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Sommario del 03/08/2011
Il Papa all’udienza generale: riscoprire la bellezza di leggere la Bibbia
◊ In estate, tempo di relax, scoprite quanto sia bello leggere la Bibbia: è l’invito di Benedetto XVI durante l’udienza generale di stamani a Castel Gandolfo, la prima dopo la pausa di luglio. Rivolgendosi ai fedeli raccolti nella piazza antistante il Palazzo apostolico, il Papa ha messo l’accento sull’arricchimento spirituale e culturale che possiamo trarre dalla lettura anche di singoli libri della Bibbia. Al termine della catechesi, il Papa è andato a salutare personalmente i malati e i fedeli in prima fila dietro le transenne. Il servizio di Alessandro Gisotti:
In estate, scopriamo la bellezza della lettura della Bibbia: così, Benedetto XVI che all’udienza generale, in un clima particolarmente festoso, si è soffermato su come mettere a frutto questo periodo tradizionalmente dedicato al riposo e al relax:
“Ognuno di noi ha bisogno di tempi e spazi di raccoglimento, di meditazione, di calma… Grazie a Dio che è così! Infatti, questa esigenza ci dice che non siamo fatti solo per lavorare, ma anche per pensare, riflettere, oppure semplicemente per seguire con la mente e con il cuore un racconto, una storia in cui immedesimarci, in un certo senso ‘perderci’ per poi ritrovarci arricchiti”.
Naturalmente, ha osservato il Papa, molti di questi libri di lettura “sono per lo più di evasione”. E tuttavia, ha soggiunto, molti si dedicano anche a letture più impegnative. Di qui, un’originale proposta di Benedetto XVI:
“Perché non scoprire alcuni libri della Bibbia, che normalmente non sono conosciuti? O di cui forse abbiamo ascoltato qualche brano durante la Liturgia, ma che non abbiamo mai letto per intero? In effetti, molti cristiani non leggono mai la Bibbia, e hanno di essa una conoscenza molto limitata e superficiale”.
La Bibbia, ha detto ancora il Pontefice, è come una raccolta di libri, “una piccola biblioteca”. Alcuni di questi libri, ha rilevato, “rimangono quasi sconosciuti alla maggior parte delle persone, anche buoni cristiani". Ha così citato alcuni di questi libri, anche molto brevi, come il “Libro di Tobia”, su famiglia e matrimonio, il “Libro di Ester” sulla forza della preghiera e il “Libro di Rut”, sulla provvidenza di Dio:
“Questi piccoli libri si possono leggere per intero in un’ora. Più impegnativi, e autentici capolavori, sono il Libro di Giobbe, che affronta il grande problema del dolore innocente; il Qoèlet, che colpisce per la sconcertante modernità con cui mette in discussione il senso della vita e del mondo; il Cantico dei Cantici, stupendo poema simbolico dell’amore umano”.
Il Papa si è così riferito al Nuovo Testamento sottolineando “la bellezza di leggere un Vangelo tutto di seguito” come pure gli Atti degli Apostoli, o una delle Lettere. Ha quindi ribadito il suo suggerimento a “tenere a portata di mano, durante il periodo estivo o nei momenti di pausa”, la Bibbia, “per gustarla in modo nuovo, leggendo di seguito alcuni suoi Libri, quelli meno conosciuti e anche quelli più noti, come i Vangeli”:
“Così facendo i momenti di distensione possono diventare, oltre che arricchimento culturale, anche nutrimento dello spirito, capace di alimentare la conoscenza di Dio e il dialogo con Lui, la preghiera.
Dopo la catechesi, parlando in lingua inglese, il Papa ha salutato, tra gli altri, un gruppo di fedeli provenienti dalla città giapponese di Nagasaki, che il prossimo 9 agosto commemorerà il 66.mo anniversario del bombardamento atomico da parte americana durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il grazie del Papa ai Cavalieri di Colombo per la testimonianza cristiana chiara e coraggiosa
◊ Profonda soddisfazione e gratitudine per le “molteplici opere di fraterna solidarietà” esprime il Papa ai Cavalieri di Colombo, in un messaggio a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, in occasione dell’Assemblea dell’Ordine in corso da ieri e fino a domani nella città statunitense di Denver, nel Colorado. Il servizio di Roberta Gisotti.
“Perché il mondo possa conoscere nuova speranza”, il tema della Suprema Convention dei Cavalieri di Colombo, “opportunamente ispirato – evidenzia nel messaggio il cardinale Bertone - dalla grande Preghiera per le famiglie con cui il Beato Giovanni Paolo II concludeva la sua Esortazione apostolica Ecclesia in America”. “Oggi - sottolinea il porporato - di fronte ai segni sempre più evidenti di una crescente dimenticanza di Dio, un rigetto della maggior parte dei fondamentali principi di moralità e una rottura nelle reali basi della vita sociale, nessun seguace di Cristo può mancare di raccogliere questo urgente appello a lavorare per la ricostruzione delle nostre comunità, in accordo con i valori permanenti radicati nella legge naturale, confermati dal Vangelo e custoditi nella visione cristiana della vita”. Per questa ragione Benedetto XVI “esprime la sua profonda gratitudine ai Cavalieri di Colombo per il loro continuo contributo al responsabile dibattito pubblico sui grandi temi etici che modelleranno il futuro delle nostre società democratiche”. “Il Papa vede – riferisce il segretario di Stato – in questo prezioso servizio al bene comune un notevole esempio di apostolato laico”. Una tale testimonianza chiara e coraggiosa è quanto mai necessaria alla luce del proliferare di iniziative legislative che non solo minano le istituzioni base della società, quali il matrimonio e la famiglia, ma anche minacciano i diritti umani fondamentali dell’obiezione di coscienza e della libertà religiosa”. Da qui l’incoraggiamento del Santo Padre all’Ordine dei Cavalieri di Colombo a rinnovare e rafforzare i propri lodevoli programmi di catechesi e formazione permanente nella fede e nei principi della moralità cristiana, cosicché ogni Cavaliere possa essere preparato ad offrire un ragionevole motivo delle sue più profonde convinzioni”. Un grazie particolare Benedetto XVI rivolge ai Cavalieri per le “molteplici opere di fraterna solidarietà” e di aiuto caritatevole ai poveri nel mondo, così anche in occasione di disastri, come per le recenti calamità ad Haiti e in Giappone. Ricordiamo la nascita dell’Ordine, negli Stati Uniti nel 1882 per iniziativa di un sacerdote cattolico, Michael McGivney, parroco a New Haven nel Connecticut, che volle fondare una società cattolica di mutuo soccorso verso i più bisognosi, fino a diventare la più numerosa nel mondo con un milione 600 mila associati.
