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Sommario del 04/09/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • La visita di Benedetto XVI a Carpineto Romano per il bicentenario della nascita di Leone XIII
  • I vescovi brasiliani del Nordeste dal Papa: intervista con mons. Silva Pepeu
  • Altre udienze
  • Mons. Giorgio Lingua nuovo nunzio in Giordania e Iraq
  • Inaugurato in Svezia il primo Istituto universitario cattolico dopo 500 anni: gli auguri del Papa
  • Newman e l’ecumenismo: le riflessioni del prof. Milbank e mons. Langham
  • Il cardinale Rylko al Congresso di Seoul: l'evangelizzazione è la ragion d'essere della Chiesa
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Lancio di un razzo da Gaza contro Israele: nessuna vittima
  • I bambini dell'Unitalsi sfilano a Parigi per la pace
  • "La Passione" di Mazzacurati al Festival di Venezia
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Emergenza Pakistan: aiuti in ritardo o venduti come merce di scambio
  • Pakistan: ancora discriminazioni nella distribuzione dei soccorsi
  • Celebrazioni nel mondo per la festa liturgica della Beata Teresa di Calcutta
  • Tappa in Austria per il pellegrinaggio verde dei vescovi europei
  • Africa: decisa la nascita di un’agenzia di informazione cattolica per tutto il Continente
  • Messico: l’8 settembre il continente americano unito nel Rosario alla Madonna di Guadalupe
  • Cile: la Chiesa invoca una rapida soluzione allo sciopero della fame dei 32 mapuches
  • L’impegno di Caritas internationalis per la “Settimana della pace” in Colombia
  • Si apre in Brasile la Settimana di riflessione sulla Missione continentale
  • Il Sudafrica ha deciso di ritirare il permesso di soggiorno ai profughi dello Zimbabwe
  • Accordo storico tra i cristiani di Terra Santa per restaurare la Basilica della Natività
  • Usa: inaugurata a Baltimora una mostra su Giovanni Paolo II e gli ebrei
  • I greco-ortodossi di New York: ricostruire S.Nicola, unica chiesa distrutta l’11 settembre
  • Il cardinale Ruini a Cernobbio per parlare della “sfida educativa”
  • Germania: ricordati 300mila disabili, vittime dell'eutanasia nazista
  • Australia. Jesuit Mission's Indian Bazaar: una giornata a favore dei più poveri nel mondo
  • Padre Mauro Giuseppe Lepori eletto abate generale dei Cistercensi
  • 24 Ore nel Mondo

  • Sale a 57 morti il numero dei morti per l’attentato di ieri a Quetta, in Pakistan
  • Il Papa e la Santa Sede



    La visita di Benedetto XVI a Carpineto Romano per il bicentenario della nascita di Leone XIII

    ◊   Nel bicentenario della nascita di Papa Leone XIII, Benedetto XVI si recherà domani a Carpineto Romano, paese a circa 80 chilometri da Roma. Il Papa presiederà la Santa Messa alle ore 9.30; subito dopo farà ritorno in elicottero a Castel Gandolfo per la recita dell’Angelus. Il servizio del nostro inviato Amedeo Lomonaco:

    Diverse date scandiscono la storia di Carpineto ma senza dubbio la più importante è il 20 febbraio del 1878. Il nobile Gioacchino Pecci, nato a Carpineto il 2 marzo 1810, sale al Soglio pontificio con il nome di Papa Leone XIII. Si tratta di un periodo storico segnato da cambiamenti radicali in ambito sociale ed economico. Proprio le profonde trasformazioni della società moderna sono sullo sfondo della Rerum Novarum. In questa celebre Enciclica del 1891, Leone XIII invoca maggiore impulso all’associazionismo cattolico e auspica l’intervento dello Stato in campo sociale. E sono numerose le opere sociali realizzate a Carpineto sotto il Pontificato di Papa Gioacchino Pecci. L’asilo per l’infanzia, la scuola e l’ospizio per anziani si aggiungono all’arrivo in paese dell’acqua proveniente dal vicino monte Carpino. Tra le opere legate a Leone XII anche la pubblica illuminazione che fece di Carpineto uno dei primi paesi d’Italia a usufruire di questa moderna invenzione. Oggi strade, piazze e vie ricordano con targhe e lapidi Papa Leone XIII. E’ la terza volta che un Pontefice compie un viaggio apostolico nella cittadina laziale. Paolo VI si recò a Carpineto nel 1966 per il 75.mo anniversario della Rerum Novarum. Nel 1991 anche Papa Giovanni Paolo II visitò il paese situato sul versante est dei monti Lepini. L’arrivo di Benedetto XVI, che con la Caritas in Veritate ha proseguito la tradizione delle encicliche sociali cominciate nell’era moderna con la Rerum Novarum, riempie di gioia tutta la comunità. E’ una cittadina in festa quella che accoglie il Santo Padre. Un paese che stasera si addormenterà con l’ultimo sguardo probabilmente rivolto verso la croce monumentale innalzata sul vicino monte Capreo prima di risvegliarsi e accogliere domani il vicario di Cristo.

    E ad accogliere il Santo Padre ci sarà, tra gli altri, il vescovo di Anagni-Alatri, mons. Lorenzo Loppa, che al microfono di Amedeo Lomonaco, illustra il significato di questa visita apostolica di Benedetto XVI:

    R. - E’ una grazia questa visita del Santo Padre. E’ per noi un dono immeritato e, come dico spesso alla gente, al clero, ai religiosi e ai fedeli cerchiamo di meritarci questo dono e non solo prima della visita del Papa, ma anche e soprattutto dopo. La speranza grande è quella di riuscire a dare una spinta per un rinnovamento della realtà che ci circonda. Sicuramente e giustamente Leone XIII viene ricordato per L’Enciclica “Rerum novarum” che è fondamentale nei rapporti tra datore di lavoro ed operai e per una società umana da plasmare alla luce del Vangelo. Sicuramente c’è un arcobaleno che va da questa “Rerum novarum” alla “Caritas in veritate”: il Vangelo è lievito per una società umana da costruire nell’amore che prende luce dalla ragione, ma soprattutto dalla fede.

    D. - In questo viaggio sulle orme di Papa Leone XIII notiamo proprio questa congiunzione: i contesti storici sono profondamente diversi, ma ad unire i due Pontefici è questo importante contributo - dato da entrambi - nella Dottrina sociale della Chiesa…

    R. - Certo, i contesti sono diversi, ma i principi del Vangelo non cambiano. Nella costruzione di un mondo nuovo, noi cristiani non abbiamo degli strumenti particolari. Abbiamo però dei principi radicali che dobbiamo contribuire a rendere sempre più concreti. Questo è stato certamente vero al tempo di Leone XIII ed è verissimo anche oggi.

    D. - Soffermiamoci sulla figura di Leone XIII: Gioacchino Pecci è stato eletto Papa nel 1878, dopo la Breccia di Porta Pia e in un periodo di grandi trasformazioni sociali ed economiche. Qual è oggi l’eredità del suo Pontificato?

    R. - L’impegno a guardare il mondo e la società non con pregiudizio. Quello che mi colpisce in Leone XIII è il fatto che alla chiarezza di principi e alla chiarezza di linguaggio abbia saputo sempre unire uno sguardo mite e comprensivo verso la modernità, verso il nuovo che avanza. Questo è fondamentale per la nostra possibilità di dialogo per il mondo.

    D. - Quali sfide possiamo cogliere oggi per la Chiesa attingendo proprio al magistero di Papa Leone XIII e, in particolare, alla “Rerum novarum”, pietra miliare della Dottrina sociale della Chiesa?

    R. - Penso ai tanti temi inerenti alla formazione e soprattutto alla formazione del clero e dei seminaristi. Penso poi ai tanti scritti sulla famiglia, ai tanti spunti per quanto riguarda le associazioni. Sicuramente la “Rerum novarum” e il discorso del rapporto tra fede e storia, del rapporto tra Vangelo e società, costiuisce un punto nodale. Questa è un po’ la novità del cristianesimo: quella di mettere insieme il Mistero di Dio e il mistero dell’uomo. Il Vangelo è per l’uomo, per costruire una società più degna di Dio e, quindi, più degna dell’uomo.

    D. - Carpineto fu una delle prime cittadine in Italia ad usufruire della pubblica illuminazione e questo proprio grazie a Papa Leone XIII che diede impulso a grandi opere nella cittadina sociale. Ancora oggi vie e strade di Carpineto riportano il contributo dato in questo senso…

    R. - Papa Leone ha sempre avuto dell’affetto sincero per il suo paese e tanti ricordano queste opere: c’è una casa di riposo intitolata proprio a lui; c’è una scuola. Secondo me, però, il dono più bello che ha saputo portare l’affetto di Leone XIII a Carpineto è stata la presenza di alcuni religiosi che proprio lui volle nella sua cittadina. Questa conseguenza virtuosa la si può toccare con mano anche oggi.

    D. - Come si sta preparando la comunità locale e la diocesi per questo viaggio apostolico?

    R. - Ci stiamo preparando con serenità, con entusiasmo, con affetto. Vogliamo soprattutto riuscire ad accogliere il Papa come un dono. Sicuramente tutta la piccola cittadina di Carpineto è in fibrillazione e non soltanto adesso, ma già da alcune settimane. Si tratta di un paese di 5 mila abitanti, ai piedi dei Monti Lepini e quindi è anche importante la preparazione logistica ed organizzativa. Ma la preparazione più bella è quella spirituale. Vogliamo dire al Papa che gli vogliamo bene e che chiediamo ogni giorno per lui al Signore che possa essere un testimone coraggioso della sovranità di Gesù Cristo, Signore della storia del mondo.

    E’, dunque, significativa la presenza di religiosi e religiose nella cittadina laziale. Si tratta di una storia di fede alimentata da una fervida devozione mariana, come sottolinea padre Ludovico Centra, frate agostiniano originario di Carpineto:

    R. - Carpineto - ringraziando il Buon Dio - è stata sempre una terra benedetta. Attualmente c’è il monastero di monache carmelitane, ci sono due conventi di suore sacramentine di Valence; c’erano i francescani e noi - gli agostiniani - presenti da moltissimi secoli ed è per questo che il patrono principale della cittadina è Sant’Agostino. Possiamo dire che quasi ogni famiglia ha una suora, un sacerdote, un religioso o un consacrato. Questo è sicuramente un segno di benedizione da parte del Signore. Le motivazioni che mi sono sempre dato per questo è una forte devozione per l’Immacolata, patrona - insieme con Sant’Agostino - di Carpineto, dal 6 dicembre del 1657. Penso che Carpineto sia proprio nel cuore di Dio e della Santa Vergine. Abbiamo avuto l’onore, tra l’altro, di avere un Papa della statura di Leone XIII: questi sono per noi dei segni grandi che ci richiamano a principi e a lealtà forti.

