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Sommario del 19/10/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Udienza del Papa al vescovo di Eichstätt, mons.Hanke
  • Pagine ricche di contenuti e di affetto: il commento di mons. Giovanni Tani alla lettera del Papa ai futuri sacerdoti
  • Delegazione del Sinodo in Campidoglio per un convegno sulla testimonianza a servizio della pace in Medio Oriente. I vescovi riuniti per i documenti finali
  • Voci dal Sinodo: interviste con padre Moussalli, mons. Nazzaro e Marco Impagliazzo della Comunità di Sant'Egidio
  • L'intervista al ministro degli esteri italiano, Frattini, dopo l'incontro con una delegazione di padri sinodali all'Ambasciata italiana presso la Santa Sede
  • Con gli 80 anni del cardinale Tumi, il Collegio delle porpore conta 102 cardinali elettori e 77 non elettori
  • 90.mo anniversario dell’Apostolato del Mare. Mons. Vegliò: “Fornire assistenza pastorale e accogliere lo straniero"
  • Aperto a Bangkok il primo incontro della Pastorale della strada per l'Asia e l'Oceania
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Ban Ki-moon a Strasburgo a 60 anni dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo
  • La povertà e l’esclusione dei minori al centro di un seminario dell’Unicef a Roma
  • All’Università Urbaniana la presentazione del libro “Essere Madre” della mistica Conchita Cabrera
  • Chiesa e Società

  • In Burundi al via l’incontro dei vescovi della regione dei Grandi Laghi
  • Pakistan: disperazione tra le famiglie hindu prive di ogni assistenza
  • Bangladesh: religiosi cristiani e islamici discutono a Dhaka di pluralismo e dialogo
  • L'Associazione Rondine condanna l'attacco al parlamento ceceno
  • A Bruxelles un convegno internazionale contro la tratta di esseri umani
  • Brasile: le religiose della rete “Un grido per la vita” contro la tratta di esseri umani
  • Australia: impegno di governo e organizzazioni cattoliche per bambini e famiglie disagiate
  • Il vescovo anglicano di Fulham ha annunciato le sue dimissioni
  • Ucraina: no a strumentalizzazioni politiche della Chiesa
  • Cina: la diocesi di Bao Ding si prepara alla Giornata missionaria
  • Sabato in Portogallo si festeggia la Giornata del volontariato missionario
  • Dino Boffo alla guida di TV 2000 dei vescovi italiani
  • India: i vescovi lanciano un nuovo sito interamente dedicato ai giovani
  • È on line il nuovo sito della Curia generalizia dei Gesuiti
  • Sabato la cerimonia di consegna del Premio Cuore Amico 2010
  • 24 Ore nel Mondo

  • In Cecenia attaccato il parlamento: presi in ostaggio parlamentari, poi presto liberati dal blitz della polizia
  • Il Papa e la Santa Sede



    Udienza del Papa al vescovo di Eichstätt, mons.Hanke

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata il vescovo della diocesi tedesca di Eichstätt, Gregor Maria Franz Hanke.

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    Pagine ricche di contenuti e di affetto: il commento di mons. Giovanni Tani alla lettera del Papa ai futuri sacerdoti

    ◊   Chi vuole diventare sacerdote “deve essere soprattutto un uomo di Dio’”. Un Dio che “non è un’ipotesi distante, non è uno sconosciuto che si è ritirato dopo il ‘big bang’”. E’ uno dei passaggi più incisivi della lettera che Benedetto XVI ha indirizzato ieri ai seminaristi, a conclusione dell’Anno Sacerdotale. Una lettera che non ha esitato a toccare ancora una volta il doloroso tasto degli abusi sessuali commessi dal clero, ribadendo tuttavia che la missione sacerdotale resta “grande e pura”. Alessandro De Carolis ha chiesto al rettore del Pontificio Seminario Maggiore di Roma, mons. Giovanni Tani, quale impressione abbiano suscitato in lui le parole del Papa:

    R. – La lettera me la sono trovata di sorpresa. E’ stata una bella sorpresa. Una sorpresa per il fatto in sé di questa lettera e, poi, anche per come è scritta, per il calore con cui il Papa si rivolge ai seminaristi e per lo svolgimento del pensiero, toccando punti importanti della formazione. E’ stata per me una bella sorpresa e stamattina palando appunto con altri rettori - non avevamo questo all’ordine al giorno, evidentemente - anche per loro è stata una cosa bella che il Papa ha fatto.

    D. – Il Papa ieri ha detto: il sacerdozio non è una “professione del passato”, ma del presente e del futuro. Come insegnate ai seminaristi a radicarsi in questa consapevolezza, in un contesto sociale piuttosto ostile?

    R. – Credo che la linea principale sia proprio quella di far capire la verità della fede e la bellezza dell’incontro con Cristo come elemento risolutivo, costitutivo, dell’esperienza personale e, quindi, qualche cosa da poter proporre agli altri.

    D. – Negli ultimi mesi e negli ultimi anni, il percorso di formazione nei seminari, credo, abbia dovuto inevitabilmente affrontare la questione degli abusi sessuali, di coloro che - come scrive il Papa - hanno sfigurato il ministero del sacerdozio. Che esperienza avete vissuto in questo periodo nel Seminario Maggiore?

    R. – Una esperienza da una parte certamente dolorosa per quello che sentivamo e una esperienza di presa di responsabilità: ci si rende conto che il cammino deve essere serio. Abbiamo avuto alcuni incontri con esperti, con persone che hanno potuto presentarci l’argomento sotto vari aspetti in maniera tale da mantenere la coscienza viva su questo punto. Non abbiamo ignorato il problema, insomma.