Messaggio del Papa per i funerali di mons. Sambi: fedele servitore del Vangelo
◊ Oltre duemila persone hanno partecipato ieri, a Sogliano di Rubicone, in diocesi di Rimini, alle esequie di mons. Pietro Sambi, nunzio apostolico negli Stati Uniti, morto lo scorso 27 luglio a Baltimora. Durante la cerimonia funebre, l’arcivescovo Giovanni Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, ha letto il messaggio di cordoglio di Benedetto XVI, inviato dal Santo Padre ai familiari e alla diocesi di Rimini: il Papa ricorda con animo grato “la zelante vita sacerdotale” di mons. Pietro Sambi, “fedele servitore del Vangelo”, ed il suo “generoso servizio alla Santa Sede in diversi Paesi”, specialmente la “sua solerte attività diplomatica e pastorale in Terra Santa, e da ultimo, negli Stati Uniti, dove ha sapientemente operato”. Nell’omelia, il vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi, ha letto alcuni passi del testamento spirituale di mons. Sambi: “Signore mi affido alla Tua infinita misericordia. …Per tutta l’eternità vorrei cantare la tua bontà. Accolgo la morte come, dove, quando a Dio piacerà, in unione con Cristo sulla Croce, come atto di totale obbedienza al Padre, per la mia salvezza, per il Santo Padre, per la santificazione della Chiesa e dei sacerdoti, per la redenzione dei Popoli che la Provvidenza mi ha dato di servire”. Mons. Pietro Sambi era nato 73 anni fa a Sogliano al Rubicone. Ordinato sacerdote nel 1964, entra nel servizio diplomatico della Santa Sede: è inviato in Camerun, poi a Gerusalemme, Cuba, Algeria, Nicaragua, Belgio e India. Il 10 ottobre 1985 viene nominato arcivescovo titolare di Belcastro e pro-nunzio apostolico in Burundi; il cardinale Jozef Tomko lo consacra vescovo il 9 novembre dello stesso anno. Nel 1991 viene nominato nunzio in Indonesia e successivamente, nel 1998, assume l'incarico di rappresentante pontificio a Cipro e in Israele, nonché quello di delegato apostolico per Gerusalemme e la Palestina. Dal 17 dicembre 2005 è stato nunzio apostolico per gli Stati Uniti d'America e osservatore permanente presso l'Organizzazione degli Stati Americani. (A cura di Amedeo Lomonaco)
Verso la Gmg. Padre Julián Carrón: un'occasione per mostrare la ragionevolezza della fede
◊ I ragazzi di Comunione e Liberazione si stanno preparando per la Giornata Mondiale della Gioventù, in programma a Madrid, in Spagna, dal 16 al 21 agosto prossimi. Il movimento fondato da don Giussani arriverà nella capitale spagnola con la propria esperienza di fede, fondata su un fatto: l'incontro con Cristo. Ce ne parla, al microfono di Giorgia Innocenti, il presidente di Comunione e Liberazione, padre Julián Carrón:
R. – Comunione e Liberazione sta preparando questa Giornata attraverso il lavoro che di solito portiamo avanti come Movimento, cercando di vivere la nostra esperienza di fede, come un tentativo costante di verifica della fede. Don Giussani parla di questa fede proprio per questa preoccupazione che aveva della ragionevolezza della fede, che deve essere salda in Cristo. Solo una fede come esperienza presente può resistere in un mondo in cui tutto dice l’opposto. Questa è la sfida che abbiamo noi cristiani nel nostro tempo: vedere sempre di più la ragionevolezza della fede. In questi ultimi tempi, è parso molto in sintonia con tutto quello che il Papa ci ha detto per prepararci a questa Giornata.
D. – Il tema della Gmg è appunto “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”...
R. – Appunto, il Papa ha scelto questo tema proprio per la sua preoccupazione di superare questa frattura tra il sapere e il credere, per far capire a tutti i cristiani la ragionevolezza della fede, proprio con questa sua insistenza. La rilevanza della fede per la vita è possibile solo se noi possiamo fare nell’esperienza la verifica di questa fede, perché questo è quello che consente a tutti noi, che siamo adulti, di poter aderire a Cristo, sempre con più ragioni, vedendo che meraviglia, che novità introduce Cristo nella vita: ridestare a partire da questa esperienza una passione per Cristo che ci fa vivere la vita con questa gratitudine di averlo incontrato.
D. – Qual è il significato della Gmg per la Spagna?
R. – Per la Spagna, mi sembra sia un’occasione stupenda per rendersi conto delle proprie radici. Per noi la fede è stata un caposaldo della nostra storia, ma come per altre cose non si può vivere di rendita, non si può vivere di storia. Se la nostra fede, la fede di tanti cristiani spagnoli, non trova nell’esperienza presente una conferma, la fede non può continuare soltanto come un’abitudine o come qualcosa del passato, occorre che sia verificata nel presente. Occorre scoprire nel presente la sua ‘convenienza umana’ per noi oggi, in un mondo in cui tanti dei nostri contemporanei dicono che sia una cosa del passato, che non ha nessuna rilevanza nell’oggi. (ap)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ L’estate tempo giusto per scoprire la Bibbia: il Papa all'udienza generale.
Economia di sopravvivenza: in prima pagina, Ettore Gotti Tedeschi sulle radici della crisi e le difficoltà della politica.
In cultura, Inos Biffi su come s'insegna la teologia, richiamandosi alla lezione di san Tommaso.
Dal libro "La Sagrada Familia secondo Gaudi. Comprendere un simbolo" la presentazione del cardinale Gianfranco Ravasi e la prefazione dell'autore, Armand Puig I Tarrech.
Un articolo di Claudio Toscani dal titolo "Il sacerdote letterato": un sito internet racconta la storia poca conosciuta di Cesare Angelini (1886-1976).
Mormorio e grido della semplicità: Sandro Barbagallo su Constantin Brancusi e Richard Serra in mostra alla fondazione Beyeler di Basilea.
La notizia della morte di Vittorio Citterich, giornalista e scrittore, per anni collaboratore de "L'Osservatore Romano".
Prima udienza del processo a Mubarak, in barella dietro le sbarre
◊ Si è conclusa al Cairo la prima udienza del processo contro l’ex presidente egiziano Hosni Mubarak e i suoi due figli, oltre ad alcuni alti funzionari legati al vecchio regime. Le accuse spaziano dai reati di corruzione alla responsabilità per la morte di oltre 800 manifestanti nel corso delle manifestazioni dell’inverno scorso. Gli imputati hanno negato ogni responsabilità nella repressione della rivolta. La prossima udienza è prevista il 15 agosto. Il servizio è di Stefano Leszczynski.
Il processo contro l’ex presidente egiziano Hosni Mubarak non poteva iniziare in maniera più drammatica, con il raìs portato in barella fin dentro la gabbia degli imputati e fuori dell’aula del tribunale una folla inferocita. Il processo è ricominciato in tarda mattinata, dopo una breve sospensione, ed è ripreso in diretta dalla tv egiziana che lo ritrasmette nelle strade con enormi maxischermi. Nella capitale la tensione è altissima. Centinaia di agenti in assetto antisommossa sono stati dispiegati per dividere i manifestanti pro e contro Mubarak, che hanno dato vita una fitta sassaiola, con un bilancio di circa 50 feriti, davanti a uno degli ingressi dell’Accademia di polizia, dove si svolge il processo. Presidiata dalla polizia anche piazza Tahrir, epicentro della protesta popolare che provocò la caduta del Rais. "Vogliamo lavorare nella calma e dateci la possibilità di fare un processo giusto e corretto", ha esordito il presidente della corte d'assise del Cairo Ahmed Rifaat rivolto ai numerosi avvocati presenti. Sono, infatti, 11 imputati presenti, compresi i figli del presidente deposto l’11 febbraio scorso, Gamal ed Alaa, l'ex ministro dell'Interno, Habib al-Adli, vestito con una tuta blu, il colore dei condannati, perché su di lui si è già abbattuto un primo verdetto per malversazione di fondi pubblici. Ci sono poi sei alti ufficiali della polizia e un ex uomo d'affari vicino ai Mubarak arrestato in Spagna. Davanti ai giudici Mubarak e i suoi due figli dovranno rispondere dei reati di corruzione, abuso di potere e omicidio plurimo aggravato per l'uccisione di decine di manifestanti nel corso delle dimostrazioni dell'inverno scorso, in cui morirono 800 persone e oltre 6mila furono ferite. Hosni Mubarak e i suoi figli dalla gabbia hanno respinto tutte le accuse. Per la durata del processo l’ex presidente resterà ricoverato in regime di detenzione in un ospedale che si trova all'interno del complesso dell'Accademia di polizia del Cairo.
