ quindi una situazione del tutto impressionante, però il segno concreto di una riconciliazione sembra timidamente affacciarsi. La tregua sarebbe la cosa più logica per capire e per riflettere.

    D. – Quali possono essere gli interlocutori più adeguati in questa fase così difficile?

    R. – Le Nazioni Unite potrebbero avere una parte importante, ma credo ancora che l’Unione Africana potrebbe giocare un ruolo decisivo. Più che l’Europa, l’Unione Africana ha un certo ascendente e la Libia ha dei legami profondi con diversi leader dell’Africa.

    D. – Quali speranze può avere oggi la Libia per arrivare ad una vera riconciliazione?

    R. – Nessuno vuole la divisione della Libia, né da una parte né dall’altra. Occorre però che veramente una parte e l’altra possano ascoltarsi.

    D. – E’ possibile che, ad un certo punto, Gheddafi decida di fare un passo indietro, proprio per il bene della Libia?

    R. – Tutto è possibile. Io non sono d’accordo con l’uso della forza e della violenza, perché allora diventa veramente impossibile fare quel passo. L’importante è che ci sia questa forma di incontro amichevole che possa, in qualche modo, far capire la necessità, l’urgenza di fare un passo anche di questo tipo.

    D. – Anche perché, a quel punto, al primo posto ci sarebbe il bene della Libia e dei libici...

    R. – E’ chiaro, perché poi tutto deve essere discusso. Ad esempio si dovrà vedere come impostare il governo. Non si può lasciare un Paese senza una governabilità, si deve avere almeno qualcuno che possa portare avanti questa situazione. Deve esserci, forse, un periodo di transizione.

    D. – In questo scenario ipotetico di eventuale transizione ci sarebbero, già oggi, delle forze pronte per prendere questo potere?

    R. – Questo è difficile dirlo. Per cui, è veramente urgente ed importante discutere e affidarsi al dialogo. In questo momento credo soprattutto nella forza della preghiera. La preghiera e questa forte solidarietà con un popolo che crede. I libici e i musulmani pregano, sono uomini di buona volontà che non fanno della preghiera uno strumento di violenza. C’è tanta gente che prega e lo fa sinceramente. (vv)

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    Vita politica italiana. Il prof. Baggio: serve un risveglio collettivo

    ◊   Proseguono in Italia le polemiche dopo la bagarre avvenuta alla Camera nei giorni scorsi. Generale il plauso per l’intervento del presidente Napolitano che ha lanciato un forte appello a moderare i toni. Ma cosa sta succedendo alla politica italiana? Luca Collodi lo ha chiesto al prof. Antonio Maria Baggio, docente di etica politica all’Istituto Sophia di Loppiano, fondato dal Movimento dei Focolari:

    R. – Vediamo che in questo momento sembra che in Italia la politica anziché risolvere i problemi, sia diventata un problema in se stessa. Di per sé, la politica è il luogo dove i conflitti vengono risolti. Ha i mezzi per farlo e in teoria non dovrebbe mai bloccarsi perché dispone di regole e di procedure che consentono sempre di arrivare ad una decisione, ad un risultato. Invece si blocca, e noi dobbiamo chiederci perché. Forse una prima risposta può essere questa: che certamente i nostri parlamentari sono dotati di libertà, di uguaglianza, cose che vengono conferite loro dallo status. Quello che manca, se vogliamo appellarci ai valori fondamentali della politica moderna espressi dal trittico francese, è proprio la fraternità, cioè la capacità di riconoscere che essi appartengono ad una comunità nazionale e ad una comunità politica dove c’è una ragione per stare uniti, più forte di quella che divide. Questa ragione unitaria era molto chiara quando la Repubblica è stata fondata, quando la fraternità ha permesso ai combattenti di conquistarsi la libertà. Il presidente Napolitano, quando sottolinea questa componente di unità originaria, non fa soltanto una commemorazione, ma rilancia una visione, riporta ad un’idea di Italia che, francamente, guardando la Camera in questi giorni sembra che i nostri politici abbiano perduto!

    D. – La sensazione è che nella politica italiana manchi un progetto culturale, un progetto politico e questo lascia spazio allo scontro, alla mancanza di idee …

    R. – Sì, è vero. I conflitti diventano in genere ingestibili o molto difficoltosi anche perché i progetti polititi – che dovrebbero stare sotto a questi conflitti – sono molto deboli. Ora, noi vediamo che la concorrenza – che può diventare anche conflittuale tra i partiti, i gruppi parlamentari e le idee – è giusta, è ciò che ci consente la libertà di scegliere tra le diverse proposte. Solo che la concorrenza che attualmente si sta realizzando non è più una concorrenza tra avversari che danno una possibilità di scelta ai cittadini e si confrontano per arrivare ad un risultato unitario: la diversità in democrazia serve a questo, cioè a ricomporre sempre l’unità politica della Nazione. Noi vediamo che lo scontro politico è diventato assoluto. E questo è profondamente sbagliato, perché la logica del conflitto politico è, per certi aspetti, quella di un gioco a somma sempre positiva, cioè dove è vero che c’è uno che vince e uno che perde, ma anche quello che perde, la minoranza, ha un ruolo: l’opposizione esercita dei controlli, è indispensabile quanto il governo. Se ci si odia, se si perde il senso del progetto politico, e si è vittima soltanto delle proprie anguste ideologie, diventa difficilissimo vivere in maniera costruttiva i ruoli diversi che sono assegnati alla maggioranza e all’opposizione. E probabilmente, in questo momento è questa perdita di coscienza che affligge pesantemente il ceto politico.

    D. – L’attuale legge elettorale può essere alla base di questo scontro politico ?

    R. – Certamente la legge attuale ha operato un impoverimento dei diritti politici dei cittadini: cioè, si sceglie molto di meno. La conseguenza è anche che la selezione dei rappresentanti politici risulta distorta: non risponde più ai criteri di selezione democratica e di rendere effettiva la partecipazione dei cittadini. Ora, l’impoverimento di questo ceto politico si fa sentire, perché quando la maggioranza diventa risicata e diventa parimenti evidente che ci sono pressioni – non voglio usare termini brutali come compravendita, ma certamente passaggi di posizione politica che vengono pubblicamente premiati, come abbiamo visto ultimamente – ecco, questo ci dice la misura del ceto politico. Quindi, la legge elettorale ha introdotto un fattore corruttivo, sia nella cittadinanza, che è spinta a disinteressarsi e scende in piazza soltanto per arrabbiarsi e invece non propone più o propone di meno, sia nel ceto politico che, sempre più distaccato dalla vita sociale ... Giocano le loro battaglie tra di loro e, appunto per questo, diventano un problema anziché essere la soluzione per i problemi sociali del Paese.

    D. – Risuonano le parole del Papa e della Chiesa italiana che auspicano una nuova generazione di politici cattolici. Come concretizzare questo invito nella società italiana di oggi?

