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Sommario del 23/10/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Presentate le Proposizioni finali del Sinodo: pace, speranza e comunione per i cristiani in Medio Oriente
  • Voci dal Sinodo: le testimonianze di mons. Shomali e di una focolarina
  • Giornata missionaria mondiale. Il Papa: testimoniare l'amore nella comunità cristiana è la chiave della missione
  • Rinunce e nomine
  • Beatificata a Vercelli suor Alfonsa Clerici, tra i poveri con la pedagogia della dolcezza
  • La Santa Sede all'Onu: combattere la povertà non è un atto di carità ma di giustizia
  • Perché i Santi: l’editoriale di padre Lombardi
  • Il direttore della Sala Stampa vaticana sullo Ior: al più presto tutti i chiarimenti dai responsabili dell’Istituto
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • La fede è stata la nostra forza: la testimonianza del capo dei minatori salvati in Cile
  • Nuovi scontri a Terzigno. La Chiesa di Nola: la protesta è giusta, ma sia pacifica
  • Giornate dell'interdipendenza a Firenze per un mondo più unito
  • A Roma il Festival del cinema ebraico ed israeliano
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della domenica
  • Chiesa e Società

  • I vescovi del Venezuela: è l’ora del dialogo nel rispetto del pluralismo, senza esclusioni
  • Pakistan: pacifica protesta dei cristiani per la Cappella occupata abusivamente dai musulmani
  • La Chiesa keniana: i politici siano i primi a rispettare la nuova Costituzione
  • Polonia: no dei vescovi alla fecondazione in vitro
  • La Chiesa in Irlanda: garantire il diritto dei genitori di scegliere l’educazione per i propri figli
  • Aperto corso di bioetica all'Università cattolica ucraina
  • Un australiano su 10 vive al di sotto della soglia di povertà: l’impegno delle organizzazioni cattoliche
  • Bulgaria: nella nuova chiesa ortodossa di Burgas arrivano le reliquie di San Nicola di Bari
  • Dedicato al Papa il nono Festival internazionale di musica e arte sacra
  • Spagna: assegnati i Premi Principe delle Asturie
  • Festival del Cinema Latino-americano a Trieste
  • 24 Ore nel Mondo

  • Guerra in Iraq: 100mila le vittime, 60mila sono civili
  • Il Papa e la Santa Sede



    Presentate le Proposizioni finali del Sinodo: pace, speranza e comunione per i cristiani in Medio Oriente

    ◊   Pace, speranza, comunione: il Sinodo per il Medio Oriente basa su questi tre princìpi le sue 44 Proposizioni finali, presentate e votate stamani alla presenza del Papa, durante l’ultima Congregazione generale. Normalmente, si tratta di un documento riservato esclusivamente al Pontefice, ma Benedetto XVI ne ha autorizzato la pubblicazione di una bozza. Al termine dei lavori, i Padri sinodali hanno condiviso l’agape fraterna con il Santo Padre, che nell'occasione li ha ringraziati sottolineando la ricchezza della pluralità nella Chiesa cattolica del Medio Oriente. Domani alle 9.30, in San Pietro, i Padri sinodali prenderanno parte alla Messa conclusiva del Sinodo, presieduta da Benedetto XVI. Il servizio di Isabella Piro.

    Parla con un’unica voce il Medio Oriente, un’unica voce articolata nelle 44 Proposizioni finali. Un documento tecnico e programmatico, ma scritto con un tono vivo che richiama più volte la pace, la speranza, la comunione. Divise in tre gruppi – presenza cristiana in Medio Oriente, comunione ecclesiale e testimonianza cristiana - le Proposizioni ripercorrono i temi discussi in Aula, dall’importanza della Parola di Dio, la cui lettura e meditazione va incoraggiata, con il suggerimento di indire un Anno Biblico, alla denuncia delle persecuzioni e delle violenze contro i cristiani in Medio Oriente, che talvolta giungono al martirio. Centrali l’impegno per la pace, con i governi chiamati in causa perché applichino le risoluzioni Onu, la promozione di una pastorale per le vocazioni e di una per le migrazioni, perché emigrati ed immigranti siano tutelati nei loro diritti a prescindere da nazionalità e religione, ricevano aiuto giuridico ed umanitario e non perdano i legami con i Paesi d’origine. Quanto alla comunione, sia esterna che interna alla Chiesa, il Sinodo ribadisce il principio che la varietà non nuoce all’unità, richiede una maggiore collaborazione tra le gerarchie ecclesiali, sostiene i nuovi movimenti, dono dello Spirito alla Chiesa intera, ad operare in unione con i vescovi. E ancora: il Sinodo ascolta i giovani, li incoraggia a non rinunciare ai loro sogni, a guardare a Cristo come modello per costruire ponti di dialogo.

    L’attenzione dell’Aula si volge anche alle donne, ai bambini, alla famiglia: tutti da sostenere, tutelare e difendere nella dignità e nei diritti. Si chiamano poi i laici all’evangelizzazione, si ricorda ai mass media e alle istituzioni educative cattoliche di promuovere il messaggio di Cristo, ponendo attenzione anche ai più poveri e ai disabili. Spazio, poi, al dialogo, sia ecumenico che interreligioso che deve essere lontano da confessionalismo, estremismo, antisemitismo, puntando al mutuo rispetto per promuovere giustizia, pace, e i diritti fondamentali come quello alla libertà religiosa, di culto e di coscienza. Religione e politica siano distinte, auspica il Sinodo, ci sia uguaglianza tra diritti e doveri e il pluralismo religioso venga rispettato. L’Aula del Sinodo sottolinea anche l’importanza che i religiosi diano il buon esempio con coerenza tra vita e parole, la necessità di diffondere la Dottrina Sociale della Chiesa, di salvaguardare il Creato, di approfondire la preparazione dei catechisti perché il Vangelo sia proposto senza timidezza né provocazione, e di rinnovare la liturgia, dove necessario, guardando al contesto attuale. Proposizioni specifiche, inoltre, suggeriscono di lavorare per l’unificazione del Natale e della Pasqua, di istituire una festa dei martiri dell’Oriente, di promuovere l’uso della lingua araba nelle istituzioni della Santa Sede, di adottando anche una traduzione araba comune del Padre Nostro. Pensato poi uno studio su due possibilità: estendere la giurisdizione dei Patriarchi anche al di fuori dei loro territori e permettere ai preti sposati di operare oltre i confini dei Patriarcati.

    Molti di questi temi, naturalmente, si ritrovano anche nel Messaggio finale del Sinodo, votato ieri pomeriggio e indirizzato al popolo di Dio. Quello che cambia è il tono: più divulgativo, il Messaggio parla con voce appassionata e definisce “una svolta storica” il contesto contemporaneo mediorientale, in cui tutti sono chiamati a portare avanti il messaggio di Cristo con coraggio, verità ed obiettività. Riguardo all’aspetto politico, il Messaggio chiama in causa i governi locali e la comunità internazionale, perché tutelino il diritto di cittadinanza, la libertà di coscienza e di culto. Per il conflitto israelo-palestinese, la soluzione dei due Stati diventi una realtà e non rimanga un sogno, afferma il Messaggio, e l’Iraq veda la fine di una guerra assassina. In questo contesto, violenza, terrorismo, razzismo, vengono condannati, insieme ad antisemitismo, anticristianesimo ed islamofobia. Infine, sia il Messaggio che le Proposizioni finali affidano alla protezione Vergine Maria il futuro degli uomini. Così, con la Madre di Dio, il Sinodo chiude i battenti. Tocca ora al mondo non dimenticare la sua voce. Al termine della mattinata, incontrando i giornalisti nella Sala Stampa della Santa Sede, il Patriarca Naguib, Relatore generale dell’Assise, ha così riassunto il significato del Sinodo:

    “Questo Sinodo ci ha dato l’occasione di parlare delle nostre realtà e di esprimere anche le nostre speranze e la nostra volontà di collaborare con tutti per il bene delle nostre Chiese e delle nostre società”.

    Dal suo canto, mons. Soueif, segretario speciale del Sinodo, ha ribadito l’importanza del dialogo interreligioso, definendolo così:

    “E' un segno di questa testimonianza di amore, dei valori del Vangelo e dei valori umani. Quindi, è partendo dalla fraternità, dal rispetto, dalla libertà, dai valori spirituali e umani che si fa il dialogo”.

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    Voci dal Sinodo: le testimonianze di mons. Shomali e di una focolarina

    ◊   Dunque, il Sinodo per il Medio Oriente si avvia verso la conclusione. Per un bilancio dei lavori e un commento al Messaggio finale, presentato ieri sera, Paolo Ondarza ha intervistato mons. William Hanna Shomali, vescovo titolare di Lidda, ausiliare patriarcale di Gerusalemme dei Latini e vicepresidente della Commissione per il messaggio.

    R. - Abbiamo cominciato con molta dispersione, molte diversità, ma vedo che convergiamo verso proposte concrete, dove c’è unanimità e verso un messaggio che rappresenta veramente le idee comuni dei Padri sinodali.

    D. - Può accennare a qualcuno di questi punti su cui i Padri sinodali hanno ottenuto una convergenza di vedute?

    R. - Posso dire che esiste la convergenza su tutti i punti, a cominciare dalla necessità di una conversione personale collettiva a livello cattolico-orientale. Poi è stata sottolineata l’esigenza di una maggiore comunione tra le Chiese, perché ciascuna tende a chiudersi un po’ in un ghetto, come un’isola separata. In terzo luogo l’unione con le Chiese non cattoliche: è stata chiesta con forza l’unificazione della Festa di Pasqua, un problema concreto, esistente sin dal primo secolo. E’ uscito fuori anche il problema del dialogo interreligioso ed è stata molto citata l’espressione del Papa in Germania, quando ha parlato del dialogo con i musulmani, dicendo che ‘non è un bisogno transitorio ma è una necessità da cui dipende l’avvenire dell’umanità’. Questo si applica anche all’ebraismo e alle altre religioni. Abbiamo parlato anche dell’emigrazione cristiana dalla Terra Santa: siamo tutti d’accordo sul fatto che un Medio Oriente senza cristiani non è il Medio Oriente. Ora stiamo pensando alle possibili soluzioni per stabilire queste comunità di emigranti, ma di certo una delle basi che non può mancare è, da parte dei cristiani, l’esser saldi nella fede e saldi nella Parola di Dio: questo dà ai cristiani il senso della propria vocazione, cioè quella di rimanere in Medio Oriente. Essi sono chiamati a vivere là come testimoni di Gesù Cristo.