Ma cosa potrà cambiare nel Paese il processo a Mubarak? Luca Collodi lo ha chiesto al padre gesuita Samir Khalil Samir, egiziano, professore all’Université Saint Joseph di Beirut e al Pontificio Istituto Orientale di Roma:
R. – Questo non cambierà le cose, ma è importante. Io un tempo mi dicevo: potremmo perdonare, è un uomo di 83 anni … ha sbagliato e basta. Ma penso che un processo sia utile, purché non sia una specie di vendetta. Si tratta di mostrare il giusto e il falso e perché questo governo che è durato 30 anni, quasi 31, ha sbagliato. Deve essere una lezione per il popolo e per il prossimo governo che verrà, per dire: tutti possono essere giudicati. Noi invece abbiamo sempre vissuto così, nessun capo è mai stato giudicato nel mondo arabo islamico. Dobbiamo imparare ancora a entrare in un sistema democratico per entrare nel mondo moderno.
D. – Si è parlato con grande speranza di “primavera araba” nei mesi scorsi, ma la sensazione è che in Egitto, ma forse anche in altri Paesi dell’area, la primavera araba abbia una svolta in senso islamico. Lei è d’accordo su questa affermazione, padre Samir?
R. - Sì, è vero, è una realtà e si può capire perché in quasi tutti i Paesi arabi si è cercato di contenere il movimento islamico che era di tendenza estremista. Adesso che c’è libertà, o almeno un vento di libertà, questi movimenti sono apparsi. Inoltre sono apparsi con forza proprio perché erano oppressi e questo era il pretesto dei governi che in modo un po’ dittatoriale o molto dittatoriale dicevano all’occidente: vedete, l’oppressione è necessaria per tenere buoni gli islamici. In Egitto ci sono due grandi tendenze islamiche: quella dei Fratelli musulmani, fondata in Egitto nel 1928 e sempre fortissima, e la nuova tendenza dei salafiti, ancora più dura e più integralista. Attualmente si pensa che alle prossime elezioni la tendenza islamista rischi di avere una piccola maggioranza.
D. – Padre Samir, in questo quadro quale potrà essere il ruolo dell’esercito? Alcuni temono che ci siano compromessi con il fronte islamico…
R. – Un po’ di compromesso c’è. Il ruolo primario è quello di stabilire l’ordine. In questo momento in Egitto, al Cairo in particolare, nelle città, c’è molto disordine: c’è gente che ruba, il traffico è irregolare, la gente non osserva le norme che un pochino si osservavano … Dunque ci si aspetta che l’esercito metta ordine. Questo lo può fare se è ben gestito. E’ vero che la tendenza adesso è più a favore dell’islam e la gente tende a seguire la maggioranza e anche dentro l’esercito, che di solito era neutrale, c’è una tendenza islamistica.
Corno d'Africa: sono 13 milioni le persone colpite dalla carestia
◊ Sono 13 milioni le persone colpite da siccità e carestia nel Corno d’Africa. Gli ultimi drammatici dati sono stati diffusi dal Programma Alimentare Mondiale, che ha iniziato la distribuzione di aiuti umanitari nell’area. E intanto, gli Stati Uniti, hanno annunciato l’intenzione di allentare le sanzioni imposte contro le milizie al-Shabaab per garantire l’arrivo dei generi di prima necessità in Somalia. Sulla situazione nel Corno d’Africa, Salvatore Sabatino ha intervistato Mario Raffaelli, presidente di Amref Italia, da oltre 50 anni presente nei Paesi colpiti da questa carestia.
R. - Le ultime notizie confermano la scala drammatica degli eventi legati alla siccità e soprattutto, in Somalia, legati alla difficoltà di poter far arrivare gli aiuti ovunque. Da un punto di vista della macchina degli aiuti, qualcosa finalmente si sta muovendo. Ovviamente c’è ancora una sproporzione fra quanto si riesce a fare e quanto sarebbe richiesto.
D. - C’è stata una riunione della Fao a Roma, la scorsa settimana, poi un incontro a Nairobi e la prossima settimana un nuovo incontro promosso dall’Unione Africana. La Comunità internazionale, secondo lei, si sta muovendo bene?
R. - L’incontro della Fao a Roma ha avuto poco più che impegni sul futuro e si è limitato a convocare il secondo incontro, a Nairobi, che a sua volta non è stato un incontro di nuovi impegni, ma di coordinamento e che ha prodotto questa terza riunione.
D. - Questa crisi va ad insistere su un Paese, la Somalia - maggiormente colpito dell’area - già piegato dall’instabilità interna. Può, secondo lei, paradossalmente, un’emergenza del genere aiutare il Paese ad uscire da questo tunnel?
R. - Come tutte le crisi, oltre al dramma c’è anche una nuova possibilità e, quindi se la crisi venisse affrontata in maniera adeguata potrebbe forse consentire di riprendere i fili di un processo che si è interrotto. Questo anche perché il dramma ha provocato una perdita di consenso da parte degli Shabaab, per il loro rifiuto nel consentire l’intervento delle organizzazioni non governative, e ha aperto delle contraddizioni al loro interno, per cui in molte parti si fanno degli accordi locali che consentono, invece, questo arrivo, contraddicendo la posizione generale. Ovviamente questo dovrebbe essere poi utilizzato politicamente, attraverso un intervento che non sarà di breve durata, perché l’emergenza durerà ancora dei mesi. E poi, soprattutto, bisognerà che questi interventi siano collegati ad una fase di ricostruzione successiva, altrimenti anche quando torneranno le piogge, la situazione sarà assolutamente endemica e quindi non reversibile. (ma)
Tempesta tropicale nelle Filippine: almeno 70 morti per inondazioni e smottamenti
◊ Nelle Filippine è di almeno 70 morti il bilancio, ancora provvisorio, delle vittime provocate da inondazioni e smottamenti del terreno a causa delle forti piogge che, in questi giorni, hanno colpito l’arcipelago. Scuole, sedi governative ed edifici pubblici sono stati chiusi e le autorità locali non escludono che, nelle prossime ore, possa arrivare una nuova tempesta tropicale. Sulla situazione nel Paese asiatico, ascoltiamo padre Giovanni Re, missionario del Pime nelle Filippine intervistato da Amedeo Lomonaco:
R. - La situazione sta leggermente migliorando. Speriamo, anche se hanno annunciato che dovrebbe esserci pioggia fino a venerdì.
D. – La tempesta tropicale che ha colpito le Filippine ha provocato in particolare allagamenti, inondazioni...
R. – Le piogge hanno riempito i fiumi di varie zone, qui a nord nelle Filippine; hanno inzuppato il terreno, che quindi non assorbe più e, di conseguenza, in diversi posti, ci sono state inondazioni. Queste sono frequenti perché c’è una certa mancanza di drenaggio e, soprattutto, c’è una certa difficoltà nel mantenere puliti questi drenaggi, anche e soprattutto per la brutta abitudine della gente di buttare un po’ dappertutto sacchetti di plastica. I sacchetti causano blocchi in questi scarichi, che poi ad un certo punto non riescono più ad assorbire l’acqua che scende con la pioggia.
D. – Un altro fenomeno preoccupante è quello degli smottamenti del terreno...
R. – Dove c’erano delle colline ci sono state anche delle frane. Tutto questo è dovuto anche al fatto del taglio indiscriminato delle piante. Praticamente non ci sono più piante che trattengono in qualche modo il terreno. Di conseguenza, quando la pioggia è abbondante e ci sono infiltrazioni d’acqua nel terreno, ad un certo punto questo cede e crolla. Succede poi che ci siano dei morti, perché ci sono delle capanne costruite su quei terreni, che vengono sepolti dalla terra.