    D. - E tante date compongono la storia di Carpineto, ma la più significativa è quella del 20 febbraio del 1878: il nobile carpinetano Gioacchino Pecci diventa Papa Leone XIII. Un Pontefice che porta al risveglio della presenza religiosa a Carpineto…

    R. - Sì, perché con la soppressione degli Ordine religiosi i conventi erano stati presi dallo Stato Italiano. Leone XIII riacquistò personalmente gli stabili, le terre, e richiamò poi l’Ordine francescano e in modo particolare l’Ordine agostiniano, ridando a questi due Ordini le loro sedi antiche. Tutto questo per il bene stesso del paese, creando quindi non solo assistenza spirituale e culturale, ma anche con l’ausilio di un piccolo ospedale.

    D. - Padre Ludovico, lei è originario di Carpineto. Una cartolina per descrivere il suo paese…

    R. - Io sono innamorato della montagna che sovrasta Carpineto, il Monte Capreo. Su questa montagna, proprio grazie a Leone XIII, nel 1900 fu innalzata una Croce monumentale, una Croce che dà significato al monte. Una volta, durante un restauro, fu tolta e anche dai paesi civili ci arrivarono delle segnalazioni, domandandoci cosa fosse successo, quasi come se quel monte avesse cessato la sua funzione, perché rappresentava ormai la base della Croce ed era un punto di riferimento. Questa montagna, specialmente in autunno, è bellissima perché è coperta di castagni, carpini e faggi e quindi si colora di tre diverse tonalità. E’ veramente uno spettacolo che a me personalmente ha sempre elevato lo spirito, innalzandolo verso la Croce. C’è poi tutta la bella tradizione della raccolta delle castagne e delle olive. Cose semplici che danno anche occasione alla gente di incontrarsi, di collaborare, di confrontarsi, mantenendo quel clima di famiglia che è forse impossibile avere nelle grandi città. C’è poi l’aria bella, l’aria buona, la familiarità che si incontra nei vicoli e nelle strade: si diventa subito carpinetani! Un piccolo paese, ma sicuramente dal cuore caldo e forte.

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    I vescovi brasiliani del Nordeste dal Papa: intervista con mons. Silva Pepeu

    ◊   Il Papa, stamani, ha ricevuto in udienza nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo alcuni presuli della Conferenza Episcopale del Brasile della Regione Nordeste III, in visita "ad Limina". Ha incontrato Benedetto XVI anche mons. Luís Gonzaga Silva Pepeu, arcivescovo di Vitória da Conquista. Cristiane Murray gli ha chiesto quali sono le principali sfide che deve affrontare la sua diocesi:

    R. - La nostra realtà è quella del resto del Brasile con le sfide dei problemi sociali e della globalizzazione e noi lavoriamo sempre nella prospettiva della “globalizzazione della solidarietà”, come diceva Giovanni Paolo II. Un’altra sfida per la nostra Chiesa oggi è rappresentata dai giovani: occorre lavorare a fondo in questo ambito della pastorale e della missione. E’ una sfida per la nostra Regione Nordeste III ma anche per tutto il Brasile.

    D. - Nello specifico, quali sono i problemi sociali che interessano la vostra Regione ecclesiastica?

    R. - Il problema più grande è quello della violenza che è particolarmente grave in questa parte del Brasile, soprattutto nelle grandi città e tra i giovani ed è alimentata dalla droga. Questa è una grande sfida per la nostra missione, soprattutto, nel lavoro con i giovani.

    D. - Qual è il bilancio dell’Anno Sacerdotale e la situazione delle vocazioni nella Regione Nordeste III?

    R. - Certo, i nostri seminari hanno vocazioni e candidati, ma bisogna fare di più nella nostra realtà: avremmo bisogno di molte vocazioni. L’Anno Sacerdotale è stata una benedizione per la nostra Chiesa, perché ci ha offerto l’opportunità di pregare di più, di approfondire questo tema, di riflettere sul nostro lavoro, di portare una coscienza più grande della vocazione soprattutto tra i giovani. Siamo grati al Santo Padre per questa iniziativa. Grazie all’Anno Sacerdotale, pensiamo che le vocazioni saranno più numerose anche in questa parte del Paese. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Altre udienze

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina anche il sig. Kagefumi Ueno, ambasciatore del Giappone, in visita di congedo; il sig. Francesco Kim Ji-Young, ambasciatore di Corea, in visita di congedo; il sig. János Balassa, ambasciatore di Ungheria, in visita di congedo; mons. Celestino Migliore, arcivescovo titolare di Canosa, nunzio apostolico in Polonia.

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    Mons. Giorgio Lingua nuovo nunzio in Giordania e Iraq

    ◊   Il Papa ha nominato nunzio apostolico in Giordania e in Iraq mons. Giorgio Lingua, finora consigliere di nunziatura, elevandolo in pari tempo alla sede titolare di Tuscania, con dignità di arcivescovo. Mons. Lingua è nato a Fossano, in provincia di Cuneo, il 23 marzo 1960. Ordinato sacerdote il 10 novembre 1984, laureato in Diritto Canonico, è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede il primo luglio 1992, prestando successivamente la propria opera nelle rappresentanze pontificie in Costa d'Avorio e negli Stati Uniti d'America, nella sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, nelle nunziature apostoliche in Italia e in Serbia. Conosce anche il francese, lo spagnolo e l'inglese.

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    Inaugurato in Svezia il primo Istituto universitario cattolico dopo 500 anni: gli auguri del Papa

    ◊   E’ stato inaugurato oggi in Svezia l’Istituto Newman di Uppsala, il primo centro universitario cattolico del Paese dai tempi della Riforma. La cerimonia è stata aperta da una Messa presieduta da padre Adolfo Nicolás, preposito generale della Compagnia di Gesù. Nell’occasione il Papa, in un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, ha espresso la sua gioia e la sua ammirazione per quanto compiuto e prega che docenti, studenti e ricercatori dell’Istituto possano dedicarsi “con cuori e menti completamente aperti al perseguimento della sapienza divina e umana”, auspicando inoltre che quest’opera, intitolata al cardinale Newman, potrà rafforzare “le relazioni intellettuali e spirituali tra i Paesi nordici e l’intera Europa, come fece una precedente università fondata ad Uppsala da Papa Sisto IV“. Quindi il messaggio conclude: “Possano la tradizione illustre di studio, la ricerca disinteressata della conoscenza in tutti i campi e un forte impegno alla fede divina e all'umana ragione, essere le caratteristiche di questo nuovo centro di umana e cattolica eccellenza”. Da Uppsala il servizio di Angela Ambrogetti:

    La libertà della coscienza si raggiunge attraverso la ricerca della verità. Questa la riflessione del preposito dei Gesuiti, padre Adolfo Nicolás, ai partecipanti alla Messa con la quale è stata inaugurata, questa mattina, l’Università dell’Istituto Newman. Per la prima volta, dopo 500 anni, un’Università cattolica è stata riconosciuta dallo Stato svedese. Filosofia e teologia, queste le facoltà principali, ma anche arte e cultura scandinava ed europea. L’Istituto Newman ha un’ampiezza di sguardo sulla realtà della società svedese in particolare e ad Uppsala, proprio in questi giorni, si apre l’anno accademico. Per questo l’inaugurazione ha un significato molto profondo ed importante nella stessa società scandinava e di questo ha parlato il preposito generale nella sua omelia, riferendosi anche alla difficoltà di dover essere ricercatore della verità e di seguire la propria coscienza alla sequela dell’amore di Dio, proprio come successe al cardinale Newman, che il prossimo 19 settembre sarà proclamato Beato da Benedetto XVI. L’Istituto Newman offre programmi di studio per il Baccellierato in filosofia e teologia, per il Diploma di educazione superiore e corsi a livello individuale anche in letteratura, arte e musica. Nel pomeriggio si svolgerà una conferenza accademica sul tema “Newman e l’idea di università”.

    Al centro dell’omelia di padre Adolfo Nicolás è stato dunque il tema della ricerca della verità: ascoltiamo, al riguardo, il preposito generale dei Gesuiti al microfono di Angela Ambrogetti:

    R. - Noi dobbiamo cercare sempre la verità e per questo dobbiamo andare contro i pregiudizi, contro tutto ciò che la gente nemmeno mette in discussione, assumendo come presupposti di un argomento le asserzioni più deboli perché sono basate su opinioni generali, sulla superficialità di giudizi che non sono sempre esatti. Quindi, la ricerca della verità avrà sempre la necessità di confrontarsi con quanti si trovano comodi nell’opinione comune. Se adesso non ci sono difficoltà - perché vediamo che c’è un grande appoggio da parte delle autorità - le difficoltà si troveranno quando ci confronteremo con la verità. Questo è accaduto sempre: è accaduto a Gesù, a San Paolo e accadrà anche a noi.

    D. – Dopo 500 anni la Chiesa cattolica ha una università riconosciuta dallo Stato in un Paese protestante. Che cosa significa questo?

    R. – Per me questa è una testimonianza in più che il Paese è aperto alla pluralità, che la pluralità non è soltanto qualcosa che noi accettiamo perché non c’è altro rimedio ma è qualcosa che si accetta positivamente come una possibilità di offrire il proprio contributo. La possibilità non è soltanto che vengano migranti a lavorare ma che vengano anche altri che pensano in maniera diversa e che hanno una tradizione diversa. Ho salutato una pastora della Chiesa luterana e mi ha detto che gruppi con spiritualità ignaziana stanno crescendo in Svezia come funghi e questo è sommamente moderno, questo è ciò che la gente sta cercando. I tesori della Chiesa sono tesori che alle volte diventano nascosti e poi tornano fuori di nuovo e credo che sant’Ignazio ha trovato una tradizione spirituale molto profonda che ha saputo elaborare in un sistema e questo sistema adesso si sta valutando qui. Credo che questo sia un passo molto importante.

