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Sommario del 01/04/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il cordoglio del Papa per la morte del cardinale indiano Vithayathil
  • Udienze e nomine
  • In vigore la nuova Legge vaticana antiriciclaggio: nota informativa della Sala Stampa
  • La Chiesa commemora il sesto anniversario della morte di Papa Wojtyla. Le parole di Benedetto XVI sul futuro Beato
  • Predica di Quaresima. Padre Cantalamessa: credere all'amore di Dio cambia la vita
  • Comunicato congiunto del Rabbinato Capo d’Israele e Santa Sede
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Costa d’Avorio. Assalto finale: le truppe di Ouattara assediano il quartier generale di Gbagbo
  • Libia. Le truppe di Gheddafi attaccano Misurata. Voci su defezioni eccellenti
  • La comunità internazionale si interroga sull'opportunità di fornire armi ai ribelli libici
  • Giappone. Il governo: difficile stabilire quando si potrà ritenere conclusa la crisi nucleare
  • Mons. Crociata: solidarietà verso gli immigrati, più equilibrio in politica per il bene di tutti
  • Sugli schermi in Italia "La fine è il mio inizio" di Jo Baier
  • Chiesa e Società

  • I vescovi del Nicaragua contro la rielezione di Ortega: viola la Costituzione
  • Ecuador. L’appello dei vescovi per la 'consulta popular': “Votate con coscienza”
  • Costa d'Avorio: appello di Caritas Internationalis e aiuti dall'Italia
  • Il cardinale Koch: la sfida per le Chiese è avere una sola voce nelle grandi questioni etiche
  • Thailandia: la Chiesa in aiuto alle popolazioni colpite dalle alluvioni
  • Nepal. Cristiani in sciopero della fame: il governo non concede aree per le sepolture
  • Sri Lanka: 1600 fedeli cattolici al tradizionale pellegrinaggio quaresimale
  • Africa: armi e diritti umani, un commercio senza controllo
  • Si è concluso il Sinodo anglicano dell’Africa occidentale
  • Francia. Conferenza dei leader religiosi: “La laicità è un valore da preservare”
  • Lampedusa: lunedì veglia di preghiera del Rinnovamento nello Spirito
  • Il Tribunale spagnolo dice no alle dichiarazioni di apostasia nei registri battesimali
  • Gmg di Madrid: fervono i preparativi per la Via Crucis del 19 agosto
  • Ciclo di incontri sugli immigrati presenti a Roma. Si comincia dalla comunità polacca
  • Inaugurata a Roma la prima mostra fotografica su Giovanni Paolo II
  • Prodotto in Spagna un Cd con canzoni ispirate a Edith Stein
  • 24 Ore nel Mondo

  • Siria: le caute aperture del presidente non fermano la contestazione
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il cordoglio del Papa per la morte del cardinale indiano Vithayathil

    ◊   Cordoglio di Benedetto XVI per la morte del cardinale indiano Varkey Vithayathil, spentosi oggi all’età di 83 anni. In un telegramma, il Papa ricorda la dedizione del porporato per la Chiesa siro-malaberese e assicura la sua vicinanza spirituale a quanti sono in lutto per la sua scomparsa. Arcivescovo maggiore di Ernakulam-Angamaly dei Siro-Malabaresi, il cardinale Vithayathil, Redentorista, è stato ordinato sacerdote a 27 anni. Laureatosi in Diritto Canonico a Roma presso la Pontificia Università San Tommaso d'Aquino, a 49 anni viene consacrato vescovo da Giovanni Paolo II e due anni dopo assume la guida della Chiesa siro-malabarese con la nomina ad arcivescovo maggiore. Nel 2001 Papa Wojtyla lo crea cardinale. Negli ultimi anni il porporato ha affrontato in modo mite ma fermo le violenze anticristiane che hanno sconvolto le comunità ecclesiali indiane. Ha lanciato accorati appelli alle autorità perché scoraggiassero il fondamentalismo religioso, promuovendo la libertà di professare e praticare la fede come garantito dalla Costituzione indiana. Ha difeso dalla discriminazione i dalit, cioè i fuori-casta, cristiani. Quando alcuni Stati hanno approvato la Legge anti-conversioni ha parlato di “insulto” alla cultura della tolleranza dell’India e di “giorno buio” per il Paese. “Come cristiani – aveva detto il cardinale Vithayathil - non possiamo mettere da parte la grandezza dell’annuncio del Vangelo. Come si può impedire al mondo di conoscere la bellezza della vittoria di Cristo sulla morte e sul peccato? Noi non convertiamo nessuno con la coercizione, ma facciamo in modo che tutti conoscano la verità del nostro Salvatore”. La Chiesa siro-malabarese, secondo la tradizione, è stata fondata grazie alla predicazione di San Tommaso apostolo.

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    Udienze e nomine

    ◊   Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, con mons. Alan Stephen Hopes, vescovo tit. di Cuncacestre, ausiliare di Westminster (Gran Bretagna), e mons. Keith Newton, ordinario dell’Ordinariato Personale di Our Lady of Walsingham. Ha ricevuto inoltre alcuni presuli siro-malabaresi in visita “ad limina”.

    Benedetto XVI ha nominato vescovo della diocesi di Kroonstad (Sud Africa) il rev. Peter Holiday, del clero dell’arcidiocesi di Johannesburg, parroco di Our Lady of the Wayside, a Maryvale. Il rev. Peter Holiday è nato a Durban, l’11 gennaio 1952. Dal 1967 al 1969 ha frequentato la Salesian Boys High School, a Cape Town. Successivamente è stato apprendista tipografo ("apprenticed as a printer"), ottenendo nel 1973 il Trade diploma in Letterpress Machine handling. Ha lavorato stabilmente per la stessa ditta per 13 anni. È entrato poi nel Seminario Maggiore St. Peter a Hammanskraal e ha svolto gli studi teologici al St. John Vianney, ottenendo il Baccalaureato dalla Pontificia Università Urbaniana, con cui detto Seminario è affiliato. È stato ordinato sacerdote a Cape Town, Goodwood Parish, il 10 dicembre 1992 ed incardinato all’Arcidiocesi di Johannesburg. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha ricoperto i seguenti incarichi: 1993-1997: assistente parrocchiale della Parrocchia Our Lady of Mercy, a Emdeni Soweto; 1997-1999: parroco di St. Thomas, a Lenasia; 2000-2005: amministratore della Cattedrale Christ the King; dal 2006: parroco di Our Lady of the Wayside, a Maryvale, direttore arcidiocesano del Lenten Appeal e vicario per le vocazioni.

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    In vigore la nuova Legge vaticana antiriciclaggio: nota informativa della Sala Stampa

    ◊   E’ entrata oggi in vigore la nuova Legge vaticana, la Legge 127, concernente la prevenzione e il contrasto del riciclaggio dei proventi di attività criminose e del finanziamento del terrorismo, pubblicata il 30 dicembre scorso assieme alla Lettera Apostolica "Motu Proprio" di Benedetto XVI sullo stesso argomento. La Sala Stampa della Santa Sede ha pubblicato nell’occasione una nota informativa. Ce ne parla Sergio Centofanti.

    “La Legge, come anche il Motu Proprio – sottolinea la nota - costituiscono un evento di rilevante importanza normativa che ha un significato morale e pastorale di ampia portata”. L’entrata in vigore della Legge s’inscrive infatti “a pieno titolo in quell’impegno della Sede Apostolica su tanti altri temi, forse meno altisonanti ma non per questo meno rilevanti, di carità nella verità, intesi cioè all’edificazione di una convivenza civile giusta ed onesta”.

    Gli Uffici ed Enti tenuti al rispetto della Legge comprendono lo Ior, l’Istituto per le Opere di Religione, e gli altri organismi che dipendono dallo Stato della Città del Vaticano o dalla Santa Sede, o che sono collegati a quest’ultima. A vigilare sul rispetto dei nuovi provvedimenti è l’Aif, l’Autorità di Informazione Finanziaria, organismo autonomo ed indipendente.

    Oggi entra in vigore anche il Regolamento sul trasporto al seguito di denaro contante che non vieta di portare somme al seguito superiori a 10 mila euro, sia in entrata che in uscita dallo Stato della Città del Vaticano, ma prevede soltanto “una dichiarazione da rendere presso gli Uffici ed Enti tenuti agli obblighi antiriciclaggio, dove debba compiersi una qualsiasi operazione, ovvero, in luogo di questi, al Corpo della Gendarmeria presso gli ingressi dello Stato. Il controllo sulle movimentazioni di denaro contante è infatti ritenuto, a livello internazionale, un importante strumento di trasparenza”. "L’obbligo di dichiarazione da parte del portatore – aggiunge la nota informativa - trova peraltro, quale contrappeso, un potere di verifica dell’esatto adempimento di esso in capo alla Gendarmeria stessa. Essa, ove sussistano fondati motivi di sospetto, procede alla visita dei mezzi di trasporto, dei bagagli e degli altri oggetti di coloro che entrano o escono dal territorio dello Stato e, altresì, invita costoro ad esibire il denaro contante portato sulla persona. L’omesso o parziale adempimento dell’obbligo di dichiarazione è sanzionato amministrativamente”.

    L’Aif ha provveduto ad elaborare "indici di anomalia per la segnalazione delle operazioni sospette". “Anche tale provvedimento – rileva la nota - si muove nella logica di assicurare all’operatore, a garanzia di tutti, strumenti di informazione ed anche di formazione sulle tecniche più diffuse, ormai globali, maturate nel campo del contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, al fine di aiutare l’operatore a valutare correttamente le situazioni in cui viene a trovarsi e, altresì, gli strumenti di cui si serve nella quotidiana operatività”.

    La nuova Legge vaticana – si sottolinea - è conforme a quanto previsto dalle più recenti normative europee ed internazionali . Nei prossimi giorni si svolgerà a Strasburgo la plenaria di Moneyval, l’organismo del Consiglio d’Europa deputato alla valutazione dell’ordinamento antiriciclaggio ed antiterrorismo. All’incontro parteciperanno anche rappresentanti vaticani per discutere la candidatura della Santa Sede a sottoporre alla valutazione di tale organismo il proprio assetto antiriciclaggio ed antiterrorismo.