D. – Bisogna anche dire che i soccorsi e il lavoro di sgombero sono resi difficoltosi dal fatto che sulle principali strade in uscita da Manila si è formato un traffico intenso...
R. – Sì, ma questo è un problema sempre presente, esacerbato quando ci sono i tifoni e quando ci sono forti piogge. Il traffico intenso e caotico, però, è una caratteristica di questo posto. Purtroppo, poi, quando ci sono delle emergenze, il traffico contribuisce a rallentare tutti i soccorsi.
D. – Ci sono anche molti sfollati. La Chiesa si è subito attivata per aiutare queste persone?
R. – In molti posti, soprattutto quelli isolati, la Chiesa si dà da fare per cercare di affrontare a queste situazioni di emergenza. In altri posti, la Chiesa e le parrocchie collaborano con alcune agenzie di governo per cercare di venire incontro a questi sfollati. (ap)
Vacanze e terapie ricreative per bambini malati: l'iniziativa dell'associazione "Dynamo Camp"
◊ L’associazione Dynamo Camp Onlus ha organizzato il primo campeggio italiano di terapia ricreativa dedicato a bambini e ragazzi con patologie gravi e croniche, soprattutto oncoematologiche e neurologiche. Si trova sull’Appennino pistoiese e accoglie, gratuitamente, questi ospiti con le loro famiglie per periodi di vacanza e svago. Maria Serena Porcari, vicepresidente della Onlus, spiega le attività dell’associazione e del campeggio al microfono di Eliana Astorri.
R. - L’associazione Dynamo Camp Onlus è nata nel 2007 e dall’estate 2007 offre gratuitamente vacanze per bambini affetti da patologie gravi e croniche, quindi principalmente tumori, disabilità congenite neurologiche, spina bifida, diabete infantile. In questi anni si aggiungeranno poi altre patologie. I ragazzi provengono da tutta Italia, da circa 34 ospedali e 56 associazioni di patologia e da due anni ospitiamo anche bambini provenienti dalla Germania e dai Paesi del Mediterraneo.
D. - Come nasce l’idea del campeggio per questi ragazzi malati?
R. - I ragazzi trascorrono da soli il periodo di vacanza - che di solito dura circa 10 giorni -, senza genitori, e quindi fanno veramente un’esperienza di autonomia. Ci sono tantissime attività che vengono svolte per loro: si tratta principalmente di attività sportive, come l’arrampicata, il tiro con l’arco, la piscina, i cavalli ed attività ricreative come il teatro, la musica, il laboratorio-radio e d’arte. Abbiamo aggiunto quest’estate, nel 2011, una nuova attività che abbiamo chiamato “Camping Lab”: consiste nel portare i ragazzi all’interno dell’oasi nella quale siamo ospitati e far trascorrere loro una notte sotto le stelle. Per poter fare questo, abbiamo dovuto organizzare un vero e proprio campo mobile, quindi in mezzo alla natura, dotato però di servizi, di una mensa ed anche di un centro ospedaliero, perché sono bambini che sono in cura farmacologica e devono fare terapie giornaliere. Dynamo Camp si trova a San Marcello Pistoiese ed è sulla strada che da Firenze va all’Abetone. San Marcello Pistoiese è un paesino sul cui territorio sorge appunto Dynamo Camp, che è ospitato all’interno di una proprietà, oasi affiliata al Wwf, di circa 1.100 ettari. Il Camp ne occupa quindi circa 45 e nei rimanenti 1.100, che sono di natura incontaminata, abbiamo organizzato appunto questo camp di tende.
D. - Come si sostiene Dyinamo Camp Onlus?
R. - L’associazione Dynamo Camp nasce da un’iniziativa provata di un imprenditore, Vincenzo Manes, il quale ha creato la onlus nel 2007, dopo aver creato una fondazione nel 2004. La fondazione e la onlus si sostengono al 100 per cento con capitale di donatori provati, quindi principalmente aziende e fondazioni ed anche individui. Il progetto “Camping Lab” nasce attraverso la partnership con la società Novartis, che l’ha reso possibile appunto con una donazione destinata e di altri partner territoriali. Sia per i genitori che vogliono sapere di più, nel caso i loro figli fossero colpiti da qualche malattia, sia per i programmi destinati ai singoli ragazzi e alle famiglie, c’è una sezione specifica del sito. Il Camp funziona anche grazie ai volontari, che sono circa 500: ogni anno prendono dei giorni e vengono formati da Dynamo Camp per aiutare questi ragazzi. Cerchiamo soprattutto anche medici ed infermieri specializzati nelle patologie che possono venire a fare i volontari durante queste settimane. Il sito è www.dynamocamp.org e vi si possono trovare tutte le informazioni.
"Sento, dunque sono": un libro racconta le percezioni dei bambini nel grembo materno
◊ Il bambino prima di nascere ha un mondo di sensazioni acustiche, sapori, movimento. Il libro “Sento, dunque sono”, edito da Cantagalli, racconta queste percezioni dei bimbi nel grembo materno attraverso saggi di ricercatori internazionali. Quali sono le principali novità? Debora Donnini lo ha chiesto a Carlo Bellieni, neonatologo, che ha curato il test:
R. - Sicuramente si retrodata il momento in cui i bambini riescono a sentire e a provare delle esperienze prima della nascita. Sappiamo ormai che già dalla metà della gestazione - la gravidanza dura 40 settimane - e quindi circa dalla 20.ma settimana, i bambini riescono purtroppo ad avere la possibilità di sentire dolore, ma per fortuna - sempre all’incirca da quell’età - riescono anche ad avere delle sensazioni buone: ad esempio quella dell’iniziare ad assaporare i gusti e quindi a formare i proprio gusti alimentari. La Mannella, dal Texas, ha fatto dei bellissimi studi, facendo provare a delle donne in gravidanza ad assorbire una dieta, durante la gravidanza, a base di carote ed ha visto che al momento del divezzamento, questi bambini ricercavano le pappe a base di carote rispetto alle altre. Altri studi molto interessanti hanno fatto vedere come, invece, si abituano ai rumori che sentono prima della nascita. Uno studio pubblicato su Lancet, qualche anno fa faceva vedere come i bambini alla nascita erano in grado di riconoscere la sigla del telefilm preferito della loro mamma e che avevano sentito tante volte prima della nascita. Oggi sappiamo ormai che riescono anche a distinguere la voce della mamma dalla voce di una estranea e non solo: la voce di una persona che parla nella lingua della mamma, dalla voce di una persona che parla in una lingua diversa da quella della mamma.