    D. – Quindi, Newman e Ignazio offrono insieme un messaggio forte...

    R. – Sì, Newman non ha avuto paura di confrontarsi con i paradossi e le difficoltà e ha scoperto tutta una linea di sviluppo del dogma e della verità che ha contribuito alla teologia cattolica, e sant’Ignazio ha contribuito, attraverso un processo spirituale interno, a scoprire che il Regno di Dio è sempre più grande di noi. E questo era già patrimonio della Chiesa cattolica, sant’Agostino e i grandi teologi l’avevano già detto, però il mistico ha il talento di fare di questo un cammino spirituale. E’ bene riscoprire nella storia della Chiesa questi tesori nascosti che vengono fuori e credo che la Svezia sia in un buon momento per accettare la pluralità delle culture e la pluralità della collaborazione anche nell’ambito religioso. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    Newman e l’ecumenismo: le riflessioni del prof. Milbank e mons. Langham

    ◊   Un esempio per tutti, cattolici e anglicani. L’Inghilterra attende con gioia la Beatificazione del cardinale Newman, domenica 19 settembre a Birmingham. La sua figura e la sua opera rappresentano, infatti, un solido ponte sulla via dell’ecumenismo. Per questo, il giorno che verrà elevato all’onore degli altari non sarà un momento di festa solamente per i cattolici. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Fondatore del Movimento religioso di Oxford, anticipatore del Concilio ecumenico Vaticano II, John Henry Newman è, come sottolineò Paolo VI, “una guida sicura per tutti coloro che sono alla ricerca di un preciso orientamento e di una direzione attraverso le incertezze del mondo moderno”. La sua Beatificazione è dunque un’opportunità per rafforzare la testimonianza comune di cattolici e anglicani in una società sempre più secolarizzata. La riflessione del teologo John Milbank, professore all’Università di Nottingham, raccolta da Luca Collodi:

    "I think that the Beatification of cardinal Newman is very welcome…
    Credo che la Beatificazione del cardinale Newman sia accolta con grande favore, perché egli ha “trasformato” la Chiesa anglicana rendendola molto più cattolica, e contribuì ad una riforma della Chiesa cattolica a lungo termine. In un certo senso, si potrebbe dire che è stato il cardinale Newman a provocare una profonda vicendevole influenza di una Chiesa sull’altra. Non c’è dubbio: storicamente è vero che Newman ha portato una certa corrente di pensiero anglicano nel cattolicesimo, mentre allo stesso tempo ha reso la tradizione anglicana molto più aperta alle risorse storiche della fede cattolica".

    Sull’importanza della dimensione ecumenica di Newman, che anche dopo la conversione al cattolicesimo mantenne un grande rispetto per la Comunione anglicana, si sofferma mons. Mark Langham, incaricato per i rapporti con gli anglicani del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani:

    R. – Newman è, come ha detto l’arcivescovo di Canterbury, un patrimonio non soltanto dei cattolici ma di tutta la società – nella tradizione intellettuale e religiosa – d’Inghilterra e Gran Bretagna. Egli, quindi, sarà un segno della santità, dell’intellettualità, del rapporto tra fede e ragione nella nostra cultura che tutti i cristiani potranno apprezzare. Sarà beatificato – come Beato della Chiesa cattolica, ovviamente – ma in una visione più ampia di un uomo inglese che può contribuire a dare al cristianesimo inglese una spinta verso la vera fede, la verità e la preghiera.

    D. – Una figura assolutamente attuale, pur nella sua complessità…

    R. – Certo! Lui era un uomo integro; ha sempre cercato la verità: queste cose non cambiano. Il dovere della Chiesa è sempre di parlare e cercare, in modo integrale, la verità. Quale contributo può dare la religione ad una società moderna? Questa era la domanda di Newman: questa è una domanda molto importante per i nostri giorni!

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    Il cardinale Rylko al Congresso di Seoul: l'evangelizzazione è la ragion d'essere della Chiesa

    ◊   Ultime battute, oggi, per il Congresso dei laici cattolici dell’Asia, ospitato da Seoul, in Corea del Sud. Domani la Messa conclusiva nella Cattedrale della città, al termine della quale tutti i partecipanti riceveranno un mandato missionario per l’evangelizzazione in Asia. A chiudere i lavori, stamani, è stato l’intervento del cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, che ha organizzato il congresso. Ce ne parla Isabella Piro:

    Speranza: è stato questo il denominatore comune del Congresso, ha detto il cardinale Rylko. E questa speranza ha un nome, quello di Dio, l’unico capace di sconfiggere lo “smarrimento profondo” e “il nichilismo pratico” di cui è vittima l’umanità postmoderna. La grande missione dei cristiani in Asia, allora, ha ribadito il porporato, è quella di annunciare la speranza al continente, soprattutto là dove viene negata la libertà religiosa, perché “l’evangelizzazione non è un’attività accessoria, bensì la ragion d’essere della Chiesa”. Ma bisogna fare attenzione, ha sottolineato il cardinale Rylko: evangelizzare non significa ridurre tutto ad un piatto dialogo o ad una semplice opera di promozione umana. No: evangelizzare significa guardare a tre “leggi fondamentali”, ricordate in passato più volte dall’allora cardinale Ratzinger. La prima è la legge dell’espropriazione, che ci dice che evangelizzare “non è mai un affare privato, perché dietro c’è sempre Dio e c’è la Chiesa”. La seconda norma riguarda l’umiltà: come un granellino di senapa, chi annuncia il Vangelo deve essere umile e solo così saprà reagire allo scoraggiamento che può colpire l’impegno missionario. Infine, la terza legge ci ricorda l’importanza dei martiri, coloro che, come il chicco di grano, muoiono per portare frutto.

    Poi, il cardinale Rylko si è soffermato sul tema dell’inculturazione del Vangelo ed ha ribadito che, lontana dal sincretismo, la fede non si identifica con alcuna cultura, ma, al contrario, è capace di impregnare ogni cultura. Centrale anche la questione della formazione, diritto-dovere dei laici e in cui è sempre più importante “la presenza e il contributo delle donne”. Bando ad una certa “mentalità clericale”, ha sottolineato il porporato, la formazione dei laici deve avvenire soprattutto nelle parrocchie, “vere palestre di vita cristiana”, e nei “movimenti ecclesiali”, purché siano “inseriti con umiltà nella vita delle Chiese locali”.

    Ultimo punto trattato dal cardinale Rylko, quello della santità, che “non è un’utopia, ma l’affascinante traguardo che Cristo prospetta a tutti i battezzati”. “I santi sono grandi maestri di vita cristiana – ha detto il porporato – Ci infondono il coraggio di scommettere tutta la nostra vita su Dio e ci sfidano ad uscire da una mediocrità che ci rende inclini ai compromessi con la cultura laicista dominante”. Infine, il ringraziamento finale del cardinale Rylko è andato alle comunità cristiane sofferenti, quelle più povere o private della libertà religiosa: a loro, il Congresso ha espresso vicinanza ed amore, ribadendo che la Chiesa non le ha abbandonate, ma anzi le pone in una posizione privilegiata.

    Sugli interventi della giornata ascoltiamo padre Bernardo Cervellera, direttore di AsiaNews, raggiunto telefonicamente a Seoul da Sergio Centofanti:

    R. - Direi che sono stati degli interventi realisti e insieme pieni di entusiasmo. Anzitutto il discorso finale del cardinale Rylko è stato molto preciso ed ha sottolineato, pur nella fatica che obiettivamente molte comunità cristiane qui in Asia fanno, l’entusiasmo nel testimoniare la fede e nel portare proprio l’annuncio cristiano. E’ stato molto preciso su questa questione: l’annuncio va fatto, ma non in opposizione al dialogo, perchè chi vuole annunciare Gesù Cristo sa anche come dialogare. E questo proprio per sgominare un po’ i timori o la presenza magari di un certo relativismo sostenuto da qualche teologia un po’ deviata qui in Asia, basata sul fatto che non bisogna annunciare Gesù. Si è, invece, riconfermato che i popoli dell’Asia cercano davvero la soluzione ai loro problemi e la cercano proprio nella fede cristiana. Tutti questi laici, anche rappresentanti, hanno molto sentito questo conforto alla loro missione e alla loro testimonianza quotidiana. L’altro elemento - secondo me - molto, molto importante è che tutti sono coscienti della grandezza e della povertà che c’è nelle Chiese dell’Asia: la grandezza proprio per il grande compito che hanno in un continente che è veramente diventato il centro del mondo ed è, quindi, in preda a rivoluzioni copernicane molto importanti. Ormai veramente il centro del mondo si sta spostando qui e, quindi, i cristiani che fanno parte dell’Asia devono affrontare nuove problematiche economiche, nuove problematiche politiche, rivolgimenti sociali enormi. In tutto questo, pur essendo un piccolo gregge, comprendono che di poter portare un contributo effettivo, importante e risolutivo per tutti i problemi dell’Asia.

    D. - Che bilancio si può fare di questi giorni di Congresso?

    R. - Questi giorni di Congresso sono stati anzitutto un sostegno alla missione dei laici cattolici in Asia. Questo piccolo gregge, questo piccolo seme diffuso da tutte le parti di questo continente con queste piccolissime comunità - c’erano, ad esempio, le comunità del Turkmenistan, che sono 300 cattolici in questo Paese sterminato; le comunità del Kazakhstan oppure piccole comunità sperdute in qualche villaggio dell’India - è stato confortato dal fatto che vivono anzitutto una missione importante e, in secondo luogo, che la vivono in comunione con tutta la Chiesa universale. Questo del conforto della Chiesa universale è stato anche qualcosa che ha dominato un po’ tutti i lavori, proprio perché molti di questi cristiani e molti di questi laici sono perseguitati proprio a causa della fede. Allora percepire l’aiuto, il sostegno e l’unità con la Chiesa universale è qualcosa che li fa decidere ancora per continuare questa loro missione. Allo stesso tempo tutti coloro - e questo è stato detto da tantissimi partecipanti ed anche dal cardinale Rylko e dai vari rappresentanti - che ascoltano le testimonianze di quanti sono perseguitati, traggono conforto e decisione nella loro missione. Credo che un altro elemento più interno alla Chiesa che va sottolineato è come sia sempre più chiaro che i laici hanno una missione indispensabile ed unica, che non è semplicemente a sostegno delle strutture ecclesiastiche, ma è veramente quella di essere lievito all’intero della “pasta del mondo” e, quindi, di entrare in tutte le situazioni sociali, politiche, economiche e caritative del mondo e dentro queste portare l’annuncio della fede, portare la loro testimonianza.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La visita di Benedetto XVI a Carpineto Romano in occasione del secondo centenario della nascita di Leone XIII.

    In prima pagina, un articolo di Cesare Pasini sulla riapertura della Biblioteca Vaticana.

    Nell’informazione internazionale, in rilievo i negoziati in Medio Oriente: appello di Washington per un positivo svolgimento delle trattative tra israeliani e palestinesi.

    La salvaguardia dell’ambiente: Giancarlo Rocca sulla relazione tra Chiesa e natura nel ventesimo secolo.

    Quando gli affetti salvano dal vuoto di senso: Gaetano Vallini sul nuovo film di Sofia Coppola, “Somewhere”, in concorso al Festival di Venezia.

    Raccontare con le sole immagini: Dario E. Viganò sul premio Robert Bresson conferito al regista Mahamat Saleh-Haroun.

    La strana triade: Cristiana Dobner recensisce il libro di Tom Keve “Triad.