    D. – Ogni giovane è figlio della sua epoca e la nostra - che è piuttosto sorda quando anche semplicemente si accenna alla morale - non può non condizionare, immagino, anche un ragazzo attratto dal seminario. Come insegnate a comprendere il valore del celibato, così come anche ieri il Papa lo ha ribadito?

    R. – La linea che il Papa ha indicato è un po’ quella che noi seguiamo. Cioè, il celibato, la sessualità, non possono essere trattati come un capitolo a parte della persona. E’ tutto l’aspetto affettivo, passionale, che deve trovare un obiettivo nell’incontro con Cristo. Allora, cerchiamo di rendere la vita spirituale particolarmente intensa. Nessuno può dire: io ho deciso questo. Oppure: la Chiesa mi chiede questo e, quindi, sì. Ci vuole tutto un lavoro dove ciascuno possa rendersi conto di quello che abita dentro di lui come energia sessuale e affettiva e deve poterla destinare nella maniera giusta.

    D. – Il Papa nella lettera ribadisce quali siano i punti della formazione di un futuro sacerdote: intensa vita sacramentale, studio approfondito della teologia… punti che il Papa ha toccato in più occasioni nel corso dell’Anno sacerdotale. Quali novità ha potuto cogliere nella vita del vostro seminario, durante e dopo la conclusione di questo speciale anno?

    R. – Mi pare che ci sia un buon livello di consapevolezza. Mi sembra che la tensione dei ragazzi sia al punto giusto, che siano sereni, gioiosi, che abbiano voglia di impegnarsi. Colgo questa realtà.

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    Delegazione del Sinodo in Campidoglio per un convegno sulla testimonianza a servizio della pace in Medio Oriente. I vescovi riuniti per i documenti finali

    ◊   Lavori a porte chiuse, oggi, al Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente, in corso in Vaticano sul tema della “comunione e testimonianza”. In programma, la preparazione delle Proposizioni finali. Intanto, stamani una delegazione del Sinodo è intervenuta in Campidoglio al convegno intitolato “Medio Oriente. La testimonianza cristiana al servizio della pace”, promosso dal Comune di Roma, insieme alla Fraternità di Comunione e Liberazione e alla nostra emittente. Il servizio di Isabella Piro:

    La pace in Medio Oriente è la grande speranza per tutti i popoli del mondo. Questo, in sintesi, il "filo rosso" che lega tutti gli interventi pronunciati in Campidoglio. E pace è la parola invocata a più voci, così come l’importanza della presenza cristiana nella regione mediorientale. Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno:

    “I valori del cristianesimo possono essere inevitabilmente la medicina migliore per fare in modo che nel risolvere il conflitto, nel creare la pace e la giustizia non ci sia il fardello di tensioni, di rabbie, di rancori, di inimicizie che nascono dall’odio accumulato in tanti anni”.

    Gli fa eco il segretario generale del Sinodo, mons. Nikola Eterović, il quale ricorda che la pace è un dono di Dio e che ogni membro della Chiesa è chiamato a seguire la propria vocazione, ossia ad essere costruttore di pace:

    “Tale vocazione ha pure un’importante dimensione sociale che potrebbe rompere il circolo vizioso della violenza, della vendetta e dell’odio e preparare il cuore alla ricerca di una pace autentica nella riconciliazione e nella giustizia”.

    Da Roma per il Medio Oriente e a Roma dal Medio Oriente, continua padre Federico Lombardi, direttore generale della Radio Vaticana, spiegando il forte legame esistente tra la capitale italiana e la regione mediorientale. Ricorda poi il ruolo fondamentale dei mass media nel far sì che i cristiani del Medio Oriente percepiscano la solidarietà della comunità internazionale, sua a livello sociale che politico. Quindi, padre Lombardi sottolinea l’esigenza più forte avvertita dal Sinodo:

    “Solidarizzare, nell’affrontare, in modo promettente per il futuro, la riflessione su quale sia il vero significato, il vero posto dell’esercizio pieno, oggi, nel Medio Oriente e in tutti gli altri Paesi del mondo, della libertà religiosa, della libertà di coscienza, della piena cittadinanza per costruire le comunità sociali e politiche in cui si vive. Approfondire questi temi proprio per poterli diffondere e poterne rendere tutti consapevoli per il bene dei cristiani del Medio Oriente”.

    Drammatica, invece, la pagina presentata dal ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini: su cento morti a causa dell’intolleranza religiosa nel mondo, dice, 75 sono cristiani e la situazione è allarmante:

    “La cristianofobia oggi è un rischio crescente e molto più concreto, che dobbiamo temere giorno dopo giorno. In molti contesti, le comunità cristiane vivono una condizione di isolamento e di estraneità, pur essendo state nella storia centri propulsori di irradiazione del cristianesimo, anche molto prima dell’arrivo dell’islam”.

    Il ministro Frattini ricorda anche la proposta di presentare una risoluzione Onu sulla tutela delle minoranze e della libertà religiose e ribadisce che il dialogo è essenziale per cercare di risolvere i conflitti. In questo contesto, la vera sfida del cristianesimo è allora quella di dimostrare la sua rilevanza antropologica. Don Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione:

    “Nel martoriato Medio Oriente, alla debolezza costitutiva di ogni uomo si aggiungono anche: oggettive situazioni di sofferenza, di minaccia contro i diritti fondamentali, di emarginazione, di soffocamento della libertà; è lì che il cristianesimo deve mostrare la sua verità, la sua capacità di ridestare la persona e di salvare l’umano”.