    R. – Intanto, c’è da sottolineare che più volte il Papa ha chiesto una nuova generazione. Questo è importante perché non ci si affida più alla bravura di un singolo politico, particolarmente dotato e capace anche di essere fedele ai principi del cristianesimo. Si parla di una generazione. E questo può essere soltanto il lavoro congiunto di Chiesa e di società. Se noi guardiamo quali generazioni importanti abbiamo avuto in politica, che cioè si sono fatte classi dirigenti politiche provenienti dal cattolicesimo, troviamo esempi importanti. Dai tempi di Sturzo: quella è stata una generazione che ha affrontato l’impegno sociale, le difficoltà connesse con l’unità d’Italia … Ne abbiamo avuti anche dopo la Seconda Guerra Mondiale: De Gasperi, Giordani, la generazione dei Moro, dei Bachelet, dei Ruffilli, gente che ha saputo dare molto. C’è da chiedersi: ma è possibile che per formare una nuova generazione si debba per forza passare da una prova storica, una guerra, una dittatura? Io direi di no! Però, certamente serve un grande sforzo per riconoscere qual è la prova di questi tempi. Viviamo una crisi gravissima nel nostro Paese: crisi economica, crisi morale, crisi culturale. Bisogna aprire gli occhi, rendersi conto che è questa la prova per l’attuale generazione e la prova nella quale una nuova generazione può formarsi. Non dimentichiamo che Giovanni Paolo II nella “Centesimus Annus” accennava al diffondersi di una nuova ideologia che consiste nel non vedere più i problemi, cioè nel non avere gli occhi aperti per riconoscere i bisogni e le cause dei problemi. Ora, gli occhi chiusi sono l’assenza di morale, l’assenza di etica. Allora ci vuole un grande sforzo sociale, serve operare un risveglio collettivo per potenziare le iniziative sociali esistenti. Deve essere un soggetto sociale, e non solo un soggetto ecclesiale, ad impegnarsi in questo. Per cui, tutti i laici che sono impegnati, forse, accanto agli obiettivi specifici dei loro movimenti, dovrebbero metterne uno prioritario che è quello di cercare di salvare la società.

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    Giornata mondiale dell'autismo: fiaccolata dei genitori per i diritti dei figli autistici

    ◊   Oggi si celebra la Giornata mondiale dell’autismo. Numerose in tutti i continenti le manifestazioni per riportare all'attenzione le problematiche di chi soffre di questa patologia. A Roma e in tutte le principali città d’Italia, i genitori dei bambini autistici hanno organizzato una fiaccolata per i diritti dei loro figli e contro l’indifferenza delle istituzioni e l’assenza di servizi pubblici. L'autismo è talvolta associato a disturbi neurologici aspecifici come l'epilessia, o specifici come la sclerosi tuberosa, la Sindrome di Rett o la Sindrome di Down. Eliana Astorri ne ha parlato con la prof.ssa Maria Giulia Torrioli, associato di neuropsichiatria infantile del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma.

    R. - L’autismo ha tre principali caratteristiche diagnostiche: un disturbo della comunicazione, un disturbo della condivisione emotiva e un pensiero rigido e stereotipato. Un disturbo della comunicazione significa che sono bambini che possono o avere un grosso ritardo di linguaggio - questa è la principale causa per cui ci vengono portati i bambini - o un linguaggio eccentrico, ecolalico, cioè ripetitivo rispetto a quello che gli viene detto. Però, ci sono bambini autistici "ad alto funzionamento" che possono avere anche un linguaggio, se non totalmente, quasi adeguato. Poi, la non condivisione emotiva, che è forse il punto più rilevante: sono bambini che non hanno la capacità empatica di entrare in contatto con la realtà circostante...

    D. – .... quando si dice che “vivono nel proprio mondo” …

    R. - Vivono nel proprio mondo, è la chiusura autistica … E’ tutto quello su cui forse si è basato fino ad oggi il pensiero riguardo a un bambino autistico. Si pensa a un bambino con cui è impossibile colloquiare, di cui non si può capire quello che vuole, quello che dice; un bambino che vaga per la stanza e nello spazio senza che nessuno possa entrare in contatto con lui. Per fortuna raramente è così. Un bambino ride e l’altro non capisce perché; un bambino è triste e non si capisce perché; o più spesso quel bambino non capisce perché gli altri sono arrabbiati. Infine, avere un pensiero rigido. Tutti i bambini giocano ad accendere e spegnere la luce: loro lo fanno all’infinito, fino a che uno non riesce a fermarli. Oppure, bambini che si mettono a guardare una lavatrice che gira o che fanno ruotare la ruota di una macchinina invece di giocare con la macchinina: cioè, non hanno un gioco organizzato e finalizzato come quello degli altri bambini ma si limitano a usare una parte dell’oggetto.

    D. - Finora abbiamo parlato di bambini. Significa che autistici si nasce …

    R. – Sì, il che non significa che sia presente tutta la sintomatologia fin da quando si è piccolissimi.

    D. – Non si può diventare autistici in età adulta?

    R. – Assolutamente no. La maggior parte dei bambini viene portata all’osservazione dello psichiatra infantile per un ritardo di linguaggio e questo succede, oggi, fra l’anno e mezzo due.

    D. - Quindi è quello il campanello d’allarme?

    R. – Quello è il campanello d’allarme.

    D. - A livello motorio che problemi hanno?

    R. – A livello motorio possono avere un modesto impaccio motorio, possono anche non avere niente. Non voglio dire che l’autismo è curabile perché sarebbe sbagliato, però, attraverso i test clinici che si fanno, ho visto diversi bambini uscire dalla chiusura autistica; ho visto molti bambini riuscire a entrare in contatto emotivo con l’ambiente intorno. (bf)

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa quarta Domenica di Quaresima, la liturgia ci propone il Vangelo del cieco nato guarito da Gesù. Una guarigione contestata dai farisei, contro tutte le evidenze, perché avvenuta in giorno di sabato. Gesù afferma di essere venuto nel mondo “perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi”. I farisei replicano: “Siamo ciechi anche noi?”. E Gesù risponde:

    «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: ‘Noi vediamo’, il vostro peccato rimane».

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Un cieco che comincia a vederci grazie ad un intervento prodigioso di Gesù, e dei presunti vedenti che continuano a negare l’evidenza, fino al ridicolo. Questo ci presenta il lungo testo del Vangelo di oggi, fermandosi sulle quattro inchieste che fanno i capi per rifiutare di riconoscere in Gesù un inviato da Dio. Ci sono dei momenti anche drammatici: i genitori del cieco che non gioiscono per il figlio guarito, per timore di essere espulsi; il cieco stesso caparbio e audace che ragiona con la sua testa e non si fa intimorire, ma paga con l’espulsione la sua libertà. Progressivamente il cieco si avvicina alla luce piena della fede, e in parallelo i farisei si chiudono nei loro pregiudizi e nelle loro certezze fanatiche. Quello che più impressiona in tutta la scena movimentata è che il giudizio e l’inchiesta avvengono senza interpellare Gesù: un processo in contumacia, una condanna stabilita prima di sapere bene i fatti. Il sapere dei farisei – ben tre volte ripetono che loro sanno – e la loro autorità dispotica, non servono alla verità e al bene, ma solo a difendere il loro prestigio, anche contro ogni evidenza. Ciechi, guide cieche e fanatiche, specchio di certi nostri pregiudizi ridicoli e condanne precipitose. Forse a volte non siamo così ciechi anche noi?

