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Sommario del 27/09/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI: il mio Pontificato è un pellegrinaggio per portare Dio nel mondo con speranza e semplicità
  • Il Papa si congeda da Castel Gandolfo ricordando San Vincenzo de’ Paoli, apostolo della carità
  • Altre udienze
  • Il saluto del Papa al convegno dei cappellani militari ad Assisi
  • Mons. Zimowski al Congresso dell'Afar: scienza e fede alleate per il bene dell'uomo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Legislative in Venezuela: Chavez vince ma non raggiunge i due terzi dei parlamentari
  • Medio Oriente: colloqui di pace in crisi dopo la fine della moratoria sugli insediamenti ebraici
  • Haiti verso le elezioni: resta drammatica la situazione degli sfollati
  • Giornata mondiale del Turismo dedicata al tema della biodiversità
  • Conferenza della Commissione europea su itinerari religiosi e culturali
  • Gemellaggio tra la diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro e il Patriarcato di Gerusalemme
  • Concerto a Lampedusa per riflettere sul tema dell'immigrazione: intervista con Claudio Baglioni
  • Memoria di San Vincenzo de' Paoli: Dio ama quelli che amano i poveri
  • Chiesa e Società

  • Abidjan: forum su “Culture, identità dei popoli e sviluppo in Africa e nella diaspora nera”
  • Pakistan: rischio di corruzione sugli aiuti ai profughi
  • America centrale: da Haiti al Chiapas, danni e vittime per le alluvioni
  • Creato coordinamento per la ricostruzione delle strutture religiose ad Haiti
  • In Nigeria l’apertura di due dighe provoca due milioni di sfollati
  • Burundi: ritrovati cadaveri mutilati. La Chiesa lancia l'allarme
  • Kenya: gli orfani dell’Hiv garantiscono supporto economico alle famiglie che li adottano
  • Regno Unito: venerdì Giornata di digiuno per i bambini del Rwanda
  • La commissione dottrinale dei vescovi Usa si esprime su un discusso libro di teologia
  • Messico: un sacerdote denuncia il massacro di tossicodipendenti
  • El Salvador: la Chiesa appoggia la richiesta di aiuto internazionale contro il crimine
  • India. Il sogno di Madre Teresa: ad Ayodhya una casa per malati terminali
  • Cattolici e buddisti coreani: la donazione degli organi contro la cultura della morte
  • India: corsi di formazione dei Salesiani per salvare i giovani dalla guerriglia maoista
  • In India decima edizione del quiz sulla Bibbia
  • Congresso su "Acqua e futuro" a Montreal: è la ricerca l’unica via percorribile
  • Italia: torna in piazza l’orchidea dell’Unicef, la campagna in favore dei bambini africani

  • 24 Ore nel Mondo

  • Afghanistan: rapita cooperante britannica. I talebani propongono scambio con gli Stati Uniti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI: il mio Pontificato è un pellegrinaggio per portare Dio nel mondo con speranza e semplicità

    ◊   I santuari siano “fari di carità” dove incontrare Dio, che non ci lascia mai soli nel nostro cammino: è quanto afferma Benedetto XVI in un Messaggio per il II Congresso mondiale della Pastorale dei Pellegrinaggi e Santuari al via oggi a Santiago de Compostela. L’evento è incentrato sul tema “Egli entrò per rimanere con loro”, ripreso dal passaggio evangelico dei discepoli di Emmaus. In apertura di Congresso, l’intervento dell’arcivescovo Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale dei Migranti. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “I santuari devono essere fari di carità, incessantemente dedicati ai più sfavoriti mediante opere concrete di solidarietà e misericordia e una costante disponibilità all’ascolto”: è l’esortazione di Benedetto XVI, che nel suo messaggio confida come fin dall’inizio del suo Pontificato abbia voluto vivere il suo ministero “con i sentimenti del pellegrino che percorre le vie del mondo con speranza e semplicità”. Un pellegrinaggio, sottolinea, per portare “sulle labbra e nel cuore il messaggio salvifico del Cristo Risorto” e confermare “nella fede i propri fratelli”. E afferma che proprio “come segno esplicito di tale missione”, nel suo stemma “figura, tra altri elementi, la conchiglia del pellegrino”. Ricorda quindi che a breve si recherà pellegrino proprio a Santiago de Compostela, sede del Congresso. In questo momento storico, aggiunge, “in cui, con forza se possibile ancor maggiore, siamo chiamati ad evangelizzare il nostro mondo va messa in debito risalto la ricchezza che scaturisce dal pellegrinaggio ai santuari”.

    In effetti, constata il Papa, “diversamente dal vagabondo, i cui passi non hanno una destinazione precisa, il pellegrino ha sempre una meta davanti a sé, anche se a volte non ne è pienamente cosciente”. E la meta, ribadisce il messaggio, “altro non è se non l’incontro con Dio per mezzo di Gesù Cristo, in cui tutte le nostre aspirazioni trovano risposta”. Di qui l’importanza fondamentale della celebrazione dell’Eucarestia, che “può ben considerarsi il culmine del pellegrinaggio”. Il Papa non manca di ricordare ai visitatori che “i santuari sono luoghi sacri” in cui bisogna comportarsi “con devozione, rispetto e decoro”. Infine, mette l’accento sul pellegrinaggio ai santuari come “occasione propizia per rinvigorire” nei visitatori “il desiderio di condividere con altri l’esperienza meravigliosa di sapersi amati da Dio e di essere inviati al mondo a dare testimonianza di questo amore”.

    Dal canto suo, l’arcivescovo Vegliò sottolinea nel suo discorso inaugurale che la Chiesa deve avvalersi delle occasioni come i pellegrinaggi “per proclamare il messaggio evangelico e cercare di condurre le persone a Cristo”. Né manca di affermare che, in un tempo di secolarizzazione, la presenza religiosa deve avere un posto nello spazio pubblico, “nei momenti di convivenza giornalieri”. Il problema dell’indifferenza religiosa, prosegue, consiste nel fatto che l’uomo di oggi “non scopre in Cristo la risposta della sua vita”, perché “non cerca risposte, non si interroga sulla esistenza”. Ecco allora che i pellegrinaggi sono una grande occasione per incontrare Cristo e in Lui tutte le risposte della nostra vita.

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    Il Papa si congeda da Castel Gandolfo ricordando San Vincenzo de’ Paoli, apostolo della carità

    ◊   Una cittadina “tanto cara”, dove poter “trascorrere un soggiorno sereno e proficuo”: Benedetto XVI ha definito così stamani Castel Gandolfo, nel discorso di congedo dalle autorità civili e dalla comunità ecclesiale locale. Il Papa farà ritorno in Vaticano giovedì 30 settembre. Nel suo discorso, Benedetto XVI ha espresso profonda gratitudine a quanti hanno contribuito a venire incontro alle sue esigenze e a quelle dei pellegrini, in particolare al vescovo di Albano, Marcello Semeraro. Il Papa ha infine ricordato che oggi ricorre la memoria di San Vincenzo de’ Paoli. Ecco il passaggio del Papa dedicato a questo Santo, che Leone XIII proclamò “patrono universale di tutte le opere di carità sparse nel mondo”:

    “Con la sua incessante azione apostolica, egli fece in modo che il Vangelo diventasse sempre più faro luminoso di speranza e di amore per l'uomo del suo tempo, ed in particolare per i più poveri nel corpo e nello spirito. Il suo esempio virtuoso e la sua intercessione suscitino nelle vostre comunità e in ciascuno di voi un rinnovato impegno di solidarietà, cosicché gli sforzi di ognuno cooperino all'edificazione del bene comune”.

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    Altre udienze

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza, nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, alcuni presuli della Conferenza episcopale brasiliana in visita “ad Limina”.

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    Il saluto del Papa al convegno dei cappellani militari ad Assisi

    ◊   “Una rinnovata adesione a Cristo riproponendo la santità quale misura alta della vita cristiana in risposta alle nuove sfide della pastorale”: è quanto auspica Benedetto XVI nel messaggio per la Settimana di aggiornamento dei cappellani militari, che si aprirà oggi pomeriggio ad Assisi. All’evento, incentrato sul tema “Annuncio del Vangelo e preghiera”, è giunto anche il messaggio del cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi. “L’efficacia del servizio ecclesiale – si legge nel messaggio – scaturisce dalla nostra conversione personale e comunitaria che altro non è che mettere Cristo al centro della vita”. Dal canto suo, intervistato dall’agenzia Sir, l’arcivescovo ordinario militare per l’Italia, mons. Vincenzo Pelvi, ha affermato che la preghiera non è un “compito da sbrigare, semmai in fretta. Pregare è il primo servizio da offrire alla famiglia militare”. “La pastorale – ha ribadito il presule – non dovrebbe mai essere una semplice strategia, un lavoro amministrativo, ma restare sempre un impegno spirituale”.

