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Sommario del 15/09/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Appello del Papa: dialogo e libertà religiosa contro le violenze in Asia meridionale. Santa Chiara d'Assisi al centro della catechesi
  • Cresce l'attesa per il viaggio di Benedetto XVI nel Regno Unito: intervista con mons. Nichols
  • Rinunce e nomine
  • L'Unesco celebra il centenario della nascita di Madre Teresa di Calcutta: l'intervento di mons. Follo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Attacchi in Afghanistan, Pakistan e India: i timori della comunità cristiana
  • Fame nel mondo: scandalo anche del Terzo millennio
  • Il vescovo di Locri agli uomini della 'ndrangheta: non profanate la Croce di Polsi
  • Dibattito al Parlamento Europeo sulla Caritas in veritate di Benedetto XVI
  • Celebrato il 25.mo anniversario di fondazione della Fraternità Missionaria San Carlo Borromeo
  • Chiesa e Società

  • Cile. Sciopero della fame degli indios mapuches: l'intervento della Chiesa
  • Orissa: la Chiesa denuncia conversioni forzate nei villaggi indù
  • Nuova denuncia: cristiani e indù discriminati nella distribuzione degli aiuti in Pakistan
  • Egitto: forze di sicurezza attaccano il monastero di San Macario
  • Messaggio di Ban Ki-moon per la Giornata mondiale della democrazia
  • Mons. Celli al Congresso dell’Unione cattolica internazionale della stampa in Burkina Faso
  • Celebrata al Santo Sepolcro la festa dell'Esaltazione della Croce
  • Messa per i non udenti nella cattedrale di Kota Kinabalu in Malaysia
  • Al via la missione di Harambee onlus in Camerun
  • Convocato un nuovo convegno sull’integrazione ecclesiale dei migranti
  • Ong cattolica vince il premio Principe delle Asturie
  • Pellegrinaggio dell'Oftal a Lourdes
  • Irlanda: scoperto antico libro di Salmi
  • L’educazione dei giovani al centro del Convegno pastorale della diocesi di Cerreto Sannita
  • Arte e integrazione culturale: il Festival delle Culture Africane a Roma
  • 24 Ore nel Mondo

  • Non si attenuano le polemiche tra Francia e Unione Europea sui rimpatri dei rom
  • Il Papa e la Santa Sede



    Appello del Papa: dialogo e libertà religiosa contro le violenze in Asia meridionale. Santa Chiara d'Assisi al centro della catechesi

    ◊   Benedetto XVI, giunto stamane in elicottero da Castel Gandolfo in Vaticano per l’Udienza generale, si è detto preoccupato per le violenze in diversi Paesi dell’Asia, chiedendo il rispetto della libertà religiosa. L’appello stamane, nell’aula Paolo VI, dopo la catechesi dedicata alla figura di Santa Chiara d’Assisi. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Il pensiero del Papa al termine dell’udienza è corso ai ripetuti episodi di violenza, di cui ci riportano i media in diversi Paesi asiatici.

    “Seguo con preoccupazione gli avvenimenti verificatisi in questi giorni in varie regioni dell’Asia Meridionale, specialmente in India, in Pakistan ed in Afghanistan. Prego per le vittime e chiedo che il rispetto della libertà religiosa e la logica della riconciliazione e della pace prevalgano sull’odio e sulla violenza”.

    Dedicata a Chiara d’Asissi la catechesi di Benedetto XVI, nell’ambito del ciclo riservato alle figure femminili più rilevanti nella Chiesa del Medioevo:

    “La sua testimonianza ci mostra quanto la Chiesa tutta sia debitrice a donne coraggiose e ricche di fede come lei, capaci di dare un decisivo impulso per il rinnovamento della Chiesa”.

    “Una delle sante più amate”, Chiara vissuta nel 1200, - ha ricordato il Papa - di famiglia nobile e aristocratica, a 18 anni, destinata al matrimonio, “con un gesto audace, ispirato dal profondo desiderio di seguire Cristo e dall’ammirazione per Francesco”, suo contemporaneo, lascia la casa paterna, e con l’amica Bona di Guelfuccio raggiunge segretamente i frati minori alla Porziuncola, e da lì a breve si trasferisce nella chiesa di San Damiano, dove in un piccolo convento, resta per oltre 40 anni fino alla morte, nel 1253, praticando “in modo eroico le virtù che dovrebbero contraddistinguere ogni cristiano”, ha raccomandato il Santo Padre: ovvero “l’umiltà, lo spirito di pietà e di penitenza, la carità”:

    “Pur essendo la superiora, ella voleva servire in prima persona le suore malate, assoggettandosi anche a compiti umilissimi: la carità, infatti, supera ogni resistenza e chi ama compie ogni sacrificio con letizia”.

    Canonizzata da Alessandro VI, solo dopo due anni dalla morte, Chiara è stata – ha sottolineato Benedetto XVI – la prima donna nella storia della Chiesa che abbia composto una Regola scritta “perché il carisma di Francesco - “non solo un maestro” “ma anche un amico fraterno” – fosse conservato in tutte le comunità femminili ispirate all’esempio dei due santi di Assisi, che seppero trarre “dalla reciproca amicizia uno stimolo fortissimo per percorrere la via della perfezione.”

    “Cari amici: sono i santi coloro che cambiano il mondo in meglio, lo trasformano in modo duraturo, immettendo le energie che solo l’amore ispirato dal Vangelo può suscitare. I santi sono i grandi benefattori dell’umanità"!

    Tra i fedeli raccolti nell’Aula Paolo VI, i partecipanti a due pellegrinaggi dall’Iran e dalla Guinea, oltre agli esponenti dell’Associazione nazionale dei Bersaglieri. Nei saluti finali Benedetto XVI ha raccomandato l’esempio della Beata Vergine Maria Addolorata - di cui ricorre oggi la memoria - che "con fede sostò presso la croce di suo Figlio".

    Cari giovani, non abbiate paura di restare anche voi come Maria presso la Croce. Il Signore vi infonderà il coraggio di superare ogni ostacolo nella vostra quotidiana esistenza. E voi, cari ammalati, possiate trovare in Maria conforto e sostegno per apprendere dal Signore Crocifisso il valore salvifico della sofferenza. Voi, cari sposi novelli, rivolgetevi con fiducia nei momenti di difficoltà alla Vergine Addolorata, che vi aiuterà ad affrontarli con la sua materna intercessione”.

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    Cresce l'attesa per il viaggio di Benedetto XVI nel Regno Unito: intervista con mons. Nichols

    ◊   Benedetto XVI sarà domani mattina ad Edimburgo, prima tappa del viaggio apostolico nel Regno Unito, 17.mo viaggio internazionale del suo Pontificato. La visita di quattro giorni culminerà, domenica prossima, nella Beatificazione del cardinale Newman a Birmingham. Il Pontefice visiterà anche Glasgow e Londra, dove avrà incontri di carattere ecumenico e rivolgerà un grande discorso alla società civile, a Westminster Hall. Sul clima della vigilia di questo viaggio, ascoltiamo il nostro inviato a Londra, Alessandro Gisotti:

    “God is back”,“Dio è tornato”: il titolo di un famoso libro-inchiesta di qualche tempo fa sembra descrivere bene il clima che si respira in Gran Bretagna alla vigilia dell’arrivo di Benedetto XVI. Il viaggio apostolico è stato, infatti, preceduto in questi giorni da un vivace dibattito sui media sul ruolo della fede nella vita pubblica, come non avveniva da tempo. Un confronto animato a volte da uno spirito critico e perfino antagonista nei confronti della religione, e tuttavia mai indifferente. Con l’avvicinarsi della data del viaggio, poi, sono diventate più numerose e più forti le voci di chi mette l’accento sulle possibili sinergie tra laici e credenti, tra Santa Sede e governo britannico: dallo sviluppo all’educazione, dal disarmo alla difesa dell’ambiente. Una sinergia evocata anche dal premier Cameron in un video messaggio di benvenuto al Papa, pubblicato ieri sul sito Internet di Downing Street.

    Grandi sono dunque le attese per questo viaggio apostolico, che in molti già definiscono storico, ad una generazione di distanza dalla visita di Giovanni Paolo II, nel 1982. Storici, nonché fortemente simbolici, saranno molti dei momenti di questo viaggio. Evento che ha pure rango di visita di Stato a motivo dell’invito da parte della Regina Elisabetta, che domani mattina riceverà il Pontefice al Palazzo di Holyrood house di Edimburgo. Il viaggio inizia dunque dalla Scozia, in un giorno di festa: domani si celebra, infatti, la memoria di San Niniano, evangelizzatore degli scozzesi ai quali il Papa si rivolgerà nella grande Messa al Bellahouston Park di Glasgow. Quindi, nella tappa londinese, il viaggio assumerà molteplici dimensioni. Innanzitutto pastorale, con la Messa alla Cattedrale di Westminster; ecumenica con la visita all’arcivescovo di Canterbury al Lambeth Palace e la celebrazione dei Vespri a Westminister Abbey. E, ancora, culturale con il discorso alla St. Mary University di Twickenham.

    Memorabile, anche come immagine, sarà poi il discorso che Benedetto XVI rivolgerà alla società civile a Westminister Hall, cuore istituzionale del Regno Unito. Discorso, ha affermato nei giorni scorsi padre Federico Lombardi, in cui il Papa proporrà il volto di una Chiesa amica che vuole dare il suo contributo al mondo di oggi, partendo dalla propria fede. Il Papa parlerà al cuore degli inglesi, come suggerisce il motto di questo viaggio, “Cor ad Cor loquitur”, “il cuore parla al cuore”, che sabato sera verrà anche proiettato, con un gioco di luci, su alcuni edifici simbolo di Londra. E’ il motto del cardinale John Henry Newman, il grande pastore, teologo e letterato inglese del XIX secolo, che il Papa eleverà all’onore degli altari. A lui, oltre alla Beatificazione nel Cofton Park di Birmingham, domenica prossima, è dedicata anche una Veglia di preghiera ad Hyde Park sabato sera. Per una volta, i riflettori del parco londinese non si accenderanno per un concerto, ma per illuminare una moltitudine di fedeli, tantissimi i giovani, che assieme al Papa daranno vita ad una sorta di Gmg inglese.