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    Chiesa e Società



    Pakistan: Lettera pastorale di conforto dei vescovi dopo gli attacchi alle chiese

    ◊   I cristiani in Pakistan vivono la Quaresima “con fede, nella preghiera, nella condivisione e nella carità, cercando di preparare la Pasqua nel miglior modo possibile, a livello spirituale, liturgico, pastorale”. Gli attacchi alle chiese dei giorni scorsi “non ci spaventano, la nostra missione continua”: è quanto dice all’agenzia Fides padre Mario Rodrigues, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie, notando che, dopo i recenti episodi di intolleranza contro i cristiani, la tensione sembra diminuire. La comunità cattolica sarà fortemente incoraggiata e consolata e troverà nuova forza e nuova speranza, nota padre Mario, dalla Lettera pastorale dei vescovi pakistani che sarà letta domani, 3 aprile, in tutte le chiese cattoliche della nazione. La Lettera, firmata da mons. Joseph Coutts, vescovo di Faisalabad, neo eletto presidente della Conferenza episcopale del Pakistan, è stata titolata “Non temere, piccolo gregge”, citando il Vangelo di Luca (12,32). Nel testo della Lettera, inviato all’agenzia Fides, i vescovi dicono di voler “risvegliare il coraggio e una forte fede in Gesù Cristo”, riconoscendo, in quanto Pastori, che la situazione presente ha causato fra i fedeli “sentimenti di paura, incertezza e insicurezza”. La Lettera ricorda l’assassinio del ministro Shahbaz Bhatti, l’uccisione di due cristiani a Hyderabad e altri recenti episodi di intolleranza. In questa situazione, che ha creato ansietà e disagio, i Vescovi affermano: “Vi ricordiamo di ascoltare la voce di Nostro Signore Gesù Cristo che dice: abbiate coraggio…non abbiate paura”. Alla luce degli insegnamenti del Magistero della Chiesa, i Presuli esortano poi i fedeli a “immettere nelle famiglie i valori spirituali del digiuno, della preghiera e dell’elemosina”, dicendo: “Aiutati dalla grazia dello Spirito Santo, riportiamo la fermezza della fede nella nostra vita di ogni giorno”, anche di fronte alle tribolazioni. E, pensando all’imminente festa della Pasqua, “celebreremo insieme con la Chiesa universale la grande festa della Resurrezione del Nostro Signore Gesù Cristo”, che “ci aiuta ad uscire fuori dalle tenebre, dalla paura e dalla disperazione” e dà la forza per “una coraggiosa testimonianza cristiana”. Per questo, rimarca la Lettera, è tempo di “rafforzare il discepolato”, ricordando le difficoltà e le persecuzioni delle prime comunità cristiane. Come i primi apostoli, che ebbero il dono dello Spirito Santo, “anche noi con coraggio e pienezza di fede dobbiamo costruire la cultura della pace, dell’amore e della tolleranza, affinché la luce e la guarigione della Buona Novella possa raggiungere ogni essere umano, possa favorire le relazioni reciproche, la comprensione e il rispetto fra i popoli di diverse religioni, invece dell’odio e del fondamentalismo”. La Lettera si conclude con un invito alla preghiera per l’unità dei cristiani, al fine di poter diffondere la luce e la forza del Vangelo in Pakistan. (R.P.)

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    La Chiesa indiana ricorda l'opera pastorale del cardinale Vithayathil

    ◊   “Il frutto più grande dell’opera del cardinale Varkey Vithayathil, arcivescovo maggiore della Chiesa siromalabarese, è la comunione, all’interno della comunità, con gli altri vescovi indiani e con la Chiesa universale. Ma lo sono anche la crescita delle vocazioni e un rinnovato spirito missionario”: con queste parole mons. Bosco Puthur, vescovo di Curia, e attuale amministratore apostolico della Chiesa siromalabarese in India, ricorda, in un colloquio con l’agenzia Fides, la figura dell’arcivescovo deceduto ieri, 1° aprile. “Era un uomo di preghiera, persona semplice, un Pastore ricco di misericordia, che si prendeva cura con amore del suo gregge”, rimarca mons. Puthur. “Il contributo maggiore alla Chiesa siromalabarese è stato quello di costruire pazientemente la comunione, che è vitale nella comunità, soprattutto grazie alla sua capacità di ascolto. Oggi viviamo i frutti della sua opera: il dialogo nella comunione”. Mons. Vithayathil era stato nominato arcivescovo maggiore di Ernakulam-Angamaly e della Chiesa siro-malabarese nel 1997, ed elevato alla dignità di cardinale nel 2001. Anche i vescovi indiani lo hanno ricordato in un messaggio come Pastore dedito ai poveri e agli emarginati. Parlando a Fides, mons. Bosco Puthur, che guida la delegazione di 36 vescovi indiani di rito siromalabarese dall’India del Sud, in Vaticano per la visita ad limina, traccia un quadro della situazione pastorale della Chiesa, dopo la sapiente guida del cardinale: “Oggi – sottolinea – la nostra Chiesa si ritrova fervente di vocazioni che sono in continuo aumento, e viva di un forte spirito missionario che si esprime in tanti Paesi del mondo”. Proprio per gestire questo dinamismo di evangelizzazione, la Chiesa vorrebbe estendere la possibilità di avere la cura pastorale delle sue comunità e dei suoi fedeli che emigrano in vari Stati del mondo, ed è quanto chiederà alla Santa Sede”. Mons. Bosco esprime la sua gioia per l’esperienza della visita 'ad limina' in cui “la Santa Sede ascolta i suoi figli con attenzione, consigliandoli per svolgere al meglio il lavoro pastorale”. La Chiesa siromalabarese è una Chiesa apostolica di rito orientale che risale, secondo la tradizione, alla predicazione dell'apostolo san Tommaso (per questo i cristiani del Malabar sono noti anche come “cristiani di San Tommaso”). Oggi conta circa 4milioni di fedeli, soprattutto nello stato del Kerala (India meridionale) e in parte negli Stati Uniti. In India vi sono comunità (e Conferenze episcopali) di tre riti: latino, siromalabarese e siromalankarese. (R.P.)