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    Mons. Zimowski al Congresso dell'Afar: scienza e fede alleate per il bene dell'uomo

    ◊   “Scienza e fede: scelta di vita”: questo il titolo della Lettura Magistrale tenuta stamani a Brescia da mons. Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari. Il presule è intervenuto in apertura del decimo Congresso nazionale dell’AFAR (Associazione Fatebenefratelli per la ricerca), i cui lavori proseguiranno fino a mercoledì. Al centro del discorso di mons. Zimowski, il concetto che scienza e fede possono instaurare una “relazione feconda e rispettosa”, perché esse possono essere considerate “esperienze sorelle, amiche ed alleate”, ossia “non estranee, né contrapposte”, ma vicine “in vista del bene dell’uomo”. Naturalmente, ha sottolineato il presule, “nel corso del tempo la relazione tra scienza e fede non è sempre stata armonica”, ma senza farsi condizionare da questo fatto, esse sono sorelle in quanto “hanno origine dal Padre Celeste, pur essendo dotate ognuna della propria originalità, della propria missione, del proprio metodo”. In questo modo, si possono riconoscere “l’originalità e le differenze delle due esperienze, nel rispetto delle diverse competenze e in un atteggiamento di relazione pacifica, di collaborazione e integrazione”. Inoltre, fede e scienza possono essere amiche perché la prima “se rettamente intesa e vissuta, non stempera la sete di conoscenza del mondo, ma la accende e porta a guardare con occhi perennemente assetati di luce le meraviglie che le varie scienze si impegnano a scoprire nel corso del tempo”. E ancora, scienza e fede “possono e devono diventare alleate” perché esse sono “al servizio dell’uomo, della verità, della vita e l’una dell’altra”. Riguardo all’uomo, essendo esperienze “aperte e non autoreferenziali”, scienza e fede devono far intendere che la persona umana ‘riuscita’ “non è quella prigioniera del proprio egoismo, ma quella che coltiva il senso della propria dignità e della propria trascendenza”. Scienza e fede, poi, devono “servire la verità” poiché sono mosse da “una vera e propria passione per la verità”. Esse sono, quindi, al servizio della vita poiché “sono chiamate ad annunciare e coltivare il vangelo della vita e tutelare la grandezza e la preziosità della vita umana, respingendo ogni minaccia e violenza nei suoi confronti, professando il valore inviolabile di ogni persona, denunciando ogni cultura di morte”. Infine, scienza e fede sono “provocazione e aiuto l’una per l’altra”, poiché la prima “provoca il credente a coltivare l’intelligenza ed è maestra di stupore”, mentre la seconda invita lo scienziato “a non scoraggiarsi di fronte ai fallimenti, a rimanere sempre a misura d’uomo, a guardare all’ulteriorità, a Dio, speranza che non tramonta”. Tutto questo, naturalmente, trova la sua applicazione nella cura del malato, poiché scienza e fede “solo assieme salveranno l’uomo”: esse sono come “due binari distinti e inconfondibili”, che, però, portano entrambi “verso un futuro di bene e di solidarietà”. In precedenza, mons. Zimowski aveva celebrato anche la Santa Messa di apertura del Congresso e nella sua omelia si era soffermato sul concetto della carità, definita “superiore a tutte le regole”, e sull’importanza dell’Eucaristia, “sacramento della misericordia di Dio” e grazie al quale trovare la forza per il quotidiano servizio ai malati e ai sofferenti. Infine, il presule aveva ricordato il sorriso di Maria, protettrice degli Infermi, in cui si riflette “la nostra dignità di figli di Dio, una dignità che non abbandona mai chi è malato”. Un sorriso che rimanda alla “tenerezza di Dio, sorgente di speranza invincibile” e che nasconde “la forza per proseguire il combattimento contro la malattia e in favore della vita”.(A cura di Isabella Piro)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Dio ama i poveri e ci chiede di servire gli altri: all'Angelus il Papa ricorda san Vincenzo de' Paoli, patrono delle organizzazioni caritative cattoliche.

    Nell'informazione vaticana, il messaggio del Papa al secondo Congresso mondiale di pastorale dei pellegrinaggi e santuari.

    Messa del cardinale Tarcisio Bertone all'indomani della beatificazione della focolarina Chiara Badano.

    Nell'informazione religiosa, stralci della prolusione del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, al Consiglio permanente apertosi oggi.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, il Vicino Oriente: diplomazia al lavoro per salvare il dialogo israelo-palestinese.

    In cultura, un articolo di Antonio Paolucci dal titolo "Giro d'Italia senza uscire dal Vaticano": come prepararsi al 150.mo dell'unità passeggiando per la Galleria delle Carte Geografiche.

    Il ritmo della mia generazione: Marcello Filotei intervista il compositore tedesco Wolfgang Rihm, Leone d'oro alla carriera alla Biennale Musica di Venezia.

    Così morì il pastore Bonhoeffer: Angelo Paoluzi su testimoni di fede e libertà nei lager nazisti.

    Un articolo di Maria Maggi dal titolo "Tramonto di una piccola stella": nel febbraio 2011 lo Shuttle andrà in disuso.

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    Oggi in Primo Piano



    Legislative in Venezuela: Chavez vince ma non raggiunge i due terzi dei parlamentari

    ◊   In Venezuela, il Partido socialista Unido (Psuv) guidato dal presidente Hugo Chavez ha vinto le elezioni legislative di ieri, battendo l'opposizione della Mesa de unidad democratica (Mud). E’ quanto risulta dai dati, ancora provvisori, resi noti dal Consiglio nazionale elettorale di Caracas. Ma, secondo una prima analisi, il presidente in carica non è riuscito ad ottenere i due terzi del Parlamento, come nella passata legislatura. Nel 2005, lo ricordiamo, l'opposizione boicottò le urne, denunciando irregolarità e possibili frodi. Ora, al Psuv di Chavez sono andati almeno 90 seggi, mentre l'opposizione del Mud ne ha guadagnati 61, su un totale di 165. Restano da completare gli scrutini di una decina di seggi. Per un commento sul risultato di queste parlamentari, Giada Aquilino ha intervistato Stefano Femminis, direttore di "Popoli", il mensile internazionale dei Gesuiti:

    R. – Da un punto di vista tecnico, questo risultato indica che Chavez farà più fatica a far passare alcuni provvedimenti legislativi di grande impatto, così come per quanto riguarda le nomine alla Corte Suprema e altre cose di questo tipo. Da un punto di vista politico, questa maggioranza più risicata su cui adesso può contare Chavez significa che l’opposizione - che per più di dieci anni di fatto è rimasta invisibile o comunque, a causa anche della sua frammentazione interna, si è ritrovata impotente - adesso si sta riorganizzando e ha una presa sulla società che è certamente maggiore di qualche tempo fa.

    D. – Tra questi provvedimenti che il presidente Chavez vorrebbe far passare in Parlamento ci sono anche quelle leggi riguardanti ciò che egli stesso chiama il “socialismo del XXI secolo”?

    R. – Ormai è da undici anni che il Venezuela è entrato in questa fase che Chavez chiama di “socialismo bolivariano”. Secondo molti si tratta soprattutto di un’edizione aggiornata di quella che è semplicemente una forma di populismo. Secondo altri, invece, Chavez è riuscito a ridare dignità alle classi più povere del Venezuela, che erano state sfruttate da decenni di oligarchia.

    D. – Nei giorni scorsi la Chiesa venezuelana aveva invitato la popolazione ad andare a votare...

    R. – Nelle ultime elezioni legislative i partiti di opposizione non si erano presentati e questo è stato poi ritenuto, anche da chi aveva fatto questa scelta, un errore perché di fatto per tutta la legislatura Chavez ha potuto fare "il bello e il cattivo tempo", senza un’opposizione in Parlamento. Penso che l’appello dei vescovi fosse anche in questa direzione: andare a votare per ridare al Venezuela quella dialettica fra le parti, tra opposizione e maggioranza, che è appunto un po’ il sale di ogni democrazia. Bisogna dire che i venezuelani hanno ascoltato i vescovi, perché l’affluenza è stata del 66,45 % ed è stata l’affluenza più alta nella storia di questo tipo di votazioni per il Venezuela.

    D. – Nel 2012 ci saranno le presidenziali. Chavez potrà ricandidarsi grazie ad una riforma costituzionale che ha eliminato il limite dei due mandati. Questo risultato delle legislative potrà influire in qualche modo?

    R. – Rispetto ai plebisciti a cui Chavez era abituato, questo è un segnale di primo malcontento nella popolazione. Bisognerà, a questo punto, vedere cosa penseranno i venezuelani del bilancio di questo lungo periodo, nel senso che per alcuni aspetti la società e l’economia venezuelana hanno fatto dei passi avanti. Per altri aspetti, per esempio in termini di criminalità, ma anche per quanto riguarda le questioni economiche, il Venezuela è molto legato all’andamento del prezzo del petrolio. Quindi di fatto molte riforme sociali, Chavez le ha pagate con i proventi del petrolio, ma nel momento in cui il petrolio dovesse diminuire come prezzo sul mercato internazionale il sistema potrebbe collassare. Si tratterà di vedere cosa succederà in questi due anni e anche poi di capire il tipo di rispetto delle leggi fondamentali della democrazia che Chavez vorrà mantenere.

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    Medio Oriente: colloqui di pace in crisi dopo la fine della moratoria sugli insediamenti ebraici

    ◊   E’ scaduta alla mezzanotte la moratoria a nuovi insediamenti ebraici in Cisgiordania, accordo durato 10 mesi, che ha permesso l’avvio all’inizio di settembre, a Washington, sotto l’egida degli Stati Uniti, dei nuovi colloqui diretti tra israeliani e palestinesi, negoziati che ora rischiano di interrompersi. Intanto sono già al lavoro i primi buldozer nell’insediamento di Adam per costruire nuove abitazioni. Il servizio di Roberta Gisotti.

    Il mondo con il fiato sospeso per una possibilità di pace in questa regione martoriata che rischia ancora una volta di svanire. Il presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen e il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, hanno chiesto nuovamente al primo ministro israeliano Netanyahu di congelare gli insediamenti, e Netanyahu che ha resistito alle pressioni internazionali in tal senso - in testa gli Stati Uniti - ha chiesto ancora ad Abu Mazen di non abbandonare i colloqui e questo da Parigi - dove si trova per una colazione di lavoro con il presidente Sarkozy - ha rinviato la decisione a non prima del 4 ottobre. Un rimpallo di dichiarazioni che si consuma sulla pelle delle persone coinvolte in un conflitto senza fine, che ha portato così tanti lutti alle famiglie, e instabilità per il mondo intero. Al nostro microfono è padre Innocenzo Gargano, teologo, fondatore dei Colloqui ebraico-cristiani di Camaldoli:

    D. - Padre Gargano, che idea si è fatto lei di questa critica situazione? Come è possibile lasciar cadere questa opportunità per poche case della discordia?

    R. - Nessuno vuole mettere in dubbio che si tratti di una situazione veramente molto difficile, però, dal momento che finalmente avevamo cominciato a vedere qualche risultato positivo, lasciarsi deviare dalla indicazione, che è stata tenuta presente finora, e che ha permesso di arrivare a questi negoziati, a motivo di piccoli incidenti o di proteste più o meno poi esaltate dai mass media, mi sembra davvero una mancanza di serietà politica. Cioè, se questi responsabili, da una parte e dall’altra, hanno capito di avere finalmente imboccato la strada giusta per arrivare a vivere in pace tra vicini, si va avanti.

    D. - Padre Gargano, si ha quasi l’impressione di essere di fronte a dei leader politici che mancano in qualche modo di autorevolezza, che sembrano prigionieri dei propri elettorati?

