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Sommario del 16/09/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Calorosa accoglienza per il Papa a Edimburgo: appello a non oscurare i valori cristiani, alla base delle libertà del Paese
  • Il Papa a colloquio con i giornalisti sul volo verso il Regno Unito
  • Telegrammi del Papa ai capi di Stato di Italia e Francia. Napolitano: storica missione di Benedetto XVI nel Regno Unito
  • L'arcivescovo di Glasgow: il popolo scozzese fiero di accogliere il Papa
  • Domani a Londra gli incontri con l’arcivescovo di Canterbury e i leader delle altre religioni
  • La società britannica tra secolarizzazione e sete di Dio
  • Benedetto XVI nomina mons. James Peter Sartain nuovo arcivescovo di Seattle
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Al vertice europeo a Bruxelles anche la questione delle espulsioni dei rom dalla Francia
  • Due anni fa il fallimento della Lehman & Brothers
  • Riparte "Stand Up! Take action", la campagna mondiale contro la povertà
  • Chiesa e Società

  • Presentato a Ginevra il rapporto Onu sui bambini nei conflitti armati
  • Forte calo della mortalità materna nel mondo, ma dati ancora lontani dagli Obiettivi del Millennio
  • Messaggio di Ban Ki-moon per la Giornata per la protezione dello strato d’ozono
  • Al vertice di Montreal l'Africa chiede più energia per lo sviluppo
  • Kashmir: musulmani radicali tentano di bruciare una scuola dal nome cristiano ma retta da islamici
  • La comunità cattolica del Kashmir si sente minacciata dall'integralismo islamico
  • Pakistan: emergenza umanitaria per 20 milioni di persone colpite dalle alluvioni
  • Allarme delle Ong in Pakistan per il ruolo crescente degli integralisti nei soccorsi
  • India: leader musulmani e cristiani contro le violenze nel nome della religione
  • Nuovo appello dei vescovi africani contro la povertà
  • Angola: l’impegno dei missionari per sradicare la superstizione della stregoneria
  • La Chiesa denuncia ritardi per il referendum sull'indipendenza del Sud Sudan
  • Gli organi di un bimbo palestinese salvano tre israeliani
  • Sciopero degli indios mapuche in Cile: i vescovi per la mediazione e il dialogo
  • Usa: le iniziative dei college per la beatificazione del cardinale Newman
  • Sri Lanka: “Gnana Oli”, primo giornale cattolico in lingua Tamil
  • Una nuova sede per la Radio dei missionari comboniani in Sudan
  • Cambogia: il centenario di Madre Teresa ricordato con due documentari di Signis-India
  • Al via “European Catholic China", il Colloquio per parlare di Cina in Europa
  • Il cardinale De Giorgi ricorda l'anniversario dell’omicidio di don Puglisi
  • Ad Assisi la sesta edizione del convegno Fratello Sole Madre Terra
  • 24 Ore nel Mondo

  • Ue e Usa chiedono l'estensione dello stop agli insediamenti israeliani in Cisgiordania
  • Il Papa e la Santa Sede



    Calorosa accoglienza per il Papa a Edimburgo: appello a non oscurare i valori cristiani, alla base delle libertà del Paese

    ◊   Bagno di folla per Benedetto XVI che ha iniziato oggi a Edimburgo il suo viaggio apostolico nel Regno Unito. Il Papa è giunto stamani, poco dopo le ore 10 locali, nella capitale della Scozia: nel Palazzo di Holyroodhouse si è tenuta la cerimonia di benvenuto con la Regina Elisabetta II. Presenti, tra gli altri, il primate anglicano Rowan Williams e il vicepremier britannico, Nick Clegg. Nel suo discorso il Papa ha ricordato il grande ruolo avuto dal popolo britannico nell’opporsi al nazismo e nel forgiare un periodo di pace duratura nel Vecchio Continente. Quindi ha lanciato un vibrante appello al Paese a non oscurare le proprie radici cristiane. All’aeroporto, il Pontefice era stato accolto dal Duca di Edimburgo. Un gesto inconsueto in una visita di Stato, che sottolinea la grande attenzione delle massime istituzioni del Paese per il Pontefice. Dopo la cerimonia di benvenuto, il Papa si è recato a pranzo a casa dell’arcivescovo di Edimburgo, il cardinale O’ Brien. Un tragitto percorso in papamobile, tra due ali di folla di fedeli festanti. Benedetto XVI per l’occasione ha messo anche il tartan scozzese sulle spalle. Da Londra, il servizio del nostro inviato, Alessandro Gisotti:

    (Suono delle cornamuse)

    Il suono delle cornamuse, in una tipica ventosa giornata scozzese, ha accolto Benedetto XVI ad Edimburgo, prima tappa del suo viaggio apostolico nel Regno Unito. Il Papa è stato ricevuto dalla Regina Elisabetta II, nella suggestiva cornice medievale di Holyroodhouse, dinnanzi al quale si sono raccolti tanti fedeli per dare il proprio caloroso benvenuto al Pontefice. Nel suo primo discorso di questo viaggio, Benedetto XVI ha dunque esortato il Regno Unito a non lasciare “oscurare il fondamento cristiano che sta alla base delle sue libertà”, auspicando che quel patrimonio, “che ha sempre servito bene la nazione” possa “plasmare costantemente l’esempio del suo governo e del suo popolo”. Il Papa ha preso spunto dal nome del Palazzo reale di Holyroodhouse, che evoca la Santa Croce, per sottolineare quanto la fede cristiana sia sempre stata una “forza per il bene” nella storia del Regno Unito. Il Papa ha rivolto lo sguardo alle radici cristiane di questa terra, ricordando come i monarchi di Inghilterra e Scozia erano cristiani sin dai primi tempi:

    “As a result, the Christian message has been…”
    “Ne risultò – ha osservato il Papa – che il messaggio cristiano è diventato parte integrale della lingua, del pensiero e della cultura” della Gran Bretagna per più di un millennio. Ed ha esortato così il popolo britannico a considerare la fede “una forza potente” per il bene del regno, a beneficio di cristiani e non cristiani.

    Il pensiero del Papa è andato ad alcune figure luminose come David Livingstone, Florence Nightingale e il prossimo Beato, John Henry Newman, che mossi della fede si impegnarono in passato per il bene comune:

    “Even in our own lifetime, we can recall how Britain…”
    “Anche nella nostra epoca – ha proseguito – possiamo ricordare come la Gran Bretagna e i suoi capi si opposero ad una tirannia nazista che aveva in animo di sradicare Dio dalla società e negava a molti la nostra comune umanità, specialmente agli ebrei che venivano considerati non degni di vivere”.

    Né ha mancato di rammentare quei pastori cristiani che “si opposero ai nazisti e pagarono con la propria vita la loro opposizione”:

    “As we reflect on the sobering lessons…”
    “Mentre riflettiamo sui moniti dell’estremismo ateo del ventesimo secolo – ha avvertito - non possiamo mai dimenticare come l’esclusione di Dio, della religione e della virtù dalla vita pubblica conduce in ultima analisi ad una visione monca dell’uomo e della società”, ad una “visione riduttiva della persona e del suo destino”.

    Il Papa ha quindi rivolto l’attenzione al ruolo politico ed economico che il Regno Unito riveste a livello internazionale. Sessantacinque anni fa, ha ricordato, la Gran Bretagna favorì la fondazione delle Nazioni Unite, dando “inizio ad un periodo di pace e di prosperità in Europa sino a quel momento sconosciuto”. Ancora, ha ricordato la risoluzione pacifica del conflitto nell’Irlanda del Nord, con la firma degli Accordi del Venerdì Santo. Ed ha incoraggiato “quanti sono coinvolti a continuare a camminare coraggiosamente insieme sulla via tracciata verso una pace giusta e duratura”.

    “Your Government and people are the shapers…”
    “Il vostro governo e il vostro popolo – ha quindi riconosciuto – forgiano le idee che hanno tutt’oggi un impatto ben al di là delle isole britanniche”. Di qui la necessità per loro di “agire con saggezza per il bene comune”. Allo stesso modo, ha osservato, “poiché le loro opinioni raggiungono un così vasto uditorio, i media britannici hanno una responsabilità più grave di altri e un’opportunità più ampia per promuovere la pace delle nazioni, lo sviluppo integrale dei popoli e la diffusione di autentici diritti umani”.

    “Today, the United Kingdom strives to be a modern and multicultural…”
    “Oggi – ha concluso – il Regno Unito si sforza di essere una società moderna e multiculturale”. In questo compito stimolante, è stata la sua esortazione, “possa mantenere sempre il rispetto per quei valori tradizionali e per quelle espressioni culturali che forme più aggressive di secolarismo non stimano più, né tollerano più”.

    Dal canto suo, la Regina ha offerto il suo benvenuto al Papa, ha ricordato la visita di Giovanni Paolo II, nel 1982. Quindi, ha messo l’accento sul contributo della Santa Sede per la pace in Nord Irlanda e il suo impegno nello sviluppo sociale e nella difesa dei più deboli. Quindi, ha sottolineato come questa visita papale ricordi l’importanza delle radici cristiane del Regno Unito:

    “Religion has always been a crucial element in national identity…”
    “La religione - ha detto - è sempre stato un elemento fondamentale nella vita della società britannica”. Ha così ricordato quanto nel cardinale Newman sia importante il tema della riconciliazione, ed ha auspicato un dialogo sempre più forte tra fedeli, uniti nel rifiutare l’uso del nome di Dio per giustificare la violenza. “La libertà di culto – ha concluso – è al cuore della nostra società tollerante e democratica”.

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    Il Papa a colloquio con i giornalisti sul volo verso il Regno Unito

    ◊   “Vado avanti con coraggio e gioia”: così Benedetto XVI ai giornalisti nella prima conferenza stampa sull’aereo papale che lo ha condotto nel Regno Unito. Il servizio di Roberta Gisotti.

    Ben 70 gli operatori dell’informazione al seguito del Santo Padre per questo “atteso e impegnativo” viaggio, ha sottolineato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi introducendo la prima domanda dei giornalisti circa la preoccupazione del Papa riguardo le discussioni e le posizioni contrarie alla Chiesa emerse in Gran Bretagna durante la preparazione della visita. La risposta di Benedetto XVI:

    “Devo dire che non sono preoccupato, perché quando sono andato in Francia è stato detto: 'questo è il Paese più anticlericale, con forti correnti anticlericali e con pochissimi fedeli'. Quando sono andato nella Repubblica Ceca è stato detto: 'questo è il Paese più areligioso dell’Europa e il più anticlericale anche'. Così i Paesi occidentali, tutti hanno, ognuno nel loro modo specifico, secondo la loro propria storia, forti correnti anticlericali o anticattoliche, ma anche sempre una presenza forte di fede".

    “Naturalmente – ha aggiunto il Papa – la Gran Bretagna ha una propria storia di anticattolicesimo, ma è anche un Paese di grande storia della tolleranza”:

    “E così sono sicuro che, da una parte, ci sarà accoglienza positiva dai cattolici, dai credenti, generalmente, e attenzione da quanti cercano come andare avanti in questo nostro tempo con rispetto e tolleranza reciproca. Dove c’è un anticattolicesimo vado avanti con grande coraggio e con gioia".