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    Immigrati africani: appello dei vescovi europei ad una solidarietà condivisa da tutti gli Stati

    ◊   L’emergenza immigrazione dal nord Africa non può riguardare solo l’Italia, “ma richiama la solidarietà, anche istituzionale, di tutti i popoli del continente europeo, come anche quella delle strutture dell’Unione Europea e degli altri organismi continentali”. Questa l’opinione del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee) intervenuto ieri sulla questione delle migrazioni dalla Libia. Nella dichiarazione, firmata dal cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest e presidente del Ccce, dal cardinale Josip Bozanić, arcivescovo di Zagabria, e dal cardinale Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux, si ricorda come “l’afflusso commovente degli emigrati che arrivano in Europa, richieda una soluzione urgente da parte di tutti i responsabili. “Dobbiamo vedere in ogni persona umana l’inalienabile dignità della creatura che porta in sé l’immagine di Dio. Siamo anche responsabili per la salvaguardia dell’ordine legale e rispettoso della dignità di tutte le persone nei Paesi del nostro continente”, si legge nella dichiarazione dei cardinali, che concludono: “preghiamo affinché le armi cedano lo spazio alla ragione e al dialogo". (M.R)

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    India: appello della Chiesa per la tutela delle popolazioni indigene

    ◊   Il governo federale indiano deve implementare le leggi a tutela degli aborigeni: lo hanno chiesto esponenti cristiani ed attivisti dei diritti umani durante l’Assemblea delle popolazioni tribali svoltasi dal 28 al 30 marzo scorsi. In particolare, nella risoluzione approvata al termine dei lavori, cristiani ed attivisti hanno raccomandato all’esecutivo di non sradicare i nativi dalla loro terra d’origine, di includere le popolazioni tribali come partner nello sviluppo e di rilanciare un’agricoltura sostenibile. Il memorandum approvato verrà poi presentato al presidente indiano Pratibha Patil e al primo ministro Manmohan Singh. “Risoluzioni come questa – ha detto padre Marianus Kujur, che dirige l’unità tribale dell’Istituto sociale indiano della Compagnia di Gesù – daranno alla popolazione indigena una piattaforma di dialogo e di rivendicazione”. Quindi, il religioso ha sottolineato come troppo spesso gli aborigeni vengano allontanati dalle loro terre d’origine perché sfollati, migranti o oggetti di tratta degli esseri umani. Secondo la Conferenza episcopale cattolica dell’India, invece, le popolazioni tribali - dette “adivasis” – devono portare a termine l’integrazione senza fare violenza alla propria ricchezza culturale ed affrontando le sfide della povertà, dell’analfabetismo e del pregiudizio sociale. Infine, qualche dato: secondo il censimento 2001 dell’India, il Paese conta 86 milioni di popolazioni tribali. (I.P.)

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    Tagikistan: denuncia di violazioni della libertà religiosa da parte del governo

    ◊   In Tagikistan vi è una violenza sistematica della libertà religiosa per i credenti di qualsiasi confessione. E’ la denuncia dell’associazione “Forum 18”, che chiede un immediato intervento delle Nazioni Unite e degli organismi internazionali per frenare il governo tagiko, responsabile della violazione dei diritti umani dei fedeli al fine di assoggettare al pieno controllo statale ogni espressione religiosa. Secondo l'agenzia AsiaNews in un recente disegno di legge è previsto il divieto ai ragazzi sotto i 18 anni di partecipare a qualsiasi attività religiosa, compresi incontri di preghiera e catechismo, con la sola eccezione dei funerali. Per derogare a questo occorre un’autorizzazione ufficiale, della cui violazione sono responsabili i genitori. Dal 2007 le autorità tagike chiudono, confiscano e demoliscono chiese, moschee e anche l’unica sinagoga. Per tutti i gruppi religiosi è vietata qualsiasi attività senza previa autorizzazione e sono stati banditi i Testimoni di Geova e alcuni movimenti islamici e cristiani protestanti. Nel 2011 sono state chiuse cinquanta moschee “non autorizzate” e nel 2010, circa un centinaio di seguaci del movimento musulmano “Jamaat Tabligh” sono stati condannati a multe salate o al carcere da 3 a 6 anni, solo per essersi riuniti a pregare. Da gennaio è stato istituito il nuovo reato di “produzione, importazione, vendita e distribuzione di letteratura religiosa senza permesso”, punito con pesanti multe equivalenti ad anni del salario medio, anche per chi stampa questo materiale. Il Paese centro-asiatico è abitato da circa 7 milioni di persone, perlopiù musulmane, ed è governato dal 1992 da Emomali Rahmon, ex dirigente sovietico, da sempre timoroso che dai movimenti religiosi possano nascere gruppi in grado di contrastare il suo potere politico. (M.R.)

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    Nepal. Rogo in due campi profughi: oltre 5.000 civili senza assistenza

    ◊   E’ un evento che desta interrogativi quello verificatosi nei giorni scorsi in Nepal: due campi profughi nella parte orientale del paese sono andati a fuoco, con un pesante bilancio di oltre 700 alloggi distrutti e oltre 5.000 persone, fra i quali donne, bambini, anziani, rimasti senza alcuna assistenza. E quanto denuncia all’agenzia Fides il Jesuit Refugees Service (Jrs) che opera nella zona occupandosi dell’assistenza alimentare, sanitaria ed educativa di oltre 30mila profughi provenienti dal vicino Bhutan e accampati in Nepal, nella zona di confine. Il gesuita padre P.S. Amal, direttore del Jrs in Nepal, afferma preoccupato: “E’ difficile credere che due incendi si siano verificati nello stesso giorno, il 22 marzo, contemporaneamente, in due campi profughi. Ora c’è urgente bisogno di assistenza finanziaria per ripristinare alloggi e servizi destinati a oltre 5.000 persone del tutto abbandonate a se stesse”. I gesuiti e gli operatori volontari hanno cercato di domare le fiamme nel campo di Goldhap (che ha incenerito in poco più di un’ora, oltre 500 tende) e nulla hanno potuto fare quando è giunta la notizia che stava andando a fuoco anche il campo di Sanischare, dove oltre 180 tende risultano bruciate. Distrutto anche un campo giochi per ragazzi e un ambulatorio gestiti dai Gesuiti, nonché un centro sanitario della “Association of Medical Doctors of Asia”. Il governo ha disposto una indagine sull’accaduto e ha istituito un comitato di emergenza per la prima assistenza ai 5.000 rifugiati colpiti, in collaborazione con l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati, con il Jrs e la Caritas. Giovani volontari che lavorano con il Jrs hanno iniziato a distribuire viveri, mentre la Croce Rossa ha distribuito coperte e l’Acnur si sta occupando di ricollocare i rifugiati. Sono attualmente oltre 69mila i profughi butanesi in Nepal. Oltre 36mila di loro hanno già raggiunto altri Paesi come Stati Uniti, Australia, Canada o l’Unione Europea. Quella dei profughi bhutanesi in Nepal è una delle crisi più antiche che coinvolgono i rifugiati in Asia: all'inizio degli anni '90 oltre 100mila rifugiati lasciarono il Bhutan in un esodo forzato che ha portato in Nepal un sesto della popolazione bhutanese. I rifugiati vivono all'interno di sette campi nel Nepal orientale (che il governo oggi intende gradualmente ridurre). Il Jrs è stata fra le prime organizzazioni ad occuparsi di loro, garantendo soprattutto il servizio dell’istruzione di bambini e giovani. Il Bhutan, governato da una monarchia assoluta ereditaria, ha promosso una politica nazionale basata sul principio “una sola nazione, un solo popolo”, che ha penalizzato le minoranze etniche e religiose. (R.P.)