    Il Medio Oriente sembra un paradosso, conclude padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa: propri lì dove sono nati, i cristiani sono numericamente pochi. Eppure, la loro è una realtà radicata e molto attiva:

    “Non si può dire che non ci sia una testimonianza cristiana. Ci sono le opere, le attività dei cristiani: le Chiese cristiane non sono ripiegate su se stesse, c’è una vitalità enorme e la presenza cristiana – le opere, le attività della Chiesa – attraverso le scuole, gli ospedali, le università, arriva a molto più che il due per cento e mezzo della popolazione”.

    Pace e Medio Oriente, dunque, un binomio che non può fallire e che verrà ricordato anche questa sera, alle ore 21, presso l’Auditorium della Conciliazione di Roma dove si terrà il concerto internazionale “Effatà. Artisti in dialogo per il Medio Oriente”.

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    Voci dal Sinodo: interviste con padre Moussalli, mons. Nazzaro e Marco Impagliazzo della Comunità di Sant'Egidio

    ◊   Islam non vuol dire terrorismo. Un concetto, questo, ribadito più volte durante i lavori del Sinodo per il Medio Oriente. I Padri hanno espresso la necessità di incrementare gli sforzi per il dialogo con i musulmani. Su questo si sofferma, al microfono di Paolo Ondarza, padre Raymond Moussalli, protosincello di Babilonia dei Caldei per la Giordania:

    R. – Vogliamo aprire le porte soprattutto ai musulmani moderati. Non vogliamo un islam contro i cristiani. Noi sappiamo che anche loro, come noi, credono in un unico Dio.

    D. – Il rapporto con l’islam è, secondo lei, uno degli aspetti più importanti tra quelli emersi dal Sinodo?

    R. – Sì, è molto importante in questi tempi, dopo l’offensiva condotta in alcuni Paesi dagli estremisti contro i cristiani: tanti cristiani iracheni sono scappati dal Paese, sono stati costretti perché sono cristiani. E vogliamo dire ai fratelli musulmani che anche noi siamo originari di questa terra e vogliamo continuare a vivere come abbiamo fatto per 1400 anni, insieme. Vogliamo continuare a offrire una testimonianza cristiana alla regione mediorientale.

    D. – Che cosa vuol dire essere cristiani in un Paese in cui vige la legge islamica?

    R. – Ci sono Paesi che non riconoscono i cristiani come cittadini di primo grado: pensano che siamo di secondo grado…

    Come abbiamo sentito, la presenza della Chiesa in nazioni a maggioranza musulmana non è sempre semplice: ciò che mette i cristiani nella situazione delicata di non cittadini – ricorda l’Instrumentum Laboris del Sinodo – è il fatto che nell’islam non è netta la distinzione tra religione e politica. Sulle sofferenze della Chiesa nel Medio Oriente, Paolo Ondarza ha intervistato mons. Giuseppe Nazzaro, vicario apostolico di Alep in Siria:

    R. – I cristiani, essendo una minoranza numerica, spesso si sentono come stretti attorno di un cerchio: vivono sotto l’influenza di un regime o di regimi a carattere islamico, dove il libro sacro, il Corano, ha il suo dire nella politica.

    D. – Qual è l’attività della Chiesa cattolica in Siria? In che cosa consiste?

    R. – La mia comunità di cattolici di rito latino-romano è una piccola comunità, che lavora anche in aiuto alle Chiese orientali, sia cattoliche che ortodosse, soprattutto attraverso l’attività di religiosi e religiose. Noi siamo in più di 60 punti missionari, dove non vi sono comunità cattoliche di rito romano, ma solo orientali. Operiamo attraverso il dispensario medico, il centro di catechesi, l’assistenza alle famiglie bisognose: tutto ciò rappresenta un aiuto generoso verso i bisognosi.

    Dunque, la presenza dei cattolici in Medio Oriente vuol dire spesso testimonianza silenziosa attraverso la vita e l’attività caritatevole al fianco degli ultimi. “E’, quindi, nell’interesse delle società musulmane che le comunità cristiane siano vive e attive nel mondo mediorientale”. Lo ha ribadito nei giorni scorsi, intervenendo in aula, Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, tra gli uditori al Sinodo dei vescovi. Paolo Ondarza lo ha intervistato:

    R. – I cristiani in Medio Oriente sono una minoranza, a causa di vari problemi della storia di questi ultimi secoli, ma non per questo hanno perso il senso della loro missione. A mio avviso, i cristiani in Medio Oriente dovrebbero vivere quell’idea di Benedetto XVI di essere minoranza creativa. La creatività sta nel ripensare, nell’oggi, il senso e il valore della loro presenza, che io vedo soprattutto nel fatto di essere un’avanguardia in questo mondo in cui siamo chiamati a vivere insieme. I cristiani hanno una grande particolarità: vivono assieme agli ebrei, vivono con i musulmani, e in fondo rappresentano il mondo di oggi in cui tutti, bene o male, dobbiamo vivere con gli altri. Questa loro missione di vivere con gli altri, secondo me, ha un senso profondo anche per noi in Occidente.

    D. – Tra l’altro, l’importanza della presenza cristiana è stata sottolineata anche dagli interventi di esponenti di altre religioni qui al Sinodo...

    R. – Sì, innanzitutto i cristiani aiutano a costruire una società più pluralista. I rappresentanti musulmani hanno detto con grande chiarezza che senza i cristiani la società islamica diventerebbe più fondamentalista, perché completamente omogenea. Il Medio Oriente non è mai stato il luogo dell’omogeneità, ma del pluralismo, quindi è il luogo dove si è convissuto insieme per secoli e questo messaggio è ancora vivo oggi.