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    Oggi in Primo Piano



    Lancio di un razzo da Gaza contro Israele: nessuna vittima

    ◊   Dopo la storica ripresa dei colloqui diretti israelo-palestinesi a Washington, i nuovi incontri avverranno tra due settimane in Egitto e continueranno con cadenza quindicinale. Intanto il premier israeliano Netanyahu ha parlato ieri di referendum se dovesse riuscire a concludere la pace con i palestinesi. La Lega Araba da parte sua chiede negoziati seri e non semplici strette di mano. E mentre nella comunità internazionale vige un cauto ottimismo, Hamas è tornata a minacciare il processo di pace definendo i coloni israeliani "bersagli legittimi". E alle parole sono subito seguiti i fatti: stamani un razzo partito dalla Striscia di Gaza è esploso in una zona disabitata del Negev israeliano. Sulla ripresa dei negoziati e sulle reali possibilità di arrivare ad una soluzione condivisa del problema, sentiamo il commento di Eric Salerno, corrispondente dal Medio Oriente per quotidiano il Messaggero, intervistato da Manuela Campanile:

    R. - Io credo che il presidente Obama voglia veramente, così come altri presidenti americani, arrivare alla pace. Io credo che voglia chiudere e ha bisogno di chiudere il contenzioso mediorientale, perché ci sono tanti altri teatri strategici aperti, tante altre questioni da risolvere. C’è, poi, un futuro che ci presenta altre sfide come Occidente e come zona del Mediterraneo, del Medio Oriente e come zona che si affaccia sull’Asia. Detto questo, però, non sappiamo e non possiamo capire se gli interlocutori riusciranno effettivamente a decidere cosa vogliono fare e quali possono essere i compromessi che sono disposti ad accettare. Il presidente palestinese è abbastanza isolato all’interno del suo mondo: non è totalmente legittimato, perché il suo mandato è scaduto da quasi due anni. Si presenta, dunque, con un ruolo a cavallo che è legato un po’ alla presidenza dell’Olp, che però non c’entra niente, e un po’ alla presidenza dell’Autorità nazionale palestinese. Netanyahu è poi un grande punto interrogativo, perché nasce come uomo di destra e il suo compito - in questo momento per arrivare alla pace - è quello di sposare le idee della sinistra.

    D. - Il primo test arriverà molto presto: il 26 settembre quando scadrà la moratoria di Israele sui nuovi insediamenti. Bisogna, quindi, aspettare e vedere cosa succederà?

    R. – E’ molto importante quello che succederà quel giorno e subito prima di quel giorno, quando cioè Netanyahu dovrà dire al suo interlocutore che non intende più far costruire nei Territori occupati fino a quando non ci sarà una soluzione, oppure i due dovranno trovare un’intesa, un compromesso che potrebbe - si ipotizza oggi - essere quello di consentire le costruzioni in quegli insediamenti che, all’interno di un accordo con i palestinesi, resterebbero ad Israele e bloccare, invece, quelli che sono previsti o che vogliono realizzare i coloni in quella parte di territorio che sicuramente deve tornare al popolo palestinese.

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    I bambini dell'Unitalsi sfilano a Parigi per la pace

    ◊   Oltre 500 bambini provenienti da tutta Italia sfilano oggi a Parigi con un “grande” obiettivo: lanciare un forte messaggio di pace. I piccoli, numerosi i diversamente abili, sono accompagnati dai volontari Unitalsi e da tante famiglie: il corteo sfila nei giardini Champ de Mars, vicino alla Torre Eiffel; dopo la marcia, l'incontro con l’arcivescovo di Parigi, il cardinale André Armand Vingt-Trois, nella Cattedrale di Notre Dame. I dettagli nell’intervista con Antonio Diella, presidente dell’Unitalsi, realizzata da Davide Dionisi.

    R. – I bambini s’incontrano con altri bambini per giocare insieme, per sorridere insieme, per mangiare insieme e per pregare insieme. La pace la costruiamo con questo genere d’incontri, che sono incontri carichi di gioia. Incontri tra realtà diverse ma che però hanno in comune questa voglia di vivere. I bambini soprattutto – ed in particolare i bambini in difficoltà - si ritrovano, in queste esperienze, con i loro coetanei senza che ci siano differenze o difficoltà insormontabili. In realtà questo percorso insieme, da anni, continua a dare tanta gioia e tanta possibilità a questi piccoli.

    D. – Presidente, perché avete scelto i bambini come ambasciatori di pace?

    R. – Abbiamo scelto i bambini perché sono veramente un’esperienza di pace disarmata e disarmante. Noi ci siamo resi conto, in questi anni, che parlare di pace spesso significa ragionare molto di trattati, di possibilità d’incontri che però, spesso, sono molto difficili. Questa pace disarmata, invece, quest’incontro di gioia di chi non ha nessuna possibilità d’incidere per quello che noi pensiamo possa essere un percorso di pace – quindi i piccoli, che parlano semplicemente il linguaggio dell’incontro della diversità che gioca, della possibilità a rincontrarsi senza chiedersi nemmeno da dove arrivi ma l’importante è incontrarsi - credo sia un segno innanzitutto per i credenti. Quest’affidare ai bambini, cioè ai piccoli, all’incontro di umanità, al rispetto reciproco il messaggio della pace, è stato sempre un percorso molto educante anche per i grandi.

    D. – Un percorso di fede a misura di bambini, dunque…

    R. – Abbiamo pensato che non è una fede per i bambini ma è la fede dei bambini. Non vogliamo fare un percorso del grande che diventa piccolo. Vogliamo fare un percorso nel quale i piccoli sono protagonisti con i loro linguaggi, le loro necessità, i loro desideri ed anche il loro guardare all’esperienza della fede con quella semplicità – e a volte con quella curiosità – che magari noi adulti abbiamo un po’ messo da parte ed un po’ perso. Noi abbiamo complicato molto l’esperienza della fede, che in realtà è veramente molto più semplice. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    "La Passione" di Mazzacurati al Festival di Venezia

    ◊   In concorso a Venezia oggi è atteso il secondo titolo italiano, “La Passione” di Carlo Mazzacurati: nell’allestire in Toscana una Sacra Rappresentazione, il coinvolgimento di un regista in crisi e di un intero paese porterà a esiti inaspettati. Con i toni della commedia e nel rispetto del tema, un film che fa sorridere e riflettere. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Sotto una pioggia battente, in croce è salito un altro “povero Cristo”. Non risponde all’iconografia tradizionale, prima di tutto per i numerosi chili che ha addosso. Sta recitando, suo malgrado. E’ un ex-carcerato che ha un cuore grande come quello di Gesù. La gente, che prima assisteva muta e composta e partecipe, alle prime gocce urla e, nel parapiglia, se ne va. Abbandona la scena. Dimentica presto. Soltanto un’emozione di superficie. Dentro, rimane il nulla. E’ la solita storia: chi è inchiodato, non può scappare. E chi è libero, fa una scelta. Solitamente è la più comoda e conveniente. Ma Silvio Orlando, nella parte, perfetta per lui che è un grande attore “semi-comico”, di un regista in perenne crisi e che a prestare l’arte sua per quella sacra rappresentazione nel paesello toscano ci è stato costretto, no, lui non se ne va, come pochi altri. Guarda il crocefisso, guarda fisso negli occhi Giuseppe Battiston. Che cosa capisce in quel dialogo silenzioso di se stesso, dei propri fallimenti e della propria vita? Lo abbiamo chiesto al regista, Carlo Mazzacurati.

    “Penso che il cinema debba, in parte, dire attraverso i dialoghi ed in parte rimanere silenzioso. Quei vuoti ognuno li deve riempire con i propri pensieri. Quello che succede a lui in quel momento, è come se questa cosa improvvisa, che è arrivata, inattesa, cioè la forza di quello che sta succedendo, gli riconsegnasse qualcosa che lui, nel profondo, sente di aver perso: la capacità d’invenzione, d’ispirazione. Come se questa quasi epifania, per certi aspetti, si ricongiungesse con la metà di se stesso perduta. Tant’è che alla fine, lui, ha di nuovo il coraggio d’inventare”.

    E’ un film particolare, dunque, “La Passione” e, in fondo, ha del coraggioso: osa trattare un tema così importante e delicato e serio – la tragedia di un Dio deriso e inchiodato sul legno – attraverso una finzione che guarda più alla commedia che al dramma. La anomalia sta tutta nel racconto: quel regista pasticcione e in perenne fuga, dopo aver combinato un guaio e rovinato un affresco prezioso di quel paese dove è proprietario di un appartamento, si trova messo dinanzi a una scelta: o ripristinare la tradizione della sacra rappresentazione o venir denunciato. Sceglie la prima opzione e lentamente coinvolge tutto il paese e i suoi estroversi abitanti nella recita, ma soprattutto si fa coinvolgere. Un film a suo modo sapiente, un film delicato che nella sua apparente semplicità si fa vicino alla gente e alla vita di tutti i giorni, a persone che sono esposte più di altre alle difficoltà quotidiane ma che, nel partecipare a quella sacra tradizione di teatro popolare, ritrovano un ruolo, uno scopo, un rapporto, un futuro. E’ la ricerca di molti. Mazzacurati indica, molto sinceramente, una via.

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa 23.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il passo del Vangelo in cui Gesù indica cosa significhi essere suo discepolo: è necessario amarlo più dei parenti e portare la propria croce ogni giorno, perché chi vuole costruire una torre – dice - calcola prima la spesa per vedere se ha i mezzi per portarla a termine; e il re - prima di partire per la guerra - esamina prima se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila. Quindi afferma:

    «Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    La gente si stava entusiasmando per questo maestro dalla parola piena di immagini e dai gesti così audaci, ma Gesù sembra prendere le distanze da un entusiasmo facile. Sono una doccia fredda queste parole dure rivolte a tutti, e non solo ai discepoli più intimi. Seguirlo non è una passeggiata, è scegliere una strada fatta di emarginazione e sofferenza, di lacerazioni e tradimenti. Come stile comunicativo, questo linguaggio fa rabbrividire, non suscita certo consensi. Ma Gesù non sa che farsene di un amore passeggero, di seguaci che cercano comodità. Le brevi parabole, quella della torre da costruire e quella dello scontro armato, rafforzano proprio la sensazione di una sfida da prendere con tutta serietà: chi non ce la fa a stare a queste scelte radicali, meglio non si metta in mezzo. Se si è disposti a giocare tutto, a rinunciare “a tutti gli averi”, come dice in finale, cioè a rinunciare a tutte le pretese e le attese comode, si può rischiare l’avventura del discepolato. Purtroppo per molti il cristianesimo assomiglia ai saldi di fine stagione, a metà prezzo e anche meno. Da dove cominciare per tornare al prezzo intero, incluse anche audacia e creatività?