    Ultimo atto della intensa visita, l’incontro di Benedetto XVI con i vescovi d’Inghilterra e Galles. Particolarmente significativa la cornice dell’incontro: l’Oscott College di Birmingham dove, nel 1852, si tenne il primo Sinodo dopo la restaurazione della gerarchia cattolica. In tale occasione, il cardinale Newman pronunciò un’omelia divenuta celebre con il titolo di “Seconda primavera”. Una primavera di fede che ora si rinnova con il viaggio apostolico di Benedetto XVI.

    Pastorale, ecumenica, istituzionale e culturale: sono tante le dimensioni di questo viaggio apostolico di Benedetto XVI nel Regno Unito. Una visita che si differenzia in modo sostanziale da quella di Giovanni Paolo II in terra britannica nel 1982. E’ quanto sottolinea l’arcivescovo di Westminster, mons. Vincent Nichols, presidente della Conferenza episcopale d’Inghilterra e Galles, intervistato da Alessandro Gisotti:

    R. – C’è una grande differenza tra questi due viaggi, perché Giovanni Paolo II era venuto su invito della comunità cattolica. Il Papa aveva celebrato i Sacramenti della Chiesa con la comunità cattolica e il resto della società inglese aveva assistito come spettatrice all’evento, anche se, certo, c’era curiosità tra la gente. In questo caso invece il Papa è stato invitato dalla Regina e dal governo britannico a visitare il Paese nel suo insieme. Certo, il Papa visiterà la comunità cattolica, ma si tratta di una visita di Stato che è una cosa ben diversa. Per cui il pubblico adesso è l’intera società britannica e questa particolare forma della visita ha dettato l’agenda degli eventi che avranno luogo e che culmineranno nella Beatificazione del cardinale Newman.

    D. – Il motto della visita è “Cor ad cor Loquitur”, “The Heart speaks unto the Heart”. Pensa che Papa Benedetto sarà capace di parlare al cuore di una società secolarizzata come quella britannica?

    R. – Penso che non dobbiamo dare per scontata l’idea che tutti in questo Paese abbiano una mentalità secolarizzata. A mio avviso questo non è vero. Lo è per le istituzioni, come ad esempio i media, ma la vita della gente è molto aperta alla realtà di Dio e ci sono numerosissime espressioni di religiosità in questo Paese. Nella vita della gente comune non è assente una sensibilità alle cose di Dio. Penso che Benedetto XVI parlerà a questa realtà e che i media lo capiranno, perché la gente seguirà quanto sta facendo in televisione o partecipando direttamente ai vari eventi. L’impatto sarà dunque diretto e non letto attraverso le lenti dei media. Quindi, ritengo che sia un’opportunità e che ci sia una certa ricettività nella società inglese alle parole del Papa. Bisogna poi ricordare che il motto di questa visita è tratto dagli scritti di San Francesco di Sales, che è il Patrono dei media. Quindi prego San Francesco di Sales (io sono stato ordinato nel giorno della sua festa) che attraverso la sua intercessione si arrivi a un’intesa comune tra il Papa, il pubblico, il popolo inglese e anche i media.

    D. – Lo scorso febbraio, durante la vostra visita ad limina, il Papa vi disse che la Chiesa ha diritto ad avere un ruolo nell’arena pubblica. Come rispondete a questa sfida?

    R. – Penso che ci sia un tema di fondo nella visita del Papa che ho cercato di spiegare alla gente e che è il seguente: la sua intenzione, la sua missione è di fare capire che la fede in Dio non è un problema da risolvere, ma un dono da riscoprire. Questo significa che la fede in Dio è un dono da riscoprire per la nostra vita pubblica, civile, per la nostra vita insieme in questa società. A mio avviso c’è una nuova apertura al contributo che la Chiesa e le comunità religiose possono dare al bene comune in questo Paese e noto con interesse che questo nuovo governo ha già proposto un’idea di collaborazione con le comunità di fede per il bene della società che è più positiva e aperta di quanto non lo fosse qualche anno fa.

    D. – Questa visita ha una significativa dimensione ecumenica. Pensa che sarà proficua per i rapporti con la Comunione Anglicana?

    R. – I rapporti tra la Comunione Anglicana e la Chiesa cattolica sono abbastanza delicati in questo momento. Penso quindi che la visita di Benedetto XVI al Lambeth Palace per incontrare personalmente l’arcivescovo di Canterbury sarà un momento molto importante e proficuo. In quella stessa occasione ci sarà un incontro dei vescovi più importanti della Comunione Anglicana nel Regno Unito con i vescovi cattolici, che segue una serie di incontri precedenti che continuiamo ad avere insieme. Quindi ritengo che questa visita, e in particolare il tempo passato al Lambeth Palace, ci aiuterà molto nella prossima fase dei nostri rapporti ecumenici. C’è poi un momento importante con la più vasta famiglia cristiana di questo Paese nell’Abbazia di Westminster, dove, mettendo da parte le loro divisioni storiche, i fedeli di tutte le comunità cristiane si riuniranno per pregare con il Santo Padre e l’arcivescovo di Canterbury sulla tomba di Sant’Edoardo il Confessore, uno dei grandi sovrani inglesi proclamato Santo della Chiesa. Un’occasione per risalire alle comuni radici culturali e religiose che tanto hanno contribuito a formare la Gran Bretagna di oggi.

    D. – Può spiegarci l’importanza della Beatificazione del cardinale Newman per la Chiesa e la società del Regno Unito?

    R. – La Beatificazione del cardinale Newman è per molti versi il momento culminante di questa visita a cui ci stiamo preparando con grande attenzione. Sarà un momento veramente memorabile. È importante, perché il cardinale Newman aveva una straordinaria capacità di intravedere quello che sarebbe accaduto in futuro. Aveva previsto l’esperienza di un contesto in cui il cristianesimo non avrebbe avuto rilevanza pubblica. Inoltre, aveva capito che ci sarebbe stato un tempo in cui la Chiesa sarebbe stata indebolita dalla condotta di pochi suoi membri, in cui la sua reputazione sarebbe stata alla mercé del comportamento sbagliato e scandaloso di alcuni. Quindi, il cardinale Newman fu molto perspicace e preveggente, ma sapeva anche che l’esperienza della fede per l’individuo, come per la Chiesa, era qualcosa che doveva essere vissuta come un viaggio. Era convinto che come Chiesa e come singoli discepoli dobbiamo vivere l’esperienza del tempo, confidando nella costante presenza di Dio e cercando la verità. Nella sua vita e nella sua teologia ha avuto un occhio moderno e ha parlato con chiarezza. Quindi è una personalità che ha una immensa importanza nella scena culturale inglese come poeta, come uomo di lettere e come educatore. Tutte queste dimensioni si ritrovano in altri momenti della visita e trovano la loro sintesi nella Beatificazione del cardinale Newman a Cofton Park, a Birmingham, a conclusione della visita del Santo Padre.

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    Rinunce e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Kalemie-Kirungu (Repubblica Democratica del Congo), presentata da mons. Dominique Kimpinde, per raggiunti limiti di età.

    Il Papa ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare dell’arcidiocesi di São Luís do Maranhão (Brasile), presentata da mons. Geraldo Dantas de Andrade, per raggiunti limiti di età.

    Il Santo Padre ha elevato alla dignità episcopale, assegnandogli la sede titolare vescovile di Tapso, mons. Ignacio Carrasco de Paula, della Prelatura Personale dell’Opus Dei, presidente della Pontificia Accademia per la Vita.

    Il Papa ha elevato alla dignità episcopale, assegnandogli la sede titolare vescovile di Eraclea, don Enrico dal Covolo, salesiano, rettore magnifico della Pontificia Università Lateranense.

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    L'Unesco celebra il centenario della nascita di Madre Teresa di Calcutta: l'intervento di mons. Follo

    ◊   Una vita sotto il segno dell’amore di Cristo, dell’amore nella verità: così mons. Francesco Follo ha ricordato ieri Madre Teresa di Calcutta. L’Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Unesco è intervenuto a Parigi, al Convegno organizzato da questa agenzia dell'Onu e dalla delegazione permanente dell’India per celebrare il centenario della nascita della religiosa, fondatrice delle Missionarie della Carità, nata il 26 agosto 1910. Ce ne parla Isabella Piro:

    “Madre Teresa di Calcutta: la carità oltre i confini, forma di giustizia, pilastro della società”: il titolo dell’intervento di mons. Follo tratteggia già in poche parole l’essenza della vita della religiosa, premio Nobel per la pace nel 1979 e beata nel 2003. “La vita di Madre Teresa – ricorda mons. Follo - si è svolta interamente sotto il segno dell’amore di Cristo”, ovvero della carità. Quella carità, continua il presule, che rappresenta “il più grande comandamento sociale”, “la forma della giustizia”, “la sola capace di costruire una civiltà dell’amore”. Come Madre Teresa, gli uomini di oggi, credenti o non credenti, devono essere ispirati dalla carità per assumersi le proprie responsabilità in campo sociale, promuovendo la dignità di ogni persona. Ma attenzione, avverte mons. Follo, Madre Teresa non voleva offrire modelli di vita sociale o politica: semplicemente, rispondeva alla sete di Cristo e, attraverso l’amore, donava la vita per innalzare l’uomo, soprattutto il più povero tra i poveri.