D. - Quali sono i consigli che, in base a questo libro e a questi studi, si possono dare alle donne?
R. - Di essere serene e di godersi la gravidanza, perché la gravidanza è un momento nel quale si ha la possibilità di scoprire una compagnia in più. Certe mamme - purtroppo - in gravidanza sono sole, sono tristi: quando scoprono, magari attraverso l’aiuto di alcuni gruppi, di avere dentro di sé una compagnia che le vuole bene incondizionatamente, che la ascolta e che è capace di rispondere con i suoi movimenti, con i suoi calcetti e con le sue giravolte. Già questa è certamente una cosa rasserenante per le mamme. Ci sono, per esempio, delle scuole di educazione prenatale, nelle quali - insieme ad altre mamme - si fanno dei momenti di contatto con il loro bambino prima della nascita: si canta, si danza, si fa ginnastica, avendo la coscienza che questi stimoli arrivano al bambino e sentendo i movimenti di risposta del bambino. Si può fare anche il massaggio transaddominale: attraverso la pancia, insieme anche al babbo del bambino, si ha questo primo contatto che rasserena tutta la coppia. (mg)
Combattimenti a Mogadiscio. L’Acnur: difficile far arrivare gli aiuti ai civili
◊ La siccità che ha colpito così duramente la Somalia, tanto da aver reso necessaria la proclamazione dello stato di carestia, il 20 luglio scorso, in due regioni del Paese, sta provocando un esodo continuo di persone dalle aree rurali verso le città, Mogadiscio in particolare. Il flusso ininterrotto preme sui campi allestiti e le previsioni per i prossimi due mesi non sono delle migliori: è probabile, infatti, che la carestia si estenda a tutte le regioni della Somalia. L’Acnur ha appena terminato una missione nel Paese e ha denunciato la difficoltà di far giungere a Mogadiscio gli aiuti umanitari, vitali per la popolazione, a causa dell’imperversare dei combattimenti. Lo staff dell’Acnur, infatti, riesce a muoversi tra i 10 accampamenti della città solo a bordo di mezzi blindati e con la protezione delle forze di sicurezza. Si calcola che finora dalle vicine aree di Bay, Bakool e Lower Shabelle siano giunti a Mogadiscio oltre centomila persone che si sono aggiunte alle 370mila già presenti: l’agenzia dell’Onu si sta preparando ad affrontare l’emergenza alimentare crescente e prevede di portare assistenza ad almeno 180mila persone. Finora l’Acnur ha distribuito 15mila kit per un totale di 90mila persone soccorse e si stanno predisponendo aiuti per altre 78mila nei prossimi giorni, quando si farà il punto anche sull’area di Badbaado, dove si trovano circa 28mila sfollati, e sui dintorni della capitale, colpiti questo weekend da piogge torrenziali che hanno peggiorato le condizioni dei profughi. Anche un’altra agenzia Onu, l’Unicef, intanto, ha lanciato un appello all’industria del trasporto aereo affinché fornisca spazi di carico gratuiti per trasportare i rifornimenti alimentari destinati alle popolazioni del Corno d’Africa. Si stima, infatti, che ogni mese nei magazzini di Belgio, Francia e Italia si possano rinvenire cinquemila tonnellate di cibo terapeutico: abbastanza per nutrire 300mila bambini affetti da malnutrizione acuta, che potrebbero così ristabilirsi nel giro di 4-6 settimane. All’appello hanno già risposto compagnie come Cargolux, British Airways, Lufthansa, Ups e Virgin. “Siamo grati per la generosità di alcuni e speriamo si facciano avanti anche altri – ha dichiarato il presidente di Unicef Italia, Vincenzo Spadafora – oltre due milioni di bambini del Corno d’Africa sono affetti da malnutrizione acuta e se non s’interviene subito mezzo milione di loro morirà”. Si aggrava, infine, anche la situazione nel vicino Kenya, dove non accenna a diminuire il flusso di rifugiati dalla Somalia: fino ad ora 116mila persone avrebbero varcato il confine per essere ospitati nel campo di Dadaab, il più grande e il più congestionato al mondo, dove sta paurosamente salendo il tasso di mortalità infantile. L’Acnur sta procedendo al trasferimento delle persone in due nuovi siti e si sta lavorando alla realizzazione di un nuovo campo a Kambioos. (A cura di Roberta Barbi)
Kenya. L’appello dei vescovi per la sicurezza alimentare
◊ “Insieme, rendiamo sicura la nostra nazione”. È l’esortazione della Chiesa cattolica del Kenya, contenuta in un messaggio della Commissione Giustizia e Pace, a firma del presidente e del vicepresidente, rispettivamente mons. Zacchaeus Okoth e mons. Cornelius Korir. Il documento è stato presentato nei giorni scorsi per ricordare le difficoltà in cui versa la popolazione keniota. “La nostra nazione – si legge nel testo – si trova attualmente di fronte alla siccità ed ad una grave insicurezza alimentare che minacciano la vita di molti”. Per questo, i vescovi ricordano alle autorità che è loro preciso dovere “osservare, rispettare, tutelare, promuovere ed adempiere ai diritti e alle libertà fondamentali dei cittadini”, tra i quali rientra “il diritto al cibo, nella giusta quantità e qualità”. “L’attuale dibattito parlamentare sulla sicurezza alimentare – continua la nota – dovrebbe essere guidato dall’immediata necessità di proteggere e promuovere la vita e la dignità umana”. Di qui, l’appello lanciato dalla Chiesa del Kenya alla comunità internazionale e alle agenzie umanitarie perché siano “solidali nell’assicurare che la popolazione non continuerà a soffrire la fame, grazie agli aiuti economici e di prima necessità”. Il documento episcopale riporta poi le indicazioni bancarie per effettuare donazioni da destinare al Paese. Tra gli altri temi affrontati dalla nota dei vescovi, c’è quello della “responsabilità civile e politica” del Paese, soprattutto in conseguenza della nuova Costituzione - approvata con un referendum nell’agosto 2010, ma non ancora pienamente attuata - e in vista delle elezioni generali fissate per il 2012. “Per evitare violenze e disordini, già accaduti in passato, chiediamo a tutti i politici e a tutti i cittadini di dare testimonianza di coesione nazionale - scrive Giustizia e Pace - concertando gli sforzi per aiutare il Paese a realizzare la vera riconciliazione”. Dal canto suo, la Chiesa si è schierata in prima linea nell’implementare “la pacifica convivenza”, la cui necessità è stata ribadita anche nel Messaggio per la Quaresima, dedicato “alla trasformazione e alla giustizia”. D’altronde, continua la dichiarazione episcopale, il Kenya si trova in “una fase di transizione che richiede nuove strutture per assicurare, senza interruzione, i servizi alla popolazione”. E quindi, “il Paese ha bisogno di linee guida legislative che permettano la gestione del processo di transizione, evitando una crisi costituzionale”. Di qui, l’invito della Conferenza episcopale locale a tutti i politici e i cittadini, affinché guardino “all’unità” e “alla comprensione” reciproca. Centrale, allora, “l’educazione civica della popolazione”: “È responsabilità dello Stato – scrivono i vescovi – educare i cittadini ai valori nazionali e ai principi della governance e della democrazia”. Un’operazione la cui necessità la Chiesa ha ribadito più volte, chiedendo di “accelerare gli sforzi per assicurare che essa riesca nei tempi giusti ed evitando le manipolazioni politiche”. Dal canto loro, i cittadini sono chiamati al diritto-dovere del voto, in nome dei principi “della responsabilità e della partecipazione pubblica” dettati dalla Costituzione. Infine, Giustizia e Pace auspica un maggior coinvolgimento delle donne nella sfera politica e incoraggia i kenioti a “vagliare leader qualificati, dall’alta integrità e statura morale, in grado di porsi a servizio del Paese”. (I.P.)
L’Alto commissario Onu per i Diritti umani condanna la repressione in Siria
◊ Ieri l’Alto commissario dell’Onu per i Diritti umani, Navi Pillay, ha espresso la “più ferma condanna” delle Nazioni Unite per le violente repressioni delle truppe governative contro i manifestanti. Secondo le notizie pervenute all’Onu, infatti, solo negli ultimi giorni ben 145 persone sarebbero state uccise, di cui circa 120 nella sola Hama, dove l’esercito è entrato con i carri armati. Le autorità siriane - si afferma - da tempo cercano di nascondere la realtà impedendo ai giornalisti stranieri, come pure alle organizzazioni per la tutela dei diritti umani e alla commissione d’inchiesta incaricata dal Consiglio dei Diritti umani, di entrare nel Paese. “La persistente violazione dei diritti umani deve finire oggi”, ha detto il Commissario Pillay, avvertendo la Siria che “il mondo sta guardando questa carneficina”. L’Alto Commissario dell’Onu ha poi manifestato la propria vicinanza e solidarietà alle famiglie delle vittime causate fino a oggi dall’uso della “violenza riprovevole che questo governo sta usando contro il proprio popolo”. “Il governo ha l’obbligo di proteggere i suoi cittadini – ha aggiunto – l’uso della forza per ripristinare legge e ordine deve essere un’opzione di ultima istanza, ma sembra che in Siria sia la prima risposta alle dimostrazioni”. Il commissario Pillay ha concluso con l’auspicio che sia avviata a breve un’indagine trasparente sui fatti, condotta da una commissione d’inchiesta internazionale indipendente che indaghi sull’uso eccessivo della forza, sugli arresti arbitrari, i maltrattamenti e le torture cui molte persone sono state sottoposte. (R.B.)