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    Chiesa e Società



    Emergenza Pakistan: aiuti in ritardo o venduti come merce di scambio

    ◊   “Disperata”: così ieri l’Onu ha definito la situazione degli sfollati del Pakistan, accampati nelle strade senza acqua potabile e accesso ai servizi sanitari di base. Secondo l’organismo sovranazionale, in più di un mese le alluvioni hanno colpito in vario modo oltre 17 milioni di persone e ne hanno lasciati senza casa altri otto milioni. L’Onu, inoltre, non ha aggiornato il bilancio delle vittime, fermo a 1760, perché il governo ha smesso di contare, ma nella realtà potrebbero essere molte di più, mentre il premier Gilani ha annunciato che le operazioni di soccorso dureranno altri sei mesi. Ad aggravare la situazione, il fenomeno, sempre più frequente nell’area di Peshawar, di vendita pubblica degli aiuti umanitari, che la popolazione soccorsa rivende per acquistare altro e la criminalità dilagante: nel Punjab testimoni raccontano di persone che vivono fuori dalle zone alluvionate per rubare nelle case abbandonate. Le ultime zone in ordine cronologico a essere coinvolte nell’emergenza, sono la provincia meridionale del Sindh e il Beluchistan, “in particolare il distretto di Thatta, inghiottito dalla piena dell’Indo”, ha precisato alla Misna Shammas Ruben, coordinatore della Caritas pakistana a Hyderabad. L’ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, inoltre, ha denunciato la lentezza degli aiuti internazionali. Restando in tema, il network di solidarietà Agire, che comprende le ong ActionAid, Cesvi, Intersos, Vis e Save the children, da oggi e fino al 27 settembre ha attivato il numero 45504 cui si possono inviare sms per donare due euro alla popolazione così duramente colpita. Il network finora ha raggiunto con aiuti umanitari circa 300mila persone in Pakistan, ma ci sono due milioni e mezzo di bambini che attendono ancora di essere raggiunti, come ha denunciato Save the children. Il miliardo di dollari raccolto in questo mese, infatti, sembra una cifra assolutamente inadeguata per rispondere alla crisi ed è circa un terzo della somma raccolta solo pochi mesi fa per i terremotati di Haiti. (R.B.)

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    Pakistan: ancora discriminazioni nella distribuzione dei soccorsi

    ◊   In un Pakistan già in ginocchio per le inondazioni, torna l’incubo terrorismo con gli attentati degli ultimi giorni, che non fermeranno, però, la distribuzione degli aiuti alla popolazione. “Il lavoro della Caritas prosegue instancabile in tutte le direzioni, in tutte le diocesi e senza alcuna discriminazione sui destinatari”, ha raccontato a Fides il vescovo di Hyderabad, mons. Max John Rodrigues, che ha dato anche testimonianza della collaborazione e della solidarietà tra le popolazioni cristiana, musulmana e indù. A Multan, il vescovo diocesano mons. Andrew Francis cura personalmente la distribuzione di cibo, tende, acqua pulita e medicinali a 25mila famiglie. A Islamabad la Comunità di San’Egidio ha organizzato gli aiuti diretti alla città di Noshera, nella provincia di frontiera del nordovest, mentre la Conferenza episcopale tedesca ha organizzato per domani una speciale giornata di preghiera e di raccolta fondi durante le Messe. Non tutte le testimonianze di fratellanza e collaborazione tra persone di etnia e religione diversa, purtroppo, però, concordano: operatori umanitari e Ong denunciano una forte discriminazione negli aiuti, anche da parte di funzionari governativi, e nelle cure mediche prestate ai cristiani nel distretto di Thatta. “Ad alcuni profughi cristiani l’assistenza è negata apertamente – afferma l’Ong americana Open Doors – ad altri viene detto di andarsene o di convertirsi all’Islam”. A subire discriminazioni sono anche gli ahmadi, considerati eretici dai musulmani, e i dalit, i fuori casta del Pakistan, che vengono cacciati dai campi profughi e maltrattati. (R.B.)

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    Celebrazioni nel mondo per la festa liturgica della Beata Teresa di Calcutta

    ◊   Nella festa liturgica della Beata Teresa di Calcutta, celebrazioni e altre manifestazioni si tengono domani nelle case delle Missionarie della Carità, la congregazione fondata dalla Beata e in altri luoghi del mondo per onorare la “madre dei poveri”. A Roma, una Santa Messa sarà presieduta dal cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, nella chiesa di San Gregorio al Celio (ore 19.00), dove questa sera si tiene una Veglia di preghiera con esecuzione dell’Oratorio della Beata Teresa di Calcutta composto da Marcello Bronzetti. Skopje, in Macedonia, città natale di Gonxha Agnes Bojaxhiu, la ricorderà con una Messa solenne nella Cattedrale del Sacro Cuore, presieduta dal Vescovo mons. Kiro Stojanov. In Albania, mons. Rrok Kola Mirdita, Arcivescovo di Tirana-Durazzo, celebrerà l’Eucaristia nella cattedrale di San Paolo della capitale, mentre a Scutari sarà l’arcivescovo Angelo Massafra, ad officiare l’Eucaristia nella cattedrale cittadina. A Pristina, in Kosovo, una nuova chiesa viene dedicata a Madre Teresa, nel corso di un solenne rito liturgico presieduto da mons. Zef Gashi, arcivescovo di Bar (Montenegro), Rappresentante del Santo Padre, e concelebrato da mons. Dodë Gjergji, amministratore apostolico di Prizren e da vescovi dell’Albania; saranno presenti fedeli di tutte le parrocchie del Kosovo riuniti in un pellegrinaggio nazionale. A Calcutta, dove la Beata si è spenta il 5 settembre 1997, una Santa Messa sarà celebrata dall’arcivescovo Salvatore Pennacchio, nunzio Apostolico in India, nel Collegio di St. Xavier. (A cura di Marina Vitalini)

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    Tappa in Austria per il pellegrinaggio verde dei vescovi europei

    ◊   “In questo sistema di mercato, Signore, dove tutto ha un prezzo ma nulla ha valore, dove si svende il futuro in cambio del guadagno immediato, aiutaci a formare in noi un’adeguata coscienza etica, che veda nella creazione una ricchezza di doni per tutta l’umanità e per le generazioni future. Aprici a una nuova cultura che ci faccia sentire amministratori e non possessori della terra, che ci faccia responsabili e pronti a risanare quelle situazioni concrete presenti ovunque, per le nostre strade, nelle fabbriche e nelle nostre case”. Così uno dei principali passaggi della preghiera ecumenica per il creato, pronunciata ieri nella cattedrale austriaca di St. Pölten, in occasione della tappa austriaca del pellegrinaggio ecologico organizzato dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee). Alla celebrazione erano presenti il vescovo cattolico della diocesi, mons. Klaus Küng, il metropolita ortodosso d’Austria ed esarca d’Ungheria, Michael Staikos, e il rappresentante evangelico di Lower (Austria), Paul Weiland, oltre a rappresentanti della Rete europea cristiani per l’ambiente. Nell’incontro con la stampa a margine del pellegrinaggio, padre Duarte Da Cunha, segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), ha lanciato l’invito a “comprendere la complessità delle tematiche ecologiche e il loro significato” attraverso il ritorno alla “bellezza del creato, che l’uomo deve contemplare e apprezzare e non distruggere o contaminare”. “Protezione dell’ambiente, della natura e della vita sono temi interconnessi”, ha aggiunto il ministro slovacco Jan Figel, ricordando che “proteggere la natura è proteggere la vita sulla terra”. Mentre il presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e la pace, cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, ha evidenziato che “l’uomo deve amministrare l’ambiente come se amministrasse la propria casa. Quindi – ha concluso il porporato - se vogliamo vivere in un ambiente che rispecchi la ‘bellezza iniziale del creato’, dobbiamo prenderci cura di esso”. (M.G.)

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    Africa: decisa la nascita di un’agenzia di informazione cattolica per tutto il Continente

    ◊   “Catholic news agency for Africa”, ovvero, in un acronimo, “Canaa”: si chiamerà così, molto probabilmente, l’agenzia di informazione cattolica per l’Africa di prossima istituzione. A decidere la sua nascita è stata la Conferenza dei professionisti dei media cattolici africani che si è riunita a Nairobi, in Kenya, dal 31 agosto al 2 settembre, su iniziativa del Secam - il Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar - e con gli auspici del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali. Come spiega padre Patrick Alumuku, direttore delle Comunicazioni dell’arcidiocesi di Abuja, in Nigeria, la nuova agenzia rappresenterà “una voce che racconta la storia della Chiesa in Africa” e farà in modo che “venga ascoltata la voce autentica dell’Africa stessa”. “Solitamente – spiega ancora padre Alumuku – l’Africa viene rappresentata in modo negativo dai diversi mass media che si concentrano solo sui problemi del continente, come le guerre, la carestia, la povertà e le malattie. La Canaa, invece, farà risuonare la voce degli africani come una voce di speranza, in modo da restaurare l’immagine del continente e del suo popolo sia a livello nazionale che internazionale”. Ad approntare la nuova agenzia sarà un gruppo di lavoro composto da tre persone: padre Alumuku, padre André Quenum, editore del “Giornale nazionale cattolico” in Benin, e Benedict Assorow, segretario generale del Secam. Inoltre, a livello regionale, il gruppo di lavoro sarà coadiuvato da altri membri provenienti, ad esempio, dall’Amecea (Associazione dei membri delle Conferenze episcopali dell’Africa orientale), dalla Cisa (Catholic Information Service for Africa), dall’agenzia Dia e dall’Imbisa (Bishops of Inter-Regional Meeting of Bishops of Southern Africa). Nel comunicato diffuso al termine dei lavori, viene specificato che i servizi della Canaa saranno offerti gratuitamente e che si accetteranno donazioni; i destinatari saranno non solo i cattolici, ma anche tutti gli interessati, e le lingue utilizzate saranno tre: portoghese, inglese e francese. Il mandato del gruppo di lavoro avrà la durata di un anno, mentre entro trenta giorni sarà preparata una bozza della struttura della nuova agenzia. Naturalmente, all’origine dell’iniziativa, c’è la riflessione scaturita dal secondo Sinodo speciale per l’Africa, svoltosi in Vaticano nell’ottobre 2009. Nella Proposizione finale n. 56, infatti, si legge: “In un mondo globale, l’uso migliorato e la maggiore disponibilità dei mezzi di comunicazione sociale (visuale, audio, web e stampa) sono indispensabili per la promozione di pace, giustizia e riconciliazione in Africa. Questo Sinodo quindi richiede una presenza aumentata della Chiesa nei mezzi di comunicazione sociale; la rete di centri audio-visivi, case di pubblicazione e centri mediatici; la preparazione professionale e la formazione etica di giornalisti per promuovere una cultura di dialogo che evita divisione, sensazionalismo, informazione scorretta e offensiva trivializzazione della sofferenza umana; l’uso di media moderni per diffondere il Vangelo ed i frutti del Sinodo attuale, per l’educazione dei popoli africani in verità, riconciliazione, e la promozione di giustizia e pace; lo sviluppo di reti satellitari, sotto la coordinazione di Cepacs (l’organo mediatico del Secam) per servire la Chiesa-Famiglia di Dio in Africa”. Di conseguenza, la Conferenza dei professionisti dei media cattolici africani ribadisce: “Uno dei modi più efficaci per ottenere riconciliazione, giustizia e pace sostenibili per la Chiesa in Africa è una comunicazione efficace e una rete di collaborazioni significative”. Allo stesso tempo, le commissioni diocesane, regionali e nazionali responsabili delle comunicazioni vengono esortate a sostenere l’iniziativa, anche in vista di una reale e completa democratizzazione del Paese. (I.P.)

