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Sommario del 30/09/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa si congeda da Castel Gandolfo ricordando San Girolamo: "ignorare le Scritture è ignorare Cristo"
  • Udienze
  • La preghiera del Papa nel mese di ottobre dedicata alle Università cattoliche: sperimentino "l'armonica unità" tra fede e ragione
  • Il Papa in Sicilia. L'arcivescovo di Caltanissetta: la Chiesa, unico punto di riferimento per i giovani
  • Mons. Mamberti all’Onu: senza svolta etica in politica ed economia non saranno raggiunti gli obiettivi del Millennio
  • La Commissione mista cattolico-ortodossa ribadisce a Vienna l’impegno ecumenico
  • Resi noti i nomi dei consiglieri del delegato pontificio per i Legionari di Cristo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • India: sarà diviso in più settori il sito religioso di “Ayodhya” conteso da indù e musulmani
  • L'Ue chiede rigore ai governi contro la crisi. Moody's declassa il rating della Spagna
  • Rapporto mondiale sulla Dottrina sociale della Chiesa. Mons. Crepaldi: è segno di contraddizione
  • Convegno dei cappellani militari ad Assisi. Mons. Pelvi: promuovere la preghiera tra i soldati
  • Chiesa e Società

  • Le alluvioni spazzano il nord della Nigeria. A rischio il raccolto
  • Guatemala: ingenti danni alle infrastrutture dopo giorni di piogge torrenziali
  • Denuncia della Comece: migliaia di cristiani perseguitati nel mondo
  • Aperta a Zagabria la plenaria del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa
  • Pace, libertà religiosa e dialogo tra le sfide del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente
  • Libano: preoccupazione dei vescovi maroniti per la crescente tensione politica
  • La Chiesa degli Stati Uniti in difesa della vita nascente
  • Usa: la Consulta cattolico-ortodossa auspica un nuovo slancio nei rapporti tra le due Chiese
  • Etiopia: la visita del segretario generale del Cec al patriarca della Chiesa ortodossa
  • Congo: il parroco di Mbau minacciato di morte e rapinato da due banditi
  • Il cardinale Lehman sul 20.mo della riunificazione tedesca
  • La Cei illustra gli “Orientamenti pastorali” per i prossimi anni
  • Pompei: sarà il cardinale Re a presiedere la Supplica alla Madonna di domenica prossima
  • Accolta in Libano una copia della Sacra Sindone
  • Messaggio di Ban Ki-moon per la Giornata internazionale degli anziani
  • 24 Ore nel Mondo

  • Annuncio delle autorità birmane: Aung San Suu Kyi sarà liberata dopo le elezioni
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa si congeda da Castel Gandolfo ricordando San Girolamo: "ignorare le Scritture è ignorare Cristo"

    ◊   Accogliamo e viviamo ogni giorno, con semplicità e gioia, la Parola di Dio: è l’invito lanciato dal Papa, ieri pomeriggio, in occasione del congedo dal personale delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo. Benedetto XVI lascerà oggi pomeriggio la sua residenza estiva nella cittadina laziale per il rientro definitivo in Vaticano. Il servizio di Sergio Centofanti.

    Il Papa esprime la sua viva riconoscenza al personale delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo per il servizio svolto durante il suo soggiorno estivo. In particolare ha rivolto il suo ringraziamento al direttore, il dott. Saverio Petrillo. Nel suo saluto ha ricordato l’odierna memoria liturgica di San Girolamo, dottore della Chiesa del IV secolo, che pose “al centro della propria vita la Bibbia”, che tradusse in latino, la celebre Vulgata. L’esortazione del Papa è a mettersi, come San Girolamo, “in docile ascolto della Parola di Dio”, una “Parola che illumina, orienta, difende, consola, soccorre”:

    “Questo eminente dottore della Chiesa ammoniva che «ignorare le Scritture è ignorare Cristo». Perciò, è fondamentale che ogni cristiano viva in contatto e in dialogo personale con la Parola di Dio, donataci nella Sacra Scrittura, leggendola non come parola del passato, ma come Parola viva, che si rivolge oggi a noi e ci interpella”.

    “Ogni cristiano – ha proseguito il Papa - è chiamato ad accogliere e a vivere ogni giorno, con semplicità e gioia, la Parola di verità che il Signore ci ha comunicato”:

    “Ciascuno possa conoscere e assimilare sempre più profondamente la Parola di Dio, stimolo e sorgente della vita cristiana per tutte le situazioni e per ogni persona. La Vergine Santa è modello di questo ascolto obbediente: imparate da Lei!”.

    Il Papa aveva dedicato a San Girolamo l’udienza generale del 7 novembre del 2007 ricordando le due dimensioni del nostro rapporto con la Parola di Dio: dimensione personale, in quanto messaggio per ciascuno di noi, e comunitaria “per non cadere nell’individualismo”. Benedetto XVI aveva quindi spiegato come leggere la Bibbia:

    "Dobbiamo leggerla in comunione con la Chiesa viva …Non dobbiamo mai dimenticare che la Parola di Dio trascende i tempi. Le opinioni umane vengono e vanno. Quanto è oggi modernissimo, domani sarà vecchissimo. La Parola di Dio, invece, è Parola di vita eterna, porta in sé l'eternità, ciò che vale per sempre. Portando in noi la Parola di Dio, portiamo dunque in noi l'eterno, la vita eterna". (Udienza generale del 7 novembre 2007)

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    Udienze

    ◊   Il Santo Padre ha ricevuto oggi in udienza mons. Mieczyslaw Mokrzycki, arcivescovo di Lviv dei Latini; il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli; il cardinale Stanisław Ryłko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici; il prof. Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant' Egidio, con mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni- Amelia.

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    La preghiera del Papa nel mese di ottobre dedicata alle Università cattoliche: sperimentino "l'armonica unità" tra fede e ragione

    ◊   “Le Università Cattoliche diventino sempre più luoghi dove, grazie alla luce del Vangelo, sia possibile sperimentare l'armonica unità esistente tra fede e ragione”. Recita così l’intenzione del mese di ottobre 2010, affidata dal Papa all’Apostolato della preghiera. L’auspicio espresso dalla preghiera sintetizza uno dei temi più tipici e profondamente sentiti del magistero di Benedetto XVI, e al centro di molti suoi discorsi. Alessandro De Carolis ne ricorda alcuni in questo servizio:

    Una delle scene più rivelatrici di quanto a Benedetto XVI stia a cuore il ruolo dell’Università cattolica, in un’epoca che vive come se Dio non esistesse, è quella che le telecamere inquadrano il 21 ottobre 2006. Il Papa, appena giunto in visita all’Università Lateranense, scende dalla macchina e senza aspettare che il protocollo gli consegni una cornice più formale improvvisa nel piazzale un saluto nel quale è racchiuso tutto il suo pensiero su quella che chiama “la mia Università”, ma anche su tutte le altre che svolgono un servizio analogo:

    “Studiando le parole per trovare la Parola, siamo a servizio del Signore, a servizio dell’agire per il mondo, poiché il mondo ha bisogno della Verità, senza verità non c’è libertà, non siamo completamente nell’idea originale del Creatore”. (Visita all’Università Lateranense, 21 ottobre 2006)

    Il mondo che ha smarrito in larga parte la consapevolezza di essere stato creato da Dio, e che dunque ha bisogno di tornare a comprendere questa verità, è il concetto attorno al quale Benedetto XVI ha strutturato in questi anni gli interventi dedicati al lavoro degli atenei cattolici:

    “Porre al centro il tema della verità non è un atto meramente speculativo, ristretto a una piccola cerchia di pensatori; al contrario, è una questione vitale per dare profonda identità alla vita personale e suscitare la responsabilità nelle relazioni sociali. Di fatto, se si lascia cadere la domanda sulla verità e la concreta possibilità per ogni persona di poterla raggiungere, la vita finisce per essere ridotta ad un ventaglio di ipotesi, prive di riferimenti certi”. (Visita all’Università Lateranense, 21 ottobre 2006)

    Così, osserva in un’altra occasione, “la dimensione sociale si disperde in mille frammenti, mentre quella personale si ripiega su se stessa e tende a chiudersi a costruttive relazioni con l’altro e il diverso da sé. L’Università, invece, per sua natura vive proprio del virtuoso equilibrio tra il momento individuale e quello comunitario, tra la ricerca e la riflessione di ciascuno e la condivisione e il confronto aperti agli altri, in un orizzonte tendenzialmente universale”. Inoltre, insiste il Pontefice in quella circostanza, non c’è riforma che non sia collegata anche al rispetto della libertà: di insegnamento, di ricerca, di affrancamento dai “poteri economici e politici”:

    “Questo non significa isolamento dell’Università dalla società, né autoreferenzialità, né tanto meno perseguimento di interessi privati approfittando di risorse pubbliche. Non è di certo questa la libertà cristiana! Veramente libera, secondo il Vangelo e la tradizione della Chiesa, è quella persona, quella comunità o quella istituzione che risponde pienamente alla propria natura e al proprio fine, e la vocazione dell’Università è la formazione scientifica e culturale delle persone per lo sviluppo dell’intera comunità sociale e civile”. (Udienza all’Università di Parma, 1 dicembre 2008)

    L’Università è insegnamento, e quindi i docenti, ma anche crescita e formazione, e dunque gli studenti. “Credere nello studio” è la parola d’ordine che Benedetto XVI affida tre anni fa agli universitari cattolici. Credere nello studio, spiega, “vuol dire riconoscere che lo studio e la ricerca – specialmente durante gli anni dell’Università – posseggono un’intrinseca forza di allargamento degli orizzonti dell’intelligenza umana, purché lo studio accademico conservi un profilo esigente, rigoroso, serio, metodico e progressivo”. Da qui scaturisce per il Papa la possibilità di dare una…

    “… convinta testimonianza della ‘possibile amicizia’ tra l’intelligenza e la fede, che comporta lo sforzo incessante di coniugare la maturazione nella fede con la crescita nello studio e l’acquisizione del sapere scientifico (...) In effetti, perché ritenere che chi ha fede debba rinunciare alla ricerca libera della verità, e chi cerca liberamente la verità debba rinunciare alla fede? E’ invece possibile, proprio durante gli studi universitari e grazie ad essi, realizzare un’autentica maturazione umana, scientifica e spirituale”. (Udienza agli universitari della FUCI, 9 novembre 2007)

    In definitiva, afferma il Papa...