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    La Chiesa commemora il sesto anniversario della morte di Papa Wojtyla. Le parole di Benedetto XVI sul futuro Beato

    ◊   La Chiesa si appresta a commemorare, domani, il sesto anniversario della morte di Giovanni Paolo II, guardando già con emozione alla ormai imminente Beatificazione del primo maggio. Tante le iniziative che già oggi celebrano la figura del futuro Beato: stamani, la figura di Papa Wojtyla è stata al centro di un Convegno alla Pontificia Università della Santa Croce. Stasera, poi, il pub “GP2”, voluto dal servizio per la pastorale giovanile della diocesi di Roma, inaugura una serie di appuntamenti in vista dell'evento del primo maggio. Infine, i Musei Vaticani, per l’occasione, saranno aperti anche di notte, dal 26 al 29 aprile e il 2 maggio. Ma torniamo indietro con la memoria. Nel servizio di Alessandro Gisotti, riascoltiamo le parole del cardinale Joseph Ratzinger e poi Benedetto XVI sulla morte e la testimonianza di Santità di Karol Wojtyla:

    (Canto – Jesus Christ you are my life)

    “Seguimi”. Cosa ha reso straordinario Giovanni Paolo II? Alle esequie celebrate in Piazza San Pietro, l’8 aprile del 2005, mentre il popolo di Dio lo invoca già Santo, il cardinale decano Joseph Ratzinger sottolinea che il Pontefice ha sempre risposto alla chiamata rivoltagli dal Signore. Lo ha seguito negli anni terribili della guerra e della dittatura, tra mille difficoltà. Lo ha seguito come sacerdote e poi vescovo, infine alla Cattedra di Pietro. Karol Wojtyla, osserva il suo amico e collaboratore, “è diventato una sola cosa con Cristo, il buon pastore che ama le sue pecore”:

    “L’amore di Cristo fu la forza dominante nel nostro amato Santo Padre; chi lo ha visto pregare, chi lo ha sentito predicare, lo sa. E così, grazie a questo profondo radicamento in Cristo ha potuto portare un peso, che va oltre le forze umane: Essere pastore del gregge di Cristo, dalla sua Chiesa universale”.

    Poi, con parole commosse, Joseph Ratzinger volge il cuore al cielo, parla direttamente all’amato Papa e chiede la sua benedizione:

    “Possiamo essere sicuri che il nostro amato Papa sta adesso alla finestra della Casa del Padre, ci vede e ci benedice. Sì, ci benedica, Santo Padre. Noi affidiamo la tua cara anima alla Madre di Dio, tua Madre”.

    E Joseph Ratzinger, divenuto ora Benedetto XVI, nella Messa di inizio Pontificato torna ad affidarsi alla protezione e al sostegno del suo predecessore. E fa sua la vibrante esortazione di Giovanni Paolo II, risuonata in un’altra celebrazione di inizio Pontificato:

    “Ancora, e continuamente, mi risuonano nelle orecchie le sue parole di allora: ‘Non abbiate paura, aprite anzi spalancate le porte a Cristo!’”

    (Voce di Giovanni Paolo II)
    “Non abbiate paura, anzi spalancate le porte a Cristo!”

    (Canto)
    La commozione, nel ricordare la morte di Giovanni Paolo II, è ancora viva nella memoria dei fedeli di tutto il mondo. Riviviamo, allora, quegli istanti della sera del 2 aprile del 2005 nelle parole di Rita Megliorin, all’epoca caposala del Policlinico “Agostino Gemelli”, che ha assistito Giovanni Paolo II nelle ultime ore della sua vita terrena. L’intervista è di Isabella Piro:

    R. – Pensate ad un luogo dove non esiste lo spazio e dove non esiste il tempo, e pensate solo a tanta luce. A questo aggiungiamo tutti i canti che venivano da Piazza San Pietro, i canti che venivano dai suoi figli, le acclamazioni dei giovani che si facevano sempre più forti; pensate alla serenità che dà recitare una preghiera: ecco, questo è stato per me l’ultimo giorno. Oltre ad una mano che ricordo di aver preso e che poi mi sono adagiata sul viso, e che era un pochino più fredda rispetto a quella dei giorni precedenti, e che è stata la carezza che mi sono rubata dal Santo Padre, l’ultimo giorno della sua vita …

    D. – Giovanni Paolo II ha affrontato la malattia con coraggio e dignità. Quale insegnamento lascia a tutti i malati, anche a quelli non credenti?

    R. – L’insegnamento più grande, secondo me, è dato dal fatto di riconoscere nell’uomo malato una maggiore completezza, una maggiore capacità di leggere il senso vero della vita che in quel momento particolare sembra farsi più elevato. Giovanni Paolo II ci ha dimostrato che nel momento della sofferenza siamo ancora più vicini a Dio, tra le sue braccia. E le sue braccia amano, ci accolgono senza giudicare; e che Dio non abbandona nessuno, neanche l’ultimo dei suoi figli, neanche quello che non crede in lui. Giovanni Paolo II mi ha insegnato che il mistero della sofferenza merita il massimo rispetto da parte di chiunque, che l’uomo acquisisce con la malattia una dimensione superiore, proprio perché la malattia gli impone di riflettere sulla propria esistenza, sulle sue scelte – quelle di ieri, quelle di oggi e quelle che farà anche domani …

    D. – Papa Wojtyla chiamava scherzosamente il “Gemelli” “il Vaticano III”, dopo la residenza di San Pietro e quella di Castel Gandolfo. Al di là della malattia, possiamo dire che fosse legato a questo ospedale da un particolare affetto?

    R. – Eh, sì! Anche perché ha vissuto tanti momenti – i momenti forse più difficili – al Policlinico. Per noi, servire il Santo Padre è stato un dono. È stato anche molto facile servire il Santo Padre, perché il Santo Padre era un uomo buono, un uomo gioioso e aperto a tutti. E quindi, anche lui ci ha voluto bene!

    D. – Come era il rapporto del Papa con gli altri ammalati, durante i suoi ricoveri?

    R. – Il Papa ha continuato ad informarsi della situazione di tutti i malati, così come di tutti i suoi figli. Non ha mai smesso di occuparsi dell’altro: l’altro gli apparteneva, il dolore dell’altro gli apparteneva. Per come l’ho visto io, la sua Croce era l’insieme di tutte le Croci dei suoi figli e quindi non ha mai smesso di pregare per ognuna di quelle Croci.

    D. – Qual era, secondo lei, il tratto più significativo del Papa, ma anche dell’uomo Karol Wojtyla?

    R. – Credo che il tratto più significativo sia stato proprio la sua capacità di accogliere e perdonare, e lo faceva senza giudicare: da uomo, prima, e da pontefice. Giovanni Paolo II ha sempre guardato all’altro come fa un padre con i propri figli, che non dimentica mai le difficoltà di vivere dei propri figli. Lui conosceva le prove della vita – l’abbiamo visto, leggendo la sua storia - quindi non occorreva per lui, fare troppe domande. Apriva le braccia e tutto diventava diverso. Tra le sue braccia, diventavi un uomo nuovo, un uomo pulito. (gf)

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    Predica di Quaresima. Padre Cantalamessa: credere all'amore di Dio cambia la vita

    ◊   Questa mattina, nella Cappella "Redemptoris Mater" in Vaticano, alla presenza di Benedetto XVI, il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, ha tenuto la seconda Predica di Quaresima sul tema “Dio è amore”. “Il primo e fondamentale annuncio che la Chiesa è incaricata di portare al mondo e che il mondo attende dalla Chiesa – ha affermato il religioso cappuccino - è quello dell’amore di Dio. Ma affinché gli evangelizzatori siano in grado di trasmettere questa certezza, è necessario che ne siano essi stessi intimamente permeati, che essa sia luce della loro vita”. “La cosa più importante, a proposito dell’amore di Dio” – ha sottolineato padre Cantalamessa - non è che “l’uomo ama Dio, ma che Dio ama l’uomo e lo ama ‘per primo’ … Da questo dipende tutto il resto, compresa la nostra stessa possibilità di amare Dio”.

    “Sembrerebbe una fede facile e piacevole – ha proseguito il predicatore - invece è forse la cosa più difficile che ci sia anche per noi creature umane”. Infatti – ha spiegato – se credessimo veramente che Dio ci ama, “subito la vita, noi stessi, le cose, gli avvenimenti, il dolore stesso, tutto si trasfigurerebbe davanti ai nostri occhi”.

    “Gli uomini – ha concluso padre Cantalamessa - hanno bisogno di sapere che Dio li ama e nessuno meglio dei discepoli di Cristo è in grado di recare loro questa buona notizia. Altri, nel mondo, condividono con i cristiani il timore di Dio, la preoccupazione per la giustizia sociale e il rispetto dell’uomo, per la pace e la tolleranza; ma nessuno – dico nessuno – tra i filosofi, né tra le religioni, dice all’uomo che Dio lo ama, lo ama per primo … Tutto può essere messo in questione, tutte le sicurezze possono venire a mancarci, ma mai questa: che Dio ci ama ed è più forte di tutto”.

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    Comunicato congiunto del Rabbinato Capo d’Israele e Santa Sede

    ◊   La Commissione bilaterale delle delegazioni del Rabbinato Capo d’Israele e della Commissione della Santa Sede per i rapporti religiosi con l’ebraismo si è riunita in questi giorni a Gerusalemme per confrontarsi sul tema delle sfide che la società secolarizzata pone ai leader religiosi. In un comunicato congiunto, le due delegazioni – guidate dal Rabbino Capo, Shear Yashuv Cohen e dal cardinale Jorge Maria Mejìa - sottolineano l’importanza di una testimonianza comune per contrastare l’ideologia nichilista e per offrire speranza e una guida morale ai nostri tempi. Nel comunicato, l’organismo esprime inoltre l’auspicio che siano risolte presto le questioni oggetto di negoziato tra Santa Sede e Stato d’Israele e che vengano prontamente ratificati gli accordi a beneficio di entrambe le comunità.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, di spalla, un articolo di Carlo Di Cicco sull'ultimo libro del Papa, la seconda parte della trilogia su Gesù di Nazaret.

    Il pezzo di apertura del giornale è dedicato alla situazione in Libia e nel mondo arabo.

    Nelle pagine del servizio internazionale, la visita di Sarkozy in Giappone e un approfondimento sul libro bianco sulla difesa pubblicato in Cina.