    Se la Gran Bretagna è ritenuto un Paese secolarizzato, con un forte movimento di ateismo – hanno osservato i giornalisti - pure c’è una fede viva a livello personale. Dunque, cosa possono fare cattolici e anglicani per rendere la Chiesa più attrattiva? Non è questo il compito della Chiesa, ha spiegato Benedetto XVI:

    “Direi che una Chiesa che cerca soprattutto di essere attrattiva sarebbe già su una strada sbagliata, perché la Chiesa non lavora per sé, non lavora per aumentare i propri numeri e così il proprio potere. La Chiesa è al servizio di un Altro: serve non per sé, per essere un corpo forte, ma serve per rendere accessibile l’annuncio di Gesù Cristo, le grandi verità e le grandi forze di amore, di riconciliazione che vengono sempre dalla presenza di Gesù Cristo".

    “In questo senso – ha auspicato il Santo Padre – cattolici e anglicani hanno lo stesso compito e direzione da prendere”:

    "Se anglicani e cattolici capiscono che non devono servire se stessi, ma sono strumenti di Cristo, amici dello Sposo, come dice San Giovanni, se ambedue eseguono la priorità di Cristo e non di se stessi, camminano anche insieme, perché la priorità di Cristo li accomuna e non sono più concorrenti ed ognuno non cerca di avere il maggiore numero di fedeli, ma si ritrovano insieme nell’impegno per la verità di Cristo che entra in questo mondo e così si trovano anche reciprocamente in un vero e fecondo ecumenismo".

    I giornalisti hanno, quindi, domandato al Papa come riconquistare la fiducia dei fedeli dopo lo scandalo degli abusi sessuali:

    “Innanzitutto, devo dire che queste rivelazioni sono state per me uno shock, non solo una grande tristezza. E’ difficile capire come questa perversione del ministero sacerdotale sia stata possibile. Il sacerdote nel momento dell’ordinazione, preparato per anni a questo momento, dice sì a Cristo di farsi sua voce, sua bocca, sua mano, e servire per tutta l’esistenza, perché il Buon Pastore che ama ed aiuta e guida alla verità sia presente nel mondo. Come un uomo che ha fatto e detto questo può poi cadere in questa perversione è difficile da capire. E’ una grande tristezza, tristezza anche che l’autorità della Chiesa non sia stata sufficientemente vigilante e non sufficientemente veloce, decisa, nel prendere le misure necessarie. Per tutto questo siamo in un momento di penitenza, di umiltà e di rinnovata sincerità".

    Ci sono tre cose importanti da fare sul piano operativo - ha aggiunto Benedetto XVI - anzitutto sostenere le vittime":

    "Come possiamo riparare? Che cosa possiamo fare per aiutare queste persone a superare questo trauma, a ritrovare la vita, a ritrovare anche la fiducia nel messaggio di Cristo? Cura, impegno per le vittime è la prima priorità, con aiuti materiali, psicologici, spirituali".

    Bisogna poi intervenire sui colpevoli:

    "Escluderli da ogni possibilità di accesso ai giovani, perché sappiamo che questa è una malattia e la libera volontà è minata dove c’è questa malattia. Quindi, dobbiamo proteggere queste persone anche contro se stesse e trovare il modo di aiutarle, di proteggerle contro se stesse, escludendole da ogni accesso ai giovani".

    Infine agire sui candidati al sacerdozio:

    "Il terzo punto è la prevenzione nell'educazione, nella scelta dei candidati al sacerdozio: essere così attenti che, secondo le possibilità umane, si escludano futuri casi".

    Il Papa ha quindi parlato del cardinale Newman, figura ponte tra anglicani e cattolici, un uomo moderno:

    “Questa modernità interiore del suo essere e della sua vita implica la modernità della sua fede: non è una fede fatta di formule di un tempo passato, è una fede in una forma personalissima, vissuta, sofferta, trovata in un lungo cammino di rinnovamento e di conversione”.

    Benedetto XVI ha infine sottolineato le sintonie tra Santa Sede e Regno Unito: la comune responsabilità per la pace, la giustizia, il dialogo interreligioso e la tolleranza, valori che sono alla base del nostro umanesimo:

    “La Gran Bretagna ha una grande esperienza e una grande attività nella lotta contro i mali di questo tempo, contro la miseria, contro la povertà, le malattie, la droga e tutte queste lotte contro la miseria, contro la povertà, la schiavitù dell’uomo, l’abuso dell’uomo, la droga … sono anche gli scopi della fede, perché sono scopi dell’umanizzazione dell’uomo, perché sia restituita l’immagine di Dio contro le distruzioni e le devastazioni”.

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    Telegrammi del Papa ai capi di Stato di Italia e Francia. Napolitano: storica missione di Benedetto XVI nel Regno Unito

    ◊   Lasciando l’Italia a bordo dell’aereo che lo ha condotto nel Regno Unito, il Papa, ha fatto pervenire stamane al presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, un telegramma di saluto, in procinto – scrive – di “incontrare Sua Maestà la Regina Elisabetta II e le altre autorità, la comunità cattolica come pure i rappresentanti di altre comunità religiose specialmente quella anglicana, gli esponenti della società civile e la gente di quel nobile Paese”, invocando quindi “la benedizione del Signore sull’intera nazione italiana, in particolare sui responsabili della cosa pubblica chiamati a servire il bene comune”.

    Nel messaggio di risposta, il presidente Napolitano esprime “profonda stima e considerazione” al Papa evidenziando come “la storica missione” di Benedetto XVI “oltremanica in occasione della beatificazione del cardinale John Henry Newman assume una particolare valenza anche per le molteplici dimensioni che la caratterizzano. Il suo significato - scrive - si riassume nel motto del cardinale stesso, 'cor ad cor loquitur'”, scelto come tema dell'intero viaggio. Quindi gli auguri, personali e a nome di tutto popolo italiano, di “pieno successo per questa nuova missione pastorale il cui messaggio, ne sono certo, - conclude Napolitano - sarà fonte di rinnovata riflessione e speranza”.

    Nel sorvolare la Francia, il Papa ha fatto pervenire un secondo telegramma al capo di Stato, Nicolas Sarkozy, esprimendo “i migliori auguri” a lui e al popolo francese. (A cura di Roberta Gisotti)

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    L'arcivescovo di Glasgow: il popolo scozzese fiero di accogliere il Papa

    ◊   Dopo la cerimonia di benvenuto di stamani, la Scozia vivrà stasera un momento particolarmente intenso con la Messa presieduta da Benedetto XVI nel Bellahouston Park di Glasgow. Sull’importanza di questa visita per la comunità cattolica scozzese, il nostro inviato Alessandro Gisotti ha intervistato l’arcivescovo di Glasgow, mons. Mario Joseph Conti:

    R. - Per noi è un privilegio straordinario accogliere in Papa nella nostra diocesi. Per me personalmente, sarà un momento di grande emozione vedere il Santo Padre tra la mia gente, nella mia diocesi, in un parco che conosco bene, molto vicino a casa mia. Direi che per la nazione scozzese è molto importante che il Papa la visiti nel corso del suo viaggio in Gran Bretagna. Anche se la Scozia fa parte del Regno Unito già da trecento anni, è anche vero che il nostro Paese ha la sua identità storica e culturale, una storia diversa da quella dell’Inghilterra, anche dal punto di vista religioso. La Chiesa nazionale, in Scozia, è presbiteriana. E poi non possiamo dimenticare che quasi trent’anni fa il Santo Padre Giovanni Paolo II visitò la Scozia. Fu una visita che noi ricordiamo con molta emozione: fu un momento di grazia specialmente nel cammino ecumenico. Quindi è molto importante che anche questa volta il Papa visiti il nostro Paese.

    D. - La visita in Scozia coincide con la festa di San Niniano, evangelizzatore della Scozia. Sembra quasi un invito ad una nuova evangelizzazione a cui Benedetto XVI tiene molto. Qual è la sua riflessione su questo aspetto?

    R. - Questo Santo non è molto conosciuto al di fuori della Gran Bretagna, ma per noi è una figura importante. Fu, infatti, il primo evangelizzatore della Scozia. Non abbiamo molti dettagli sulla sua vita, ma questo possiamo dirlo: ha lasciato questo territorio per andare a Roma a studiare la fede e poi l’ha portata qui in Scozia, in un periodo in cui l’influenza dell’Impero Romano era ancora percepibile, ovvero 1600 anni fa. Che bello, allora, è accogliere il Vescovo di Roma nel giorno della festa del nostro primo Santo! Un Santo romano, nel senso che ha avuto la sua formazione proprio nella Città eterna.

    D. - Nella sua Lettera pastorale per la visita del Papa, Lei ha ricordato che la Chiesa è sottoposta, in questo momento, ad un esame particolarmente difficile. E dunque, ha aggiunto, “è necessario predicare il Vangelo con integrità ed amore”. Come è stata accolta questa Lettera dai suoi fedeli?

    R. - I fedeli sono d’accordo con quanto ho scritto, non vedo grandi tensioni all’interno della Chiesa cattolica in Scozia, grazie a Dio! Noi non siamo molto numerosi: forse 800mila in un Paese di 5 milioni di abitanti. Invece, ci sono state critiche esternamente alla Chiesa, da parte di chi non vorrebbe accogliere il Papa per diversi motivi. Alcuni per motivi ideologici, altri vogliono protestare contro certi aspetti dell’insegnamento morale della Chiesa…. Ma queste voci non sono numerose e direi che la maggioranza del popolo scozzese – cattolico o no – è molto fiero di ricevere il Santo Padre tra noi. È interessante vedere come è diversa questa visita del Papa dalla precedente, avvenuta quasi trent’anni fa: in quei giorni, alcune voci di protesta venivano dai cristiani della Riforma. E’ un segno dei grandi passi avanti che abbiamo fatto insieme nel mondo ecumenico che questa volta c’è una risposta molto positiva da parte delle altre comunità ecclesiali di fronte alla possibilità di una visita papale.

    D. - Un’ultima domanda: il motto inciso nel logo della visita in Scozia è: “Gesù Cristo è una speranza che non delude mai”. Come, secondo Lei, questa visita di Benedetto XVI può aiutare a rinnovare la testimonianza cristiana nella società scozzese?

    R. - Gesù non delude mai, è vero, ed è importante che questo messaggio di speranza arrivi al cuore della gente, oggi. È facile, di questi tempi, perdere la speranza davanti ai problemi economici, ai problemi della famiglia, ai problemi politici… Invece, per il cristiano, perdere la speranza non ha senso, non è possibile, perché Gesù ci dice che Lui è la via, la verità e la vita e che viene per darci la vita in abbondanza. Speriamo, quindi, che questo sia il messaggio del Papa. Ecco perché il motto della visita del Papa in Scozia è così importante.

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    Domani a Londra gli incontri con l’arcivescovo di Canterbury e i leader delle altre religioni

    ◊   Dopo la tappa scozzese, il Papa vivrà domani la prima giornata londinese del suo viaggio pastorale con un programma molto intenso. Tra gli eventi più significativi l’incontro, nella mattinata, con i leader religiosi alla Waldegrave Drawing Room della St Mary University. Sull’importanza di questo momento della visita, Alessandro Gisotti ha intervistato l’arcivescovo di Liverpool, mons. Patrick Kelly, membro del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso:

    R. - La nostra società è plurietnica e multireligiosa. Paolo VI ha parlato dell’Inghilterra come di un terreno ecumenico ed io penso che sia anche un terreno multireligioso. Con la visita del Santo Padre, credo che ci sia la possibilità di un incontro, specialmente tra i laici - cristiani, musulmani, ebrei ed appartenenti ad altre religioni - che hanno una stessa visione della persona umana, dei valori del mondo, della giustizia e della pace. Valori nutriti dalla fedeltà al cammino che Dio ha mostrato loro, un cammino da seguire e da fare insieme, vedendo quello che la religione può portare al benessere della società.