    D. – Il fatto di essere una minoranza non deve essere un ostacolo...

    R. – Assolutamente no. Mi sembra che da questi giorni di Sinodo ci sia una parola che stia emergendo: la parola “speranza”. Dopo tanti anni problematici, dovuti anche all’ultima guerra in Iraq, i cristiani qui al Sinodo stanno prendendo coraggio e vedono il loro futuro con speranza, nonostante siano un piccolo gregge.

    D. – Si è parlato dell’importanza della presenza dei Movimenti ecclesiali in Medio Oriente. Qual è il contributo che possono dare alla pace in Medio Oriente?

    R. – I Movimenti hanno in se stessi il seme della creatività: sono un frutto dello Spirito Santo, sono una grande novità per tutta la Chiesa e quindi anche per la Chiesa in Medio Oriente. I Movimenti ecclesiali possono lavorare alla base nella società, perché sono fatti da laici, nelle scuole, nelle università, nei luoghi di lavoro, nei diversi ambienti dove essi operano, per costruire appunto una società del vivere insieme.

    D. – Crede che quanto sta emergendo da questo Sinodo, e quindi il lavoro per una maggiore comunione nella Chiesa cattolica in Medio Oriente, possa contribuire a quella civiltà del dialogo, nata ad Assisi nell’’86 e, quindi, a un maggior incontro tra le diverse religioni, oltre che tra cristiani?

    R. – Sì. In questi giorni vedo una grande apertura, cioè la necessità di essere insieme, i cattolici con le altre Chiese cristiane, ma anche con le altre religioni, con l’islam e con l’ebraismo. La società in Medio Oriente, come in Occidente, è in crisi. E non è soltanto una crisi economico-finanziaria, ma è anche una crisi di valori. Le religioni, dunque, collaborando insieme per la pace, per la giustizia e per il benessere dell’uomo, riportano queste società ai loro fondamentali valori.

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    L'intervista al ministro degli esteri italiano, Frattini, dopo l'incontro con una delegazione di padri sinodali all'Ambasciata italiana presso la Santa Sede

    ◊   Una delegazione del Sinodo dei vescovi è stata ricevuta nella tarda mattinata di ieri a Roma dall’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, alla presenza del ministro degli esteri, Franco Frattini. L’ambasciatore Antonio Zanardi Landi ha accolto a Palazzo Borromeo i cardinali Nasrallah Pierre Sfeir, patriarca di Antiochia dei Maroniti, presidente delegato ad honorem, il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, presidente delegato, insieme a un gruppo di presuli di varie tradizioni orientali. A seguire la visita c’era il collega Davide Dionisi, che ha intervistato i ministro Frattini:

    D. - Quello di vivere dignitosamente nella propria patria è innanzitutto un diritto umano fondamentale. Per tutelare questo diritto tutti sono chiamati a dare il proprio contributo. Questo è quanto ha detto il Santo Padre durante l’omelia della messa di apertura del Sinodo dei vescovi del Medio Oriente. Che tipo di contributo ha dato l’Italia e quali sono - se ve ne sono - le iniziative volte a garantire anche le minoranze cristiane in questi Paesi?

    R. – Noi diamo costantemente un contributo verso la pace e verso la riconciliazione a cominciare dal Medio Oriente, dove il processo di pace non può e non deve fermarsi per dare finalmente ai palestinesi uno Stato in un quadro di assoluta sicurezza che sia garantita anche ad Israele. Il nostro contributo per le libertà dei cristiani è un contributo assoluto e fondamentale; noi pensiamo che la libertà di esprimere il credo religioso sia un diritto fondamentale di ogni individuo. Abbiamo già proposto una risoluzione all’Unione Europea e adesso ci prepariamo a presentare all’Onu davanti all’Assemblea generale una risoluzione che garantisca il diritto di tutti i credenti di poter esprimere la loro fede senza il timore - che purtroppo si traduce in tragica realtà per molti e moltissimi cristiani - di essere addirittura perseguitati in molte regioni del mondo. Dobbiamo lavorare con il dialogo: non possiamo imporre delle soluzioni, dobbiamo convincere questi Paesi che la libertà religiosa è un diritto delle persone e che prima o poi il popolo la chiederà. Questo è il modo che parte dal basso, senza soluzioni imposte o preconfezionate.

    D. – Signor ministro, il presidente Napolitano ha definito il Sinodo del Medio Oriente un evento di portata storica. Qual è il suo giudizio?

    R. – Io credo che si tratti davvero di un evento di portata storica. Per la prima volta, tutto il Medio Oriente si ritrova per seguire quel messaggio che il Papa personalmente ha portato in Terra Santa.

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    Con gli 80 anni del cardinale Tumi, il Collegio delle porpore conta 102 cardinali elettori e 77 non elettori

    ◊   Il cardinale camerunese, Christian Wiyghan Tumi, ha compiuto 80 anni lo scorso 15 ottobre. Il genetliaco del porporato ha modificato gli assetti del Collegio cardinalizio, che è ora formato da 102 cardinali elettori e da 77 ultraottantenni.