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    Una prospettiva cattolica orientale per la nuova evangelizzazione in vista del Sinodo del 2012

    ◊   Come permettere alle Chiese cattoliche orientali di essere protagoniste di una nuova evangelizzazione in un mondo globalizzato. Questi i temi del seminario “La nuova evangelizzazione all’interno e all’esterno: una prospettiva cattolica orientale”, svoltosi ieri al Pontificio Istituto Orientale, in coincidenza con la visita ad limina dei vescovi siro-malabaresi e siro-malankaresi ed in vista del Sinodo del 2012. Il seminario, presieduto dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha visto, tra gli altri, l’intervento di mons. Natale Loda, docente alla Pontificia Università Lateranense. Mons. Loda, intervistato dall’agenzia Zenit, ha spiegato come, dopo la creazione del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, il dibattito si sia concentrato su “come fare perché questa nuova evangelizzazione, che è un diritto e un dovere per tutti i fedeli cristiani, possa arrivare anche nel contesto delle Chiese orientali”. L’evangelizzazione, ha spiegato il docente “non ha più un aspetto solamente territoriale, come diceva già Giovanni Paolo II nell’enciclica Redemptoris Missio”, ma deve essere “una risposta adeguata ai segni dei tempi e ai bisogni degli uomini, dei popoli di oggi, a questi scenari che disegnano la cultura attraverso la quale raccontiamo la nostra identità e cerchiamo il senso delle nostre esistenze, il tutto guardando proprio a Cristo”. In questo contesto alle Chiese orientali spetta un compito impegnativo, quello di far entrare la fede anche dove non c’è mai stata. Per questo è necessario proporre Cristo in modo che entri nel profondo delle loro vite. “Pensiamo per esempio come in tante situazioni permangono dei problemi molto grandi di carattere culturale, come le caste in India”, ha specificato mons. Loda. Su questo lavoro di inculturazione il professore ha ricordato che “in tutte le culture ci sono elementi buoni che non solo non si oppongono, ma nel cristianesimo possono diventare fonte ulteriore di testimonianza per il popolo e per coloro che devono ricevere la Buona Novella”, aggiungendo che, “le Chiese orientali in India hanno una forza molto grande per i sacerdoti e le suore” e svolgono un’opera già grandissima, malgrado non ci siano disponibilità economiche”. L’India gode di una certa tranquillità politica, ha aggiunto il professore, ma ci sono “altre parti del mondo dove veramente l’evangelizzazione e la testimonianza pongono a rischio la vita di coloro che lì lavorano e agiscono”. Questa situazione, oltre al sostegno con la preghiera, ci deve portare a “cercare una tutela per queste persone”. Mons. Loda si è poi soffermato sulla figura di Madre Teresa, “un'icona per tutta l’India”, che fuori dagli ambienti cristiani, rischia di essere percepita al di là della sua appartenenza alla religione cattolica. Madre Teresa ha insegnato che “la carità vera e l’annuncio non è un'imposizione, ma una proposizione che va incontro a quelle che sono le necessità della gente e dei poveri e di quanti si incontrano nella propria esperienza”. Padre James McCann, rettore del Pontificio Istituto Orientale, si è soffermato invece sul problema della giurisdizione delle Chiesi Orientali in India. “La questione è oggi molto importante perché delle popolazioni in India si trovano molte volte fuori dal proprio territorio, e su questo per quanto riguarda l’India, il Diritto Canonico non è molto chiaro. Ci sono tanti siro-malabaresi”, ha aggiunto il prelato, “che si trovano fuori dal loro territorio tradizionale e ci si chiede come evangelizzarli. Un grande problema. Questo sarà trattato nelle discussioni che ci saranno prima del prossimo Sinodo”. (M.R.)

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    Il cardinale Ruini: i politici veramente cristiani non possono prescindere dalla fede

    ◊   “La coscienza dei credenti deve essere illuminata e formata non solo dalla loro ragione ma anche dalla fede e dall’insegnamento della Chiesa”. È quanto affermato ieri sera dal cardinale Camillo Ruini, presidente emerito della Cei, durante la prolusione alla “Duegiorni” di Rete Italia, evento sul tema “Viva la politica” in programma a Riva del Garda fino a domani. Il porporato, riporta l’agenzia SIR, ha spiegato come sia teologicamente infondata “quella posizione, rivendicata a volte con enfasi da alcuni politici cattolici, per la quale il richiamo alla propria libertà di coscienza viene fatto valere per discostarsi dagli insegnamenti della Chiesa”. Secondo il cardinale, “sul piano politico e giuridico essi hanno certamente il diritto di agire così, ma non possono pretendere che questi comportamenti e queste scelte siano anche teologicamente ed ecclesialmente legittimi”. Perciò “all’interno del mondo cattolico, la controversia sui ‘principi non negoziabili’ ha qui il suo vero nocciolo”. Questa questione, ha precisato il cardinale Ruini è “un sintomo di quelle tendenze alla ‘secolarizzazione interna’ della Chiesa e dei cattolici che da una parte non devono sorprendere, per l’influsso reciproco tra Chiesa e società che è sempre in atto”, ma che d’altra parte necessitano di una reazione, “se non vogliamo che la fede diventi irrilevante e intendiamo invece conservare le nostre capacità di testimonianza missionaria”. In riferimento al discorso di Benedetto XVI al Pontificio Consiglio per i Laici del maggio scorso, nel quale il Pontefice sottolineava come la speranza cristiana “allarga l’orizzonte limitato dell’uomo e lo proietta verso la vera altezza del suo essere”, cioè verso Dio, il cardinale Ruini ha commentato come la politica debba essere relativizzata, manifestandosi non come realtà “ultima”, ma “penultima”. La fede cristiana, là dove si è storicamente affermata, ha precisato il porporato, ha costituito un limite e un freno alle assolutizzazioni della politica “che nel nostro tempo hanno condotto ai totalitarismi e nel passato hanno portato alla sacralizzazione del potere politico”. “Per fare politica da cristiani”, ha continuato il cardinale, “bisogna anzitutto essere davvero cristiani. Esserlo, però, non è mai stato facile, perché richiede la conversione del cuore e della vita”. Al fine di respingere quelle potenti spinte sociali e culturali che ci allontanano dal cristianesimo “abbiamo bisogno di una comunità, di un ambiente di vita, di amicizie, di relazioni umane che ci sostenga e dia nutrimento quotidiano alla nostra fede”, per essere così “davvero cristiani e agire da cristiani, in politica come in ogni altro campo”. Non tutte le comunità sono tuttavia all’altezza di questo compito, ha aggiunto Ruini, ricordando le parole di Benedetto XVI sull’intelligenza della fede che diventa intelligenza della realtà. “Diciamolo francamente” ha ammesso il porporato, “questo tipo di intelligenza è assente in troppe comunità parrocchiali, associazioni, gruppi giovanili. Oppure è inteso alla rovescia, come se fosse la cultura di oggi a fornire la chiave decisiva per l’intelligenza della nostra fede. Certo, la fede va incarnata, o ‘inculturata’, nelle situazioni e nelle problematiche del nostro tempo, non può prescindere da esse se non vuole diventare sterile e insignificante. Il suo criterio decisivo è però Gesù Cristo, che vive nella Chiesa: è lui che ci dà la chiave per leggere, valutare e trasformare la realtà in cui viviamo” (M.R.)