    “... ecco allora la grande sfida delle Università cattoliche: fare scienza nell'orizzonte di una razionalità vera, diversa da quella oggi ampiamente dominante, secondo una ragione aperta alla questione della verità e dei grandi valori iscritti nell’essere stesso. Aperta quindi al trascendente, a Dio”. (Discorso all’Università Cattolica del Sacro Cuore, 25 novembre 2005)

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    Il Papa in Sicilia. L'arcivescovo di Caltanissetta: la Chiesa, unico punto di riferimento per i giovani

    ◊   La Sicilia attende con gioia la visita del Papa, domenica prossima a Palermo. E' quanto sottolineato, stamani, in una conferenza stampa per l'evento nel capoluogo siciliano a cui ha partecipato anche l'arcivescovo di Palermo, mons. Paolo Romeo. Il presule ha espresso l'auspicio che la visita papale sia un'occasione di stimolo morale e di fede per la società siciliana. Tra le iniziative in occasione della visita anche un raduno ecclesiale regionale delle famiglie e dei giovani, in programma a Capaci sul tema “Lo sguardo del coraggio, per un’educazione alla speranza”. La due giorni di lavori, al via domani, avrà il suo culmine nell’incontro con il Papa, domenica prossima, in Piazza Politeama. Un appuntamento importante, che metterà in luce sfide e problemi dei giovani siciliani. Sulle aspettative dei giovani per la visita del Papa, il nostro inviato a Palermo, Salvatore Sabatino ha intervistato con mons. Mario Russotto, vescovo di Caltanissetta e delegato della pastorale per la Famiglia e per i Giovani:

    R. - Noi ci stiamo preparando già da tanto tempo a questo primo convegno delle Chiese di Sicilia che vede insieme i giovani e le famiglie che porteranno, appunto, le loro riflessioni anche al Papa. I giovani si aspettano, innanzitutto, la conferma nella fede, nella loro domanda di ricerca, di significato della vita. Chiedono di non sentirsi più soli dinanzi alle sfide della vita e, quindi, i giovani vogliono ritrovare anche la fiducia nella Chiesa e penso che questo convegno e questa visita del Santo Padre in Sicilia sia un attestato di vicinanza di prossimità ma anche una linea guida perché i giovani non perdano la fiducia nella vita e ritrovino il coraggio della speranza come dice lo slogan del nostro convegno.

    D. - Mons. Russotto, lei più volte ha sostenuto che i giovani in generale ma in particolare quelli siciliani corrono il rischio di accontentarsi e di accantonare le proprie aspirazioni. Cosa fare per evitare questo pericolo?

    R. - Bisogna intanto alimentare in loro il desiderio di futuro. Poi, bisogna anche educare i nostri giovani a sapere inventare lavoro, a non accontentarsi di fare i portaborse di questo o di quel politico, a non cercare il posto di lavoro dietro una scrivania. Devono smarcarsi da ogni tipo di compromesso assistenzialista e clientelare. Devono riuscire loro a edificare una civiltà dell’amore, una nuova società libera, una società fondata sulla fede, una società fondata sulla solidarietà.

    D. - Su una cosa non ci sono dubbi, i giovani sono il futuro del mondo. Non crede che la Sicilia abbia, purtroppo, puntato troppo poco sul proprio futuro?

    R. - Sì, io penso di sì. Abbiamo soltanto, tante volte, rappezzato il presente. I giovani di Sicilia hanno davvero tanta voglia di scommettersi su un futuro possibile e questo convegno lo testimonia e la vicinanza del Santo Padre conferma questa loro ricerca e questo loro desiderio.

    D. - Le difficoltà da affrontare anche lei per i giovani siciliani sono davvero tante. Cosa rappresenta per loro la Chiesa oggi?

    R. - Intanto, è l’unica ancora di salvezza per i nostri giovani ed è l’unica vera realtà che si occupa dei giovani perché tanti sfruttano i giovani. Anche la nostra società consumistica, anche le istituzioni spesso parlano dei giovani senza mai parlare con i giovani, senza mai lasciar parlare i giovani.

    D. - I giovani in questo incontro con il Papa racconteranno anche le loro storie, le loro difficoltà ma secondo lei che cosa lascerà come eredità questa visita?

    R. - Penso che il fatto che il Successore di Pietro venga nella nostra isola bella, seppur drammatica, sia un fatto straordinario, sia davvero un annullare completamente le distanze fra il vertice e la base e questo i giovani lo percepiscono. Dall’altra parte, quello che resterà nel loro cuore è l’attenzione del Vicario di Cristo nei confronti dei giovani: sanno di non essere soli.

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    Mons. Mamberti all’Onu: senza svolta etica in politica ed economia non saranno raggiunti gli obiettivi del Millennio

    ◊   Mantenere la pace: questo il mandato principale delle Nazioni Unite, rinnovato ogni anno attraverso il dialogo tra i rappresentanti degli Stati, convocati ogni anno nel Palazzo di Vetro dell’Onu. Lo ha sottolineato mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, nel suo intervento alla 65.ma Assemblea generale, in corso a New York. Il servizio di Roberta Gisotti.

    Dal 1945 capi di Stato e di governo, ministri degli Esteri di tutti i continenti arrivano ogni anno nel Palazzo delle Nazioni Unite per dibattere insieme – ha ricordato mons. Mamberti - “le risposte da dare alle grandi questioni relative alla gestione comune degli affari mondiali, specialmente in materia di pace, di sicurezza collettiva, di disarmo, di difesa dei diritti dell’uomo, di cooperazione allo sviluppo e di protezione dell’ambiente.” “Malgrado le imperfezioni delle sue strutture e del suo funzionamento – ha osservato il rappresentante della Santa Sede – l’Onu ha cercato di trovare soluzioni ai problemi internazionali di carattere economico, sociale, culturale e umanitario. Talvolta, il dialogo tra i leader delle Nazioni – ha ammesso il presule - “è stato più che altro, un confronto di ideologie opposte e di posizioni inconciliabili”; tuttavia le Nazioni Unite sono divenute un elemento irrinunciabile nella vita dei popoli e nella ricerca di un avvenire migliore per tutti gli abitanti della Terra”.

    Guardando ai risultati raggiunti nell’ultimo anno, mons. Mamberti ha plaudito anzitutto ai passi avanti segnati sulla via del disarmo, dal Trattato - di cui la Santa Sede è stata prima firmataria - che vieta l’uso delle armi a grappolo, in vigore dal primo agosto, alla conclusione positiva in maggio dell’ottava Conferenza sul Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, alla decisione di convocare per il 2012 una Conferenza per un Medio Oriente libero dalle armi nucleri e dalle altri armi di distruzione di massa; ed ancora in luglio la prima sessione del Comitato preparatorio della Conferenza convocata nel 2012 sul Trattato per il commercio di armi e infine la firma del Trattato “New Start”, tra Stati Uniti e Russia, per la riduzione ulteriore e limitazione delle armi strategiche offensive. Ma a fronte di tali progressi – ha deprecato il rappresentante vaticano – “le spese militari mondiali continuano ad essere eccessivamente ingenti e perfino ad aumentare.” Resta pure – ha osservato mons. Mamberti - “il problema dell’esercizio del diritto legittimo degli Stati ad un sviluppo pacifico del nucleare, compatibile con un controllo internazionale efficace della non proliferazione” atomica. Tra gli annosi conflitti, mons. Mamberti ha citato quello tra lo Stato di Israele e i Palestinesi, dove solo “il dialogo sincero, la fiducia e la generosità di saper rinunciare a degli interessi circoscritti e a breve termine, è la via per una soluzione durevole”, così pure la comprensione reciproca tra le parti coinvolte “è l’unica via per la riconciliazione” in Iraq e nel Myanmar, in Pakistan e in altri Paesi asiatici e anche per risolvere “le difficoltà etniche e culturali in Asia centrale e nella regione del Caucaso e per sedare tensioni ricorrenti in Africa”. “Nella maggior parte di questi conflitti – ha affermato mons. Mamberti – entra in gioco un elemento economico”. Per cui “un miglioramento sostanziale delle condizioni di vita della popolazione palestinese e degli altri popoli che vivono situazioni di guerra civile e regionale, apporterà certamente un contributo essenziale perché l’opposizione violenta si trasformi in dialogo sereno e paziente”.

    Rispetto agli obiettivi del Millennio da raggiungere entro il 2015, questi non saranno raggiunti – ha ammonito il rappresentante vaticano – senza il rispetto di due grandi imperativi morali. “Da un lato è necessario che i Paesi ricchi ed emergenti realizzino pienamente i loro impegni d’aiuto allo sviluppo” e si crei “un ambiente finanziario e commerciale nettamente favorevole ai Paesi più deboli”; “d’altro lato, tutti, poveri e ricchi, devono assicurare una svolta etica della politica e dell’economia, che garantisca un buon governo ed elimini ogni forma di corruzione”.

    Mons. Mamberti ha infine raccomandato il rispetto alla libertà religiosa, “pietra miliare di tutti i diritti umani” e il riferimento costante in ogni questione alla dignità dell’uomo e della donna, “a cominciare dal diritto alla vita anche dei più deboli come i malati in fase terminale e i bambini nascenti”.

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    La Commissione mista cattolico-ortodossa ribadisce a Vienna l’impegno ecumenico

    ◊   Si è svolto “in spirito di amicizia” e “fiduciosa collaborazione” il 12.mo incontro della Commissione mista per il Dialogo teologico tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa nel suo insieme, tenutosi a Vienna dal 20 al 27 settembre scorso. All’incontro, incentrato sul “ruolo del Vescovo di Roma nella Comunione della Chiesa nel Primo Millennio” hanno partecipato 23 esponenti cattolici, mentre erano rappresentate tutte le Chiese ortodosse, eccetto il Patriarcato di Bulgaria. I lavori della Commissione, informa un comunicato in lingua inglese, sono stati diretti dai due copresidenti, l'arcivescovo Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, e il metropolita Ioannis di Pergamo. La Commissione ha deciso di istituire una Sottocommissione per iniziare un’analisi degli aspetti teologici ed ecclesiologici del Primato nella sua relazione con la Sinodalità. Particolarmente significativa, è stato sottolineato, la scelta di Vienna, “ponte tra est ed ovest con una ricca vita ecumenica”. Il comunicato rammenta che Benedetto XVI, nell’udienza di mercoledì 22 settembre, aveva esortato i fedeli a pregare per il buon esito dei lavori della Commissione. Inoltre, ai partecipanti è stato indirizzato un messaggio del Patriarca ecumenico Bartolomeo. Oltre alle sessioni di lavoro, i partecipanti all’incontro sono stati ricevuti dal sindaco di Vienna, Michael Häupl. Sabato scorso, nella Cattedrale di Santo Stefano di Vienna, il cardinale Christoph Schönborn ha presieduto la Santa Messa alla presenza di membri ortodossi ed ha messo l’accento sulla dimensione d’amore del Primato petrino. Domenica 26 settembre, poi, i membri ortodossi hanno celebrato la Liturgia divina nella Cattedrale della Santissima Trinità di Vienna, presieduta dal metropolita Ioannis di Pergamo alla presenza dei membri cattolici. Durante l’incontro, è stato inviato un messaggio al cardinale Walter Kasper, ex presidente del dicastero per l’Unità dei Cristiani, per esprimergli gratitudine e apprezzamento per il suo impegno ecumenico. Infine, i membri della Commissione non hanno mancato di ricordare nelle preghiere mons. Eleuterio Fortino, cosegretario della Commissione mista fin dal suo avvio, scomparso proprio durante la riunione di Vienna. Tutti i membri della Commissione congiunta, conclude il comunicato, affidano l’impegno del dialogo alla preghiera dei fedeli. (A.G.)