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    90.mo anniversario dell’Apostolato del Mare. Mons. Vegliò: “Fornire assistenza pastorale e accogliere lo straniero"

    ◊   Nell’ottobre del 1922, un gruppo di persone guidate dal gesuita, padre Egger, si riunirono a Glasgow e decisero di impegnarsi per “promuovere lo sviluppo spirituale, morale e sociale dei marittimi”. Nacque così il primo ramo dell’Apostolato del Mare. In occasione del 90.mo anniversario della sua fondazione, si aperto ieri nella città scozzese l’incontro degli Apostolati del Mare (Aos- Apostleship of the sea) d’Europa. Ad oggi, l’Apostolato del Mare è l’opera ufficiale della Chiesa cattolica per il servizio pastorale della gente di mare. Per far fronte a questa responsabilità, la Chiesa lo ha posto nell’ambito del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli itineranti, presieduto da mons. Antonio Maria Veglio, il quale si è rivolto a partecipanti all’incontro con messaggio di incoraggiamento letto durante i lavori di oggi. Sui suoi contenuti, ci riferisce Marco Guerra:

    Nuove imbarcazioni, nuove tecnologie, nuove modalità di viaggiare per mare. Eppure “nulla è cambiato ma tutto è nuovo”, per questo le Chiese sono chiamate a “rispondere ai bisogni vecchi e nuovi della gente di mare”. Il presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, l’arcivescovo Antonio Maria Vegliò, esorta l’Apostolato del Mare europeo ad affrontare le nuove sfide in vista della celebrazione del suo centenario: “La velocità con si naviga da un porto all’altro ha reso il mondo molto più piccolo – ha detto il presule – ma la realtà della vita della gente di mare è rimasta la stessa di 90 anni fa: il desiderio di approdare, contattare i familiari, parlare con i loro cari, leggere notizie sul loro Paese, la necessità di avere un contatto umano e la protezione dallo sfruttamento, dalla criminalizzazione e dagli abusi”. Il presule suggerisce quindi “una seria riflessione” per individuare i porti che nei prossimi 15-20 anni acquisiranno una posizione strategica per l'industria marittima. E alla luce del fatto che il numero di sacerdoti è in declino bisognerà selezionare pochi posti in cui per avere una presenza qualificata. “Se in passato era indispensabile costruire grandi centri per il personale che operava nei porti – aggiunge mons. Vegliò ora è necessario investire in piccole strutture da utilizzare in qualsiasi momento”.

    Tuttavia, precisa il presule, “la visita della nave rimane la priorità come lo era all'inizio dell’Apostolato e dovrebbe essere effettuata regolarmente con persone che hanno ricevuto una formazione specifica”. Per questo motivo, “cappellani e volontari devono essere professionalmente preparati con specifici corsi di formazione che diano gli strumenti necessari per affrontare qualsiasi emergenza, come le minacce della pirateria”. Nel nuovo sviluppo del settore marittimo, è inoltre fondamentale che l’Apostolato del Mare sia in costante dialogo con le autorità portuali, con gli uffici immigrazione, gli agenti marittimi e sindacati. Non meno importante poi la cura dello spirito ecumenico con i rappresentanti delle altre confessioni cristiane. Infine, mons. Vegliò chiama ad essere protagoniste di questo impegno le Chiese locali che hanno “la responsabilità di fornire assistenza pastorale e accogliere lo straniero in mezzo a loro”. Le Conferenze episcopali degli Stati costieri e insulari – raccomanda in conclusione il presule – devono garantire “che la gente di mare sia fornita abbondantemente di tutto ciò che è necessario per condurre una vita santa”.

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    Aperto a Bangkok il primo incontro della Pastorale della strada per l'Asia e l'Oceania

    ◊   Si è aperto oggi presso la capitale thailandese Bangkok e terminerà sabato 29 ottobre, l'incontro integrato sulla Pastorale della Strada per l’Asia e l’Oceania, promosso dal Pontificio Consiglio per i Migranti. I particolai, nel servizio di Stefano Vecchia:

    Il convegno, organizzato in collaborazione con la Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche, è il terzo a livello continentale dopo quello di Bogotà del 2008 per l'America Latina e quello di Roma dello scorso anno per l'Europa. Sede dell'evento è il Centro pastorale dell'arcidiocesi di Bangkok nella località di Samphran, dove sono convenuti 55 partecipanti provenienti da 18 Paesi della regione Asia-Pacifico. Al centro delle giornate di comunicazioni e dibattiti saranno in particolare gli incidenti stradali, responsabili di una media giornaliera di 3.000 vittime a livello mondiale e le modalità di intervento su un fenomeno globale che suscita “grande preoccupazione”.

    In particolare, tra Asia e Oceania sono 700 mila le vittime ogni anno di incidenti stradali mortali su un totale mondiale di 1,3 milioni. Un dato in forte crescita, se è vero che le stime indicano che nel 2020 i due terzi delle vittime della strada saranno in questa immensa area del pianeta. Da qui, l'intento degli organizzatori dell'incontro di Bangkok di “promuovere comprensione e educazione tra gli utenti dei mezzi a motore a proposito di etica, guida sicura e carità umana e cristiana sulla strada”, con particolare riferimento a quanti – come gli autisti dei mezzi pesanti – sono costretti a orari di lavoro spesso eccessivi. Tra gli altri temi affrontati nell'incontro di Samphran, saranno quello della prostituzione e del traffico di esseri umani. Quest'ultimo, in particolare, in questa regione ha “ormai raggiunto livelli senza precedenti, al punto che può essere considerato come una nuova forma di schiavitù”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Ore decisive per il mercato dei cambi: in rilievo, nell'informazione internazionale, il vertice di Shangai.

    Nell'informazione vaticana, i lavori sinodali.

    Nell'informazione religiosa, l'omelia del cardinale Jean-Louis Tauran, inviato speciale del Papa, per il millenario della fondazione dell'abbazia di Solesmes.