    D. - Lei accennava alla possibilità di unificare la Festa della Pasqua. E’ una possibilità vicina?

    R. - E’ molto difficile, perché i nostri fratelli ortodossi hanno molta difficoltà a cambiare il loro calendario. Per loro è più che un calendario: fa parte della loro intima tradizione liturgica. Allora preghiamo affinché, o loro o noi, si possa fare un passo per venirsi incontro. Una delle parti deve concedere qualcosa all’altra.

    D. - Il Messaggio pone le basi per il futuro della Chiesa in Medio Oriente?

    R. - Il Messaggio mira a dare speranza a tutte le comunità cristiane, ma è anche un messaggio per i non cristiani, per dire loro che noi desideriamo, con tutte le nostre forze, vivere con loro come fratelli e sorelle e collaborare nel settore educativo, sociale ed umanitario.

    Durante gli interventi delle varie Congregazioni, i Padri sinodali hanno riconosciuto il ruolo che i nuovi movimenti hanno nella vita delle comunità. “Il loro contributo – è stato detto - non rappresenta una minaccia per le Chiese orientali, bensì un arricchimento all’impegno nel preservare la presenza cristiana”. E’ il caso del Movimento dei Focolari radicato in Medio Oriente dal 1967: oggi conta circa 15mila tra membri e aderenti cattolici di vari riti. Al microfono di Paolo Ondarza, Rita Moussallem, uditrice al Sinodo, racconta la sua esperienza nel Movimento dei Focolari in Libano:

    R. - Noi siamo nei Paesi del Medio Oriente dalla fine degli anni Sessanta e quello che ci ha sempre aiutato è “il farsi uno”, come dice San Paolo, farsi uno con le persone, con l’ambiente. Questa spiritualità di comunione che porta il Movimento dei Focolari è entrata nell’ecumenismo: oggi ci sono persone di altre Chiese - soprattutto ortodosse - che vivono questa spiritualità. Inoltre ci siamo lanciati anche verso il dialogo con le grandi religioni. Certo, per creare un dialogo bisogna essere veri cristiani, quindi da un lato formare molto bene i nostri membri alla vita cristiana, alle verità cristiane e poi andare verso l’altro, costruire ponti.

    D. - Quali sono le principali difficoltà nel costruire ponti?

    R. - Sono tante le difficoltà in Medio Oriente. Ci sono le divisioni tra le Chiese, ci sono i conflitti politici e ci sono poi i conflitti tra le religioni. In Medio Oriente sono nate le tre grandi religioni monoteiste: da un lato c’è una ricchezza enorme, ma dall’altro ci sono delle grandi sfide. Bisogna cambiare i cuori per accogliere l’altro, ci vuole una conversione e ci vuole anche la grazia. Per costruire ponti bisogna guardare all’altro.

    D. - Ha riscontrato questa disponibilità nel guardare all’altro?

    R. - Sì, perché la gente è anche buona. La gente vuole la fraternità, però tante volte ci lasciamo prendere dalle difficoltà, dai conflitti; anche dalle difficoltà personali oltre a quelle sociali e del gruppo.

    D. - Nella sua esperienza le viene in mente un’occasione in cui situazioni tanto diverse, tanto in contrasto tra loro hanno trovato un punto di convergenza?

    R. - Ho conosciuto una persona molto preparata, molto colta, un musulmano; era mosso soprattutto dal fatto di voler affermare che la sua religione fosse quella più vera e che le altre, quindi, avessero torto. Incontrando anche i membri focolarini, ha toccato un’altra verità: è rimasto colpito dalla loro testimonianza e ad un certo punto lui stesso si è chiesto: “come posso essere certo che gente così non possa entrare in Paradiso”; secondo lui infatti la salvezza era solo per i musulmani. Non solo si è aperto profondamente, ma è diventato anche un vero ponte di fratellanza e oggi, parlando anche ai musulmani, li invita a chiedersi: “ma se tu fossi l’altro, come vorresti essere trattato?”.

    D. - Lavorare per “Comunione e testimonianza” essere in comunione e testimoniare, è anche il ruolo a cui sono chiamati i movimenti, in Medio Oriente…

    R. - Sì, perché non si può testimoniare se non si è in comunione. La vita di comunione è poi la vita di Gesù, la vita dei primi cristiani. Nel mondo di oggi la gente necessita di questa testimonianza di unità, di comunione.

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    Giornata missionaria mondiale. Il Papa: testimoniare l'amore nella comunità cristiana è la chiave della missione

    ◊   “La costruzione della comunione ecclesiale è la chiave della missione”. Titola così il Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata missionaria mondiale di quest’anno, che viene celebrata domani in tutto il mondo. La riflessione del Papa sollecita i cristiani a “far vedere Gesù” in una società sempre più multietnica e multireligiosa, in una rete di relazioni che riaffermino la forza del Vangelo come “fermento” di libertà e di pace. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Essere di Cristo in un mondo che preferisce farne a meno è possibile solo se si ha una “fede adulta”. Il Papa, nel suo Messaggio, non considera la tiepidezza di tanti sedicenti cristiani una moneta da spendere nella realtà di oggi. Non si promuove un “umanesimo nuovo”, scrive anzitutto, se chi parla di Cristo non è nutrito “dalla preghiera, dalla meditazione della Parola di Dio e dallo studio delle verità di fede”. Se un cristiano ha questo spessore – affermò l’estate scorsa – ciò che annuncerà sarà coerente:

    “L’annuncio sereno, chiaro e coraggioso del messaggio evangelico – anche nei momenti di persecuzione – senza cedere né al fascino della moda, né a quello della violenza o dell’imposizione; il distacco dalle preoccupazioni per le cose – il denaro e il vestito – confidando nella Provvidenza del Padre; l’attenzione e cura in particolare verso i malati nel corpo e nello spirito. (…) Queste sono le caratteristiche dell’attività missionaria della Chiesa in ogni epoca”. (Messa a Sulmona, 4 luglio 2010)

    Gli “uomini del nostro tempo”, ribadisce Benedetto XVI nel Messaggio, anche se “non sempre consapevolmente, chiedono ai credenti non solo di ‘parlare’ di Gesù, ma di ‘far vedere’ Gesù” in ogni angolo della terra”, specialmente ai giovani. Ciò significa, ribadì in un Angelus di qualche anno fa, che ogni battezzato deve fare la sua parte:

    “La missione è dunque un cantiere nel quale c’è posto per tutti: per chi si impegna a realizzare nella propria famiglia il Regno di Dio; per chi vive con spirito cristiano il lavoro professionale; per chi si consacra totalmente al Signore; per chi segue Gesù Buon Pastore nel ministero ordinato al Popolo di Dio; per chi, in modo specifico, parte per annunciare Cristo a quanti ancora non lo conoscono”. (Angelus, 22 ottobre 2006)

    Ogni comunità diocesana e parrocchiale, si legge nel Messaggio, è chiamata “ad un rinnovamento integrale e ad aprirsi sempre più alla cooperazione missionaria tra le Chiese, per promuovere l’annuncio del Vangelo nel cuore di ogni persona, di ogni popolo, cultura, razza, nazionalità, ad ogni latitudine”. In quest’ottica, l’esortazione che il Papa rivolse lo scorso anno alla diocesi di Roma ha una valenza universale:

    “Prodigatevi pertanto a ridar vita in ogni parrocchia, come ai tempi della Missione cittadina, ai piccoli gruppi o centri di ascolto di fedeli che annunciano Cristo e la sua Parola, luoghi dove sia possibile sperimentare la fede, esercitare la carità, organizzare la speranza. Questo articolarsi delle grandi parrocchie urbane attraverso il moltiplicarsi di piccole comunità permette un respiro missionario più largo, che tiene conto della densità della popolazione, della sua fisionomia sociale e culturale, spesso notevolmente diversificata”. (Discorso al Convegno della diocesi di Roma, 27 maggio 2009)

    Al termine del messaggio, Benedetto XVI ha parole di grande riconoscenza e di “particolare affetto” per chi, fra sacerdoti Fidei Donum, e missionari religiosi e laici, lavora per “promuovere la comunione ecclesiale, in modo che anche il fenomeno dell’’interculturalità’ possa integrarsi – è il suo auspicio – in un modello di unità, nel quale il Vangelo sia fermento di libertà e di progresso, fonte di fraternità, di umiltà e di pace”. Al termine dell’assise sinodale dello scorso anno dedicata alla Chiesa africana, il Papa faceva questa constatazione a proposito della Populorum progressio di Paolo VI:

    “Ciò che il Servo di Dio Paolo VI elaborò in termini di riflessione, i missionari l’hanno realizzato e continuano a realizzarlo sul campo, promuovendo uno sviluppo rispettoso delle culture locali e dell’ambiente, secondo una logica che ora, dopo più di 40 anni, appare l’unica in grado di far uscire i popoli africani dalla schiavitù della fame e delle malattie”. (Messa conclusiva secondo Sinodo dei vescovi per l’Africa, 25 ottobre 2009)

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    Rinunce e nomine

    ◊   Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Abbazia territoriale della Santissima Trinità di Cava de’ Tirreni (Italia), presentata dall’abate dom Benedetto Maria Chianetta, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

    Il Santo Padre ha nominato vescovo di Orlando (Usa) mons. John G. Noonan, finora vescovo titolare di Bonusta ed ausiliare dell’arcidiocesi di Miami. Mons. John G. Noonan è nato il 26 febbraio 1951 a Limerick (Ireland). E’ stato ordinato sacerdote il 23 settembre 1983 per l’arcidiocesi di Miami (Florida). Nominato vescovo titolare di Bonusta ed ausiliare di Miami il 21 giugno 2005, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 24 agosto successivo. In seno alla Conferenza Episcopale è membro del "Committee on the Protection of Children and Young People" e del "Board of Bishops for the American College, Louvain (Region XIV)".

    Il Papa ha nominato membri del Consiglio di cardinali per lo studio dei problemi organizzativi ed economici della Santa Sede i cardinali: Norberto Rivera Carrera, arcivescovo di México; Francis Eugene George, arcivescovo di Chicago.