    Ampio spazio, nelle pagine del servizio internazionale, è dedicato ai combattimenti in corso in
    Costa d’Avorio e alla situazione politica in Sudan: sarà un referendum popolare a decidere lo status amministrativo della regione del Darfur.

    Nelle pagine centrali, in occasione dell'anniversario della morte di Giovanni Paolo II, "l'Osservatore Romano" pubblica un testo inedito in Italia di Karol Wojtyla sul sacerdozio, accompagnato da un articolo di Silvia Guidi su due libri per ragazzi in edicola alla vigilia della beatificazione: due biografie di Giovanni Paolo II a fumetti firmate da don Marcello Cruciani e dai coniugi Philipp e Caroline von Ketteler.

    L'omaggio al Papa polacco prosegue nelle pagine del servizio Vaticano con un ricordo del cardinale Giovanni Coppa.

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    Oggi in Primo Piano



    Costa d’Avorio. Assalto finale: le truppe di Ouattara assediano il quartier generale di Gbagbo

    ◊   Svolta decisiva nella guerra civile che sta infiammando la Costa d’Avorio. Le truppe di Ouattara, considerato vincitore legittimo del ballottaggio presidenziale del novembre scorso, dopo aver conquistato la capitale Yamoussoukro, sono entrate ad Abidjan, fulcro economico del Paese. Hanno occupato i centri nevralgici della città. In questo momento le agenzie di stampa parlano di violento assedio alla residenza di Laurent Gbagbo, il presidente uscente che non vuole lasciare il potere. Le forze dell'Onu, presenti sul terreno, cercano di frapporsi tra i contendenti, per evitare un bagno di sangue e si segnala la morte di una funzionaria svedese delle Nazioni Unite, uccisa da un proiettile vagante. Comunque questa giornata decisiva vada a finire, come sarà la Costa d’Avorio del prossimo futuro. Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Anna Bono, docente di Storia e istituzioni dei Paesi africani all’Università di Torino:

    R. – Sarà una Costa d’Avorio che esce da una crisi in modo non limpido e forse neanche in modo definitivo. Il Paese è di fatto diviso in due, soprattutto per quel che riguarda la componente etnica e religiosa: nel Nord ci sono popolazioni di religione islamica e a Sud ci sono popolazioni cristiane. Uno dei cambiamenti radicali che sembra imminente è proprio che per la prima volta la componente islamica avrà il sopravvento con un presidente di religione musulmana.

    D. – Perché, secondo lei, la comunità internazionale ha preso subito le parti di Ouattara, nonostante l’entourage di Gbagbo mettesse in evidenza come anche da parte dei suoi avversari ci fossero state manipolazioni del voto?

    R. – Devo dire che, in questa crisi, proprio la decisione immediata di legittimare Ouattara ha avuto una parte importante di sicuro in negativo, perché effettivamente dire che Ouattara sia il legittimo vincitore delle elezioni è davvero un azzardo. A monte c’è il fatto che queste elezioni erano premature. Benché rimandate sei volte e necessarie, erano premature perché non si sono realizzate le due condizioni, considerate indispensabili per arrivare al voto in un modo che rispecchiasse la volontà popolare e concludesse la crisi: la prima era il disarmo di tutte le milizie non regolari – cosa che non è avvenuta – e la seconda un registro degli aventi diritto al voto completo. Basti pensare che su 22 milioni di abitanti circa, i registrati ed aventi diritto al voto sono stati solo 5 milioni e mezzo circa.

    D. – Come mai invece Laurent Gbagbo, pur di fronte alla difficoltà di mantenere il potere non ha consentito ad un accordo con la controparte: si parlava di un governo di unità nazionale...

    R. – Perché l’offerta era di un governo di unità nazionale, da cui comunque lui sarebbe stato forse addirittura escluso o comunque avrebbe perso la carica di presidente. Questo, per un presidente in carica è abbastanza difficile da accettare.

    D. – Quali sono gli interessi della comunità internazionale sulla Costa d’Avorio, ex colonia francese?

    R. – In termini economici c’è da dire che il Paese adesso sia in una situazione drammatica, però è un Paese molto ricco, che anzi per decenni è stato considerato l’unico vero miracolo economico dell’Africa occidentale: produce caffè e produce cacao. Quindi, è un Paese appetibile, dal punto di vista delle relazioni economiche e commerciali.(ap)

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    Libia. Le truppe di Gheddafi attaccano Misurata. Voci su defezioni eccellenti

    ◊   Secondo testimoni locali, a Tripoli si è udita stamane una sparatoria con colpi di mitragliatrici pesanti e di mitra. E’ successo prima dell’alba ma nessuno è in grado di dire qualcosa di più. La situazione sul campo in Libia resta sostanzialmente invariata mentre il flusso continuo di rifugiati sta creando tensione nel campo vicino al posto di frontiera tunisino di Ras Jedir, nel quale ieri erano state censite circa 7.300 presenze. E si indaga sulla denuncia fatta ieri dal vicario apostolico a Tripoli di 40 vittime nella capitale per i raid effettuati dalla coalizione nei giorni scorsi. Il servizio di Fausta Speranza:

    Le bombe si dimostrano insufficienti a convincere il leader libico a fare un passo indietro e i ribelli non avanzano e anzi: si è appreso poco fa che le forze del rais hanno lanciato oggi un secondo forte attacco a Misurata, in mano ai ribelli ma sotto assedio da 40 giorni, dopo quello che ieri ha provocato almeno venti morti. E dopo la precipitosa fuga dei ribelli negli ultimi due giorni da Bin Jawad, Ras Lanuf e Marsa Brega, saldamente sotto il controllo delle forze di Gheddafi, sembra evidente la loro inferiorità di mezzi. La Nato, che ieri ha completato le operazioni di trasferimento del comando dalla 'coalizione dei volenterosi' all'Alleanza, ha ribadito che la missione Unified Protector ha l'obiettivo di difendere la popolazione civile dall'aria, senza l'impiego di forze speciali di terra e senza fornire armi ai ribelli. Le più forti speranze di mettere fine alla precaria e pericolosa situazione in Libia, dunque, sembra siano riposte nelle defezioni autorevoli. Dopo quella eclatante del ministro degli Esteri, Kussa, da Londra si lavora per un 'effetto domino' che sgretoli il regime. Secondo il quotidiano britannico Guardian, la cosa riguarderebbe anche i figli: un emissario di Saif al-Islam, terzogenito del colonnello, avrebbe visitato la capitale britannica in gran segreto alla ricerca di una 'exit strategy', anche contro la volontà del padre, e d'accordo con i fratelli Saadi e Mutassim. Una delle proposte messe sul tavolo sarebbe quella di costringere il padre alle dimissioni per insediare al suo posto Mutassim quale capo di un governo provvisorio di unità nazionale. Dell’ipotesi di abbandono da parte dei fedelissimi di Gheddafi, abbiamo parlato con Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica Limes:

    R. – Più che una strategia, a questo punto è l’unica possibilità per liquidare Gheddafi, perché si è dimostrato che i ribelli da soli non ce la fanno. E’ molto difficile, comunque, che finisca da un punto di vista politico o militare, che Bengasi possa governare tutta la Libia da Tripoli o che Tripoli possa governare tutta la Libia da Bengasi. In ogni caso, Gheddafi o non Gheddafi, dobbiamo prepararci ad una lunga fase di instabilità.

    D. – Come vedere la questione delle armi ai ribelli? In qualche modo gli Stati Uniti stavano aprendo a questa opportunità, anche se con tutto un dibattito interno. La Nato e l’Onu, però, hanno posto un veto …

    R. – Bè, le armi ai ribelli sono già state date in abbondanza, nei primi giorni della rivolta e forse anche prima. Il problema è che i ribelli non le sanno usare! Quindi, più che dare loro armi, bisognerebbe addestrarli ma per addestrarli ci vogliono mesi se non anni …

    D. – Da Londra vengono notizie di una possibile defezione anche da parte dei figli di Gheddafi: ci sarebbero emissari che starebbero trattando l’uscita di scena del colonnello per ipotizzare anche di dare l’incarico ad uno dei suoi figli. Tutto ciò è propaganda politica per tentare di dire che tutti stanno abbandonando Gheddafi?

    R. – Sicuramente c’è anche una componente propagandistica, ma è probabile che siano in corso trattative più o meno riservate. E’ chiaro che questa sarebbe la soluzione meno cruenta; dubito però che anche dopo questa soluzione si possa arrivare ad una stabilizzazione: dobbiamo prepararci – ripeto – ad una fase molto complessa.

    D. – Ecco, ma un figlio di Gheddafi a capo di un governo provvisorio di unità nazionale – facciamo questa ipotesi …

    R. – Bè, se fosse vero quello che lei dice, e cioè che si starebbe trattando con un figlio perché subentri al padre, alla cosiddetta ‘comunità internazionale’ dovrebbe piacere. Difficilmente piacerà agli insorti. In ogni caso, non vedo chi tra i figli di Gheddafi – a cominciare da Saif - possa esprimere una qualche diversità rispetto al regime che attualmente regge la Tripolitania.

    D. – Siamo partiti, in Libia, con un’avventura che si sta rivelando più complicata di quello che si potesse immaginare o che, perlomeno, alcuni leader europei immaginassero …

    R. – E’ un’avventura partita piuttosto malamente, senza una strategia, senza un progetto e quindi si va un po’ a naso. Speriamo di non finire in una vicenda completamente fuori controllo! (gf)

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    La comunità internazionale si interroga sull'opportunità di fornire armi ai ribelli libici

    ◊   Ad infiammare le polemiche sulle modalità dell’intervento della coalizione in Libia è anche il dibattito sulla fornitura di armi ai ribelli per contrastare la resistenza di Gheddafi. Un’opzione che presenta molti pericoli ed è colma di contraddizioni di carattere etico. Stefano Leszczynski ha intervistato Giorgio Alba, analista esperto di questioni relative al disarmo.

    R. – La questione di fornire le armi ad una delle due fazioni, in questo momento, permetterebbe una eventuale soluzione militare ma, poi, aprirebbe uno scenario difficile da gestire successivamente al conflitto. Sarebbe difficile sapere chi ha queste armi, cosa succederà, se queste armi verranno vendute nuovamente e smistate nel mercato africano, andando ad alimentare ulteriori guerre e conflitti in Africa.