    Puntare sull'uomo: in cultura, sulle rotte della politica e dell'economia per uscire dalla crisi globale l'intervento del cardinale Tarcisio Bertone, a Roma, davanti ai rappresentanti dei vertici degli "Istituti Aspen" nel mondo.

    Un articolo di Alain Besancon dal titolo "Il principe gesuita": Russia ed Europa nella prima metà dell'Ottocento nel diario di Ivan Sergeevic Gagarin.

    In cerca di armonia tra l'antico e il nuovo: Timothy Verdon sul concorso per l'ambone del duomo di Firenze.

    Perché l'architettura è in ritardo: Paolo Portoghesi sull'Italia dei progetti non realizzati (o falliti).

    Un articolo di Alessandra Campione dal titolo "Quel codice genetico svelato dai barbari": a Monte Sant'Angelo un convegno sulla letteratura tardoantica e altomedievale.

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    Oggi in Primo Piano



    Ban Ki-moon a Strasburgo a 60 anni dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo

    ◊   Il segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, è in visita oggi alle istituzioni europee a Strasburgo, in occasione del 60.mo anniversario della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che ricorre esattamente il 4 novembre prossimo. Oltre a festeggiare decenni di impegno europeo a tutela dei diritti umani, ci si interroga sulle istanze di quanti invocano cambiamenti. Per capire quali sfide si muovono sul pinao giuridico, Fausta Speranza ha parlato con il direttore dello European Centre for Law and Justice, Gregor Puppinck:

    R. – Je crois que le risque principal, la principale difficulté au de la des difficultés…
    Credo che il rischio principale, la difficoltà principale – al di là delle difficoltà concrete di organizzazione del lavoro della Corte – risieda nel cambiamento radicale della società europea, sempre più complessa. La Convenzione europea dei diritti dell’uomo è nata negli anni Quaranta, in un’epoca in cui l’Europa era – da un punto di vista culturale, religioso, sessuologico ed etnico – piuttosto omogenea. La Convenzione, quindi, è nata “per” il continente europeo, è stata un’emanazione della civiltà europea cristiana. Oggi, secondo me, questa civiltà continua ad esistere sia pure in maniera meno definita, ed è molto più difficile applicare i concetti della Convenzione a una società frantumata. Come si può pensare di applicare la stessa norma in materia di libertà religiosa, ad esempio, alla religione cristiana, che ha modellato la cultura europea, con le sue usanze e i suoi rapporti umani, ad alcuni aspetti dell’islam? E’ praticamente impossibile, perché ovviamente alcune pratiche di altre religioni possono essere lontane dalla cultura europea, agli europei stessi possono apparire contrarie ai diritti dell’uomo. Ma, allo stesso tempo, queste pratiche richiedono la tutela dei diritti dell’uomo. Quindi, in ragione dell’evoluzione e dei cambiamenti che avvengono nella società, i diritti che erano stati elaborati non sono sempre più facilmente adatti ed applicabili, in modo spontaneo e diretto come lo erano all’epoca della nascita della Convenzione.

    D. – Qual è l’attenzione che, secondo lei, dobbiamo mantenere alta?

    R. – Je crois que l’un des objectifs principaux est, effectivement, de veiller …
    Credo che uno degli obiettivi principali sia di vegliare affinché i diritti dell’uomo siano sempre tutelati, per proteggere i valori essenziali della civiltà europea. La Convenzione europea dei diritti dell’uomo assieme alla Corte sono strumenti che consentono di proteggere alcuni aspetti fondamentali, come ad esempio i diritti della donna, l’uguaglianza, l’istruzione, la libertà d’espressione … Ci sono aspetti essenziali che in una prima istanza sembra si possano mettere in discussione e che invece devono essere tutelati. In questo momento, l’altro elemento essenziale è cercare di difendere per i diritti umani l’indipendenza dalle ideologie, per quanto possibile. Oggi, accade sempre più frequentemente che i diritti siano attaccati in qualche modo dalle ideologie: proprio perché i diritti dell’uomo sono in cima alle organizzazioni di diritto, perché sono una sorta di luogo di potere e di decisioni, sono anche luogo di confronto politico ed ideologico. Riuscire a conservare ai diritti umani la loro indipendenza, è un aspetto essenziale. Ancora, ci sono le questioni morali tra cui l’eutanasia, la libertà di coscienza, il matrimonio omosessuale e l'adozione da parte di coppie omosessuali: tutti temi diventati centrali per la Corte di Strasburgo e per alcune lobbies. Queste, dal punto di vista giuridico, dovranno rimanere fuori dall’ambito dei diritti umani, perché i diritti umani non sono nati per dirimere questioni – direi – ideologiche: hanno il compito di regolare e tutelare i diritti, non di affrontare problemi di ordine puramente politico o ideologico.

    D. – Qual è il ruolo della Corte europea dei diritti umani, e quali rischi implica il suo lavoro?

    R. – Le rôle de la Court est de vérifier que les Etats membres de la Convention …
    Il ruolo della Corte è verificare che gli Stati che hanno aderito alla Convenzione europea dei diritti umani applichino e rispettino le disposizioni della Convenzione. Questo impegno è sussidiario, cioè la Corte interviene unicamente dopo i singoli Stati: interviene unicamente per verificare un’eventuale mancanza o un errore nell’applicazione da parte degli Stati. Il rischio consiste nel fatto che la Corte si considera co-responsabile – insieme con gli Stati ed allo stesso livello degli Stati e perfino prima ancora degli Stati – del rispetto delle disposizioni contenute nella Convenzione e della loro interpretazione. Credo che il rischio consista nel fatto che la Corte si spinga oltre i limiti giurisdizionali ad essa connaturati e finisca per cercare di imporre uniformità all’Europa che è un continente variegato con tanti Paesi e tante culture e non è possibile imporre agli Stati ed ai popoli europei una visione forzatamente uniforme della società.