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    Beatificata a Vercelli suor Alfonsa Clerici, tra i poveri con la pedagogia della dolcezza

    ◊   Una vita dedicata all’insegnamento e ai poveri, quella di Alfonsa Clerici, la religiosa delle Suore del Preziosissimo Sangue di Monza che questa mattina è stata beatificata nel Duomo di Vercelli, nel corso di una solenne celebrazione presieduta da mons. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e prossimo cardinale. In questa città la religiosa fu chiamata a svolgere la sua missione, come ci racconta Roberta Barbi:

    La chiamavano il “sorriso dell’anima” perché la sua, in unione piena e incondizionata con il Signore, in totale adesione al piano divino, certamente sorrideva e perché faceva sorridere le anime di tutti coloro che entravano in contatto con lei: dalle alunne alle quali si dedicò attraverso l’insegnamento, ai poveri. Primogenita di dieci figli di una famiglia contadina del Milanese, Alfonsa Clerici, nata nel 1860, ebbe un’educazione essenziale e cristiana, che contribuì a plasmare quella “pedagogia della dolcezza” che applicava soprattutto ai caratteri più difficili, negli anni dell’insegnamento prima da laica e poi da religiosa delle Preziosine, quando fu chiamata come responsabile del “Ritiro della provvidenza”, come ci ricorda mons. Amato:

    “La nostra Beata aveva come programma non tanto la repressione delle mancanze, quanto la prevenzione delle mancanze delle giovani. Il tutto accompagnato da una grande pazienza e carità”.

    I poveri erano l’altra sua grande passione: ad essi non rifiutava mai di donare con gioia e spirito di carità. Nessuno di coloro che la cercavano se ne andava via a mani vuote, ma con almeno un pezzo di pane, una moneta, una carezza o una parola di conforto:

    “Soleva dire che essere caritatevoli con i poveri significava servire e amare Gesù. Quando qualcuno ribatteva che anche la Casa della Provvidenza era povera e che con le continue elemosine che lei faceva ne soffriva, replicava: più si dà ai poveri e maggiore Provvidenza entra in casa”.

    Madre Alfonsa, da direttrice dell’Istituto della Provvidenza, si trovò ad affrontare anche una sfida simile a quelle di oggi: risanare una crisi economica della struttura dovuta a una cattiva gestione esterna. Fu un riordino economico, ma anche un rinnovamento spirituale e del metodo educativo, di una comunità “da riformare, ma non da disperdere”. La religiosa, con pazienza e con la preghiera, vinse anche questa sfida, applicando la sua particolare ricetta dell’umiltà:

    “A una ex-alunna, diventata novizia scrisse: ‘Se tu mi chiedessi quale via devi prendere per farti Santa, ti dirò: l’Umiltà. La seconda via è l’Umiltà, la terza ancora l’Umiltà’. Era talmente abitata da questa virtù che s’impegnò con voto alla pratica dell’umiltà”.

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    La Santa Sede all'Onu: combattere la povertà non è un atto di carità ma di giustizia

    ◊   Combattere la povertà non è un atto di carità ma di giustizia: è quanto ha affermato l’arcivescovo Francis Chullikatt, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, intervenendo giovedì scorso alla 65.ma Assemblea generale in corso al Palazzo di Vetro di New York. “La povertà – ha detto - è un insulto alla nostra comune umanità”, abbiamo i mezzi per sconfiggerla, ma “ne abbiamo la volontà?”. Il presule, ricordando le promesse e gli impegni presi dalla Comunità internazionale nel 2000 per dimezzare fame e miseria entro il 2015, ha denunciato la diminuzione degli aiuti da parte dei Paesi donatori a causa dell’attuale crisi. Ha invocato quindi “una maggiore solidarietà” nel “riconoscimento comune dell'appartenenza all'unica famiglia umana”, sulla base anche del principio della destinazione universale dei beni sulla terra. E accanto alla solidarietà – ha spiegato – c’è la sussidiarietà, il principio secondo il quale gli aiuti non devono stimolare la passività di chi riceve ma promuoverne l’iniziativa, in modo che i Paesi poveri diventino i veri protagonisti del proprio sviluppo. In questo contesto il presule ha esortato a non emarginare le nazioni in via di sviluppo dal mercato mondiale, ma anzi a fare in modo che siano favorite negli scambi commerciali. Mons. Chullikatt ha quindi affermato la necessità di “investire nell'istruzione e nella formazione” per promuovere il progresso dei popoli. Nello stesso tempo è dovere della comunità internazionale garantire l’accesso alle medicine per i più poveri di fronte a malattie come malaria, tubercolosi, tetano e Aids. “A più di 60 anni dalla proclamazione e dall'adozione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo – ha concluso il rappresentante vaticano - è inaccettabile che centinaia di milioni di persone vivano ancora in condizioni disumane e siano privati del godimento dei diritti fondamentali”.

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    Perché i Santi: l’editoriale di padre Lombardi

    ◊   Fra poco più di una settimana la Chiesa celebrerà la Solennità di Tutti i Santi. Ieri è stata avviata la fase diocesana della causa di Beatificazione di un grande testimone della fede, il cardinale vietnamita Xavier Nguyên Van Thuân, oggi la Beatificazione di suor Alfonsa Clerici, mentre il 17 ottobre scorso il Papa ha proclamato 6 nuovi Santi facendo accorrere in San Pietro pellegrini di tutto il mondo. Ascoltiamo in proposito la riflessione del nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per “Octava Dies”, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    Le canonizzazioni del 17 ottobre sono state un po’ particolari. Soprattutto due fra i nuovi Santi hanno mobilitato un interesse molto speciale nei loro Paesi. Parliamo di Mary MacKillop e il Fratel André Bessette. Gli altri Santi e Sante erano italiani, spagnoli, polacchi…e perciò – pur grandissimi - non erano una novità assoluta…Ma l’Australia non aveva ancora avuto una santa e anche il Canada aveva minore familiarità con le canonizzazioni. Gruppi di migliaia di pellegrini hanno affrontato viaggi lunghissimi e costosi per essere presenti in Piazza San Pietro; molti giornalisti e troupes televisive sono venuti a Roma per scrivere articoli, fare reportages, interviste, dirette sulla cerimonia e gli altri festeggiamenti. Di solito i media si muovono quando capiscono che c’è un interesse popolare ampio e diffuso.

    Insomma. La Chiesa propone solennemente nei Santi dei modelli di vita cristiana, ma lo fa riconoscendo quello che il popolo perlopiù ha già capito: che certe persone incarnano il Vangelo con esemplarità straordinaria, e così diventano per chi li incontra degli amici spirituali, delle guide affascinanti per arrivare all’amore di Dio, alla fede, alla speranza.

    Le canonizzazioni sono il riconoscimento che lo Spirito di Dio soffia in persone comuni, come Mary e Fratel André, e produce frutti di virtù che sono fonte di conforto e luce per moltissimi altri. La canonizzazione è veramente una festa. Alcuni santi vengono riconosciuti solennemente; la grande maggioranza non diventano universalmente famosi, ma diffondono ugualmente attorno a loro fede, speranza, amore. Questo è il lato più bello della Chiesa. Nella Chiesa tutto il resto è al servizio di uomini e donne di ogni Paese e condizione, perché possano camminare incontro a Dio sulle vie della santità. Impariamo a vedere la Chiesa in questa prospettiva e a rinnovarla continuamente, cominciando da noi.

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    Il direttore della Sala Stampa vaticana sullo Ior: al più presto tutti i chiarimenti dai responsabili dell’Istituto

    ◊   “I responsabili dello Ior prendono atto delle motivazioni addotte dal Tribunale del Riesame di Roma per la conferma del sequestro preventivo di un deposito Ior su un conto del Credito Artigiano e le approfondiscono con i loro legali”: è quanto ha affermato ieri il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, intervenuto nuovamente sulla vicenda. “In ogni caso – ha aggiunto - i responsabili dello Ior confermano la volontà di proseguire sulla linea di trasparenza di tutte le operazioni finanziarie già indicata nel Comunicato della Segreteria di Stato del 21 settembre scorso e confidano di poter offrire al più presto tutti i chiarimenti richiesti nelle sedi e agli organismi competenti”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La polifonia dell’unica fede: al termine dei lavori Benedetto XVI ringrazia i padri sinodali e sottolinea la ricchezza della pluralità nella Chiesa cattolica del Medio Oriente.

    Più spazio agli emergenti nel nuovo Fmi: in rilievo, nell’informazione internazionale, la riforma dell’istituto di Washington annunciata al G20 in Corea del Sud.

    In Vaticano il convegno internazionale “Erik Peterson. La presenza teologica di un outsider”: in cultura, anticipazione delle relazioni inaugurali dei cardinali Raffaele Farina e Karl Lehmann.

    Giallo arancio, verde assenzio e rosso sangue: incontro immaginario di Sandro Barbagallo con Vincent van Gogh, con una recensione della mostra al Vittoriano: un’occasione persa.

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    Oggi in Primo Piano



    La fede è stata la nostra forza: la testimonianza del capo dei minatori salvati in Cile

    ◊   “Abbiamo avuto molti giorni difficili, ma la fede è stata la nostra forza”: Luis Urzua, l’ultimo dei 33 minatori cileni liberati dopo 69 giorni trascorsi nella miniera di San José, a Copiapó, racconta così quei tragici momenti. Topografo esperto, 54 anni e minatore da più di 30, Luis era capoturno ed è stato lui il leader del gruppo. Il suo ringraziamento va ai tanti che nel mondo hanno pregato perché fossero salvati e in particolare a Benedetto XVI, che ha seguito da vicino la vicenda tenendo nella sua stanza la bandiera firmata dai minatori quando erano a 700 metri di profondità per chiedere a Dio ogni giorno la loro liberazione. Linda Giannattasio ha raccolto la testimonianza di Luis Urzua:

    R. – Yo fui el jefe de los 33...
    Io ero il capo dei 33 minatori intrappolati nella miniera di San José. Abbiamo avuto diversi giorni difficili ma abbiamo pregato molto. Avevamo molti momenti di preghiera durante il giorno e questa è stata la nostra forza. Questo ci ha portato ad essere un gruppo più compatto, più unito. È stato Dio il numero 34.

    D. - Come siete riusciti a razionare il cibo nei primi 17 giorni di totale isolamento?

    R. – Lo poquito que había...
    Quel poco che avevamo dovevamo tenerlo da parte. L’ultimo giorno non avevamo più niente. Quando il 18.mo giorno è arrivata la sonda è tornata la vita: è stato uno dei momenti più belli.

