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Sommario del 29/09/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'udienza generale: pregare e partecipare alla Messa per essere in amicizia con Cristo. Appelli per le crisi in Nigeria e Haiti
  • “Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale”, tema della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2011
  • La visita di Benedetto XVI a Palermo: l'attesa della città
  • Mons. Tomasi: pregiudizi, ideologie ed estremismi minacciano la libertà religiosa nel mondo
  • Festa di San Gabriele alla Radio Vaticana. Mons. Viganò: comunicare speranza è un compito arduo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • La Commissione Europea vara rigorose misure di controllo sui bilanci dei Paesi membri
  • Attentati sventati in Europa: l'allarme terrorismo resta alto
  • "Tv buona dottoressa?" nel libro di Roberta Gisotti e Mariavittoria Savini la storia di medicina nella televisione italiana
  • Chiesa e Società

  • Giochi del Commonwealth: allarme per il traffico di esseri umani
  • Nigeria: l'arcivescovo di Abuja condanna il rapimento di 15 bambini
  • Storie di solidarietà nel Pakistan devastato dalle alluvioni
  • Pakistan: islamisti radicali in libertà sui social network contro l’Occidente e i cristiani
  • L'aiuto della Chiesa ai cristiani iracheni rifugiati in Siria
  • Progressi nel Sud del mondo nell'accesso alle cure contro l'Aids
  • Il governo vietnamita, in difficoltà per i casi di Aids, rifiuta l’aiuto delle organizzazioni religiose
  • Haiti: nuovo appello dei vescovi americani ai governi per la ricostruzione
  • Compie cent’anni “Catholic Charities”, fondazione Usa contro la povertà
  • Usa: il cardinale George invita la comunità ispano-cattolica a restare salda nella fede
  • Congresso missionario in Brasile: c’è bisogno di uomini che incarnino i valori del Vangelo
  • Brasile: l’arcidiocesi di San Paolo chiede alla Biennale il ritiro dei quadri di Gil Vicente
  • Bruxelles: Messa di mons. Leonard per l'apertura delle attività delle istituzioni europee
  • Lotta alla povertà: al Parlamento europeo le proposte di un documento ecumenico
  • Cei: al Consiglio permanente l'esigenza di una cultura aperta al Vangelo
  • Carlo Carretto a cento anni dalla nascita: "un esempio per i giovani"
  • Uganda: il missionario comboniano Giuliano Pisoni vittima di un incidente stradale
  • Dibattiti e spettacolo al Festival Francescano di Reggio Emilia
  • 24 Ore nel Mondo

  • Italia: oggi il voto di fiducia al governo Berlusconi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'udienza generale: pregare e partecipare alla Messa per essere in amicizia con Cristo. Appelli per le crisi in Nigeria e Haiti

    ◊   Intensificare l’amicizia con Cristo attraverso la preghiera e la partecipazione “attenta, fedele e attiva” alla Santa Messa. E’ l’invito che Benedetto XVI ha rinnovato questa mattina all’udienza generale in Piazza San Pietro, durante la quale ha descritto alle circa 30 mila persone presenti la storia spirituale di Santa Matilde di Hackeborn, mistica tedesca del 13.mo secolo. Al termine, il Papa ha levato un appello per la crisi umanitaria in Nigeria, con due milioni di sfollati a causa delle inondazioni, e una nuova preghiera per la situazione di Haiti, a oltre nove mesi di distanza dal gravissimo terremoto che provocò più di 220 mila morti. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Una storia di sorelle e consorelle, entrambe figlie del barone di Hackeborn – un nobile e potente della Turingia, nella Germania centrale – ed entrambe “gloria del monachesimo germanico” all’interno del monastero di Helfta, nel quale entrano a distanza di dieci anni l’una dall’altra. Gertrude di Hackeborn, la maggiore – ha raccontato Benedetto XVI – trasforma il monastero portandolo in veste di badessa a essere uno straordinario “centro di mistica e di cultura, scuola di formazione scientifica e teologica”. E’ in questo ambiente che verso la fine del 1250 entra la sorella minore Matilde, inizialmente per rendere visita alla sorella badessa ma poi, affascinata da ciò che vede, desiderosa di farsi anch’ella monaca. Ed è in questo ambiente, ha notato il Papa, che cominciano a spiccare le “elevate qualità naturali e spirituali” della futura Santa:

    “Illuminata dal dono divino della contemplazione mistica, Matilde compone numerose preghiere. È maestra di fedele dottrina e di grande umiltà, consigliera, consolatrice, guida nel discernimento (…) Le suore si riunivano intorno a lei per sentire la parola di Dio, come presso un predicatore (...) Molte persone, non solo nel Monastero, ma anche estranei, religiosi e secolari, venuti da lontano, attestavano che questa santa vergine li aveva liberati dalle loro pene e che non avevano mai provato tanta consolazione come presso di lei”.

    La storia della mistica medievale è giunta fino a noi grazie a una consorella di Matilde, anch’essa di nome Gertrude, che raccolse via via le confidenze e le rivelazioni comunicatele dalla Santa. Da quelle pagine, ha detto il Pontefice, si viene a sapere di Matilde che…

    “… la preghiera e la contemplazione sono l’humus vitale della sua esistenza: le rivelazioni, i suoi insegnamenti, il suo servizio al prossimo, il suo cammino nella fede e nell’amore hanno qui la loro radice e il loro contesto (...) E’ impressionante la capacità che questa Santa ha di vivere la Liturgia nelle sue varie componenti, anche quelle più semplici, portandola nella vita quotidiana monastica”.

    Afflitta negli ultimi anni della sua vita (morirà a 58 anni) da numerose sofferenze fisiche, Matilde attraversa in quel periodo una “grave crisi spirituale”, ma non cessano le sue visioni, che la mistica poi descrive – ha spiegato Benedetto XVI – con parole intrise del linguaggio della Bibbia, “suo pane quotidiano”, che rivelano una “predilezione” per il Vangelo:

    “Lasciandosi guidare dalla Sacra Scrittura e nutrire dal Pane eucaristico, Ella ha percorso un cammino di intima unione con il Signore, sempre nella piena fedeltà alla Chiesa. E’ questo anche per noi un forte invito ad intensificare la nostra amicizia con il Signore, soprattutto attraverso la preghiera quotidiana e la partecipazione attenta, fedele e attiva alla Santa Messa. La Liturgia è una grande scuola di spiritualità”.

    Intenso il dopo-catechesi, che ha visto il Papa aprire il cuore su due delle tragedie umanitarie che più hanno colpito la sensibilità della comunità internazionale nel corso del 2010. La più recente, menzionata dal Pontefice in lingua inglese, è stata quella della Nigeria dove, ha detto:

    “Some two million people have been forced…
    Circa due milioni di persone sono state costrette a fuggire dalle proprie case a causa di gravi inondazioni. A tutti coloro che sono stati colpiti esprimo la mia vicinanza spirituale e li assicuro della mia preghiera”.

    E un’altra invocazione, in lingua francese, Benedetto XVI l’aveva innalzata poco prima indirizzando un saluto a un piccolo gruppo di haitiani presenti in Piazza San Pietro, affermando di continuare sempre a pregare per loro e a chiedere a Dio di “sollevarli dalle loro miserie”, conseguenza del catastrofico sisma di inizio anno. Infine, dopo aver ricordato l’anniversario di ieri della morte di Giovanni Paolo I e aver invitato i fedeli della Repubblica Ceca a rimanere “sempre fedeli” all'eredità spirituale di San Venceslao, festeggiato ieri e definito un “gigante della storia della vostra Patria”, il Papa ha concluso affidando i giovani, gli ammalati e i nuovi sposi alla protezione degli Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, dei quali oggi si celebra la festa liturgica. Essi, ha ripetuto, “ci spingono a pensare alla provvida premura con cui Dio si occupa di ogni persona umana”.

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    “Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale”, tema della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2011

    ◊   “Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale”: è questo il tema scelto dal Papa per la 45.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che sarà celebrata il 5 giugno dell’anno prossimo. Il Messaggio del Papa sarà pubblicato, come ogni anno, il 24 gennaio, ricorrenza di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. Il servizio di Sergio Centofanti:

    Il tema della Giornata – rileva una nota del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali – si caratterizza per porre al centro di tutti i processi della comunicazione, la persona umana. Anche in un tempo così largamente dominato – e, spesso, condizionato – dalle nuove tecnologie, resta fondamentale il valore della testimonianza personale: accostarsi alla verità e assumersi l’impegno dell’annuncio richiede, per chi opera nel mondo dell’informazione e particolarmente per i giornalisti cattolici, la ‘garanzia’ di un’autenticità di vita che non può venir meno neppure nell’era digitale”. Non sono gli strumenti a poter modificare e ad accrescere “il livello di credibilità dei singoli operatori: né possono mutare i valori di riferimento rispetto a una comunicazione che continua a varcare le soglie di sempre nuovi traguardi tecnologici”. La verità – conclude la nota – “resta l’immutabile faro d’approdo” anche per i nuovi mezzi di comunicazione e, “anzi, l’era digitale, allargando i confini dell’informazione e della conoscenza, può rendere idealmente più vicino ciò che rappresenta il più importante degli obiettivi per chiunque operi nel mondo dei media”.