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    La povertà e l’esclusione dei minori al centro di un seminario dell’Unicef a Roma

    ◊   Oggi e domani, a Roma, Seminario ''Per una strategia di contrasto alla povertà dei bambini e degli adolescenti''. L’iniziativa è promossa dall’Unicef-Italia e dal Ministero del lavoro e delle Politiche sociali, in collaborazione con l’Associazione Comuni italiani, l’Ordine degli Assistenti sociali e il Coordinamento della Comunità di accoglienza. L’obiettivo è di raccogliere dati ed esperienze di buone pratiche nazionali e internazionali in difesa dell’infanzia, nel quadro dell’Anno europeo 2010 della lotta alla povertà e all’esclusione sociale. Roberta Gisotti ha intervistato Leonardo Menchini, ricercatore dell’Istituto Innocenti dell’Unicef:

    D. – Dott. Menchini, chi è oggi il bambino, il ragazzo povero nei Paesi industrializzati?

    R. – La definizione di povertà nei Paesi industrializzati è una definizione di povertà relativa, nella maggior parte dei casi. E’ quindi un bambino a rischio di esclusione sociale, però ci racconta anche di forme di povertà estrema, povertà nei redditi che poi si trasmette anche ad altre dimensioni del benessere, quindi a risultati poveri nell’istruzione, a risultati poveri nella salute, a problemi nella condizione abitativa, in difficoltà di relazioni sociali… Quindi, la povertà relativa, ma anche le forme più estreme, hanno conseguenze più ampie nella vita del bambino e conseguenze anche nella transizione nell’età adulta, perché molto spesso questa povertà ha caratteristiche croniche, quindi non è una povertà temporanea e soprattutto colpisce gruppi ben precisi della popolazione. Prendiamo, ad esempio, il caso dell’Italia o altri Paesi a demografia molto debole: la povertà è particolarmente concentrata nelle famiglie numerose con bambini e le politiche sociali sono poco efficienti a contrastarla.

    D. – A questo proposito, dr. Menchini, questo fenomeno della povertà e dell’esclusione minorile è sottovalutato dalle politiche dei governi dei Paesi ricchi, in genere?

    R. – Beh, non tutti. Ci sono Paesi che stanno facendo abbastanza per contrastare la povertà minorile, ponendosi anche degli obiettivi. Nel 2000, anche a seguito di un rapporto pubblicato dall’Unicef sulla povertà nei Paesi ricchi, da cui emergeva che la povertà in Gran Bretagna era molto elevata, il governo laburista inglese iniziò ad adottare degli obiettivi di riduzione della povertà e mise in atto politiche volte al contrasto della povertà monetaria, che hanno avuto un certo successo nonostante i livelli di povertà rimangano abbastanza elevati. Ci sono Paesi che riescono, attraverso le politiche del mercato del lavoro e/o le politiche dei trasferimenti a contrastare la povertà. In Paesi come l’Italia, ad esempio, è risaputo che le politiche dei trasferimenti e le politiche fiscali abbiano scarso effetto nel contrastare la povertà. Quindi, spesso questo fenomeno – che come ho detto prima riflette la diseguaglianza nella parte più povera della distribuzione dei redditi – viene sottovalutato e quindi non vengono affrontate le politiche adeguate per contrastarlo, dal momento che poi ha conseguenze di lungo periodo sulla vita dei bambini e sulla vita della società.

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    All’Università Urbaniana la presentazione del libro “Essere Madre” della mistica Conchita Cabrera

    ◊   Viene presentato oggi alla Pontificia Università Urbaniana, il libro “Essere Madre. Esercizi Spirituali” della venerabile messicana Conchita Cabrera de Armida, vissuta a cavallo tra ‘800 e ‘900 e fondatrice delle Opere della Croce. Alla presentazione partecipa anche il teologo padre François-Marie Léthel del Teresianum. Intervistato da Alessandro Gisotti, padre Léthel si sofferma sulla originalità della figura e della spiritualità della mistica Conchita:

    R. – E’ una figura grande e anche originalissima, perché è una sposa mistica e madre di famiglia, madre di nove figli, poi rimasta vedova molti anni, per cui ha una duplice esperienza del matrimonio sacramentale della maternità umana e anche del matrimonio spirituale e di una immensa maternità spirituale. C’è anche il fatto che questo libro, in realtà, è in dialogo con un uomo santo, mons. Martinez che era il suo padre spirituale, che era vescovo. Questa esperienza, questo corso di esercizi che poi diventa libro, si svolge nell’anno 1927, che è l’anno più terribile della persecuzione contro la Chiesa nel Messico. Allora, si vede come questa santa donna eserciti una maternità spirituale soprattutto verso i vescovi, verso i sacerdoti, ma anche verso tutti in un momento di grande sofferenza.