    D. - Il business delle armi è legato a filo doppio a fattori politici, ad interessi politici …

    R. - Non ci dimentichiamo che adesso la questione non è tanto se fornire ai ribelli le armi ma se continuare a vendere armi alla Libia. Queste armi saranno fornite, ma saranno fornite in cambio di promesse di contratti futuri, quindi in sostanza saranno vendute.

    D. – Quando parliamo di armi, in genere, si pensa alle piccole armi ma si può pensare anche in grande e quindi ai sistemi più complessi, sistemi anche relativi agli armamenti nucleari. Questo è un tema che coinvolge anche l’Occidente …

    R. - Quando parliamo di armi parliamo di mitragliatrici, parliamo di cannoni, ma possiamo pensare anche alle armi chimiche. Se ne parla poco, ma la Libia è in possesso di queste armi chimiche e non le sta utilizzando. Altre armi di distruzione di massa sono le armi nucleari. Se ci spostiamo dalla Libia all’Europa, in Europa troviamo circa 200 bombe nucleari degli Stati Uniti, posizionate in Paesi come l’Italia, il Belgio e la Germania, più gli arsenali di Francia, Gran Bretagna e gli arsenali della Federazione russa.

    D. – Il dibattito sul disarmo nucleare in Occidente, in particolare in Europa, va avanti da parecchi decenni …

    R. - Teniamo presente che il trattato Start, recentemente approvato, regola e definisce cosa sono le armi strategiche, le armi nucleari strategiche; non si parla delle cosiddette armi nucleari tattiche. Quindi, sostanzialmente, a livello di trattati, il prossimo trattato che ci potrebbe essere tra Stati Uniti e Russia potrebbe essere quello che definisce, regola e limita a ed elimina, eventualmente, le armi nucleari tattiche. (bf)

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    Giappone. Il governo: difficile stabilire quando si potrà ritenere conclusa la crisi nucleare

    ◊   In Giappone il premier, Naoto Kan, ha dichiarato che “i giapponesi non corrono alcun rischio di essere esposti a livelli pericolosi di radioattività”. Il primo ministro ha anche detto che la situazione della centrale di Fukushima è "ancora da stabilizzare" e che è difficile "stabilire quando la crisi potrebbe finire". Nei pressi dell'impianto nucleare, intanto, restano altissimi i livelli di radiazione. La radioattività ferma anche le operazioni di recupero delle vittime. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    In un campione di acqua della falda sotto il reattore, la radioattività supera di 10.000 volte il limite massimo consentito. Secondo fonti locali, livelli abnormi di cesio radioattivo sono stati trovati anche nella carne proveniente dalla zona di Fukushima. Questa notizia è stata però smentita dall’agenzia di stampa giapponese. E nei pressi dell’impianto sono almeno 1000 i cadaveri individuati dalle autorità. Ma i corpi di queste persone, morte a causa del sisma e del maremoto, non possono essere recuperati e sepolti a causa dell’elevatissimo rischio di contaminazione. Gli esperti, intanto, si interrogano sul destino della centrale. L’ipotesi più accreditata è quella di costruire un 'sarcofago' di cemento, come sottolinea al microfono di Antonella Palermo il direttore dei Laboratori nazionali di Legnaro dell’istituto nazionale di fisica nucleare, il prof. Giovanni Fiorentini:

    R. - Penso che dopo i tentativi che ci saranno nei prossimi mesi di raffreddare i reattori, si costruirà con un sarcofago, una copertura di cemento che in qualche modo eviti l’uscita di radioattività in atmosfera. Sarà una lezione importante: dagli incidenti si impara sempre. Il Giappone ha dimostrato che i terremoti riescono a convivere con i reattori, il vero problema sono i maremoti. Si farà anche il conto dei danni provocati dallo tsunami e dei danni ambientali causati dagli incidenti ai reattori. Va valutato tutto quanto quando ci saranno dei numeri precisi e non delle cifre che cambiano dall’oggi al domani.

    D. - Siamo davanti ad un’altra Chernobyl?

    No, non un’altra Chernobyl, nel senso che la radioattività uscita, in buona parte, è rimasta nella centrale o nei dintorni della centrale. Quel materiale radioattivo che arriva a distanza di migliaia di chilometri è trascurabile, non pone nessun problema all’ambiente. La radioattività è una faccia della natura, è con noi. Se si misura la radioattività nell’aria oggi, troverà un valore. Poi a distanza di ore lo troverà diverso e domani forse, se è cambiato il tempo, sarà ancora diverso. Allora se qualcuno, con strumenti rudimentali, nota un cambiamento, potrebbe attribuirlo ad un effetto del Giappone. Invece, tale cambiamento del tasso di radioattività è dovuto ad una fluttuazione locale. (ma)

    In Giappone, militari di diversi Paesi partecipano, intanto, ad una maxi-operazione per cercare migliaia di dispersi. I morti accertati sono oltre 13 mila. Pesantissimo anche il bilancio delle persone che mancano all’appello. E’ esclusa dalle ricerche soltanto l’area in un raggio di 30 chilometri dalla disastrata centrale nucleare di Fukushima. Padre Domenico Vitali, parroco nella chiesa di Sant’Ignazio a Tokyo e da 46 anni missionario in Giappone:

    R. - Per aiutare la popolazione ci sono i militari, ci sono questi gruppi venuti da vari Paesi ma ormai è impossibile trovare i sopravvissuti. E' difficile soprattutto trovare ancora i cadaveri e identificarli. Questa è una delle cose più urgenti che stanno facendo ora. Secondo i giornali, il numero dei dispersi, delle persone che non si riescono a trovare, è di 17 mila. C’è anche un migliaio di bambini che sono rimasti feriti durante il terremoto.

    D. – Come aggiornano su questa tragedia i giornali, le televisioni locali?

    R. – Continuano a tenerci aggiornati con dettagli, soprattutto, del reattore della centrale nucleare. Ma, dato che non tutti sono specialisti, allora si pensa sempre al peggio piuttosto che ad una soluzione dei problemi attuali.

    D. – La comunità internazionale si è fatta carico della tragedia in maniera tempestiva ed efficace?

    R. – Credo di sì e penso che sia una delle prime volte che un tale disastro, in Giappone, abbia suscitato tanta attenzione da parte di moltissimi Paesi. Credo che tutti sono rimasti colpiti dalla sofferenza di questa gente e dal desiderio di poterla aiutare. Siamo tutti legati dallo stesso destino e quindi non ci resta che considerarci tutti come facenti parte di una sola famiglia umana. (bf)

    La regione più devastata dal sisma e dal maremoto è l'area di Miaghi. Di questa zona è originario il padre gesuita Yuyi Sugawara, docente alla Pontificia Università Gregoriana, intervistato da Antonella Palermo:

    R. - Molte città sono state completamente distrutte, sono sparite dopo lo tsunami. La situazione è più grave di quello che la gente vede in televisione. Ho visto diversissime immagini di questo. Ma le testimonianze dirette sono ancora più eloquenti: mio fratello dice che in dieci minuti la gente ha perso tutto, tutto ciò che aveva, tutto ciò che era. Per la popolazione è stato uno shock. La città dove sono cresciuti è sparita! Questo è uno shock. Però, allo stesso momento, non c’è nessuno che grida, o ruba... La gente è serena, le persone hanno ancora paura del terremoto e dello tsunami. Ma la gente si aiuta reciprocamente. Ricevendo aiuto internazionale da moltissimi Paesi, la gente ringrazia commossa per questo aiuto. Sta ritrovando - in un certo senso - il valore che era considerato perduto dopo la Seconda Guerra Mondiale. Sta ritrovando questo valore del Giappone fatto di rispetto, di reciproco aiuto, di collaborazione. Questo mi colpisce.

    D. - E’ stato definito, il Giappone, un gigante fragile...

    R. - Infatti, nessuno ha previsto questa situazione così grave. La fragilità, però, rimane e cerchiamo di andare avanti con l’aiuto materiale e spirituale di molte persone. (ma)

    Sono molteplici le storie emblematiche della tragedia giapponese. Quelle più drammatiche riguardano i bambini rimasti orfani, come ricorda Giampaolo Visetti, inviato del quotidiano “La Repubblica”, da poco rientrato dal Paese asiatico:

    R. – La cosa che colpisce di più è sapere che ci sono ancora migliaia di bambini orfani e, soprattutto, moltissimi altri che non sanno quale sia realmente la loro situazione. Non sono ancora certi di avere perso i propri genitori e li stanno ancora cercando. Ormai, tra una settimana sarà passato un mese dal sisma. Molti bambini non sanno dire chi sono perché sono troppo piccoli e quindi non sono neanche in grado di dare indicazioni ai soccorritori per cercare di capire a quale famiglia appartenevano.

    D. – Quale futuro per il Giappone?

    R. – Il Giappone, per sua fortuna, è una nazione forte e anche i giapponesi sono un popolo straordinario, che con il tempo sicuramente si riprenderà. Però, è sicuro che non sarà più il Paese di prima perché nel presente rivive, in parte, la tragedia nucleare di Hiroshima. Questo è un Paese in cui gli investimenti stranieri e anche tutte le attività interne, per molto tempo andranno a rilento. Non dimentichiamoci, ad esempio, che la pesca in Giappone rappresenta il 13 per cento del Pil. Adesso il mare ha una radioattività insostenibile: per anni, se non per decenni, sarà impossibile pescare. E anche tutte le multinazionali prima di ristabilire i loro quartieri generali in Giappone e di rimettersi a fare investimenti nel Paese, avranno bisogno di molto tempo. E’ un Giappone che soffrirà molto. (bf)

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    Mons. Crociata: solidarietà verso gli immigrati, più equilibrio in politica per il bene di tutti

    ◊   Per affrontare la questione degli immigrati provenienti dal Nord Africa, i vescovi chiedono che l’Europa sia presente in modo concreto, immediato e congruo. Lo ha detto il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, nella conferenza stampa, presso la nostra emittente, a conclusione del Consiglio permanente che si è svolto a Roma dal 28 al 30 marzo. Sul clima politico attuale, mons. Crociata auspica serenità nello svolgere questo ruolo a favore della collettività. Alessandro Guarasci:

    Uno sforzo corale, secondo mons. Mariano Crociata. Dunque, niente individualismo nell’affrontare la questione immigrazione. Un richiamo che vale sia per l’Europa sia per le regioni italiane:

    “Uno sforzo di accoglienza deve essere in prima battuta fatto da parte di tutti. Naturalmente poi, bisognerà pensare a far fronte ad esigenze di più lunga durata, che guardino al lavoro, guardino all’abitazione, guardino a tante altre istanze che veramente in questo caso devono essere affrontate con un sostegno sovranazionale”.