    D. - Una dimensione particolarmente significativa del viaggio è quella ecumenica: pensiamo, in particolare, all’incontro con l’arcivescovo di Canterbury…

    R. - Al centro di questo viaggio c’è anche l’incontro con l’arcivescovo di Canterbury. Un incontro, questo, che avrà luogo in un momento molto delicato per la Chiesa anglicana: si trova a prendere, infatti, decisioni importanti e non sono facili per il cammino ecumenico. Benedetto XVI, così come lo stesso Giovanni Paolo II, ha detto che ci sono delle difficoltà, ma il cammino ecumenico rappresenta la volontà dello Spirito Santo per i nostri giorni. Specialmente, quindi, a questo punto della nostra storia abbiamo bisogno di una riaffermazione dell’impegno ecumenico. Io credo che il Santo Padre riuscirà a darci un segno forte sull’importanza di questo lavoro, che dura ancora oggi.

    D. - C’è grande attesa anche per il discorso del Papa alla società civile, a Westminster Hall. Su quali temi e quali valori, secondo lei, è possibile una sinergia tra i credenti e il mondo laico?

    R. - Io credo che la domanda riguardi la sinergia e cioè cosa è e cosa significa il ruolo dei laici, come laici e come credenti, nella società civile. Non è facile, ma è certamente importante, perché il dialogo porta sempre frutti.

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    La società britannica tra secolarizzazione e sete di Dio

    ◊   Sulla società britannica, la sua religiosità e il processo di secolarizzazione, Alessandro Gisotti ha raccolto a Edinburgo la testimonianza di uno scolastico gesuita, Samuel Overloop:

    R. – Non credo che quella del Regno Unito si possa definire "tout court" una società secolarizzata. Credo che la fede, qui in Inghilterra, sia molto importante e lo dico anche per esperienza personale. Ho incontrato moltissime persone in parrocchia come altrove e per loro Dio è importante. Scoprire questo è stata per me una grande gioia: la fede non è una cosa marginalizzata. Credo che la sfida più importante sia quella di riuscire ad entrare in dialogo con questo mondo secolarizzato che, comunque, esiste; un dialogo tra fede e ragione. Una sfida, come sottolinea il Papa stesso, è quella di riscoprirci una minoranza creativa: dobbiamo diventare di nuovo un piccola Chiesa, umile e mite, ma con profonde radici nella fede e che non abbia paura di testimoniare. Il compito della Chiesa, di noi religiosi e dei catechisti, è quello di formare delle persone che siano profondamente radicate in Dio e, allo stesso tempo, però, persone profondamente inserite nel mondo professionale. Dobbiamo creare delle comunità gioiose, perché è attraverso queste comunità che i giovani tornato di nuovo alla Chiesa. La giustizia sociale rappresenta certamente un’altra sfida, perché tanti politici si ispirano molto alla Dottrina sociale della Chiesa e questa è una cosa che non deve essere nascosta, ma dobbiamo proclamarlo dai tetti. Lasciamoci, quindi, sfidare dal mondo!

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    Benedetto XVI nomina mons. James Peter Sartain nuovo arcivescovo di Seattle

    ◊   Negli Stati Uniti, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Seattle presentata da mons. Alexander J. Brunett, per raggiunti limiti di età. Il Papa ha nominato nuovo arcivescovo metropolita di Seattle mons. James Peter Sartain, finora vescovo di Joliet in Illinois. Mons. James Peter Sartain è nato il 6 giugno 1952 a Memphis (Tennessee). Ha compiuto gli studi filosofici al Seminario "Saint Meinrad" in Indiana e quelli teologici al Pontificio Collegio Americano del Nord e alla Pontificia Università Angelicum a Roma (1974-1978). Nel 1979, ha ottenuto la Licenza in Teologia Sacramentale presso il Pontificio Ateneo di Sant’Anselmo a Roma. È stato ordinato sacerdote il 15 luglio 1978 per la diocesi di Memphis. Dopo l’ordinazione ha svolto gli incarichi seguenti: vicario parrocchiale della "Saint Paul Parish" (1978) e della "Our Lady of Sorrows Parish" (1979-1981) a Memphis; cappellano della "Bishop Byrne High School" (1980-1981); vicario per gli Affari Pastorali (1981-1983); decano accademico del Programma di Formazione per il Diaconato Permanente (1982-1984); direttore delle Vocazioni (1981-1986); segretario per i Sacerdoti e Diaconi (1984-1987); cancelliere vescovile (1987-1992); vicario per l’Amministrazione temporale e vicario per il personale ecclesiastico (1987-2000); moderatore della Curia (1988-1992); vicario generale e parroco della "Saint Louis Parish" a Memphis (1992-2000). Nominato vescovo di Little Rock (Arkansas) il 4 gennaio 2000, ha ricevuto la consacrazione episcopale il 6 marzo successivo. Il 16 maggio 2006 è stato trasferito alla diocesi di Joliet in Illinois. È stato membro di numerosi Comitati della Conferenza Episcopale e attualmente è membro dell’"Administrative Committee" e del "Committee on Priorities and Plans" e Presidente del "Task Force on Faith Formation and Sacramental Practice". Oltre l’inglese conosce l’italiano e lo spagnolo.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale del direttore sul viaggio del Papa nel Regno Unito.

    La verità non è un’opinione: in cultura, Edoardo Aldo Cerrato sul pensiero del cardinale Newman e Paolo Gulisano sul passionista Domenica Bàrberi che accolse il futuro beato nella Chiesa cattolica.

    Adolfo Lippi su padre Ignazio Spencer, madre Elizabeth Prout e la “seconda primavera” inglese.

    Perse la testa per mantenere l’anima: Andrea Monda sulla poesia fedele amica di Thomas More.

    Un estratto dal volume “La novità dello Spirito” del pensatore e teologo russo Pavel Evdokimov, del quale ricorre il quarantesimo anniversario della morte.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, un rapporto Onu che denuncia che ogni giorno mille donne muoiono di parto.

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    Oggi in Primo Piano



    Al vertice europeo a Bruxelles anche la questione delle espulsioni dei rom dalla Francia

    ◊   E' in corso a Bruxelles il vertice dei capi di Stato e di governo europei chiamati a discutere di vigilanza finanziaria anti speculazione. Per le questioni del debito e delle sanzioni per i Paesi che violano le regole del Patto di stabilità e di crescita i 27 sembrano orientati però a rinviare ogni decisione al Consiglio di fine ottobre. Il presidente francese Nicolas Sarkozy - dopo il confronto a distanza con la commissaria Ue alla Giustizia, Viviane Reding - ha intanto annunciato che spiegherà il comportamento della Francia a proposito delle espulsioni dei rom, anche se la questione non fa ufficialmente parte dell'ordine del giorno. L’Ue ha già deciso una procedura di infrazione contro Parigi; la presidenza belga di turno ha chiesto che la Commissione europea vigili sul rispetto da parte della Francia delle regole comunitarie; mentre il presidente dell'Europarlamento Jerzy Buzek ha ricordato che “in politica usare un linguaggio più moderato è più utile”. Per un commento, ascoltiamo Domenico Quirico, corrispondente da Parigi del quotidiano La Stampa, intervistato da Giada Aquilino:

    R. - Dal punto di vista legalistico, la Francia sostiene che non c’è infrazione perché le espulsioni dei rom non riguardano i rom in modo particolare, cioè non colpiscono un gruppo, una minoranza in quanto tale, ma quei rom che infrangono delle norme della legge francese, quindi in questo caso non esiste una componente “razzistica”, per usare una parola un po’ grossa ma che rende abbastanza l’idea della materia di cui stiamo parlando. Questa è la difesa francese, che viene contraddetta da una circolare - quella che ha provocato l’indignazione della Commissione europea - in cui i rom venivano indicati specificamente come oggetto delle misure che dovevano essere adottate dai prefetti. Poi, c’è una strategia probabilmente politica più vasta; l’idea dell’Unione Europea che ha Sarkozy e che ha anche la maggioranza dei francesi: sostanzialmente i “grandi” - Francia e Germania - sono intoccabili in Europa.

    D. - Dagli Stati Uniti è giunto l’invito a rispettare i diritti dei rom. Quindi, si prospetta un allargamento della polemica?

    R. - La polemica si è già notevolmente allargata. Non ricordo la Francia - forse dai tempi della guerra d’Algeria - trovarsi in una posizione così isolata nel contesto internazionale, in un momento in cui era riuscita a ritrovare una forma di dialogo con gli Stati Uniti dopo la vicenda irachena e in cui la presidenza europea di Sarkozy era stata considerata sostanzialmente un successo. Non dimentichiamo che Sarkozy tra due mesi prenderà la presidenza del G8 e del G20.

    D. - Questo è un momento particolare, in Francia, anche per la questione del burqa, del tutto aperta: come viene affrontata dalla gente?

    R. – Sarkozy ha cercato di guadagnare un elettorato di estrema destra che è sensibile a questi temi. Dall’altro lato, ha cercato di ricuperare quella Francia profondamente, intimamente laicista che è un po’ il filo conduttore della storia di questo Paese nell’ultimo secolo. C’è una sorta di “estremismo” della laicità che è un male che la Francia spesso si porta dietro e che non tiene conto della realtà, molto più complessa, che questo Paese ha assunto negli ultimi anni. Ci sono sei milioni di musulmani: direi che il rapporto con questa comunità è il grande problema irrisolto del Paese.

    D. - Altro motivo di dibattito in queste ore è la riforma delle pensioni: c’è stata bagarre al Parlamento francese, migliaia di persone sono scese in piazza. Si prevedono altre contestazioni?

    R. - E’ già prevista dai sindacati una nuova sfida in piazza per il 23 settembre, quando la legge arriverà per l’approvazione anche al Senato, quindi percorrendo tutto il suo circuito legislativo.

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    Due anni fa il fallimento della Lehman & Brothers

    ◊   A metà settembre di due anni fa la Lehman Brothers annunciava il fallimento pilotato, nel quadro di una serie di avvenimenti che segnavano la più grave crisi economica degli anni recenti. La società attiva nei servizi finanziari a livello globale annunciava debiti bancari per 613 miliardi di dollari, debiti obbligazionari per 155 miliardi di dollari. Era la più grande bancarotta della storia degli Stati Uniti e alimentava una crisi da cui l’Occidente non è ancora uscito. Fausta Speranza ha chiesto all’economista Alberto Quadrio Curzio il significato di quella bancarotta e un bilancio della tenuta di Stati Uniti e Unione Europea:

    R. – Il fallimento è stata una scelta – a mio avviso – deliberata e gravissima, perché ha generato una sfiducia complessiva nel sistema finanziario internazionale e non solo in quello americano, che ha molto aggravato la crisi. Il fatto che un’impresa finanziaria come Lehman & Brothers, che aveva i massimi rating certificati dalle società internazionali sia stata lasciata fallire ha rappresentato un innesco che si è poi diffuso a macchia d’olio su tutti i mercati finanziari internazionali. Detto questo, io credo che l’Unione Europea abbia meglio assorbito il colpo, soprattutto guardando oggi alla situazione dell’Ue, mentre gli Stati Uniti, a mio avviso, sono ancora in grandissime difficoltà.

    D. – Prof. Quadrio Curzio, ci aiuta a commentare questa frase di Obama, pronunciata ieri al Congresso: “Gli Stati Uniti non hanno più tempo per giocare sull’economia”.