    R. - Questo, sì, è un vero problema, ma vale per loro e vale per tutti i politici di questo mondo. Questo condizionamento che viene da frange estremiste, minimali, ce l’hanno tutti i politici. L’Italia ha avuto una storia abbastanza lunga su questo problema. Quindi, sì, potrei essere d’accordo che abbiamo bisogno di leader un po’ più robusti, più capaci di dire 'no', e che dicano 'abbiamo capito dove sta la strada per la pace e la perseguiamo fino in fondo'.

    D. - Quindi, c’è da sperare nella lungimiranza di questi due leader che hanno in mano in questo momento un’occasione…

    R. - Sì, soprattutto c'è bisogno di non lasciarli soli. Cioè, se queste grandi potenze ed anche l’opinione pubblica internazionale, a sua volta, sono motivate dalla pace e non da altri interessi - più o meno confessabili - devono supportare questi due leader che già hanno problemi all’interno delle loro situazioni politiche. Magari anche loro erano partiti da estremismi più o meno condivisibili. Mano a mano che hanno fatto l’esperienza si sono resi conto che l’unica strada della pace è il compromesso, a questo punto. Ma che cosa vogliamo fare? Il compromesso non è necessariamente negativo, il compromesso è “com-promittere”, cioè io do una cosa a te, tu la dai a me, in modo che insieme possiamo raggiungere un obiettivo. Questo è stato verificato in questi 10 mesi di sospensione. Perché non raccogliere i frutti adesso di quello che abbiamo verificato?

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    Haiti verso le elezioni: resta drammatica la situazione degli sfollati

    ◊   Una violenta ondata di maltempo si è abbattuta su Haiti, devastando le tendopoli dove tutt'ora vivono oltre un milione di sfollati del terremoto dello scorso gennaio e provocando la morte di cinque persone, tra cui due bambini. Un evento che ha reso ancora più difficili le condizioni di vita degli haitiani impegnati in una difficile opera di ricostruzione. Un contesto che non ha tuttavia fatto rimandare l’importante appuntamento elettorale di novembre al fine di ricostituire le istituzioni dell’isola caraibica. Per un aggiornamento sulla situazione del Paese Stefano Leszczynski ha intervistato Freya Raddi, coordinatrice in Italia di Medici senza frontiere per le operazioni ad Haiti.

    R. – Le prime notizie che ho ricevuto sono state di morti appunto, ovviamente di feriti, nelle zone dove, comunque, la presenza di sfollati è ancora molta, e parlo soprattutto delle zone della città di Delmas, Croix de Bouquetes, Club e Chantemas. Quest’ultima tempesta che ha colpito il Paese non ha di certo aiutato quelle migliaia di persone che sono ancora in condizioni molto vulnerabili e precarie, visto che comunque gli sfollati che abitano tuttora ad Haiti in tende sono ancora molti.

    D. – Ad otto mesi dal terremoto, soltanto il 15 per cento degli aiuti promessi è poi effettivamente arrivato sull’isola...

    R. – Quello che ho visto nella mia ultima visita ad Haiti è che ci sono sì dei gruppi che si stanno muovendo per ripulire questa città da tutte le rovine, che sono ancora lì ben visibili, però è scioccante il fatto di vedere che a distanza di quasi otto mesi non ci sia una ricostruzione più veloce, vista comunque la quantità di aiuti anche finanziari che sono comunque stati dati, per quanto riguarda la ricostruzione dell’isola. Noi nel nostro piccolo, con i nostri progetti, cerchiamo comunque di migliorare un accesso alla salute di questa popolazione, che comunque ha sempre vissuto in condizioni abbastanza critiche.

    D. – Una situazione che lascia poco spazio anche alla ricostruzione sociale del Paese. Con le elezioni alle porte forse è un periodo assai difficile per pensare a delle scelte politiche che non siano quelle della quotidianità...

    R. – Sì, perché le elezioni sono state confermate comunque il 28 novembre. Quindi, si entra in una fase politica che potrebbe essere comunque una fase molto delicata. Insomma, storicamente, Haiti, durante il periodo delle elezioni può comunque generare un ambiente abbastanza violento, che non aiuta certo la situazione della popolazione in questo momento. E si spera comunque che le elezioni vadano in maniera positiva e che ci sia comunque un’atmosfera positiva e un’atmosfera calma, che poi agevoli anche una formazione di governo e comunque una ripresa della vita quotidiana con il nuovo scenario politico, per poi accelerare la ricostruzione all’interno dell’isola.

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    Giornata mondiale del Turismo dedicata al tema della biodiversità

    ◊   Si celebra oggi la Giornata mondiale del Turismo, sotto l’egida dell’Omt, l’Organizzazione Mondiale del Turismo. Tema di quest’anno “Turismo e biodiversità”. Negli ultimi anni la perdita di quest’ultima è cresciuta ad un ritmo senza precedenti ed oggi sono a rischio estinzione il 22% dei mammiferi, il 31% degli anfibi e il 27% delle barriere coralline. “Diventa urgente – si legge in un messaggio del Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti - la ricerca di un equilibrio in cui sviluppo economico e protezione dell’ambiente non appaiano come elementi contrapposti”. Varie le iniziative previste per l’odierna Giornata, tra le tante l’apertura gratuita dei Musei Vaticani. Paolo Ondarza ha intervistato padre Josep Enric Parellada, già direttore dell’Ufficio turismo della Conferenza episcopale spagnola.

    R. - Il turismo è una realtà nella quale la Chiesa ha tante cose da dire: innanzitutto il turismo è sempre una possibilità di incontro. Come dicono alcuni esperti anche della Chiesa, il turista è sempre un dono per la comunità di accoglienza. Questa Giornata mondiale del Turismo è una Giornata nata per iniziativa dell’Organizzazione mondiale dl turismo (Omt), ma che la Chiesa ha subito accolto. Già nel 1952 Pio XII parlando ad un gruppo di esperti del settore sottolineava l’importanza del turismo come una realtà per evangelizzare.

    D. - Tema di quest’anno “Turismo e biodiversità”. Da più parti viene sottolineato il valore di un turismo responsabile, di un turismo sostenibile, etico…

    R. - Il turista non dovrebbe mai essere un irresponsabile. Allo stesso modo le comunità di accoglienza, sia a livello civile che ecclesiale, non possono sfruttare il turista solo per avere guadagni eccessivi. Il turismo è l’incontro di persone che si muovono e di persone che accolgono. Quindi la responsabilità deve essere un presupposto irrinunciabile.

    D. - Come dicevamo il tema di quest’anno è “Turismo e biodiversità”. A partire da chi deve nascere la riflessione su questo?

    R. - Io direi che dovrebbe interrogare soprattutto le comunità di accoglienza. I temi che ogni anno propone l’Omt sono sempre di stimolo ad affrontare problematiche legate al turismo.

    D. - Parlando di salvaguardia del Creato, parlando di biodiversità viene a mente quanto più volte ribadito da Benedetto XVI: la necessità di tutelare il Creato per conseguire la pace.

    R. - Certamente. La Chiesa ha difeso sempre la realtà del Creato, che è manifestazione, testimonianza di Dio, della Vita. Questa vita, questo Creato del quale l’uomo è la parte più importante, deve essere rispettato, tutelato, preservato, curato anche nel mondo del turismo.

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    Conferenza della Commissione europea su itinerari religiosi e culturali

    ◊   Via Francigena, Santiago di Compostela: i percorsi religiosi sono al centro della Conferenza organizzata oggi a Bruxelles dalla Commissione Europea in occasione dell’odierna Giornata internazionale del Turismo. Si parla di percorsi culturali come la prima risorsa per il turismo e in realtà si parla soprattutto di itinerari religiosi. Nella storia e la cultura europea, la ricchezza spirituale occupa un posto innegabile, ha sottolineato il vicepresidente della Commissione Europea, Antonio Tajani, presentando i nuovi programmi che la Commissione promuove in collaborazione con il Consiglio d'Europa. Dell'importanza di questo appuntamento, Fausta Speranza ha parlato con la parlamentare europea Silvia Costa:

    R. – E’ anche una verità storica. Noi sappiamo che i grandi itinerari europei, i grandi movimenti, sono stati prima di tutto per i pellegrinaggi, poi per i commerci, poi, naturalmente, per il “gran tour” dei giovani aristocratici e poi anche quelli dei migranti. Quindi, ripercorrere gli itinerari significa ripercorrere questa storia che è fatta di tante componenti, in cui quella religiosa e spirituale è importantissima, senza nessun tipo di sopraffazione di altre opinioni o culture. E’ proprio un ragionare di quello che è stato il tessuto che ha fatto crescere l’Europa. In questo senso, è una strategia da innovare che vede, soprattutto, protagoniste le nuove generazioni, le associazioni, anche il mondo religioso delle parrocchie o delle piccole comunità. Protagoniste in questo "andare", che non significa già arrivare, ma significa anche contemplare, significa ritrovare la lentezza e ritrovare anche momenti di un dialogo interiore con gli altri. Si può allora ricostruire una convivenza più serena anche a livello comunitario e ritrovare le ragioni del dialogo nell’interculturalità e del rispetto reciproco. Credo che sia davvero la metafora di come oggi dovrebbe ripartire una politica europea attenta a queste dimensioni.

    D. – Spesso si guarda all’Europa come ad una macchina burocratica. Oggi qui a Bruxelles, nel cuore di un’iniziativa della Commissione Europea, si è parlato molto di cultura e si è parlato molto anche di religione...

    R. – Il Consiglio d’Europa ha dato vita a questo grande progetto degli itinerari nel 1987, in un certo senso prima della caduta del Muro, e quindi dopo è diventato per noi ancora più strategico. Meno male, io dico, che c’era già questo progetto, perché oggi sono gli assi su cui l’Europa può anche riunificarsi davvero. Vorrei sottolineare – sono molto soddisfatta di questo – per l’iniziativa che ho preso anche nella Commissione cultura del Parlamento europeo, insieme a colleghi - in modo trasversale - anche di altre Commissioni. Si tratta di un emendamento che adesso deve essere approvato per dare più fondi a tutta questa operazione ed è stato recepito. Questo è diventato oggi – e ne sono soddisfattissima – il tema della Giornata europea del turismo. Ho chiesto però che ci sia più integrazione tra le politiche, perché questa dimensione culturale delle politiche non si smarrisca più.