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    Messico: l’8 settembre il continente americano unito nel Rosario alla Madonna di Guadalupe

    ◊   Milioni di fedeli in tutto il continente americano si uniranno in comunione spiritale mercoledì 8 settembre, alle ore 20, per partecipare alla recita del Rosario d'Amore Guadalupano (della Madonna di Guadalupe), che per la prima volta sarà realizzata alla sera e in forma comunitaria. Tutti porteranno in mano delle candele e faranno a piedi il percorso dalla collina del Tepeyac fino all'atrio della basilica di Guadalupe. A guidare la processione sarà l’arcivescovo di Mexico e Primate della nazione, il cardinale Norberto Rivera Carrera. L'evento, organizzato dall’arcidiocesi di Mexico, che ha inviato all’Agenzia Fides una nota informativa, dall'Istituto Superiore di Ricerca Guadalupe e dall'Ordine dei Cavalieri di Colombo, fa parte del programma di attività della Giornata Universale "Santa María de Guadalupe, Scudo e Patrona della nostra Libertà", organizzata in occasione della celebrazione del Bicentenario d'Indipendenza del Messico. La data dell'8 settembre è stata scelta perché la Chiesa celebra la festa della nascita della Vergine Maria. Il canonico della basilica di Guadalupe padre Eduardo Chávez Sánchez, incaricato del Rosario Guadalupano, ha detto che si pregherà “perché i messicani possano trovare la vera libertà che è l'indipendenza dal peccato, dalla morte, dall'egoismo, dalla superbia del dio denaro, che fa tanto male al nostro Paese”. Nel programma della Giornata figurano la presentazione del cardinale Rivera Carrera, un intervento dal titolo "Nostra Signora di Guadalupe, Madre della civiltà dell'amore" tenuta dal responsabile principale dei Cavalieri di Colombo, e un'altra breve conferenza di padre Chavez Sanchez sul tema "Santa Maria di Guadalupe, Scudo e Patrona della nostra Libertà - il significato della Vergine Nera nella lotta per l'indipendenza del Messico”. Secondo padre Chavez Sanchez, al Rosario si uniranno milioni di persone di tutto il continente che seguiranno l'evento attraverso il sito www.rosarioguadalupano.com, le diverse catene radio televisive e tutte le emittenti cattoliche che ritrasmetteranno il segnale satellitare che verrà offerto in modo gratuito. (R.P.)

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    Cile: la Chiesa invoca una rapida soluzione allo sciopero della fame dei 32 mapuches

    ◊   "La situazione è preoccupante e dunque urge un dialogo per cercare, con razionalità e buona volontà, una soluzione al problema". Così ieri l'arcivescovo di Concepciòn, mons. Riccardo Ezzati, ha commentato la situazione dei 32 detenuti “mapuches” che hanno raggiunto i 54 giorni di sciopero della fame. Il presule ha fatto visita ad alcuni di loro, rinchiusi nelle carceri di concepciòon e Lebu: “Di fronte a un problema estremo occorre un dialogo immediato – ha detto ai giornalisti che lo attendevano - perciò sono felice che il nostro governo abbia annunciato un progetto di legge per modificare l'attuale ordinamento che prevede l’applicazione della normativa antiterrorismo ai loro casi. “Penso - ha aggiunto - che ci sia una speranza, anche se i detenuti chiedono garanzie precise. Mi auguro che queste garanzie possano essere date". I contadini della minoranza etnica “mapuches" oggi in carcere, sotto accusa per violazione dell'ordine interno e della legge antiterrorista e gran parte dei quali sono in sciopero della fame dal 12 luglio, si ritengono “prigionieri politici” e rifiutano categoricamente che nei loro casi siano applicati questi dispositivi di legge perché violano i diritti umani. In concreto, non accettano di essere processati due volte per lo stesso reato, sia da parte dell'ordinamento giudiziario ordinario sia da quello militare. Mentre la Chiesa si è offerta ancora una volta per facilitare un dialogo, il governo cileno ha annunciato l'intenzione di introdurre modifiche alla legge antiterrorismo e all'ordinamento della giustizia militare. Questo fatto ha aperto uno spiraglio di dialogo, ma i “mapuches” chiedono garanzie sull'adempimento delle promesse e non ritengono sufficiente le parole del ministro degli Interni, Rodrigo Hinzpeter, il quale ha promesso che l'iniziativa sarà pronta già la prossima settimana. Intanto mons. Ezzati ha confermato di aver preso contatto, dopo la visita ad alcuni detenuti, con le autorità di governo per accelerare il dialogo, sottolineando che i “mapuches” chiedono un giudizio giusto. “Si tenga in considerazione che le cose possono diventare più gravi”, ha precisato mons. Ezzati, ricordando che ore prima, due scioperanti, Héctor Llaitul y Ramón Llanquileo, erano stati ricoverati. "Non abbiamo molto tempo. È un problema che dobbiamo affrontare con coscienza e capacità per riuscire a intervenire il prima possibile", ha osservato l'arcivescovo. (A cura di Luis Badilla)

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    L’impegno di Caritas internationalis per la “Settimana della pace” in Colombia

    ◊   Celebrare una messa, organizzare incontri e tenere dibattiti. È quanto propone Caritas internationalis per dimostrare solidarietà alla popolazione colombiana che si appresta a celebrare – da domani al 12 settembre – la “Settimana per la pace” promossa dalla Chiesa cattolica locale. A questo scopo Caritas mette a disposizione di chiunque voglia attivarsi materiali informativi, volantini ed un video scaricabili dal sito www.caritas.org. La Settimana per la pace è stata lanciata nel 1987 dai vescovi colombiani per richiamare l’attenzione su “uno dei conflitti più dimenticati al mondo”. Una guerra interna che dura da 45 anni e che ha visto migliaia di vittime e milioni di persone costrette ad abbandonare le loro case. “Chi vive in un conflitto come il nostro – spiega al Sir mons. Hector Fabio Henao, segretario generale di Caritas Colombia – si sente abbandonato ed isolato dal resto del mondo. La collaborazione e il sostegno hanno un impatto enorme su queste comunità. Aiutano a sentirsi parte di una stessa famiglia e a condividere le sofferenze”. La Chiesa cattolica, riferisce ancora Caritas internationalis, “crede che raggiungere una soluzione duratura al conflitto armato interno è di importanza vitale dare voce alle migliaia di vittime uccise dai paramilitari, dalla guerriglia, dallo Stato” e “assicurare la loro attiva partecipazione al cammino che conduce alla pace”. (M.G.)

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    Si apre in Brasile la Settimana di riflessione sulla Missione continentale

    ◊   Prende il via domani e si chiuderà sabato 11 settembre, la Settimana Brasiliana sulla missione continentale che si svolgerà presso il Centro culturale missionario di Brasilia. “L’incontro incentiva lo studio della missione continentale dal documento di Aparecida e aiuta a preparare i sussidi per le diocesi del Brasile; inoltre questo incontro offre prospettive e linee d’azione per dinamizzare la missione continentale nelle nostre diocesi”, ha detto alla Fides il segretario esecutivo del Consiglio missionario nazionale e consulente della Commissione episcopale per la Pastorale missionaria e della cooperazione interecclesiale, organizzatrice dell’incontro, padre José Altevir da Silva. L’appuntamento è stato inaugurato nel 2008 e da allora si svolge ogni anno con l’obiettivo di promuovere la Missione continentale nella Chiesa in Brasile; a prendervi parte, a ogni edizione più numerosi, sono sacerdoti, religiosi, laici e operatori pastorali. Quest’anno i temi di approfondimento in programma sono i seguenti: “elementi biblici di spiritualità missionaria” a cura del biblista padre Sergio Brandanini, “parrocchia missionaria: un progetto possibile?” con il teologo pastoralista padre José Carlos Pereira, “progetti e metodi per una nuova evangelizzazione” del direttore dell’Istituto San Tommaso d’Aquino di Belo Horizonte, padre Manuel Godoy. (R.B.)

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    Il Sudafrica ha deciso di ritirare il permesso di soggiorno ai profughi dello Zimbabwe

    ◊   Il 2 settembre scorso il governo sudafricano ha annunciato che entro la fine dell’anno ritirerà il permesso speciale di risiedere in Sudafrica senza documenti, concesso a migliaia di cittadini dello Zimbabwe, che quindi verranno espulsi. La comunità di zimbabweani in Sudafrica è molto forte: circa un milione e mezzo di persone fuggite alla fame e alle persecuzioni politiche del proprio Paese. La situazione è stata spiegata alla Fides da padre Mario Tessarotto, missionario scalabriniano che a Città del Capo assiste i rifugiati provenienti da altri Paesi africani: “Penso sia un provvedimento di difficile attuazione – ha raccontato – noi missionari cerchiamo di calmare gli animi e di promuovere progetti di sviluppo a beneficio sia dei rifugiati sia dei sudafricani, per far loro comprendere che gli zimbabweani non sono venuti a rubare loro il lavoro”. Tra i Paesi del Sudafrica e dello Zimbabwe la situazione politica è molto delicata e complessa e coinvolge i due principali partiti al potere: l’Anc, la maggioranza in Sudafrica, è diviso tra una corrente populista vicina al presidente dello Zimbabwe Mugabe, che è favorevole al rimpatrio dei rifugiati, e un’altra che vuole mantenere buoni rapporti con gli Stati Uniti. C’è il rischio, inoltre, di una ripresa della violenza politica nello Zimbabwe in coincidenza con le elezioni del 2011. Oltre agli zimbabweani, in Sudafrica c’è una forte presenza di immigrati dal Mozambico, anch’essi oggetto di episodi di discriminazione e violenza. (R.B.)

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    Accordo storico tra i cristiani di Terra Santa per restaurare la Basilica della Natività

    ◊   Un accordo storico, “l’inizio di un nuovo modo di stare insieme a Betlemme”: così il francescano Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, ha definito l’intesa raggiunta dalla Chiesa cattolica, la Chiesa ortodossa e la Chiesa armena sul restauro del tetto della Basilica della Natività a Betlemme che non solo è uno dei luoghi santi più importanti della cristianità, dove, secondo la fede, è nato Gesù, ma anche una delle chiese più antiche del mondo, costruita nel IV secolo dall’imperatore Costantino e poi ricostruita nel VI da Giustiniano. Quella che era diventata “simbolo della nostra incapacità di parlarci” diventerà invece il “luogo nuovo dove le chiese dimostrano di saper collaborare”: sono le parole del francescano riportate dall’agenzia Zenit. L’accordo, promosso dall’Autorità Palestinese che ha destinato un milione di dollari ai lavori, è stato siglato, oltre che dal Custode di Terra Santa, anche dal patriarca greco-ortodosso Theophilos III e dal rappresentante del Patriarca armeno, Torkom II Manoogian, alla presenza del Primo ministro palestinese M. Salam Fayyad, del consigliere del presidente per le Questioni cristiane, Mahmoud Abbas e del presidente del Comitato per il rinnovamento della chiesa, M. Ziad Al Bandak. (R.B.)