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    Resi noti i nomi dei consiglieri del delegato pontificio per i Legionari di Cristo

    ◊   L'arcivescovo Velasio De Paolis, delegato pontificio per la Congregazione dei Legionari di Cristo, ha reso noti i nomi dei quattro consiglieri che lo assisteranno nell’adempimento dell’ufficio affidatogli da Benedetto XVI: si tratta di padre Agostino Montan (Giuseppino del Murialdo), vicario episcopale per la vita religiosa della diocesi di Roma; mons. Mario Marchesi, vicario generale della diocesi di Cremona; il padre gesuita Gianfranco Ghirlanda, ex rettore della Pontificia Università Gregoriana; il vescovo Brian Farrell (Legionario di Cristo), segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Mons. Ricardo Blázquez, arcivescovo di Valladolid, è stato nominato visitatore per il “Regnum Christi”.

    Il delegato pontificio, secondo il Decreto firmato il 9 luglio scorso dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, ha l’incarico di governare la Congregazione dei Legionari di Cristo a nome del Papa “per il tempo necessario a realizzare il cammino di rinnovamento e condurlo alla celebrazione di un Capitolo generale straordinario che avrà come scopo principale portare a termine la revisione delle Costituzioni”. I consiglieri, sempre secondo il Decreto, assistono il delegato “nell’adempimento del suo ufficio, secondo le circostanze e le possibilità", e "possono essere incaricati per compiti specifici, particolarmente per visite ad referendum. Con il loro aiuto, il delegato pontificio individua i temi principali, li discute, li chiarisce man mano che si presentano nel cammino che egli a chiamato a condurre”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La Bibbia è da conoscere e assimilare: il saluto del Papa ai dipendenti delle Ville Pontificie alla vigilia del rientro in Vaticano e della festa di san Girolamo.

    La promozione dei diritti umani obiettivo ultimo degli affari internazionali: nell'informazione internazionale, l'intervento dell'arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, all'Assemblea generale delle Nazioni Unite.

    In prima pagina, un fondo di Gabriele Nicolò dal titolo "Karzai, i talebani e il 'teatrino' della pace".

    Cecilia e la minestra del monastero: in cultura, Carlo Maria Cella sulla cantata di Arvo Part sulla vergine romana che sarà eseguita domani, nell'Aula Polo VI, alla presenza di Benedetto XVI.

    Anticipazione del discorso di Timothy Verdon che inaugurerà la mostra "Novecento sacro in Sicilia", allestita in occasione della visita del Papa, il 3 ottobre, a Palermo.

    Quel piccolo territorio che rese liberi il Papa e l'Italia: anticipazione dell'editoriale del numero in uscita de "La Civiltà Cattolica".

    Uno sguardo sulla frontiera: Emilio Ranzato ricorda il regista Arthur Penn.

    La Libreria Editrice Vaticana alla Buchmesse.

    Nell'informazione religiosa, un articolo dal titolo "I vescovi italiani rilanciano il prestito economico per le famiglie": la Cei si farà carico degli interessi nell'ambito del Fondo di garanzia istituito con le banche.

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    Oggi in Primo Piano



    India: sarà diviso in più settori il sito religioso di “Ayodhya” conteso da indù e musulmani

    ◊   Il sito religioso di Ayodhya, nel nord dell’India, conteso fra indù e musulmani, sarà diviso in parti uguali. Lo ha deciso oggi il tribunale dell’Uttar Pradesh. La decisione stabilisce che il terreno, sacro per le due religioni, sarà ripartito in più lotti, per permettere alla comunità induista di costruirvi un tempio e a quella islamica di ricostruire la moschea cinquecentesca di Babri Masjid, rasa al suolo dagli estremisti indù nel 1992. C’era il timore che la sentenza potesse rinnovare le violenze interreligiose che già allora provocarono almeno duemila morti. Le autorità di New Delhi, per prevenire qualsiasi tumulto hanno schierato circa 200 mila militari e poliziotti. Sul sito di Ayodhya, Emer McCarthy, della nostra redazione in lingua inglese, ha intervistato mons. Felix Machado, vescovo della regione di Vasai:

    R. – “Ayodhya” vuol dire “città della non violenza”, zona di pace. A chi appartiene questo luogo? Agli indù? Ai musulmani? E’ una cosa veramente creata dai politici. Per la gente semplice, in questo luogo c’è sempre stata pace e armonia. Ci sono, però, alcuni politici che vivono sempre sulla violenza: più c’è violenza e meglio è per loro. Questa, purtroppo, è la filosofia di queste persone. Direi che questa sentenza non creerà, in realtà, alcuna violenza, in India, tranne – forse – in alcune zone sensibili a queste questioni, dove c’è odio seminato dalle due parti: da alcuni musulmani contro gli indù e da alcuni indù contro i musulmani.

    D. – Come si stanno comportando le autorità indiane di fronte a questa situazione?

    R. – Devi dire che, grazie a Dio, il governo e anche l’opposizione hanno chiaramente chiamato la gente ad accettare qualsiasi decisione della corte e a non istigare alla violenza in India. Questa è una buona notizia. Mantenere la pace e l’armonia è necessario, come dice anche l’insegnamento della Chiesa cattolica: la guerra e la violenza non portano vantaggio a nessuno, sono sempre contro tutti, contro la vita. Ed è per questo speriamo e preghiamo che non ci sia nessuna violenza e che non ci sia linguaggio di odio …

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    L'Ue chiede rigore ai governi contro la crisi. Moody's declassa il rating della Spagna

    ◊   L'Unione Europea è messa a dura prova dagli scioperi che stanno paralizzando diversi Paesi comunitari. Ieri le manifestazioni hanno di fatto bloccato Spagna e Grecia. E all’indomani del primo sciopero generale dell’era Zapatero, l'agenzia internazionale di valutazione del credito, Moody's, ha tagliato il rating della Spagna per la debolezza delle prospettive economiche del Paese. Intanto il governo di Atene - dopo oltre 2 settimane di proteste dei camionisti - si prepara a far applicare un nuovo articolo di legge che prevede dure pene detentive per chi persiste in una protesta definita ''illegale''. Ieri a Bruxelles, anche i sindacati europei sono scesi in piazza contro le politiche di austerity promosse dall'Ue per stabilizzare i mercati finanziari. Questo, mentre il presidente della Commissione Ue Barroso presentava il nuovo piano per il rafforzamento delle sanzioni per i Paesi che non correggono gli squilibri nei conti pubblici. Secondo Barroso tali provvedimenti sono “nell'interesse dei lavoratori e dei segmenti più deboli della società”. Ce ne parla l’economista Giacomo Vaciago, docente di Politica Economica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, intervistato da Giada Aquilino:

    R. - Fare troppi debiti, abbiamo visto negli anni scorsi, prima o poi produce crisi, disoccupazione, frenate e guai ancora maggiori. In altre parole, nel documento di ieri della Commissione c’è un approccio di lungo periodo, che invita i 27 Paesi - e in particolare i 16 della zona euro - a guardare lontano e a tenere in equilibrio le loro finanze pubbliche. Il problema è quello di un piano di rientro: l’approccio suggerito da Bruxelles è in 20 anni; il che mi sembra risponda a chi teme che tutti insieme debbano domani fare grandi tagli, perché allora veramente rischieremmo di aggravare la situazione attuale. Questi documenti verranno discussi, con comodo, nei prossimi mesi a Bruxelles con i governi; alla fine nascerà una strategia di graduale rientro verso una situazione di equilibrio, che dice che negli anni normali lo Stato, il governo federale, non deve fare debito.

    D. - Nel frattempo la Spagna e la Grecia hanno scioperato; proteste ci sono state anche a Bruxelles contro le misure di austerità imposte agli Stati europei dalla nuova politica economica. Quale messaggio danno allora i lavoratori europei all’Unione Europea?

    R. – Attenzione a chi si fanno pagare i conti. Non possiamo, infatti, continuare ad avere una situazione in cui i vertici delle banche guadagnano miliardi e quando poi c’è la crisi si cacciano i lavoratori. La cosa grave della crisi è che qualcuno è più povero e qualcuno è più ricco ed ha tratto beneficio dalla bolla che è durata per qualche anno. Riguardo a ciò, guardandolo con gli occhi dell’equità, dobbiamo sapere che il messaggio va rovesciato: chi ha avuto troppo, deve pagare; e non chi ha avuto poco deve ora perdere anche quel poco che ha. Anche questo va fatto capire ai nostri governi. Un’attenzione ai valori dell’equità deve tornare fortissima proprio nel momento in cui si deve rientrare dalla “sbornia” degli anni scorsi.

    D. - E’ possibile tornare a tali valori di equità?

    R. - Spero che anche per questo ci siano state le proteste nei Paesi europei. L’illusione che stampando moneta si fosse tutti più ricchi è finita, spero; l’illusione che, spendendo soldi pubblici e debito pubblico, nessuno pagasse mai i conti, spero che sia finita anche questa. Adesso torniamo a ragionare in termini reali, perché senza crescita, non c’è benessere maggiore negli anni e quindi la priorità deve essere lo sviluppo. Le cose da fare per lo sviluppo le sappiamo: stimolare il merito, l’innovazione, l’accumulazione di capitale. Quindi l’attenzione alla crescita e l’attenzione all’equità nella distribuzione del prodotto sono i due valori che ci siamo un po’ dimenticati negli anni passati.