    R. – Può essere interpretata in molti modi. Quello che certamente è vero è che il grado di indebitamento degli Stati Uniti - sia l’indebitamento privato, sia quello delle società non finanziarie, sia quello dello Stato federale e degli Stati federati - ha raggiunto dei livelli stratosferici. Il punto cruciale, probabilmente, è che in quel Paese si è diffusa – e non da oggi, ma da parecchi decenni – una cultura del debito che ha portato il Paese stesso in una situazione di gravità davvero molto preoccupante. Basterebbe guardare non solo il debito di cui parlavo prima, ma anche il debito esterno degli Stati Uniti e il debito commerciale per capire che questo Paese è in una situazione molto, molto grave. Che cosa poi Obama voglia fare per uscire da questa situazione non è ancora molto chiaro.

    D. – Prof. Quadrio Curzio, Obama chiede sgravi fiscali per la classe media, dicendo che invece i Repubblicani difendono la riduzione delle tasse per gli americani più abbienti. Ci aiuta a capire il peso della questione fiscale nell’economia degli Stati Uniti: potrebbe essere veramente importante e determinante?

    R. – E’ chiaro che la classe media americana sta soffrendo, perché il suo potere di acquisto è stato corroso in vari modi ed anche perché è una classe media indebitata. Una riduzione fiscale per essere rilevante e per ridare cioè alle famiglie un’adeguata situazione di tranquillità dovrebbe avere dimensioni colossali, che io non vedo come possano essere realizzate. Ho l’impressione che la strada presunta degli sgravi fiscali alla classe media non porti molto distante. Io credo che gli Stati Uniti per risalire la china di questa loro difficile e preoccupante situazione devono prefigurare un orizzonte che vada ai dieci e ai quindici anni, in cui rimettano mano a tutto il loro sistema economico. E dovrebbero anche smetterla con questa idolatria del mercato che per molti versi li ha portati in una situazione così complessa.

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    Riparte "Stand Up! Take action", la campagna mondiale contro la povertà

    ◊   Una serie di iniziative da domani al 19 settembre per la mobilitazione mondiale “Stand Up! Take action” contro la povertà e un dossier contenente raccomandazioni al governo italiano per raggiungere gli Obiettivi del Millennio. E’ quanto presentato oggi a Roma dalla Campagna del Millennio Onu, dalla Coalizione italiana contro la povertà, dalla Caritas italiana e da altre associazioni alla vigilia del summit delle Nazioni Unite per gli Obiettivi del Millennio del 20-22 settembre prossimi. A dieci anni dalla formulazione dei cosiddetti “Millenium goals” 2 miliardi di persone vivono ancora con meno di 2 dollari al giorno e 925 milioni soffrono la fame. Il servizio è di Paolo Ondarza.

    Nonostante negli ultimi dieci anni si siano registrati risultati senza precedenti nella lotta contro la povertà, ancora molto resta da fare per raggiungere gli Obiettivi del Millennio. Tra le aree più critiche l’Africa Subsahariana e Haiti. Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale di Caritas Italiana.

    R. - Sono appena tornato da Haiti. Ho visto ancora bambini col pancione da fame. Questo non è accettabile.

    D. – “Stand up” non è un’iniziativa nuova, si ripete da diversi anni. La vostra voce è stata ascoltata?

    R. – Gli ultimi rapporti della Fao stanno ad indicare che si è intrapresa la giusta strada: se si continua decisamente in questa direzione per il 2015 si potranno raggiungere gli obiettivi posti. Certamente, bisogna lavorare ancora molto in questo senso. Tutti i governi, compreso quello italiano, devono impegnarsi di più.

    D. – Quali i governi più virtuosi e quelli invece forse più distratti?

    R. – Purtroppo solo cinque governi, soprattutto quelli del nord Europa, hanno mantenuto l’impegno ad evolvere almeno lo 0,7 per cento del PIL per gli aiuti allo sviluppo. Tutti gli altri non lo hanno mantenuto. Con la scusa della crisi finanziaria alcuni hanno addirittura diminuito gli aiuti, compreso quello italiano che si colloca per quest’anno al penultimo posto tra i donatori.

    D. – E’ una scusa la crisi finanziaria?

    R. – Sì, perché noi riteniamo che un aiuto anche ai Paesi più poveri può essere un bene anche per la ripresa economica internazionale. Vediamo quanto contino la ripresa cinese e indiana a trainare anche le economie occidentali. Quindi, l’aiuto ai Paesi più poveri non é in alternativa ma in aggiunta agli sforzi che facciamo ai Paesi del nord. D’altro canto è molto confortante anche l’impegno della gente che con le cartoline, con l’alzarsi in piedi, con l’approfondire questi temi, sta a dimostrare come la lotta alla povertà e la solidarietà siano valori condivisi.

    Anche i dati confermano la sensibilità della società civile per queste tematiche: nonostante la crisi nove cittadini europei su dieci si dichiarano favorevoli al sostegno allo sviluppo. Marta Guglielmetti, coordinatrice per l’Italia della Campagna del Millennio Onu:

    “I cittadini stanno prendendo seriamente questo loro mandato. I dati che abbiamo in nostro possesso dimostrano una cosa paradossale: i progressi dei governi più ricchi non sono sufficienti laddove, invece, alcuni dei governi dei Paesi anche più poveri fra i poveri stanno dimostrando una grande volontà politica di migliorare e stanno portando grandi risultati”.

    Giunta alla quinta edizione, la mobilitazione civile “Stand Up” lo scorso anno ha coinvolto solo in Italia oltre 820 mila persone. E anche quest’anno gli organizzatori intendono far sentire alta la loro voce. Laura Ciacci, portavoce della Coalizione Italiana contro la povertà:

    “Se negli anni scorsi ci siamo alzati in piedi, ci siamo contati, questa volta dobbiamo fare più rumore, facendo sentire, facendo levare la nostra voce che quindi si sentirà e arriverà anche al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite”.

    Numerose e varie su tutto il territorio nazionale le iniziative in calendario consultabili sul sito www.standupitalia.it.

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    Chiesa e Società



    Presentato a Ginevra il rapporto Onu sui bambini nei conflitti armati

    ◊   Durante i lavori della quindicesima riunione del Consiglio dei diritti umani in corso a Ginevra, è stato presentato dalla rappresentante speciale dell’Onu, Radhika Coomaraswamy, il rapporto sui bambini nei conflitti armati. Dal documento, ripreso dall'agenzia Misna, si evince che nonostante alcuni successi in Nepal, Sudan e Burundi, dove sono stati siglati accordi tra gruppi armati e governo che hanno permesso il ritorno dei bambini a una vita normale, la situazione rimane critica in numerosi conflitti africani. È il caso della Repubblica Democratica del Congo, dove sono stati segnalati numerosi casi di stupro a danno di donne e bambini. L’ultimo caso è stato riportato il 7 luglio scorso, quando, nella cittadina di Luvungi, più di 200 donne sono state violentate dalle Forze democratiche per la liberazione del Rwanda; dal barbaro atto non sono stati risparmiati bambine e bambini. Il commissario speciale, riporta l’agenzia stampa Misna, ha quindi puntato il dito sulla comunità internazionale, che non può e non deve lasciare impuniti tali barbarie ma deve denunciare i colpevoli e portarli dinanzi alla giustizia. Grande attenzione è stata poi data alle nuove forme di schiavitù minorile definite dalla relatrice speciale sulla schiavitù, Gulnara Shahiniana, “una realtà sconvolgente della nostra epoca”. Il rapporto si è poi concluso con l’invito a non sottovalutare il ruolo dell’istruzione minorile come soluzione a lungo termine del problema e con l’auspicio a introdurre una convenzione internazionale che regoli il lavoro degli agenti di sicurezza privati, che, agendo molto spesso come mercenari, agiscono indisturbati violando le norme di diritto internazionale. (M.O.)

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    Forte calo della mortalità materna nel mondo, ma dati ancora lontani dagli Obiettivi del Millennio

    ◊   La mortalità materna nel mondo è calata di un terzo rispetto al numero di decessi del 1990. Del notevole progresso ne dà l'annuncio il nuovo rapporto "Trends in maternal mortality" realizzato da Oms, Unicef, Unfra e Banca Mondiale. Secondo la ricerca il numero di donne che muore per complicazioni legate alla gravidanza e al parto è diminuito del 34%, da un valore stimato di 546.000 decessi nel 1990 a 358.000 nel 2008. Tuttavia, come fanno notarer gli stessi autori del rapporto, c’è ancora molto da fare: il tasso di diminuzione è meno della metà di ciò che è necessario per conseguire l'Obiettivo di Sviluppo del Millennio di ridurre il tasso di mortalità materna del 75% tra il 1990 e il 2015, che richiederà una diminuzione annua del 5,5%; il calo del 34% rispetto al 1990 equivale ad una diminuzione media annua di appena il 2,3%. "La riduzione dei tassi globali di mortalità materna è una notizia incoraggiante" afferma in una nota diffusa dall’Unicef, Margaret Chan, Direttore generale dell'OMS. “I Paesi in cui le donne corrono un alto rischio di morire durante la gravidanza o il parto stanno adottando misure che si stanno dimostrando efficaci; questi Paesi stanno formando più ostetriche, rafforzando gli ospedali e i centri sanitari per assistere le donne in gravidanza. Nessuna donna dovrebbe morire a causa di un accesso inadeguato alla gravidanza e all'assistenza al parto". Le donne in gravidanza continuano a morire per quattro cause principali: gravi emorragie dopo il parto, infezioni, crisi ipertensive e aborti effettuati in condizioni non sicure. Nel 2008 ogni giorno circa 1.000 donne sono morte a causa di queste complicazioni. Il 99% di tutti i decessi materni si è verificato nei Paesi in via di sviluppo. Su 1.000 donne: 570 vivevano nell'Africa sub-sahariana, 300 nell’Asia meridionale e solo 5 in Paesi ad alto reddito. Il documento sottolinea, infatti, che il rischio di una donna di un Paese in via di sviluppo di morire per una causa connessa alla gravidanza è circa 36 volte superiore rispetto ad una donna che vive in un Paese sviluppato. "Per raggiungere il nostro obiettivo mondiale di migliorare la salute materna e per salvare la vita delle donne dobbiamo fare di più per raggiungere coloro che sono più a rischio ", dice Anthony Lake, direttore generale dell'Unicef. "Ciò significa raggiungere le donne nelle zone rurali e le famiglie più povere, quelle appartenenti alle minoranze etniche e ai gruppi indigeni e le donne che vivono con HIV e nelle aree di conflitto". Le organizzazioni che hanno contribuito alla ricerca si stanno dunque focalizzando sui Paesi con i maggiori problemi e aiutano i governi a sviluppare e ad adeguare i propri piani sanitari nazionali per accelerare i progressi nella salute materna e neonatale. (M.G.)