    La Chiesa sta facendo la sua parte e ha già individuato 2500 posti in 93 diocesi. In sostanza, serve uno sforzo eccezionale finalizzato all’accoglienza. E poi, per quanto riguarda la guerra, per la Cei bisogna tutelare in primo luogo i civili. Ma i vescovi sono preoccupati anche del clima interno all’Italia. Il confronto tra le forze politiche in questi giorni ha sfiorato la rissa. Ancora mons. Crociata:

    “Il richiamo del capo dello Stato ci porta ad auspicare quella serenità necessaria a svolgere compiti e servizi a favore della collettività. Soltanto uno sguardo sereno ed equilibrato permette di superare le difficoltà ed affrontare i problemi che si presentano per rispondere alle esigenze della vita sociale e ai problemi della nostra gente, del nostro Paese”.

    I cattolici possono avere un ruolo importante nel riportare serenità. Fondamentale è che rimangano fedeli ai valori, in qualsiasi partito militino. E anche dalle parrocchie può venire un contributo alla vita sociale, dice mons. Crociata:

    “Nell’ordinarietà della vita pastorale caratteristica delle nostre parrocchie, si mostra il contributo alla vita sociale a cui i credenti tengono di più. E’ una visione che non si ferma all’impegno concreto ma dice una possibilità di vita umana più riuscita, più piena”.

    Sugli abusi sessuali, la Chiesa ha cercato di dare risposte isolando chi si è macchiato di questi misfatti e accompagnando le vittime al recupero. (ma)

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    Sugli schermi in Italia "La fine è il mio inizio" di Jo Baier

    ◊   Tratto dall’ultimo “diario spirituale” di Tiziano Terzani, “La fine è il mio inizio”, arriva oggi sugli schermi italiani l’omonimo film diretto dal regista tedesco Jo Baier con il bravissimo attore tedesco Bruno Ganz nel ruolo del famoso giornalista: un lungo e denso duetto tra un padre che attende serenamente la morte e il figlio che lo ascolta con affetto e riconoscenza. Il servizio di Luca Pellegrini.

    La morte come un'amica intima e discreta, arriva a passi felpati, non indolori. Bruno Ganz, che l’attende, folta barba bianca cresciuta in tre mesi, recita con misura e passione il ruolo del giornalista italiano testimone di tanti avvenimenti accaduti nella seconda metà del secolo scorso, affascinato dalle spiritualità orientali e autore di libri dal successo incondizionato. Dall’ultimo, scritto poco prima di morire, Jo Baier ricava un film che si profila come un lungo e articolato duetto sul senso della fine. Il grande attore tedesco, lo ricordiamo, ha impersonato sullo schermo due personaggi agli antipodi che attendono la loro morte: l'uno vive le sue ultime ore nel buio di un bunker attorniato dall'odio e dalla paura - Adolf Hitler ne La caduta - l'altro, invece, è avvolto dalla luce del sole e dall'amore dei familiari - Tiziano Terzani: che cosa ha significato per lei questa duplice interpretazione?

    R. – Non mi piace dire due persone, perché uno è un mondo molto perverso, molto strano, dove tutto va verso la morte in maniera spiacevole. La storia di Terzani, invece, è molto più chiara, più aperta, più luminosa, più umana. Lui è stato un testimone della seconda metà del secolo scorso, che ha cambiato il suo modo di guardare il mondo quando ha capito di essere molto malato e ha smesso con tutte queste attività rivolte all’esteriorità, concentrandosi in quello che c’è dentro e cercando di capire cosa voglia dire la morte. Hitler non ha mai cercato di capire cosa sia la morte.

    D. - Terzani ha lasciato in lei un'impronta, un ricordo?

    R. – Una cosa che mi è piaciuta moltissimo è che lui sia stato molto curioso, molto comunicativo e questo piacere di viaggiare e di capire altra gente: ha avuto un grande cuore ed è stato molto aperto a quello che non conosceva. Era anche molto buffo. Queste sono le cose che mi sono rimaste: un qualcosa di sereno, di piacevole. Come attore, artista, poeta ho amato molto quello che dice dopo essere stato sull’Himalaya, dove, secondo me, ha imparato come si fa a morire, come si fa con il fatto che fra qualche mese è tutto finito.

    Mentre il corpo dolorante rimpicciolisce e la voce si fa lieve, Tiziano dice ai suoi: "fai parte di questa bellezza che è la vita e abbracci l'umanità". Ad ascoltarlo la moglie Angela, interpretata da Erika Pluhar, e il figlio Folco, che è il bravissimo Elio Germano. Lei, attore ancor giovane, ha mai discusso di questi temi delicati con i suoi genitori?

    R . – Non è facile fare un discorso del genere. Quindi, in quel caso si tratta di una persona che ha fatto un percorso di tutta una vita per arrivare a parlare con serenità della morte. Purtroppo, ci troviamo in un’epoca storica, in cui siamo tutti schiacciati da questa questione e in un momento in cui, per la prima volta, l’essere umano non fa delle pratiche per confrontarsi con la morte. Siamo la prima generazione di esseri umani che abbiano completamente rimosso il problema, come se non facesse più parte, se non nascesse con noi. Ci sentiamo superiori al mondo, alle cose e quindi non sentiamo più il peso di qualcosa di più grande.

    Folco Terzani ha vissuto questa profonda esperienza al fianco del padre morente. Che cosa soprattutto la colpiva di lui?

    R. – Più di tutto colpiva questa stranissima cosa che diceva: “Sai, ho avuto questa occasione di fare tutto nella mia vita; ho visto tutto quello che volevo e allora non c’è più niente che mi interessi, questo mondo lo conosco: l’unica cosa che non conosco è la morte e allora ora voglio andare a vedere quella”. E dici: “Allora vai!” Ti dà molto coraggio questo modo di fare. Qui c’era una cosa diversa, che era la bellezza del vecchio, perché il vecchio può essere una cosa stupenda: è la completezza. Qui era come se una persona fosse fiorita: era un fiore che sbocciava sempre di più, man mano che si avvicinava la morte. Quindi, la sua più grande pienezza è stata giusto prima di morire.

    D. - Nel film sentiamo arrivare "sora nostra morte corporale": un film dalla dimensione francescana?

    R. – Quando mi dici francescana, mi dici la cosa più bella del mondo. Cos’è questa spiritualità? Cos’è lo spirito? Io non avevo mai capito. Prima ho fatto l’università, ho studiato e queste cose non esistevano nella mia vita. L’ho capito per la prima volta, lavorando a Calcutta, con Madre Teresa, con i morenti, perché c’è qualcosa che avviene nel momento della morte, nel momento stesso: prima c’è una persona, il momento dopo c’è il corpo, ma cosa non c’è più? Ti viene spontaneo, non che qualcuno te lo debba spiegare, ma cosa non c’è più? Lo spirito. E’ una cosa, però, che non viene molto enfatizzata nella nostra società, perché ruota attorno a questo momento della morte, che noi vediamo come una cosa terribile, proprio perché non la conosciamo più.(ap)

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    Chiesa e Società



    I vescovi del Nicaragua contro la rielezione di Ortega: viola la Costituzione

    ◊   Diversi vescovi del Nicaragua, associazioni imprenditoriali e territoriali, uomini di cultura e intellettuali, hanno ribadito in queste ore il loro timore per ciò che potrebbe accadere domani nella capitale Managua, dove sono previste due marce: una in favore della rielezione del Presidente Daniel Ortega, e un’altra contro la sua candidatura che, giorni fa, l’episcopato ha definito “incostituzionale e illegale”. Il Paese da mesi è paralizzato sulla questione e nelle ultime settimane il clima di violenza verbale ha preso il sopravvento. Il Presidente, infatti, ha deciso di presentare la propria candidatura alla rielezione, anche se l’articolo 147 della Costituzione vieta espressamente a chiunque di essere eletto più di due volte e per due mandati consecutivi. Ortega ha già avuto due mandati: il primo, tra il 1985 e il 1990, subito dopo la caduta della dittatura dei Somoza, e quello attuale, che terminerà all’inizio del 2012. Tuttavia, sei giudici della Corte suprema, da lui nominati, per motivi non del tutto chiari hanno dichiarato il divieto inapplicabile al caso in questione, aprendo di fatto le porte alla nuova candidatura del governante in carica. La sua candidatura, quindi, ha diviso il Paese: una parte ritiene che si stiano violando la Costituzione e altri leggi, ma per ora non sembra che si possa arrivare a un dialogo e nessuno sembra voler fare un passo indietro. Poche ore fa la Unión Ciudadana por la Democracia (Ucd), ha ribadito di aver organizzato la “Marcia per la pace e contro la rielezione” e lo stesso hanno fatto i settori sandinisti che, invece, sostengono il governo e desiderano la rielezione di Daniel Ortega il prossimo 6 novembre. Mons. Silvio Báez, vescovo ausiliare di Managua, ha detto che i “pastori cattolici nutrono grande preoccupazione per ciò che potrebbe accadere domani, in particolare per eventuali scontro violenti che potrebbero avere gravi conseguenze”. Il cardinale Miguel Obando Bravo, arcivescovo emerito della capitale, ha espresso le medesime angosce: “Abbiamo già vissuto due guerre e si è trattato di cose che ci hanno fatto pagare prezzi molto alti”. “La violenza genera sempre altra violenza”, ha ricordato, chiedendo a tutti di cominciare una cammino diverso “evitando, in primo luogo l’insulto e ogni altra violenza verbale”. Infine, il vescovo emerito mons. Bernardo Hombach ha voluto rilevare che “tutti i cittadini nicaraguensi, sostenitori e oppositori del governo, hanno il diritto a esprimere le loro opinioni, ma ciò deve essere fatto in modo civile e pacifico, altrimenti non faremmo altro che seminare violenza per il futuro”. (A cura di Luis Badilla)

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    Ecuador. L’appello dei vescovi per la 'consulta popular': “Votate con coscienza”