    D. - Come avete organizzato le vostre giornate?

    R. – Bueno, pasando siempre...
    Le giornate passavano parlando: conversazioni, amicizia, ricordi, in una catastrofe che per noi è stata enorme. Io ringrazio tutta la gente e la Chiesa. Abbiamo avuto anche una visita dei vescovi del Cile. Ringrazio per tutte le dimostrazioni di affetto e di orgoglio. La nostra gente qui a Copiapó si è comportata molto bene, pregando sempre per noi.

    D. - Qual è stata la vostra maggiore paura?

    R. – Para mi solamente...
    Io ho pensato solamente alla mia famiglia. Fuori c’era molta gente che era preoccupata e in ansia per noi, perché non sapeva nulla dei propri cari.

    D. - Quanto è stata importante per voi la preghiera e la fede?

    R. – Yo creo que la oración...
    La preghiera e la fede sono state fondamentali, ci hanno dato forza quando eravamo sfiduciati, quando avevamo perso la speranza. La fede ci ha dato la speranza di continuare a vivere. Tra noi c’erano diverse religioni però noi stavamo pregando lo stesso Dio. In quel momento come lavoratori eravamo tutti nella stessa situazione.

    D. - Lei è stato l’ultimo ad uscire dalla miniera. Come è stato quel viaggio nella capsula?

    R. – Yo le digo que por mis años ...
    Per i miei anni di esperienza è stato come salire in un ascensore, niente di più. Ho lavorato in tantissime miniere che hanno questo tipo di macchine, anche se un po’ più grandi. L’emozione più grande è stata uscire e incontrare finalmente i nostri cari, ringraziare il mondo e la nostra famiglia di essere vivi.

    D. - Come è cambiata la sua vita da quel momento? Che farà adesso?

    R. – En este momento estoy descansando...
    In questo momento sto riposando e ne sto approfittando per stare con la mia famiglia.

    D. - Come vi sentite ora fisicamente?

    R. – No tengo ningún problema...
    Io non ho nessun problema fisico. Credo che anche in questo ci sia la mano di Dio perché stare tanti giorni lì sotto e non avere nulla è proprio una grazia.

    D. - C’è un messaggio che vuole lanciare adesso dalla Radio Vaticana?

    R. – La gente nos dice que...
    La gente ci dice che tutti hanno pregato e pianto per noi, anche bambini piccoli, ragazzini: questo ci riempie di emozione più di qualunque altra cosa che si possa immaginare. Questa è una delle più grandi gioie che ho avuto come persona. Poi, voglio ringraziare il nostro Papa Benedetto XVI per tutto quello che ha fatto, per tutte le sue preghiere. Ha mandato un Rosario a ognuno di noi 33. Noi lo abbiamo custodito ed è uno dei ricordi più grandi che possiamo avere: che il nostro Papa si sia ricordato di noi e abbia pregato per noi.

    D. – Voi avete detto molte volte che non volete essere definiti eroi…

    R. – Heroe es una palabra muy grande...
    Eroe è una parola molto grande con un grande significato. Noi in questo momento siamo dei lavoratori che si sono trovati in una situazione in cui non avrebbero dovuto trovarsi, forse era un destino che noi dovevamo avere. In questo momento io sono vivo, sano e salvo e questa è la cosa più importante. Quello che ci è successo è stato un evento mondiale per tutta la gente e, forse, noi non ce ne siamo resi conto però per noi è stata una resurrezione. Penso sia una delle cose più grandi che Dio possa darci: una nuova possibilità di vivere, di godere della nostra famiglia e della vita.

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    Nuovi scontri a Terzigno. La Chiesa di Nola: la protesta è giusta, ma sia pacifica

    ◊   Resta altissima la tensione a Terzigno dove continua la protesta della popolazione locale contro l’apertura di una seconda discarica. Nella notte ancora scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, con lanci di lacrimogeni, razzi e molotov: 5 gli agenti feriti. In mattinata nuovi blocchi per impedire lo sversamento dei rifiuti nella discarica Sari: in piazza anche gli studenti. Il premier Berlusconi assicura il ritorno alla normalità entro 10 giorni. Intanto dall’Unione Europea arriva il monito al governo ad adottare misure giuste e al rispetto del diritto comunitario in materia, pena sanzioni. La Chiesa locale assicura solidarietà alla popolazione che reclama il diritto alla salute e alla salvaguardia del proprio ambiente, afferma che la protesta contro una seconda discarica è giusta ma che va condotta in modo pacifico e lancia un appello ad ascoltare il grido di dolore di questa gente. Al microfono di Luca Collodi sentiamo il vescovo di Nola, mons. Beniamino Depalma:

    R. - La situazione è molto tesa, la gente è delusa per le tante promesse fatte ma soprattutto disperata per questa nuova possibilità di una seconda discarica nel parco nazionale del Vesuvio a ridosso di vigneti che costituiscono la risorsa economica più importante di tutta la zona. La gente è disperata anche per la vita, per la salute messa in grande discussione da questa decisione del governo.

    D. - Mons. Depalma, in questo caso la sensazione è che la criminalità organizzata non c’entri. Lei è d’accordo?

    D. - Io sono d’accordo perché sono stato in quella zona e diverse volte ho incontrato la gente. La criminalità non c’entra in queste lotte. A Terzigno , Boscoreale, e in tutta la zona la gente è onesta, formata alla legalità. Soltanto che queste reazioni sono dettate dalla disperazione e dalla preoccupazione per un futuro molto incerto e anche molto pericoloso.

    D. - Perché il termovalorizzatore di Acerra non funziona? La sensazione o almeno quello che noi leggevamo in passato è che questo termovalorizzatore doveva risolvere tutti i problemi per i rifiuti campani …

    R. - Doveva risolverli ma è il ciclo dei rifiuti che non è stato affrontato in maniera completa e in maniera saggia e intelligente. Quindi, il termovalorizzatore di Acerra non funziona perché manca tutto il ciclo dei rifiuti.

    D. - Questo dipende dagli enti locali che dovrebbero agevolare questo tipo di intervento…

    R. - Ma certamente, dipende anche dagli enti locali, dipende dalla raccolta differenziata che ancora è carente. Per uscire da questa emergenza ci vogliono progetti, occorre una mentalità progettuale altrimenti non usciamo dall’emergenza che è diventata una vita ordinaria ormai.

    D. - La Chiesa locale come si sta muovendo, che tipo di mediazione sta tentando?

    R. - La Chiesa locale è vicino alla gente, cerca di incontrare la gente, cerca di rallentare la tensione in tutti i modi e con tutti i linguaggi ma la nostra presenza, tutte le nostre invocazioni non bastano se poi la gente non si sente ascoltata dalle istituzioni.

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    Giornate dell'interdipendenza a Firenze per un mondo più unito

    ◊   “L’interdipendenza a casa nostra”, su questo tema si sono confrontate ieri e oggi a Firenze associazioni e organizzazioni di volontariato, insieme a sindaci, giornalisti ed esperti, nell’edizione di quest’anno delle “Giornate dell’Interdipendenza: le persone, i popoli, gli Stati per un mondo più unito”. Dopo aver esaminato il rapporto con la Cina, l’Africa e l’Islam, questa volta è stato dunque il fenomeno dell’immigrazione in Italia al centro del dibattito e delle testimonianze. Adriana Masotti ha sentito Marco Fatuzzo del Movimento politico per l’unità.

    R. – L’obiettivo è quello di tenere desta l’attenzione, soprattutto della società civile, su questo tema dell’interdipendenza, di cui si parla poco, proprio perché si tratta di un tema che non è ancora entrato nella cultura e neanche nelle categorie mentali di cui il cittadino medio è in possesso.

    D. – Si parla di “Interdipendenza a casa nostra”, questo il titolo della manifestazione di quest’anno. Che cosa vuol dire?

    R. – Le iniziative a cui abbiamo dato vita sono partite già nel 2004 e avevano cominciato ad affrontare il tema dell’interdipendenza, per esempio nel rapporto con l’islam, un altro anno nel rapporto con la Cina, poi con l’Africa. Il tema di quest’anno lo chiamiamo “Interdipendenza a casa nostra”, perché si tratta di esaminare come le nostre città, come il mondo del lavoro, insomma come il nostro Paese venga interrogato e messo alla prova in rapporto al tema dell’immigrazione.

    D. – Un tema molto importante, una sfida anche per le politiche, per i governi, che si trovano spesso impreparati. In questo senso, qual è il contributo che possono offrire le associazioni, i movimenti?

    R. – Quello che sta emergendo è che esiste già una miriade di buone pratiche, che cominciano a porre il problema di una nuova esistenza da condurre insieme in una città. E’ chiaro che i problemi rimangono e sono tanti.

    D. – Quindi, anche voi non negate che ci siano dei problemi da risolvere. Ma qual è il pensiero, l'atteggiamento di fondo che vi accomuna, voi che vi siete confrontati in questi giorni a Firenze, proprio guardando all’immigrazione?

    R. – Ryszard Kapuscinski, giornalista e scrittore polacco, diceva che l’uomo, quando incontra un altro uomo, diverso da sé, ha tre possibilità davanti: fargli la guerra, isolarsi – magari dietro ad un muro, eretto tra i due – oppure tentare di stabilire un contatto, un dialogo. Ebbene, l’esperienza ci sta dimostrando che la soluzione giusta è la terza che indicava Kapuscinski, cioè che i conflitti vanno gestiti, andando oltre alla mera tolleranza e arrivando al rispetto, a riconoscere l’altro, la sua identità, diversa dalla mia, e ad accoglierlo, per condividere le gioie, i dolori, i problemi che sono comuni, le preoccupazioni che sono comuni. Credo che questa sia l’unica strada possibile, che questo sia il disegno sull’umanità.

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    A Roma il Festival del cinema ebraico ed israeliano

    ◊   Da stasera e fino al 27 ottobre, alla Casa del Cinema di Roma, il Centro Ebraico Italiano presenta l’edizione 2010 del Pitigliani Kolno’a Festival “Ebraismo e Israele nel Cinema”. Ce ne parla Francesca Sabatinelli.

    “A Film Unfinished”, “Yes Miss Commander”, “Filmed by Yitzhak”. Sono questi alcuni dei titoli di ‘Mosaico di voci’, l’ottava edizione del Pitigliani Kolno’a Festival, la rassegna di cinema ebraico ed israeliano che presenta ogni anno documentari e lungometraggi divisi in sezioni. Ariela Piattelli, con Dan Muggia, dirige il Festival:

    “Il cinema israeliano non si può definire oggi con un filone, è vario: i registi sono per provenienza ed età molto diversi tra loro. Abbiamo cercato di dare una visione panoramica, dunque, che fosse la più ampia possibile”.