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    Messaggio di Ban Ki-moon per la Giornata per la protezione dello strato d’ozono

    ◊   “Per avere possibilità di successo gli accordi ambientali devono avere un quadro normativo ampio, obiettivi chiari e un approccio graduale per la realizzazione”. È quanto afferma, il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, in messaggio diffuso oggi in occasione della Giornata Internazionale per la Protezione dello Strato d’Ozono dell’Atmosfera, in cui pone l’accento sul ruolo centrale che una virtuosa capacità di governo ha nel perseguimento degli obiettivi ambientali. A tal proposito il numero uno dell’Onu cita il Protocollo di Montreal sulle Sostanze che Impoveriscono lo Strato di Ozono - che lo scorso anno ha ottenuto la ratifica universale - come un’eccellente esempio di questo processo. “Quando il Protocollo di Montreal è stato firmato, nel 1987, i governi non contemplavano l'eliminazione progressiva di qualunque sostanza dannosa per l'ozono. Eppure, – afferma Ban Ki-moon - in virtù della forte osservanza della normativa, sia sul piano nazionale sia su quello globale, i firmatari del Protocollo hanno abbattuto di oltre il 98% la produzione e il consumo di queste sostanze chimiche nocive”. Inoltre, si legge ancora nella nota – “considerato che le sostanze chimiche dannose per l'ozono sono anche gas a effetto serra, il Protocollo è strumentale nella lotta contro il cambiamento climatico. Esso ha già scongiurato emissioni di gas serra pari a oltre 135 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, e continuerà a svolgere un ruolo importante”. L’equità è alla base del Protocollo – spiega ancora il segretario delle Nazioni Unite -. Attraverso il principio di “responsabilità comuni ma diversificate” che coinvolgo in su piani diversi i Paesi in via di sviluppo e quelli sviluppati. Ban Ki-moon conclude incoraggiando “le parti firmatarie del Protocollo di Montreal a continuare a sviluppare questo modello e a cercare le sinergie che potrebbero aiutare nell’affrontare altre sfide ambientali, in particolare il cambiamento climatico. Cerchiamo dunque – si legge infine - di utilizzare gli strumenti di governo contenuti nei trattati esistenti in materia di ozono e clima per ridurre le minacce ambientali allo sviluppo sostenibile e al benessere umano”. (M.G.)

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    Al vertice di Montreal l'Africa chiede più energia per lo sviluppo

    ◊   La "povertà energetica" che lascia al buio l'80% degli africani e che di fatto ostacola lo sviluppo socio-economico del continente è stata al centro dell'intervento del presidente della Banca di Sviluppo Africana (Bad), Donald Kaberuka, al Congresso mondiale dell'energia in corso a Montreal, in Canada. Nonostante un forte potenziale energetico – dagli idrocarburi al carbone, dal sole all'acqua – in gran parte sfruttato da multinazionali straniere, l'Africa e il suo miliardo di abitanti dispongono della stessa produzione elettrica della Spagna, popolata da appena 46 milioni di persone. Un paradosso evidente - riferisce l'agenzia Misna - dall'osservazione delle immagini satellitari notturne del pianeta che fanno apparire al buio i Paesi più poveri del Sud del mondo, soprattutto quelli africani. Proprio perché il mancato accesso all'energia costituisce un freno allo sviluppo economico, alla lotta alla povertà e complica la fornitura di servizi sanitari, di acqua potabile e le attività nel settore della sanità, la costruzione di infrastrutture energetiche – ha sottolineato Kaberuka - è “prioritaria per l'Africa". Oltre a infrastrutture carenti per la produzione dell'elettricità, il continente deve anche fare i conti con una rete di distribuzione ridotta e inefficiente: oggi una rete elettrica unificata è la grande sfida del continente per consentire una miglior condivisione e distribuzione delle risorse. Si tratta di un progetto che necessita di ingenti somme di denaro che i soli fondi pubblici non sono in grado di fornire, motivo per cui la Bad è scesa in campo con finanziamenti e anche per farsi da garante della “credibilità” africana nei confronti del settore privato internazionale pronto a investire. Con 800 milioni di persone che hanno bisogno di energia e una crescita economica che si attesta attorno a 3-4%, l'Africa rappresenta il più grande mercato potenziale per le imprese del settore energetico. "Petrolio, carbone, idroelettricità, nucleare: il continente deve essere pronto a sfruttare ogni fonte di energia" ha detto l'economista ruandese Kaberuka. In questa prospettiva esperti e ambientalisti non solo africani chiedono una politica energetica coerente e unificata a livello continentale, sottolineando il rischio per la biodiversità e l'ambiente in caso di sfruttamento indiscriminato, non controllato e non coordinato, ma anche di tener conto delle crescenti manifestazioni dei cambiamenti climatici che pesano negativamente. Organizzato ogni tre anni, il Congresso mondiale dell'energia riunisce migliaia di dirigenti, operatori pubblici e privati del settore, organizzazioni non governative ed esperti chiamati a identificare sfide e soluzioni energetiche per il pianeta. Nell'epoca della lotta ai gas a effetto serra, di cui i Paesi del Nord del mondo e le potenze emergenti sono i maggiori consumatori, la domanda di carbone, una fonte di energia più inquinante, cresce ogni anno del 4,5% e supera quella del petrolio. (R.P.)

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    Kashmir: musulmani radicali tentano di bruciare una scuola dal nome cristiano ma retta da islamici

    ◊   Una folla inferocita di musulmani radicali hanno tentato di bruciare una scuola dal nome cristiano (St Francis School), senza sapere che essa è retta da musulmani ed è cristiana solo di nome. La polizia è riuscita a fermare gli incendiari, ma ha sparato sulla folla, uccidendo quattro persone e ferendone 19. Leader cristiani affermano: “questa gente è manipolata”. La protesta contro la campagna “Brucia il Corano” si sta diffondendo in diverse aree del Kashmir e ha già fatto 22 morti e centinaia di feriti. Le manifestazioni prendono spunto dall’annunciata (e mai eseguita) dissacrazione del Corano negli Stati Uniti per aumentare la tensione contro il governo indiano, che non concede l’autonomia alla regione, contesa anche dal Pakistan. Dopo tre giorni di manifestazioni e violenze, ieri le proteste sono scoppiate a Mendhar, a circa 60 km da Poonch, vicino al confine con il Pakistan. Dalle 10 di mattina si sono radunate almeno 3 mila persone, provenienti anche dai vicini villaggi, marciando verso la scuola di St Francis e le residenze degli insegnanti. L’ironia è che la scuola nel mirino di cristiano ha solo il nome ed è proprietà di musulmani locali, anche se lo staff insegnante è costituito da cristiani provenienti dal Kerala. All'agenzia AsiaNews mons. Peter Celestine, vescovo di Srinagar spiega: “La cosiddetta St Francis School non ha nulla a che vedere con istituzioni cattoliche, protestanti o evangeliche. Essi usano soltanto il nome cristiano per attirare gli studenti. Questo testimonia che anche per i musulmani locali, le istituzioni educative cristiane hanno un’ottima qualità”. Il 14 settembre scorso un’altra scuola ha rischiato di essere bruciata: si tratta della Christ School di Poonch. Solo l’intervento della polizia ha fermato la folla inferocita a soli 500 metri dall’edificio. Il preside, padre Matthew, spiega ad AsiaNews: “Abbiamo 1522 studenti e solo 40 sono cristiani; i musulmani sono il 40% degli alunni, poi vi sono indù e sikh. Abbiamo sempre goduto del profondo rispetto da parte dei locali. Molte autorità islamiche ci hanno espresso il loro dispiacere per il tentativo di incendio e hanno condannato l’attacco. Ma la gente è manipolata e spinta alla frenesia da false notizie”. (R.P.)

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    La comunità cattolica del Kashmir si sente minacciata dall'integralismo islamico

    ◊   “La polizia è dappertutto: circonda le chiese e le scuole per proteggere i luoghi cristiani. Quello che è accaduto è molto triste. Siamo molto preoccupati, la comunità cristiana, sempre pacifica, si sente minacciata. Stiamo pregando”: è quanto dice all’agenzia Fides mons Celestine Elampassery, vescovo di Jammu e Srinagar, all’indomani delle proteste e degli attacchi contro i cristiani che lunedì hanno causato 17 morti fra i manifestanti musulmani in Kashmir. Ieri nel Kashmir indiano la tensione è restata alta: le autorità hanno decretato il coprifuoco in tutta la vallata, ma parte degli estremisti ha sfidato le misure restrittive ed è scesa in piazza a Khanpora, nel distretto di Baramulla. “Non abbiamo avuto danni alle chiese cattoliche; solo la Scuola del Buon Pastore a Pulwama è stata colpita, nei muri esterni, da bottiglie incendiarie ma l’edificio è intatto. Ci sentiamo indifesi e impotenti di fronte a questa ondata di violenza insensata. Non abbiamo nulla contro i fedeli musulmani che rispettiamo come fratelli, lo abbiamo ripetuto. Ma una minoranza violenta sta alimentando la tensione”, spiega il vescovo. “Va detto che In Kashmir – aggiunge – la tensione politica cova sotto la cenere da anni e questa provocazione ha agito da detonatore. La regione è attraversata da fermenti separatisti e infestata da gruppi militanti armati: anche il governo indiano, in questa situazione, si mostra molto cauto e prudente, conoscendo la difficile situazione locale”. “Da parte nostra, speriamo di poter restaurare la calma e la riconciliazione, attraverso il dialogo e riaffermando che i cristiani rispettano tutti gli altri credenti”, conclude. Mons. Elampassery ricorda che su 10 milioni di abitanti del Kashmir indiano, la popolazione cristiana e di circa 25 mila credenti, di cui 15mila cattolici. La Chiesa è comunque molto impegnata nel sociale: dispone di scuole di alto livello, frequentate da studenti musulmani e apprezzate dalle autorità civili, nonché dalle altre comunità religiose. La comunità cattolica si è dimostrata molto attiva e ha dispiegato le sue energie nell’opera di assistenza umanitaria dopo le recenti inondazioni che hanno colpito soprattutto la regione del Ladakh e l’area di Leh. (R.P.)

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    Pakistan: emergenza umanitaria per 20 milioni di persone colpite dalle alluvioni

    ◊   Non si placa l’emergenza umanitaria per oltre 20 milioni di pakistani colpiti dalle alluvioni dello scorso mese. Particolarmente grave la situazione nella provincia meridionale di Sindh e nel Punjab dove risiede circa il 75% della popolazione disastrata. Milioni di sfollati, indicano le agenzie umanitarie dell’Onu citate dalla Misna, hanno in primo luogo urgenti bisogni alimentari ma le necessità delle vittime vanno ben oltre: dall’assistenza sanitaria, all’istruzione, a un sostegno all’agricoltura per compensare le ingenti perdite subite da centinaia di migliaia di famiglie che dipendono esclusivamente da quel settore e che si ritrovano senza fonte di guadagno fino almeno al prossimo anno. Nelle zone più colpite del Paese, cresce inoltre il numero di persone affette da patologie legate alla mancanza d’accesso a un’acqua potabile e pulita, alla promiscuità e alla mancanza di servizi igienici. I pakistani ripongono molte speranze nelle Nazioni Unite che domani presenteranno a New York un “Piano d’urgenza in risposta alle alluvioni” (Floods Emergency Response Plan, Ferp) che sostituirà “piano iniziale” già messo in atto. (M.G.)