    Citando poi la Caritas in Veritate, terza Enciclica di Benedetto XVI, l’Osservatore della Santa Sede presso l’Unesco ribadisce: “L’amore nella verità è stato il principio basilare della vita e dell’azione di Madre Teresa”, “vera forza trainante dello sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera”, ‘motore’ che spinge le persone “ad impegnarsi con coraggio e generosità nel campo della giustizia e della pace”, principio di ogni relazione personale, con Dio e con il prossimo.

    E ancora, mons. Follo ricorda una caratteristica essenziale di Madre Teresa: la sua felicità. Per lei, la gioia era una preghiera, un segno di generosità, un atto di amicizia con Cristo. Grazie a questa gioia, l’amore diventa dono di Dio, obbedienza ad un atto generoso, gesto redentore che salva il prossimo.

    Infine, da ricordare che dopo l’intervento di mons. Follo, l’omaggio dell’Unesco a Madre Teresa è proseguito con la proiezione di un documentario e l’esposizione di una mostra fotografica sulla vita e l’opera della Beata, intitolata “Mother Teresa: Life and Message”, visitabile presso la sede dell’UNESCO fino al 30 settembre.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La Chiesa deve molto alle donne: alla vigilia del viaggio nel Regno Unito il Papa dedica l’udienza generale a Chiara d'Assisi.

    Documenti rinvenuti nell’Archivio Segreto Vaticano gettano una nuova luce sugli ordini impartiti da Pio IX prima e durante i combattimenti del 20 settembre 1870: in cultura, un contributo di Sergio Pagano, il brano tratto da “Pio IX e il Risorgimento italiano” (opera inedita di don Giuseppe Clementi e del conte Edoardo Soderini), un articolo di Nello Vian sulla doppia versione della lettera scritta dal Pontefice al generale Kanzler, (pubblicato su “L’Osservatore della Domenica” del 5 febbraio 1978).

    Nell’informazione internazionale, intervista di Alessandro Trentin al ministro pakistano per le minoranze.

    Pierluigi Natalia sul servizio postale nel mondo al tempo della globalizzazione.

    Il ruolo dei media nella promozione del dialogo interculturale: nell’informazione religiosa, Marco Bellizi inviato all'incontro organizzato in Macedonia dal Consiglio d’Europa.

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    Oggi in Primo Piano



    Attacchi in Afghanistan, Pakistan e India: i timori della comunità cristiana

    ◊   Nel suo appello di oggi per il rispetto della libertà religiosa e contro ogni logica di violenza, Benedetto XVI ha nominato l’Asia meridionale e in particolare l’India, il Pakistan e l’Afghanistan. Del filo rosso che lega questi Paesi nella cronaca di questi giorni ci parla nel servizio Fausta Speranza:

    Manifestazioni di piazza con morti: è la cronaca che accomuna oggi Afghanistan e Kashmir. E comune è il pretesto della violenza: la rabbia per la folle provocazione del pastore protestante statunitense Jones di bruciare il corano. A Mendhar, un villaggio a predominanza musulmana nello Stato indiano di Jammu e Kashmir sono quattro i dimostranti separatisti musulmani uccisi dalla polizia e una ventina i feriti. Gli scontri sono avvenuti nel corso di cortei carichi di tensione. Sfidando il coprifuoco in vigore in tutta la regione, i manifestanti hanno attaccato edifici governativi e si sono mossi con slogan violenti verso una scuola cristiana. Cortei in strada anche nei pressi del capoluogo Srinagar e in altre due aree. Il primo ministro indiano Singh promette dialogo e chiede la cessazione delle violenze. E, come dicevamo, la rabbia contro il pastore Jones si ritrova nelle strade di Kabul: in migliaia sono scesi a manifestare e una persona è rimasta uccisa. “Morte all'America'', ''morte ai cristiani'', ''morte a Karzai'' sono stati gli slogan più ripetuti. E si sono viste bandiere talebane. Bloccato l'accesso alle strade principali in direzione sud. Il tutto a tre giorni dalle elezioni parlamentari, che i talebani hanno minacciato di boicottare, e dopo un weekend di proteste in cui sono rimaste uccise tre persone. Da tempo, in Afghanistan il terrorismo fondamentalista non dà tregua e da tempo in Kashmir le violenze di stampo religioso si intrecciano con le violenze dei separatisti. Così come, nel vicino Pakistan, l’estremismo islamico fondamentalista sta cercando di prendere il potere: il braccio di ferro con le forme armate di Islamabad e con le forze di sostegno USA prosegue con attacchi giornalieri: nelle ultime 24 ore sono 27 i presunti militanti islamici estremisti uccisi nella regione tribale pashtun a ridosso del confine afghano. In tutte queste sofferenti zone dell’Asia meridionale certo non si sentiva la mancanza della irresponsabile e insensata provocazione del pastore protestante, alla quale però hanno fatto seguito condanne significative da voci autorevoli della comunità internazionale: dalla Santa Sede al presidente USA Obama. Nell’appello di oggi per l’Asia meridionale il Papa ha chiesto che la logica della riconciliazione e della pace prevalga sull’odio e la violenza. per capire l’importanza di questo appello, abbiamo raggiunto telefonicamente padre Joseph Babu, portavoce della Conferenza episcopale dell'India:

    R. – I think the Pope certainly pointed out...
    Penso che il Papa certamente abbia portato all’attenzione qualcosa di molto importante e significativo, per quanto riguarda quello che sta succedendo nel Sud dell’Asia, in particolare per quello che riguarda la libertà religiosa di alcune parti della società. Ci sono stati ripetuti attacchi alle minoranze religiose in questi Paesi e questo sta suscitando grande preoccupazione, non solo in questi Paesi, ma anche in altri Paesi. Credo che il Papa abbia fatto riferimento a questi incidenti, al modo in cui la libertà religiosa di alcuni gruppi non è stata sufficientemente onorata e rispettata. Ecco perché ci sono stati sollevamenti di masse e disordini pubblici. Penso che in ogni società moderna ognuno sia libero di seguire la propria coscienza, il proprio modo di pensare e le proprie pratiche religiose. Penso che un modo di vivere civilizzato richieda mutuo rispetto da parte di ciascun credo religioso, pratiche, abitudini sociali e così via. Penso che tutto questo abbia subito un declino progressivo in alcune società del sud dell’Asia. Questo rappresenta preoccupazione per il mondo intero e suppongo che il Papa si sia rivolto al mondo intero mentre giustamente ha stigmatizzato alcuni di questi sviluppi incivili nel sud dell’Asia.

    D. – Pensa che la religione sia utilizzata per altri propositi, per motivi politici?

    R. – I think that is what is being manifested ...
    Penso che questo sia quello che appare in molti di questi casi, dove si è abusato della religione per propositi diversi da quelli che dovrebbe avere. La religione è e deve essere un “mezzo” per unire le persone, per portare maggiore coesione, armonia e pace nella società. Ma quando viene politicizzata, quando viene usata per fini politici, quello che ne risulta è la divisione e la polarizzazione sociale e quindi la conseguente violenza e distruzione della vita e delle proprietà, cui abbiamo potuto assistere negli ultimi decenni in questa parte del mondo. Quando c’è un’empia mescolanza tra politica e religione, le conseguenze possono essere molto, molto imprevedibili: quando il sentimento religioso della gente si infiamma e viene strumentalizzato per scopi politici, ci può essere un guadagno a breve termine nella politica stessa …

    D. – In particolare per il Kashmir, quali sono le sue preoccupazioni e le sue speranze?

    R. – In Kashmir, we witnessed ...
    Nel Kashmir abbiamo assistito a due infelici incidenti negli ultimi giorni, quando alcuni musulmani hanno attaccato e bruciato due scuole cristiane. Queste scuole erano state realizzate per le necessità della popolazione locale, soprattutto per la comunità musulmana: infatti, il 95 per cento dei bambini in questa scuola erano bambini musulmani ed è stato molto triste assistere a tutto questo. E’ stata la prima volta che questo è accaduto nell’area del Kashmir, che finora è sempre stata un’area relativamente pacifica in termini di armonia religiosa tra musulmani e cristiani. La Chiesa ha più di 100 anni e tutte le sue istituzioni hanno sempre provveduto alle necessità della gente della zona; per questo siamo un po’ preoccupati e ci chiediamo il perché di questo cambiato atteggiamento nei riguardi delle organizzazioni e delle istituzioni della Chiesa. Questo è un grande motivo di preoccupazione per noi.

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    Fame nel mondo: scandalo anche del Terzo millennio

    ◊   “La fame resta lo scandalo e la tragedia di più vaste proporzioni al mondo”. È l’allarme lanciato ieri dal direttore generale della Fao, Jacques Diouf, che ha presentato un’anticipazione dell’ultimo rapporto dell’agenzia Onu sullo stato dell’insicurezza alimentare. Secondo il documento, sono 925 milioni le persone che soffrono la fame cronica nel mondo, nonostante nel 2010 ci sia stato un calo rispetto allo scorso anno pari a 98 milioni. Per un commento su questi, Linda Giannattasio ha intervistato Luca Russo, economista Fao ed esperto di sicurezza alimentare:

    R. – C’è sicuramente da registrare un progresso rispetto ad un anno fa, dove il numero di affamati aveva superato il miliardo. Quest’anno, appunto, le stime sono sui 925 milioni. Sono allarmanti se si pensa, come dice il nostro direttore generale, che ogni sei secondi nel mondo un bambino muore per cause legate alla malnutrizione. I numeri sono allarmanti. C’è un miglioramento, ma siamo ben lontani dal raggiungere quelli che sono gli obiettivi del Millennio.

    D. – Le stime sembrano allontanare sempre di più il raggiungimento di quegli obiettivi internazionali, posti dall’Onu. Siamo anche alla vigilia del vertice delle Nazioni Unite su questo tema...