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    La visita di Benedetto XVI a Palermo: l'attesa della città

    ◊   Fervono gli ultimi preparativi per la visita di Benedetto XVI a Palermo, domenica prossima: un evento che rappresenta un segnale di speranza per la città, che attraversa un momento particolarmente difficile, sia dal punto di vista sociale che culturale. Ma come vive il capoluogo siciliano l’arrivo del Pontefice? Il nostro inviato, Salvatore Sabatino ne ha parlato con Giuseppe Savagnone, direttore della Pastorale per la Cultura della diocesi di Palermo:

    R. – Credo che proprio in questo momento la Sicilia, e Palermo in particolare, vivano un momento di profondo disagio, che attende fortemente una voce significativa. Sono venuti meno tanti punti di riferimento, già deboli, del passato, e direi che la voce della Chiesa rimane una delle poche veramente autorevoli. La venuta del Papa, in questo momento, risponde ad un generico, ma vastissimo e fortissimo, bisogno di sentire cose vere, serie che aiutino la regione a risollevarsi.

    D. – Lei ha scritto che Benedetto XVI viene a ricordare che la Chiesa, sull’esempio di padre Puglisi, intende battersi al fianco dei siciliani contro i mali che covano nella loro vita sociale e civile...

    R. – Io credo che sia molto importante che si sottolinei che la Chiesa lancia un messaggio, che di per sé è rivolto alle coscienze per il loro rapporto con Dio, ma che ha una ricaduta enorme sui rapporti con gli uomini e che quindi trasforma tutta la società. Da questo punto di vista, proprio uno dei messaggi fondamentali che credo la Sicilia oggi si aspetti di ricevere sia sul rinnovamento del tessuto sociale, di cui i mali, legati anche alla criminalità organizzata, sono un cancro assolutamente ancora presente e fortissimo. Ci aspettiamo una voce che ci dia di nuovo il coraggio e la speranza di liberarci da questi mali relazionali, che riguardano il tessuto sociale.

    D. – Questa visita riaccende i riflettori dell’opinione pubblica anche sulla questione meridionale, di cui pochissimo si parla in questi ultimi tempi. In che modo, professore?

    R. – Io credo che la venuta del Papa possa veramente collegarsi a tutto un malessere generale, che per ora il Sud vive nella percezione che il problema meridionale, la questione meridionale, è stata da troppo tempo zittita, in nome di una questione settentrionale che ha finito con il sembrare l’unica questione vera, cioè la questione delle esigenze del Nord e così via. Il Sud si è trovato veramente abbandonato e tartassato e ha bisogno – ed ecco che la voce della Chiesa è già risuonata nel documento della Cei per un Paese solidale – che la Chiesa sottolinei che il Sud ha delle esigenze che non sono frutto soltanto di volontà di rapina, di volontà di fannulloneria o cose del genere.

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    Mons. Tomasi: pregiudizi, ideologie ed estremismi minacciano la libertà religiosa nel mondo

    ◊   ''La religione cattolica è la religione maggiormente attaccata nei suoi contenuti in Europa'': ad affermarlo è il filosofo francese non credente Bernard-Henri Levy, che, in una intervista al giornale spagnolo 'Abc', si è detto impressionato dai continui attacchi contro la Chiesa cattolica e il Papa. ''Io non sono cattolico - ha detto Levy - ma penso che nei confronti dei cattolici vi sia un pregiudizio, che sta assumendo proporzioni enormi in Europa''. Proprio ieri, mons. Silvano Maria Tomasi è intervenuto alla sessione del Consiglio Onu per i Diritti umani in corso a Ginevra. L’osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite nella città elvetica ha denunciato un atteggiamento antireligioso sempre più diffuso che favorisce la discriminazione e il pregiudizio. Nello stesso tempo ha messo in guardia dagli estremismi e dalla manipolazione politica della religione che minacciano in tutto il mondo la libertà religiosa. Ascoltiamo mons. Silvano Maria Tomasi al microfono di Sergio Centofanti:

    R. - La questione della libertà di religione sta diventando un tema caldo nel dibattito internazionale, date le situazioni che si stanno sviluppando in vari Paesi, come le reazioni contro temi religiosi: per esempio, gli inviti a bruciare il Corano o le violazioni dei diritti dei cristiani in Paesi musulmani e così via. Quindi, davanti a questa esigenza si è voluto mettere l’accento su una distinzione che mi pare fondamentale: bisogna stare attenti a non confondere il livello teorico - dove si possono dibattere teologie, filosofie e varie opinioni su credenze o non credenze - dalla necessità di proteggere i diritti concreti delle persone e delle comunità di persone in tutte le regioni del mondo. Davanti a questa nuova evidenza, questa nuova visibilità della religione nell’arena internazionale, bisogna avere delle idee abbastanza precise e, soprattutto, mettere in pratica delle politiche che arrivino veramente a proteggere gli individui, le loro credenze, le loro comunità di fede in modo che abbiamo una possibilità di convivenza pacifica.

    D. - Lei ha parlato della libertà di espressione e della critica che non può essere assimilata, per esempio, a forme di diffamazione della religione...

    R. - La libertà di espressione mi pare sia la via per proteggere la libertà di religione, perché se non abbiamo questa libertà di poter discutere, di poter trattare tutte le questioni, di poter affrontare serenamente le opinioni degli altri, andiamo incontro al rischio di creare degli Stati oppressivi e delle politiche che non rispettano i diritti umani. Per cui, quando la critica è fatta con rispetto, questa critica può diventare un bene, una risorsa per la comunità umana.

    D. - Lei ha parlato anche degli opposti estremismi, individualismo e collettivismo, e dei pericoli dell’ideologia …

    R. - C’è il rischio - e non è tanto una scoperta astratta di oggi ma mi pare qualcosa che sta avvenendo spesso - che si costruisca un’immagine dell’uomo, della persona umana che è un’immagine ideologizzata: cioè, in base all’ideologia, che uno difende, si crea una antropologia, una lettura della persona umana. Invece, la persona umana non è né un individuo chiuso in se stesso e, quindi, tagliato fuori dal resto della comunità umana, e neppure un’entità assorbita nel collettivismo proclamato da alcune ideologie. Quindi, dobbiamo evitare gli estremi per poter far valere la ricchezza di ogni persona e la sua capacità di essere in relazione con gli altri. In questo modo salvaguardiamo davvero i diritti dell’individuo e i diritti della comunità di persone.

    D. - Quali pericoli vede oggi in particolare per la libertà religiosa? Penso anche al ruolo della religione nello spazio pubblico …

    R. - Il rischio viene da varie parti. Uno è la strumentalizzazione della religione, cioè usare immagini, simboli, argomenti alle volte che vengono da contesti religiosi o da condizioni religiose per attuare degli obiettivi che non sono religiosi ma che possono essere di conquista del potere, obiettivi politici o una manipolazione dell’opinione pubblica e così via. Dall’altra abbiamo il rigetto "elegante" della fede religiosa nel contesto del benessere di alcuni Paesi dove la persona può essere interpretata in tutte le maniere eccetto nella sua dimensione spirituale e di richiamo, inerente alla persona, alla trascendenza. Quindi, abbiamo davvero - mi sembra - dei momenti molto difficili, dove si va incontro al rischio di emarginare tutto quello che è al di là degli interessi economici e degli interessi materiali immediati. Dobbiamo tenere aperta la possibilità che la persona possa veramente realizzarsi in tutte le sue dimensioni, inclusa quella spirituale. Dobbiamo lavorare perché nelle strutture della società, cioè al di là dei grandi discorsi astratti e teoretici, nelle strutture e nelle leggi nazionali, nel sistema educativo, nel sistema giudiziario di ogni Paese, nel contesto politico della società civile, la religione non diventi una scusa per la discriminazione. Questo è un compito che dobbiamo portare avanti.

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    Festa di San Gabriele alla Radio Vaticana. Mons. Viganò: comunicare speranza è un compito arduo

    ◊   Nell’odierna festa dell'Arcangelo Gabriele, patrono della Radio Vaticana e di tutti gli addetti alle telecomunicazioni, mons. Carlo Maria Viganò, segretario generale del Governatorato, ha presieduto la Messa nella Cappella di Palazzo Pio, sede della nostra emittente. A seguire la tradizionale consegna delle onorificenze pontificie ad alcuni dipendenti. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “Competenza e saggezza”, sono i caratteri distintivi della grande famiglia della Radio Vaticana, impegnata a diffondere i messaggi del Santo Padre e le notizie della Chiesa e del mondo. Cosi mons. Viganò nell’omelia della Messa, ripercorrendo la storia della nostra emittente, nata sotto il Pontificato di Pio XI grazie al genio di Guglielmo Marconi, che ne inaugurava le trasmissioni il 12 febbraio 1931. Da ieri all’oggi, passando per gli anni bui della II Guerra mondiale, con l’avvio nel 1940 dell’Ufficio informazioni per rintracciare prigionieri e dispersi, durante il sanguinoso conflitto, e metterli in contatto con le loro famiglie attraverso radiomessaggi. Una missione “angelica” quella affidata alla Radio Vaticana che prosegue ai nostri tempi. Mons. Carlo Maria Viganò:

    "Nella nostra epoca, così caratterizzata da certi mass-media, che sembrano alla caccia di brutte notizie, e misconoscono i veri valori umani e cristiani, il vostro compito è di comunicare speranza. E’ un compito arduo, che richiede fortezza d’animo e un particolare aiuto dall’Alto".

    Un compito che si motiva nel diffondere in tutto il mondo la parola del Vicario di Cristo:

    “Grazie al vostro prezioso ed intenso lavoro, la voce del Santo Padre può raggiungere vicini e lontani, far conoscere le sue molteplici attività: incontri con capi di Stato, diplomatici, rappresentanti di varie religioni, con persone di ogni razza e di ogni condizione, per commemorare eventi di portata storica, come quello alla Sinagoga di Roma, fino all'ultimo difficile, splendido viaggio di pochi giorni fa in Gran Bretagna”.