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    Allarme delle Ong in Pakistan per il ruolo crescente degli integralisti nei soccorsi

    ◊   Mentre la macchina degli aiuti umanitari arranca, gruppi islamisti radicali prendono piede e trovano sempre maggiore spazio nella operazioni di assistenza agli sfollati: è l’allarme giunto all’agenzia Fides dal mondo delle Ong, da volontari e leader cattolici, nonché dalle istituzioni civili pakistane. Mentre le piogge e inondazioni continuano nel Sud del paese, e il governo è in difficoltà, “i gruppi islamici vanno a riempire il vuoto lasciato dalle istituzioni. I campi organizzati dal governo e gestiti dalla protezione civile non riesono ad accogliere tutti gli sfollati. Una buona parte del lavoro lo fanno le agenzie internazionali e le Ong private. In tale contesto si infiltrano anche organizzazioni caritative diretta espressione di gruppi islamisti radicali, che usano una diversa denominazione”, spiega un membro della “Commissione per i Diritti umani del Pakistan”, nota Ong pakistana. “Vi sono ancora milioni di persone esposte a fame e malnutrizione”, ha detto ieri Valerie Amos inviato speciale dell’Onu in Pakistan. A sette settimane dall’inizio della tragedia, crescono nella società civile, nella politica e nell’opinione pubblica i timori che i gruppi radicali islamici utilizzino l’assistenza umanitaria per conquistare consenso e reclutare nuovi volontari. Secondo l’Institute for Conflict Management (Icf), think tank specializzato sull’Asia meridionale, sono attive sul terreno anche formazioni dichiarate illegali a livello internazionale: “Gruppi militanti come Harkat-ul-Jihad-al-Islami (HuJI), Jaish-e-Mohammad (JeM), Harkat-ul-Mujahideen (HUM), Jama’at-ud-Da’awa (Jud), Lashkar-e-Toiba (LeT), e formazioni islamiste radicali come Jamaat-e-Islami (JeI), stanno traendo vantaggio dalla situazione delle inondazioni, raccogliendo denaro da destinare agli alluvionati”. Gli aiuti dai Paesi musulmani e dai fedeli musulmani in tutto il mondo si sono moltiplicati nel mese del Ramadan, attraverso il meccanismo della “Zakah”, l’elemosina obbligatoria che ogni musulmano è tenuto a versare, soprattutto alla fine del Ramadan (la “Zakat al-Fitr”), offerta destinata alle persone bisognose. L’Organizzazione della Conferenza Islamica (Oic), formata da 57 Paesi musulmani, ha annunciato aiuti per oltre un miliardo di dollari provenienti per la maggior parte da paesi come Arabia Saudita, Turchia , Kuwait, Emirati Arabi e Qatar, senza specificare se tali aiuti passeranno attraverso il governo pakistano o organizzazioni indipendenti. Il Primo Ministro Yousuf Raza Gilani ha criticato apertamente le donazioni compiute a Ong private. D’altro canto, membri dell’associazione musulmana “Falah Insaniat Foundation”, molto attiva nel soccorso agli sfollati su tutto il territorio – diretta espressione della “Jamaat au-Dawa” – dichiarano apertamente alla stampa: “La gente si fida più di noi che del governo”. Molti osservatori sottolineano che organizzazioni islamiche, legali o illegali, stanno lavorando con grande efficacia. “Per contrastare l’estremismo islamico, urge una azione umanitaria comprensiva e coordinata fra Stato, agenzia internazionali, e Ong, per lasciare poco spazio a questo opportunismo”, dicono a Fides volontari cattolici impegnati sul terreno. (R.P.)

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    India: leader musulmani e cristiani contro le violenze nel nome della religione

    ◊   “La profanazione di qualsiasi sacra scrittura o la denigrazione di qualunque personalità religiosa o gli assalti a luoghi di culto, ovunque si trovino nel mondo è un gesto deprecabile e incivile”. I leader musulmani in India condannano con la stessa durezza l’iniziativa del pastore statunitense che ha invocato il rogo del Corano e l’assalto a luoghi di culto cristiani nel Paese. Syed Shahabuddin, presidente di All India Muslim Majlis-e Mushawarat, Asaduddin Owaisi, capo di Majlis-e-Ittehadul Muslimeen e Zafarul Islam Khan, direttore di Milli Gazette hanno sottoscritto un documento comune - di cui dà notizia all'agenzia AsiaNews - in cui riferendosi agli attacchi contro i cristiani nel Kashmir e a Maler Kotla, nel Punjab, precisano che: “l’islam proibisce in modo chiaro atti e comportamenti di questo tipo”. I leader musulmani invitano pertanto “le autorità interessate a intraprendere ogni azione legale contro i colpevoli”. Essi aggiungono infine che, “a prescindere dalla provocazione” i musulmani “dovrebbero limitare le manifestazioni di dissenso e le proteste” secondo modalità “pacifiche, comunicati stampa e appelli alle autorità interessate”. Sulla campagna “Brucia il Corano” per commemorare l’11 settembre è intervenuta anche la All India Christian Council (Aicc), denunciando l’iniziativa come foriera di ulteriori violenze. “Il modo migliore – sottolineano i leader cristiani – per ricordare la memoria di vittime innocenti è rinunciare alla violenza, soprattutto quella di matrice confessionale”. Aicc chiede anche l’arresto dei colpevoli dell’attacco alle scuole cristiane e alle chiese, assicurando al contempo i diritti delle minoranze cristiane. La proposta del pastore americano Jones, che ha scatenato focolai di violenze in diverse zone dell’Asia, è criticata con durezza anche da padre Pushpa Augustine, esperto di islam e segretario esecutivo della Conferenza per l’ecumenismo dei vescovi indiani. Secondo il religioso “è totalmente contrario allo spirito del cristianesimo e degli insegnamenti di Cristo”, perché va contro “la natura del rispetto umano e della dignità umana”. Egli invita a “ignorare” queste persone in futuro e chiede ai media di “astenersi dal dare spazio a persone dalla mente malata”. Sulla questione è intervenuto anche il cardinale Oswald Gracias, presidente dei vescovi indiani, che a nome della Chiesa cattolica condanna il gesto. “Sono grato al Vaticano – dice il porporato – per aver denunciato la campagna “Brucia il Corano”. Diversi leader cristiani nel mondo hanno unito le mani per deprecare queste azioni anti-islamiche”. Intanto sul fronte dell’ordine pubblico, i Ministri capi del Jammu and Kashmir e del Punjab hanno avviato le procedure necessarie per garantire la sicurezza delle comunità cristiane nelle aree teatro di scontri. (M.G.)

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    Nuovo appello dei vescovi africani contro la povertà

    ◊   In occasione di una sua visita a Roma il vescovo di Chimoio, Monzambico, e vicepresidente del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Secom), mons. Francisco Joao Silota, ha espresso il proprio appello affinché venga accelerato il passo per sradicare la povertà in Africa. Il presule, citato dal Sir, pur ricordando i passi in avanti compiuti in diverse regioni del continente, ha affermato che: “bisogna lavorare concretamente per la realizzazione degli obiettivi del Millennio. Nonostante il cammino intrapreso da Chiesa Africana e occidente, si procede troppo lentamente e la povertà non è stata ancora vinta”. A capo di una delegazione di vescovi Africani, mons. Silota, ha incontrato il ministro dell’economia italiano, Giulio Tremonti, il segretario della Cei, mons. Mariano Crociata e alcuni rappresentanti delle associazioni cattoliche per studiare azioni concrete mirate al reale miglioramento delle condizioni di vita. Centrale deve essere la lotta alla povertà e alla fame, ma per aiutare veramente le popolazioni, bisogna puntare su una formazione di qualità delle nuove generazioni. È per questo che il capo del Secom, ha intenzione di instaurare un dialogo continuo con le istituzioni europee. (M.O.)

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    Angola: l’impegno dei missionari per sradicare la superstizione della stregoneria

    ◊   Cresce la preoccupazione della Chiesa cattolica in Angola per il fenomeno della stregoneria. “La stregoneria è la nuova guerra che rende molto difficile l'attività pastorale” ha dichiarato a Radio Ecclesia padre Estêvão Mukinda, missionario spiritano che opera ad Andulo. “C’è una certa riluttanza da parte delle persone ad abituarsi alla convivenza e allo spirito di riconciliazione, giustizia e pace”. Padre Mukinda lavora in un contesto difficile anche perché la missione di Andulo, fondata 40 anni fa, è stata chiusa per 30 anni ed è stata riaperta sei anni fa, affidata ai missionari Spiritani. “Recuperare la coscienza delle persone non è un lavoro che si fa da un giorno all’altro, dovremo lavorare a lungo” conclude padre Mukinda. La Chiesa è anche impegnata nell’offrire assistenza alle vittime principali di queste credenze: i bambini accusati di essere degli stregoni. Le Suore Salesiani di Sanza-Pombo, ad esempio, hanno accolto 59 bambini accusati di stregoneria. “La nostra missione è quella di curare i bambini in difficoltà, soprattutto gli orfani e quelli che vengono accusati di stregoneria” dice Rosalia Escoisato. Migliaia di angolani “vivono nella paura degli spiriti, dei poteri nefasti da cui si credono minacciati; disorientati, arrivano al punto di condannare bambini della strada e anche i più anziani, perché - dicono - sono stregoni” ha ricordato Benedetto XVI il 21 marzo 2009 durante il Suo viaggio in Angola, nel corso della celebrazione nella chiesa di São Paulo a Luanda. (R.P.)

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    La Chiesa denuncia ritardi per il referendum sull'indipendenza del Sud Sudan

    ◊   A meno di quattro mesi dal referendum che il 9 gennaio prossimo dovrà decidere sull’indipendenza del Sud Sudan, i preparativi per il voto sono ancora in alto mare. A confermarlo, dopo le denunce in questi mesi dei vescovi e delle altre Chiese cristiane nel Paese, è mons. Howard J. Hubbard, presidente della Commissione per la giustizia e la pace internazionale della Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb). Il lavoro della commissione elettorale che deve garantire il corretto svolgimento della consultazione è appena agli inizi, ha detto all’agenzia Cns il presule, da poco rientrato da una visita di sei giorni in Sudan, durante la quale ha incontrato a Khartoum e a Juba diversi esponenti della Chiesa locale. In particolare, non è stata completata la demarcazione dei confini tra Nord e Sud, non sono stati ancora definiti i criteri di eleggibilità dei candidati , mentre la registrazione degli aventi diritto al voto non è neanche cominciata e la gente non sa nulla. Le osservazioni di mons. Hubbard fanno eco alle preoccupazioni espresse dai vescovi sudanesi che il 23 luglio scorso avevano pubblicato una lettera pastorale per denunciare i ritardi e le inadempienze nell’attuazione del ‘Comprehensive Peace Agreement’, l’accordo sottoscritto nel 2005 per porre fine al ventennale conflitto tra il governo di Khartoum e gli indipendentisti del Sud. Anche per mons. Hubbard i ritardi vanno attribuiti alla persistente diffidenza tra le parti e a manovre politiche. Oltre ai problemi relativi all’organizzazione del referendum, restano inoltre aperti diversi altri nodi, a cominciare dalla sorte del milione e mezzo di profughi del Sud Sudan che vivono nel Nord, nel caso in cui vinca il sì all’indipendenza: “Se dovessero rientrare, bisogna vedere se il governo è in grado di provvedere ai loro bisogni di base: cibo, un tetto, educazione e infrastrutture”, ha detto il vescovo. Ci sono poi le questioni dei diritti dei cristiani nel Nord, della distribuzione dei proventi del petrolio e delle misure predisposte per affrontare eventuali violenze dopo il voto. Proprio per prevenire questa eventualità, la Chiesa locale sta organizzando diverse iniziative tra il 21 settembre, Giornata internazionale dell’Onu per la pace, e il 1° gennaio, la Giornata mondiale della Pace: veglie di preghiera, Messe, attività di peace-building e dibattiti per promuovere la pace e la riconciliazione. (L.Z.)