    Il Festival presenta novità assolute. Come Film Unfinished, film di propaganda girato dai nazisti nel Ghetto di Varsavia poco prima della Rivolta. Pellicola inedita in Italia, che verrà presentata da Liat Ben Habib, dello Yad Vashem di Gerusalemme. Ci sarà la parte dedicata al nuovo cinema israeliano, e quella alle serie televisive in Israele, paese dove, come in Italia, la fiction è legata alla quotidianità della popolazione. Non mafia o cronaca nera, ma piuttosto cronaca di guerra, come con “Hatufin” (Rapiti), serie che tratta dei rapimenti dei soldati. E poi ancora molti documentari, a partire dal pluripremiato “Diplomat”:

    “Presentiamo questo documentario meraviglioso, che si chiama 'Diplomat', di Dana Goren, un documentario che parla di un ex albergo a cinque stelle, a Gerusalemme, che si chiama proprio Diplomat. Negli ultimi 20 anni, Diplomat ha ospitato immigrati dell’ex Unione Sovietica. Questi immigrati, dunque, sono ancora lì da 20 anni e ciò dimostra che non si sono integrati, perché non si sono trovati una casa, perché non hanno cominciato a mangiare i cibi caratteristici della cucina israeliana, perché continuano a bere vodka e a perpetuare le proprie tradizioni, ma soprattutto perché parlano la loro lingua e hanno medici che parlano la loro lingua: il russo. E’ una cosa sconcertante. Rimangono chiusi in questo limbo senza integrarsi - non solo gli anziani, anche le nuove generazioni - per volontà propria. Questo perché probabilmente il discorso di perpetuare le proprie tradizioni prende una piega eccessiva ed anche perché si sentono rifiutati da una società, in cui c’è integrazione, ma in cui è difficile integrarsi”.

    A Diplomat si aggiungono Yes Miss Commander, storia di una base militare in Bassa Galilea dove giovani difficili della società israeliana si trovano di fronte donne comandanti, e poi anche Filmed by Yitzhak, un decennio di storia di Israele raccontata attraverso i super 8 girati proprio dall'ex premier isrealiano, Yitzhak Rabin.

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della domenica

    ◊   In questa 30.ma Domenica del Tempo ordinario la liturgia ci presenta la parabola del fariseo e del pubblicano raccontata da Gesù per quanti hanno la presunzione di essere giusti e disprezzano gli altri. Due uomini pregano nel tempio: il fariseo ringrazia Dio perché non è come gli altri che sono ladri, ingiusti, adùlteri. Lui digiuna due volte alla settimana e paga le decime. Il pubblicano, invece, si batte il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Gesù conclude:

    “Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato”.

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Un’altra celebre parabola sulla preghiera e la giustizia: con due attori ben caratterizzati dai loro stessi atteggiamenti. Il fariseo, appartenente al gruppo dei laici devoti ed esigenti con se stessi e con gli altri, e il pubblicano, che invece fa parte dei funzionari fiscali che collaborano con l’odiato potere straniero, quello romano. Non poteva essere più marcato il contrasto: l’uomo religioso e osservante che è convinto di avere qualche credito con Dio, e il peccatore per antonomasia, che neanche sa come spiegarsi davanti a Dio. Infatti, mentre il primo, orgoglioso, fa l’elenco delle sue numerose buone azioni, il secondo sa solo invocare pietà, umiliato da una vita malvagia. Agli occhi di Dio il pentimento del pubblicano appare sincero, è un grido dal fango di una vita sbagliata. E Dio lo accoglie e lo rigenera con la sua giustizia. Mentre quell’aureola di bontà con cui si rivestiva il fariseo non vale niente. Dio non è notaio delle sue opere buone. Non saranno le molte parole che ci riconciliano con Dio – tanto meno le molte azioni virtuose – ma la supplica sincera della sua misericordia, della sua grazia. E Dio, che è più grande del nostro cuore, ci abbraccerà col suo perdono.

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    Chiesa e Società



    I vescovi del Venezuela: è l’ora del dialogo nel rispetto del pluralismo, senza esclusioni

    ◊   I vescovi del Venezuela, al termine della loro plenaria straordinaria, ultima assise episcopale del 2010 e nell’approssimarsi del Natale, hanno rivolto ieri un messaggio ai cattolici proprio per ricordare che l’Avvento è un tempo liturgico “forte che invita tutti a porre lo sguardo sul Dio che salva” e che “ci invita ad un cambiamento di mentalità” per vivere “la riconciliazione e la fratellanza”. Prima di riflettere sulla realtà del Paese, i presuli rivolgono un saluto affettuoso al popolo cileno, alla sua Chiesa e ai 33 minatori, ritenendo che ciò che è accaduto in Cile “è una lezione al mondo intero” che insegna “ciò che si può fare quando si unisco gli sforzi, si rispetta la vita” e si usano “la scienza e la tecnologia al servizio della persona”. Sull’odierna situazione del Venezuela, dopo le recenti elezioni dello scorso 26 settembre, i vescovi scrivono: “Riteniamo che sia arrivata l’ora di stabilire ponti e di allargare i sentieri della riconciliazione e della pace. Il fatto che il Paese sia diviso in due parti, con il rischio che una parte volti le spalle all’altra, ci obbliga, in questo momento storico, a seguire il cammino dell’intesa. E’ arrivata l’ora di un rinnovato incontro”. I presuli considerano che “il grande protagonista e vincitore” del recente processo elettorale “è il popolo venezuelano che ha partecipato attivamente (…) è ciò è un chiaro segno dei suoi desideri”, vale a dire, cercare insieme “soluzioni ai problemi sociali tramite sentieri di rispetto reciproco, dialogo e solidarietà senza esclusione”. “Il popolo, rilevano i vescovi del Venezuela, è stanco di conflitti, odi, violenze distruttive senza senso, e di promesse mancate. Ciò che il popolo desidera ed esige è essere ascoltato”; esige “soluzioni concertate e pacifiche” ai “suoi problemi concreti, ai suoi bisogni reali e alle sue legittime aspirazioni”. Nel documento, la Conferenza episcopale individua diverse aree di problemi, dove occorre agire subito con il metodo del dialogo e della verità: l’educazione, in particolare quella universitaria; il nuovo Codice di diritto penale; la violenza e più in generale la difesa e promozione della vita; e, infine, le condizioni per una convivenza cittadina sana e costruttiva. Rivolgendosi ai nuovi eletti nell’Assemblea nazionale, i presuli chiedono che non siano strumenti di odio e divisione e dunque si mettano al servizio “di un Paese senza polarizzazione e scontri”, unito in un “comune progetto democratico capace di favorire la cultura politica della cooperazione mutua e non dell’eliminazione dell’avversario”. I vescovi rinnovano le loro convinzioni espresse già in passato: “la democrazia si consolida nella pluralità e nel rispetto. Non è possibile smontare un’eredità accumulata lungo molti decenni oppure imporre un indirizzo ideologico unico. Il vero e genuino umanesimo deve esaltare la libertà e la responsabilità; sostenere il pluralismo per trovare sempre la verità condivisa dalle maggioranze”.

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    Pakistan: pacifica protesta dei cristiani per la Cappella occupata abusivamente dai musulmani

    ◊   Un corteo di protesta non violenta e una santa Messa in strada: con queste modalità i cristiani in Pakistan intendono portare all’attenzione del governo nazionale e dell’opinione pubblica il caso dell’occupazione abusiva della Cappella cristiana del Gordon College a Rawalpindi, presso l’Università della Chiesa Presbiteriana nella medesima città. Il 19 ottobre la Cappella è stata occupata abusivamente con la violenza da un gruppo di oltre 20 persone che hanno fatto irruzione nell’edificio e si sono barricati all’interno: si tratta di fedeli musulmani che, con l’appoggio di alcuni politici locali, rivendicano la proprietà dell’edificio, sulla base di documenti che i cristiani giudicano artefatti. Il gruppo ha occupato la Cappella e, secondo informazioni fornite all’Agenzia Fides, intende appropriarsi dell’edificio e venderlo, ricavando diversi milioni di rupie. I fedeli cristiani di Rawalpindi, insieme con associazioni della società civile e Ong, hanno manifestato oggi per le strade della città chiedendo giustizia. Al corteo hanno partecipato anche associazioni musulmane moderate, che condividono l’urgenza di difendere i diritti civili e la libertà di culto dei fedeli cristiani. In segno di sostegno e solidarietà, inoltre, domani, le comunità cristiane di tutte le confessioni si riuniranno nel piazzale antistante l’edificio per celebrare lì fuori la liturgia domenicale, chiedendo a Dio “giustizia, pace e la libertà per i cristiani in Pakistan”. La Chiesa Presbiteriana ha provato a denunciare il caso alla polizia, che però non ha ancora registrato ufficialmente alcun rapporto sull’accaduto. Inoltre le forze dell’ordine non hanno agito in alcun modo per fermare gli occupanti o liberare l’edificio. Avvocati cristiani, allora, hanno portato il caso in tribunale, denunciando l’omertà della polizia e chiedendo giustizia di fonte a una patente violazione dei diritti di alcuni cittadini. Una prima udienza sul caso è prevista il 26 ottobre. Il pastore Iqbal Bhatti della Comunità presbiteriana ha spiegato alla stampa: “I parlamentari locali della Muslim League Nawaz Group e l’amministrazione del distretto non vogliono una chiesa qui. Intendono demolirla”, mentre i cristiani locali spiegano allarmati che “in Punjab, da quando la Muslim League Nawaz è al potere, violenze e persecuzioni contro i cristiani sono decisamente aumentate”. La Cappella è rimasta chiusa per 8 anni, per mancanza di un ministro di culto, e ha riaperto quest’anno in occasione della Pasqua. Già allora aveva subito un attacco, nel giorno del Venerdì Santo. L’edificio della Cappella è stato dato in affitto alla Comunità presbiteriana dall’Evacuee Trust, un fondo governativo che garantisce terreni e edifici a diverse comunità religiose. Ma la direzione del fondo, notano fonti di Fides, subisce influenze politiche di uomini che vogliono colpire le minoranze religiose e calpestarne i diritti. In passato anche le comunità sikh e indù si sono trovate nelle stesse condizioni, vedendosi sottrarre all’improvviso proprietà e beni immobiliari, spesso santuari o luoghi di culto, regolarmente affittati o comprati dal Fondo.