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    Gemellaggio tra la diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro e il Patriarcato di Gerusalemme

    ◊   Riscoprire l’essenza della fede e sostenere le comunità cristiane che vivono attorno ai luoghi dove è nato e vissuto Gesù. E’ questo l’obiettivo per il quale è stato sottoscritto il 25 settembre un gemellaggio fra la diocesi di Arezzo-Cortona-San Sepolcro e il Patriarcato Latino di Gerusalemme. A firmare questo patto d’amicizia a nome delle rispettive Chiese particolari, sono stati l'arcivescovo della diocesi toscana, Riccardo Fontana, e il Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal. Per capire quali sono state le ragioni profonde che hanno portato alla nascita di questo gemellaggio, il primo al mondo di questo genere, Federico Piana ha intervistato proprio mons. Riccardo Fontana:

    R. - Anzitutto, la necessità dei cristiani della Chiesa madre di Gerusalemme che interpellano il mondo intero con la loro storia sofferta, la difficoltà a rimanere nella Terra dove Gesù è vissuto. C’è una difficoltà in più nel tempo che stiamo vivendo a rimanere in Gerusalemme, questa è veramente una realtà complessa. L’altra ragione: perché proprio noi facciamo il primo gemellaggio con il Patriarcato latino di Gerusalemme? Siamo l’unica diocesi del mondo che porta il Santo Sepolcro nel suo stesso nome: Arezzo-Cortona-Sansepolcro. Noi veniamo da una storia singolare bellissima. Due pellegrini, mille anni fa, Arcano ed Egidio, tornando dalla Terra Santa si fermarono nell’Alta valle del Tevere, nel luogo dove ora è Sansepolcro, e la nostra città è nata su un progetto teologico con il senso della vita concepita come un pellegrinaggio e con l’accoglienza di tutte le diversità.

    D. - Mons. Fontana, come nasce quest’idea?

    R. - Entrando a Sansepolcro il popolo mi ha chiesto un legame particolare con la Terra Santa. Ho un’antica frequentazione con la Palestina, mi è facile rapportarmi là, ho amici, ho varie realtà che mi sono molto care, sono andato tante volte pellegrino in Terra Santa. I legami c’erano, la richiesta del popolo, le ragioni dell’identità della mia diocesi e, quindi, abbiamo preso il via e abbiamo fatto realizzare questa cosa. Come primo gesto di apertura del gemellaggio doniamo una casa a una famiglia di cristiani, che è stata cacciata dalla periferia di Gerusalemme con la violenza e hanno perso l’abitazione degli avi. La diocesi ha fatto una grande colletta - come la colletta di cui parla San Paolo - ed è venuto fuori il sufficiente per costruire una casa e per assicurare borse di studio a due studenti universitari. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Concerto a Lampedusa per riflettere sul tema dell'immigrazione: intervista con Claudio Baglioni

    ◊   Cinque giorni di musica, oltre cento artisti sul palco, due obiettivi: riflettere sul tema dell’immigrazione e favorire l’integrazione tra le diverse culture. Con questi numeri si apre domani sera, sull’isola di Lampedusa, la rassegna musicale di O’ Scia’. Giunta all’ottava edizione, la kermesse proseguirà fino al 2 ottobre e vedrà le esibizioni, tra gli altri, di Francesco De Gregori, Roberto Vecchioni, Carmen Consoli ed Irene Grandi. Isabella Piro ne ha parlato con l’ideatore dell’iniziativa, il cantautore Claudio Baglioni:

    (musica)

    R. - Quello che con questa manifestazione abbiamo cercato e cerchiamo ogni giorno di dire non è una presa di posizione a favore o a sfavore di un pensiero o di un atteggiamento politico o sociale, quanto quello della ricerca seria delle soluzioni, che è una ricerca lunga e problematica: senza però abbandonarci a semplici slogan, che spesso non risolvono la risoluzione, ma fanno tacere solamente alcuni spiriti più bollenti.

    D. - Siamo giunti all’ottava edizione di O’ Scia’: la questione immigrazione ha cambiato volto nel frattempo?

    R. - No, perché l’immigrazione è lunga quanto la vita dell’umanità, è vecchia di secoli e c’è sempre stata e sempre ci sarà. È un diritto ed anche un dovere quello di cercare una condizione migliore. A mio parere, però, il problema sta a monte. Se noi riuscissimo veramente a lavorare affinché questi viaggi così terribili e così difficili - perché noi non abbiamo neanche la più pallida idea di quello che può accadere a qualcuno che parte dal Centro Africa per arrivare fino al Mediterraneo, per trovare poi chissà quale razza di lavoro, per essere sfruttato con il lavoro nero e dalla criminalità organizzata - se noi riuscissimo a fare un passo indietro e a guardare oltre i nostri bisogni, già messi in crisi tra l’altro da un mercato generale e mondiale, probabilmente riusciremmo a trovare l’idea che una maggiore serenità e un pizzico di serenità la si può conquistare solo attraverso qualcun altro, solo attraverso il rispetto della persona.

    D. - Immigrazione, integrazione, dialogo: qual è il denominatore comune per accordare questi tre concetti?

    R. - A mio parere è proprio l’interazione. Non si raggiunge niente, se non si lavora insieme. Questo lo dico anche come musicista: nel momento in cui uno non vuole più suonare da solo, deve accordarsi con qualcun altro per suonare la stessa sinfonia, la stessa canzone, lo stesso ritmo. L’interazione e il lavoro comune è fondamentale! Secondo me, poi, è necessaria una maturità per affrontare questi discorsi che non hanno un colore politico, ma che parlano della differenza di possibilità della vita, di costumi differenti, di culture che sono lontane e che - proprio in un tempo in cui parliamo di tempo globale e universale - si fa più fatica a mettere insieme.

    D. - C’è un problema di formazione dei giovani all’integrazione?

    R. - Sì. È un problema di formazione, proprio perché l’integrazione sarebbe naturale. Noi vediamo che bambini di pochi anni hanno naturalmente l’idea di stare insieme, anche ad altri bambini che vedono diversi per colore, per fattezze, per modi di vestire, per la lingua. Evidentemente poi cominciano alcune sovrastrutture nell’educazione e nella cultura imperante ed aumentano, magari, le paure e le diffidenze. I problemi continuano ad esistere ed affinché ci sia anche una maggiore legalità e una maggiore riconoscibilità, vanno affrontati con sapienza e con lungimiranza.

    D. - Chi emigra cerca la speranza di una vita migliore: la musica in questo caso è sinonimo di speranza?

    R. - La musica ha in sé quei concetti di armonia e di bellezza addirittura primitiva. In questo senso regala sempre calore, confidenza, sorriso, emozione ed alimenta buoni pensieri e quel concetto per cui è necessario darsi da fare affinché alcune cose possano andare meglio.

    (musica)

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    Memoria di San Vincenzo de' Paoli: Dio ama quelli che amano i poveri

    ◊   La Chiesa celebra, dunque, la memoria di San Vincenzo de’ Paoli, di cui ricorre oggi il 350.mo anniversario della morte: fondatore della Congregazione della Missione e delle Figlie della Carità, San Vincenzo de’ Paoli è patrono di tutte le associazioni di carità. Sergio Centofanti ci traccia un profilo del santo.

    Nato nel 1581 in Francia da una povera famiglia di contadini, San Vincenzo de’ Paoli fino a 15 anni lavora nei campi e bada ai porci. La miseria gli fa desiderare sopra ogni cosa soldi e carriera: si fa sacerdote sperando di avere vantaggi economici. Nel 1605 durante un viaggio in mare, la sua nave viene attaccata dai pirati turchi: fatto schiavo, riconquista la libertà dopo due anni. Tornato in Francia, diventa parroco alla periferia di Parigi. Qui inizia la sua conversione: a toccargli il cuore è la profonda vita di preghiera di alcuni laici e la loro solidarietà con la massa dei poveri. Capisce che Gesù assume il volto di chi soffre. Lascia ogni desiderio di carriera e si mette a raccogliere denaro per chi manca di tutto. I suoi appelli dicono così: “Amiamo Dio, fratelli miei, ma amiamolo a nostre spese!”. Il suo carisma è quello di organizzare la carità senza farle perdere slancio e creatività: “l’amore – afferma – è inventivo all’infinito!”. La regina di Francia gli concede l’incarico di ministro della Carità. Cerca di eliminare l’accattonaggio avviando al lavoro i mendicanti. “Dio ama i poveri – ricorda San Vincenzo - e, per conseguenza, ama quelli che amano i poveri. Così abbiamo ragione di sperare che, per amore di essi, Dio amerà anche noi … Quando andiamo a visitarli, cerchiamo di capirli per soffrire con loro. Sforziamoci di diventare sensibili alle sofferenze e alle miserie del prossimo. Preghiamo Dio … che ci doni lo spirito di misericordia e di amore”. Amore e preghiera per lui sono un tutt’uno: “Se lasciate la preghiera per assistere un povero – sottolinea - sappiate che far questo è servire Dio. La carità è superiore a tutte le regole, e tutto deve riferirsi ad essa”. Ai suoi figli spirituali indica cinque atteggiamenti per seguire la strada dell’amore: fare tutto in semplicità, essere umili e miti, praticare la mortificazione e avere un cuore che arda dal desiderio di essere strumento di salvezza delle anime. San Vincenzo de’ Paoli muore nel 1660, quasi ottantenne. In una lettera aveva scritto: “Tutti quelli che ameranno i poveri in vita non avranno alcun timore della morte. Serviamo dunque con rinnovato amore i poveri e cerchiamo i più abbandonati. Essi sono i nostri signori e padroni”.