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    Rapporto mondiale sulla Dottrina sociale della Chiesa. Mons. Crepaldi: è segno di contraddizione

    ◊   Presentato in questi giorni a Trieste il secondo Rapporto mondiale sulla Dottrina Sociale della Chiesa, redatto dall’Osservatorio internazionale Van Thuan e pubblicato dall’Editore Cantagalli. Un’occasione significativa per mettere l’accento sull’attualità del Magistero ecclesiale, in particolare dopo la pubblicazione della “Caritas in Veritate”. D’altro canto, l’arcivescovo di Trieste e già segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, mons. Giampaolo Crepaldi, ha definito la Dottrina sociale della Chiesa “segno di contraddizione” dentro e fuori la Chiesa. Un aspetto, questo, sul quale si sofferma nell’intervista di Alessandro Gisotti:

    R. – Segno di contraddizione, in che senso? Nel senso che se la Dottrina sociale della Chiesa la consideriamo solo come un’etica, normalmente viene accettata, sia ad extra sia ad intra della Chiesa. Se invece la Dottrina sociale della Chiesa, per come è proposta dal Magistero, viene presentata come riferita alla tradizione apostolica, allora lì cominciano le resistenze. Perché? Perché sostanzialmente c’è oggi, ed il rapporto è ben documentato su questo, una specie di rifiuto della fede cristiana, che arriva in certe aree del mondo anche ad una persecuzione diretta.

    D. – Si potrebbe dire, citando anche la “Deus caritas est”, che l’amore, dunque la Dottrina sociale della Chiesa, non è mera filantropia?


    R. – Non è mera filantropia, perché se fosse mera filantropia, cadremmo nella prospettiva di ridurre la Dottrina sociale della Chiesa ad una sapienza sostanzialmente mondana. Invece, la prospettiva che viene delineata, mutuata evidentemente dal Magistero sociale della Chiesa, soprattutto degli ultimi due Pontefici, è una prospettiva molto più ampia e molto diversa.

    D. – La Dottrina sociale della Chiesa guarda alla persona nella sua integralità, non a compartimenti. Forse è qui anche la sfida, guardando ai tempi in cui viviamo...

    R. – Questo è uno degli aspetti caratterizzanti della Dottrina sociale della Chiesa: il principio personalistico. Lo aveva ben messo in luce Paolo VI con la Populorum Progressio. Quindi, non una visione della persona decurtata, ridotta solo ai suoi aspetti terreni, ma una persona che è anche aperta alla trascendenza. E qui cominciano i problemi, perché questa visione che è tipica della fede cattolica, va certamente a cozzare con altre antropologie, che hanno una visione molto più limitata, ristretta, della persona umana. Lo vediamo soprattutto nel campo delle biotecnologie.

    D. – Ci avviciniamo ad un appuntamento importante, le Settimane Sociali a Reggio Calabria. Quali sono le sue aspettative?

    R. – A me sembra che questo Paese abbia veramente bisogno di voltare pagina e di avere di fronte a sé una prospettiva di speranza e, dall’altra, uno sforzo nella direzione di elaborare un’agenda realistica per questo Paese, che possa ritrovare unità, che possa ritrovare il senso di una voglia di andare avanti, condivisa. Purtroppo, a me sembra che questo manchi. E poi il Paese ha anche bisogno di maggiore solidarietà.

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    Convegno dei cappellani militari ad Assisi. Mons. Pelvi: promuovere la preghiera tra i soldati

    ◊   I sacerdoti sono chiamati a farsi educatori di preghiera: è l’invito rivolto stamani dall’arcivescovo Vincenzo Pelvi, ordinario militare per l’Italia a conclusione del Convegno dei cappellani militari ad Assisi. “Annuncio del Vangelo e preghiera” il tema dell’incontro che ha visto riunirsi per quattro giorni duecento sacerdoti, in servizio o in congedo. Stamani la Messa conclusiva presieduta dall’arcivescovo Manuel Monteiro de Castro, segretario della Congregazione per i Vescovi. Sul messaggio del Convegno, Debora Donnini ha intervistato lo stesso ordinario militare, mons. Pelvi:

    R. – Ci si chiede, oggi, quale sia il servizio dei cappellani militari alla famiglia militare. Pregare è il primo servizio da rendere alla comunità militare. So che tante cose ci premono, però Dio è la prima priorità e il pastore precede, nella sua ricerca di trascendenza, i suoi fedeli. E allora, l’obiettivo e anche l’auspicio del nostro Convegno è di riservare il tempo necessario perché chi è vicino a Dio si avvicina anche agli uomini.

    D. – Molto impegnative sono le missioni dei cappellani militari, specialmente in Paesi come l’Afghanistan …

    R. – Le missioni internazionali, le missioni di sicurezza, sono possibilità offerte ai nostri militari, ai nostri cappellani per essere al servizio di comunità in difficoltà.

    D. – Voi avete ricordato anche i militari caduti nelle diverse missioni …

    R. – Direi che, in questi giorni, la preghiera è stata offerta al Signore anche per i nostri militari che hanno donato la vita al servizio del bene e della famiglia umana. Abbiamo pregato per le famiglie dei nostri militari che sono caduti nel servizio e la preghiera è, per queste famiglie, la sorgente di una speranza. E le nostre famiglie, con l’intercessione celeste dei militari defunti, riescono a guardare all’umanità offrendo la loro sofferenza per la scomparsa di una persona cara, di un figlio, di un marito, di un papà. Il Signore ci dia la gioia, la forza di guardare avanti perché tutto viene da Lui.

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    Chiesa e Società



    Le alluvioni spazzano il nord della Nigeria. A rischio il raccolto

    ◊   È emergenza alluvioni in tre Stati del nord della Nigeria, dove centinaia di migliaia di persone sono state colpite in vario modo dalle piogge torrenziali che da settimane imperversano nella regione. Il portavoce della Croce Rossa della Nigeria, parlando all’agenzia Misna, ha detto che al momento la situazione più critica si registra nello Stato di Sokoto, al confine con il Benin, dove piogge torrenziali e alluvioni hanno causato 20 vittime e colpito in vario modo 332.000 persone. In questa regione, per lo più nel distretto di Goronyo, gli sfollati sono 50.000. Nell’area sono stati allestiti decine di campi di accoglienza improvvisati per accogliere i senzatetto mentre le scuole sono state trasformate in centri di accoglienza. La situazione sanitaria è grave perché gli sfollati sono privi di cibo, di acqua potabile e di servizi igienici. Si teme la diffusione di epidemie di colera e di malaria. Precipitazioni molto superiori alla norma stagionale hanno spazzato anche il vicino stato di Kebbi, sul versante sud della frontiera con il Niger, e più a oriente lo stato di Jigawa. Resta difficile, almeno per ora, valutare le dimensioni di questa terza emergenza. Nei giorni scorsi il governatore di Jigawa aveva sostenuto che, anche a causa di alcuni errori nella gestione di due dighe sul fiume Hadejia, gli sfollati erano due milioni. Cifre e versioni non confermate dai responsabili della Croce Rossa nigeriana, che pure definiscono “critica” la situazione. “Di certo – sottolinea Soremekun – c’è che migliaia di persone hanno trovato rifugio nei campi per sfollati e negli edifici scolastici di due città, Marakawa e Sintilmawa”. La Croce Rossa sta inviando tonnellate di riso e di miglio, ma anche tende, vestiti e zanzariere. Preoccupa la diffusione di malattie come malaria e colera, caratteristiche degli ambienti umidi e insalubri. Alla “grave crisi umanitaria” nel nord della Nigeria ha fatto riferimento ieri anche Benedetto XVI, durante l’Udienza generale del mercoledì in Vaticano. Secondo le fonti dell'agenzia Misna i prossimi mesi saranno molto difficili, anche perché le alluvioni hanno devastato decine di migliaia di ettari di terreni coltivati a poche settimane dal raccolto. La devastazione delle colture rischia inoltre di provocare un rincaro dei prezzi delle derrate alimentari. La regione infatti, grazie al suo sistema di opere idriche, fornisce la maggior parte del cibo prodotto nel Paese, una parte del quale viene esportato nei Paesi vicini, a loro volta colpiti di recente da una forte penuria alimentare. (M.G.)

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    Guatemala: ingenti danni alle infrastrutture dopo giorni di piogge torrenziali

    ◊   Migliaia di persone senza casa, pozzi contaminati, strade interrotte è questa la situazione in diverse zone del Guatemala, dopo i danni causati dalle forti piogge di questi ultimi giorni, di cui da notizia un rapporto molto dettagliato della Caritas locale inviato all’agenzia Fides. Nel documento si afferma che le comunità di Lotes Linda Mar, Los Magueyes e Barrita Vieja sono quelle che hanno maggiormente sofferto per l’esondazione del fiume Achiguate nella prima settimana di settembre. Di conseguenza le forti piogge sono state sufficienti per inondare la strada e i dintorni, poi a causa della tempesta tropicale Mathew, la situazione è peggiorata ulteriormente. Le inondazioni sono causate dal cambio di direzione del fiume Achiguate e il fenomeno è grave in quanto si verifica senza che il fiume raggiunga il livello di allerta. Il rapporto della Caritas evidenzia poi che 280 pozzi d'acqua sono stati contaminati dall’inondazione. A Puerto de Iztapa si contano 3.130 sfollati, a Municipio de Nueva Concepción se ne contano 3.954 sfollati; inoltre sono state segnalate diverse frane. Inondazioni si sono verificate nel comune di Tactic, Alta Verapaz, dove è straripato il fiume Cahabón, causando danni a cinque case della comunità Chacal: 35 persone sono state costrette a sgomberare e a ripararsi in alloggi di fortuna. (M.G.)