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    La Chiesa keniana: i politici siano i primi a rispettare la nuova Costituzione

    ◊   “Riconosciamo la decisione democratica esercitata dalla maggioranza dei keniani con l’approvazione della nuova Costituzione. Come sostenitori del processo democratico ci impegniamo ad appoggiare il processo di attuazione della Costituzione”: è quanto afferma mons. Zacchaeus Okoth, arcivescovo di Kisimu e presidente della Commissione Episcopale “Giustizia e Pace” del Kenya, in un messaggio pervenuto a Fides. Il 4 agosto, con un referendum, è stata approvata la nuova Costituzione keniana. “Con la promulgazione della nuova Costituzione, i keniani hanno inaugurato una nuova cultura di trasparenza e di responsabilità. Ma siamo preoccupati dal fatto che la persistente cultura di impunità radicata nella nostra classe dirigente non sia cambiata, basta citare alcuni fatti: la riluttanza dei legislatori a pagare le tasse, o le losche trattative che si vedono all’interno e al di fuori del Parlamento per le quali alcuni leader accusati di corruzione e di altri problemi di integrità morale sono protetti dai loro colleghi. Vi sono anche nomine pubbliche immeritate basate sul tribalismo, il nepotismo e l’affiliazione politica” scrive mons. Okoth. Dopo aver ricordato che il Kenya ha accettato le disposizioni del Trattato di Roma (che ha creato la Corte Penale Internazionale sui crimini contro l’umanità, Cpi, ed ha creato la Commissione per la Verità e la Riconciliazione, mons. Okoth critica le “tattiche diversive” impiegate da alcuni politici keniani per “sabotare gli sforzi della Cpi nel perseguire la giustizia”. Alcuni politici keniani sono stati accusati dalla Cpi di aver alimentato e sostenuto le gravi violenze che hanno sconvolto buona parte del Kenya agli inizi del 2008. Di fronte a questa situazione, mons. Okoth propone alcune raccomandazioni. In primo luogo, un programma intenso di “Educazione civica per aiutare i keniani a comprendere la nuova Legge fondamentale. La Commissione Giustizia e Pace è pronta a collaborare con il governo e le altre parti interessate alla realizzazione di questo nobile obiettivo. L'educazione civica concernente la nuova Costituzione deve rientrare nei programmi scolastici a tutti i livelli”. “Dato che la nuova Costituzione riconosce la ‘supremazia di Dio Onnipotente’ l'insegnamento della religione deve essere accolto come parte del curriculum scolastico. Per questo chiediamo al governo di aumentare le assunzioni di insegnanti di educazione religiosa nelle scuole e vietare le lezioni il sabato e la domenica, per mettere in pratica la nuova Costituzione” afferma mons. Okoth. Il presidente di “Giustizia e Pace” conclude lanciando un appello ai politici keniani “di iniziare a vivere la cultura della nuova Costituzione. Questo richiede che i legislatori, i giudici e gli altri funzionari pubblici inizino a pagare le tasse senza ulteriori indugi. Inoltre le nomine pubbliche dovrebbero essere basate sul merito e su un procedimento giusto”.

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    Polonia: no dei vescovi alla fecondazione in vitro

    ◊   "La fecondazione in vitro è la sorella minore dell'eugenetica" hanno ricordato i vescovi polacchi ai politici in procinto di discutere in Parlamento la legge sulla procreazione assistita ancora assente dall'ordinamento polacco. In una lettera del 18 ottobre, firmata tra gli altri dal presidente della Conferenza episcopale polacca (Kep), mons. Jozef Michalik, e indirizzata alle massime cariche dello Stato, i presuli – riferisce il Sir - ricordano che "ogni ricorso a metodi di concepimento al di fuori dal grembo materno presuppone la selezione di feti e implica l'uccisione" di quelli giudicati più deboli. Oltre all'"eugenetica selettiva", tra gli effetti negativi di un'eventuale legge che ammettesse il ricorso alla fecondazione in vitro i vescovi indicano la disgiunzione dell'atto di procreazione da quello del matrimonio, implicando conseguenze nefaste particolarmente per i bambini "che vengano al mondo grazie all'operato di terzi". Inoltre l'ammissione delle procedure di fecondazione assistita in vitro, ammoniscono i vescovi "determina ineluttabilmente la necessità di ridefinire il concetto di paternità, maternità e fedeltà coniugale, portando squilibri nelle relazioni familiari e contribuendo a minare le fondamenta della vita sociale". I vescovi sottolineano che le tecnologie usate per la fecondazione in vitro non sono la cura dell'infertilità e che le persone che ricorrono a quei metodi rimangono infertili e ribadiscono la necessità di attivare programmi di profilassi e di cura dell'infertilità. L'arcivescovo di Varsavia, mons. Kazimierz Nycz, ha spiegato che la lettera "è stata scritta non perché il Parlamento polacco inizierà a breve il dibattito sui progetti di legge che riguardano la procreazione assistita ma perché coloro che vorrebbero rendere ammissibile il metodo in vitro ne nascondono le conseguenze alle persone che dovranno decidere di approvarlo". "Esistono limiti che l'uomo non può cercare di valicare", ha sottolineato il presule.

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    La Chiesa in Irlanda: garantire il diritto dei genitori di scegliere l’educazione per i propri figli

    ◊   Secondo mons. Donald McKeown, vescovo ausiliare di Down and Connor e presidente della Commissione per l'educazione cattolica dell'Irlanda del Nord, "l'attuale dibattito sulla diversità dell'offerta formativa" nel Paese "richiede il riconoscimento del fondamentale diritto dei genitori di scegliere per i propri figli un'educazione basata sulla fede". "Questo principio chiave, che riconosce i diritti dei genitori, è garantito dalla Convenzione europea per i diritti dell'uomo - prosegue il vescovo ripreso dall’agenzia Sir-. Esso è inoltre garanzia di una società stabile e pluralista, come quella esistente in Irlanda e Gran Bretagna, che trova espressione nell'offerta di scuole basate sulla fede e sostenute dallo Stato". Mons. McKeown, rammenta che i genitori che scelgono tali scuole per i loro figli "pagano le tasse per questo" e che "da diverse generazioni anche la Chiesa cattolica ha contribuito in modo sostanziale con finanziamenti e risorse alla scuoia cattolica, e in definitiva ciò ha fatto risparmiare il denaro versato dai contribuenti". "La lunga esperienza in tutta l'isola, al Nord e al Sud - conclude il presidente della Commissione per l'educazione cattolica - dimostra che le scuole cattoliche sono impegnate nell'accoglienza di alunni di ogni background e nella costruzione di una società coesiva ponendosi al servizio del bene comune".

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    Aperto corso di bioetica all'Università cattolica ucraina

    ◊   "Oggi il progresso della scienza e della biotecnologia è spesso rapido e scioccante" ma "non deve spaventare". "Se rivela la verità, la scienza è un dono di Dio"; tuttavia "è importante che le sue scoperte e acquisizioni non mettano in discussione il valore della vita umana che sono chiamate a difendere e sostenere". Lo ha detto il rettore dell'Università cattolica ucraina, padre Borys Gudziak, annunciando nei giorni scorsi l'avvio presso l'Ateneo di un programma di formazione in bioetica. Il progetto, ha spiegato il direttore del programma padre Ihor Boiko ripreso dall’agenzia Sir, "è finanziato dal Medical Department della Mac Hill University (Canada)". L'infertilità nel matrimonio e il giudizio etico sulle tecnologie riproduttive ausiliarie, la maternità surrogata, la donazione di ovociti, la crioconservazione degli embrioni umani, l'impiego delle cellule staminali embrionali, la diagnosi prenatale e l'eutanasia, saranno i temi approfonditi dai partecipanti al programma. "Le Sacre Scritture ci dicono che Gesù è morto sulla croce per noi e ci aiutano così a comprendere il valore della nostra vita. Anche l'apostolo Paolo conferma che siamo stati acquistati a caro prezzo" avverte il vescovo Benedict di Lviv (Chiesa greco-cattolica ucraina). "Siamo certi - continua il presule - che questo programma di formazione aiuterà a comprendere ancora più profondamente il valore della vita umana che diamo per scontato e iniziamo ad apprezzare solo in caso di malattia o difficoltà". Compito degli studenti, conclude, sarà "non solo capire la vita ma anche di insegnare agli altri a comprenderla ed apprezzarla". Un anno di formazione con lezioni tre volte a settimana, tenute da specialisti ucraini ed anche provenienti dall'Europa occidentale, per insegnare a medici, bioeticisti, preti e avvocati a rispondere a domande su morti improvvise, informare una persona colpita da malattia incurabile, sostenere i malati terminali e le loro famiglie.

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    Un australiano su 10 vive al di sotto della soglia di povertà: l’impegno delle organizzazioni cattoliche

    ◊   Oltre un miliardo di persone in tutto il mondo vivono in condizioni disperate e lottano contro la fame. Tuttavia, nonostante la ricchezza della nazione, il valore crescente del dollaro e il boom delle risorse, la povertà e gli stenti appartengono anche all'Australia dove oggi oltre un australiano su 10 vive al di sotto della soglia di povertà. Circa 2,2 milioni di australiani combattono la povertà e vivono in condizioni di disagio estremo, e secondo le organizzazioni sociali, questo numero è in crescita. Recentemente, all'inizio della Settimana Contro la Povertà, l'arcivescovo di Sydney, cardinale George Pell, ha sollecitato le scuole, le parrocchie e la comunità cattolica ad organizzare attività di sensibilizzazione e incoraggiare il grave impatto della povertà. Istituita in coincidenza con la Giornata contro la povertà delle Nazioni Unite, che si celebra ogni anno in tutto il mondo il 17 ottobre, la Settimana contro la povertà mira a rafforzare la consapevolezza pubblica sulle cause e sulle conseguenze della povertà in tutto il mondo così come in Australia, e ad incoraggiare la ricerca, i dibattiti e le azioni per affrontare il problema. Supportata da organizzazioni cattoliche come CatholicCare, Caritas, Mission Australia, St Vincent de Paul Society e Jesuit Social Services, come pure da altri gruppi di assistenza sociale come Anglicare, Croce Rossa e UnitingCare, nel corso della Settimana si sono tenute una serie di iniziative nelle scuole per evidenziare il profilo di quanti hanno bisogno. Secondo le organizzazioni di assistenza sociale, impegnate con le famiglie e i singoli individui che lottano disperatamente per rimanere a galla, molti australiani ritengono che la povertà sia qualcosa che accade oltremare e non si rendono conto che non solo non esiste il cosiddetto Paese Felice, ma che la povertà colpisce circa il 10% della popolazione australiana. Le statistiche più recenti, a cura dell'Australian Bureau of Statistics, indicano che il 58% degli indigeni australiani sono a rischio di povertà o vivono già al di sotto della soglia di povertà. Altri nella stessa categoria di rischio includono il 28% della nazione senza lavoro, il 28% in affitto, il 22% genitori single e il 7% anziani, tra cui molti pensionati che ora lottano per far quadrare il bilancio.