    R. – Nel 1990-92, globalmente, circa il 20 per cento delle persone si considerava soffrissero di problemi legati alla fame. Attualmente siamo al 16 per cento. Quindi, non siamo arrivati al 10 per cento, che era l’obiettivo prefissato. E’ abbastanza difficile che si possa arrivare entro il 2015. Detto questo è anche vero che in molti Paesi questi obiettivi sono già stati raggiunti. E questo, secondo me, dovrebbe essere un po’ la base di partenza per vedere la cosa in positivo. Vuol dire che la fame si può combattere.

    D. – Qual è la chiave nei Paesi in cui questi obiettivi sono stati raggiunti?

    R. – Un primo fattore importante sono le politiche redistributive all’interno di un Paese: più ci sono grosse differenze di tipo economico in un Paese, più è alto il numero degli affamati. L’altra cosa sono gli investimenti, investimenti soprattutto nel settore agricolo. I Paesi, per esempio, africani, che hanno ottenuto degli ottimi risultati, come il Mali, il Ghana, e così via, sono Paesi che sono conosciuti per avere investito soprattutto nel settore agricolo una cifra importante del denaro pubblico.

    D. – Il fatto che ci sia ancora quasi un miliardo di persone che soffre la fame nel mondo – si legge nel Rapporto – nonostante la crisi economica sia in fase di superamento, rivela un problema di tipo strutturale di fondo...

    R. – Ogni volta che c’è una crisi, la crisi passa e c’è un cosiddetto miglioramento, però si è sempre a livelli che sono più alti di quanto erano alcuni anni fa. Per esempio adesso siamo scesi a 925 milioni, che potrebbe sembrare un miglioramento, ma fino a qualche anno fa si parlava di circa 800 milioni. Quindi, i problemi strutturali rimangono e sono enormi e richiedono degli sforzi a tutti i livelli: sia a livello internazionale che a livello di Paesi. A livello internazionale comunque servirebbe che la comunità internazionale si impegnasse sul lungo periodo e non soltanto durante eventi speciali, perché si tratta di problemi strutturali che non possono essere risolti con un’ottica emergenziale, e poi, da parte dei donatori, di impegni seri. Molto spesso vengono dichiarate delle cifre, degli impegni economici, che poi non vengono rispettati o alcuni di questi impegni, in realtà, sono vecchi impegni presentati sotto una nuova etichetta.

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    Il vescovo di Locri agli uomini della 'ndrangheta: non profanate la Croce di Polsi

    ◊   “Non profanate la Croce di Polsi aderendo ad associazioni che hanno alla loro base solo il crimine o il malaffare”. E’ l’appello del vescovo di Locri, mons. Giuseppe Fiorini Morosini, lanciato nel corso della sua omelia per la Festa della Croce, che si è celebrata ieri in occasione della festa della Madonna della Montagna nel Santuario di Polsi, nella Locride, in Calabria. La ricorrenza coinvolge anche affiliati della ‘ndrangheta, che proprio in quei luoghi lo scorso anno tennero un summit per definire i vertici dell’organizzazione. In merito Federico Piana ha raccolto la riflessione dello stesso mons. Fiorini Morosini:

    R. - Il nostro problema grave qui in Calabria e anche nella Locride è quello di affrontare la rottura tra la fede e la vita. Sapere che diamo tanti Sacramenti senza poi un risvolto concreto nella vita, sapere che tante devozioni e tanti segni religiosi seguiti da una folla straordinaria, poi, non hanno una ripercussione nelle scelte di vita di ogni giorno, questo è il problema gravissimo che come chiesa diocesana noi stiamo cercando di affrontare.

    D. - Come mai, secondo lei, la ’ndrangheta vive questo strano rapporto con la fede?

    R. - Il problema sono le convinzioni che soggettivamente hanno le persone. Quando si ha a che fare con le convinzioni delle persone è chiaro che un discorso di recupero diventa estremamente difficile. Io, tante volte, parlando con i sacerdoti della diocesi ripeto che è più facile fare la prima evangelizzazione, piuttosto che recuperare al Vangelo forme, ormai, solo esteriormente religiose, perché tante volte c’è la convinzione tenace, forte, che loro sono dalla parte del giusto e questo costituisce un gravissimo problema pastorale per noi.

    D. - Lei ha fatto un appello alla conversione ... cosa si può sperare?

    R. - La speranza c’è in tutti, il Signore può fare anche miracoli, però se ragioniamo nei termini umani di cammino, di recupero, il cammino è possibile ma sarà lunghissimo, troppo lungo, perché qui si tratta di cambiare modi di pensare la vita, modi di gestire il senso delle scelte di vita, ancora prima delle scelte religiose. E’ il prototipo di uomo che sta davanti agli occhi che bisogna cambiare e per far questo ci vogliono generazioni.

    D. - Lei recentemente ha detto: i calabresi devono trovare la forza di denunciare, cosa che tante volte non avviene, per paura… Perché, secondo lei, non si ha il coraggio di denunciare?

    R. - Bisogna dire che le istituzioni devono stare accanto alle persone che denunciano e spesso questo non avviene. Abbiamo dei magistrati che stanno parlando con estrema chiarezza: la sicurezza della pena, la gravità e la severità della pena che manca. Perché, chi se la sente di denunciare uno e poi vederlo fuori dopo alcuni anni? Non possiamo pretendere l’eroismo dalla gente. Se, invece, la denuncia di un’estorsione comporta, come dice qualche magistrato, una pena certa e alta, allora, io mi sento più incoraggiato a denunciare. E’ un discorso difficile, che lo Stato dovrebbe esaminare e prendere in considerazione, altrimenti non possiamo dire alla gente di denunciare, sapendo di esporla a ritorsioni.

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    Dibattito al Parlamento Europeo sulla Caritas in veritate di Benedetto XVI

    ◊   L’Enciclica del Papa discussa al Parlamento Europeo. E’ quanto è accaduto ieri. A Bruxelles, infatti, si è svolta la conferenza, organizzata dal Gruppo Popolare Europeo, dal titolo “Caritas in veritate, dalla prospettiva della Politica, dell'Economia e della Teologia”. Fausta Speranza ha chiesto a Mario Mauro, capogruppo del Pdl a Strasburgo, che cosa sia emerso dal dibattito:

    R. – Innanzitutto è emerso che la “Caritas in veritate” è un’enciclica politica. Mi spiego: l’incipit della “Caritas in veritate” recita che la carità nella verità è un formidabile strumento di promozione della persona umana. Dunque, se teniamo a mente quanto diceva nella “Populorum Progressio” Paolo VI, e cioè che la politica è la più alta forma di carità, potremmo leggere l’Enciclica in questa particolare chiave, e cioè: la politica nella verità è uno strumento formidabile di promozione della persona umana. E dico questo perché non c’è pagina dell’Enciclica che, in qualche modo, non sia un giudizio su come facciamo politica e su come il fare politica possa tramutarsi nello strumento più adeguato per la realizzazione del bene comune.

    D. – Se, dunque, la carità cristiana non si qualifica come un atteggiamento sentimentale ma come una proposta di umanizzazione delle relazioni sociali, diventa evidente che lo sviluppo o è umano o non è sviluppo: è così?

    R. – Questo non solo è vero, ma è drammaticamente vero. Faccio degli esempi, perché è bene entrare nel concreto. E’ vero che abbiamo fatto una riflessione antropologica e filosofica, ma ne abbiamo fatta anche una economica e sociale. E proprio per essere concreti, val la pena ricordare che tra i grandi pericoli che minacciano l’uomo contemporaneo un formidabile attacco in chiave sia antropologica che sociale ed economica viene alla persona umana dal relativismo. E’ qualcosa che considero al pari dei fondamentalismi ideologici, cioè di quelle ideologie che nel Novecento hanno preso la forma di mostruosità fatte in nome del popolo (penso ai comunismi e ai fascismi e ai nazismi) e che, sul finire del secolo, si sono ammantate di tensione religiosa (penso al fondamentalismo islamico che prende Dio come pretesto per un progetto di potere ma anche penso alla tecno-scienza, in cui è l’uomo che si fa Dio per dettare la propria legge alla realtà). Tornando al relativismo, voglio spiegare che non intendo che l’atteggiamento razionale del relativizzare rappresenti un pericolo tout-court per l’uomo ma è pericoloso quello che accade quando il relativismo diventa ideologia. I numeri del relativismo sono impressionanti: un aborto ogni 27 secondi nella nostra società europea; 10 milioni di divorzi che pesano su 15 milioni di figli e una popolazione oltremodo vecchia che fa sì che un Paese solo come la Turchia, o come l’Egitto, abbia più della metà dei giovani dell’Unione Europea… Questi sono i numeri del relativismo, cioè di una concezione in cui si è persa la speranza di costruire: non c’è nulla per cui valga la pena vivere, non c’è una verità per cui impegnarsi e questo ha come conseguenza che ad una generazione mancano le ragioni per metter su casa, metter su famiglia, mettere al mondo dei figli … La società si irrigidisce e declina, e questo è forse il giudizio più importante che sentiamo venire dall’Enciclica.

    D. – Onorevole Mario Mauro, che significa portare un’Enciclica del Papa nell’emiciclo del Parlamento europeo?

    R. – Significa sfidare, appunto, una mentalità invecchiata in cui si è fatta moda e mentalità dominante una concezione del potere che pensa di poter fare a meno dell’uomo. Io credo che questa iniziativa abbia dato a noi molto coraggio: ci siamo accorti che le cose di cui parla il Papa sono le cose di cui non solo in astratto il mondo contemporaneo ha bisogno, ma di cui hanno bisogno anche le nostre istituzioni che – non dimentichiamolo – sono nate per un patto che vuole garantire pace e sviluppo. Allora, chi nasce con questa origine non può non riconoscere nelle parole del Papa una proposta onesta e imponente di un percorso di bene per l’umanità intera.

    D. – In particolare che cosa significa aver letto la “Caritas in veritate” nell’Anno europeo contro la povertà? Dal punto di vista concreto, significa un impulso in più?