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    Chiesa e Società



    Abidjan: forum su “Culture, identità dei popoli e sviluppo in Africa e nella diaspora nera”

    ◊   Al via oggi ad Abidjan, in Costa d’Avorio, presso il centro pastorale e missionario Recowa/Cerao (Conferenza episcopale regionale dell’Africa occidentale) l’incontro di preparazione del forum “Culture, identità dei popoli e sviluppo in Africa e nella diaspora nera” promosso dal Pontificio Consiglio della Cultura, in collaborazione con la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, che si terrà nel marzo 2011 sempre nella città africana. Molte – riferisce l’agenzia Fides - le personalità che prenderanno parte all’appuntamento che si concluderà il primo ottobre. Mons. Barthélemy Adoukonou, Segretario del Pontificio Consiglio della Cultura e Padre Theodore Mascarenhas, responsabile delle culture dei Paesi emergenti, rappresenteranno il Pontificio Consiglio della Cultura, padre Massimo Cenci, sotto-segretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, rappresenterà quest’ultimo Dicastero. All’incontro parteciperanno anche monsignor Ambroise Madtha, nunzio apostolico in Costa d’Avorio, il cardinale Theodore-Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar, presidente della Recowa-Cerao e vice-presidente del Secam/Sceam (Simposio delle Conferenze Episcopali dell’Africa e Madagascar), numerosi vescovi e teologi nonché gli ambasciatori della Costa d’Avorio e del Benin. A spiegare lo scopo dell’iniziativa è un comunicato inviato all’agenzia Fides. “Quest’anno – si legge - l’Africa celebra i cinquant’anni d’indipendenza dal potere coloniale della maggior parte delle nazioni che la compongono. Contemporaneamente si ricorda il centenario della nascita del grande uomo di cultura che fu Alioune Diop. In che misura questo continente, ricco di una diversità di tinte e di colori, ha tratto profitto dall’indipendenza? Quale traccia di sviluppo ha segnato la vita delle popolazioni e qual è stato l’impatto della globalizzazione sulle culture di questo continente? Il Pontificio Consiglio della Cultura, in collaborazione con la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli – prosegue - ha intenzione di dare vita a un Forum insieme con i rappresentanti delle varie organizzazioni ecclesiastiche, internazionali e non-governative, per trovare le vie e i mezzi strategici attraverso i quali lo “sviluppo” possa essere promosso, facendo della persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio, il punto centrale di ogni considerazione e di ogni iniziativa”. In particolare – si legge ancora - il Forum “si prefigge di articolare la riflessione sul tema: Culture, identità dei popoli e sviluppo in Africa e nella diaspora nera. Inoltre, ambisce a diventare un luogo di riflessione permanente da cui provengono proposte concrete, consentendo un impegno effettivo nel campo della cultura e dell’educazione, come trampolino per lo sviluppo dell’Africa. Il Pontificio Consiglio della Cultura e la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli – conclude - continuano a sostenere che la riflessione comune dei pastori e dei teologi dell’Africa e della diaspora è di un’importanza decisiva”. (E. B.)

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    Pakistan: rischio di corruzione sugli aiuti ai profughi

    ◊   Non accenna a migliorare la situazione dei profughi in Pakistan. Secondo la Comunità di Sant’Egidio, presente nel Paese con più di duecento rappresentanti, la situazione è davvero drammatica. Gli sfollati ancora non sono stati registrati dagli uffici governativi, non ricevendo per tanto tempo gli aiuti previsti. Solo le Ong si starebbero occupando di queste persone. Il governo, che ha stanziato una serie di fondi per il recupero dei terreni, non ha ancora consegnato in numerose zone rurali la “Watan Card”, una sorta di bancomat, che permetterebbe alle famiglie censite in apposite liste, di ritirare 20.000 rupie, circa 180 euro. L’agenzia Fides ha accolto le dichiarazioni di diversi coordinatori della Comunità di Sant'Egidio, tra cui don Paolo Cristiano. Il religioso ha reso noto che sono stati portati aiuti a circa 300 famiglie sottolineando, inoltre, come, molto spesso, gli aiuti vengano consegnati su base religiosa, preferendo le famiglie musulmane e creando tensioni all’interno dei campi profughi. Anche altre Ong hanno denunciato come siano ancora migliaia i profughi “inesistenti” o “invisibili”. Tra queste “La Commissione per i Diritti Umani in Pakistan” riporta le voci dei profughi, secondo cui, alla base della mancata registrazione vi sia l’impossibilità di pagare tangenti agli ufficiali governativi. L'assenza della registrazione impedisce al governo di avere dati certi ma soltanto delle stime che non in quadrano la situazione reale. Le famiglie vivrebbero accampate in alloggi di fortuna o ammassate in sterminati campi profughi, dove ai problemi legati alla mancata distribuzione degli aiuti si somma il rischio di infiltrazioni di gruppi islamici radicali. (M.O.)

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    America centrale: da Haiti al Chiapas, danni e vittime per le alluvioni

    ◊   Spazzata dalle piogge stagionali e dalla depressione tropicale ‘Matthew’, conta i danni e le vittime la regione d’America centrale compresa tra il mar dei Caraibi e il Golfo del Messico. Nel sudovest di Haiti, si registrano cinque vittime e 39 feriti, secondo un bilancio ufficiale. Tra i terremotati dell’area di Port-au-Prince - riferisce l'agenzia Misna - da quasi nove mesi sotto ripari di fortuna, l’acqua ha reso inutilizzabili oltre 7800 tende in 160 campi per sfollati; si suppone che nelle altre centinaia di campi – sono 1200 quelli ufficialmente censiti – la situazione non sia migliore. Nella parte settentrionale del Venezuela si registrano almeno otto morti e alcuni dispersi, vittime, per la maggior parte, delle esondazioni di diversi corsi d’acqua. Nel sud del Messico, nella regione del Chiapas, si contano quattro morti ma i danni alle abitazioni, ai campi e alle infrastrutture coinvolgono 22 municipi di diverse regioni, secondo la protezione civile. In Salvador, oltre a una vittima accertata, si temono danni di grande entità alle coltivazioni di caffè e di zucchero. A causa delle alluvioni una persona è morta anche in Nicaragua; Honduras e Guatemala stanno subendo allagamenti e alcune migliaia di persone sono state costrette ad evacuare. (R.P.)

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    Creato coordinamento per la ricostruzione delle strutture religiose ad Haiti

    ◊   Ha avuto luogo a Miami, Stati Uniti, un incontro tra i vescovi di Haiti, episcopati di vari paesi e istituzioni finanziarie, che ha affrontato il tema della ricostruzione religiosa nel paese caraibico. Nell'occasione è stato firmato un accordo che ha formalmente istituito un organo di consultazione internazionale preposto alla valutazione e realizzazione delle circa 70 chiese distrutte dal terremoto dello scorso anno e di tutte le strutture religiose. Al progetto, guidato dall’episcopato di Haiti, prenderanno parte la conferenza dei vescovi americani, il Catholic relief services, la conferenza dei religiosi di Haiti, l’agenzia per la solidarietà in America latina della conferenza episcopale tedesca e la Società San Vincenzo de’ Paoli. L’Osservatore Romano riferisce che grande attenzione sarà concentrata sulla valutazione della sicurezza dei progetti mentre l’obiettivo è quello di coinvolgere maggiormente la popolazione locale in modo da emanciparla dagli aiuti esteri. "Sarà inoltre possibile per i benefattori seguire nel dettaglio i progressi fatti nella ricostruzione" ha affermato il nunzio apostolico ad Haiti, mons. Bernardito C. Auza, “ma, nonostante i 33 milioni di dollari raccolti, sarebbero necessari ulteriori fondi”. Dei progetti, che prevedono la ricostruzione di tutte le strutture religiose, non è stato tuttavia ancora inaugurato nessun cantiere. ( M.O.)

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    In Nigeria l’apertura di due dighe provoca due milioni di sfollati

    ◊   Ennesima emergenza umanitaria in Africa: venerdì scorso, in Nigeria, l’inondazione provocata dall’apertura di due dighe nello stato di Jigawa, ha causato due milioni di sfollati, circa la metà dell’intera popolazione della regione. A darne notizia il commissario dell’informazione dello Stato nigeriano, Aminu Mohammed, il quale - riporta l'agenzia Misna - ha tuttavia precisato che gli sfollati hanno tutti o quasi trovato rifugio presso edifici scolastici, magazzini o strutture governative. Secondo un altro portavoce, Umar Kayri, i villaggi allagati ammonterebbero a circa 5000. La responsabilità sarebbe da attribuire ai responsabili della gestione dei due impianti idrici che, una volta aperte le chiuse, non avrebbero previsto il reale volume d’acqua. Tuttavia non si esclude la rottura delle dighe a causa alle piogge torrenziali che quest’anno sono cadute abbondantemente sopra la norma. (M.O.)

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    Burundi: ritrovati cadaveri mutilati. La Chiesa lancia l'allarme

    ◊   “È una situazione preoccupante che rischia di riportarci agli anni bui della guerra civile” dice all'agenzia Fides una fonte della Chiesa da Bujumbura, capitale del Burundi, che per motivi di sicurezza desidera non essere citata. Una serie di omicidi in alcune aree del Paese sta suscitando sgomento tra la popolazione. Nelle ultime settimane sono stati ritrovati i corpi mutilati di decine di persone lungo il fiume Rusizi, nell’ovest del Paese. L’area era il feudo delle Forze Nazionali di Liberazione (Fnl), l’ultimo gruppo di guerriglia a firmare un accordo di pace con lo Stato nel 2005. “Il governo afferma che questi atti violenti sono perpetrati da banditi, anche perché gli omicidi sono accompagnati da furti di bestiame e distruzione di raccolti, ma la popolazione sa che è un gruppo di ribelli ad agire in questo modo”dice la nostra fonte. Tra maggio e luglio in Burundi si sono tenute le elezioni locali, presidenziali e legislative, contrassegnate da attentati e dal boicottaggio di una decina di partiti dell’opposizione, che accusavano il partito del Presidente Pierre Nkurunziza, di brogli nelle elezioni comunali del 24 maggio. Nkurunziza è stato rieletto Capo dello Stato nelle elezioni del 28 giugno. “Temo che l’esclusione dalla normale competizione elettorale di diversi partiti abbia spinto la parte più radicale dell’opposizione a ricorrere alla violenza. I vescovi dopo le elezioni avevano dichiarato che per quanto loro erano riusciti a costatare, grazie agli osservatori elettorali della Chiesa, le elezioni erano state regolari; ma hanno invitato la maggioranza a cercare il dialogo con l’opposizione che aveva boicottato il voto” ricorda la fonte Fides. Agathon Rwasa, ex capo delle Fnl, ha rivolto un appello al Segretario generale dell’Onu ad intervenire per evitare che il Burundi sprofondi di nuovo nella guerra civile.
    Nel frattempo nell’est del Paese una serie di incendi minaccia l’ecosistema. A Cankuzo e nel parco di Ruvuvu il fuoco ha distrutto colline intere. Gli incendi sono provocati dalla forte siccità ma soprattutto dall’imperizia dell’uomo. “Sono gli allevatori, che alla ricerca di nuovi pascoli bruciano la foresta, perché poi l’erba ricresce in poco tempo” dice la fonte di Fides. Gli allevatori sono incentivati ad agire in questo modo anche per il fatto che l’esercito ha chiuso alcune aree tradizionali di pascolo, perché utilizzate in esercitazioni militari per le truppe da inviare in missioni di peacekeeping all’estero. (R.P.)