    ◊   In merito alla “consulta popular” che si terrà il 7 maggio, occasione nella quale gli elettori dell’Ecuador, fuori e dentro del Paese, dovranno rispondere a 10 domande, la Conferenza episcopale ha ribadito in un documento firmato dal presidente dell’episcopato e arcivescovo di Guayaquil, mons. Antonio Arregui , la rilevanza della situazione “poiché si giocano le fondamenta dello Stato di diritto”, in particolare “l’indipendenza fra le diverse funzioni dei poteri dello Stato, l’organizzazione del sistema giudiziario e la vigenza reale delle libertà fondamentali”. In Ecuador è in vigore dal 2008 una nuova Costituzione, sancita con un referendum popolare che ora, con questa consultazione, secondo quanto ritenuto da molti settori del Paese, ricordano i vescovi, “potrebbe essere modificata di fatto con un meccanismo improprio”. “Nelle attuali circostanze che vive l’Ecuador - prosegue la dichiarazione - il governo deve affrontare due gravi emergenze che attentano al ‘vivere bene’, principio che ispirò la nuova Costituzione: da un lato l’ondata di violenza che minaccia coloro che desiderano lavorare onestamente e vivere in pace; dall’altro le difficoltà tra i poteri dello Stato e tra questi e la società, che non lasciano spazi alla partecipazione della cittadinanza”. Secondo i presuli, oggi, questi problemi non vengono affrontati e i cittadini, invece, vengono chiamati a rispondere su questioni rilevanti che dovrebbero essere trattate con serenità perché è in gioco la democrazia stessa. Tra le questioni di fondo sulle quali i vescovi richiamano l’attenzione del Paese, l’indipendenza e autonomia dei poteri dello Stato; la ristrutturazione del potere giudiziario secondo criteri etici e professionali severi; la libertà di espressione e d’impresa, senza la quale non è possibile una partecipazione autentica dei cittadini. Perciò l’episcopato lancia un accorato appello in favore del “dialogo, affinché la cittadinanza possa conoscere con certezza gli argomenti in favore del ‘si’ e del ‘no’ alle 10 domande cui sarà chiamata a rispondere. Solo in questo modo si potrà consolidare realmente un’autentica democrazia partecipativa”. La dichiarazione dell’episcopato si conclude con un’invocazione della protezione del Signore per la nazione ecuadoriana e con l’auspicio che il “ciascuno voti con coscienza e guidato dalla ragione e dalla sincerità”. (L.B.)

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    Costa d'Avorio: appello di Caritas Internationalis e aiuti dall'Italia

    ◊   Un primo stanziamento di 20 mila euro è la risposta di Caritas Italiana all’appello che viene dalla Costa d’Avorio, dove da tempo la situazione è incandescente a seguito del conflitto tra il presidente uscente laurent Gbagbo e quello neo-eletto Alassane Ouattara. Mercoledì il Papa ha parlato all’udienza della grave situazione nel paese africano, auspicando “il ripristino del rispetto e della convivenza pacifica”. Ha anche annunciato di avere deciso di inviare il cardinale Peter Kodwo Turkson, presidente del Pontificio Consiglio “Giustizia e Pace”, per “promuovere la riconciliazione e la pace”. Nei giorni scorsi - riferisce l'agenzia Sir - è stato rapito e fortunatamente subito rilasciato il direttore della Caritas diocesana di Abidjan, padre Richard Kissi, mentre un altro religioso, abbé Norbert Abekan, è stato gravemente ferito mentre rientrava in parrocchia. Dalle elezioni del 28 novembre scorso la situazione interna è divenuta ingovernabile e si calcolano 400 mila sfollati. Caritas Internationalis ha così lanciato un appello per aiuti alimentari, medicine e interventi umanitari, considerato anche l’embargo che limita gli aiuti che riescono a giungere nel paese. Da qui la pronta risposta di Caritas Italiana. (R.P.)

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    Il cardinale Koch: la sfida per le Chiese è avere una sola voce nelle grandi questioni etiche

    ◊   La grande sfida oggi per le Chiese cristiane è quella di “parlare con una sola voce davanti alle grandi problematiche etiche del nostro tempo”. Ad indicarla, all’interno di un lungo ed articolato intervento ripreso dall'agenzia Sir, dedicato agli “Sviluppi ecumenici e nuove sfide” è stato il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, intervenendo ieri a Venezia ad un convegno promosso dall’Istituto San Bernardino. “Nel corso degli ultimi anni e degli ultimi decenni, nell’ecumenismo sono emerse in campo etico fortissime tensioni e divergenze”. Il cardinale ha fatto riferimento a quelle “diventate particolarmente visibili all’interno della Comunione anglicana mondiale, dove hanno originato una dolorosa divisione, spingendo gruppi interi di fedeli, insieme ai loro parroci e vescovi, ad entrare nella Chiesa cattolica”. In realtà – ha poi aggiunto – “risposte divergenti a sfide bioetiche e di etica sociale” sono presenti” anche in altre Chiese e Comunità ecclesiali”. Particolarmente sentita, a questo riguardo, è “la problematica dell’omosessualità , sia che si parli di ammissione di omosessuali praticanti ai ministeri ecclesiali che di benedizione di unioni omosessuali. Sembra paradossale – commenta il cardinale Koch – che, mentre si è riusciti in parte a superare vecchie opposizioni confessionali riguardanti le posizioni di fede o perlomeno ad operare reciproci avvicinamenti, oggi affiorino soprattutto grandi divergenze sulle questioni etiche. Mentre in una fase precedente del movimento ecumenico, vigeva il motto: ‘La fede divide e l’agire unisce’, oggi sembra essere vero l’esatto contrario: è soprattutto l’etica che divide, mentre la fede unisce. Ma se le Chiese e le Comunità cristiane non riusciranno a parlare con una sola voce davanti alle grandi problematiche etiche del nostro tempo, allora ciò nuocerà alla credibilità dell’ecumenismo cristiano stesso nelle odierne società. Poiché dietro tali problemi si celano questioni che riguardano il concetto di uomo, il grande compito del futuro che spetterà all’ecumenismo, sarà quello di elaborare una antropologia cristiana comune”.

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    Thailandia: la Chiesa in aiuto alle popolazioni colpite dalle alluvioni

    ◊   Si aggrava il bilancio delle alluvioni che nell’ultima settimana hanno colpito la Thailandia: per ora sono almeno 21 i morti accertati, decine i dispersi e circa 84mila gli sfollati, tutti originari dell’isola di Koh Tao, tranne un piccolo gruppo proveniente da altre isole, quali Koh Phangam. Le aree più colpite dalle piogge sono state il mare delle Andamane e il Golfo di Thailandia, nel sud, dove si sono verificati smottamenti e sono stati coinvolti anche 800 turisti stranieri, parte dei quali sono accampati su una nave della marina reale, mentre altri sono stati trasportati a Bangkok. La Chiesa cattolica si sta attivando per portare aiuti alla popolazione più colpita, soprattutto nella provincia meridionale di Nakhon Sri Thammarat, dove si contano 600 edifici danneggiati tra chiese e scuole. “Stiamo valutando la situazione per capire quello che serve”, ha detto all'agenzia AsiaNews padre Amornkit Prompakdee, della diocesi di Surat Thani, mentre suor Jintana Rattanasakchaichan, della scuola di Mariapitak a Sri Thammarat, avverte che il cibo comincia a scarseggiare. Infine, è in corso un incontro promosso dalla Caritas per organizzare gli interventi sul campo. (R.B.)

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    Nepal. Cristiani in sciopero della fame: il governo non concede aree per le sepolture

    ◊   Continua la disputa tra la minoranza cristiana e la maggioranza indù, in Nepal, sull’area della foresta di Shleshmantak, vicino al tempio di Pashupatinath, concessa nel 2009 dalle autorità ai cristiani per seppellire i loro morti. Dopo la grande manifestazione del 20 marzo scorso, in cui migliaia di cristiani hanno sfilato con bare vuote a Kathmandu davanti agli uffici del governo, da otto giorni, riferisce l'agenzia AsiaNews, i leader cristiani locali stanno facendo a turno uno sciopero della fame per chiedere un terreno da poter adibire a cimitero. “Lo sciopero andrà avanti se il governo continuerà a ignorare le nostre richieste – ha sottolineato l’attivista che ha organizzato la protesta, Sunder Thapa – non ci interessa l’area del tempio di Pashupatinath, ma devono indicarci un luogo per le sepolture in tutti i distretti del Paese”. I cristiani in Nepal sono appena il 3% della popolazione, contro il 70% degli indù i cui morti, per tradizione, vengono cremati e non seppelliti. Per ora le autorità restano sorde all’appello e invitano i fedeli cristiani ad acquistare con i propri soldi i terreni per le sepolture. (R.B.)

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    Sri Lanka: 1600 fedeli cattolici al tradizionale pellegrinaggio quaresimale

    ◊   Sono partiti all’alba del 30 marzo scorso dalla cattedrale di San Sebastiano a Mannar e sono arrivati oggi nella parrocchia di Komarasankulam, nel distretto di Vavuniya dopo aver percorso 97 km, i 1658 fedeli cattolici dello Sri Lanka che hanno partecipato all’annuale pellegrinaggio quaresimale “Pada Yaathraa”. Ad essi, oggi a Vavuniya, si sono uniti altri cinquemila pellegrini. L’obiettivo della strada era la ricerca della pace, della penitenza e del pentimento, come ha spiegato ad AsiaNews padre Victor Soosai, vicario generale della diocesi di Mannar, da raggiungere attraverso “il digiuno, la penitenza e la preghiera che ci ricordano quando in questo Paese c’era la guerra”. Il sacerdote ha inoltre sottolineato che questo a Mannar è l’anno diocesano dei giovani: a breve, infatti, avrà luogo un primo ritiro di tre giorni in preparazione alla Pasqua presso il santuario di Madhu, che vedrà la partecipazione di 1500 ragazzi, mentre altri 800 partiranno il 12 aprile. (R.B.)