    R. – Certo, perché la nostra strategia sulla povertà è una strategia di sviluppo che passa attraverso non semplicemente un’iniziativa di condivisione di risorse maggiori che vengono dai Paesi più ricchi, ma passa attraverso la promozione della persona. E’ la persona che diventa protagonista: del proprio tempo, del proprio Paese che magari è martoriato dalle difficoltà economiche ma in cui, grazie all’educazione in cui la fede ha un ruolo rilevante, c’è la forza di affrontare i problemi e di venirne a capo.

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    Celebrato il 25.mo anniversario di fondazione della Fraternità Missionaria San Carlo Borromeo

    ◊   Ieri, 14 settembre, Festa dell'Esaltazione della Santa Croce, è stato celebrato a Roma il 25.mo anniversario di fondazione della Fraternità Missionaria San Carlo Borromeo, nata sul carisma di don Luigi Giussani, fondatore del movimento di Comunione e Liberazione. Il servizio di Rosario Tronnolone:

    “Una passione per la gloria di Cristo e la vita come testimonianza di tale passione”. In questa frase di don Giussani, don Massimo Camisasca vede racchiuso tutto l’intendimento della Fraternità Missionaria San Carlo Borromeo, da lui fondata il 14 settembre del 1985. In occasione del 25.mo anniversario di fondazione della Fraternità, don Massimo ha celebrato una Messa presso la parrocchia di Santa Maria in Domnica alla Navicella, a Roma, e ha detto, nell’omelia:

    “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito. Se vogliamo capire qualcosa di questi 25 anni, dobbiamo sprofondare il nostro sguardo e il nostro cuore in questo mistero per cui Dio dona il Suo Figlio unigenito affinché gli uomini siano salvi. Se non entriamo in questa esperienza del dono che Dio fa del Figlio per noi, non abbiamo le chiavi per entrare nelle ragioni di questa nostra comunità. Essa nasce innanzitutto come misericordia di Dio per la nostra vita. È un raggio della croce”.

    La Fraternità, riconosciuta da Giovanni Paolo II nel 1999, conta oggi 104 membri definitivi che conducono vita comune ed è presente con più di venti missioni in Europa, Asia, Africa e America. Fedele al carisma originario di don Luigi Giussani, fondatore del movimento di Comunione e Liberazione, la Fraternità San Carlo Borromeo ha come fine l’evangelizzazione e l’educazione alla fede attraverso l’esercizio del ministero sacerdotale. Ascoltiamo ancora don Massimo Camisasca:

    “La Fraternità in questi 25 anni è stata per me una scuola per imparare a non vivere per me stesso e a non morire per me stesso. Spero che per tutto il tempo che mi resta da vivere, questa scuola possa continuare per me, ma anche per ciascuno di voi”.

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    Chiesa e Società



    Cile. Sciopero della fame degli indios mapuches: l'intervento della Chiesa

    ◊   Nelle prossime ore, secondo la stampa locale, dovrebbe essere formalizzata la mediazione della Chiesa cattolica cilena nel grave conflitto sociale, che si trascina da 65 giorni, e del quale sono protagonisti 34 aborigeni "mapuches" i quali da oltre due mesi sono in sciopero della fame per chiedere di essere processati con le leggi ordinarie rifiutando giudizi presso tribunali militari con l'applicazione della legge antiterrorismo. I mapuches, accusati di violazione dell'ordine pubblico e di atti terroristici, sono stati arrestati da diversi mesi nel corso di manifestazioni di protesta contro ciò che ritengono usurpazione delle proprie terre. Ieri, mons. Ricardo Ezzati, Andrello, arcivescovo delle città di Concepción, una delle regioni dove c'è una forte presenza di "mapuches", ha già incontrato alcuni degli scioperanti e successivamente Rodrigo Hinzpeter, ministro degli Interni del governo cileno. Il Segretario della presidenza della Repubblica, Cristián Larroulet, al termine del vertice ha detto che "il governo del presidente Pinera desidera ringraziare mons. Ezzati per la sua disponibilità e volontà ad agire come mediatore nei colloqui con alcuni nostri fratelli in sciopero della fame e auspica che questo possa finire il più presto possibile". Da parte sua il presule ha voluto "ringraziare per il fatto che le autorità abbiano dato ascolto" alla sua richiesta, e di tutti i vescovi cileni, "nel senso di aprire quanto prima una via di dialogo". La decisione governativa di aprire una trattativa con gli scioperanti - ha osservato mons. Ezzati – “è una espressione della possibilità che esiste tra noi quando dobbiamo affrontare problemi gravi”. Ora – ha affermato ancora l’arcivescovo - occorre un “un gesto da parte dei nostri fratelli mapuches che secondo me dovrebbero fermare questo sciopero della fame" per avviare così "con serenità e senza pressioni il dialogo e la trattativa". Ieri stesso l’arcivescovo di Concepción è tornato in città, 500 chilometri a sud di Santiago, per formalizzare la sua mediazione. Intanto, sempre ieri, alcuni deputati che avevano dichiarato anche loro uno sciopero della fame in solidarietà con i mapuches, hanno deciso di sospendere la protesta per non accrescere le tensioni, contribuire a creare un clima di dialogo, e anche perché fiduciosi della partecipazione della Chiesa cattolica nel negoziato . Il compito di mons. Ezzati non si presenta facile secondo gli analisti cileni. Da un lato il clima di sfiducia che si è andato creando è molto forte e i mapuches non si fidano più di nessuna promessa. Dall’altro l’accoglimento di molte delle richieste degli scioperanti richiede la modifica di alcune leggi e addirittura una discussione parlamentare dell’impianto generale della legge contro il terrorismo. (A cura di Luis Badilla)

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    Orissa: la Chiesa denuncia conversioni forzate nei villaggi indù

    ◊   Nello stato dell’Orissa non si placano le denuncie della comunità cattolica sconvolta dalle violenze di estremisti indù. L’arcivescovo di Cuttack – Bhubaneswar, mons. Raphael Cheenath - riferisce AsiaNews - ha pubblicamente denunciato le conversioni forzate di numerosi cattolici in alcune provincie dello Stato indiano durante un colloquio con il primo ministro della regione, Naveen Pattnaik. Secondo il presule in oltre 10 villaggi del distretto di Kandhamal, già sconvolti dalla repressione anticattolica degli anni precedenti, si attuerebbero conversioni forzate di fedeli che farebbero ritorno nei villaggi, mentre in altri 27 villaggi i profughi sarebbero ancora costretti a vivere in alloggi di fortuna. L’arcivescovo denuncia ancora la mancanza di misure adeguate al reale risarcimento dei contadini colpiti dalle razzie e dagli incendi dolosi attuati nella zona tra il dicembre 2007 e l’agosto 2008. “Lo Stato si definisce laico e non dovrebbe chiudere gli occhi di fronte a queste violenze” ha dichiarato mons. Cheenath, “dovrebbe, inoltre, tutelare il diritto dei profughi a fare ritorno ai propri villaggi in totale sicurezza”. Disponibilità a collaborare è stata data dal primo ministro che ha affermato che: "i cattolici non devono vivere nella paura di minacce e discriminazioni" e che il governo regionale si impegnerà concretamente nell’assistenza ai profughi aumentando i fondi destinati alla ricostruzione dei villaggi. (M.O.)

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    Nuova denuncia: cristiani e indù discriminati nella distribuzione degli aiuti in Pakistan

    ◊   Proseguono le discriminazioni nella distribuzione degli aiuti in Pakistan dopo le alluvioni del mese scorso. A denunciarlo, all’agenzia Fides, il segretario della commissione “Giustizia e Pace” dei vescovi pakistani, Peter Jacob, che in questi giorni sta raccogliendo notizie e testimonianze sulla gestione dei soccorsi. Il rappresentante cattolico ha anche chiesto che “il governo lo ammetta ufficialmente, che pronunci chiare parole di condanna e metta in atto una strategia per evitarle”. Anche mons. Lawrence Saldhana a capo della Commissione e presidente della Conferenza Episcopale locale, ha affermato, sempre all’Agenzia Fides, di aver “ricevuto numerose segnalazioni e testimonianze dirette sulla discriminazione a danno delle minoranze. Anche la stampa ne sta parlando. E’ un fatto che ci scuote e ci preoccupa”. Nonostante i recenti dinieghi del ministro federale per le Minoranze religiose, Shahbaz Bhatti, Jacob parla di “fatti innegabili” basati su testimonianze oculari, denunciando che “gli sfollati si riuniscono per comunità e spesso gli aiuti sono selettivi”. “L’esercito, soprattutto nella prima fase dei soccorsi – prosegue Jacob – ha svolto un buon lavoro, aiutando tutti indistintamente. Oggi gli aiuti ufficiali arrivano solo nei campi profughi già organizzati, mentre – spiega ancora - migliaia di profughi, soprattutto i poveri delle aree rurali, nelle aree remote, non vengono raggiunti da alcuna assistenza”. Fra questi poveri vi sono le minoranze cristiane e indù, che soffrono doppiamente. Sul fenomeno della deviazione delle acque, compiuta da alcuni latifondisti ai danni di villaggi poveri delle aree rurali – spesso appartenenti alle minoranze religiose – dopo i numerosi casi segnalati dalle Organizzazioni non governative, Shahbaz Sharif, Primo Ministro del Punjab, ha annunciato di aver istituito un’apposita commissione giuridica che dovrà svolgere una accurata inchiesta, almeno per gli episodi avvenuti nella provincia del Punjab. Intanto si moltiplicano le testimonianze di missionari in merito alla discriminazione sulla gestione degli aiuti. “Continuiamo a vedere e ricevere notizie sulla discriminazione nella gestione degli aiuti umanitari, a danno di indù e cristiani delle classi sociali più basse: sono poveri delle aree rurali, persone già normalmente disprezzate, che oggi non sono nemmeno degnate di uno sguardo”, racconta alla Fides padre Robert McCulloch, missionario di San Colombano a Hyderabad, nel Sindh. Nella provincia, date le piogge e la piena del lago Manchhar, si registrano oggi nuove, forti inondazioni nei distretti di Dadu and Jamshoro, che hanno causato lo sfollamento di almeno 25 villaggi. Conferme sulle discriminazioni giungono anche da esponenti musulmani della società civile pakistana: Junaid Khanzada, intellettuale e giornalista musulmano, ex presidente dell’Associazione della Stampa di Hyderabad, dice a Fides che “funzionari governativi e alcune organizzazioni fondamentaliste islamiche ignorano deliberatamente i bisogni dei tribali nel Sindh: sono cristiani e indù delle classi sociali più basse, in Pakistan classificati come appartenenti alle “scheduled castes”, in India chiamati dalit”. Secondo Khanzada, “in molti casi la religione, piuttosto che l’effettiva necessità, è divenuta il criterio per dare aiuto”. Ishaq Pangrio, intellettuale musulmano di Hyderabad, membro della “Commissione per i Diritti Umani del Pakistan”, nota Ong pakistana, dice di essere “scioccato e allarmato per la discriminazione nella distribuzione del cibo ai profughi”, vista con i propri occhi nell’area di Jati”. James Francis, cattolico, Amministratore dell’Ospedale di Sant’Elisabetta a Hyderabad, che guida una équipe di medici e infermieri, fra cristiani e musulmani, che ogni giorno visita 2 o 3 campi profughi, afferma infine che “i campi sono rigidamente separati e quelli delle minoranze religiose cristiane e indù, di gente delle classi sociali più basse, sono evidentemente penalizzati. Urgono interventi per porre fine a queste ingiustizie”: (E. B)