    La Radio Vaticana è affiancata nel suo importante ruolo dal Centro Televisivo Vaticano. Ancora mons. Viganò:

    “E’ poi molto significativo e commovente per chi non può essere vicino al Santo Padre, pur desiderandolo, poter sentire la sua viva voce e vederlo, tramite il servizio del Centro Televisivo Vaticano, durante le celebrazioni solenni nei luoghi in cui si reca, come avverrà per il prossimo viaggio all'estero, a Compostela e Barcellona, la cui preparazione certemente vi sta già impegnando”.

    Dopo la Messa, festa alla Radio Vaticana con la consegna delle onorificienze che quest’anno sono andate a suor Denise Kekis, dell’Ufficio Relazioni internazionali presso la Direzione generale, a padre Anton Lucaci, responsabile del Programma romeno, a Carmen Silvia De Andrade Ferreira del Programma brasiliano.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La liturgia grande scuola di spiritualità: all'udienza generale il Papa parla di Matilde di Hackeborn.

    La tutela della proprietà intellettuale a servizio della cultura: nell'informazione internazionale, intervento della Santa Sede a Ginevra.

    In cultura, un articolo di Vicente Carcel Orti dal titolo "Diritto e libertà schiacciati tra clericalismo e anticlericalismo": chiavi di lettura del conflitto tra Chiesa e Stato nella Spagna degli anni Trenta del secolo scorso.

    Tutti contro Mussolini (in genere dopo il 1943): Sandro Barbagallo su errori storici e discutibili interpretazioni in una mostra sulle opere antifasciste alla Estorick Collection di Londra.

    La crisi degli ideogrammi belli ma scomodi: Irene Iarocci su come cambia la scrittura tradizionale cinese e giapponese nel mondo degli sms.

    Una bussola per orientarsi nel mondo tardo antico: completato da un volume con tavole cronologiche e indice il "Nuovo dizionario patristico e di antichità cristiane".

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    Oggi in Primo Piano



    La Commissione Europea vara rigorose misure di controllo sui bilanci dei Paesi membri

    ◊   Mentre i sindacati europei protestavano contro l'austerità a Bruxelles e in Spagna si stava svolgendo il primo sciopero generale contro il governo Zapatero, la Commissione Europea ha varato oggi, nella capitale belga, il pacchetto di misure legislative che prevedono una sorveglianza più stretta e rigorosa sui bilanci degli Stati e sanzioni più severe per i Paesi che non correggono gli eventuali squilibri nei conti pubblici. Sono previsti nuovi meccanismi di controllo per gli Stati inadempienti. Le proposte presentate oggi evidenziano la volontà dell’Unione Europea di rafforzare l’impegno sulla strada delle riforme necessarie ad assicurare maggiore coordinamento e stabilità nell’area dell’Euro, contribuendo ad una crescita e ad un'occupazione più durature. Sulle misure presentate, Giancarlo La Vella ha raccolto il commento di Gianfranco Viesti, docente di Economia all’Università di Bari:

    R. – Che l’Europa debba darsi delle regole per i bilanci pubblici nel lungo periodo è una considerazione molto sensata. Naturalmente, tutto dipende da come lo si fa. Il disegno di queste regole, ripeto necessarie, è un disegno estremo che mette la stabilità delle finanze pubbliche come unico e solo obiettivo dell’Unione, indipendentemente dalle conseguenze che questo vuol provocare sull’economia dei singoli Stati membri.

    D. – C’è il rischio che si possa andare incontro ad un’Europa, neanche a due velocità, ma a più velocità?

    R. – Assolutamente sì. Noi abbiamo un’Europa che sta venendo fuori dalla crisi in modo diverso, nella quale, in particolare, la Germania è molto forte, anche perché con la moneta unica e il mercato unico, domina sui mercati dell’Europa meridionale e, in genere, sui mercati europei. Ma allo stesso tempo abbiamo molti Paesi membri, fra cui l’Italia, e altri Paesi dell’Europa meridionale che, con questo stesso meccanismo, sono in difficoltà. Se a questa debolezza sovrapponiamo un insieme di regole draconiane, con sanzioni automatiche e vincoli molto stringenti, questo può produrre un rischio molto evidente, cioè una continuazione della stagnazione economica per molti anni, in molti Stati membri. Le regole sulle finanze pubbliche devono essere regole che possano consentire alle economie di riprendersi e, dunque, guardare più nel lungo periodo, tenere conto di più della necessità di ripresa dei Paesi. Altrimenti, il rischio è che possiamo avere Paesi con conti pubblici in ordine, ma con l’economia assolutamente debilitata. Un’economia debilitata significa un’economia con altissima disoccupazione. Allora, non si può non guardare assieme a tutti e due gli obiettivi: da un lato, la stabilità delle finanze pubbliche e, dall’altra, ragionevoli prospettive di lavoro per gli europei.

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    Attentati sventati in Europa: l'allarme terrorismo resta alto

    ◊   Una serie di attacchi terroristici per colpire, in modo coordinato, alcune delle principali città europee. Questo il progetto, sventato, di un gruppo terroristico con base in Pakistan, secondo quanto rivelato da fonti dell'intelligence britannica. Nel mirino ci sarebbero state la Gran Bretagna, la Germania e la Francia. Poco fa le autorità di Berlino si sono dette al corrente dell’allarme, ma per rischi a lungo termine. A quasi dieci anni dall’inizio della guerra contro il terrorismo, dunque, al Qaeda e altri movimenti dell’estremismo islamico continuano a rappresentare una seria minaccia alla pace e alla sicurezza. Sui motivi di questi nuovi allarmi, Stefano Leszczynski ha intervistato Andrea Margelletti, presidente del CeSI - Centro Studi Internazionali:

    R. – Quello che appare evidente è come, ormai, dal Vecchio Continente si guardi con attenzione e preoccupazione ai problemi economici, mentre il problema del terrorismo è tutt’altro che risolto. E’ ormai chiaro che esista una generazione di realtà, di cellule che guardano alle aree tribali, al confine tra Afghanistan e Pakistan, come ad un riferimento.

    D. –La guerra contro il terrorismo va avanti ormai da quasi un decennio. Possibile non siano stati prodotti risultati concreti, anzi la situazione sembra quasi più pericolosa di prima?

    R. – Occorre fare una precisazione, la guerra al terrorismo continuerà – ho la sensazione – ancora per molti anni. Al Qaeda, che era il principale obiettivo di questo confronto, ha subito dei colpi non duri ma addirittura durissimi. E’ stata pressoché annientata in Iraq e in Afghanistan è oggettivamente sulle difensive. Cosa differente, invece, è il problema politico-militare che la coalizione internazionale sta affrontando in Afghanistan in questi giorni, proprio perché in quel caso i fatti non sono stati così concreti, quanto le idee: politiche sbagliate, una mancanza di visione a lungo termine e soprattutto pochissima ricostruzione rispetto a tanti bombardamenti.

    D. – Politiche difficili, anche perché sembra quasi che i cervelli del terrorismo internazionale si siano spostati in un Paese che formalmente dovrebbe essere alleato nella guerra contro il terrorismo: il Pakistan...

    R. – Il Pakistan è un Paese molto fragile, che però sta cercando di fare una politica estremamente efficace contro i terroristi, che per noi sono una minaccia. Per loro invece la minaccia è quella alla stabilità interna. Naturalmente però immaginare che i pakistani possano essere da soli in questo confronto è pericolosissimo.

    D. – L’allarme terrorismo riguardava Inghilterra, Francia e Germania. Salta subito agli occhi l’assenza di Paesi mediterranei nel mirino del terrorismo internazionale...

    R. – Se dobbiamo parlare di casa nostra, bisogna dire innanzitutto che le cellule terroristiche sono state in buona parte messe sotto controllo e soprattutto nel nostro Paese manca, a differenza di Francia, Germania e Gran Bretagna, un tessuto di realtà di seconda e terza generazione di immigrati, peraltro con affiliazioni in Pakistan, che invece rappresentano in quei Paesi il principale terreno di coltura, per chi vuole operare con la violenza e non con la diplomazia.

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    "Tv buona dottoressa?" nel libro di Roberta Gisotti e Mariavittoria Savini la storia di medicina nella televisione italiana

    ◊   Verificare e migliorare il ruolo della Tv italiana a servizio di una corretta informazione medica, rafforzare attraverso di essa la prevenzione, il trattamento e la cura di patologie, ma anche individuare tutti quegli elementi che inquinano la comunicazione medica, dire 'no' a mercificazioni o spettacolarizzazioni del prodotto salute-benessere. Sono questi gli obiettivi al centro del libro “Tv buona dottoressa? La medicina nella televisione italiana dal 1954 a oggi”, scritto dalla nostra collega Roberta Gisotti e da Mariavittoria Savini, edito da Rai-Eri. Il volume è stato presentato ieri a Roma, presenti il ministro della Sanità, Fazio, il presidente dell'Ordine dei Medici, Bianco e il presidente della Federazione nazionale della stampa, Natale. Il servizio di Cecilia Seppia:

    La Tv informa, intrattiene, educa, la Tv di certo non cura ma dal suo connubio con la scienza medica spesso ha saputo anche fare prevenzione, diffondere pratiche di buona salute, aiutare i telespettatori nel trattamento di alcune patologie. E’ il 26 gennaio del 1954 quando sul piccolo schermo va in onda la prima puntata del programma “Conversazioni scientifiche”. Nell’anno successivo arriva “A tavola non si invecchia” che propone al pubblico per la prima volta stili di vita e consumi salutari. Da allora fino ad oggi, grazie alla Televisione la medicina è entrata nelle case della gente, mescolandosi con i generi più vari dallo sport allo spettacolo, dalla fiction alla pubblicità e spesso ha anche dato vita ad 'ibridi' non sempre buoni e giusti. Ma quando la scatola magica riesce davvero a calarsi nei panni di una buona dottoressa? Luciano Onder, medico-giornalista, da anni al timone della rubrica di Rai 2 “Medicina 33”.