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    Africa: armi e diritti umani, un commercio senza controllo

    ◊   “Emergono chiaramente una presenza diffusa di commerci legali e illegali, la difficoltà a tenere sotto controllo la diffusione delle armi e l’effetto dirompente di queste aree in crisi”. E’ quanto emerge dal rapporto "Armi per l’Africa. Il traffico di armi e le violazioni dei diritti umani nelle aree di crisi africane". Come riferisce l’agenzia Misna, il rapporto sottolinea come la relazione tra la diffusione di armi e le situazioni di crisi del continente africano sia direttamente proporzionale. “La presenza di armi a disposizione di gruppi e bande armate – si legge nel rapporto – amplifica la portata di un fenomeno che contribuisce a mantenere instabili intere regioni con effetti immediati sulla condizione delle categorie più deboli della popolazione, in particolare donne e minori.” Il rapporto evidenzia poi l’assenza di un chiaro quadro normativo realmente vincolante: “la proliferazione delle armi leggere in Africa – si legge – è alimentata dall’erosione del confine tra commercio legale e autorizzato e traffico illecito ad opera di broker e mediatori che, a vario titolo, si inseriscono nelle trattative e che operano spesso sotto copertura di imprese regolarmente costituite, ma anche attraverso la corruzione di agenti statali e l’appoggio fornito da paesi confinanti”. (G.P.)

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    Si è concluso il Sinodo anglicano dell’Africa occidentale

    ◊   Mettersi al servizio dell’uomo globale e in questo modo costruire, insieme, una società più giusta, solidale e pacifica: è questo il messaggio finale del sinodo della comunità anglicana dell’Africa occidentale, che si è appena concluso a Conakry, in Guinea. Come riferisce L’Osservatore Romano, nel corso del sinodo è stata condotta e condivisa un’analisi sulla situazione della regione, profondamente segnata dalla povertà che crea all’interno delle società “esclusione ed emarginazione”. I presuli, inoltre, hanno evidenziato la contraddizione macroscopica tra tale povertà e la ricchezza, invece, di risorse naturali e minerali, come l’oro, la manganese, la bauxite, i diamanti, il petrolio e il terreno fertile, che però non riescono a essere sfruttate pienamente a vantaggio della popolazione a causa di piaghe sociali quali il non rispetto della vita umana, l’instabilità della vita politica che impone sofferenze ai cittadini, gli attentati alla proprietà e le difficoltà abitative. Un altro aspetto accuratamente affrontato è quello della situazione sociosanitaria dell’area, dove sono molto diffuse l’aids e altre malattie prevenibili, che qui, però, sono attive a causa di un’assoluta mancanza di mezzi e strutture adeguate e di una consona opera di prevenzione. Il sinodo, però, si è concluso anche con un messaggio di speranza, ben riassunto dallo slogan “la Guinea un laboratorio del Vangelo” e con un’esortazione a tutti i cristiani a vivere il proprio impegno di fede ricercando un dialogo comune fondato sulla Sacra Scrittura e su un’analisi della realtà finalizzata a “porre al centro la salvezza dell’uomo e la sua inviolabile dignità in quanto portatore dell’immagine di Cristo”. (R.B.)

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    Francia. Conferenza dei leader religiosi: “La laicità è un valore da preservare”

    ◊   In Francia la Conferenza dei leader delle varie religioni si schiera in difesa della laicità dello Stato, soprattutto per metterla al riparo da “possibili strumentalizzazioni”. È quanto emerge da un documento sul tema, pubblicato anche dal sito della Conferenza episcopale francese e firmato dal presidente dei vescovi e arcivescovo di Parigi, cardinale André Vingt-Trois; dal pastore Claude Baty, presidente della Federazione protestante transalpina; dal metropolita Emmanuel, presidente dell’assemblea dei vescovi ortodossi di Francia; dal Gran rabbino di Francia, Gilles Bernheim; dal presidente del Consiglio del culto musulmano, Mohammed Moussaoui e dal presidente dell’Unione buddista, Oliver Wang-Genh. Come riporta L’Osservatore Romano, si è arrivati al documento dal desiderio comune “di approfondire la comprensione reciproca e di contribuire alla coesione della società”, partendo dal “riconoscimento della laicità come parte del bene comune” di essa. Il documento, d’altronde, è un segno tangibile del clima di collaborazione tra le religioni che è reso possibile proprio dalla particolare laicità “alla francese”, che è un valore da preservare. La preoccupazione dei leader religiosi deriva in particolare dai “rischi della stigmatizzazione in questo periodo pre-elettorale” che precede la chiamata alle urne del 2012. Secondo molti, il riferimento è a un dibattito sulla laicità in Francia promosso dal partito di maggioranza del Presidente Sarkozy per il 5 aprile prossimo. La laicità è “uno dei pilastri del nostro patto repubblicano – conclude il documento – la base della nostra democrazia, il fondamento del nostro vivere insieme”. (R.B.)

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    Lampedusa: lunedì veglia di preghiera del Rinnovamento nello Spirito

    ◊   È in programma lunedì a Lampedusa una veglia nazionale di preghiera e di solidarietà promossa sull’isola dal Movimento Rinnovamento nello Spirito Santo (RnS), che in Italia conta circa 200mila aderenti ed è organizzato in 1900 tra gruppi e comunità, ma sono invitati a unirsi nella preghiera “tutti i credenti e gli uomini di buona volontà”, in modo da replicare questo evento “in quanti più luoghi possibile”. A guidare la veglia di preghiera, incentrata sulla parola chiave “umanizzare la solidarietà”, il presidente nazionale del RnS, Salvatore Martinez e il vicario generale della diocesi di Agrigento, mons. Melchiorre Vutera. “Occorre ristabilire il primato di una cultura della pace e della convivenza pacifica tra i popoli del Mediterraneo – ha dichiarato Martinez alla Zenit – è penoso assistere al proliferare di slogan vuoti e pericolosi che incitano all’indifferenza”. L’intento degli organizzatori è esprimere la solidarietà a tutti coloro che si trovano nella prova e nella sofferenza, a quanti si sentono abbandonati, mancano di forze e di speranza. “Lo straniero, il povero, l’abbandonato sono sacri dinanzi a Dio e vanno protetti nella preghiera – ha aggiunto Martinez – Gesù è stato il più grande globalizzatore che accoglie tutti e nessuno esclude, finanche i nemici, e a tutti gli uomini di buona volontà Gesù chiede ancora oggi di seguire il suo esempio”. Ancora di più, “nei giorni in cui festeggiamo l’Unità d’Italia, il nostro Paese deve mostrarsi degno della propria storia di solidarietà umana”, ha concluso. (R.B.)

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    Il Tribunale spagnolo dice no alle dichiarazioni di apostasia nei registri battesimali

    ◊   La Chiesa spagnola non sarà obbligata a riportare le dichiarazioni di apostasia nei registri battesimali: lo ha deciso il Tribunale Costituzionale, dopo che a Valencia nel 2007 un giudice aveva deciso in primo grado di imporre la registrazione di tale dichiarazione, sentenza che poi, in appello, è stata ribaltata. La giurisprudenza spagnola, come ricorda L’Osservatore Romano, ha dovuto affrontare la questione a causa del crescente fenomeno delle dichiarazioni di apostasia, cioè il ripudio formale del proprio credo religioso, con conseguente rifiuto del battesimo, che molti cittadini vorrebbero fosse annotata nei registri battesimali. Il giudice supremo si è pronunciato in merito, specificando che tali registri non costituiscono documento civile. Grande soddisfazione è stata in particolare manifestata dalla diocesi di Valencia che ha sottolineato come i registri battesimali siano tutelati dai principi di “inviolabilità e riservatezza” garantiti dall’accordo firmato tra Spagna e Santa Sede nel 1979. (R.B.)

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    Gmg di Madrid: fervono i preparativi per la Via Crucis del 19 agosto

    ◊   700 metri: è questa la distanza che separa Plaza de Cibeles e Plaza de Colón, a Madrid, e che farà da sfondo alla Via Crucis della Giornata Mondiale della Gioventù. La celebrazione sarà presieduta da Benedetto XVI e sarà uno dei tanti eventi della GMG, che vedrà riuniti nella capitale spagnola ragazzi di tutto il mondo. Cinque i giorni dell’evento, dal 16 al 21 agosto, tre quelli accompagnati dalla presenza del Papa, dal 18 al 21. La Via Crucis è in programma per il 19 agosto; a rappresentarla saranno 15 stazioni in legno provenienti da 12 diverse città iberiche, grazie all’aiuto delle confraternite che già da un mese sono all’opera. Le sculture arriveranno a Madrid nei giorni precedenti alla GMG e fino al 18 agosto saranno ospitate dalla Chiesa di Sant’Isidoro, dalla Chiesa del Carmelo e di San Luigi, dalla sede della Comunità di Madrid, dal Comune e dalla Cattedrale militare. Poi, la notte del 18 agosto, le opere lignee verranno trasportate al Paseo de Recoletos e da lì, il giorno seguente, saranno spostate in Plaza de Cibeles. Intanto, un’altra iniziativa è stata lanciata per promuovere la GMG: collegandosi al sito Internet www.rosariouniversal.org, ciascun fedele può inviare un video in cui recita, nella propria lingua, un Ave Maria, un Padre Nostro o un Gloria. In questo modo, si verrà a creare un Rosario completo consultabile in tutto il mondo e in tantissimi idiomi. Il primo Paese ad aderire all’iniziativa è stato il Giappone che ha già inviato un Ave Maria. (I.P.)

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    Ciclo di incontri sugli immigrati presenti a Roma. Si comincia dalla comunità polacca

    ◊   È iniziato oggi con la comunità polacca il ciclo di incontri sulle presenze a Roma di gruppi di immigrati che si è svolto presso la Radio Vaticana, con l’introduzione di padre Federico Lombardi. L’iniziativa, ricorda L’Osservatore Romano, mira a presentare le varie comunità in modo da coinvolgere maggiormente nelle loro necessità le istituzioni, le realtà religiose e la società nel suo insieme, tanto è vero che agli incontri, organizzati dall’Osservatorio Romano sulle migrazioni con Caritas diocesana, Camera di Commercio e Provincia, prendono la parola i cappellani degli immigrati coordinati dalla Fondazione Migrantes, ma anche esponenti delle strutture collegate a queste comunità, associazioni, ambasciate, mediatori culturali, giornalisti e imprenditori che con esse hanno a che fare. Nel corso dell’incontro d’apertura, e anche in considerazione dei recenti festeggiamenti per il 150.mo anniversario dell’Unità d’Italia, è stato ricordato in particolare il contributo che i polacchi dettero al Risorgimento italiano e alla Seconda Guerra Mondiale, con il sacrificio di quattromila uomini e il ferimento di altri 900 per sfondare la linea Gustav e poi la linea Gotica e liberare, così, Bologna. Questi soldati erano centomila: press’a poco lo stesso numero di immigrati polacchi ch vivono oggi in Italia, un quinto dei quali solo a Roma. Il 70% di essi, inoltre, è costituito da donne; 11mila sono gli studenti e altrettanti quelli che sono riusciti a ottenere la cittadinanza italiana, soprattutto attraverso matrimoni misti. Eppure l’Italia, a causa delle difficoltà incontrate nella ricerca del lavoro, non risulta essere in testa alle preferenze dei polacchi che decidono di emigrare. (R.B.)