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    Kenya: gli orfani dell’Hiv garantiscono supporto economico alle famiglie che li adottano

    ◊   Il ruolo dei nonni e degli altri membri delle famiglie allargate che si occupano della crescita dei bambini rimasti orfani a causa dell’Hiv è ben determinato, quello che è poco riconosciuto, invece, è il contributo che questi bambini danno a chi si prende cura di loro. I nonni, spesso anziani e malati, fanno totale affidamento su di loro per le faccende domestiche, l’assistenza e anche per le entrate economiche. L’agenzia Fides cita una ricerca del 2010 condotta a Bondo, provincia di Nyanza, nel Kenya occidentale, dalla London School of Economics, che ha evidenziato gli enormi vantaggi che molte famiglie adottive traggono ospitando questi orfani. Secondo Charles Ondogo, ufficiale del Nyanza Provincial Children, gli orfani della provincia contribuiscono enormemente alle entrate delle famiglie che li accolgono. “Molti di questi orfani sono costretti a lavorare non solo per sostenere i propri fratelli ma anche per aiutare i genitori adottivi, spesso poveri e anziani” si legge dalla dichiarazione del Nyanza Provincial Children Office sottolineando come a volte, soprattutto le bambine, siano costrette a prostituirsi, lasciando la scuola. E’ importante che il Governo istituisca programmi per la tutela sociale infantile. Nel Paese è stato istituito un sistema nazionale di trasferimento di denaro contante a favore delle famiglie adottive estremamente povere con orfani a carico, ma finora solo 77 mila sono gli orfani raggiunti. Il programma mira a raggiungerne 300 mila entro il 2012. Tuttavia risultano ancora 2.4 milioni di orfani, 700 mila dei quali hanno perso almeno un genitore a causa dell’Hiv. Da una ricerca del 2009 risulta che circa il 20% dei bambini, il doppio della media nazionale, a Nyanza sono orfani. Dal Kenya AIDS Indicator Survey del 2007 è emerso che circa l’80% degli orfani e dei bambini a rischio al di sotto dei 18 anni nella provincia, non hanno ricevuto alcun sostegno esterno. (E. B.)

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    Regno Unito: venerdì Giornata di digiuno per i bambini del Rwanda

    ◊   Venerdì 1° ottobre la Chiesa inglese celebra il “Harvest fast day”, la giornata dedicata al digiuno e alla raccolta di fondi promossa dalla Cafod, la più importante charity cattolica per gli aiuti al Terzo Mondo. In migliaia, nelle scuole e parrocchie del Regno Unito, rinunceranno ad un pasto per donare il corrispettivo in denaro ai bambini vittime del genocidio in Rwanda, ai quali è dedicata l’edizione di questo anno. Nel 2009 - riporta l'agenzia Sir - la Giornata ha fruttato quasi 1,5 milioni di sterline l’equivalente di circa 1,7 milioni di euro. Testimonial della campagna 2010 è Jeanne, come spiega Lucy Cork, portavoce della Cafod: “sosteniamo Jeanne da quando aveva tre anni. I genitori di Jeanne sono stati uccisi, davanti ai suoi occhi, durante il genocidio in Rwanda nel quale sono morte un milione di persone in 100 giorni. Oggi Jeanne ha 18 anni, comincia a lavorare e ha una sua famiglia, ma gli effetti di quel trauma rendono ancora la sua vita difficile”. L’esempio di Jeanne testimonia come Cafod sostiene per anni persone in difficoltà. Sul sito (www.cafod.org.uk), dove sono presenti sussidi per scuole e parrocchie che organizzeranno attività legate all’Harvest fast day, la charity ricorda, tuttavia, che non è solo il denaro che cambia la vita, ma che attraverso la preghiera e la partecipazione a manifestazioni, tutti possono fare la loro parte per sconfiggere la povertà. (R.P.)

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    La commissione dottrinale dei vescovi Usa si esprime su un discusso libro di teologia

    ◊   Il volume The Sexual Person: Toward a Renewed Catholic Antropology, dei teologi Todd A. Salzman e Micheal G. Lawler, giunge a conclusioni “contrarie alla dottrina cattolica”. La pubblicazione — malgrado il premio Catholic Press Association's Book per i libri di teologia assegnatogli nel 2008 — non può quindi fornire una sicura norma per l’agire morale, ed è ben lontano dall’obiettivo di un’autentica ricerca teologica. È quanto sostiene la commissione per la dottrina dell’episcopato statunitense, presieduta dall’arcivescovo di Washington, Donald William Wuerl, che lo scorso 22 settembre ha reso pubblico un documento, datato 15 settembre, intitolato “Inadeguatezze nella metodologia teologica e nelle conclusioni di The Sexual Person: Toward a Renewed Catholic Antropology”. A riportare la notizia è l’Osservatore Romano precisando che per la commissione episcopale la riflessione dei due autori si discosta radicalmente dalla tradizione teologica cattolica su temi assai delicati riguardanti la sfera della sessualità e della bioetica. In particolare, si fa riferimento a errori dottrinali inerenti la valutazione degli atti omosessuali, dei rapporti prematrimoniali, della contraccezione e della fecondazione artificiale. La metodologia impiegata — che fa esclusivamente perno sul concetto di “coscienza storica” nelle Sacre Scritture e su un’erronea interpretazione della legge naturale — e le conclusioni dei due teologi costituiscono un “pericolo pastorale” poiché i “lettori possono essere confusi o fuorviati, tanto più che il libro propone modi di vivere la vita cristiana che non si conciliano con l’insegnamento della Chiesa e della tradizione cristiana”. La commissione episcopale afferma pertanto che né la metodologia né le conclusioni a cui giungono gli autori “costituiscono autentiche espressioni della teologia cattolica”. E tali conclusioni, “chiaramente in contraddizione con l’autentico insegnamento della Chiesa non possono fornire una norma valida per l’azione morale”, e sono anzi “dannose per la vita morale e spirituale”. Pur riconoscendo che quelle trattate nel volume “sono questioni vitali per la vita della Chiesa nel nostro tempo”, la commissione episcopale ritiene che questi temi debbano “essere attentamente studiati e discussi dai teologi come parte del loro servizio alla Chiesa e alla società. Gli sforzi dei teologi, tuttavia, non possono dare frutti se non sono svolti all’interno di un’ermeneutica della continuità e nel quadro fornito dalla tradizione teologica cattolica e dalla dottrina della Chiesa. Nuove presentazioni della verità dell’insegnamento morale cattolico sono oggi necessarie, ma la proposta contenuta in The Sexual Person è gravemente carente e manca l’obiettivo della ricerca teologica, fides quaerens intellectum”. L’esame del volume era stato sollecitato circa due anni fa dall’allora arcivescovo di Omaha, Elden Francis Curtiss. In una dichiarazione, riportata dal ‘Catholic News Service’, i gesuiti cui dal 1878 è affidata la gestione della Creighton University “accettano” l’autorevole presa di posizione della commissione episcopale e ribadiscono l’impegno perché ai propri studenti venga sempre presentata come dottrina cattolica “solo quello che è considerata vera dottrina”. Allo stesso tempo, i responsabili dell’ateneo avvertono “l’obbligo di onorare la libertà accademica dei singoli membri della facoltà”. (E. B.)

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    Messico: un sacerdote denuncia il massacro di tossicodipendenti

    ◊   “Il massacro dei tossicodipendenti ha avuto inizio a Ciudad Juarez, ma la scomparsa, gli omicidi e i sequestri di tossicodipendenti sono una costante in tutto il Paese, sembra quasi una ‘pulizia sociale’. Sono la parte più debole della catena del narcotraffico e della violenza che subiamo, per questo li eliminano”: è la denuncia alla stampa locale di padre Guillermo Flores, sacerdote cattolico, che dirige la casa di assistenza per tossicodipendenti “Fuente de Vida” a Guadalupe, in Nuevo Leon. La vendita della droga al dettaglio un tempo esisteva solo in aree specifiche della zona metropolitana di Monterrey, ora è diventata un vero e grande business per Los Zetas, una delle maggiori bande di narcotrafficanti che dominano il mercato in città, secondo quanto riferisce la polizia. I negozi che vendono la droga in modo camuffato abbondano, e possono vendere di tutto: alimentari, profumi, frutta, locali notturni, taverne, bar. Secondo una recente ricerca, in alcune zone il 63% dei messicani è gravemente coinvolto con il narcotraffico (consumatori o spacciatori o trafficanti) e l'8% è sotto il totale controllo delle bande di trafficanti. In tutto il Paese sarebbero circa 20 milioni i consumatori di stupefacenti e oltre un milione i tossicodipendenti. Secondo la polizia, un grammo di cocaina o di crack costa oggi meno di 10 dollari. Gran parte delle cliniche di disintossicazione e recupero in Messico sono private. Si stima che ogni anno vengono ricoverati più di 100.000 persone per il trattamento (su una popolazione di circa 100 milioni). La Chiesa cattolica anche in questo campo ha un ruolo pionieristico. Per esempio, nell'arcidiocesi di Mexico, la Caritas offre un programma integrale per liberare coloro che sono caduti nel mondo delle droghe, denominato “Ama la Vita”, che assiste 60 persone attraverso la rete della Caritas. (R.P.)