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    Bulgaria: nella nuova chiesa ortodossa di Burgas arrivano le reliquie di San Nicola di Bari

    ◊   Alcune reliquie di San Nicola di Bari saranno inviate in Bulgaria e alla vigilia della festa liturgica di San Nicola, 6 dicembre, saranno ospitate nella nuova chiesa ortodossa in Burgas che porta il nome del Santo. La decisione è stata presa durante l’incontro tra il ministro bulgaro della Cultura, Vejdi Rashidov, e l’ambasciatore dell’Ordine di Malta in Bulgaria, Camillo Zuccoli, nel contesto della visita del ministro Rashidov a Roma. Durante i colloqui, il ministro bulgaro ha inoltre informato l’ambasciatore, che con l’aiuto del primo ministro bulgaro, Bojko Borisov, il Ministero della Cultura, il Ministero dell’istruzione di Sofia ed altre istituzioni, la Bulgaria ha adempiuto il suo impegno, risolvendo un annoso problema con la concessione di un edificio alla comunità monastica delle Suore del Santissimo Sacramento a Sofia. Durante la sua visita a Roma, il ministro bulgaro ha incontrato anche Umberto Croppi, assessore alle politiche culturali e alla comunicazione del Comune di Roma, con il quale ha concordato la concessione di nuovo edificio, nel centro di Roma, per l’Istituto della Cultura bulgara. Il ministro Rashidov ha ricevuto l’apprezzamento del Comune di Roma per la decisione del governo bulgaro, con la quale una settimana fa è stata consegnata all’Italia la chiave del nuovo Istituto della Cultura italiana nel centro di Sofia. I due interlocutori hanno auspicato lo sviluppo della collaborazione culturale tra Bulgaria ed Italia. (A cura del Programma bulgaro della Radio Vaticana)

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    Dedicato al Papa il nono Festival internazionale di musica e arte sacra

    ◊   Al via oggi il IX Festival internazionale di musica e arte sacra, dedicato a Benedetto XVI nel quinto anno di Pontificato, in alcune Basiliche romane. La rassegna, che è promossa dalla Fondazione Pro Musica e Arte Sacra, si apre alle ore 17.00 nella Basilica di San Pietro, in Vaticano, con la Santa Messa solenne celebrata dal cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica e vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano. Seguirà un concerto interpretato dal Coro della Cattedrale di Saint Patrick di New York, da fiati del Duomo di Magonza e dal Coro da Camera “Belcanto”. Altri concerti si svolgeranno nella Basilica di Sant’Ignazio (domenica 24 ottobre, ore 17), con la partecipazione del Coro della Cattedrale di Saint Patrick, New York e l’esecuzione di musiche di Mozart, Bruckner e Palestrina, nella Basilica di San Giovanni in Laterano (domenica 24 ottobre, ore 21.00) e nella Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura, con i Wiener Philarmoniker in un programma dedicato a Mozart e Haydn (lunedì 25 ottobre, ore 21.00). La manifestazione si concluderà nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore, martedì 26 ottobre, (ore 21.00), in cui opere di Mendelssohn e Gounod saranno interpretate dal Bach-Chor di Siegen, dalla Filarmonica della Westfalia meridionale e dall’Orchestra Federale della Renania settentrionale-Westfalia. (M.V.)

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    Spagna: assegnati i Premi Principe delle Asturie

    ◊   Le incertezze sociali, la crisi socioeconomica internazionale, il ruolo e la responsabilità della cultura nella ricerca delle cause e del superamento delle crisi attuali sono stati al centro dei diversi interventi nell’atto solenne della consegna dei Premi Principe delle Asturie, ieri sera a Oviedo, capitale della regione delle Asturie in Spagna. Nel suo discorso di chiusura della celebrazione, il Principe Felipe, dopo aver messo in risalto i meriti e le caratteristiche personali dei premiati, ha sottolineato l’importanza dell’esempio delle generazioni precedenti e dei nuovi Premi per l’analisi delle cause e le circostanze dei problemi sociali attuali in cerca di una società più giusta e pacifica. A nome dei premiati hanno preso la parola lo scrittore libanese Amin Maalouf, l’allenatore della squadra di calcio spagnola Vicente del Bosque, ed i sociologi Zygmunt Bauman e Alain Touraine. Il primo a parlare è stato lo scrittore libanese Maalouf. “La diversità nella nostra società – ha detto - non è né una benedizione né una maledizione; è una realtà”. Questo fatto – ha proseguito - comporta aspetti positivi e negativi “come vivere insieme è la nostra sfida”. Per aggiungere poi che la nostra società rischia di tornare indietro nei suoi valori etici. Tutti gli altri interventi hanno messo in risalto l’importanza dei valori della cultura, l’educazione, l’etica, la solidarietà nella soluzione ai problemi attuali. Tutta la cerimonia è diventata una lezione di umanità. Sono otto i premi assegnati nell’annuale Premio Principe delle Asturie. Nel settore delle Arti è stato premiato lo scultore statunitense Richard Serra. Secondo l’architetto Norman Foster Richard, Serra sarebbe il più grande tra gli scultori viventi. Il Premio alla Cooperazione Internazionale è stato dato a due società: la Organizaciòn Nacional de Trasplantes de España e The Trasplantation Society. La giuria ha apprezzato la cooperazione di questi due Istituti nell’ambito dei trapianti di organi in tutto il mondo e il suo impegno nello sradicamento del traffico illegale di organi. Il Premio delle Scienze sociali è stato attribuito agli archeologi cinesi che dopo la scoperta nel 1974 delle statue in terracotta dei guerrieri di Xian, che oggi superano la cifra di 7.000 esemplari, proseguono il loro lavoro di ricerca interdisciplinare per lo studio delle origini della nazione e della civiltà cinese attorno agli anni 221-207 a.C. Due sociologi intellettuali, Alain Touraine, francese, e Zygmunt Bauman sono stati insigniti con il premio di Comunicazione e Umanità per i loro studi attorno alla società postindustriale (Touraine) e della società liquida (Bauman). Gli esperti in Biochimica, l’israeliano Baruch Minke e gli statunitensi Linda Watkins e David Julius hanno ricevuto il premio per le loro ricerche sul fenomeno del dolore umano ed altre sensazioni fisiologiche e le risposte della medicina alla sofferenza umana. Lo scrittore libanese Amin Maalouf, nato a Beirut nel 1949, ma residente in Francia, ha avuto il Premio alla letteratura per la sua produzione letteraria nella quale si avvale della finzione e della realtà in favore della convivenza e della tolleranza. Nella motivazione del Premio alla Nazionale di calcio spagnola si mette in risalto lo spirito di squadra dei giocatori, il loro atteggiamento sportivo, la semplicità e l’umanità che hanno manifestato nel loro comportamento ai Mondiali di calcio in Sudafrica. Infine, l’associazione Mani Unite, creata nel 1960 da un gruppo di donne dell’azione Cattolica Spagnola, ha avuto il Premio alla concordia. L’anno scorso sono stati circa 4.500 i volontari dell’associazione, mentre gli iscritti erano 80.000. Sempre l’anno 2009 Mani Unite è riuscita a incassare, come donazioni, oltre 54 milioni di euro. Riferendosi a Mani Unite il Principe Felipe ha messo in risalto il contributo dei missionari, dei volontari e di tutti i collaboratori. La cerimonia, secondo un rituale di grande solennità e precisione, ha avuto luogo nel Teatro Campoamor di Oviedo. E’ iniziata alle 18.30 e si è conclusa alle ore 20.00. Hanno presieduto la celebrazione i Principi delle Asturie Felipe e Letizia, mentre la regina Sofia occupava un palco d’onore nel Teatro. (A cura di padre Ignacio Arregui)


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    Festival del Cinema Latino-americano a Trieste

    ◊   Si svolge da oggi al 31 ottobre, a Trieste, il XXV Festival del Cinema Latino-americano, con oltre 160 film e documentari in visione, promosso dall’Associazione per la Promozione della Cultura Latino-americana in Italia/Apclai, con la collaborazione dell’Università degli Studi ed altre istituzioni triestine e con il patrocinio dell’Istituto Italo-Latino americano. Sarà presente, tra i registi, attori e scrittori invitati, l’attore messicano Damián Alcázar, cui è dedicata la retrospettiva del Festival. I filmati in programma colgono aspetti diversi della cultura latino-americana – geografici, antropologici, storici, politici, religiosi, sociali – senza trascurare la realtà indigena, al centro della sezione intitolata “Amerindia”. Un’altra sezione con una trentina di titoli ricorderà il bicentenario dell’Indipendenza latino-americana dalla Spagna; è stata realizzata con il concorso del Ministero degli Esteri italiano e dell’Unione Latina, l’organizzazione per la diffusione dell’eredità culturale e delle identità del mondo latino, con sede a Parigi. Anche quest’anno il festival assegnerà il “Premio Malvinas”, un riconoscimento che trae origine dalla constatazione delle conseguenze del conflitto tra Argentina e Regno Unito del 1982 e mira a promuovere i valori della riconciliazione e della convivenza tra i popoli.