Bolivia. Il cardinale Terrazas: condividere le ricchezze per combattere la povertà
◊ Non l’accumulo di ricchezze, ma la condivisione di queste con i poveri: questo il concetto di potere espresso dall’arcivescovo di Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, cardinale Julio Terrazas Sandoval, in una nota arrivata anche all’agenzia Fides in cui esprime la propria preoccupazione per le numerose famiglie che nel Paese versano in condizioni di grave indigenza, che spinge alcuni a commettere talvolta anche fatti delittuosi. Non sono, dunque, le minacce e la repressione i metodi adeguati per combattere la povertà sociale, ma è necessaria una distribuzione più equa della ricchezza: “Ovunque troviamo dolore e sofferenza, c’è tanta povertà e a volte la soluzione alla fame può essere rubare, un male che deriva dalla necessità di mangiare – scrive – dobbiamo fare qualcosa, dobbiamo arrivare al cuore dei nostri quartieri”. (R.B.)
Repubblica Dominicana. La denuncia dei vescovi: casi di colera in carcere
◊ Casi di colera tra i detenuti, a causa delle condizioni antigieniche in cui versano le carceri che hanno facilitato il contagio: questa l’accusa mossa dalla Commissione per la Pastorale nelle carceri della Repubblica Dominicana alla Direzione nazionale delle prigioni del Paese (Dnp), che risponde affermando che la situazione è sotto controllo. L’agenzia Fides riporta la denuncia della Commissione che chiede pubblicamente alla Dnp trasparenza e una concreta mobilitazione in favore della prevenzione. Secondo i dati della stampa locale, finora nella Repubblica Dominicana sono morte di colera circa 92 persone, dopo che la malattia è tornata a diffondersi nel Paese dalla vicina Haiti, dove ha causato invece seimila vittime, in seguito all’emergenza causata dal devastante terremoto di un anno e mezzo fa. (R.B.)
In Nepal aumenta il numero delle conversioni al cristianesimo
◊ Fiorisce la comunità cristiana in Nepal, dove aumentano le conversioni e i battesimi degli adulti che vengono celebrati nel corso di cerimonie pubbliche. Il Nepal, infatti, dopo la caduta della monarchia, è diventato uno Stato laico, ma ora una parte della classe dirigente vorrebbe reintrodurre l’induismo come religione di Stato, come accadeva prima del 1990, per porre un freno al dilagare delle conversioni. “Quando sono arrivato per la prima volta in Nepal, nel 1976, c’erano solo tre laici, tutti stranieri, che partecipavano alla Messa domenicale – è la testimonianza rilasciata ad AsiaNews del superiore regionale dei Gesuiti, padre Lawrence Maniyar – oggi, dopo 60 anni di presenza della Chiesa, ci sono circa ottomila cattolici”. La Chiesa cattolica, attraverso le missioni gesuite, ha fatto il suo ingresso in Nepal nel 1951 su invito del governo allora in carica, con il compito di educare i giovani e assistere i bisognosi, tanto che oggi le scuole gestite dai Gesuiti sono tra le più richieste. Oltre alle scuole, la Compagnia di Gesù in Nepal gestisce quattro parrocchie, tre centri sociali per orfani, tossicodipendenti e non vedenti, una scuola speciale per disabili e otto cliniche mobili, che riesce a tenere in piedi con il lavoro di soli 25 tra padri e fratelli e l’aiuto di suore e laici. “Nella difficoltà siamo veri discepoli di Cristo e abbiamo la possibilità di essere reali testimoni del Vangelo – ha concluso padre Maniyar – in altri Paesi la situazione è di gran lunga peggiore”. (R.B.)
Elezioni in Zambia. Cattolici ed evangelici lanciano un appello al voto responsabile
◊ Un accorato appello a votare candidati con programmi politici, economici e sociali convincenti che possano effettivamente ridurre la povertà e il degrado della società zambiana. A lanciarlo sono il Consiglio delle Chiese, la Conferenza episcopale cattolica e l’Associazione evangelica dello Zambia in una dichiarazione pastorale congiunta pubblicata in vista delle prossime elezioni politiche e amministrative previste quest’anno. Il messaggio vuole essere innanzitutto un richiamo a un voto responsabile affinché alla dirigenza politica del Paese vengano chiamate persone di alto profilo morale, competenti e sensibili ai bisogni della gente e quindi in grado di affrontare i suoi problemi. Persone che nello svolgimento di incarichi pubblici abbiano già dimostrato efficienza, integrità, attenzione per la giustizia sociale, apertura al dialogo e un autentico desiderio di servire il bene comune. Nel documento i leader cristiani invocano elezioni pacifiche, libere, eque e trasparenti e auspicano una campagna elettorale centrata su questioni concrete, come, tra l’altro, la lotta alla disoccupazione, l’accesso all’assistenza sanitaria, la creazione di infrastrutture, e in cui i media sappiano dare prova di imparzialità. Un appello viene quindi rivolto ai partiti in lizza affinché guardino oltre agli interessi di parte per il bene del Paese. (L.Z.)