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    Denuncia della Comece: migliaia di cristiani perseguitati nel mondo

    ◊   “La persecuzione per motivi religiosi è ancora oggi presente in tutto il mondo. Il 75% delle morti collegate a crimini a sfondo religioso riguarda i cristiani. Ogni anno 170.000 cristiani soffrono a causa della loro fede”. Sono questi i presupposti che hanno portato la Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità Europea (Comece) a promuovere una conferenza sulla persecuzione dei cristiani, che si svolgerà a Bruxelles (Belgio) il prossimo 5 ottobre. L’iniziativa, come sottolineano gli organizzatori in una nota inviata all’agenzia Fides, vede al fianco della Comece vari gruppi parlamentari del Parlamento europeo, in collaborazione con l’Opera di diritto pontificio “Aiuto alla Chiesa che soffre” e l’organizzazione non governativa “Open Doors International”. “Il numero totale dei fedeli discriminati per la loro fede religiosa si aggira intorno ai 100 milioni e quindi la comunità cristiana è il gruppo più consistente perseguitato per motivi di fede. La persecuzione consiste anche nell’ostacolare la proclamazione della fede, nel sequestro e nella distruzioni di luoghi di culto o nel vietare l’educazione religiosa.” Pertanto la Comece e i suoi partner lanciano un appello accorato: “L’Europa non può rimanere passiva! L’Unione Europea deve accettare la propria corresponsabilità in materia di protezione della libertà religiosa nel mondo”. In occasione della conferenza la Comece presenterà il suo rapporto sulla libertà religiosa che include una serie di raccomandazioni per le istituzioni dell’Unione Europea. Nell’ambito della conferenza prenderanno la parola anche mons. Eduard Hilboro Kussala, vescovo cattolico di Tomura-Yambio (Sud Sudan) e mons. Louis Sako, vescovo caldeo di Kirkuk (Iraq). (R.P.)

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    Aperta a Zagabria la plenaria del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa

    ◊   Si è aperta oggi a Zagabria, in Croazia, l’assemblea plenaria del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee). I lavori, che si concluderanno domenica 3 ottobre, impegneranno i vescovi intorno al tema centrale della plenaria “Demografia e famiglia in Europa”. Stamani, durante la conferenza stampa d’apertura, il cardinale Peter Erdö, presidente del Ccee, ha parlato di un rapporto sul crollo demografico nel Vecchio continente, facendo notare che tutte le misure adottate per appoggiare la famiglia migliorano le condizioni di tutta la società. Infine, di fronte alle correnti che vogliono cambiare il concetto di famiglia a livello della legislazione, il cardinale ha ribadito la necessità di difendere il matrimonio indissolubile tra un uomo e una donna, aperto alla vita. Sulla questione è intervenuto anche il cardinale Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux e vice-presidente del Ccee, che ha parlato dell’invecchiamento della popolazione in Francia con le sue conseguenze, tra le quali il problema urgente dell’assistenza alle persone anziane. Rispondendo alle domande dei giornalisti sulla questione dei Rom in Francia, il cardinale Ricard ha detto che la vicenda va risolta a livello europeo e non solo nazionale. La seconda parte della plenaria si concentrerà sul servizio del Ccee alla Chiesa in Europa. Si parlerà anche di dialogo ecumenico, di rapporti tra Chiesa e Stato e dialogo con le istituzioni europee. Sono anche previste alcune brevi comunicazioni su temi di attualità, quali la sfida delle sette, la presenza in Europa delle comunità itineranti e la Gmg di Madrid 2011 nonché la presentazione delle attività dell’Osservatorio sui casi di discriminazione e di intolleranza verso i cristiani in Europa. Le giornate saranno scandite da tempi di preghiera e da celebrazioni eucaristiche, tra cui la liturgia di domenica 3 ottobre nella cattedrale di Zagabria, in occasione della chiusura delle celebrazioni per il 50.mo della morte del Beato cardinale Alojzije Stepinac. Insieme ai presidenti degli Episcopati d’Europa partecipano anche all’incontro il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, l’arcivescovo Mario Roberto Cassari, nunzio apostolico in Croazia e i delegati del Secam (Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar) e del Celam (Consiglio Episcopale Latinoamericano).

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    Pace, libertà religiosa e dialogo tra le sfide del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente

    ◊   “Dare la massima visibilità alla Chiesa cattolica in questa regione così vitale nella storia del cristianesimo, che pure da 2000 anni è attraversata da tensioni, conflitti, rivolgimenti religiosi e politici”. Così l'arcivescovo Nikola Eterović, Segretario generale del Sinodo dei vescovi, spiega al sito Terrasanta.net l’importanza del prossimo Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente che si terrà in Vaticano dal 10 al 24 ottobre. Nell’intervista, ripresa dall'agenzia Sir, il segretario del Sinodo parla delle novità di questa Assemblea speciale in cui l’arabo sarà “una delle lingue ufficiali”. Secondo il presule, sarà ricordato anche il ruolo della letteratura arabo-siriaca non solamente nelle tradizioni delle Chiese orientali ma anche nella formazione della cultura araba. Le comunità cristiane arabe – ricorda mons. Eterović - rappresentano un ponte naturale con l’islam. Altro tema è quello dell’educazione nella fede ed un ruolo particolare sarà riservato ai giovani. È molto importante che essi conoscano la Bibbia, sia l'Antico che il Nuovo Testamento. Questo avrà anche dei riflessi sul dialogo essenziale con l’ebraismo, che è uno dei grandi obiettivi del Sinodo, così come lo è il dialogo difficile ma necessario con l’islam”. Tra le sfide che i cristiani devono affrontare in questa regione, il Sinodo affronterà quella della mancanza di libertà di religione che non si concilia con l’esigenza di testimonianza del Vangelo. “L’auspicio – spiega l’arcivescovo - è che si possa raggiungere la pace nella giustizia, e che il Sinodo possa segnare un passo avanti in questa direzione: se siamo autentici discepoli di Cristo, siamo anche operatori di pace. I cristiani, pur essendo una minoranza – prosegue mons. Nikola Eterović -, possono dare un contributo formidabile nel cambiamento delle mentalità, a cominciare dal cuore riconciliato con Dio e con il prossimo e alla costruzione di una regione pacifica. Pur non avendo pretese politiche nell’assise sinodale che è di natura pastorale, - conclude mons. Eterović - non si potrà evitare di parlare anche di come migliorare concretamente la situazione di grande difficoltà in cui vivono i cristiani in molti Paesi”. (M.G.)

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    Libano: preoccupazione dei vescovi maroniti per la crescente tensione politica

    ◊   Il patriarcato maronita del Libano esprime grande preoccupazione per il clima crescente tensione che si respira fra la maggioranza politica al governo ed Hezbollah in vista del verdetto tribunale dell’Onu sull’omicidio dell’ex presidente libanese Rafic Hariri. Nel comunicato finale della riunione mensile dell’assemblea dei vescovi maroniti, radunati sotto la presidenza del cardinale Nasrallah Sfeir, i presuli si dichiarano “allarmati oltre ogni misura per la tensione crescente fra le diverse fazioni del Paese, che minaccia di trasformarsi in guerra di quartiere”. La parole dei vescovi, riprese da AsiaNews, sono state pronunciate alla luce dell’acuirsi dello scontro tra il primo ministro Saad Hariri e gli Hezbollah che, solo due giorni fa, si sono detti contrari al finanziamento libanese del tribunale dell’Onu che ha il compito dell’inchiesta sull’assassinio di Rafic Hariri, a cui Beirut partecipa per il 49% delle spese. Posizione che contraddice in modo diretto quella del premier, che ieri ha affermato quanto sia importante “non dimenticare il sangue del martire Rafic Hariri”. Gli Hezbollah accusano inoltre il tribunale speciale per il Libano (Tsl) di essere “al soldo di Israele” e temono che l’organismo delle Nazioni Unite li accusi di essere implicati nell’assassinio, un’eventualità che non è mai stata né detta, né confermata dal tribunale, che ha la base all’Aja, nei Paesi Bassi. Questa possibilità fa temere il peggio. Il deputato maronita Sleiman Frangieh, amico personale del presidente siriano Bachar el-Assad, giorni fa ha messo in guardia che un atto di accusa verso gli Hezbollah significherebbe una guerra fra sunniti e sciiti in Libano. Da parte sua, Walid Mouallem, ministro siriano degli esteri, in un’intervista al Wall Street Journal ha dichiarato: “Siamo convinti che una condanna degli Hezbollah da parte del Tsl sarà un fattore di problemi in Libano”. La tensione va crescendo proprio mentre la maggior parte dei vescovi cattolici del Paese si preparano a recarsi a Roma per partecipare ai lavori del Sinodo delle Chiese del medio oriente, che si tiene in Vaticano dal 10 al 24 ottobre. (M.G.)

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    La Chiesa degli Stati Uniti in difesa della vita nascente

    ◊   Il cardinale Daniel Di Nardo, arcivescovo di Galveston-Houston e presidente del Committee in Pro-Life Activities della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, ha esortato tutti i cattolici americani a partecipare alla veglia di preghiera, promossa da Benedetto XVI, in favore di tutte le vite umane nascenti, che si terrà nella notte tra sabato 27 e domenica 28 novembre, all'inizio del periodo liturgico d'Avvento. L’appello del porporato arriva in occasione dell’apertura, prevista per domani venerdì 1° ottobre, del Respect Life Month. “La perdita anche di un solo neonato — ha sottolineato l'arcivescovo ripreso dall’Osservatore Romano — e il dolore che provano il padre e la madre in conseguenza di un aborto dovrebbe rendere imperativo il raddoppio dei nostri sforzi per porre termine all'aborto legalizzato”. Il porporato ha quindi spiegato che “oltre un milione di bambini innocenti muoiono ogni anno a causa dell'aborto, una piaga che tuttora persiste nella nostra cultura”. Tuttavia, per il cardinale “sono consolanti i numeri declinanti degli aborti eseguiti ogni anno sia per la diminuzione demografica delle donne in età fertile e sia per la crescente consapevolezza della piena umanità del bambino che non è ancora nato”. Nel messaggio, il cardinale si rammarica per “la sempre più ampia frattura tra i principi morali espressi dalla maggioranza degli americani e i provvedimenti presi dal Governo”. Per esempio “benché la gran parte degli americani si oppone ad ogni finanziamento pubblico che possa favorire l'aborto, nel marzo di quest'anno il Congresso ha approvato un progetto di riforma sanitaria che consente che fondi federali destinati alla ricerca scientifica vengano spesi per programmi sanitari che includono anche la pratica abortiva”. Il porporato ammonisce quei “ricercatori che prevedono di distruggere la vita umana allo stadio ancora embrionale per le loro indagini scientifiche sulle cellule staminali”. Recentemente, una ricerca statistica commissionata dal Secretariat of Pro-Life Activities della Conferenza episcopale degli Stati Uniti ha evidenziato che il 57% degli intervistati sono favorevoli che i fondi federali siano spesi solo per ricerche sulle cellule staminali che non siano lesive per il donatore. Solo il 21% degli intervistati si è dichiarato favorevole a ricerche che richiedono l'uccisione di embrioni umani. Dopo aver sottolineato le nefaste conseguenze che potrebbe avere l'approvazione di una legge che consenta il suicidio assistito, il cardinale Di Nardo ha dichiarato, infine, che “la Chiesa offre una visione positiva della dignità di ciascuno essere umano, senza eccezione. Ciascun essere è ugualmente amato da Dio ed è ugualmente meritevole di amore e di rispetto”. (M.G.)