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    Unione Europea: natalità e aspettativa di vita in aumento

    ◊   Un tasso di fecondità in crescita e un aumento della speranza di vita. Queste le tendenze mostrate dal terzo rapporto sulla demografia nell’Unione Europea, pubblicato da Eurostat. Nel territorio dell’Unione, riporta l’agenzia Sir, il tasso di fecondità medio è di 1,60 figli per donna, a conferma della tendenza positiva inaugurata nel 2003 (1,47). Tra i 27 Paesi membri solo Portogallo, Malta e Lussemburgo non hanno visto crescere il loro numero di nati. Notevoli passi avanti nella natalità si riscontrano invece in Bulgaria, Repubblica ceca, Slovenia e Lituania. I tassi di fecondità più elevati - dati 2009 - si registrano però in Irlanda (2,07), Francia (2,00), Regno Unito (1,96), Svezia (1,94), mentre in assoluto i dati più bassi si verificano invece in Lettonia (1,31), Ungheria e Portogallo (1,32), Germania (1,36). Eurostat segnala inoltre che “negli ultimi cinquant’anni la speranza di vita alla nascita è aumentata nell’Ue di circa 10 anni, sia per le donne (82,4 anni) che per gli uomini (76,4). (M.R.)


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    Gambia: la Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel incontra il governo

    ◊   Nel febbraio scorso a Banjul, in Gambia, si è tenuta la 29.ma sessione del Consiglio di amministrazione della Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel. Ora, ad un mese di distanza dall’incontro, mons. Robert Ellison, vescovo di Banjul, si è recato in Parlamento per ringraziare le autorità locali per il loro supporto che ha garantito uno svolgimento sicuro dell’evento. Poi, il presule ha ricordato la figura di Giovanni Paolo II, che verrà beatificato il 1° maggio: “Un uomo – ha detto – che trent’anni fa, dopo il viaggio in Burkina Faso, rimase così turbato dalla condizione di grave siccità del Sahel, causa di tanta sofferenza, che decise di istituire una fondazione per contribuire a ridurre, anche di poco, il dramma di così tante persone in questa parte del mondo”. Quindi, mons. Ellison ha richiamato alla memoria la prima visita di Papa Wojtyla in Gambia, avvenuta nel febbraio 1992, sottolineando come egli suggerisse aiuti determinanti per la popolazione: la fornitura di risorse idriche, la promozione dell’agricoltura e delle donne, la formazione professionale dei giovani. Dal suo canto, la vicepresidente del Gambia, Aja Isatou Njie Saidy, ha ringraziato la Fondazione per il Sahel e la comunità cattolica e cristiana in generale per il loro operato, che aiuta il governo nello sviluppo del Paese, in particolare nei settori dell’agricoltura e dell’istruzione. La signora Njie Sady ha inoltre assicurato che le autorità continueranno a promuovere il dialogo interreligioso tra le diverse fedi, in modo da garantire la libertà religiosa in tutto il Gambia. La parola araba Sahel significa “margine” o “costa” e designa una zona africana con clima semiarido e precipitazioni che oscillano tra i 200 millimetri annuali nel nord e i 600 nel sud. Confina a nord con il deserto del Sahara, a sud con la savana e le foreste del Golfo di Guinea e dell'Africa Centrale, a ovest con l'Oceano Atlantico e a est con il Nilo Bianco. Ha un'estensione di circa 4 milioni di chilometri quadrati, e include il sud di Mauritania, Senegal, Mali e Algeria, il nord di Guinea e Burkina Faso, il Niger, il nord di Nigeria e Camerun, Ciad, Sudan ed Eritrea. I Paesi che partecipano ai programmi della Fondazione sono nove: Burkina Faso, Niger, Mali, Guinea Bissau, Capo Verde, Mauritania, Senegal, Gambia e Ciad. (I.P.)

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    Canada: visita di una delegazione episcopale del Congo

    ◊   Il Canada aiuti la Repubblica Democratica del Congo a ricostruire “un clima di pace e di riconciliazione”: è l’appello lanciato ieri da mons. Nicolas Djomo, presidente dei vescovi congolesi, nel corso di una visita ufficiale ad Ottawa. L’incontro è stato voluto dall’Organizzazione cattolica canadese per lo sviluppo e la pace ed ha visto la presenza anche di suor Marie-Bernard Alima Mbalula, segretaria della Commissione episcopale Giustizia e Pace del Congo. Durante la visita, i rappresentanti africani hanno avuto colloqui sia con il governo federale di Ottawa che con la Chiesa locale. Ribadita anche l’importanza di una collaborazione tra i due Paesi. “Si tratta – informa una nota della Conferenza episcopale canadese – della terza visita ufficiale di una delegazione congolese in Canada nel corso degli ultimi dieci anni. Nel settembre 2003 e nel dicembre 2008, altre due delegazioni si erano recate a Montréal, Ottawa e Toronto, dove avevano partecipato a degli incontri pubblici e a dei colloqui con gli esponenti del governo”. (I.P.)

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    Australia: iniziativa del cardinale Pell sulla dottrina sociale della Chiesa

    ◊   Si chiama «Solidarity» ed è il primo giornale on line dell’Australia, e anche uno dei primi nel suo genere in tutto il mondo, a occuparsi principalmente di solidarietà e di dottrina sociale della Chiesa. La rivista è stata presentata nei giorni scorsi presso la «St Benedict’s hall Broadway» dell’«University of Notre Dame» dall’arcivescovo di Sydney, cardinale George Pell. L’idea di un giornale che si occupasse principalmente di solidarietà - riferisce L'Osservatore Romano - è nata su input dell’ufficio giustizia a pace dell’arcidiocesi di Sydney e da alcuni intellettuali dell’università di Notre Dame. «Solidarity» nasce con l’obiettivo di mettere a disposizione dei più importanti pensatori, scrittori, intellettuali e accademici del Paese un forum dove discutere del pensiero sociale cattolico, di dottrina, di tradizioni morali e di etica laica con l’obiettivo di applicare e integrare questi importanti temi nella società contemporanea australiana. «La rivista — ha spiegato il condirettore Steven Lovell-Jones, che guiderà il giornale insieme a Sandra Lynch — incoraggerà i giovani intellettuali delle università australiane a impegnarsi e ad approfondire la dottrina sociale e farà riferimento anche al ricco serbatoio di talenti all’interno della Chiesa». Il cardinale Pell aveva più volte espresso il desiderio di pubblicare una rivista che si occupasse della dottrina sociale della Chiesa. «Adesso questo desiderio è diventato una realtà. Ci siamo resi conto — ha spiegato Lovell-Jones — che c’era bisogno in Australia di una rivista accademica che promuovesse lo studio della dottrina della Chiesa e la sua influenza sul pensiero sociale e politico del Paese». (R.P.)