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    El Salvador: la Chiesa appoggia la richiesta di aiuto internazionale contro il crimine

    ◊   La Chiesa di El Salvador appoggia la richiesta del presidente Mauricio Funes, avanzata in questi giorni all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, affinché la Comunità internazionale aiuti il Paese e l’intera regione centroamericana nella lotta contro il crimine organizzato. Ad affermarlo, ieri, l’arcivescovo di San Salvador, mons Luis Escobar Alas, nel suo tradizionale incontro domenicale con la stampa alla fine della celebrazione eucaristica. L’argomento, in queste settimane, è stato al centro del dibattito non solo in El Salvador ma anche in Guatemala, Honduras e Messico, con diversi vescovi che hanno ribadito a più riprese l’urgente bisogno di questo sostegno. Dal canto suo l’arcivescovo Escobar Alas ha ribadito come da sempre la Chiesa locale abbia insistito sulla necessità di chiedere aiuto alla Comunità internazionale per combattere il crimine, la violenza e anche la povertà. Il nostro è un Paese “povero e piccolo – ha spiegato - e perciò abbiamo bisogno del sostegno internazionale per risolvere i nostri problemi e dunque ci sembra opportuno e ragionevole la richiesta che ha fatto il presidente”. Il presule, inoltre, ha ricordato i numerosi appelli lanciati da Benedetto XVI in diverse circostanze, e recentemente parlando alla Westminster Hall a Londra, affinché di fronte a problemi comuni che coinvolgono tutti, si agisca sempre come “una famiglia di nazioni” e “i Paesi si aiutino reciprocamente”. “Ci auguriamo che l’appello fatto dal presidente non rimanga inascoltato”, ha concluso mons. Escobar Alas facendo poi riferimento ad un’altra questione che riguarda la libertà di stampa in El Salvador. Recentemente la Corte suprema ha pubblicato una sentenza relativa ad un controverso articolo legislativo considerato da più parti come lesivo del diritto costituzionale che stabilisce la piena libertà di stampa nel Paese. La Corte ha ribadito il carattere costituzionale della libertà di stampa e dunque l’impossibilità di modificare alcune parti dell’articolo 191. “Quando la Corte dichiara che questo testo non può essere toccato - ha affermato l’arcivescovo di San Salvador - in altre parole dice che le leggi secondarie possono essere modificate, ma senza snaturare i criteri e i principi costituzionali”. Ricordando che i giornalisti possono continuare a fare il loro dovere senza il pericolo di finire in galera perché accusati di violare la privacy, il presule ha voluto rinnovare agli operatori del settore il suo appello alla serietà e alla responsabilità affinché questa libertà non diventi libertinaggio. “Un giornalista serio deve ricordare sempre – ha concluso - che raccontare la verità implica anche il rispetto e l’onorabilità delle persone”. (A cura di Luis Badilla)

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    India. Il sogno di Madre Teresa: ad Ayodhya una casa per malati terminali

    ◊   “Madre Teresa voleva che sul terreno conteso fra indù e musulmani, nella città di Ayodhya, in Uttar Pradesh, sorgesse un centro di accoglienza per i più poveri fra i poveri, per i malati terminali, di qualsiasi religione. Questo era, secondo lei, un modo per disinnescare il conflitto. Con tale servizio all’umanità, diceva, gli indù avrebbero reso onore al Dio Rama e i musulmani ad Allah”: è quanto racconta all’agenzia Fides mons. Henry D’Souza, arcivescovo emerito di Calcutta, intervenendo sul caso che ancora tiene banco nella nazione. L’arcivescovo racconta: “Ricordo che, poco dopo la distruzione della moschea di Babri e le violenze che seguirono, Madre Teresa venne da me chiedendomi di accompagnarla dal Primo Ministro o dal Presidente dell’India, per chiedere che su quel terreno, origine di tanta violenza, potesse nascere un centro di accoglienza, per un servizio all’umanità sofferente. Le missionarie della Carità sarebbero state disposte a gestire quella casa. Pur apprezzando l’idea, le dissi che, sinceramente, non era mia intenzione addentrarmi in una faccenda che allora era politicizzata al massimo, ma la invitai a proseguire nel suo progetto. Non so se poi sia riuscita a far pervenire ai vertici della nazione questa idea. Oggi ritengo che trasformare quel luogo in un centro di servizi alla persona povera e sofferente sarebbe un modo splendido per concludere la controversia e far nascere, da una vicenda che ha generato odio e sangue, un bene per l’intera nazione”. La contesa di Ayodhya ha originato nel 1992 feroci scontri fra indù e musulmani (oltre 2.000 morti) , dopo che estremisti indù distrussero la moschea di Babri, rivendicando la presenza, antecedente, di un tempio del Dio Rama nel medesimo luogo. Dopo un lungo processo, la vicenda sembra prossima alla conclusione: il 24 settembre si attendeva il verdetto del tribunale di Allahabad. La Corte Suprema ha però rinviato il verdetto, accogliendo la petizione di un avvocato indipendente, fissando una nuova udienza per domani, 28 settembre. Sugli esiti della vicenda, l’arcivescovo D’Souza, afferma: “E’ mia impressione che il verdetto subirà altri rinvii. Credo si debbano ancora esplorare vie di riconciliazione e individuare soluzioni per non generare ulteriore violenza, ma utili a creare pace e armonia nella società indiana”. (R.P.)

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    Cattolici e buddisti coreani: la donazione degli organi contro la cultura della morte

    ◊   Sull’esempio del cardinale Stefano Kim Sou Hwan, cattolici, buddisti e medici coreani promuovono la donazione degli organi tra la popolazione, attraverso il Korea Donate Life Network (Kodonet). Presente nelle principali città del Paese, la rete ha lo scopo di collegare fra loro donatori e fruitori del trapianto e di pubblicizzare la donazione di organi. La cerimonia di inaugurazione del network, - riferisce l'agenzia AsiaNews - si è tenuta nei giorni scorsi a Seul, davanti alle sede dell’Università Dong-Guk, uno dei più inportanti atenei buddisti di Corea. L’iniziativa è proposta da tre organizzazioni non governative: One-Body One spirit Movement (Osob), organizzazione cattolica dell’arcidiocesi di Seoul fondata dal cardinale Kim; la Buddhist-operated Life Share Association , e Vitallink, organizzazione di medici specializzati in trapianto di organi. Il-myon, monaco buddista e direttore della Buddhist-operated Life Share Association afferma: “Donare un organo può diventare una grande gesto di comunione con cui si regala una speranza e un sogno di una nuova vita a qualcun altro. Prego – ha aggiunto – affinché la cultura della donazione degli organi si diffonda nella nostra società grazie alla creazione di questa rete. In Corea del Sud, la donazione degli organi non è ancora molto diffusa. La scelta del cardinale Kim di donare le proprie cornee dopo la morte - avvenuta il 16 febbraio 2009 – ha generato però un piccolo cambiamento, almeno fra i cattolici. Da febbraio a dicembre 2009, oltre 3825 coreani hanno scelto di iscriversi come donatori, presso l’apposito centro creato dall’arcivescovo di Seoul davanti alla cattedrale Myong Don. All’inaugurazione del Kodonet, oltre 1000 persone hanno partecipato alla marcia per promuovere la speranza e la condivisione della vita attraverso la donazione di organi. (R.P.)

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    India: corsi di formazione dei Salesiani per salvare i giovani dalla guerriglia maoista

    ◊   A Calcutta i Salesiani organizzano corsi di formazione professionale per giovani sprovvisti di un’occupazione. Tutti loro provengono dal distretto Paschim Medinipur, nel Bengala Occidentale, una delle aree a dominazione maoista. La richiesta, avanzata circa sette mesi fa da Narayan Swaroop Nigam, magistrato del distretto, prevede l’istituzione di corsi di formazione per giovani ragazzi e ragazze in diversi ambiti professionali presso il Self-Employment Research Institute (Seri) di Calcutta. Il costo dei tre mesi di formazione più l’alloggio è interamente sostenuto dall’amministrazione locale. Terminato il corso, l’amministrazione stessa si occupa di fornire posti di lavoro a questi giovani, sia dentro che al di fuori del distretto Paschim Medinipur. Al momento, due gruppi – ciascuno formato da circa 100 ragazzi – hanno già terminato la formazione di base, mentre un terzo si sta costituendo. L’obiettivo è quello di garantire una formazione su più livelli. Padre Sunil Kerketta afferma: “Noi non provvediamo solo a una formazione di tipo professionale, ma vogliamo educare i giovani affinché diventino cittadini produttivi e responsabili, che possano lavorare per la loro società e comunità. Sono loro quelli che potrebbero guidare il cambiamento e lo sviluppo sociale, come persone illuminate che si conducono lungo un sentiero di prosperità, di pace e di denuncia della violenza in ogni sua forma". Il fine del progetto è duplice. Con esso l’amministrazione locale spera di diminuire il livello di disoccupazione tra i giovani, e indebolire l’influenza maoista nell’area. La maggior parte di questi ragazzi sono emarginati, analfabeti, poveri, dunque facili prede del movimento maoista, che recluta i più giovani offrendo loro possibilità lavorative. Come sottolinea padre Jude Sebastian: “Una volta che questi giovani sono stati educati hanno le competenze necessarie per guadagnare grazie al proprio lavoro, diventando così meno disponibili a unirsi ai gruppi maoisti”. I Maoisti sono attivi in molte zone dell’India, in particolare negli Stati del Bengala Occidentale, Orissa, Bihar, Andra Pradesh e Chhattisgarh. Il governo di New Delhi considera i guerriglieri una minaccia per il Paese, per numerosi attentati commessi in questi anni costati centinaia di vittime. (R.P.)

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    In India decima edizione del quiz sulla Bibbia

    ◊   Si è tenuto ieri in Kerala, in India, la decima edizione del “Logos Prathibha”, il quiz sulla Bibbia organizzato dalla Kerala Catholic Bible Society, Kcbc. Quest’edizione ha visto partecipare circa mezzo milione di persone provenienti da tutte le parrocchie dello Stato indiano. I vincitori - riporta l’Osservatore Romano - si sfideranno a novembre a Kochi, capitale economica dello Stato, dove si svolgeranno le finali. Il concorso, secondo padre Joshy Mayyattil, segretario della Kcbc, è un modo per aiutare la diffusione della Bibbia e incoraggiarne lo studio. In crescita di anno in anno il numero dei partecipanti: infatti si è passati dai 125 mila della prima edizione ai 483.170 di quest'anno. Tra i partecipanti viene ricordata la storia di Leena Mathew, vincitrice di due edizioni, quella del 2007 e quella del 2008. La donna, nel preparare sua figlia, anch’essa partecipante al concorso, scopre come la lettura della Bibbia fosse fonte di grande nutrimento spirituale e decide di partecipare al concorso, vincendolo appunto per due edizioni consecutive. (M.O.)