    “L’informazione biomedica non è soltanto una specializzazione del giornalismo, è qualcosa in più perché ha un aspetto etico importante. Da quell’informazione dipendono poi i comportamenti, lo stile di vita, la diagnosi precoce, la prevenzione che quel cittadino farà. E’ per questo che l’informazione nel settore medico deve essere attenta documentata, rigorosa, fatta bene, in sostanza comprensibile da parte del cittadino ma seria, attenta, a ciò che si dice. Deve essere un servizio utile”.

    Da qui la necessità di individuare elementi che inquinano la comunicazione scientifica o che siano in contrasto con la deontologia medica o giornalistica, ma anche segnalare mercificazione o spettacolarizzazione del prodotto salute-benessere. Due i rischi in agguato per il giornalista che fa informazione medico-scientifica. Roberta Gisotti, autrice del libro.

    “Bisogna evitare il sensazionalismo e bisogna evitare la ricerca esasperata dell’audience. Se ricercare lo scoop è deprecabile in ogni tipo di informazione, è assolutamente inaccettabile quando parliamo di informazione medica, quindi quando andiamo a toccare una sfera primaria della persona umana. Il giornalista che fa questo tipo di informazione deve avere una preparazione di base e deve essere più solerte nel controllo delle notizie riguardo le materie di cui si occupa e non deve cadere nel tranello di dare l’impressione al pubblico che ogni malattia si possa curare. Non deve creare malati immaginari e deve avere sempre una posizione di equilibrio rispetto ai contenuti che offre al pubblico”.

    Uno degli ambiti dove il binomio medicina-informazione riesce a dare i suoi frutti migliori resta quello della prevenzione, Mariavittoria Savini, coautrice del libro.

    “Da questo punto di vista è preziosissima l’informazione medico-scientifica perché aiuta proprio la collettività a tutelare la propria salute. Quindi, ognuno di noi è un soggetto attivo della terapia e se è bene informato - come ha sottolineato appunto il professor Veronesi nella prefazione che ha fatto al nostro libro - può aderire meglio al progetto terapeutico”.

    Accanto al dovere di cronaca, il giornalista può dunque svolgere un servizio utile per il cittadino riuscendo a coniugare sapientemente il contenuto emozionale a quello prettamente scientifico. Sentiamo il ministro della Salute, Ferruccio Fazio:

    “Io credo sia utile che i cittadini si informino e abbiano delle idee molto precise su quello che è la cura e la prevenzione. L’importante è che però poi sappiano fermarsi e non si sostituiscano al medico”.

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    Chiesa e Società



    Giochi del Commonwealth: allarme per il traffico di esseri umani

    ◊   Forte preoccupazione nella società civile e nella comunità cristiana per un aumento del traffico di esseri umani in occasione dei “Giochi del Commonwealth”, che si aprono il 3 ottobre a Delhi: lo apprende l’agenzia Fides da fonti della Chiesa e delle Organizzazioni non Governative indiane. Il rev. Madhu Chandra, fondatore della Ong “North East Support Centre & Helpline” spiega che “in vista dei Giochi del Commonwealth stiamo ricevendo continui rapporti e segnalazioni: le reti di trafficanti hanno intensificato la loro attività per colpire soprattutto le ragazze del Nordest dell’India. Chiediamo ai giovani dell’India nordorientale, che studiano o lavorano nell’area di Delhi, di prendere maggiori precauzioni. In molti casi, si finisce nelle reti dei trafficanti tramite persone insospettabili. Dunque occorre porre massima attenzione a persone che offrono un lavoro ai giovani o promettono alle famiglie istruzione gratuita per i bambini”. Il fenomeno, secondo stime ufficiali, ha in India un giro di affari pari a 40miliardi di dollari e si teme possa subire una brusca impennata in concomitanza con i Giochi olimpici dei paesi dell’ex impero britannico. Ne sono vittime soprattutto bambini e ragazzi di famiglie povere, spesso dalit (fuoricasta) e tribali. La “North East Support Centre & Helpline” è una associazione di vari attivisti per i diritti umani, operatori sociali, giornalisti e avvocati, impegnati nella prevenzione di abusi e violenze su donne e bambini, in India nordorientale ma anche in altre aree del Paese. In una giornata di studio e approfondimento, tenutasi nei giorni scorsi a Inphal, nello stato di Manipur (Nordest dell’India), l’All India Christian Council, organismo ecumenico che riunisce rappresentanti di tutte le confessioni cristiane, e la “North East Support Centre & Helpline”, davanti a oltre 250 delegati, in rappresentanza delle Chiese cristiane, della società civile, di Ong, enti, scuole e istituzioni, hanno ribadito “il ruolo determinante delle Chiese e delle associazioni della società civile per arginare il fenomeno della tratta”. La comunità cristiana e la società civile hanno sancito una “stretta alleanza” per combattere il traffico di esseri umani: l’opera di prevenzione e il compito di strappare alle organizzazioni criminali bambini, giovani e donne, ospitandoli in centri di accoglienza, va di pari passo con il lavoro delle forze dell’ordine che devono comba ttere il traffico a livello investigativo e legale. John Dayal, Segretario Generale dell’All India Christian Council, ha rimarcato: “Il traffico di esseri umani in India, con il suo giro di affari di 40 miliardi di dollari, è, fra le attività criminali, secondo solo al traffico di droga. Ne sono vittime sopratutto i dalit e i tribali, spesso appartenenti alle minoranze cristiane, come si è visto in particolare nel distretto di Kandhmal, in Orissa, e nello stato di Manipur”. Il rev. Madhu Chandra ha fornito un quadro preoccupante della violenza ai danni di donne e bambini, che si riscontra in tutta l’India del Nordest. E ha raccontato come la sua Ong abbia salvato di recente cinque ragazze di etnia Naga, condotte dalle reti di trafficanti in Malaysia, adescate tramite false proposte di lavoro. (R.P.)

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    Nigeria: l'arcivescovo di Abuja condanna il rapimento di 15 bambini

    ◊   “È un fatto senza precedenti. Siamo di fronte ad una situazione atroce” dice all’agenzia Fides mons. John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, capitale della Nigeria, dove 15 bambini sono stati rapiti mentre si trovavano su uno scuolabus. Il sequestro è avvenuto ieri mattina, quando un gruppo di uomini armati ha fermato uno scuolabus a bordo del quale viaggiavano i bimbi diretti alla Scuola internazionale Abayi, nello Stato di Abia, uno degli Stati della regione del delta del Niger, dove sono concentrate le riserve petrolifere della Nigeria. Secondo un portavoce governativo i banditi hanno chiesto un riscatto di circa 100mila euro per liberare i bambini. “In quella zona tutti sono vittime di questi banditi” dice mons. Onaiyekan. “Anche la Chiesa ha subito più volte dei rapimenti dei suoi membri. Da 6 giorni non abbiamo più notizie della contabile dell’Università Cattolica. Non vi è però una volontà specifica di colpire la Chiesa, perché i banditi rapiscono chiunque, persino i capi delle tribù locali. È responsabilità del governo bloccare i rapitori” sottolinea l’arcivescovo di Abuja. “La zona dove questi agiscono è relativamente limitata, penso quindi non sia impossibile dare loro la caccia. “Stiamo celebrando i 50 anni dell’indipendenza nazionale. Penso che dovremmo cogliere questa occasione per riflettere su come la Nigeria sia stata amministrata in tutti questi anni” conclude mons. Onaiyekan. (R.P.)

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    Storie di solidarietà nel Pakistan devastato dalle alluvioni

    ◊   Nel Pakistan messo in ginocchio dalle alluvioni che hanno causato almeno 5000 morti e oltre 20 milioni di sfollati c’è spazio per storie di solidarietà e di dialogo, animate da uno spirito di altruismo tra le comunità religiose. A darne testimonianza a “L'Osservatore Romano” è lo stesso vescovo ausiliare di Lahore, mons. Sebastian Francis Shah. Il presule desidera ribattere allo stereotipo di una società pakistana divisa e intollerante: “Vi sono luoghi — osserva — che offrono storie di solidarietà reciproca tra cristiani e musulmani e che rappresentano segni di speranza per il futuro”. È successo, per esempio, nell'area della città di Multan, nella regione del Punjab, dove la comunità musulmana ha accolto gruppi di cristiani sfollati. In altri casi è stata invece la comunità cristiana che ha offerto aiuto ai musulmani, come nei villaggi di Noshera e Charsadda. Un altruismo importante tra le comunità religiose, dunque che — puntualizza il vescovo ausiliare di Lahore — va oltre le incomprensioni alimentate “da quei gruppi estremisti islamici che vedono nel dialogo tra fedi e nell'emancipazione dei cristiani un ostacolo alla loro volontà di egemonia”. I musulmani in Pakistan sono il 97% della popolazione, mentre le minoranze rappresentano il restante 3% e i cattolici sono poco più di un milione. Mons. Shah ricorda però anche le discriminazioni di cui la comunità cristiana è ancora vittima: dalla difficoltà di accedere all'istruzione alla mancanza di lavoro. Per promuovere il dialogo è stato istituito anche il Pakistan Christian Action Forum, un organismo volto a coordinare gli interventi nei vari settori della società. Da superare, tra gli altri, c’è il nodo legato alla manipolazione della legge sulla blasfemia che, ricorda il vescovo, “è utilizzata dai gruppi estremisti islamici per tenere a bada i cristiani”, nonostante il presule sottolinei i “tentativi di revisione” e il clima “cordiale” dei rapporti con le autorità. I cristiani - denuncia mons. Shah - sono stati discriminati anche nel ricevere i soccorsi dopo le alluvioni. (L.G.)