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    Spagna: la diocesi di Bilbao di fronte all’attuale crisi socio-economica

    ◊   La città di Bilbao ha vissuto ieri, mattina e sera, due pressanti appelli della popolazione ai rappresentanti dell’amministrazione pubblica e delle finanze, in favore di un loro maggiore coinvolgimento nella soluzione all’attuale crisi socio-economica. La novità in questo caso era che l’iniziativa era partita dalla diocesi. Gli organizzatori hanno evitato il termine di “manifestazione” ed hanno preferito parlare di “marcia” pacifica. Oltre duemila ragazzi hanno accompagnato ieri mattina il vescovo di Bilbao mons. Mario Iceta in un percorso per il centro della città, visitando le sedi delle autorità locali, provinciali, regionali e nazionali. In queste visite il presule ha consegnato personalmente la Lettera pastorale dei vescovi dei Paesi Baschi e della Navarra sulla crisi attuale ed un comunicato. Nel comunicato vengono denunciate le conseguenze della crisi sui meno abbienti e si fa un serio appello ai dirigenti dell’amministrazione pubblica e delle finanze affinchè mostrino un maggiore senso di responsabilità nella soluzione della crisi, anche con la collaborazione della Chiesa. In serata è partita invece la marcia degli adulti, che ha attraversato tutto il centro della città per arrivare ad un piazzale dove il vescovo ha letto il testo del documento preparato per la giornata. Il motto dell’intera giornata, facendo riferimento a coloro che soffrono di più le conseguenze della crisi, diceva: “Gli ultimi, i primi”, secondo il messaggio evangelico in favore dei più poveri. Sulle origini dell’attuale emergenza si afferma che è stata causata da un numero importante di enti finanziari internazionali che si sono comportati in modo irresponsabile grazie, anche, alla mancanza dei necessari controlli pubblici. Questa crisi ha messo in evidenza, dice ancora il comunicato, alcune gravi mancanze tecniche e morali del sistema che regge la nostra economia. Infine si denuncia anche una cultura molto diffusa di ricerca del massimo beneficio nei tempi più brevi possibili. Sono circa 5.000 le persone che hanno partecipato alla marcia in silenzio e con un comportamento di grande serenità e disciplina. La marcia ha avuto una durata di un’ora fino al piazzale chiamato dell’Arenal, dove c’è stato un breve intervento da parte degli organizzatori, il discorso del vescovo e la formulazione di una serie di impegni da parte di tutti, nella soluzione più giusta alla attuale crisi. (Da Bilbao, padre Ignacio Arregui)

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    Regno Unito: nuova traduzione del Messale a partire dall'Avvento

    ◊   La nuova traduzione del Messale Romano entrerà in uso nelle Chiese locali inglesi a partire dall’autunno prossimo, in occasione della prima Domenica d’Avvento. La conferma, riferisce l’agenzia Zenit, è arrivata martedì scorso da una dichiarazione della Conferenza dei vescovi cattolici di Inghilterra e Galles, dopo il controllo e l’approvazione dei testi. Le nuove traduzioni sono state inviate ai tipografi per le prove, in vista del processo di stampa e rilegatura da parte della casa editrice Catholic Truth Society. “La stampa di messali comporta molto lavoro per produrre un libro che sia di alta qualità e adatto all'uso da parte di qualsiasi persona”, si sottolinea nella dichiarazione che ribadisce come “le copie saranno pronte per essere consegnate alle parrocchie dall'inizio di novembre, perfettamente in tempo per il primo uso della nuova traduzione”. L’Ordinario della messa con la nuova traduzione sarà invece a disposizione a partire da settembre. “Il nostro team sta lavorando molto da vicino e in modo costruttivo con i vescovi di Inghilterra e Galles, Scozia e Australia per rispettare queste scadenze”, ha dichiarato Fergal Martin, segretario generale della Catholic Truth Society, che aggiunge: “siamo lieti che il processo sia incessante su tutte e tre le edizioni del Rito: il Messale d'altare, l'edizione da cappella e l'edizione da studio. Speriamo che la gente le trovi sia belle che robuste”. (M.R.)

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    24 Ore nel Mondo



    Scontri in Costa d'Avorio: 800 morti a Duékoué

    ◊   Non c’è tregua alle violenze in Costa d’Avorio, dove il presidente uscente Gbagbo, sconfitto alle ultime elezioni, non intende lasciare il potere. Nel Paese intanto è guerra civile: le forze del presidente eletto Quattara controllano la capitale economica Abidjan e sarebbero a un passo dalla vittoria, ma stamane le truppe fedeli a Gbagbo in un messaggio alla tv si stato hanno chiamato alla mobilitazione in difesa delle “istituzioni della Repubblica”. La comunità internazionale chiede il passaggio di consegne a Ouattarà, ma secondo l'Onu entrambi i leader hanno "violato i diritti umani". Intanto la Croce riferisce di 800 morti negli ultimi 5 giorni. Il servizio di Claudia Di Lorenzi:

    L’appello della comunità internazionale è pressante. Si chiede al presidente uscente della Costa D'Avorio, Laurent Gbagbo, di “dimettersi immediatamente” per lasciare la guida del Paese al presidente eletto, internazionalmente riconosciuto, Alassane Ouattara, vincitore delle elezioni del novembre scorso. Una richiesta corale che viene da Onu, Unione Africana, Stati Uniti e Francia. E proprio il presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha avuto ieri un colloquio telefonico con il legittimo presidente Ouattara, per fare il punto sulla grave crisi nel Paese e ribadire l’impegno delle forze francesi a sostegno delle operazioni dell'Onu e per garantire la sicurezza dei civili. La vittoria di Ouattarà è “vitale per la pace e la riconciliazione nazionale”, si legge in una nota dell’Eliseo. Nel documento si esprime anche preoccupazione per i violenti scontri e si annuncia l’ampliamento del contingente francese, che passa da 900 a 1100 soldati. Intanto sul terreno cresce il bilancio delle vittime: almeno 800 persone sono state uccise negli ultimi cinque giorni in un quartiere della cittadina di Duékoué. Lo riferisce il Comitato internazionale della Croce Rossa che parla di un massacro “particolarmente scioccante per ampiezza e brutalità”. Ribadendo la condanna degli attacchi diretti contro civili, la Croce Rosse ha ricordato “l'impegno e l'obbligo delle parti in conflitto di assicurare in ogni circostanza la protezione delle popolazioni sul territorio che controllano”.