La Chiesa Usa si prepara a commemorare l’11 settembre all’insegna della giustizia e del perdono
◊ Perdono, pace, riconciliazione. Sono le tre parole-chiave che la Chiesa cattolica degli Stati Uniti sta portando avanti in vista del decimo anniversario degli attacchi terroristici dell’11 settembre. Per commemorare nel modo migliore le migliaia di vittime dei quattro attentati compiuti dagli uomini di Al Qaeda, la Conferenza episcopale americana ha creato una sezione apposita sul proprio sito Internet, contenente sussidi liturgici e suggerimenti pratici per le celebrazioni di tale anniversario. “9/11. La Chiesa cattolica ricorda”, si intitola la sezione web, che si apre con una riflessione spicciola: “911. Per anni, questi numeri hanno significato semplicemente una chiamata al Pronto Intervento. Ora, essi ci ricordano anche l’11 settembre 2001, la data del peggior attacco terroristico agli Stati Uniti d’America ed uno dei giorni più tristi per la nazione americana”. In particolare, i vescovi danno alcune indicazioni per le omelie che verranno pronunciate quel giorno, suggerendone il tema principale: “la sfida del perdono”. “Bisogna consegnare al Signore la nostra rabbia ed il nostro desiderio di vendetta – scrivono i presuli – perché è compito di Dio, non nostro, punire coloro che hanno commesso del male. Non dobbiamo essere vendicativi, ma dobbiamo perdonare”. Tuttavia, prosegue la Conferenza episcopale, “perdonare un altro non significa assolverlo dalle sue responsabilità”, perché “la misericordia non esclude la giustizia o la necessità di conversione, ma apre un cammino di carità che le incoraggia e le promuove entrambe”. “Finché noi crediamo nel potere e nella misericordia di Dio – si legge nel sito Internet – avremo sempre la speranza”. E ancora: i vescovi ricordano che “siamo tutti peccatori, tutti abbiamo commesso del male. Eppure, Dio ci perdona e quindi anche noi dobbiamo perdonare gli altri”, poiché “Dio non ci perdona in quanto ce lo meritiamo, ma perché “è misericordioso”. Certo, ammettono i presuli, è più facile perdonare uno sgarbo o una piccola dimenticanza accaduta nella vita quotidiana, piuttosto che coloro che hanno perpetrato gli attacchi dell’11 settembre, considerati “avvenimenti troppo terribili da perdonare”. Eppure, è proprio qui che si rivela “la grande saggezza di Gesù”, perché “il perdono libera colui che lo mette in pratica dal fardello corrosivo della rabbia e dell’odio”. Perdonando, “diventiamo capaci di vivere con la pace e con l’amore invece che con l’odio, che tutto distrugge”. Ma attenzione, sottolinea ancora la Chiesa statunitense: “Gesù non ci spinge semplicemente ad essere passivi di fronte al male. Dobbiamo ancora lavorare per proteggere gli innocenti e per fermare i responsabili dei crimini contro l’umanità. Ma allo stesso tempo, siamo chiamati a perdonare, perché il perdono richiede di affrontare le situazioni in modo positivo e amorevole, non con la paura o con l’odio”. “Perdonare non significa non agire”, sottolinea nuovamente la Chiesa statunitense, indicando, poi, i numerosi i passi che gli americani possono compiere con il sostegno della fede: pregare per porre fine alle violenze, digiunare per la pace e la giustizia, imparare meglio la dottrina cattolica sulla guerra e sulla pace, praticare il dialogo interreligioso, dare testimonianza di valori cristiani come il rispetto della vita e la tutela della dignità umana, porsi al servizio dei più bisognosi, essere solidale con chi soffre e sperare sempre nella grazia di Dio. Infine, i vescovi offrono alcuni suggerimenti pratici su come celebrare le Messe dell’11 settembre, che quest’anno cade di domenica, la XXIV del Tempo Ordinario. I sacerdoti potranno scegliere una Messa per la pace e la giustizia, con paramenti bianchi, o una Messa del tempo di guerra, con paramenti viola, o una Messa in suffragio dei defunti. Suggerite anche alcune intenzioni di preghiera per tutte le vittime della violenza nel mondo, per la sicurezza dei militari e dei dipendenti pubblici, e per i leader di tutte le nazioni, “affinché lavorino insieme per la pace e per eliminare l’ingiustizia”. (A cura di Isabella Piro)
Lutto nel giornalismo per la morte di Vittorio Citterich, volto noto e stimato della Rai
◊ Lutto nel mondo del giornalismo per la scomparsa ieri sera a Roma, all’età di 81 anni, di Vittorio Citterich, volto storico della Rai. Stimato conduttore e vicedirettore del TG1, corrispondente da Mosca negli anni della Guerra fredda dal ’67 al ’70, autore di inchieste e servizi speciali, aveva anche guidato la struttura Rai Giubileo. Citterich nato a Salonicco, da madre greca, era cresciuto a Firenze, dove si era laureato in Legge, nella Facoltà dove insegnava Giorgio La Pira, di cui aveva seguito l’attività di sindaco sul Giornale del Mattino nel capoluogo toscano e così pure aveva firmato per il quotidiano Avvenire le cronache del Concilio Vaticano II. Tra i fondatori del settimanale Il Sabato, aveva scritto tre libri “Un Papa sull’orizzonte del Duemila (1979) (con Stanislaw Grygiel), “Un Santo al Cremlino, Giorgio La Pira (1986), Professore mi ricordo (1991). I funerali, per sua volontà, si svolgeranno in forma privata. (R.G.)
Conclusa la Hong Kong Book Fair, grande opportunità per l'evangelizzazione
◊ Una grande opportunità per l’evangelizzazione e lo scambio interreligioso: questa è stata la Hong Kong Book Fair che, precisa l’agenzia Fides, si è tenuta dal 20 al 26 luglio scorsi. A definirla così, durante la cerimonia di apertura e la benedizione della fiera internazionale, il vescovo John Kong: “La Chiesa - ha detto - può svolgere la missione di evangelizzazione attraverso le pubblicazioni, i libri e gli altri strumenti di comunicazione sociale”. D’accordo anche i volontari che hanno animato i 13 spazi espositivi della comunità cattolica diocesana: “Ogni cosa può diventare un’opportunità per l’evangelizzazione – è la loro testimonianza – anche il sorriso di chi sta alla cassa è il miglior modo per esprimere l’identità cattolica”. Quotidianamente, inoltre, per tutta la durata della manifestazione, si è svolto l’I-Talk, un incontro con sacerdoti e religiosi che hanno risposto alle domande dei partecipanti su temi di ampio respiro. (R.B.)
Siria: carri armati in piazza ad Hama dopo una notte di bombardamenti
◊ Fonti ufficiali siriane accusano ''gruppi terroristi armati" di avere rapito due agenti di polizia e di avere dato l'assalto a sedi di istituzioni pubbliche di Hama. Questa dunque la versione ufficiale degli episodi di violenza che proseguono per le strade di Hama, la città protagonista delle proteste contro il presidente Assad. Il servizio di Fausta Speranza:
La repressione continua: carri armati dell'esercito siriano hanno occupato la centrale piazza Oronto ad Hama dopo aver pesantemente bombardato la città per la terza notte consecutiva. Dunque oggi è piena di carri armati la piazza che è stata teatro delle più massicce manifestazioni in città dall'inizio delle proteste contro il regime di Bashar al Assad circa cinque mesi fa. Secondo testimonianze in loco, i bombardamenti hanno colpito il quartiere di al-Hader, lo stesso in gran parte raso al suolo nell'attacco del regime nel 1982 in cui almeno 20mila persone rimasero uccise. Intanto, è ancora stallo al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, diviso su una risoluzione di condanna del regime di Damasco. Secondo fonti diplomatiche si sarebbero registrati dei progressi nei negoziati, ma resta lontano l'accordo tra i quindici membri del Consiglio: Washington e Bruxelles sono a favore di una condanna, mentre Cina e Russia sono pronte a bloccare ogni risoluzione in questo senso.
Nato propone tregua in Libia per Ramadan. Missile verso nave italiana
Se il regime libico fermerà la sua offensiva durante il Ramadan, la Nato metterà uno stop alle bombe: l'offerta arriva oggi dal quartier generale dell'Alleanza, nel giorno in cui gli Usa fanno pressione sui ribelli chiedendo loro di agire per superare il momento critico creatosi dopo l'assassinio del loro comandante militare Younes. Nel generale stallo sui due fronti della guerra civile, nelle ultime ore si è combattuto per il controllo della strategica cittadina di Zliten, 160 km a est di Tripoli. E c’è da dire che si è appreso poco fa che stamane un missile è stato lanciato dalla Libia contro la nave della Marina militare "Bersagliere", che incrocia a largo delle coste libiche. Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ha spiegato che a due chilometri dalla fregata "Bersagliere al largo delle coste libiche e' stata segnalata dai radar la traccia di un missile caduto in mare'' aggiungendo che poteva essere un missile libico o anche un missile antiaereo caduto poi in mare. La memoria va al 1986, ai missili Scud lanciati contro l'isola di Lampedusa come rappresaglia al bombardamento aereo americano contro Tripoli. Intanto, una fonte dell'amministrazione Usa citata da Cnn rivela che le divisioni interne al fronte dei ribelli rappresentano un vero e proprio “dilemma” per Barack Obama, a poco più di due settimane dal riconoscimento formale del Cnt e alla vigilia di una serie di passi che consentiranno ai ribelli di riappropriarsi dei fondi congelati, tra i quali circa 13 milioni di dollari depositati sul conto dell'ambasciata libica in Usa, chiusa il marzo scorso dalle autorità statunitensi, e che i ribelli hanno chiesto formalmente di riaprire. Ma su questo punto, Mosca sottolinea che qualsiasi operazione riguardante gli asset libici di Gheddafi congelati all'estero richiede l'approvazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Tre morti per una bomba contro negozio di alcolici a Baghdad
Tre agenti di polizia sono rimasti uccisi e altre 15 persone, tra le quali sette civili, sono rimaste ferite nell'esplosione di una bomba contro un negozio che vendeva alcolici a Baghdad, secondo quanto riferisce l'agenzia irachena Aswat al Iraq. “L'attentato è avvenuto nel sobborgo meridionale di al Risala”, ha precisato una fonte dei servizi si sicurezza. Un altro agente di polizia era rimasto ucciso il 28 luglio a Kasra, quartiere nel nord di Baghdad, quando un'autobomba era stata fatta esplodere davanti a un gruppo di negozi di bevande alcoliche.