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    Usa: inaugurata a Baltimora una mostra su Giovanni Paolo II e gli ebrei

    ◊   “Una benedizione reciproca: Giovanni Paolo II e il popolo ebraico”. È questo il titolo di una mostra inaugurata oggi presso il Museo ebraico del Maryland, a Baltimora. Promossa in collaborazione con la comunità ebraica della città, il “Baltimore Jewish Council” e diverse organizzazioni caritative cattoliche americane, l’iniziativa ha il sostegno del cardinale William H. Keeler, arcivescovo emerito di Baltimora e presidente della Commissione per i rapporti cristiano-ebraici in seno alla Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Uscbb). L’obiettivo della mostra – riferisce l’agenzia Apic - è di mettere in evidenza gli sforzi profusi dal Venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II per mettere fine alle secolari tensioni e incomprensioni tra ebrei e cristiani. Il titolo scelto evoca il messaggio di Papa Wojtyla per il 50° anniversario della rivolta nel ghetto di Varsavia, nel 1993. In quella occasione il Pontefice aveva dichiarato che ebrei e cristiani, seguendo l’esempio di fede di Abramo, erano chiamati “a essere una benedizione per il mondo” e che “è quindi necessario, per noi cristiani ed ebrei, essere per prima cosa una benedizione gli uni agli altri”. L’esposizione propone foto, video, documenti e oggetti provenienti dalla Polonia, dall’Italia e da Israele, che ricordano “lo straordinario contributo” dato da Giovanni Paolo II alle relazioni tra mondo ebraico e cattolici. Secondo la direttrice del Museo Karen Falk il Papa polacco occupa un posto particolare nel cuore degli ebrei. Giovanni Paolo II – come è noto – è stato il primo Papa dal I secolo d.C. ad essere entrato in una sinagoga e a riconoscere lo Stato di Israele, nonché il primo Pontefice ad avere visitato il Paese e ad avere chiesto perdono per le mancanze e i peccati dei cristiani verso gli ebrei. La mostra, che chiuderà i battenti il 1° gennaio 2011, mette in evidenza anche il ruolo svolto da religiose e religiosi cattolici per salvare la vita di tanti ebrei durante le persecuzioni naziste. (L.Z.)

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    I greco-ortodossi di New York: ricostruire S.Nicola, unica chiesa distrutta l’11 settembre

    ◊   Fu l’unico luogo di culto distrutto nel crollo delle Torri Gemelle l’11 settembre 2001, la chiesa ortodossa di San Nicola, un edificio di quattro piani che ora le autorità di New York - è la denuncia dell’arcidiocesi ortodossa greca d’America - non vogliono ricostruire. La polemica, riportata sull’Osservatore Romano, si è rinfocolata dopo l’annuncio del via libera del sindaco alla costruzione di un centro culturale islamico nei pressi di Ground Zero, anche questo seguito da accese polemiche. Secondo il portavoce dell’arcidiocesi ortodossa greca, padre Alexis Karloutsos, l’amministrazione della città avrebbe “dimenticato” la chiesa di San Nicola che sorgeva a Manhattan, nonostante i colloqui in merito intrattenuti da tempo con l’autorità portuale di New York e del New Jersey, proprietaria del terreno sul quale sorgeva il World Trade Center. (R.B.)

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    Il cardinale Ruini a Cernobbio per parlare della “sfida educativa”

    ◊   Il presidente del Comitato per il progetto culturale della Cei, cardinale Camillo Ruini, è intervenuto ieri a Cernobbio alla 36.ma edizione del workshop Ambrosetti “Lo scenario di oggi e di domani per le strategie competitive”. “La vera sfida educativa sta nell’inserire nell’educazione alcuni fondamentali che posso apparire fuori dal nostro tempo”, ha esordito il porporato, ricordando che spesso anche Benedetto XVI ha parlato di “emergenza educativa”, intendendo con questo una “crisi di lungo periodo, profonda e sempre più acuta che investe il concetto stesso e la possibilità dell’educazione intesa come formazione della persona”. La crisi è tale perché investe innanzitutto due delle principali agenzie educative: la famiglia e la scuola. Il cardinale, come riporta l’agenzia Sir, ha poi orientato il suo discorso sulla crisi della cultura e in particolare dell’antropologia, della concezione e interpretazione dell’uomo: “Il fattore più profondo e determinante dell’attuale emergenza educativa”. Il porporato è partito nella sua riflessione dalla scissione tra il mondo oggettivo o della razionalità e il mondo soggettivo o emotivo, dei sentimenti e degli affetti: “Solo la prima sfera – fa notare – sarebbe di pertinenza dell’educazione scolastica, fuori dall’ambito educativo resterebbe il mondo degli affetti”. Il progresso scientifico supera tale scissione e riduce tutte le espressioni della scena emotiva, compresa la libertà, a puri processi cerebrali, come tali riproducibili artificialmente. Sull’origine dell’emergenza educativa tornano ancora in aiuto le parole di Benedetto XVI, nei discorsi e nella lettera sull’educazione rivolta alla diocesi di Roma nel 2007-2008, che il cardinale spiega così: “Tale origine è individuata nella dittatura del relativismo che toglie ogni certezza e ogni sicuro punto di riferimento”. Infine il porporato propone i suoi fondamentali: “Voler bene alla persona da educare e testimoniare questo bene con il nostro comportamento; non evitare le domande e cercare di tenere insieme la disciplina con l’accettazione del rischio della libertà”. (R.B.)

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    Germania: ricordati 300mila disabili, vittime dell'eutanasia nazista

    ◊   La Germania commemora oggi le vittime dell’eutanasia di massa portata a termine dal regime nazista. Il primo settembre è infatti ricorso il 71.mo anniversario della promulgazione della legge (firmata da Hitler nell’ottobre 1939 ma retrodatato a settembre) che decretò la morte di 300mila persone disabili e mentalmente malate. Gli omicidi di massa dei disabili sono stati per anni un tema tabù, così come la sterilizzazione coatta e solo nel 2007 il Bundestag ha espresso la propria condanna per il decreto del 1939. Anche l’incaricato del governo per i disabili, Hubert Hübbe ha dichiarato ieri all’agenzia di stampa cattolica tedesca Kna che “l’elaborazione di questo terribile eccidio è ancora insufficiente. Dopo la guerra, molti colpevoli sono rimasti impuniti o hanno ricevuto pene minime”. Hübbe ha poi fatto riferimento agli attuali dibattiti sull’eutanasia, sottolineando che “Esiste ancora una discussione sulla differenziazione del valore presunto della vita umana”. “Ci sono riferimenti - ha aggiunto - anche nei dibattiti sugli studi genetici nel campo della diagnostica prei-mpianto”. Hübbe ha infine auspicato un memoriale per le vittime dell’eutanasia, anche per porsi la domanda se “qualcosa del genere possa ancora accadere magari in altri modi”. (M.G.)

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    Australia. Jesuit Mission's Indian Bazaar: una giornata a favore dei più poveri nel mondo

    ◊   Una delle manifestazioni più famose presenti nel calendario di Sidney è il Jesuit Mission's Indian Bazaar, che si terrà per il 59.mo anno consecutivo l'11 settembre 2010. Il bazar, lanciato nel 1952, sarà ospitato come al solito nei locali del St Ignatius' College, Riverview, e i proventi andranno a favore dei progetti sostenuti dalla Missione dei gesuiti in India, Sud Est asiatico e altrove. Il direttore della Missione, padre Phil Crotty, che è stato uno dei missionari gesuiti più giovani arrivati per primi in India da Australia e Nuova Zelanda negli anni 50, - riferisce l'agenzia Fides - continua a considerare l'evento molto importante. “L'energia e l'impegno del Comitato del Bazar sono fonte di grande ispirazione - dice il missionario -. Vedere la folla di gente che vi prende parte e pensare che i bambini più poveri e malati di tutto il mondo potranno essere educati e curati grazie a questa giornata, continua ad ispirare l'evento”.' Il St Ignatius' College, Riverview, considera l'Indian Bazaar come il fiore all'occhiello dell'anno scolastico anche se la scuola non ne riceve direttamente alcun profitto materiale. (R.P.)

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    Padre Mauro Giuseppe Lepori eletto abate generale dei Cistercensi

    ◊   Il Padre svizzero Mauro Giuseppe Lepori, è stato eletto il 2 settembre abate generale dell’Ordine Cistercense. Nato a Canobbio (Canton Ticino) nel 1959, padre Mauro è entrato nell’abbazia di Hauterive nel 1984, ha pronunciato i suoi primi voti monastici nel 1986 e ha fatto la professione solenne nel 1989. Ordinato sacerdote il 10 giugno 1990, è stato maestro dei novizi fino alla sua elezione come 59.mo abate di Hauterive il 16 maggio 1994. Ha ricevuto la benedizione abbaziale il 29 giugno 1994. Ha conseguito licenza in filosofia e licenza in teologia all’università di Friburgo, in Svizzera. È noto per aver pubblicato diverse opere e articoli tradotti in diverse lingue, per le sue conferenze indirizzate ad un pubblico variegato e la predicazione di ritiri. (T.C.)

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    24 Ore nel Mondo



    Sale a 57 morti il numero dei morti per l’attentato di ieri a Quetta, in Pakistan

    ◊   È salito a 57 il bilancio delle vittime dell'attentato suicida compiuto ieri a Quetta, la capitale della provincia del Baluchistan, nel sudest del Pakistan, che ha preso di mira una manifestazione di sciiti a favore dei palestinesi. Le forze dell'ordine rimangono in stato di allerta: si temono altri attentati in occasione dei funerali delle vittime.

    In Afghanistan Karzai annuncia un “consiglio di pace” con i talebani
    Il presidente dell'Afghanistan, Hamid Karzai, ha annunciato l'avvio di un “consiglio di pace” con i talebani. Secondo un comunicato della presidenza afghana, la creazione dell'Alto Consiglio per la Pace rappresenta “un passo significativo verso l'avvio di trattative di pace” con i talebani. Il Consiglio era stato già approvato lo scorso giugno dalla “Jirga per la pace”, l'assemblea dei notabili e dei capi tribù del Paese convocata da Karzai. Secondo la nota, alcuni responsabili si sono riuniti oggi presso la presidenza per stilare una lista di partecipanti all'organismo. Lista che sarà annunciata verso metà settembre.