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    Usa: la Consulta cattolico-ortodossa auspica un nuovo slancio nei rapporti tra le due Chiese

    ◊   I tentativi di conversione di membri di altre comunità cristiane condotti da alcuni gruppi evangelici e pentecostali; la situazione in Terra Santa alla luce degli ultimi negoziati; il punto sui recenti passi avanti del dialogo ecumenico. Sono le principali questioni affrontate dalla Consulta cattolico-ortodossa degli Stati Uniti (United States Oriental Orthodox - Roman Catholic Consultation), che si è riunita nei giorni scorsi nel Centro spirituale passionista di New York sotto la co-presidenza del vescovo di Albany, mons. Howard James Hubbard, e del chorepiscopos John Meno, della Chiesa siro-ortodossa di Antiochia. Riguardo il primo punto, riferisce l’Osservatore Romano, si è discusso sulle risposte pastorali da dare di fronte al proselitismo di evangelici e pentecostali negli Stati Uniti e in altri Paesi. Da parte cattolica, padre Juan Luis Calderon, dell'arcidiocesi di Newark, ha tenuto una relazione sull'esperienza di Dio nella comunità ispanica. Altre riflessioni sono venute da padre Daniel Findikyan, che ha focalizzato il suo intervento sulla Chiesa armena, e da padre Yacob Ghaly, il quale ha sottolineato come, in Egitto, questi tentativi di conversione abbiano indebolito l'antica Chiesa copto-ortodossa. Fratel Austin David Carroll, della Catholic Near East Welfare Association, si è soffermato — come riferisce il sito della Conferenza episcopale statunitense — sulle politiche della Santa Sede riguardanti la Terra Santa e lo status di Gerusalemme. Nel suo intervento, Carroll ha ripercorso le vicende storiche più significative e i principali negoziati svoltisi negli ultimi anni, precisando come la Santa Sede abbia sempre sostenuto il mantenimento delle caratteristiche religiose di Gerusalemme, l'uguaglianza dei diritti delle comunità appartenenti alle tre maggiori confessioni presenti in città, la preservazione dei luoghi santi e la libertà di culto e di accesso per residenti e pellegrini. La riunione di New York ha permesso inoltre di approfondire la situazione delle Chiese ortodosse orientali e il loro dialogo con i cattolici, in particolare in India, e il significato della costituzione apostolica di Benedetto XVI Anglicanorum coetibus, sull'istituzione di ordinariati personali per gli anglicani che entrano nella piena comunione con la Chiesa cattolica. (M.G.)

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    Etiopia: la visita del segretario generale del Cec al patriarca della Chiesa ortodossa

    ◊   L’impegno umanitario della Chiesa ortodossa etiope nel quadro del processo di sviluppo della regione. E’ questo il tema al centro della vista del Segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese (Cec), reverendo Olav Fykse Tveit, al patriarca Abune Paulos, della Ethiopian Orthodox Tewahedo Church, al presidente etiope Girma Woldegiorgis, avvenuta nei giorni scorsi in occasione della festa della Santa Croce promossa dalla Chiesa Ortodossa in Etiopia. La visita in Etiopia del reverendo Tveit, è stata la seconda tappa di un viaggio in Africa come Segretario generale del Cec, che lo ha visto anche in Kenya. Secondo quanto riferisce l’Osservatore Romano, il patriarca Abune Paulos, che è anche uno dei sette presidenti del Consiglio Ecumenico delle Chiese, e il reverendo Tveit hanno analizzato il successo dello strumento di sviluppo della Chiesa in Etiopia che è la Commissione di aiuto interecclesiale (Inter-Church Aid Commission, Dicac) fondata nel 1972. “Penso che quello che state facendo qui in Etiopia — ha detto Tveit — sia un buon esempio di come lo sviluppo può lavorare all'interno dell'Act Alliance”. L'Act Alliance è diventata una delle maggiori organizzazioni legate alla Chiesa nel mondo che opera in materia di aiuti umanitari e di sviluppo. Essa rappresenta cento Chiese nel mondo, molte delle quali appartengono al Cec. Anche la Chiesa etiope è stato uno dei membri fondatori del Cec. “Mi auguro — ha proseguito il Segretario generale — che possiate continuare a sviluppare questo modello, di condividerlo in diversi modi e di portarlo come esempio al Consiglio e alla rete dell'Act Alliance che noi rappresentiamo”. La Didac opera in tutta l'Etiopia per mezzo di una rete di Chiese e di altri partner impegnati a ridurre la povertà. I loro programmi includono aiuti di emergenza, sicurezza alimentare, risanamento, sviluppo, sostegno dei rifugiati e dei rimpatriati, prevenzione e attività volte a controllare l'Hiv/Aids. Nel corso dell'incontro Tveit ha spiegato il cambiamento di mandato del Cec che da partner di finanziamento è diventato partner strategico del movimento ecumenico. “Il Cec — ha sottolineato Tveit — è chiamato a collegare partner ecumenici con le Chiese membro per riflettere su come, perché e cosa dobbiamo fare insieme. Penso che il ruolo del Cec sia quello di riunire le Chiese e agire come partner nell'ambito della nuova Act Alliance che, a mio avviso, è un'espressione autentica della chiamata della Chiesa. Dobbiamo assicurarci che l'Act diventi realmente ciò che per cui è stata creata: azione comune delle Chiese”. (M.G.)

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    Congo: il parroco di Mbau minacciato di morte e rapinato da due banditi

    ◊   Padre Augustin Mbusa, assunzionista, parroco di Mbau, nel territorio di Beni, nel nord Kivu, nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo, è stato minacciato di morte e rapinato da alcuni uomini che indossavano l’uniforme dell’esercito congolese (Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo- Fardc). Secondo quanto riporta il giornale Beni-Lubero Online ripreso dall'agenzia Fides, ieri sera, mentre il parroco stava chiudendo le porte della parrocchia, un uomo in uniforme militare lo ha afferrato e gli ha puntato un’arma alla testa. Subito dopo è apparso un complice in abiti civili. I due uomini, dopo aver minacciato di morte padre Augustin, gli hanno chiesto del denaro. Il sacerdote è stato costretto a consegnare il contante che era nelle sue disponibilità. Nel frattempo l’arrivo di alcuni giovani ha convinto i banditi a darsi alla fuga. L’episodio è solo uno dei tanti atti di violenza e di banditismo che colpiscono la regione. “Il settore di Mbau - scrive Beni-Lubero Online - è tra quelli più colpiti del territorio di Beni dalle violenze delle Fardc e di quelli che si chiamano i ribelli ugandesi Adf-Nalu, che affrontano la popolazione civile” Nel caso dei soldati regolari questo è dovuto al fatto che la truppa non riceve la propria paga. “Intervistati, alcuni soldati delle Fardc accusano Kinshasa (capitale del Paese) e Goma (capoluogo del Nord-Kivu) di stornare le loro paghe e di non equipaggiarli come si deve per condurre l’operazione Ruwenzori. Così, affamati, i militari usano le armi come mezzo di sopravvivenza” scrive il giornale locale. L’operazione Ruwenzori è stata avviata in estate dalle Fardc contro i ribelli ugandesi Adf (Allied Democratic Forces)-Nalu. L’azione militare è stata criticata dalle organizzazioni umanitarie locali e dai rappresentanti della società civile per le sue conseguenze sulla popolazione locale. Secondo Radio Okapi (finanziata anche dall’Onu), a luglio, più di 30mila persone erano dovute fuggire dall’area dove erano in corso le operazioni militari. Anche i missionari che operano nella regione hanno più volte denunciato questa situazione. (R.P.)

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    Il cardinale Lehman sul 20.mo della riunificazione tedesca

    ◊   In occasione del 20.mo anniversario delle riunificazione della Germania, che ricorre il 3 ottobre, il cardinale Karl Lehmann, all’epoca presidente della Conferenza episcopale tedesca, è tornato sugli storici eventi del 1990 in un’intervista all’agenzia di stampa Kna. “Considero la riunificazione una dei pochi grandi eventi positivi della nostra epoca”, ha detto Lehmann, “quasi un sogno lontano improvvisamente realizzato. È un grande dono che certamente ha richiesto grandi sforzi per essere realizzato”. Il porporato ha posto poi l’accento sulle grandi differenze tra i tedeschi dell’Est e dell’Ovest, che si osservano anche dal punto di vista spirituale: “L’ateismo imposto per decenni dallo Stato ha modificato lo spirito e il senso delle persone”, ha detto, ammettendo che “le Chiese non sono ancora riuscite a ottenere un cambiamento in questo senso”. Per il futuro, Lehmann ha auspicato che tutti i Länder tedeschi affrontino insieme i problemi, in particolare quello dei “valori fondamentali comuni nella società e nello Stato” e del “pluralismo etico e religioso”. (M.G.)

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    La Cei illustra gli “Orientamenti pastorali” per i prossimi anni

    ◊   “Educare alla vita buona del Vangelo” è il tema scelto per gli “Orientamenti pastorali” della Chiesa italiana nei prossimi 10 anni, che saranno pubblicati il prossimo 28 ottobre. L’annuncio è stato dato ieri sera in una nota, ripresa dal Sir, sui lavori del Consiglio episcopale permanente della Cei, a firma di mons. Domenico Pompili, Sottosegretario e Portavoce della Conferenza Episcopale Italiana. “Come è noto, lo scorso 27 maggio, erano stati tutti i Vescovi italiani ad approvare nel suo complesso il testo – si legge nel comunicato -, demandando poi ad un gruppo redazionale il compito di rivederne alcuni passaggi, in base alle osservazioni emerse in assemblea generale”. “Si avvia così – prosegue la nota - un percorso che spinge verso una nuova stagione di evangelizzazione, che intercetta domande diffuse nella società e attese presenti nella comunità cristiana, in modo da rinnovare una proposta più attenta alla vita delle persone, con una nuova attenzione ai giovani e agli adulti”. La nota passa poi ad esaminare l’ormai prossima “Settimana sociale” che si svolgerà a Reggio Calabria dal 14 al 17 ottobre, e che avrà come tema: “Cattolici nell’Italia di oggi. Un’agenda di speranza per il futuro del Paese”. Al riguardo sono state fornite le ultime informazioni, che attestano sin d’ora un’ampia partecipazione di laici, in misura rilevante giovani, provenienti da tutto il Paese”. “L’obiettivo della Settimana è di favorire quella maturazione culturale che sempre meglio raccordi la fede e la vita – prosegue il testo diffuso ieri sera da mons. Pompili -, creando anche un terreno di incontro con il mondo laico e, nel contempo, favorisca la crescita di una nuova generazione di laici cattolici attenti al bene comune e preparati per il servizio politico, come auspicato da Benedetto XVI e dal cardinale Bagnasco”. La nota per la stampa prende poi in considerazione “l’iniziativa del ‘Prestito della speranza’ che intende essere una concreta risposta alla difficile congiuntura economica ed occupazionale, offrendo un supporto a quelle famiglie che più sono condizionate dalla crisi. L’esperienza di questi mesi suggerisce di perfezionare ulteriormente la pratica del prestito, alleggerendo gli interessi della restituzione di cui si farà carico la Cei e continuando a far conoscere questa possibilità, accanto ad altre iniziative promosse dalle singole Chiese locali, tramite le rispettive Caritas”. Infine mons. Pompili riferisce che “sono state date indicazioni di lavoro per le nuove commissioni episcopali che sono state rinnovate nei loro membri, come già nei loro presidenti, eletti durante la scorsa assemblea generale”. (M.G.)