Ribadito impegno comune nel quarto incontro tra Usa, Pakistan e Afghanistan
Stati Uniti e Pakistan appoggiano gli sforzi dell'Afghanistan per avviare un processo di pace che metta fine al conflitto in corso nel Paese. Lo ha dichiarato l'inviato speciale americano nella regione, Marc Grossman. Nel corso di una conferenza stampa ieri sera al termine della quarta riunione del Gruppo di lavoro trilaterale (Usa, Pakistan e Afghanistan) svoltasi nella capitale pachistana, Grossman ha assicurato che Washington continuerà il suo impegno a lungo termine e gli investimenti nella regione. Alludendo alle difficoltà diplomatiche registrate nelle relazioni americano-pachistane a seguito del blitz che ha portato all'uccisione di Osama bin Laden ad Abbottabad il 2 maggio scorso di cui Islamabad era all'oscuro, l'inviato statunitense ha osservato che “alti e bassi sono una cosa normale in diplomazia” aggiungendo che Usa e Pakistan hanno “interessi condivisi che li spingono ad agire insieme”. Tali interessi condivisi, ha precisato, sono “il contrasto del terrorismo ed il sostegno al processo di pace concepito e gestito dall'Afghanistan”. La prossima riunione del Gruppo di lavoro trilaterale si terrà in novembre, mentre a dicembre si svolgerà a Bonn una Conferenza internazionale sull'Afghanistan.
Medio Oriente: Anp annuncia elezioni municipali il 22 ottobre
La Commissione Elettorale Centrale (Cec) dell'Autorità nazionale palestinese, guidata da Al Fatah, ha annunciato che elezioni municipali saranno indette il 22 ottobre prossimo solo in Cisgiordania e che i risultati della consultazione saranno annunciati 24 ore dopo la chiusura delle urne. Lo ha riferito oggi l'agenzia palestinese Maan, secondo la quale il Cec ha incolpato Hamas per l'impossibilità di indire le elezioni anche nella Striscia di Gaza, dove questo movimento islamico esercita il potere di fatto. Il Cec ha detto che Hamas ha impedito ai suoi funzionari di svolgere i necessari preparativi per le elezioni nella Striscia. Il portavoce di Hamas Sami Abu Zuhri ha replicato che l'accordo di riconciliazione dello scorso maggio tra Hamas e Al Fatah, le due maggiori fazioni rivali palestinesi, prevedeva una riforma del Cec che non è stata ancora attuata. Perciò “la Commissione non ha il potere di indire elezioni, Hamas non è stato consultato ed è quindi assolutamente normale che non accettiamo di darle la nostra cooperazione”. L'ultima volta che i palestinesi sono andati alle urne è stato per quelle legislative nel gennaio del 2006, vinte da Hamas con una maggioranza schiacciante.
Usa: l’accordo sul debito è legge dopo voto al Senato e firma di Obama
Alla fine il provvedimento che aumenta il tetto del debito Usa è arrivato sul tavolo del presidente Barack Obama che ha potuto firmarlo, mettendo così la parola fine ad una crisi che ha lasciato gli Stati Uniti per giorni con il fiato sospeso. Non sembra tuttavia averne tratto particolare beneficio Wall Street che ha chiuso con perdite oltre il 2%. Tiepido anche il riscontro delle agenzie di rating come Moody’s e Fitch che pur confermando l’affidabilità dei titoli Usa non danno in prospettiva un buon giudizio dell’economia americana. Il servizio di Elena Molinari:
Il provvedimento che innalza il tetto del debito Usa e che inizia a risanare la finanza americana è finalmente legge. Dopo un voto in extremis del Senato, il Congresso americano ha potuto presentare la misura a Barack Obama, che l’ha firmata. Una firma arrivata giusto in tempo per evitare il default, senza un intervento legislativo, infatti, dalla mezzanotte di ieri gli Stati Uniti non sarebbero più stati in grado di pagare i loro conti. Il “sì” è stato accompagnato da un respiro di sollievo nazionale, dopo le tensioni delle ultime settimane, ma il compromesso avrà dei costi economici e sociali: tanto che ieri Wall Street ha subito di nuovo pesanti perdite. Dopo la prima fase di tagli, infatti, la spesa interna per gli Stati Uniti il prossimo anno scenderà ai minimi dai tempi di Eisenhower e molti programmi per la classe media e i poveri dovranno essere sacrificati. Pochi minuti dopo l’entrata in vigore della legge, Obama si è rivolto agli americani per spiegare: “Bisogna a tutti i costi evitare il default - ha detto - per continuare il lavoro per una crescita più veloce e nuovi posti di lavoro”.
Tensione tra Khartoum e Onu sulla missione in Darfur
Il governo sudanese ha minacciato ieri di porre fine alla missione di pace mista Onu-Unione Africana nel Darfur (Unamid) se sarà modificato il suo mandato, rinnovato venerdì scorso per un anno. In precedenza, ieri, Khartoum aveva denunciato la risoluzione del Consiglio di Sicurezza sul rinnovo del mandato dell'Unamid perchè “contiene riferimenti negativi e obsoleti” che non riflettono la situazione sul terreno. Il Consiglio di sicurezza oltre a rinnovare il mandato dell'Unamid, aveva espresso “profonda inquietudine per il deterioramento della sicurezza in alcune zone del Darfur”. Il Ministero degli esteri sudanese aveva denunciato un “attacco deliberato” alla sovranità del Paese. L'Unamid è una delle più vaste operazioni dell'Onu, che vi partecipa con 23 mila militari e circa 4.000 dipendenti civili. Suo mandato è proteggere e aiutare i civili nella regione devastata dalla guerra civile, prevenire attacchi e sostenere l'attuazione dell'accordo di pace. Almeno 300 mila persone sono morte e un milione e 800 mila sono gli sfollati da quando nel 2003 è scoppiato il conflitto fra gruppi ribelli e il regime di Khartoum, secondo un bilancio dell'Onu.
Haiti resta senza candidato a premier mentre è emergenza maltempo
Haiti boccia la nomina a premier del giurista Bernard Gousse. Ieri il Senato ha votato contro l’ex ministro della giustizia proposto dal presidente haitiano, Michel Martelly, che ora dovrà scegliere un nuovo candidato. Sul Paese nel frattempo grava la minaccia della tempesta tropicale Emily, in arrivo anche sulla Repubblica Dominicana. Ad Haiti si teme soprattutto per centinaia di migliaia di persone che si trovano ancora in condizioni precarie dopo il disastroso terremoto del gennaio del 2010. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 215