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    Pakistan: islamisti radicali in libertà sui social network contro l’Occidente e i cristiani

    ◊   I social network come “Facebook” e “Twitter” sono terreno fertile dove i gruppi islamisti radicali scorrazzano liberamente, trovando nuovi amici e reclutando nuovi adepti: è quanto avviene in Pakistan, dove i militanti stanno aumentando la loro influenza nella società, specialmente nelle élites, grazie ai nuovi strumenti dell’informatica. E l’allarme lanciato all’agenzia Fides da alcune organizzazioni locali, impegnate nella difesa dei diritti umani e delle minoranze religiose. “Organizzazioni dichiarate illegali per atti di terrorismo postano regolarmente nei social network, incitando all’odio e alla violenza contro l’Occidente e contro i cristiani”, denuncia Rizwan Paul, presidente della Ong “Life for All”, di ispirazione cristiana. Sono i “nuovi predicatori”, che non stanno nelle moschee ma nel web, dove “non vi è alcuna censura e godono di una libertà che non possono avere nella vita reale”, spiega. “Sui social network, i gruppi banditi dalle autorità hanno trovato facilmente un buon forum e mezzi efficaci per portare avanti la loro agenda”, dice Rizwan Paul, chiedendo un capillare monitoraggio e l’intervento delle autorità per bloccare tale flusso di odio e di fondamentalismo. Fonti di Fides in Pakistan notano che su Facebook vi sono pagine gestite da gruppi militanti islamici come “Sipah Sahaba” e “Jamaat-ud-Dawa”, dichiarati illegali per attività terroristiche. Vi sono anche pagine che esaltano leader militanti scomparsi, come Abdul Rashid Ghazi. Un recente post su Twitter – raccontano le fonti – inserito dall’organizzazione illegale “Hizb-ut-Tahir”, chiedeva a tutti i musulmani del Pakistan di fermare l’approvvigionamento logistico alle truppe della coalizione Nato che combatte in Afghanistan contro i Talebani. “Attraverso pagine sui social network, ma anche tramite Sms collettivi, fanno propaganda e guadagnano popolarità”, notano con preoccupazioni le fonti di Fides. Uno dei personaggi più noti ed elogiati è Anwar al A-Awlaki, leader musulmano con doppia cittadinanza, americana e yemenita, noto come il “Bin Laden di Int ernet”, che continua a spopolare su Youtube e sui social network. (R.P.)

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    L'aiuto della Chiesa ai cristiani iracheni rifugiati in Siria

    ◊   Dopo un viaggio lungo e difficile sono tanti i cristiani iracheni che arrivano nella capitale siriana, Damasco e nella città di Aleppo, bisognosi di aiuto. Per far fronte a questa emergenza, il vescovo Antoine Audo di Aleppo si è incaricato di coordinare una vasta opera di aiuto rivolta a tutti coloro che sono fuggiti dopo l'abbattimento del regime di Saddam Hussein nel 2003. Il presule – fa sapere l’agenzia Zenit - si è rivolto all'associazione caritativa internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), che ha fornito il suo consistente supporto. Seguendo l'appello di Papa Benedetto XVI, che ha avvertito che “le Chiese in Medio Oriente sono minacciate nella loro stessa esistenza”, Aiuto alla Chiesa che Soffre si sta mobilitando per aiutare queste realtà, occupandosi in particolare dei rifugiati iracheni, in Siria, Turchia e Giordania. Ad Aleppo questi ricevono i primi soccorsi ed eventualmente vengono sottoposti a interventi chirurgici. Le operazioni di soccorso - coordinate dalle parrocchie cattoliche caldee della città – includono anche la distribuzione mensile di beni di prima necessità. Il presule ha aperto ad Aleppo anche una scuola per i bambini rifugiati. “Quando i cristiani iracheni arrivano in Siria, c'è solo la Chiesa che li aiuta”, ha sottolineato il vescovo. La Siria è il Paese confinante più scelto dagli emigrati iracheni ma le autorità di Damasco concedono raramente visti permanenti, quindi entro un anno dall'arrivo la maggior parte dei rifugiati riceve visti per recarsi ad esempio negli Stati Uniti, in Canada o in Australia. Secondo il vescovo la situazione dei cristiani resta difficile soprattutto a Mosul, nel nord dell’Iraq: “A Baghdad varia molto. La vita può essere piuttosto normale e poi all'improvviso possono esserci attacchi alle chiese e atti di persecuzione contro le persone”. (L.G.)

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    Progressi nel Sud del mondo nell'accesso alle cure contro l'Aids

    ◊   In molti Paesi del Sud del mondo sono stati compiuti progressi significativi nell’accesso ai servizi contro la diffusione dell’Hiv, il virus responsabile sindrome da immunodeficienza acquisita (Sida/Aids), secondo l’ultimo rapporto delle Nazioni Unite. Tra i risultati più importanti nei Paesi a basso e medio reddito, risulta che nel 2009, 15 Paesi inclusi Botswana, Guyana e Sudafrica, erano in grado di fornire ad oltre l’80% delle donne sieropositive in gravidanza i servizi e le medicine per prevenire la trasmissione da madre a figlio dell’Hiv; 14 Paesi, inclusi il Brasile, la Namibia e l’Ucraina, hanno fornito i trattamenti per l’Hiv ad oltre l’80% dei bambini sieropositivi che ne avevano bisogno; otto Paesi, inclusi Cambogia, Cuba e Rwanda, hanno raggiunto l’obiettivo dell’accesso universale ai farmaci antiretrovirali per gli adulti. “Diversi Paesi in ogni parte del mondo stanno dimostrando che l’accesso universale è raggiungibile. Ma a livello globale - riferisce l'agenzia Misna - rimane un obiettivo disatteso. E noi dobbiamo unire le forze per renderlo una realtà in tutto il mondo nei prossimi anni", ha detto il Dottor Hiroki Nakatani, Assistente del direttore generale per l’Hiv/Aids, tubercolosi, malaria e le malattie tropicali dimenticate presso l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms)". Gli importanti progressi compiuti in Africa orientale e meridionale, la regione maggiormente colpita dall’Hiv, sono motivo di speranza: in questa regione, la copertura per il trattamento è aumentata dal 32% al 41% in un anno e metà delle donne in gravidanza erano in grado di avere accesso ai test e ai consultori nel 2009. (R.P.)

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    Il governo vietnamita, in difficoltà per i casi di Aids, rifiuta l’aiuto delle organizzazioni religiose

    ◊   In Vietnam, il continuo aumento dei casi di Aids/Hiv mette in difficoltà il governo. A tutt'oggi nel Paese sono oltre 300mila le persone affette dalla malattia e ogni anno si registrano circa 24mila morti. Incapace di risolvere il problema il governo ha di recente chiesto aiuto alle organizzazioni umanitarie straniere, vietando però il coinvolgimento di qualsiasi associazione religiosa. Nonostante le opportunità date dalla continua crescita economica, le autorità vietnamite non hanno sviluppato in questi anni adeguate strutture educative e ospedaliere. Prevenzione della malattia, riconoscimento dei casi e adeguate norme di trattamento dei malati sono di fatto assenti e chi contrae l’Hiv/Aids subisce continue discriminazioni. Secondo uno studio del 2008 sulle attività sociali presenti nel Paese, - riferisce l'agenzia AsiaNews - il governo ha fatto in questi anni dei piccoli passi, sviluppando alcuni progetti di assistenza sociale. Resta però il divieto per le organizzazioni religiose di contribuire con propri programmi di assistenza in modo ufficiale, anche se si contano nel Paese diversi programmi informali svolti dalle parrocchie e da istituti religiosi. Thao, cristiana e operatrice sociale di Ho Chi Minh City, sottolinea che negli ospedali e nelle scuole le persone malate di Aids non ricevono un trattamento adeguato e a causa della cultura materialista esse sono confinate ai margini della società. “Nel Paese – afferma – si parla solo di questa malattia, ma in realtà chi ha contratto l’Hiv/Aids non può lavorare e non può mandare i propri figli a scuola”. La donna aggiunge che questo atteggiamento sta mettendo in pericolo anche la vita di oltre 70mila orfani che hanno contratto la malattia dai genitori. Secondo la Thao, essi rischiano di essere lasciati da soli al proprio destino. “Il governo – continua – ha l’esclusiva su tutti i progetti di assistenza. Le autorità continuano a chiedere soldi, ma non hanno compassione per le vittime. Esse non consentono a nessuna associazione di religiosa di elaborare programmi di aiuto, anche se queste organizzazioni sono famose per la serietà con cui trattano i propri pazienti”. (R.P.)