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    Inaugurata a Roma la prima mostra fotografica su Giovanni Paolo II

    ◊   È stata inaugurata ieri e da oggi è aperta al pubblico la mostra fotografica “L’uomo che amava gli uomini”, la prima interamente dedicata a Giovanni Paolo II, in vista della Sua Beatificazione il primo maggio prossimo. L’esposizione, allestita negli spazi del V livello del Terminal Gianicolo, riferisce l'agenzia Sir, nasce in collaborazione con il Servizio Fotografico Città del Vaticano dell’Osservatore Romano e resterà aperta fino al 31 luglio. Il percorso espositivo non segue l’ordine temporale del Pontificato, ma segue un itinerario emozionale, in cui le immagini mostrano la forza dell’amore che il Pontefice polacco ha trasmesso al mondo intero. Da segnalare in particolare le due foto in apertura di mostra che ritraggono la famiglia di Papa Wojtyla e sono state donate dalla diocesi polacca al suo ritrattista ufficiale, Arturo Mari. A disposizione anche un catalogo. (R.B.)

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    Prodotto in Spagna un Cd con canzoni ispirate a Edith Stein

    ◊   Edith Stein ora si può ascoltare. I testi della santa carmelitana, hanno ispirato un Cd con 14 canzoni e tre brani strumentali, interpretati dalla cantante spagnola Carmela Martínez. Edith Stein (Santa Teresa Benedetta della Croce) “ha molto da dirti”, ha affermato la Martínez, artefice dell'iniziativa e che desidera che queste canzoni aiutino chi le ascolta a “conoscere un po' di più questa affascinante donna santa, carmelitana scalza, la cui vita e il cui martirio sono stati e continuano ad essere, per tutti gli uomini e le donne di oggi, una testimonianza coraggiosa di conversione, fede profonda, assoluta fiducia in Dio e incessante ricerca della Verità”. Il Cd - riferisce l'agenzia Zenit - è patrocinato dall'Università della Mistica e dalla Fondazione Cites, e il ricavato verrà destinato a borse di studio per giovani bisognosi. Domani verrà presentato nell'Aula Magna dell'Università. I testi e la musica sono di Carmela Martínez, gli arrangiamenti musicali e la produzione di Paco M. Aranda. Carmela Martínez, della diocesi spagnola di Cartagena, ripete le parole di Edith “per ringraziare Dio”, visto che “senza di Lui non possiamo far nulla e solo Lui rende possibili tutte le cose”. Per la cantautrice, il Cd è “il risultato amorevole della sua infinita bontà, che ci supera e ci sorprende sempre”. L'immagine di Edith Stein sulla copertina del Cd è del Monastero del Monte Carmelo “Il Fiore del Carmelo” di Haifa, in Israele. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Siria: le caute aperture del presidente non fermano la contestazione

    ◊   Torna alta la tensione in Siria, in concomitanza con il venerdì di preghiera. Si registrano nuove proteste antigovernative in diverse zone del Paese nonostante le aperture annunciate ieri dal presidente Assad. Intanto il dipartimento di Stato americano ha invitato i suoi cittadini a lasciare Damasco. Il servizio è di Marco Guerra:

    Alla chiusura della preghiera si sono formati diversi cortei con migliaia di manifestanti nelle città del nord est a maggioranza curda, al confine con Turchia e Iraq. Se confermate, si tratta delle prime dimostrazioni non autorizzate dal regime siriano a marciare nella regione ricca di risorse energetiche e dall'alto valore strategico. Migliaia di persone sono tornate in piazza anche a Daraa, nel sud della Siria ed epicentro delle rivolte dei giorni scorsi. Tensione anche a Damasco, dove, secondo le testimonianze di alcuni attivisti, circa 2000 manifestanti anti-regime sono stati rinchiusi nel cortile della moschea di Duma, sobborgo nord-orientale della capitale, all'interno del quale agenti anti-sommossa avrebbero sparato gas lacrimogeni. L’appello a occupare tutte le piazze del Paese oggi è stato lanciato nei giorni scorsi sui social network dai dissidenti, sebbene ieri il presidente Assad abbia concesso le prime aperture, annunciando la creazione un comitato giuridico per studiare l'abolizione dello Stato di emergenza in vigore da quasi 50 anni, l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulle violenze avvenute nei giorni scorsi a Daraa e a Latakia, e l’aumento del 20% degli stipendi pubblici. Sempre ieri, però, il Comitato siriano per i diritti umani ha denunciato l’uccisione di altri 25 manifestanti a Latakia, durante “pacifiche” manifestazioni. Il bilancio fornito dai dissidenti parla di oltre 200 vittime dall’inizio della contestazione.

    Yemen-politica
    Giornata ad alta tensione quella di oggi in Yemen. Due diverse manifestazioni, una a sostegno e una contro il presidente Saleh al potere da 32 anni, si sono tenute per le strade della capitale Sanaa. Centinaia di agenti di sicurezza hanno controllato i due cortei distanti l’uno dall’altro appena 4 km. La dimostrazione pro governativa è stata convocata dal presidente Saleh in persona. Al momento si registra una fase di stallo nei colloqui per il processo di transizione politica che prevede la convocazione delle elezioni parlamentari e presidenziali entro la fine dell’anno.

    Emergenza immigrati in Italia. Fughe di massa da Manduria
    “Ci siamo impegnati a concedere alla Tunisia linee di credito, dazioni e forniture di materiali a fronte di impegni per fermare le uscite illegali dei loro cittadini dal Paese”. Queste le parole del presidente del Consiglio italiano al termine della riunione Governo-Regioni sull’emergenza immigrazione. E in mattinata la commissaria Ue agli affari interni Cecilia Malmstrom ha ammonito la Francia sui respingimenti alle frontiere ed ha auspicato una soluzione bilaterale con l’Italia. La Malmstrom ha detto anche che l’Unione Europea è pronta a sostenere l’Italia con ulteriori misure, in particolare per quanto riguarda il rimpatrio degli immigrati tunisini illegali. Intanto a Lampedusa sono bloccati i trasferimenti dei migranti sulla terra ferma a causa di un forte vento di maestrale. A 24 ore dall’inizio del piano di evacuazione degli immigrati, sull'isola ci sono ancora circa quattromila nordafricani che ieri hanno manifestato per le strade della città spaventati dall'ipotesi di essere rimpatriati nei loro Paesi d’origine. Questa mattina è arrivata a Taranto la nave Excelsior, la prima partita ieri da Lampedusa, con a bordo 1.716 migranti, che poi hanno raggiunto il centro di accoglienza di Manduria. Qui si stanno verificando già fughe di massa attraverso buchi nelle recintazioni. Un'altra nave con 600 persone è attesa nel pomeriggio. Sono inoltre previsti due ponti aerei per il trasferimento di circa duecento persone in altri centri di accoglienza in Italia. E dopo una notte senza sbarchi, nelle ultime ore è circolata la notizia, non confermata, della morte di circa undici persone nel naufragio di un gommone carico di migranti nel Canale di Sicilia.

    Italia-pacco bomba
    C’è la rivendicazione della Federazione anarchica informale dietro il pacco bomba esploso ieri a Livorno nella caserma Ruspoli, sede del comando della brigata paracadutisti della Folgore. Il capo di Stato maggiore Alessandro Albamonte, 41 anni, ha perso tre dita e rischia anche un occhio. Vicinanza è stata espressa dal presidente Napolitano.

    Portogallo
    Il Portogallo, nella morsa di una pesante crisi economica, andrà alle urne il prossimo 5 giugno. Una soluzione attesa dopo le dimissioni la scorsa settimana del premier Socrates, che ha rimesso il mandato in seguito alla bocciatura della sua politica di austerity economica intrapresa per rispettare gli impegni assunti a livello europeo.

    Kosovo
    In Kosovo permane la crisi politica. Il presidente della Repubblica Pacolli ha precisato di aver lasciato l’incarico dopo che la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la sua elezione. Pertanto non è necessario – ha aggiunto l’ex capo di Stato - un annuncio formale di dimissioni. Intanto Pristina ha espresso l’intenzione di proseguire il dialogo intrapreso con Belgrado nonostante la crisi politica in atto.

    Tensioni tra Kinshasa e Brazzaville
    Sembrano acuirsi le frizioni diplomatiche tra Congo e Repubblica Democratica del Congo: il governo di Kinshasa ha richiamato altri cinque funzionari in carica nell’ambasciata del vicino Congo. Lo ha annunciato il portavoce del ministro degli Esteri, Patrick Mutombo, aggiungendo che rientreranno in patria nel fine settimana ma precisando che “non si tratta di una rottura delle relazioni diplomatiche bilaterali”. Il 25 marzo Kinshasa aveva già richiamato il suo ambasciatore a Brazzaville, Esther Kirongozi. Secondo alcuni osservatori all’origine della tensione ci sarebbe la presenza in territorio del Congo di Udjani, capo degli insorti Enyele, e dell’ex generale Faustin Munene; il presidente Denis Sassou Nguesso non intenderebbe estradarli verso Kinshasa.

    Rwanda
    E’ in corso davanti al Tribunale penale internazionale per il Rwanda (Tpir) con sede ad Arusha (Tanzania) il processo d’appello del colonnello Théoneste Bagosora, già condannato all’ergastolo nel dicembre 2008 per genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità. Bagosora, ex direttore di gabinetto presso il ministero della Difesa di Kigali al momento del genocidio, viene presentato dall’accusa come uno dei ‘cervelli’ dei massacri perpetrati nel 1994. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Gabriele Papini)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 91

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.