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    Gli organi di un bimbo palestinese salvano tre israeliani

    ◊   In Israele tre persone si sono salvate grazie agli organi di un bambino morto in un incidete. La notizia meriterebbe il giusto risalto anche a leggerla così ma assume contorni ancora più significativi se si considera che i tre beneficiari sono tutti ebrei e il piccolo donatore è un palestinese. Un gesto di grande amore e solidarietà che squarcia la quotidianità di una terra divisa dall’odio e dalla violenza. Fatto sta che l’episodio, reso noto dal quotidiano israeliano Yedioth Aharonot, è stato subito rilanciato con grande entusiasmo dal Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche di Francia (Crif), ricordando che i beneficiari dei trapianti, eseguiti con successo, sono attualmente in convalescenza. La possibilità di una nuova vita è stata offerta dalla famiglia del bambino palestinese che ha consentito l’espianto del suo fegato e dei suoi polmoni. Secondo l'agenzia Zenit, dopo l'incidente, la famiglia del bambino, che aveva tre anni, lo ha portato subito in un ospedale locale. Da lì è stato trasferito all'ospedale Hadassah Ein Karem di Gerusalemme. Il piccolo ha ricevuto assistenza e i medici hanno lottato per salvargli la vita. E' rimasto ricoverato per una settimana, ma il suo stato di salute ha continuato a peggiorare e alla fine è morto il primo settembre. I suoi genitori hanno quindi acconsentito alla donazione degli organi, che ha salvato la vita di tre persone, tra cui un piccolo israeliano di cinque anni che aveva urgentemente bisogno di un trapianto di fegato. Il bambino è ora ricoverato nell'unità di Terapia Intensiva dell'ospedale Schneider e le sue condizioni sono stabili. Parallelamente, è stato trapiantato un polmone a una bambina di sette anni e mezzo che soffriva di una malattia polmonare. L'altro polmone è stato trapiantato a un uomo di 55 anni. “Mio figlio era giunto a uno stato tale che era impossibile salvarlo”, ha dichiarato Moussa Salhut, il padre del bambino palestinese morto. “Siamo felici di vederlo rivivere in altre persone, indipendentemente dal fatto che siano arabe o ebree”, ha sottolineato. “Quando si tratta di salvare una vita non c'è differenza”, ha aggiunto. “Nella tristezza della nostra perdita, siamo contenti di aver potuto salvare delle vite”. (M.G.)

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    Sciopero degli indios mapuche in Cile: i vescovi per la mediazione e il dialogo

    ◊   La presidenza della Conferenza episcopale cilena ha espresso ieri un ampio e forte sostegno all’opera di mediazione tra le autorità del Paese e i 34 aborigeni mapuches in sciopero della fame da 66 giorni; al tempo stesso, i presuli, hanno dichiarato il medesimo appoggio al dialogo quale metodo adeguato per risolvere i conflitti sociali. “Abbiamo ricevuto con grande speranza la disponibilità di diversi attori politici, scrivono i vescovi, del governo e della società civile, per stabilire un tavolo di dialogo che consenta di risolvere il più presto possibile la situazione dei ‘comuneros mapuches’ che sono in sciopero della fame molto prolungato”. “Noi - sottolineano i vescovi - esprimiamo un pieno sostegno alle gestione della trattativa che, a richiesta del potere esecutivo, porta avanti l’arcivescovo di Concepción, mons. Ricardo Ezzati, in collaborazione con il vescovo di Temuco mons. Manuel Camilo Vial, come un servizio per facilitare presto il ristabilimento del dialogo tra le parti coinvolte e si metta fine allo sciopero della fame”. I presuli d’altra parte, ricordando precedenti prese di posizione dell’episcopato sulla situazione del Paese, ricordano che “questo impegno non si può limitare alla sola soluzione dei problemi, o a un conflitto in particolare” e che invece occorre “puntare sui temi di fondo per fare passi significativi nella convivenza fraterna, giusta e pacifica tra tutti coloro che vivono nel nostro caro Cile”. Infine, evocando le celebrazioni del Bicentenario i vescovi rinnovano il loro appello in favore della vita e del dialogo poiché, scrivono, “sono i fondamenti della convivenza. Nulla si guadagna quando si rinvia o ostacola il dialogo poiché in una società organizzata le persone desiderano essere ascoltate per comprendersi meglio”. (A cura di Luis Badilla)

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    Usa: le iniziative dei college per la beatificazione del cardinale Newman

    ◊   Un’importante occasione per fare conoscere meglio e rilanciare gli insegnamenti del cardinale Newman, in particolare sul rapporto fra fede e conoscenza. Così viene vissuta in molti college e università cattoliche negli Stati Uniti la beatificazione, il 19 settembre, del grande teologo e letterato inglese. La sua figura – come è noto – è strettamente associata al mondo universitario al quale aveva dedicato l’importante opera “L’idea di università” ("The Idea of a University"), basata sulle lezioni tenute negli anni 50 dell’’800, quando era impegnato nella fondazione dell’Università Cattolica di Dublino. Un lavoro all’origine di molti degli orientamenti che avrebbero guidato l’istruzione superiore cattolica nei decenni successivi anche negli Stati Uniti, dove numerose associazioni studentesche cattoliche, i Newman Centers, portano il suo nome. Il problema, come spiega all’agenza Cns padre Eric Nielsen, direttore del Centro Cattolico della St.Paul’s University del Wisconsin, è che la figura di Newman e le sue opere sono meno conosciute tra gli studenti cattolici di quanto si pensi. Secondo Katherine Tillman, docente presso la University of Notre Dame e co-direttrice del “Newman Studies Journal”, anche se possono sapere poco di Newman, gli studenti dovrebbero almeno conoscere i punti salienti del suo pensiero, imperniato sull’idea centrale dell’interdisciplinarietà del sapere in tutte le sue declinazioni e dello stretto rapporto tra fede e ragione. In questo senso - sottolinea Barbara McCrabb, vice-direttrice del Dipartimento per l’Educazione superiore cattolica della Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb) - la beatificazione di Newman offre una grande occasione per approfondire la conoscenza dei suoi insegnamenti. E in effetti numerose sono le iniziative promosse in diversi campus universitari americani in vista dell'evento. Tra questi l’Università dell’Illinois dove il St. John‘s Catholic Newman Center celebrerà l’evento con un corso gratuito e una conferenza sulla vita e le opere del futuro Beato e con Messe questo fine settimana in cui saranno cantati alcuni suoi famosi inni. La “Newman University” di Wichita, nel Kansas, l’unica università americana che porta il suo nome, ha inviato una delegazione a Birmingham per partecipare alla celebrazione presieduta dal Papa a Cofton Park, il 19 settembre. (L.Z.)

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    Sri Lanka: “Gnana Oli”, primo giornale cattolico in lingua Tamil

    ◊   Ha avuto successo il primo numero di “Gnana Oli” (“Luce di saggezza”), l’atteso giornale cattolico in lingua Tamil dell’arcidiocesi di Colombo. Grande entusiasmo tra i cattolici Tamil, che giudicano il giornale “scritto nella nostra lingua davvero vicino ai nostri cuori e alle menti”. Gnana Oli è una pubblicazione completa: notizie, approfondimenti, messaggi dei vescovi, ma anche la pagina dei bambini e una pagina con contenuti educativi diretta agli studenti: 16 pagine al prezzo di 2 rupie (poco più di un centesimo di euro), come gli altri due giornali cattolici esistenti. Per ora è mensile, uscirà la prima domenica di ogni mese. E’ stato lanciato il 5 settembre, 4.200 copie in un elegante formato, e anche altre diocesi lo hanno già chiesto. Padre Rohan De Alwis, direttore del Colombo Catholic Press, spiega all'agenzia AsiaNews che questo giornale colma un vuoto importante. Infatti, da tempo i molti cattolici Tamil dell’arcidiocesi di Colombo lamentano che le pubblicazioni e persino i documenti ufficiali sono pubblicati in lingua Sinhala e in inglese, ma non in Tamil. “Dapprima – racconta il sacerdote – ho discusso questo progetto con padre Emmanuel Fernando, nostro vicario generale per i Tamil. Poi ho parlato con l’arcivescovo Malcolm Ranjith di pubblicare un giornale in lingua Tamil. Egli mi ha dato la sua benedizione e cooperazione”. “Utilizzeremo questo giornale anche per dare ai cattolici Tamil massima conoscenza dell’Anno dell’Eucarestia”, in corso nel Paese. “Ci pubblicheremo ogni annuncio e circolare su questo Anno”. Il giornale è anche aperto ai contributi dei cattolici Tamil, che potranno inviare articoli o approfondimenti. Secondo dati ufficiali, nell’arcidiocesi di Colombo su 141 parrocchie ce ne sono 28 a maggioranza Tamil, che celebrano messe in Tamil. Ci sono anche 15 sacerdoti Tamil e circa 400 insegnanti Tamil che insegnano nelle scuole domenicali. (R.P.)

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    Una nuova sede per la Radio dei missionari comboniani in Sudan

    ◊   É stata inaugurata la nuova sede di “Radio Bakhita”, storica emittente radiofonica dei missionari comboniani nel sud del Sudan. Ad annunciarlo è stata suor Cecilia Sierra Salcido, missionaria responsabile dei programmi che, nel comunicare la notizia, non ha esitato a ringraziare i fedeli, la Chiesa e la missione per il contributo dato alla realizzazione della nuova sede. Secondo quanto riferisce la Misna, “Radio Bakhita” ha cominciato le sue trasmissioni nel 2006 e ben presto si è trasformata da un’emittente di guerra a un punto di riferimento per tutti gli abitanti della regione grazie alle sue trasmissioni incentrate su temi sociali e al suo impegno per la riconciliazione e la pace in un territorio sconvolto da più di vent’anni di guerra civile. La speranza della missionaria è quella di poter acquistare un’antenna di 72 metri che sia in grado di trasmettere le trasmissioni, più di 33 al giorno, in tutti e tre gli Stati che formano la regione della Greater Equatoria, compresa tra Uganda, Sudan e Repubblica Centrafricana. (M.O.)

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    Cambogia: il centenario di Madre Teresa ricordato con due documentari di Signis-India

    ◊   Anche la Chiesa cambogiana ha commemorato il centenario della nascita di Madre Teresa. Per l’occasione il locale Ufficio cattolico per le comunicazioni sociali ha promosso, dal 10 al 12 settembre, un festival di tre giorni a Phnom Penh con la proiezione di due film documentari prodotti dalla sezione indiana di Signis, l'organizzazione cattolica mondiale per il cinema e la radiotelevisione. “Il festival voleva commemorare il centenario e dimostrare la testimonianza di amore e carità di Madre Teresa”, ha spiegato all’agenzia Ucan il direttore dell’Ufficio Ly Sovanna. A presiedere l’apertura dell’evento c’era il Prefetto apostolico di Battembang, mons. Enrique Figaredo, che ha sottolineato come la proiezione dei due documentari era un modo “per fare conoscere Madre Teresa al pubblico” e per aiutare i cattolici a riflettere su cosa significa aiutare i poveri. I film, la cui proiezione è stata riproposta mercoledì a Siam Reap, sono stati molto apprezzati dagli spettatori, tra cui anche alcuni buddisti. (L.Z.)

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    Al via “European Catholic China", il Colloquio per parlare di Cina in Europa

    ◊   Si apre oggi a Freising, in Germania l’ottava edizione dello “European Catholic China Colloquium”. L’evento, che proseguirà fino a domenica 19, è organizzato dal centro China-Zentrum di Sankt Augustin con lo scopo di approfondire il tema dell’integrazione sociale e religiosa dei cinesi in Europa, e sarà suddiviso in sei sessioni di lavoro che affronteranno altrettante tematiche specifiche. Da ricordare, la sessione conclusiva che, come riporta l’agenzia Fides, affronterà il tema dell’impegno e della solidarietà viste dalla prospettiva europea e cinese. Parteciperanno l’arcivescovo Agostino Marchetto, già Segretario del Pontifico Consiglio per la pastorale dei Migranti e padre Pietro Cui Xingang, responsabile della Cei per i cattolici italiani. Nel corso dei lavori verrà inoltre ricordata e analizzata l’esperienza di padre Matteo Ricci, il missionario che nel sedicesimo secolo ha dato un contributo fondamentale alla ripresa della evangelizzazione della Cina, nella ricorrenza del quarto centenario della sua morte. (M.O.)