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    Egitto: forze di sicurezza attaccano il monastero di San Macario

    ◊   Lo scorso 7 settembre le forze di sicurezza egiziane hanno assalito il monastero di San Macario provocando tre feriti gravi tra i religiosi. La struttura, che si trova nel deserto a 150 km dal Cairo e ospita 85 religiosi, è stato preso d’assalto da 300 membri delle forze di sicurezza che non hanno esitato a lanciare gas lacrimogeni e sassi che hanno provocato serie ferite a tre degli ospiti. Dell’assalto, durato 24 ore, dalle 12 del 7 settembre alle 12 del giorno seguente, è stata data notizia solo oggi. Secondo fonti di AsiaNews, le autorità sono contrarie al progetto dei monaci di ampliare il monastero dotandolo di nuove celle in quanto l'aera sarebbe sotto tutela del Ministero dell'Ambiente e non dovrebbe quindi subire mutamenti. Per i monaci invece il vero motivo è che le autorità non vogliono la crescita del monastero e l'ingresso di nuovi ospiti. (M.O.)

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    Messaggio di Ban Ki-moon per la Giornata mondiale della democrazia

    ◊   “La democrazia è un obiettivo in sé, e un mezzo indispensabile per raggiungere lo sviluppo per tutta l’umanità”. Così il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon nel suo messaggio in occasione dell’odierna Giornata mondiale della democrazia. Il numero uno delle Nazioni Unite ha parlato di un momento importate “per sottolineare il ruolo fondamentale che la democrazia gioca nel ridurre la povertà e promuovere il progresso umano”. Nella Dichiarazione del Millennio nel 2000 – si legge – “i governi di tutto il mondo erano determinati a non risparmiare alcuno sforzo per promuovere la democrazia e rafforzare lo Stato di diritto, così come il rispetto per tutti i diritti umani internazionalmente riconosciuti e le libertà fondamentali, compreso il diritto allo sviluppo”. Un forte controllo, una società civile vitale, il libero scambio di informazioni e di idee, la partecipazione popolare – prosegue – sono “marchi di garanzia di una vera democrazia” e “sono anche gli ingredienti fondamentali che generano crescita economica e assicurano giustizia sociale”. Tuttavia Ban Ki-moon osserva che “di recente, in molte parti del mondo, abbiamo assistito a gravi minacce ai progressi faticosamente ottenuti in materia di governance democratica. In alcune società – spiega - paladini della democrazia e attivisti della società civile hanno affrontato nuove forme di ostilità. In altre, l’ordine costituzionale è stato sovvertito, rovesciato, spodestato - a volte con la violenza. Tutti noi – conclude - dovremmo essere turbati da tali ricadute, per il timore che diventino una tendenza. Le battute d’arresto nel processo democratico lo sono anche per lo sviluppo. E molto più probabile che lo sviluppo prenda piede se alle persone viene data la possibilità di esprimere un contributo rispetto al proprio governo, e di condividere i frutti del progresso”. Per queste ragioni il segretario generale dell’Onu chiede ai cittadini e ai loro governi nel mondo di celebrare questa Giornata “attraverso attività che ne sottolineino il sostegno alla democrazia”, riconoscendo che “la capacità democratica di governo è un desiderio condiviso ed espresso dalle persone di tutto il mondo”.

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    Mons. Celli al Congresso dell’Unione cattolica internazionale della stampa in Burkina Faso

    ◊   Intervento del presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, l’arcivescovo Claudio Maria Celli, al XXII Congresso mondiale dell’Unione Cattolica Internazionale della Stampa (Ucip) in corso a Ouagadougou, in Burkina Faso, sul tema “i media al servizio della giustizia, della pace e del buon governo in un mondo di disuguaglianze e di povertà”. Il presule, alla cerimonia di apertura, che si è svolta ieri, ha ricordato che l’appuntamento segue lo spirito del recente Sinodo per l’Africa e quello del messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace 2009, “Combattere la povertà, costruire la pace”. Così – ha affermato mons. Celli - “il giornalista è invitato a essere un educatore, predicando una conversione degli stili di vita, dei modelli di consumo e soprattutto delle strutture di potere" che hanno il compito di governare le nostre società. Mons. Celli ha poi ricordato le idee di padre Emile Gabel, uno dei pionieri dell’Ucip, e ha precisato che la missione del giornalista cattolico è quella “di riferire, spiegare e commentare l’evento, situarlo in una prospettiva di fede”. L’espressione legittima di un’opinione cattolica - ha detto ancora - “non è una concessione, bensì ha a che fare con la solidarietà umana e le responsabilità sociali che fondano il diritto stesso all’informazione”. Poi il riferimento al dialogo, da considerare come una delle condizioni primarie per la pace, la giustizia e il buon governo. “Il dialogo senza ambiguità – ha spiegato – è oggi una priorità alla quale la Chiesa partecipa chiaramente tanto attraverso la presenza della Santa Sede nei diversi organismi internazionali, quanto nell’impegno specifico e multiforme delle Chiese locali e dei fedeli in seno alle diverse comunità umane nel rispetto della sussidiarietà”. (E. B.)

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    Celebrata al Santo Sepolcro la festa dell'Esaltazione della Croce

    ◊   “La Croce è il fondamento della Buona Novella e ogni cristiano ne è discepolo, ognuno come Maria ai piedi della Croce”: sono le parole con le quali padre Artemio Vitores, vice custode di Terra Santa, ha spiegato ai fedeli riuniti al Santo Sepolcro, a Gerusalemme, il significato della Croce di Cristo. In tanti ieri hanno preso parte alle celebrazioni per la festa dell’Esaltazione della Croce proprio nel luogo in cui Gesù è stato crocifisso. Padre Artemio Vitores, come riferisce il sito della Custodia di Terra Santa www.lpj.org, che ha presieduto i diversi momenti di preghiera, ha anche guidato la processione alla cappella di Santa Maria Maddalena dove è stata venerata la reliquia della Santa Croce. Il vice custode di Terra Santa ha voluto ricordare ai fedeli che il 15 settembre la Chiesa celebra la memoria di Maria Addolorata, allo scopo di far vivere il mistero della Passione di Cristo nella luce mariana. “Ogni cristiano è invitato a portare la propria croce nella sua vita tutti i giorni, con gli occhi fissi su quella di Cristo, illuminata dalla sua Resurrezione” ha detto il religioso francescano. La festa della Croce Gloriosa risale ai primi secoli della Chiesa, al tempo dell’imperatore Eraclio I. Quando i persiani si impadronirono di Gerusalemme, la parte più consistente della Croce che Sant’Elena, la madre di Costantino, aveva ritrovato, venne portata via. Eraclio decise allora di riportarla alla cristianità, sicché al suo arrivo a Costantinopoli, 14 anni dopo il trafugamento, fu trasportata in trionfo dal popolo che la acclamava con rami di olivo e fiaccole. Successivamente Eraclio la riportò a Gerusalemme, dove il Santo Legno operò numerosi miracoli. Fu per tale motivo che venne istituita la festa della Esaltazione della Santa Croce, segno della vittoria di Cristo sulla morte. (T.C.)

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    Messa per i non udenti nella cattedrale di Kota Kinabalu in Malaysia

    ◊   Anche i sordomuti possono "ascoltare" ogni domenica la Buona Novella. Succede nell’arcidiocesi di Kota Kinabalu (nella regione di Sabah, in East Malaysia), dove ogni domenica nella cattedrale del Sacro Cuore la Messa è animata da un gruppo di volontari che utilizza il linguaggio dei segni per far "ascoltare" anche chi non può, canti, letture, Vangelo e omelia. A riferirlo è l’agenzia AsiaNews precisando che il servizio, organizzato dalla comunità cattolica di non udenti locale, attivo da oltre 20 anni, permette la partecipazione alle celebrazioni domenicali a oltre 80 persone sordomute. Tra di loro ci sono molti bambini che raggiungono la cattedrale - con un bus navetta offerto dalla parrocchia - dalle varie parti della regione, dove la comunità cristiana rappresenta circa il 30% della popolazione. “La traduzione avviene a una velocità impressionante”, racconta un non udente di 38 anni che da 8 frequenta la cattedrale spiegando che volontari sono ben addestrati in quanto la qualità della traduzione è molto buona soprattutto quando il prete non utilizza un linguaggio complesso. Anche un’altra parrocchiana sottolinea l’efficacia dell’iniziativa per suo figlio, che invece aveva difficoltà a seguire la Messa in un'altra chiesa che offriva lo stesso servizio. (E. B.)