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    Congresso su "Acqua e futuro" a Montreal: è la ricerca l’unica via percorribile

    ◊   Si è concluso venerdì 24 settembre a Montreal, Canada, il vertice degli esperti mondiali su acqua, sviluppo e cambiamenti climatici, organizzato dall’Associazione internazionale dell’acqua, Iwa. L’acqua e i servizi idrici saranno nel futuro sempre più un parametro di vivibilità e di civiltà, soprattutto per i Paesi in via di sviluppo. É quanto emerge dalle dichiarazioni, riportate dall’agenzia Misna, del segretario generale dell’”Associazione Africana dell’Acqua”, Afwa, Sylvain Usher, che vede nella ricerca e nello sviluppo di nuove tecnologie unite ad un uso responsabile e efficiente l’unica strada da percorrere. Solo lo studio di nuove tecniche di riciclo permetterà un pieno sviluppo sostenibile, soprattutto nelle nuove metropoli e si eviterà il sorgere di nuove tensioni e guerre nei Paesi maggiormente esposti alla mancanza di acqua. Grande risalto è stato dato anche al tema della proprietà delle fonti idriche e delle reti di sviluppo, individuando in partnership pubblico-private o nella gestione completamente pubblica la soluzione migliore. (M.O)

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    Italia: torna in piazza l’orchidea dell’Unicef, la campagna in favore dei bambini africani

    ◊   “L’Orchidea Unicef: così preziosa che può salvare la vita a un bambino”. Questo lo slogan scelto per il lancio di una grande iniziativa di sensibilizzazione e raccolta fondi che l’UNICEF propone in Italia il 2 e il 3 ottobre. L’iniziativa vede impegnati oltre 15 mila volontari che saranno presenti in 2.500 piazze per offrire, a fronte di una donazione minima di 15 euro, una pianta di orchidea phalaenopsis, unica pianta fiorita in questo periodo dell’anno e che simbolicamente rappresenta la speranza di un futuro pieno di colori per tanti bambini. L’appuntamento di quest’anno, realizzato in collaborazione con il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, sarà legato alla festa dei nonni che si celebra il 2 ottobre: testimonial d’eccezione sono, infatti, due popolarissimi nonni: l’attore Lino Banfi, storico ambasciatore Unicef e l’attrice Rita Savagnone dei “Cesaroni”. “I fondi raccolti con le orchidee – ha affermato il presidente dell’Unicef Italia Vincenzo Spadafora - sosterranno interventi salva-vita per i bambini in 8 Paesi dell’Africa centrale e occidentale”, Benin, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Ghana, Guinea Bissau, Repubblica Centrafricana, Senegal e Togo. Così verrà finanziata la “Strategia accelerata per la sopravvivenza e lo sviluppo della prima infanzia”, che prevede un pacchetto integrato di interventi, con alimenti, vaccinazioni, vitamina A, zanzariere e altri strumenti essenziali per la sopravvivenza dei bambini. Il programma – ha concluso - si prefigge, entro il 2011, di salvare la vita di 240 mila bambini sotto i 5 anni, beneficiari diretti degli interventi finanziati dall’Unicef Italia”. (E. B.)

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    24 Ore nel Mondo



    Afghanistan: rapita cooperante britannica. I talebani propongono scambio con gli Stati Uniti

    ◊   La Commissione elettorale afgana ha ordinato il riconteggio dei voti in almeno 7 province, non escludendo che l’operazione possa essere ripetuta anche in altre regioni. La notizia conferma le numerose accuse di irregolarità e brogli durante le legislative del 18 settembre scorso. Intanto, sul terreno, riflettori puntati sul rapimento di un’operatrice umanitaria britannica, rivendicato dai talebani, e al lancio di una massiccia offensiva delle forze alleate e afgane contro i ribelli nella zona di Kandahar. Il servizio di Marco Guerra:

    Un gruppo armato ribelle ha rivendicato il rapimento dell'operatrice umanitaria britannica e dei suoi tre colleghi afgani avvenuto ieri mattina nella provincia di Kunar, regione tribale al confine con il Pakistan. Nella rivendicazione, rilasciata alle agenzie di stampa locali, il capo talebano, Mohammad Osman, chiede di uno scambio con la scienziata pachistana, Afia Siddiqui, condannata la scorsa settimana negli Usa a 86 anni di carcere per terrorismo. La sentenza del tribunale americano sulla donna, che era nella lista dei terroristi più ricercati al mondo nonché sposa di una delle menti degli attacchi dell’11 settembre, sta provocando forti contestazioni in Pakistan, dove ieri in migliaia sono scesi in strada per chiedere la sua liberazione. Dal canto loro, le autorità britanniche hanno chiesto, di concerto con la famiglia dell’ostaggio, che l’identità della donna resti anonima e stanno ora valutando l'attendibilità della rivendicazione insieme alle autorità di americane. Ad ogni modo, la politica di Londra è quella di non pagare riscatti per il rilascio di rapiti. Intanto, gli sforzi della coalizione internazionale e delle truppe di Kabul sono concentrati nella provincia di Kandahar, dove la scorsa fine settimana ha preso il via una vasta offensiva contro le roccaforti talebane. “Ci aspettiamo combattimenti duri”, ha detto il portavoce della Nato, generale Josef Blotz, precisando che si tratta dell’operazione più significativa in corso in Afghanistan. E nonostante l’impegno congiunto contro la guerriglia, arriva un nuovo allarme dal ministero dell'Interno afgano, secondo cui i talebani hanno ucciso negli ultimi sei mesi una media di 100 agenti di polizia al mese.

    Pakistan
    Ennesima giornata di sangue in Pakistan. Almeno 30 talebani hanno perso la vita nel raid di due elicotteri della Nato. Le Forze dell’Alleanza Atlantica, provenienti dall’Afghanistan, hanno sconfinato nella regione del Waziristan settentrionale, attaccando basi della cosiddetta “Rete Haqqani”. I miliziani uccisi avevano condotto il giorno prima un attacco contro le forze Nato in Afghanistan, nella zona di Khost.

    Tensioni Giappone-Cina
    Resta alta la tensione tra Cina e Giappone. Il governo di Tokio ha convocato l'ambasciatore cinese per chiedergli spiegazioni sulla detenzione di quattro connazionali e ha chiesto a Pechino di ritirare dalle acque contese i suoi pescherecci. Tokyo ha inoltre respinto la richiesta di Pechino di scuse ufficiali per la detenzione di 16 giorni del capitano del peschereccio cinese che ha speronato due motovedette nipponiche il 7 settembre scorso.

    Cina: aumenta bilancio vittime tifone
    E’ salito a 136 vittime, 75 morti e 61 scomparsi, il bilancio del passaggio del tifone Fanapi nel sud della Cina. La provincia meridionale del Guangdong resta la più colpita. I danni ammontano a una perdita economica di almeno 600 milioni di euro. I soccorritori stanno distribuendo disinfettanti e tenendo sotto controllo la situazione sanitaria, per evitare il diffondersi d’infezioni.

    Cina, visita ufficiale presidente russo Medvedev
    È in corso la visita di tre giorni in Cina del presidente russo Medvedev. Il capo del Cremlino oggi avrà colloqui con il presidente Hu Jintao, il premier Wen Jiabao e altri esponenti del governo di Pechino. Domani invece il incontrerà a Shangai, il vice presidente cinese, Xi Jinping. Intanto a Mosca non accennano a diminuire le tensioni politiche con il sindaco della capitale. Il primo cittadino, Iuri Luzhkov, in rotta con il presidente Medvedev, ha fatto sapere di non avere alcuna intenzione di dimettersi, come invece chiesto dai vertici presidenziali.

    Libano
    Con una dichiarazione senza precedenti, il presidente libanese Michel Suleiman ha fortemente criticato l'operato del Tribunale speciale per il Libano, incaricato di giudicare, tra gli altri, i responsabili dell'assassinio dell’ex premier, Rafik Hariri, nel 2005. Per Suleiman la credibilità della corte è diminuita a causa delle indiscrezioni pubblicate dalla stampa e per il modo con cui il tribunale ha gestito l'affare dei quattro generali della sicurezza, arrestati dal 2005 perché sospettati di esser coinvolti nel crimine e poi rilasciati per insufficienza di prove.

    Messico
    L’esercito messicano ha catturato ieri a Cancun il capo dei cartelli del narcotraffico dello Stato Quintana Roo, José Angel Fernandez de Lara. Secondo le autorità, l'uomo era stato nominato a giugno dal capo dei capi del clan, Heriberto Lazcano, responsabile del traffico di droga, di clandestini e dei sequestri nello Stato.

    Cile, proseguono operazioni di soccorso ai minatori
    In Cile, prosegue la corsa contro il tempo per trarre in salvo i 33 minatori bloccati da oltre 50 giorni a 700 metri di profondità, nel sito di San José di Copiapò. Ieri è arrivata al campo la prima delle capsule che saranno usate per riportare alla superficie gli uomini. Tutto questo mentre le tre trivelle continuano a scavare freneticamente.

    Somalia
    Non si placa la violenza in Somalia. Le milizie 'Shabab' hanno attaccato a colpi di mortaio la sede del Parlamento somalo a Mogadiscio, proprio mentre i deputati erano riuniti con il nuovo premier, Abdiwahid Elmi Gonjeh. Al momento non si contano feriti anche se sembra che i soldati del contingente africano Amisom abbiano risposto al fuoco dei ribelli. Intanto, non sono stati ancora resi noti i nomi dei capi dei mujahidin uccisi ieri in un raid aereo statunitense su una palazzina della città portuale di Merca, dove si stava svolgendo una riunione dei capi degli "shabab". (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 270

    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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