    Caso Sakineh: mobilitazione di eurodeputate italiane
    Sakineh Mohammadi Ashtiani, la donna iraniana condannata alla lapidazione per adulterio e presunta complicità nella morte del marito, ha subito una nuova condanna a 99 frustate. La denuncia arriva dal figlio Sajjad Ghaderzadeh, che ha scritto una lettera aperta. Nella lettera datata 3 settembre, ma diffusa questa mattina, il giovane fa riferimento a un articolo pubblicato dal London Times il 20 agosto scorso, in cui appare una foto di donna senza velo sotto il nome di Sakineh che però non sarebbe la donna accusata. Secondo il figlio, Sakineh sarebbe stata condannata a 99 frustate sulla base della falsa accusa di diffondere corruzione e indecenza. Sul caso Sakineh continua, tra l’altro, la mobilitazione delle eurodeputate italiane, che da giorni chiedono un impegno comune di parlamento e Commissione perchè il tribunale iraniano annulli la sentenza di condanna a morte per la donna. Il vicepresidente del parlamento europeo, Roberta Angelilli e il presidente della Commissione parlamentare per le petizioni, Erminia Mazzoni, hanno chiesto che questa discussione sia anticipata in seduta plenaria dal parlamento lunedì prossimo, piuttosto che giovedì come previsto. "Il regime iraniano - dichiarano Angelilli e Mazzoni - viola i diritti fondamentali, calpesta le libertà delle donne, ignora gli appelli della comunità internazionale. Sakineh è molto più di un simbolo. E' una vita che in essa racchiude le tante altre verso le quali abbiamo, come istituzioni europee, una responsabilità ineludibile".

    In Francia giornata di mobilitazione per le misure del governo sui rom
    Giornata di protesta, oggi in Francia, contro le misure in tema di immigrazione adottate dal governo. La mobilitazione, che interessa Parigi e altre città, è stata indetta dai partiti di opposizione, dai sindacati e dalle associazioni per i diritti umani. Numerose le manifestazioni organizzate, sempre nella giornata odierna, anche davanti alle ambasciate francesi in numerosi altri Paesi Europei. Ma sul clima che si vive in Francia, già segnato dalle polemiche sollevate nei giorni scorsi per i primi rimpatri dei Rom irregolari, Eugenio Bonanata ha intervistato Massimo Nava, editorialista del Corriere della Sera:

    R. – Questa indignazione ha radici antiche: affonda nella cultura francese, che è una cultura di tolleranza, d’immigrazione, di accoglienza che ha, in fondo, nei suoi fondamenti, proprio il concetto di cittadinanza universale. D’altra parte, credo che non vada messo sotto silenzio il fatto che questa iniziativa è stata l’unica che ha fatto rimontare – sia pure leggermente – il consenso di Sarkozy nei sondaggi.

    D. – Questo che cosa significa?

    R. – Significa che siamo di fronte a due tipi di Francia o, se vogliamo, a due tipi di opinione pubblica. C’è un’opinione pubblica che non è in sé razzista ma che è spaventata dall’immigrazione clandestina, dagli atti di criminalità attribuiti agli immigrati – o dei quali molti immigrati, in particolare i rom, sono responsabili: queste è una fascia di popolazione che rischia di essere "regalata" in massa al voto di Le Pen. Sarkozy, un po’ per ragioni elettorali – la scadenza delle prossime presidenziali – un po’ per recuperare il consenso dopo le sconfitte elettorali ed un po’ per convinzione, ha fatto queste mosse che, di fatto, hanno avuto un impatto simbolico sull’opinione pubblica.

    D. – Resta, tuttavia, la preoccupazione dell’Unione Europea. Lunedì, Barroso sarà a Parigi ed in pratica Bruxelles chiede di conciliare le esigenze della sicurezza all’interno dei singoli Paesi con il rispetto dei diritti di tutti i cittadini europei…

    R. – Questa è anche la posizione della Francia. D’altra parte, la lotta all’immigrazione clandestina è anche una politica europea: è una politica che la Francia ha in qualche modo affrontato senza tuttavia risolvere la questione. Se noi guardiamo gli ultimi provvedimenti fatti dai governi francesi – addirittura fin dai tempi di Chirac – vediamo che è stato chiuso il Centro per accoglienza clandestini di Sangatte, nel Canale della Manica, abbiamo avuto la legge contro il burka, abbiamo avuto il dibattito sull’identità nazionale, abbiamo avuto alcune espulsioni o rimpatri di Sanpapiè. Nonostante tutto ciò, comunque, in Francia i clandestini restano di fatto centinaia di migliaia. Il lavoro nero è una situazione piuttosto endemica e i figli di clandestini di sans papier vanno regolarmente nelle scuole.

    D. – Il tema è molto sentito anche in Italia. A Roma si parla, ad esempio, di prossimi sgomberi di campi rom abusivi…

    R. – Sì. Il problema è che questa poi è, di fatto, la domanda dell’opinione pubblica. Chiaramente, una cosa è il rom clandestino, il rom che ruba, il rom illegale, ed un’altra cosa è il rom con passaporto rumeno, che vive e lavora. Una cosa che dovrebbe essere combattuta è una certa ipocrisia che fa sì che un gruppo etnico, culturale o linguistico divenga il bersaglio rispetto ad altri, quando invece la discriminante dovrebbe essere soltanto una: quella tra illegalità e legalità.

    In Portogallo sei condanne per pedofilia in un orfanotrofio pubblico
    Sei persone (fra le quali un ex presentatore televisivo e un ex ambasciatore) sono state condannate a Lisbona a pesanti pene detentive al termine del processo di primo grado per lo scandalo di Casa Pia, una rete di orfanotrofi pubblici dove, secondo l'accusa, una trentina di bambini furono violentati e costretti a prostituirsi negli anni Novanta. Casa Pia è un’istituzione pubblica portoghese che risale al Settecento e accoglie bambini orfani o di famiglie in difficoltà in una decina di strutture. Nel 2002, alcuni ex ospiti maschi degli orfanotrofi denunciarono di essere stati violentati e costretti a prostituirsi, quando erano ancora bambini. Il processo era iniziato nel 2004 ed è stato il più lungo della storia del Portogallo, con centinaia di testimoni. Gli imputati erano sette: uno solo è stato assolto. Il principale accusato, Carlos Silvino, ex autista e giardiniere di Casa Pia, è stato condannato a 18 anni di prigione. Era l'unico degli imputati ad aver ammesso le sue responsabilità, giustificandosi col fatto di aver subito anche lui abusi da bambino, quando era ospite dell'orfanotrofio. Altri cinque accusati sono stati condannati a pene che vanno da 5 anni e 9 mesi a 7 anni.

    La Moldova al voto sulla riforma costituzionale per superare lo stallo politico
    La Moldova, Repubblica ex sovietica considerata uno tra i Paesi più poveri d'Europa, andrà domani al referendum su una riforma costituzionale che prevede l'elezione diretta del capo dello Stato e che farebbe uscire il Paese da una crisi politica nata nella primavera del 2009. Il quorum per la validità della consultazione è pari a un terzo degli elettori: almeno la metà deve esprimersi a favore perchè passi la riforma. In tal caso, le elezioni parlamentari e presidenziali potrebbero svolgersi nello stesso giorno, probabilmente il 14 novembre.

    Corea del Nord
    Cina e Usa impegnati per la ripresa dei colloqui a Sei sul nucleare della Corea del Nord Cina e Usa insieme per la denuclearizzazione della Corea del Nord. L’intenzione è quella di riprendere i colloqui a Sei interrotti nel 2009. Un percorso difficile, rallentato dai continui contrasti tra le due Coree. Il servizio di Elisa Castellucci:

    La Cina e gli Stati Uniti si sono accordati per lavorare insieme e per superare lo stallo dei colloqui a Sei (le due Coree, Cina, Giappone, Stati Uniti e Russia) sulla questione nucleare della Corea del Nord. I due Paesi accelerano le trattative per il mantenimento della pace e della stabilità nella regione. Pochi giorni fa, il leader nordcoreano si è recato in Cina per la seconda volta in un anno. La visita si è incentrata sulla cooperazione bilaterale e sul controverso dossier nucleare nordcoreano. Dopo le tensioni del mese di luglio, seguite all’affondamento della nave sudcoreana, il governo di Pechino spinge per la ripresa dei colloqui e il suo alleato principale sono gli Stati Uniti. Dawei, rappresentante speciale cinese per Affari della penisola coreana, ha annunciato un’imminente partenza per la Russia con il fine di rilanciare i colloqui, che si erano interrotti nel 2009. La settimana scorsa, in visita ufficiale in Cina, il presidente nordcoreano, Kim Jong-il, ha chiesto esplicitamente a tutti e sei i Paesi l’apertura di un compromesso per la ripresa delle trattative, ma non mancano incertezze e perplessità. L’obiettivo di Cina e America in questo momento è lo stesso: la totale denuclearizzazione dell’area e l’inizio di un programma di aiuti economici per la Corea del Nord.

    Terremoto di magnitudo 7 in Nuova Zelanda: panico e danni ma nessuna vittima
    Le autorità hanno iniziato a far evacuare i residenti da Christchurch, nell'isola del sud della Nuova Zelanda, la seconda città del Paese, colpita all'alba di oggi (alle 4,35, le 18,35 di ieri in Italia) da un forte terremoto di magnitudo 7,0, che ha causato notevoli danni ed alcuni feriti, di cui due gravi. Il premier, John Key, ha raggiunto in aereo la città accompagnato dal ministro della Difesa, John Carter, per valutare l'estensione dei danni. Il sindaco, Bob Parker, ha proclamato lo stato di emergenza nella città, dove sono crollate facciate di palazzi e abitazioni e molte auto sono rimaste schiacciate. Gravemente danneggiate infrastrutture chiave, come acqua, elettricità e fognature. L’aeroporto internazionale rimane chiuso. La polizia riferisce che vi sono stati episodi di saccheggio e sono stati effettuati diversi arresti.

    Ennesimo attentato in Daghestan: illeso un ministro, morto l’autista
    Il ministro del Daghestan per la Politica nazionale, le relazioni estere e l'informazione, Bekmurza Bekmurzaiev, è rimasto ferito ieri sera insieme con la sua guardia del corpo in un attentato avvenuto nella capitale della Repubblica caucasica russa, Makhachkala. Il suo autista, invece, è morto. Due suoi predecessori sono stati uccisi in altrettanti attentati: Zagir Arukhov, ucciso nel 2005 da una bomba esplosa mentre stava uscendo da un edificio, e Magomed-Salikh Gusaiev, dilaniato nel 2003 da un ordigno piazzato sul tetto della sua vettura.

    Dimissioni del ministro degli Esteri in Corea del Sud: accusato di nepotismo
    Il ministro degli Esteri della Corea del Sud, Yu Myung-hwan, si è dimesso in seguito ad accuse di nepotismo che riguardano l'impiego della figlia all'interno dello stesso Ministero. Lo riferiscono fonti del governo. “Le dimissioni del ministro sono state accettate dal presidente”, ha detto una fonte presidenziale, che ha voluto mantenere l'anonimato. La figlia di Yu, Yu Hyun-sun, ha lavorato al Ministero degli esteri fra il 2006 e il 2009, ha riferito una fonte. Avrebbe dovuto quindi firmare un contratto il 31 agosto scorso per lavorare su questioni commerciali, ma l'ondata di critiche che hanno seguito la sua assunzione l'hanno costretta a non accettare l'offerta. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 247

    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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