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    Haiti: nuovo appello dei vescovi americani ai governi per la ricostruzione

    ◊   I Vescovi degli Stati Uniti hanno lanciato un nuovo appello per la ricostruzione ad Haiti. Dopo una visita di ricognizione nell’isola caraibica, i presuli si sono rivolti al governo americano esortandolo a stanziare nuovi fondi. La situazione, riporta l’agenzia Sir, è ancora tragica: le famiglie continuano ad essere divise e ancora troppi sono gli sfollati che alloggiano nei campi di primo soccorso; a questo si aggiunge un concreto rischio per gli orfani dell’isola di essere oggetto di traffici illegali. Per questo l’appello dei vescovi è stato diramato anche ai Paesi della regione, invitando i governi a non espellere i profughi fino a quando non ci saranno progressi concreti nella ricostruzione. Dai presuli è giunto poi l’invito a concedere lo status temporaneo di protetto a tutti i cittadini haitiani fuggiti dall’isola dopo il 12 gennaio 2010. (M.O.)

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    Compie cent’anni “Catholic Charities”, fondazione Usa contro la povertà

    ◊   Ha compiuto cent’anni la fondazione americana “Catholic Charities”. Fondata a Washington il 25 settembre del 1910 da quattrocento leader cattolici provenienti da tutti gli Stati Uniti, ha da sempre svolto un ruolo primario nell’assistenza ai poveri americani. L’avvenimento è stato festeggiato con tre giorni di celebrazioni che si sono conclusi con una solenne messa celebrata presso la basilica del National Shrine of the Immaculate Conception. Il presidente, padre Larry Snyder, riporta l’Osservatore Romano, ha poi presentato le varie attività della fondazione, sottolineando come la situazione dei poveri americani sia molto simile a quella del 1910. Il numero di cittadini americani che vivono in condizioni di povertà è aumentato di oltre quattro milioni negli ultimi due anni. Il religioso ha poi ricordato l’importanza della tradizione dell’insegnamento sociale della Chiesa Cattolica nello sviluppo della previdenza sociale americana e internazionale, ponendo l’attenzione non tanto sui progetti caritativi di pura assistenza quanto su quelli formativi, in grado di rendere i poveri autosufficienti. Alla celebrazione è inoltre intervenuto Joshua DuBois, rappresentante della Casa Bianca, per i progetti di assistenza ai poveri, ringraziando pubblicamente le agenzie cattoliche americane per il loro contributo alla lotta alla povertà e ai progetti di sviluppo sociale in tutto il paese, ricordando come ogni individuo “ha bisogno di un aiuto spirituale”. (M.O.)

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    Usa: il cardinale George invita la comunità ispano-cattolica a restare salda nella fede

    ◊   “Diventare lievito per la Chiesa, restando saldi nelle radici della propria fede”: è l'esortazione dell'arcivescovo di Chicago e presidente della United States Conference of Catholic Bishops (Usccb), cardinale Francis Eugene George, ai fedeli della comunità ispanica-cattolica negli Stati Uniti, in occasione del congresso del National Catholic Council for Hispanic Ministry di Rosemont, sul tema “Raíces y Alas-Roots and Wings”. Il cardinale George – scrive l’Osservatore Romano - ha richiamato gli ispanici cattolici a rendersi testimoni autentici della propria identità nella vita quotidiana: “Voi sarete lievito — ha sottolineato — non perché siete ispanici, ma perché siete cattolici”. Il presidente della Usccb ha parlato anche dei rischi del secolarismo e dell'abbandono della pratica religiosa costante da parte dei fedeli. Temi cardine del Congresso sono stati poi il matrimonio e la famiglia, la formazione della fede, la vita, i giovani e le vocazioni, ma anche l’integrazione, con particolare riferimento agli immigrati ispanici. Il National Catholic Council For Hispanic Ministry rappresenta oltre cinquanta movimenti e organizzazioni cattoliche e coadiuva il Secretariat of Cultural Diversity in the Church della Usccb. Degli oltre trentacinque milioni di ispanici residenti negli Stati Uniti, oltre il 70% sono cattolici e la maggior parte di questi si trova in California. Il presidente del National Catholic Council for Hispanic Ministry, Carmen Aguinaco, ha ribadito inoltre che la questione più rilevante è oggi la partecipazione delle nuove generazioni. Centrale anche il nodo delle risorse, soprattutto in vista di una prevista crescita numerica della comunità ispanica-cattolica nei prossimi anni. È stata sottolineata la necessità di adeguare i contributi economici e le strutture per sostenere la pastorale e di espandere le attività dei centri educativi, includendo anche le strutture laiche. (L.G.)

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    Congresso missionario in Brasile: c’è bisogno di uomini che incarnino i valori del Vangelo

    ◊   “Il Brasile e l’America Latina hanno bisogno di uomini nuovi che, con tradizione e novità, incarnino i valori del Vangelo e siano Missionari di Fede contro un individualismo superficiale ed estraniante”. Con queste parole - citate dall'Osservatore Romano - si può riassumere il messaggio che emerge dal secondo Congresso missionario della Chiesa Cattolica nel Mato Grosso du Sul, in Brasile, organizzato dalla Conferenza episcopale del Brasile. Ad aprire il convegno, cui hanno partecipato più di ottocento rappresentanti di tutte le diocesi brasiliane, l’intervento di mons. Rizzardo Redovino, vescovo di Dourados, che ha parlato di “Conversione missionaria”. Secondo il presule, “la conversione non può essere soltanto personale ma anche pastorale, solo così ci sarà una bella Chiesa, amichevole, accogliente, caritatevole, evangelizzante e missionaria”. Il congresso ha anche affrontato la spinosa questione della corruzione dello Stato brasiliano che ha ospitato l’evento e della conservazione delle culture indigene locali. Si è poi fatto riferimento al messaggio di Benedetto XVI secondo cui, la Chiesa deve essere avvocata della giustizia, difensore dei poveri e dispensatrice di amore e carità. Il messaggio si è concluso riaffermando il ruolo qualificante della cultura e della scuola cattolica nella regione e riconoscendo nei giovani il nuovo futuro della società e della Chiesa in Mato Grosso do Sul. (M.O.)

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    Brasile: l’arcidiocesi di San Paolo chiede alla Biennale il ritiro dei quadri di Gil Vicente

    ◊   L’arcidiocesi di San Paolo, in Brasile, ha chiesto ieri l’intervento delle istituzioni per far ritirare dalla Biennale di arte di San Paolo 2010, una serie di opere di Gil Vicente intitolate “Nemici”, che ritraggono l’artista stesso nel gesto di assassinare diversi leader mondiali, tra cui Benedetto XVI, George Bush e Lula da Silva. Lo rende noti l’agenzia Sir. L’arcidiocesi manifesta in una nota “stupore, fastidio e disagio” perché le immagini “approvano implicitamente la violenza”. “In una società già contrassegnata dal conflitto e dal dolore per tanta violenza – si legge nella nota – ci lascia molto dubbiosi il fatto che, in nome dell’arte, si espongano scene che suggeriscono l’esplosione dell’odio contro coloro che vengono percepiti come propri nemici”. Si tratta, rende noto inoltre l’arcidiocesi, di “mancanza di rispetto nei confronti della dignità umana e di una minaccia alla pace nella vita sociale. La violenza reale, o semplicemente suggerita, genera ancora più violenza”. In particolare, la comunità cattolica è particolarmente indignata e rattristata per “la mancanza di rispetto nei confronti di Papa Benedetto XVI, che gira il mondo predicando la giustizia e la pace”. Il ritiro dei quadri della Biennale è stato chiesto anche dall’Ordine degli avvocati del Brasile. (L.G.)

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    Bruxelles: Messa di mons. Leonard per l'apertura delle attività delle istituzioni europee

    ◊   “Abbandonare interessi di parte e pregiudizi” e operare per “la gloria di Dio e per il vero bene” della società europea: si è pregato per l’Unione europea, ieri sera, nella chiesa dedicata a Notre Dame au Sablon, nella capitale belga, durante la messa di apertura delle attività delle istituzioni comunitarie. La celebrazione eucaristica (svoltasi in diverse lingue, oltre al latino) è stata presieduta da mons. André Joseph Léonard, arcivescovo di Malines-Bruxelles, e concelebrata da mons. André Dupuy, nunzio apostolico presso l’Ue, e da mons. Piotr Mazurkiewicz, segretario generale della Comece (Commissione degli episcopati della Comunità europea). Erano presenti il principe Filippo e la principessa Matilde del Belgio e numerose autorità politiche europee. Durante l’omelia, mons. Leonard ha richiamato l’impegno – fondato sulla speranza che deriva dal Vangelo - per la costruzione di una comunità di pace, che sappia dare prosperità alle famiglie e stabilità ai territori, aperta al mondo. L’arcivescovo - riferisce l'agenzia Sir - ha sottolineato l’impegno, per i politici europei, a “testimoniare i valori etici e la speranza” all’interno delle istituzioni e a difendere e rispettare la “libertà di coscienza, in una Europa pluralista”. Si è dunque pregato per i poveri: le offerte raccolte sono state indirizzate a iniziative per gli indigenti in Belgio e in Romania. (R.P.)