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    Al via la missione di Harambee onlus in Camerun

    ◊   Viene inaugurata oggi la missione di monitoraggio di Harambee Onlus in Camerun, Paese interessato dalle attività dell’associazione di Calcinate per lo sviluppo solidale, interculturale e caritativo. Scopo della missione è quello di approfondire la conoscenza del Paese e valutare effettivamente la validità dei progetti sostenuti. La visita parte dalla capitale Yaoundè, riporta l’Agenzia Sir, dove verranno visitati il centro di formazione professionale turististico-alberghiero e l’associazione per la donna, sede di corsi di informatica rivolti alle donne emarginate. Si procederà poi ad una visita nei distretti circostanti la capitale dove sorgono alcuni presidi sanitari che beneficiano dei progetti realizzati dall’associazione e il distretto di Les Hauts-Plateux e Logone et Chari, dove invece sono presenti alcune scuole i cui insegnanti si sono formati grazie ai corsi organizzati da Harambee. (M.O.)

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    Convocato un nuovo convegno sull’integrazione ecclesiale dei migranti

    ◊   Padre Gianromano Gnesotto, direttore dell'Ufficio per la pastorale degli immigrati e dei profughi della fondazione Migrantes della Cei, ha annunciato - nel corso del convegno dei direttori regionali della pastorale migratoria - la convocazione di un congresso entro la fine dell’anno, sul tema dell’integrazione ecclesiale dei migranti. Obiettivo principale, riporta il Sir, è quello di dare indicazioni pratiche e di mettere in evidenza l’attenzione e la cura della Chiesa sull’integrazione culturale e l’inclusione ecclesiale dei migranti. Sono pertanto previste una serie di misure quali il monitoraggio dei Centri Pastorali per gli immigrati cattolici presenti in Italia e il loro aggiornamento; l’organizzazione di corsi di formazione giuridica a livello regionale e diverse iniziative riguardanti le feste patronali. (M.O.)

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    Ong cattolica vince il premio Principe delle Asturie

    ◊   Oggi a Oviedo, in Spagna, l’organizzazione non governativa “Manos Unidos” è stata insignita del prestigioso premio “Principe delle Asturie” per la categoria Concordia. L’ong, attiva da più di 50 anni nella lotta contro la fame e la povertà nei Paesi meno avanzati, vanta la sua presenza in più di 60 Nazioni. Il premio, categoria Concordia, viene assegnato annualmente a persone, organizzazioni o istituzioni che si distinguono nella lotta alla povertà, alla fame, alle disuguaglianze sociali o nella lotta per la libertà. Tra i vincitori degli anni passati personaggi di primo piano della comunità internazionale, quali il re Hussein di Giordania, Ingrid Betancourt, Wwf e Unicef. Manos Unidos, che riceverà 50mila euro, un diploma, le insegne reali e una scultura di Juan Mirò - comunica l’Agenzia Efe - è stata scelta per la concretezza dei progetti realizzati nell’ultimo anno nel tentativo di diminuire la mortalità materna nei Paesi poveri, superando per voti l’Organizzazione internazionale del Lavoro (Oil) e la leader della resistenza birmana e già premio Nobel per la pace nel 1991 Aung San Suu Kyi. (M.O.)

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    Pellegrinaggio dell'Oftal a Lourdes

    ◊   3 treni, 3 aerei, 3 pullman per un totale di oltre 2 mila 400 tra malati, personale, medici, infermieri e sacerdoti. Sono i numeri del quarto pellegrinaggio a Lourdes del 2010 organizzato da Oftal – Opera Federativa Trasporto Ammalati a Lourdes – sezione di Milano, che si terrà a partire da domani e fino al 22 settembre. Del gruppo fanno parte anche un centinaio di malati ospiti provenienti da diverse strutture della Fondazione don Carlo Gnocchi Onlus. Un viaggio che vuole essere un ringraziamento alla Vergine per la recente Beatificazione di Don Carlo, celebrata a Milano il 25 ottobre 2009. Inoltre, in continuità ispirativa con il fondatore, che aveva voluto dedicare i Centri della sua opera alla Vergine Maria, sarà rinnovato il gesto di raccomandare la Fondazione Don Gnocchi alla speciale protezione della Madonna, tornando a Lourdes come già fece don Carlo negli anni ’50, poi negli anni ’60 ed infine nel maggio 2002. Per tutti i giorni del pellegrinaggio sarà presente, tra gli altri, anche il presidente della Fondazione mons. Angelo Bazzari. “Nei momenti decisivi – ha affermato all’agenzia Sir - ritornare alle origini diventa una necessità per approfondire chi siamo, così come il tornare alle fonti significa recuperare idealità ed entusiasmo per quel che stiamo facendo e che tocca direttamente la nostra vita”. A guidare il pellegrinaggio Oftal Milano il vescovo ausiliare e Vicario per la Diocesi di Milano mons. Erminio De Scalzi, in continuità con il particolare legame che unisce Oftal – Associazione Ecclesiale – con la Diocesi di Milano (per statuto, infatti, il presidente generale dell’associazione a livello nazionale viene nominato dal collegio dei vescovi delle diocesi ove Oftal è presente e in ogni diocesi il Vescovo locale nomina il Presidente della Sezione). Diversi i momenti che l'Associazione dedicherà alla riflessione del tema pastorale proposto dal Santuario di Lourdes per l’anno 2010: “Fare il segno della croce con Bernadette”. Gli organizzatori segnalano, come ogni anno, la significativa presenza di tantissimi giovani tra i 17-20 anni, che hanno deciso di partire per Lourdes come volontari (dame e barellieri), e un “gemellaggio” nel servizio a Lourdes tra l’Istituto Suore Marcelline di Milano e quello di Lecce. (E. B.)

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    Irlanda: scoperto antico libro di Salmi

    ◊   La scoperta di un Salterio dell’VIII secolo in Irlanda, potrebbe aprire nuove prospettive sulla storia della cristianità in questa Nazione e sui legami con i monaci del deserto. Si tratta di un antico Libro di Salmi, scoperto nel centro dell’Irlanda. Il Salterio medioevale, rinvenuto in una palude, conserva tracce di papiro nella sua rilegatura in pelle, e ciò fa pensare a un legame tra l’Egitto e la primitiva comunità cristiana irlandese. Vari storici hanno sempre ritenuto che la tradizione monastica irlandese si fosse ispirata ai monaci del deserto, venuti in Irlanda quali missionari, all’inizio della sua cristianizzazione, influendo così nel vasto e culturalmente importante movimento monastico irlandese che, si diffuse in tutta l’Europa medioevale a partire dal V secolo in poi. Il manoscritto in pergamena di Faddan More, nei pressi di Birr, è stato scoperto da Eddie Fogarty, mentre tranciava torba con uno scavatore meccanico e contiene frammenti di circa 120 pagine illustrate. L’esperto di testi antichi del Trinity College di Dublino, John Gills, che lo ha rimesso a posto, ha dichiarato: “Fu proprio mentre lo ripulivo per la seconda volta che al microscopio ho osservato un materiale manufatto all’interno della rilegatura. Avevo letto dell’uso del papiro da parte degli egiziani, ma scoprirlo in un contesto irlandese, non mi era mai capitato”. Dopo ulteriori esami al British Museum di Londra, si è avuta la certezza che il papiro era stato utilizzato per rinforzare la copertina del Salterio di Faddan More e che verrà esposto al pubblico nel National Museum di Dublino, dal giugno 2011. (Da Dublino, Enzo Farinella)

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    L’educazione dei giovani al centro del Convegno pastorale della diocesi di Cerreto Sannita

    ◊   “L’educazione dei giovani negli orientamenti pastorali del prossimo decennio”. Questo il tema dell’incontro che apre oggi l’XI Convegno pastorale diocesano di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti. “La nostra diocesi – spiega all’agenzia Sir il vescovo, mons. Michele De Rosa - sta celebrando il Sinodo dei Giovani. Perciò ci è sembrato opportuno, prima della sua conclusione, dedicare loro anche questo XI convegno pastorale”. Per il presule, “i giovani rappresentano una risorsa per il rinnovamento della Chiesa e della società. Se sono resi protagonisti nel proprio cammino educativo, nella vita delle comunità e negli organismi di partecipazione, se sono orientati e guidati a un esercizio sempre più corresponsabile della loro libertà e genialità, possono sospingere la storia verso un futuro di speranza”. Proprio su questi punti - prosegue il vescovo - “si fermerà la nostra riflessione per individuare le linee pastorali con cui fare dei giovani della nostra diocesi dei protagonisti della ‘nuova’ evangelizzazione”. Durante il convegno interverranno Franco Miano, presidente nazionale di Azione Cattolica, Ulderico Parente, docente di Storia della Chiesa moderna e contemporanea, suor Giuseppina Romano, postulatrice della causa di beatificazione di suor Maria Serafina del Sacro Cuore. Nell’occasione sarà presentata anche una ricerca sociologica sulla condizione giovanile in diocesi. (E. B.)

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    Arte e integrazione culturale: il Festival delle Culture Africane a Roma

    ◊   Da oggi a Roma il “Festival internazionale delle culture dell’Africa contemporanea”, noto anche come “Festa d’Africa Festival”. Fino a sabato prossimo, sono previsti incontri, manifestazioni e stand dislocati in vari punti della città che si alterneranno a dibattiti, tavole rotonde e momenti di svago. La manifestazione, riporta la Misna, organizzata dall’associazione Il Centro ricerche teatrali “Scena Madre”, si propone di promuovere le differenti espressioni culturali del Continente africano per diffonderne i valori universali come strumento di una reale integrazione. Il festival si apre nel pomeriggio con una tavola rotonda al teatro Palladium, dove verrà affrontato il tema dell’integrazione e futuro dei migranti in Italia. (M.O.)