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    Pompei: sarà il cardinale Re a presiedere la Supplica alla Madonna di domenica prossima

    ◊   Sarà il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto emerito della Congregazione per i vescovi, a presiedere, domenica 3 ottobre, la santa Messa e la recita della Supplica alla Vergine di Pompei, che daranno il via al mese dedicato al Rosario. Il cardinale Re - riferisce l'agenzia Sir - torna per la seconda volta nella città mariana per presiedere il sacro rito. Nel maggio 1996 fu, infatti, proprio lui ad accogliere, nel giorno della Supplica, migliaia di fedeli che accorrono a Pompei in occasione della Supplica. La celebrazione della santa Messa (ore 10.30) e della Supplica (ore 12), si svolgerà sul sagrato della basilica, davanti alla Facciata dedicata alla Pace universale, e sarà preceduta dal saluto dell’arcivescovo-prelato di Pompei, mons. Carlo Liberati. Il sacro rito sarà trasmesso in diretta televisiva da Napoli-Canale 21 e Tele Radio San Pietro (piattaforma Sky canale 886). Nel corso del mese di ottobre sono previsti numerosi appuntamenti. Martedì 5, per la festa di Bartolo Longo, al mattino, sante Messe per gli studenti e, alla sera, dopo la solenne concelebrazione presieduta dal mons. Liberati, la processione con l’Urna del Beato. Tutti i giorni feriali, alle 6.30 il “Buongiorno a Maria”. (R.P.)

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    Accolta in Libano una copia della Sacra Sindone

    ◊   Una copia esatta della Sacra Sindone, il sudario che avvolse il corpo di Cristo, è arrivata ieri a Beirut per volontà di sua beatitudine Nersès Bedros, il patriarca armeno cattolico. Egli, dopo un pellegrinaggio a Torino lo scorso maggio, ha voluto esporre la replica in modo permanente presso la cattedrale di Sant’Elia in piazza Debbas. Il sudario, - riferisce l'agenzia AsiaNews - resterà per due giorni presso la cappella della sede patriarcale a Geitaoui, prima di essere trasportato al convento di Bzommar, per poi tornare nella cattedrale di Sant’Elia dove sarà esposto in modo permanente. La copia della Sacra Sindone di Torino è un panno di lino lungo 4,53 metri e largo 43 centimetri. Mons. Giuseppe Ghiberti, presidente della Commissione diocesana per la Sindone, si è occupato del trasporto. (R.P.)

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    Messaggio di Ban Ki-moon per la Giornata internazionale degli anziani

    ◊   “Le Nazioni Unite (Onu) hanno lottato a lungo per i diritti e il benessere degli anziani e per fare in modo che le loro voci fossero ascoltate”. Così il messaggio del segretario generale Onu, Ban Ki-moon, diffuso alla vigilia della XX Giornata Internazionale degli anziani, in programma per domani, 1° ottobre. “Quest’anno – si legge nella nota citata dal Sir - oltre a celebrare questa ricorrenza, celebriamo anche i risultati duramente ottenuti, specialmente quelli relativi agli Obiettivi di Sviluppo del millennio”. “In molti Paesi, infatti – prosegue il numero uno dell’Onu -, le persone anziane, oltre ad avere un ruolo di inestimabile valore, hanno beneficiato di tassi ridotti di fame e povertà, del miglioramento dell’accesso ai medicinali e ai servizi di assistenza e di maggiori opportunità di istruzione e lavoro”. Anche se molto è stato fatto, il segretario delle Nazioni Unite, ha poi sottolineato che “i governi di tutto il mondo devono fare di più nel rivolgersi alle persone anziane” delineando degli interventi ben chiari come “garantire l’accesso universale ai servizi sociali, aumentare il numero e il valore dei piani pensionistici e dare vita a leggi che tutelino la discriminazione dovuta al sesso o all’età”. (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Annuncio delle autorità birmane: Aung San Suu Kyi sarà liberata dopo le elezioni

    ◊   La leader dell'opposizione democratica birmana, Aung San Suu Kyi, sarà liberata poco dopo le elezioni del 7 novembre, le prime in 20 anni. È quanto hanno detto fonti ufficiali birmane. La liberazione dovrebbe avvenire il 13 novembre prossimo. Alle elezioni non parteciperà il suo partito, la Lega nazionale per la democrazia, che vinse l'ultima consultazione nel 1990, poi annullata dai militari. Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la Pace nel 1991, è stata costretta da allora a vivere quasi ininterrottamente agli arresti domiciliari.

    Eurogruppo e Bce danno fiducia a Irlanda e Portogallo
    I Paesi dell'Eurogruppo e la Banca centrale europea hanno promosso le misure aggiuntive prese da Irlanda e Portogallo per risanare i propri conti pubblici e i propri sistemi finanziari. In particolare per Dublino il presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, al termine della riunione informale dei ministri di Eurolandia, ha dichiarato di ritenere che le autorità irlandesi saranno in grado di portare avanti il loro piano pluriennale di risanamento. Il piano, che è stato varato ieri dalle autorità irlandesi, prevede un bilancio quadriennale che ridurrà il deficit del 3 per cento. Le misure varate prevedono un contributo della Banca centrale di 29,3 miliardi di euro, a cui si potrebbe aggiungere un’iniezione di 5 miliardi di Euro. Il governo di Dublino ha deciso di contare solo sulle sue forze nel tentativo di salvare la più importante banca del Paese, la Anglo Irish Bank che rischia il fallimento. Oggi il primo ministro irlandese Brian Cowen ha sottolineato che le cifre “sono gestibili” e che l'ipotesi che l'Irlanda faccia ricorso ad aiuti finanziari esterni “è fuori questione”.

    Patto di stabilità europeo: secondo Olli Rehn cadranno le riserve di alcuni Paesi
    Grande fiducia è stata mostrata dal Commissario per gli affari economici dell’Unione Europea, Olli Rehn, nei confronti dei provvedimenti presi ieri a Bruxelles per rinforzare la governance economica europea. Nonostante i dubbi e le perplessità mostrate dai ministri di alcuni Paesi, il commissario ha affermato di essere convinto che le riserve dei membri apparentemente contrari cadranno in fase di discussione. Si dovrà infatti ancora discutere sui metodi di attuazione del piano, e, in quella sede, ci sarà modo di far incontrare le esigenze degli Stati membri.

    La Commissione Ue ricuce con Parigi ma stringe sulla questione Rom
    La Commissione Europea ha dato di fatto ieri un ultimatum alla Francia per le sue politiche contro i Rom, ma lo strappo con Parigi sembra ricucito. La portavoce della Commissione ha annunciato che “una lettera di messa in mora” verrà inviata alla Francia per chiedere “la trasposizione completa” della direttiva sulla libertà di circolazione (fatto che riguarda anche altri Paesi), “a meno che un progetto di misure di trasposizione, accompagnato da un calendario preciso per la loro adozione non venga trasmesso prima del 15 ottobre”. Intanto il Consiglio d’Europa ha invitato i 47 Stati membri e l’Unione europea a riunirsi il prossimo 20 ottobre a Strasburgo per trovare una soluzione costruttiva e duratura che migliori la presenza dei Rom in tutta l’area. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

    Parigi ha 15 giorni di tempo per rispondere a Bruxelles. È il monito della Commissione europea alla Francia sulla questione dell’espulsione dei Rom. La Commissione, in pratica, si è limitata a richiamare Parigi alla corretta applicazione delle normative comunitarie in materia di libera circolazione dei cittadini Ue tralasciando l’aspetto della discriminazione etnica. Cosa contesta, dunque, la Commissione ai francesi? Ci risponde Sergio Marchisio, docente di diritto dell’Unione europea alla Luiss di Roma:

    R. - Contesta alla Francia di non avere attuato in modo corretto e completo la direttiva 38 del 2004 sulla libera circolazione delle persone nell’Unione europea; contesta, in particolare, di non avere attuato in modo corretto le garanzie procedurali previste da questa direttiva.

    D. - Professore, a questo punto se la Francia non si metterà in regola entro al metà di ottobre, che cosa accadrà? Quali saranno i passi ulteriori della Commissione?

    R. - La Francia dovrà comunicare alla Commissione un progetto di misure di attuazione su queste garanzie procedurali e un calendario preciso per l’adozione di questi provvedimenti. Se questo ci sarà, la procedura potrebbe sospendersi. Andare avanti significa, poi, arrivare ad un parere motivato in cui la commissione dice: per questo e quest'altro motivo la Francia ha violato il diritto dell’Unione.

    D. - E a quel punto scatterebbero sanzioni?

    R. - A quel punto toccherebbe sempre alla Commissione decidere se perseguire la Francia davanti alla Corte di Giustizia.

    In Italia la Camera ha votato ieri la fiducia al governo Berlusconi
    Il voto di fiducia ieri sera a Montecitorio ha registrato una maggioranza più ampia e articolata rispetto a quella del 2008. È quanto ha detto questa mattina il premier Silvio Berlusconi illustrando il patto programmatico al Senato, che stasera voterà la fiducia. Dunque, secondo Berlusconi, il governo è in grado di concludere la legislatura. Resta tuttavia l’incognita dell’atteggiamento dei finiani, il cui voto di ieri si è rivelato decisivo per la maggioranza. Il servizio di Giampiero Guadagni.