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    Lotta alla povertà: al Parlamento europeo le proposte di un documento ecumenico

    ◊   Per la prima volta nell'Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale, Chiese e organizzazioni cristiane di tutta Europa presenteranno domani a Bruxelles, alle istituzioni europee e agli Stati membri, un documento comune con proposte e raccomandazioni per combattere la povertà e l'esclusione sociale, nel quadro del Trattato di Lisbona. Titolo del documento: "Do not deny justice to your poor people - Non negare la giustizia ai poveri" (Esodo, 23,6). La conferenza ecumenica - riferisce l'agenzia Sir - si svolgerà al Parlamento europeo, per iniziativa di Eurodiaconia (federazione di 33 organizzazioni cristiane diffuse in 21 Paesi), Caritas Europa (che riunisce 48 Caritas), Cec (Conferenza delle Chiese europee) e Comece (Commissione degli episcopati dell'Unione europea). "Nuove strade per la solidarietà: un impegno comune per combattere la povertà e l'esclusione sociale" è il tema della conferenza, patrocinata da Jerzy Buzek, presidente del Parlamento europeo, che aprirà l'incontro. Alla conferenza interverranno membri del Parlamento europeo, della Commissione e rappresentanti delle diverse Chiese e organizzazioni. Tra questi, mons. Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e vicepresidente della Comece e Heather Roy, di Eurodiaconia. Concluderanno rappresentanti ortodossi della Cec e cattolici della Caritas. (R.P.)

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    Cei: al Consiglio permanente l'esigenza di una cultura aperta al Vangelo

    ◊   “La cultura odierna lascia frequentemente emergere una riduzione dell’umano e per questo esige di essere aperta all’incontro rigenerante con il Vangelo. Sta qui la sfida educativa che si intende raccogliere in modo consapevole” per continuare a “declinare l’evangelizzazione” nel mondo contemporaneo. Queste, in sintesi le parole di mons. Domenico Pompili, sottosegretario e portavoce della Conferenza episcopale italiana, che in una nota ripresa dall’agenzia Sir riferisce della seconda giornata di lavori del Consiglio episcopale permanente che si è aperto due giorni fa a Roma. “Ampia e articolata è stata la discussione sulla prolusione – si legge – numerosi gli interventi che hanno arricchito la riflessione ecclesiale e sociale del cardinale Angelo Bagnasco. Secondo mons. Pompili, nella seconda giornata “è stata sottolineata l’esigenza di una accurata formazione dei futuri presbiteri tale da favorire il discernimento intorno al carisma del celibato, condizione che esprime la paradossale novità del cristianesimo. Quanto al momento sociale, tutti hanno condiviso la lettura preoccupata del Presidente intorno allo stato del Paese, in particolare per i ricorrenti personalismi che mettono a repentaglio il bene comune”. Non si tratta, spiega il portavoce dei vescovi, “di prendere alcuna distanza dalla politica, ma al contrario” di “una più attenta valutazione della centralità dell’agire politico per gli effetti che ha sulla vita della gente e in vista della soluzione dei problemi concreti”. Ciò richiede, tra l’altro, che “la comunità cristiana si faccia carico delle persone che intendono scendere in politica per mettersi al servizio del bene comune, sostenendo il loro impegno non solo con l’accompagnamento spirituale, ma anche con opportuni itinerari formativi”. (L.G.)

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    Carlo Carretto a cento anni dalla nascita: "un esempio per i giovani"

    ◊   Riscoprire la figura di Carlo Carretto “attraverso i giovani e i luoghi che hanno contribuito a diffonderne l’insegnamento”. È l’obiettivo del convegno sul tema “Carlo Carretto a cent’anni dalla nascita (1910-2010)”, che l’Azione cattolica italiana, i Comuni di Spello e di Foligno, la diocesi di Foligno, i Piccoli Fratelli di Jesus Caritas e i Piccoli Fratelli del Vangelo promuovono l’1 e il 2 ottobre a Spello (Perugia), in occasione dei cento anni dalla nascita dell’“innamorato di Dio”. Lo rende noto l’agenzia Sir. A conclusione del convegno saranno inaugurati i locali ristrutturati dell’Eremo di San Girolamo, sede della comunità fondata da Carretto, ora affidato all’Azione cattolica. Lo storico Ernesto Preziosi sottolinea l’attualità della figura di Carretto, che consiste nell’avere “vissuto attraverso l’Ac la pienezza del cammino di fede, insegnando a tutti, in particolare ai giovani, che è tuttora possibile prendere la propria vita sul serio e spenderla fino in fondo nel cammino verso la santità”. Secondo Preziosi resta vivo il dibattito sugli aspetti politici della sua figura: “Pur non dedicandosi espressamente agli aspetti politici, svolge un grande servizio perché contribuisce a formare personalità adulte, forti, capaci di assumersi anche responsabilità pubbliche” e “la Gioventù cattolica dei suoi anni è stata anche una grande fucina di classe dirigente per il nostro Paese. La sua posizione negli anni Sessanta e Settanta – sottolinea ancora Preziosi - è di grande apertura e dialogo rispetto al mondo, perché la dimensione religiosa, vissuta in Azione cattolica e approfondita sulle orme di Charles de Foucauld lo porta ad andare all’essenziale”. Il che significa “essere capaci non di tirarsi fuori dalle situazioni del mondo, ma di starci dentro con lo sguardo fisso alle realtà grandi e quindi alla dignità della persona umana che la politica è chiamata a servire”. (L.G.)

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    Uganda: il missionario comboniano Giuliano Pisoni vittima di un incidente stradale

    ◊   Stava per raggiungere una nuova comunità a 45 km da Kampala, in Uganda, padre Giuliano Pisoni, quando in sella alla sua motocicletta si è scontrato con altre due moto, che lo hanno investito uccidendolo sul colpo. Il missionario comboniano di origini trentine aveva trascorso un periodo di riposo in Italia ed era tornato da poco in Uganda, dove viveva ormai da 39 anni in missione. Due mesi fa – ricorda il quotidiano Avvenire – era tornato nel suo paese natale, a Calavino e aveva festeggiato i suoi 40 anni di ordinazione sacerdotale, assieme al fratello padre Mauro, cappuccino, nel ricordo di un altro fratello missionario, padre Olivo Pisoni, scomparso in primavera a causa di un malore improvviso. Sempre sorridente, padre Pisoni, aveva, infatti, mantenuto un contatto costante con la sua comunità di origine, un rapporto che arricchiva con una fitta corrispondenza dall’Uganda, lettere pubblicate anche sul giornale locale. Padre Pisoni sarà sepolto oggi a Kampala - come egli stesso aveva sempre chiesto, in segno di umiltà alla sua terra adottiva – dopo l’Eucaristia presieduta dal vescovo di Kotido, il comboniano padre Giuseppe Filippi, anch’egli trentino. (L.G.)

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    Dibattiti e spettacolo al Festival Francescano di Reggio Emilia

    ◊   Si terrà nella provincia emiliana dal 1 al 3 ottobre la seconda edizione del Festival Francescano, appuntamento organizzato dal Movimento francescano dell’Emilia Romagna che riunirà religiosi e laici in una tre giorni di dibattiti, riflessioni e momenti di spettacolo. Molti gli esponenti della cultura italiana che interverranno agli incontri, incentrati sulla domanda “Fratelli è possibile?”; tra gli altri, il filosofo Massimo Cacciari, lo psichiatra Alessandro Meluzzi, l’economista Stefano Zamagni e il direttore dell’Istituto di Gestalt, Giovanni Salonia. Nelle intenzioni di padre Alessandro Caspoli, frate minore e direttore dell’Antoniano di Bologna, c’è quella di porre l’attenzione sulla radicalità del Vangelo, incarnata da Francesco e ancora attualissima. “Incontrarsi per parlare di relazione tra gli esseri umani e con il creato è un modo per mantenere vivo ciò che Francesco, attraverso la sua esperienza, è riuscito a trasmettere. Smettere di parlarne sarebbe tradire la nostra vocazione”, ha affermano il frate. Tra le varie iniziative, riporta Zenit, sono previsti incontri con gli studenti universitari, oltre a un’intensa programmazione musicale e artistica che vede la presenza della cantante Noa e la proiezione del primo film su San Francesco mai realizzato: “Frate Sole” del 1918. (M.O.)

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    24 Ore nel Mondo



    Italia: oggi il voto di fiducia al governo Berlusconi

    ◊   In Italia, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, rivendica l’impegno di rigore nella crisi e parla di federalismo come di collante della società. Il premier ha parlato stamani alla Camera dove chiede il voto di fiducia sul governo, che si svolgerà nel tardo pomeriggio. Dopo mesi di tensioni all’interno della maggioranza, si contano i voti per continuare la legislatura. Berlusconi parla di “legittimo dibattito nella maggioranza” e afferma che non c’è alternativa al governo attuale. Il servizio di Fausta Speranza:

    Berlusconi chiarisce la sua idea di federalismo: sarà cerniera unificante del Paese e non ci saranno divisioni tra nord e sud. È uno dei primi punti che il premier ribadisce dopo aver rivendicato meriti all’operato del governo. Per affrontare la crisi economica internazionale, “l'Italia aveva bisogno di rigore e credibilità e lo ha fatto mantenendo in ordine i conti pubblici e salvaguardando i redditi delle famiglie", dice il capo del governo al Paese, assicurando di aver evitato licenziamenti di massa. Un elogio anche per l'azione del governo per garantire la sicurezza dei cittadini. Parole sulla lotta contro la mafia, poi critiche a quella che definisce la politica giudiziaria: “La giustizia è un pilastro fondamentale dello Stato di diritto. L'uso politico – afferma Berlusconi – è un elemento di squilibrio”. Su questi punti, in aula gli applausi di Pdl e Lega e le proteste dell’opposizione. Dunque, Berlusconi chiede la fiducia per ripartire: si tratta – spiega – di dare un senso a questa legislatura che negli auspici di molti era considerata costituente”. Da parte sua, il premier avverte: “Vedo troppo odio in giro, un odio che può armare la mano dell'eversione”. Quindi, dice di impegnarsi a tessere di nuovo il tessuto nazionale, chiedendo di ripartire ma “senza compromessi al ribasso”. “Ciascuno deve fare la sua parte – afferma – con senso di responsabilità e praticando il rispetto dell'avversario al posto della faziosità. I governi democratici – afferma – traggono il loro buon agire dal consenso, tra parlamento e il governo non possono esserci contrapposizionì. Su questo punto aggiunge: C'è una simbiosi tra il governo e il parlamento sia pur nella distinzione dei ruoli. Un’altra raccomandazione sul piano istituzionale: La minoranza – sottolinea – “deve avere rispetto per la legittimità della maggioranza e del governo”. Resta da dire che è netto il giudizio negativo del segretario del Pd Pier Luigi Bersani, che taglia corto: “il discorso è incommentabile”. Altri esponenti dell’opposizione parlano di “bugie” e di un discorso che è uno “spot”. Il leader del centro Casini lo definisce un discorso da primo giorno di scuola. Per quanto riguarda i deputati legati a Fini, i cronisti hanno notato che non si sono uniti agli applausi.