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    Il cardinale De Giorgi ricorda l'anniversario dell’omicidio di don Puglisi

    ◊   Il 15 settembre di 17 anni fa padre Pino Puglisi veniva ucciso nel degradato quartiere di Palermo, Brancaccio, da un sicario della mafia. Ieri pomeriggio il cardinale Salvatore De Giorgi, arcivescovo emerito di Palermo, ha presieduto in cattedrale la messa in memoria del sacerdote “la cui sacrilega uccisione – ha detto nell’omelia – da parte della disumana e antievangelica struttura di peccato, qual è la mafia - e per il modo con cui è avvenuta e per le motivazioni in odium fidei per le quali è stata eseguita – resta per la Chiesa di Palermo la voce perenne e implacabile del sangue, che invita al coraggio, alla coerenza, alla fortezza, alla santa audacia nell’esercizio del ministero sacerdotale e di ogni altro servizio nella Chiesa e nella società per il trionfo del bene su tutte le aggressioni e le perversioni del male”. Il cardinale De Giorgi, che nel corso della messa ha ricevuto gli auguri della diocesi di Palermo per il suo 80.mo compleanno, ha aggiunto: “Alla vigilia della visita di Benedetto XVI, che a Palermo accoglierà i giovani e le famiglie della Sicilia, a conclusione dei rispettivi convegni regionali, mi pare doveroso ricordare che per padre Puglisi i giovani e la famiglia costituivano il cuore della sua carità pastorale e l’obiettivo centrale della sua missione sacerdotale. Innamorato di Cristo, devoto di Maria, dedito interamente alla Chiesa, appassionato dei giovani, don Pino – ha proseguito il cardinale De Giorgi nell’omelia – per servire la Chiesa e per educare i giovani, ha speso la vita, ha immolato se stesso, condividendo il mistero della sofferenza e dell’obbedienza col quale, come ci ha ricordato nella seconda lettura l’autore della Lettera agli Ebrei, Gesù “divenne causa di salvezza per coloro che gli obbediscono” (Eb 5,9). E proprio ieri, in occasione dell’anniversario dell’omicidio di padre Puglisi, un gruppo di associazioni cattoliche ha lanciato al Papa, che verrà in visita a Palermo il prossimo 3 ottobre, un appello perché il processo vada avanti con il riconoscimento che la figura di don Pino era illuminata dalla fede. “In questa nostra terra di Sicilia – hanno scritto le associazioni nella lettera inviata al Segretario di Stato Vaticano, cardinale Tarcisio Bertone - il riconoscimento ecclesiale di questo martirio ha valore di segno e costituisce una svolta verso una pietà popolare orientata alla esemplarità evangelica”. (Da Palermo, Alessandra Zaffiro)

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    Ad Assisi la sesta edizione del convegno Fratello Sole Madre Terra

    ◊   Le energie rinnovabili e il loro impatto sulla società, l’economia e il mercato del lavoro, sono le tematiche sul tappeto del convegno “Fratello sole Madre terra” che si tiene oggi ad Assisi. L’evento, arrivato alla sua VI edizione, è organizzato dal 2005 dai francescani conventuali per approfondire le tematiche ambientali facendo incontrare la comunità scientifica e la sensibilità del grande pubblico. I lavori – spiega una nota dell’ufficio stampa - sono suddivisi in tre sessioni, scientifica, religiosa e istituzionale. Quella religiosa, in particolare, riprenderà il dibattito cominciato durante la V Giornata per la Salvaguardia del Creato, così come voluto dalla Cei e sarà intitolata “Custodire il creato, per coltivare la pace”; interverranno mons. Domenicao Sorrentino, Vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gulado Tadino, padre Giuseppe Piemontese, Custode del Sacro Convento di Assisi, mons. Vincenzo Paglia, presidente della Conferenza Episcopale Umbra, il delegato del Ministero dell’ambiente, e l’ing. Guido Bortoni, capo del Dipartimento energia del Ministero dello Sviluppo. L’evento sarà inoltre trasmesso su RaiUno, sabato prossimo, 18 settembre alle ore 10.50 in modo da sensibilizzare il grande pubblico alle tematiche affrontate nel corso dei lavori. (M.O.)

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    24 Ore nel Mondo



    Ue e Usa chiedono l'estensione dello stop agli insediamenti israeliani in Cisgiordania

    ◊   Il Consiglio Europeo, riunito oggi a Bruxelles, si è occupato della situazione israelo-palestinese. Il vertice dei capi di Stato e di governo dei 27 ha chiesto un’estensione della moratoria degli insediamenti ebraici in Cisgiordania, in scadenza il 26 settembre prossimo, per consentire un buon esito dei colloqui diretti tra israeliani e palestinesi in corso in questi giorni. Sulla stessa linea anche gli Stati Uniti, principali mediatori in questi negoziati. Su questa fase del processo di pace in Medio Oriente, Giancarlo La Vella ha intervistato Giorgio Bernardelli, esperto dell’area:

    R. - Questo è un negoziato pieno di insidie. E’ un conflitto complesso e pieno di punti che possono creare attriti e tensioni. Io credo che, però, se si passerà questo primo scoglio, questo negoziato durerà parecchio. Non penso che ci saranno ostacoli tali da far saltare tutto all’inizio. Certo, non c'è garanzia del fatto che il negoziato poi porti a un risultato positivo e a una risoluzione del conflitto. Tuttavia credo che si passerà questo scoglio del 26 settembre. La cosa interessante è il modo in cui potrebbe essere superato questo scoglio. Il ragionamento è: se noi definiamo nell’arco di pochi mesi quella che potrebbe essere la mappa di questi due Stati, una volta per tutte, a quel punto un problema come quello della costruzione degli insediamenti non esiste più. Netanyahu non ci ha mai detto quali sono i confini di questo Stato palestinese che lui ha in mente. Se davvero nel giro di tre mesi si arrivasse a questa mappa sarebbe un passo in avanti molto importante.

    D. - Credi che la comunità internazionale imponga dei termini a questi negoziati affinché non vadano troppo in avanti ma per arrivare a una soluzione quanto prima?

    R. - Questo è un negoziato in cui l’amministrazione americana si sta giocando moltissimo e i frutti si vedono anche perché questo negoziato fino a pochi mesi fa era assolutamente impensabile. Io credo che più che sui tempi le pressioni saranno sulla sostanza. Certo l’amministrazione Obama non vuole un negoziato che vada avanti a tempo indeterminato. Poi c’è anche un’urgenza dettata dal fatto che la situazione sul terreno richiede decisioni abbastanza rapide.

    Kashmir
    Proseguono le manifestazioni di protesta nel Kashmir indiano, originate dalla vicenda del rogo del Corano negli Stati Uniti e degenerate in scontri di stampo separatista. Nelle ultime 24 ore la polizia ha ucciso 5 persone, durante le ultime dimostrazioni, mentre l’esercito ha annunciato che domani riprenderanno i collegamenti aerei verso Srinagar, interrotti dopo la chiusura dell'aeroporto.

    Afghanistan
    Le violenze a sfondo anticristiano non hanno risparmiato neanche l’Afghanistan, dove la popolazione ha protestato anche contro le elezioni legislative di dopodomani. Si registra una vittima durante una manifestazione davanti ad una base della Nato nella zona meridionale. I talebani hanno lanciato un nuovo appello al boicottaggio del voto, annunciando attentati contro i seggi. Almeno 8 gli insorti uccisi dalle forze internazionali, mentre diverse operazioni dei ribelli hanno provocato 11 morti.

    Afghanistan-Pakistan
    Afghanistan e Pakistan hanno deciso di rafforzare la collaborazione per eliminare le basi degli estremisti islamici. Ieri ad Islamabad c’è stato un incontro tra il presidente pakistano Zardari e quello Afghano Karzai, il quale ha ricordato l’esistenza di covi utilizzati per l’addestramento di miliziani sia da Al Qaeda che dai Talebani. In questo quadro non si arresta l’offensiva antiterrorismo da parte degli americani, che si concentra sulle zone tribali del Pakistan. Due raid aerei nelle ultime 24 ore contro postazioni degli estremisti hanno provocato almeno 17 vittime.

    Pakistan alluvioni
    451 milioni di dollari in favore del Pakistan devastato dalle inondazioni. E’ il versamento di fondi di emergenza confermato dal Fondo Monetario Internazionale dopo l’impegno annunciato in queste settimane dal direttore Strauss-Kahn. L’istituzione, in una nota, ha spiegato che questi fondi serviranno “a finanziare le importazioni necessarie''.

    Turchia attentato
    Attentato stamattina in Turchia contro un minibus. Almeno 10 persone hanno perso la vita per lo scoppio di un ordigno radiocomandato al passaggio del mezzo. Le forze di sicurezza attribuiscono l’agguato ai ribelli separatisti del Partito del Lavoratori del Kurdistan (Pkk)

    Cambogia
    Quattro ex dirigenti del partito comunista cambogiano dei Khmer rossi sono stati rinviati a giudizio, davanti al tribunale di Phnom Penh istituito dalle Nazioni unite, per genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra. Lo ha indicato la stessa Corte di giustizia.

    Italia Fiat
    In Italia via libera dell'assemblea degli azionisti della Fiat alla scissione del gruppo in Fiat e Fiat Industrial. L’amministratore delegato del Lingotto Marchionne ha difeso l’impegno della casa torinese confermando che nello stabilimento di Pomigliano la produzione della Panda comincerà nel 2011.

    Grecia disoccupazione
    Aumenta la disoccupazione in Grecia. Ha raggiunto il massimo storico nel secondo trimestre del 2010: 11 e 8 per cento a fronte dell’8 e 9 per cento registrato nello stesso periodo dell’anno scorso. Intanto, mentre i camionisti hanno deciso di proseguire la loro protesta contro il progetto di riforma del settore al vaglio del Parlamento, l’esecutivo di Atene ha escluso l’ipotesi di ristrutturare il proprio debito. Il ministro delle Finanze Papaconstantinou ha avvertito che la mossa comporterebbe gravi conseguenze per tutta la zona euro.

    Niger rapimento
    Rapito in Niger un gruppo di 7 persone, tra cui cinque francesi, impiegati nel Paese africano nel settore energetico e delle infrastrutture. E’ successo nella regione di Arlit. Parigi ha confermato la notizia, diffusa dal quotidiano Le Monde. L’atto non è stato ancora rivendicato. Tuttavia le autorità locali temono che sia opera del braccio maghrebino di al Qaeda.

    Guinea elezioni
    Rinviato il secondo turno delle elezioni presidenziali in Guinea, previsto inizialmente per domenica prossima. La decisione della Commissione elettorale nazionale indipendente scaturisce ufficialmente da problemi organizzativi. La situazione nel Paese resta tesa dopo che sono state accertate frodi e irregolarità durante il primo turno. Nei giorni scorsi erano scoppiati disordini, che nella capitale Conakry avevano causato almeno un morto e una sessantina di feriti.

    Spagna-Marocco
    Nuove tensioni tra Spagna e Marocco in seguito all’odierna visita del capo dell’opposizione spagnola, Rajoy, nell’enclave di Melilla, che assieme a Ceuta è rivendicata da Rabat. Il primo ministro marocchino, Abas el Fasi, ha parlato di una “provocazione” mentre attivisti marocchini hanno annunciato azioni di protesta alla frontiera. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 259

    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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