    Dopo il voto di ieri sera alla Camera, la valutazione era pressoché unanime: le elezioni anticipate sono più vicine. E c’era chi, come il ministro dell’Interno, il leghista Maroni, ipotizzava il mese di marzo. Ma oggi Bossi frena, scusandosi anche con i romani per le pesanti parole dei giorni scorsi. E Berlusconi, intervenendo questa mattina a Palazzo Madama, ha sottolineato come l’unico vero dato politico è una maggioranza numericamente più forte di prima. Resta tuttavia il fatto che Pdl e Lega non sono autosufficienti: decisivo si è infatti rivelato l’appoggio dei finiani di Futuro e libertà, che intendono d’ora in poi contrattare ogni provvedimento e annunciano la nascita del nuovo partito di centrodestra. Da Berlusconi non è arrivato alcun riconoscimento di questa nuova forza, ma non c’è neppure stato un affondo nei confronti del presidente della Camera, dopo la fragorosa rottura estiva alla quale è seguita la proposta di un nuovo patto di legislatura, i cui cinque punti il premier ha illustrato ieri e oggi in Parlamento. La riforma della giustizia, intanto: tema spinoso sul quale Berlusconi ha utilizzato toni misurati, riproponendo comunque lo scudo per le più alte cariche dello Stato e la separazione delle carriere di giudici e pm. Il presidente del Consiglio ha poi ribadito l’obiettivo di ridurre la pressione fiscale. Ha assicurato che il federalismo sarà la cerniera unificante del Paese a vantaggio soprattutto del Sud. Sud per il quale Berlusconi garantisce risorse per lo sviluppo e le infrastrutture. Quanto al capitolo sicurezza, Berlusconi ha rivendicato i risultati nella lotta alla criminalità organizzata e alla immigrazione clandestina, impegnandosi nel contempo all’integrazione degli immigrati irregolari. Il premier ha tra l’altro ribadito la volontà di introdurre il quoziente familiare, peraltro già sperimentato in alcune zone del Paese, compresa la capitale. Facendo leva su questi punti del programma, Berlusconi ha chiesto l’appoggio anche dei moderati dell’opposizione, assicurando con forza che non c’è stato da parte sua alcun tentativo di compravendita di parlamentari centristi. Ma l’appoggio non è arrivato. Per Pd e Udc infatti quello del premier è un discorso debole, pieno di promesse più volte fatte e mai mantenute.

    Attacco Nato in Pakistan provoca blocco dei rifornimenti
    In Pakistan nei giorni scorsi, aerei delle forze Nato avevano bombardato obiettivi talebani in territorio pakistano. E nelle ultime ore, due elicotteri delle forze impegnate in Afghanistan hanno lanciato missili e bombe nel distretto pakistano del Kurram, al confine afghano, uccidendo tre soldati e ferendone altri tre. Islamabad chiede la fine degli interventi americani sul suo territorio e annuncia di bloccare i rifornimenti Nato diretti in Afghanistan alla frontiera meridionale del Paese. Le Forze Internazionali di Assistenza alla Sicurezza sotto comando Nato comunicano l’apertura di un’indagine per verificare se l’attacco sia avvenuto in territorio afghano o pakistano.

    Nuovo attacco kamikaze in Afghanistan
    Continuano le ondate di violenze in Afghanistan: nella mattinata nella città di Kandahar, nella regione orientale del Paese, un kamikaze si è fatto esplodere contro un convoglio Nato. Il gesto, rivendicato prontamente da Al-Qaeda, è stato condotto contro un carro armato americano nei dintorni dell’aeroporto ma non si ha, tuttavia, un bilancio certo delle vittime. Secondo fonti governative, sarebbero morti circa 4 civili e feriti una ventina di persone, Al-Qaeda ha invece dichiarato che sarebbero morti tutti e 7 i militari americani del convoglio attaccato. Intanto, la Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf, sotto comando Nato) ha ammesso oggi che effettivamente alcuni civili sono morti o sono rimasti feriti in un’operazione mista afghano-internazionale realizzata ieri nella provincia meridionale afghana di Ghazni.

    Somalia: la taskforce anti-pirateria dell'Ue ottiene il rilascio di un natante
    Non si arrestano le azioni di pirateria davanti alle coste della Somalia. Nelle ultime 24 ore è stato sequestrato un mercantile battente bandiera panamense e il suo equipaggio di 15 marinai indiani. Il cargo navigava in direzione del porto keniota di Mombasa proveniente da Durban, in Sudafrica. Questa mattina la taskforce anti-pirateria dell'Unione Europea, Eu Navfor, ha ottenuto il rilascio di un altro natante battente bandiera iraniana con sette persone di equipaggio sequestrato sempre nel Golfo di Aden. Massimiliano Menichetti ha intervistato Nicolò Carnimeo, docente di diritto della navigazione all’Università di Napoli:

    R. - Dobbiamo dire che non c’è un’intensificazione degli attacchi ma gli attacchi si sono dimostrati stabili nel tempo. Quelle sono rotte in un punto strategico, ovviamente, perché tutto il traffico petrolifero che passa dall’Oceano indiano arriva al Mediterraneo deve assolutamente passare di lì. L’impegno dell’anti-pirateria, delle nostre forze navali insieme a quelle dell’Unione europea, della missione Atlanta e delle altre missioni impegnate, è diventato più rilevante. Le regole di ingaggio ci consentono di intervenire con più efficacia. Ma il problema della pirateria non si risolve in mare perché lo scenario è molto grande; i pirati possono oggi contare su basi logistiche alle Seychelles e hanno queste navi madri che sembrano imprendibili, perché la vastità dell’Oceano e dello scenario è di un milione di miglia quadrate. Il problema della pirateria rimane complesso ed è un problema terrestre che riguarda appunto la Somalia.

    D. - Professore, ma proprio sulla terra ferma il governo di transizione ha grandi difficoltà a controllare il territorio. E' costante il bollettino degli scontri anche con gli Sebaab, legati ad al Qaeda...

    R. - Purtroppo, il premier del governo di transizione, Omar Abdirashid Ali Sharmarke, ha rassegnato le sue dimissioni proprio in settembre e ha reso ancora più delegittimato questo piccolo governo che non controlla il proprio territorio. Quindi controlla semplicemente alcune parti della capitale e la Somalia è abbandonata a se stessa, è governata da questi clan.

    D. - Il governo di transizione comunque siede come rappresentante nei tavoli internazionali, come si può rafforzare la sua posizione?

    R. - Non solo la cooperazione con alcune regioni come il Somaliland, oppure intervenire con maggiore efficacia in Puntland, che sono due regioni autonome che hanno già il controllo di parte del territorio. Bisogna riportare le regole, quindi l’intensificazione dei rapporti diplomatici e delle missioni che effettivamente riportino una sorta di statualità in Somalia.

    D. - La Somalia è rappresentata come una nazione abbandonata a se stessa, ai pirati. È solo questo il suo volto?

    R. - C’è una classe sociale molto forte di persone che sarebbe interessata a questo cambiamento. Purtroppo comandano le armi, tanto è vero che l’embargo delle armi - che è operante da tanti anni - in effetti non viene rispettato e continua ad essere una regione, un buco nero, da cui purtroppo passa ancora di tutto.

    Frana nello Stato messicano del Chiapas: 12 persone morte
    Nuova frana di fango e terra in Messico a causa delle intense piogge di questi giorni. Nel municipio di Matan, nello Stato del Chiapas, dodici persone sono morte, 16 ferite e quattro risultano disperse a seguito di uno smottamento. A riferire sulla tragedia sono state le autorità locali e il presidente Felipe Calderon, che via Tiwtter ha reso noto di aver saputo dello smottamento dal governatore del Chiapas, Juan Sabines. Il municipio di Amatan non si trova lontano dal vicino Stato di Oaxaca, dove da martedì risultano disperse undici persone a causa di un'altra frana.

    Rientra la tensione tra Russia e Giappone sulle isole Curili
    Sembra allentata la tensione tra Giappone e Russia registrata ieri dopo che il presidente russo aveva dichiarato di voler recarsi nelle isole Curili che sono al centro di una disputa sulla sovranità con il Giappone. Medvedev era nel territorio russo della Kamchatka per una visita di Stato culminata con la firma di alcuni accordi economici con la Cina. Aveva manifestato la volontà di effettuare una visita nelle isole Curili. Da Tokyo il ministro degli Esteri aveva apostrofato l’eventuale visita come “non gradita” annunciando che, l’eventuale ingresso di Medvedev nelle isole, avrebbe costituito un precedente tra i due Paesi. É lo stesso dicastero ad annunciare che il Presidente russo ha lasciato la penisola della Kamchatka in direzione di Mosca.

    Liberati tre dei quattro cittadini giapponesi arrestati in Cina
    Sembrano rilassarsi i rapporti tra Cina e Giappone dopo il duro scambio di note delle scorse settimane. La querelle diplomatica tra i due Paesi, cominciata con l’arresto del capitano del peschereccio cinese, catturato in acque internazionali ma rivendicate da Tokyo, era poi proseguita con l’arresto di 4 cittadini giapponesi in Cina. I 4 turisti nipponici erano stati accusati di aver filmato zone militari vietate. Arriva oggi la notizia che tre dei quattro sono stati rilasciati, il quarto è ancora sotto indagine. Tuttavia, il portavoce del ministero degli Esteri cinese ha affermato che Takahashi, questo è il nome del prigioniero, viene trattato secondo legge. Non si è fatta attendere la replica di Tokyo, il portavoce del ministro degli Esteri ha infatti dichiarato che, fin quando il cittadino giapponese non sarà liberato, non ci potrà essere una ripresa normale delle relazioni con Pechino.

    In California giudice supremo blocca esecuzione
    Non si ferma negli Stati Uniti il dibattito sulla pena di morte. Jeremy Fogel, giudice supremo della California al centro delle polemiche nelle scorse settimane per aver posto fine alla moratoria sulla pena di morte, ha bloccato l’esecuzione prevista per oggi alle nove. Il giudice avrebbe infatti accolto il ricorso degli avvocati del condannato, Albert Greenwood Brown, accusato di aver ucciso una ragazzina di 15 anni nel 1982, che hanno dimostrato come l’anestetico usato non renderebbe completamente indolore l’esecuzione. Ha inoltre definito un motivo non accettabile per procedere con l'esecuzione il fatto che a mezzanotte scadrà la validità di uno dei componenti del cocktail letale, un potente anestetico che è praticamente sparito nei penitenziari di tutto il paese, bloccando i boia anche in altri Stati. (Panoramica internzionale a cura di Fausta Speranza e Marco Onali)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 273

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