    In Irlanda attesa per il piano di salvataggio della Banca Anglo Irish
    L'Irlanda domani dovrebbe annunciare un nuovo piano di salvataggio per Anglo Irish, la banca in profondo rosso che sta facendo salire i premi di rendimento irlandesi a livelli record. Dublino – scrive il Financial Times – avrebbe preso atto dell'allarme nei mercati e si sarebbe decisa per un'ulteriore iniezione di capitali da cinque miliardi di euro, che sommati alla cifra precedentemente stanziata porterebbe a 30 miliardi il conto da pagare per salvare l'istituto di credito nazionalizzato. Una cifra poco al di sotto dei 35 miliardi previsti da Standard & Poor's, che di fronte ai costi crescenti e alle difficoltà nel rassicurare i mercati, ieri ha minacciato un nuovo taglio del rating sovrano irlandese. Il Ft sottolinea che mentre gli spread irlandesi toccano nuovi record, i rendimenti pagati dai titoli di Stato del Paese sono agli stessi livelli che la Grecia presentava a inizio aprile: un mese dopo, Atene dovette ricorrere all'aiuto finanziario del Fondo monetario internazionale, dell'Unione europea e della Banca centrale europea.

    A Bruxelles sfilano i sindacati europei: il lavoro sia la priorità dei governi
    Migliaia di lavoratori, di disoccupati, di pensionati sono in arrivo da stamattina a Bruxelles per partecipare alla manifestazione promossa dai sindacati europei e che ha come slogan “No all'austerità, priorità per il lavoro e la crescita”. I manifestanti sono diretti verso la stazione di Midi, dove alle 13 è prevista la partenza del corteo che marcerà verso il quartiere delle istituzioni comunitarie, arrivando nel primo pomeriggio sulla grande spianata del Parco del Cinquantenario. Cinque treni speciali e decine di bus, provenienti da tutta Europa, sono stati organizzati dalla Confederazione dei sindacati europei (Ces), che prevede almeno 100 mila partecipanti a questa giornata di azione (“The action day”), contro – sostengono – una ripresa senza lavoro costruita sulle difficoltà più deboli e a scapito della creazione di posti di lavoro. I sindacati europei intendono “dare voce” alle inquietudini sulla situazione economica e sociale europea, dove il tasso di disoccupazione si attesta ormai al 10%, con punte del 20% in Paesi come la Spagna. In testa al corteo ci saranno le delegazioni di 50 organizzazioni sindacali di 30 Paesi europei. La giornata di protesta di Bruxelles si aggiunge a quella organizzata in molti altri Paesi europei.

    Primo sciopero generale in Spagna nell’era Zapatero
    La Spagna è alle prese oggi con il primo sciopero generale dell'era Zapatero, convocato dai due principali sindacati Ugt e Ccoo contro la riforma del mercato del lavoro. In numerose città come Cadice e Bilbao, i cortei inizieranno a mezzogiorno, ma a Madrid la manifestazione, che attraverserà il centro, è prevista per le 18.30. Lo sciopero generale di oggi è il quinto della storia della Spagna democratica. Il Paese è al centro della crisi fiscale europea: domani è attesa una finanziaria rigorosa. Zapatero, alle prese con una disoccupazione del 20%, ha tagliato gli stipendi dei funzionari pubblici e ha congelato le pensioni per riportare sotto controllo il deficit. Ma al centro dello sciopero c'è la riforma del mercato del lavoro, che diminuisce le indennità di licenziamento.

    Proseguono i colloqui nell’ambito del processo di pace israelo-palestinese
    Gli sforzi di pace fra israeliani e palestinesi proseguono: lo hanno confermato oggi il premier ebraico, Benyamin Netanyahu, e l'emissario statunitense, George Mitchell, che domani avrà un nuovo colloquio con il presidente dell'Anp, Abu Mazen (Mahmud Abbas). Nell'incontro odierno (avvenuto a Cesarea, a nord di Tel Aviv), Netanyahu ha fatto rilevare a Mitchell che nelle trattative con i palestinesi in Israele “ci sono dubbi e ostacoli”, ma ha poi subito ribadito di essere egualmente determinato “a condurre Israele verso la pace: “una pace che garantisca la sicurezza di Israele e i suoi interessi nazionali”.

    In Afghanistan per 5 milioni di bambini andare a scuola è troppo rischioso
    Cinque milioni di bambini non possono frequentare le scuole in Afghanistan per problemi legati alla sicurezza. Lo ha dichiarato il ministro della Pubblica istruzione afghano, Ghulam Farooq Wardak. Intervenendo ad un seminario a Kabul sull'alfabetizzazione della popolazione in cui ha preso la parola anche il presidente, Hamid Karzai, Wardak ha sostenuto che molte scuole sono chiuse trovandosi in zone dove la presenza di talebani e di truppe della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf, sotto comando Nato) genera pericolose tensioni. Nel complesso, ha sottolineato, “in Afghanistan gli analfabeti sono almeno dieci milioni”, e per questo il governo ha progettato offensiva, cui dovrebbero collaborare anche gli ulema e i responsabili delle moschee, per permettere ad un milione di persone l'anno di abbandonare l'analfabetismo. Ieri, nell’Afghanistan meridionale un soldato della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf, sotto comando Nato) è morto.

    Violenze nel sud della Thailandia
    Cinque abitanti di un villaggio nel sud della Thailandia sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco. Si tratta dell'ultimo di una serie di attacchi attribuibili ai ribelli separatisti nella regione al confine con la Malaysia. Martedì notte, almeno cinque uomini armati, a bordo di un pick-up, hanno aperto il fuoco sugli abitanti di un villaggio e sui venditori di frutta nella provincia di Pattani, uccidendo quattro uomini e una donna. Altre tre persone sono rimaste ferite, fra le quali una bambina di 10 anni e un bambino di otto.

    Operazioni di polizia in Daghestan
    Dieci guerriglieri sono stati uccisi in Daghestan in due differenti operazioni speciali, la prima alla periferia della capitale Makhachkala e la seconda a Kaspisk. Lo riferiscono le agenzie russe, citando il Dipartimento locale dei servizi segreti (Fsb). Ieri, altri quattro poliziotti erano stati uccisi ed un altro era rimasto ferito nella Repubblica ex sovietica ad opera di due sconosciuti che avevano sparato raffiche di mitra all'interno del bar dove i poliziotti erano riuniti.

    Medvedev presto nelle Isole Curili, oggetto di contesa tra Russia e Giappone
    Il leader del Cremlino, medvedev, ha annunciato oggi che visiterà presto le Isole Curili, oggetto di una storica contesa territoriale del suo Paese con il Giappone. Medvedev ha parlato dalla Kamciatka, nell'Estremo Oriente russo. Servizio di Marco Onali:

    “Ci vado senz'altro. Le Isole Curili sono una regione molto importante per la Russia. Ora purtroppo c'è brutto tempo, ma lo farò presto": è questa la dichiarazione del presidente russo, Dmitri Medvedev, che rischia di far scoppiare una crisi diplomatica tra Giappone e Russia. Alla dichiarazione di Medvedev, infatti, ha risposto il portavoce del ministro degli Esteri di Tokyo, affermando che il primo ministro russo non è il benvenuto e che una sua visita darebbe un duro colpo di assesto alle relazioni bilaterali. Oggetto della contesa tra i due Paesi, l’arcipelago delle Curili, un gruppo di isole, circa 60, tra la penisola di Kamciatka, nell’estremo est della Russia, e l'isola di Hokkaido, nel nord del Giappone. Le isole, rivendicate da entrambe i Paesi, sono abitate complessivamente da 10.000 persone e basano la loro economia sulla pesca. I due Paesi non sono tuttavia nuovi a rivendicazioni del genere: fu, infatti, la Russia nel 1857 a regalare l’arcipelago al Giappone in cambio dell’isola di Sachalin, ma, nel 1945, al termine del secondo conflitto mondiale, l’oramai Unione Sovietica decise di occuparne nuovamente il territorio. L’occupazione sovietica creò un gelo nei rapporti tale che, tutt’ora, non è stato ancora firmato il trattato di pace. Nel 2008 poi, il Giappone tornò a rivendicare la sovranità sulle Isole Curili, chiamate dalle autorità di Tokyo "Territori del Nord", e nello specifico una decina di scogli, ricominciando lo scambio di note tra i due Ministeri degli esteri. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 272

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