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    24 Ore nel Mondo



    Non si attenuano le polemiche tra Francia e Unione Europea sui rimpatri dei rom

    ◊   La Francia respinge al mittente le accuse formulate ieri dal Commissario europeo alla Giustizia, Viviane Reding, che ha annunciato l'apertura di una procedura d'infrazione contro Parigi per i rimpatri dei Rom. E ieri nella capitale francese momenti di forte tensione, quando, dopo l’approvazione al senato della legge che vieta l’uso del burqa, il vestito tradizionale islamico, c’è stato un allarme bomba alla Tour Eiffel. Evacuati 2mila turisti. Subito dopo un nuovo allarme. Ascoltiamo Marco Guerra:

    “Certe affermazioni sono semplicemente inaccettabili”. Dopo le durissime repliche del ministro degli Affari europei, Lellouche, e del membro francese della Commissione Ue Barnier, arriva anche la risposta della presidenza della Repubblica francese alle parole del Commissario europeo alla giustizia, Viviane Reding, che ieri aveva paragonato le espulsioni dei rom a quanto avvenuto nella seconda guerra mondiale. Nella nota diffusa dall’Eliseo si afferma tuttavia che non c’è la volontà di fare polemica né con la Commissione né con il Parlamento di Bruxelles ma piuttosto di entrare nel merito degli argomenti senza “lasciarsi trascinare in sterili polemiche”. Sarkozy lascia quindi la porta aperta al dialogo ma fa quadrato con il proprio governo che non intende recedere dal piano di rimpatrio dei rom. Anche ieri circa 160 persone sono state fatte tornare in Romania con due voli da Marsiglia e Parigi. Le autorità francesi hanno tenuto a precisare che tutti i rom coinvolti hanno accettato il “rimpatrio volontario” ricevendo una somma di 300 euro. E in Francia le politiche sull’integrazione restano al centro del dibattito pubblico dopo che ieri, come previsto, il senato ha votato a larga maggioranza il testo definitivo che vieta il velo integrale islamico nei luoghi pubblici. La Francia diventa così il primo Stato europeo a censurare il burqa. Ore di tensione a Parigi dopo il voto dell’aula con due allarme-bomba lanciati e subito rientrati nella serata di ieri. Evacuate la Torre Eiffel e la stazione della metropolitana di Saint-Michel.

    Terrorismo: nuovo messaggio video al Zawahiri
    Il "numero 2" di Al Qaeda, il medico egiziano Ayman al Zawahiri, è tornato a parlare in un nuovo video diffuso su Internet, dal titolo “La nazione islamica vince e i crociati perdono”, in occasione del nono anniversario degli attentati dell'11 settembre negli Stati Uniti. Nel filmato, al Zawahiri afferma che in Afghanistan “i crociati stanno traballando sotto i colpi dei mujaheddin” e rivendica di aver “aiutato i fratelli in Pakistan” colpiti dall'alluvione, criticando il governo di Islamabad che definisce “corrotto e alleato dei crociati”.

    Medio Oriente, negoziati israelo-palestinesi
    Il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente palestinese Mahmoud Abbas “si stanno occupando delle questioni più serie, stanno affrontando i temi chiave”. Lo ha detto stamani il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, nel corso dei negoziati israelo-palestinesi, che sono ripresi oggi a Gerusalemme, dopo l’intensa giornata di ieri a Sharm el Sheikh. La ripresa dei colloqui è stata accompagnata dal lancio di diversi colpi di mortaio dalla Striscia di Gaza, che sono caduti in territorio israeliano senza provocare né’ vittime ne’ danni. Uno dei punti al centro dell’incontro è il nodo della moratoria sugli insediamenti ebraici. Antonio Ferrari, inviato speciale ed editorialista del Corriere della Sera, al microfono di Giada Aquilino:

    R. - Il 26 finisce questa moratoria che i palestinesi, gli americani e gli egiziani vogliono che continui. Il governo di Israele e soprattutto l’estrema destra israeliana insistono per il contrario. C’è un aspetto tutto sommato non del tutto negativo e riguarda soprattutto i palestinesi, perché i palestinesi - come ha detto e ha sottolineato Abu Mazen - alla fine cosa potrebbero fare? Se si arriva entro l’anno a qualche risultato bene, altrimenti i palestinesi potrebbero sempre a quel punto dire: allora noi ci prepariamo a dichiarare lo Stato. E gli americani potrebbero passare il tutto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Dall’altra parte, però, anche Israele e Netanyahu possono avere un piccolo vantaggio: Netanyahu, pure se non ci fosse stata la possibilità di questi colloqui, avrebbe dovuto comunque affrontare gravissimi problemi di stabilità politica interna. Il fatto che questi colloqui vadano avanti potrebbe in qualche misura consentirgli di sopravvivere alla crisi politica per un altro anno.

    D. - Quanto pesano le minacce di Hamas di proseguire la lotta, nonostante le trattative in corso?

    R. - Indubbiamente pesano. Gli sforzi diplomatici dell’Egitto per rimettere assieme le due componenti palestinesi sono stati per il momento sterili. Certo, Hamas minaccia attentati, ma io credo che qui il coraggio di chi ha voluto riprendere i colloqui dopo due anni di gelo, sia un coraggio che dovrebbe ereditare almeno una cosa importante del pensiero di Yitzhak Rabin, primo ministro di Israele ucciso da un estremista ebreo nel ’95. Rabin diceva: “Bisogna negoziare, facendo finta che il terrorismo, che gli attacchi, che le violenze non esistano, e combattere il terrorismo e le violenze come se il negoziato non esistesse”.

    Afghanistan
    I progressi sono lenti come l’erba che cresce ma le forze straniere avanzano contro gli insorti. È la fotografia della situazione in Afghanistan scattata nel corso di un’intervista dal comandante delle forze internazionali, il generale americano David Petraeus. ''Ritengo - ha spiegato Petraeus - senza dubbio che i sei distretti della provincia di Helmand (nel sud) siano più sicuri di quanto non lo fossero sei mesi fa''. Sul terreno intanto continuano i combattimenti con le milizie integraliste: la Nato ha fatto sapere che, nelle ultime 48 ore, in diversi scontri nel sud del Paese, sono stati uccisi almeno 30 ribelli.

    Iraq: uccisi almeno 10 militari
    Almeno 10 militari iracheni sono rimasti uccisi e sei feriti in un attentato nei pressi di Mossul, nord dell'Iraq. Un ordigno artigianale è esploso al passaggio del mezzo sul quale viaggiavano sull'autostrada Mossul-Tal Afar.

    Giordania: allerta dell'ambasciata Usa
    L'ambasciata statunitense in Giordania ha allertato i cittadini americani perché evitino il porto giordano di Aqaba, parlando di “possibile minaccia imminente” nel golfo della regione omonima. Con una nota pubblicata sul suo sito web, la sede diplomatica ha chiesto agli americani di evitare di recarsi nella città nelle prossime 48 ore, spiegando di aver ricevuto “credibili informazioni” di un possibile attacco nella regione. Il mese scorso un razzo ha colpito il centro di Aqaba uccidendo un giordano e ferendo altre quattro persone.

    Assemblea Onu
    La fame nel mondo, come altre emergenze planetarie, è al centro dell’Assemblea Generale dell’Onu che si è aperta ieri al Palazzo di Vetro di New York. Attesi nei prossimi giorni capi di Stato e di governo. Elena Molinari:

    Con l’intervento del suo nuovo presidente, si è aperta ieri a New York la 65.ma assemblea generale delle Nazioni Unite. Dopo un vertice, la prossima settimana, dedicato alla lotta contro la povertà, il Palazzo di Vetro ospiterà il consueto dibattito generale, con interventi di capi di Stato e di governo tra cui quelli del presidente americano Obama e dell’iraniano Ahmadinejad, entrambi giovedì prossimo. E ieri, l’assemblea presieduta dallo svizzero Joseph Deiss: “Troppo spesso – ha sottolineato l’ex-ministro della Confederazione elvetica, in apertura dell’assemblea – l’opinione pubblica vede l’Onu e la sua assemblea come impotenti. Abbiamo l’obbligo di ottenere dei risultati”. All’inizio, dunque, della prossima settimana, prima del dibattito generale, l’Onu discuterà i cosiddetti “obiettivi del Millennio” che puntano alla drastica riduzione di fame, povertà, mortalità infantile e Aids.

    Migliorano i rapporti tra le due Coree
    L'inviato speciale Usa per le questioni nordcoreane, Stephen Bosworth, ha espresso soddisfazione per il miglioramento delle relazioni tra le due Coree, affermando “di aver visto segnali positivi nell'ambito degli sforzi per fissare i passi successivi''. Le due Coree sono infatti tornate a parlarsi dopo le tensioni nate dopo l'affondamento della corvetta Cheonan, costato la vita a 46 mariani e attribuito da Seul a un siluro del Nord. E proprio l’affondamento della corvetta sarà al centro dell’incontro di domani tra Comando Onu in Corea del Sud, a guida americana, e una delegazione militare del Nord. La Corea del Nord di recente ha inoltre detto più volte di voler riprendere, sostenuta dalla Cina, il negoziato a Sei sul suo programma nucleare, in fase di stallo da dicembre 2008, e che coinvolge anche Corea del Sud, Usa, Giappone e Russia.

    Messico
    Massima allerta in Messico per le celebrazioni del Bicentenario dell'Indipendenza. Camionette con agenti federali in assetto di guerra pattugliano le strade del centro della capitale, mentre in altre 14 città i festeggiamenti sono stati cancellati per l’ondata di violenza derivata dalla lotta ai cartelli del narcotraffico. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 258

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