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    24 Ore nel Mondo



    Guerra in Iraq: 100mila le vittime, 60mila sono civili

    ◊   “Nessuna sorpresa” nei documenti sulla guerra in Iraq pubblicati da Wikileaks. La prima reazione ufficiale del governo di Baghdad, affidata al Ministero dei diritti umani dopo la pubblicazione, ieri, da parte del sito americano di 400 mila documenti ritenuti segreti sulla guerra in Iraq. In una conferenza stampa stamani a Londra, il capo di Wikileaks, Julian Assange, ha detto di voler "correggere gli attacchi alla verità", dopo che già in passato aveva rivelato informazioni sul conflitto afghano. Il servizio di Elena Molinari:

    Sono morti almeno 109 mila iracheni, di cui oltre 60 mila civili, in Iraq, tra l’inizio tra dell’invasione statunitense nel 2003 e il 2009. Il dato è emerso da una montagna di file militari segreti statunitensi ottenuti da Wikileaks. I documenti rivelano anche agghiaccianti torture nelle prigioni irachene da parte di militari iracheni, con il benestare delle autorità locali ma con anche, e spesso, la conoscenza degli americani. I quasi 400 mila rapporti dell’esercito Usa sembrano essere stati passati a Wikileaks dallo stesso analista militare, Manning, che avrebbe già dato al sito 90 mila documenti sull’Afghanistan. Degli oltre 60 mila civili rimasti uccisi nel conflitto, dunque, oltre 15 mila hanno perso la vita in incidenti che finora non si conoscevano: i civili iracheni – si apprende – furono mandati avanti su strade minate da almeno un capo di un plotone americano. I documenti gettano luce anche sul coinvolgimento dell’Iran nel conflitto, in particolare per quanto riguarda il supporto fornito alle milizie sciite. Si scopre, inoltre, che i tre giovani americani finiti nelle carceri iraniane perché accusati di avere sconfinato, sarebbero stati invece rapiti in territorio iracheno. Il Pentagono e il Dipartimento di Stato Usa hanno condannato la pubblicazione dei documenti, perché metterebbero a rischio la vita dei soldati sul campo.

    Scontri in Pakistan: distrutte due basi terroristiche
    Continuano le offensive in Pakistan. Nella notte soldati dell’esercito regolare pakistano hanno distrutto alcune basi dei ribelli, uccidendo almeno 10 militanti. L’offensiva èavvenuta a Orakazai, nel nord ovest del Paese. Dagli Stati Uniti, è arrivato intanto l’impegno ufficiale a donare due miliardi di dollari al governo di Islamabad per rafforzare la lotta al terrorismo. Hillary Clinton, segretario di Stato americano, impegnata a Washington in un incontro con una delegazione di Islamabad, ha pubblicamente ringraziato le autorità pakistane definendo il Paese il più solido degli alleati alla lotta al terrorismo.

    L’azione dei maoisti insanguina le elezioni in India
    Tensioni e scontri armati nello Stato di Bihar, nell’India del nord, dove in questi giorni si stanno svolgendo le elezioni per il rinnovo del parlamento. Sei poliziotti sono stati uccisi in un agguato teso dai ribelli maoisti: una mina è stata fatta esplodere al passaggio del convoglio militare impegnato in un’operazione di pattugliamento. L’accaduto ha fatto innalzare la soglia di guardia nel distretto di Sheohar, nello Stato di Bihar, roccaforte dei ribelli, dove oggi si tiene la seconda fase elettorale delle sei previste. Il primo ministro indiano, Manmohan Singh, ha definito la guerriglia naxalita, nome del gruppo maoista, la più grande minaccia interna alla sicurezza del Paese. Grande preoccupazione desta, inoltre, la visita ufficiale del presidente americano, Barack Obama, prevista per il 6 novembre. Si temono, infatti, attacchi terroristici in Kashmir ad opera di ribelli islamici infiltrati dal Pakistan. Tre sospetti militanti del gruppo islamico estremista Jaish-e-Mohammed sono stati uccisi ieri dalle forze dell'ordine dopo una lunga battaglia. Facevano parte di un commando pronto a lanciare attacchi suicidi contro diversi obiettivi militari della regione.

    Approvata la ristrutturazione del Fondo monetario internazionale
    Al via un cambiamento decisivo nelle strutture del Fondo monetario internazionale (Fmi). I ministri finanziari del G20, riuniti in Corea del sud, hanno dato il loro assenso a riformare la governance e l’assetto dell’organizzazione. Tra le decisioni più importanti, quella del trasferimento del 6 per cento delle quote di capitale dei Paesi sviluppati ai Paesi emergenti, la diminuzione di alcune quote da parte di Paesi storici quali l’Italia in favore della Cina - che diventa così il terzo azionista del Fondo - e la decisione di far sedere nel Consiglio Brasile, Russia, India e Cina. L’Europa ha ceduto due seggi, garantendo in questo modo una maggior rappresentazione dei reali protagonisti economici. Grande entusiasmo del direttore esecutivo, Strauss-Kahn, che ha definito l’accordo “storico e il più importante dalla nascita del Fmi”.

    La Banca centrale europea frena il Patto di stabilità
    "No" della Banca centrale europea alla revisione del Patto di stabilità proposta dal cancelliere tedesco, Angela Merkel, e dal presidente francese, Nicolas Sarkozy. Sulle riserve e sulle difficili prospettive di accordo, il servizio di Marco Onali:

    Dopo il "no" di ieri del presidente Trichet, oggi Lorenzo Bini Smaghi, del comitato esecutivo, ha ribadito le critiche al testo proposto per rivedere i criteri vincolanti in materia di deficit. “Non siamo d'accordo su alcuni punti che riteniamo troppo deboli”, ha affermato, riferendosi soprattutto a quel sistema di sanzioni che la banca avrebbe voluto molto più automatiche e immediate nei confronti dei Paesi non virtuosi. L’attenzione si sposta quindi sul vertice dei capi di Stato che si terrà la prossima settimana e che discuterà del progetto di revisione del Trattato di Lisbona. “E' per noi un obiettivo molto importante”, ha ribadito oggi Merkel, che pretende dal Consiglio Ue un “mandato chiaro” per cambiare le regole entro la prossima primavera, per arrivare alla ratifica delle modifiche entro il 2013. Ma su questo i 27 rischiano di spaccarsi e al tavolo dei leader si preannuncia una trattativa difficile. Due gli obiettivi della Germania, condivisi dalla Francia: arrivare a sanzioni anche politiche nei confronti dei Paesi recidivi nel violare i parametri del deficit e del debito - come la sospensione temporanea del diritto di voto nel Consiglio Ue - e mettere a punto un Fondo permanente anticrisi, per il salvataggio dei Paesi dell'euro in difficoltà finanziarie. L’accordo Sarkozy-Merkel, però, suscita molte preoccupazioni nelle istituzioni comunitarie e non è affatto piaciuto in molte capitali, che di modifiche del Trattato non vogliono sentir parlare. Possibile, dunque, che al tavolo dei leader europei si faccia avanti anche l'idea si sondare strade alternative, per vedere se l'obiettivo di un rafforzamento ulteriore, sia del Patto Ue sia della rete di sicurezza per i Paesi della zona euro, sia possibile anche senza toccare il Trattato.

    Il Senato francese ha approvato la riforma delle pensioni: continuano gli scioperi
    È stata votata dal Senato francese la riforma delle pensioni con la quale sarà innalzata l’età minima pensionabile da 60 a 62 anni. Con 177 voti a favore, 153 contrari e 9 astenuti il provvedimento, contro cui si era mobilitata gran parte della popolazione, è stato approvato. Al voto si è arrivati, nonostante le proteste e gli scioperi che stavano paralizzando il Paese, prima della procedura d'urgenza chiesta dal governo. L’iter si concluderà la prossima settimana, con il passaggio in Commissione paritaria per l'allineamento del testo, che sarà poi sottoposto al Consiglio costituzionale. Ma nel Paese continuano i disagi, a partire dalla penuria di benzina in molte stazioni di servizio, dovuta allo sciopero delle raffinerie e al blocco di alcune riserve di carburante. Il governo spera oggi che, con l’inizio delle vacanze di Ognissanti, la protesta si indebolirà ma il Sindacato ha già annunciato il proseguimento delle proteste, con due nuovi scioperi indetti per il 28 ottobre e il 6 novembre. In settimana, sciopereranno anche gli studenti e grande è l’attesa per il voto della Commissione che lunedì prossimo analizzerà e voterà il provvedimento.

    La Serbia dice "no" alla Nato
    Il presidente del parlamento serbo, Slavica Djukic-Dejanovic, a margine di un incontro a Belgrado con una delegazione dell'Assemblea parlamentare della Nato, ha annunciato che la popolazione serba è decisamente contraria all’ingresso del Paese nell’Alleanza atlantica. “Sull’adesione della Serbia alla Nato non vi è eccessivo appoggio, cosa questa abbastanza logica se si considera che il ricordo e le ferite dei bombardamenti Nato del 1999 sono ancora presenti”, sono state le sue parole. Il capo di Stato ha tuttavia ricordato che c’è largo favore per un eventuale ingresso nell’Unione Europea. La delegazione Nato, guidata da Enzo Bianco, vicepresidente della Commissione sulla dimensione civile della sicurezza dell'Assemblea parlamentare, è stata inoltre messa al corrente delle strategie difensive del Paese, delle sue politiche cooperative, delle sue relazioni con Nato e Ue, della situazione in Kosovo e nel resto dei Balcani occidentali.

    Emergenza colera ad Haiti, salgono a 200 i morti e oltre 2000 i contagiati
    Nuova emergenza umanitaria ad Haiti: sarebbero oltre 200 le vittime dell’epidemia di colera che ha già contagiato più di 2000 persone. I primi dati, destinati tuttavia a salire, sono stati confermati dall’Organizzazione Mondiale della sanità. La zona colpita è quella delle campagne della capitale, Port-Au Prince, mentre non sono stati rivelati casi di contagio in città, dove vivono accampati e privi di servizi sanitari di base oltre 1,5 milioni di senzatetto, rifugiati nei campi dopo il terremoto dello scorso anno. Il ministro della Sanità, Alex Larsen, in accordo con il presidente, Renè Preval, hanno invitato tutti gli ospedali privati ad accettare i pazienti e invocato l’aiuto delle organizzazioni non governative. Il rischio è quello che l’epidemia possa dilagare anche nella vicina Santo Domingo, dove si sta preparando un piano di contenimento.

    A Pechino giovani tibetani protestano contro il governo
    Nuova manifestazione contro il governo in Cina, dove centinaia di giovani tibetani stanno manifestando contro le nuove limitazioni imposte all'uso della lingua tibetana. L'ondata di proteste, che sembra essere la più vasta dopo quella del 2008, è iniziata martedì scorso a Tongren, nel Qinghai, una provincia che confina con la Regione Autonoma del Tibet con una forte presenza di tibetani, ed è arrivata nella notte a Pechino. Gli studenti, tutti compresi tra i 12 e i 18 anni, chiedono l’uguaglianza di tutte le etnie e la possibilità di esprimersi nella loro lingua. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Marco Onali)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 296

    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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