    Giappone
    Resta alto l’allarme nucleare in Giappone, a circa 3 settimane dal terremoto e dallo tsunami che hanno messo in ginocchio il Paese. Oggi La Tepco ha reso noto di aver individuato la perdita al reattore n.2 della centrale di Fukushima dalla quale è in corso la fuoriuscita di acqua radioattiva che si riversa in mare. In una nota la società che gestisce gli impianti nucleari conferma un altro dato allarmante: la quantità di iodio radioattivo nella falda sotto il reattore n1, danneggiato al 70 per cento, ha raggiunto valori abnormi, pari a 10.000 volte i limiti legali. Il portavoce dell'agenzia giapponese per la sicurezza nucleare, Hidehiko Nishiyama, ha confermato la notizia e denunciato che “materiali” con radioattività superiore al normale sono stati rinvenuti ad una distanza di 37 chilometri dall’impianto. Il Premier Naoto Kan, per la prima volta sul luogo del disastro, ha visitato oggi le squadre di emergenza che lavorano a Fukushima, nella base operativa dei soccorsi, a 20 km dall'impianto. “Voglio che combattiate con la convinzione che non potete assolutamente perdere questa battaglia”, ha detto Kan agli operatori. Intanto la terra continua a tremare: una nuova scossa di magnitudo 5 ha colpito la prefettura di Ibaraki a 150 km a nord di Tokyo.

    Lampedusa
    Emergenza immigrazione a Lampedusa. Il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Silvio Berlusconi, intervenendo ad una iniziativa a Catania, ha assicurato che “già da stasera o al massimo domani l’isola sarà ridata ai cittadini”. Intanto il presidente della Commissione europea Barroso, in una telefonata con il presidente del Consiglio, ha ribadito che il problema riguarda tutta l'Europa e deve essere risolto a livello europeo. Ha anche assicurato l'impegno dell’Ue ad una più fattiva solidarietà verso l'Italia. Ma continua l’esodo di massa dai campi: un’altra evasione si è verificata oggi a Manduria, in Puglia: a centinaia hanno abbandonato la tendopoli verso le campagne e la stazione ferroviaria di Taranto. Attualmente nel campo non ci sarebbero più di 400 persone, ma la polizia informa di scontri fra immigrati e forze dell’ordine. L'agitazione scaturirebbe da lamentele per la carenza di servizi. Altre tensioni si sono registrate sul molo del porto vecchio di Lampedusa dove i migranti hanno respinto un furgone che portava i pasti. Gli extracomunitari hanno detto che rifiuteranno il cibo fino a quando avranno la certezza che partiranno da Lampedusa.

    Afghanistan
    Nuove violenze in Afghanistan. Almeno 9 persone sono morte e 73 sono rimaste ferite durante una protesta nella provincia meridionale di Kandahar contro il rogo di una copia del Corano avvenuto in Florida. Un episodio che fa seguito all'assalto di un ufficio Onu nella cittá settentrionale di Mazar-e-Sharif, in cui hanno perso la vita sette operatori delle Nazioni Unite e cinque manifestanti afghani. Per la strage sono state arrestate 27 persone. “La protesta era iniziata con scopi pacifici, ma alcuni terroristi internazionali hanno approfittato della situazione” ha detto Munir Ahmad Farhad, portavoce del governatore provinciale.

    Siria
    Resta alta la tensione in Siria, dove le proteste contro il presidente Bashar al-Assad sono represse nella violenza e si moltiplicano gli arresti fra gli attivisti. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, si è detto “profondamente preoccupato” per la situazione nel Paese, dove le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco contro i manifestanti uccidendo almeno 9 persone. Il segretario generale dell’Onu “deplora l'uso della violenza” contro coloro “che protestano pacificamente e chiede la fine immediata di ogni di spargimento di sangue”. Sul terreno, gruppi armati hanno sparato contro cittadini e forze dell'ordine a Duma, sobborgo di Damasco, e nella città di Homs, a 180 km a nord della capitale, causando morti e feriti. Proprio ieri ad Homs migliaia di manifestanti anti-regime, fra cui anche decine di cristiani, si sono riuniti di fronte alla principale moschea della città, Khaled ben Walid.

    M.O.
    Torna alta la tensione nella Striscia di Gaza. Nella notte tre palestinesi del braccio armato di Hamas sono stati uccisi in un attacco aereo israeliano contro una vettura a Khan Younès, nel sud della Striscia. Lo riferiscono testimoni e fonti mediche locali. Secondo un portavoce militare israeliano, i tre facevano parte di “una cellula terroristica” che stava pianificando un'imminente incursione a Israele o nel Sinai egiziano per rapire cittadini israeliani. Tra loro c'era anche un comandante delle Brigate Ezzedin al-Qassam di Hamas. L’organizzazione palestinese ha definito l'episodio “molto grave” e ha minacciato conseguenze per Israele.

    Giordania
    Proteste antigovernative si registrano anche in Giordania, dove ieri, cinquecento giovani si sono radunati ad Amman invocando riforme costituzionali e lotta alla corruzione. Dopo gli scontri di venerdì scorso, che hanno causato un morto e 160 feriti, il governo ha vietato ai lealisti di scendere in strada. Circa 400 agenti pattugliano le vie principali della capitale mentre il Centro nazionale giordano per i Diritti umani ha inviato osservatori per vigilare sulle manifestazioni. Intanto i Fratelli musulmani, principale gruppo dell'opposizione, hanno chiesto a Re Abdallah II di presentare un pacchetto di riforme per “assicurare il rispetto della libertà” e scongiurare il pericolo “delle divisioni, come avvenuto in altri Paesi arabi”.

    Yemen
    In Yemen migliaia di sostenitori del presidente Ali Abdullah Saleh si sono radunati oggi nella capitale per una dimostrazione di appoggio al regime. Saleh ha incontrato i rappresentanti di diverse tribù, mentre resta forte il movimento di opposizione al presidente, al potere da 32 anni. Ieri durante una manifestazione dei filogovernativi, il presidente si è detto “pronto all'estremo sacrificio per difendere il popolo yemenita”.

    Spagna
    Il premier spagnolo Zapatero ha annunciato che non si presenterà alle elezioni politiche del marzo 2012. “E' una decisione definitiva” ha detto al Consiglio federale del suo partito, il Partito socialista spagnolo. “Già nel 2004 pensavo che due legislature, otto anni, fossero il periodo più ragionevole e conveniente per il paese e per la mia famiglia. Da allora il mio modo di pensare si è solo rafforzato”. Due i candidati già pronti: il vicepremier Alfredo Rubalcaba e il ministro della difesa Carme Chacon. (Panoramica Internazionale a cura di Claudia Di Lorenzi)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 92

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.