    D. – Che cosa dice una madre straordinaria come Conchita alle madri di oggi?

    R. – Alle madri di oggi, Conchita porta un messaggio di maternità piena, con tutto l’aspetto umano del dare la vita, crescere un figlio. Ma dice pure che una vera madre cristiana è madre spirituale del proprio figlio, come lo era già Santa Monica, la madre di S’ant'Agostino. Costui affermava: “Mia madre mi ha partorito due volte dal dolore”. Si vede proprio che Conchita è rimasta sempre una laica: ha fondato due Congregazioni religiose, ma lei è rimasta laica. Ed è sempre molto vicina alla sua famiglia: è bello vedere come, mentre è tanto impegnata nella vita della Chiesa, i suoi figli, i suoi nipoti rimangano sempre al primo posto nella sua vita. Penso che, proprio Conchita, insegni alle madri di oggi a vivere la santità nel matrimonio, in questo immenso amore verso Gesù, ma anche in questa vita vissuta con la Madonna.

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    Chiesa e Società



    In Burundi al via l’incontro dei vescovi della regione dei Grandi Laghi

    ◊   Si è aperta oggi e si chiuderà giovedì 21 ottobre, la conferenza dell’Episcopato cattolico della regione dei Grandi Laghi a Bujumbura, capitale del Burundi. L’obiettivo dell’incontro, cui partecipano i delegati delle due Conferenze episcopali regionali, quella dell’Africa centrale (Aceac) e quella dell’Africa orientale (Amecea) e delle Conferenze episcopali nazionali dell’area, è avviare un’azione sinergica per rendere la Chiesa della regione promotrice di una cultura di pace e riconciliazione. L’iniziativa è stata in un primo tempo promossa dalle Conferenze episcopali di Tanzania e Burundi, su proposta della Commissione mista per i Rifugiati costituita dalle due Conferenze. La Tanzania, infatti, ricorda l'agenzia Fides, per lungo tempo ha ospitato migliaia di rifugiati burundesi che da qualche anno vengono rimpatriati e assistiti in queste fasi con l’assistenza di diversi organismi, tra cui le Chiese locali. All’evento sono attesi, tra gli altri, i presidenti e i segretari delle Conferenze episcopali organizzatrici della conferenza, i vescovi presidenti delle rispettive commissioni di “Giustizia e Pace”, i vescovi delle diocesi confinanti con il Burundi e i delegati della Conferenza episcopale degli Stati Uniti. (R.B.)

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    Pakistan: disperazione tra le famiglie hindu prive di ogni assistenza

    ◊   Continua la missione in Pakistan della Camillian Task Force (Ctf). Mustaq Anjum, membro dell’Ordine di origine pakistana, attualmente in missione a nome della Ctf, ha inviato all'agenzia Fides un nuovo resoconto della sua recente visita ad una comunità a prevalenza hindu. "Nella città di Muzaffar Garh, nella diocesi di Multan, abbiamo visto molte persone, soprattutto donne e bambini, in accampamenti fatti da teloni. Tutti hanno perso la loro casa. A Kot Addu, la comunità hindu è composta di 35/40 famiglie. Erano stati allertati dell’inondazione la notte in cui avvenne ed hanno abbandonato le loro case attorno alla mezzanotte. Alla domanda se hanno ricevuto aiuti da parte del Governo o di gruppi musulmani la risposta è stata un grande 'no!'. Sono hindu! Non è stato dato loro alcun certificato per ritirare le razioni di cibo, - racconta Mustaq - mentre i vicini musulmani ricevono aiuti. I loro bambini sono discriminati a scuola, il massimo titolo scolastico raggiungibile per loro è il secondo anno di scuola superiore. Per il resto, solo la scuola elementare o addirittura l’analfabetismo. Qualche volta - continua Mustaq - sono riusciti a raggiungere una postazione medica ma al massimo hanno ricevuto le ricette mediche e nessun trattamento. Lamentano che i loro figli soffrono di gastroenteriti, di malaria, di vari tipi di febbre. Frattanto il raccolto di canna da zucchero, di cotone e di riso è andato perduto: devono ancora pagare i debiti contratti. Gli unici aiuti ricevuti provengono dai gruppi cristiani, dalla Caritas o da altre organizzazioni. L’arrivo ormai prossimo dell’inverno li spaventa: non hanno vestiti pesanti. Ed anche la prossima stagione del raccolto è motivo di preoccupazione: la terra - conclude il volontario Camilliano - non può essere arata e non ci sono soldi per i fertilizzanti. Intanto hanno cominciato a ricostruire le case, raccogliendo mattoni qui e là." (R.P.)

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    Bangladesh: religiosi cristiani e islamici discutono a Dhaka di pluralismo e dialogo

    ◊   Laici, 50 sacerdoti cristiani e 50 imam islamici si sono incontrati sabato scorso a Savar (Dhaka), presso un centro per ricerche coraniche, per parlare insieme di “Leadership in una società pluralistica da un punto di vista musulmano e cristiano”. Il seminario, con il sostegno del Pontificio Istituto Missioni Estere Pime, è stato presieduto dal professore di filosofia Obidur Rahman, con la partecipazione dell’ambasciatrice italiana in Bangladesh Itala Maria Marta Occhi e della vicecommissario della Commissione australiana in Bangladesh Kilmeny Beckering Vinckers. Il vescovo Paul Sishir Sarkar, della Chiesa anglicana del Bangladesh, nel suo discorso ha sottolineato che, nell’attuale società pluralistica, sono sempre più importanti la comprensione reciproca e il dialogo e che un aperto scambio di opinioni può costituire vantaggio per tutti. Mohammed Abdullahel Bauqi, professore di Antropologia presso l’università di Jahangirnagar, ha osservato che cristiani e islamici credono nell'unico Dio, un Dio che desidera la felicità dell’uomo. L’amore per l’unico Dio e l’amore per i vicini sono fondamentali nei libri sacri di entrambe le religioni". Ha osservato che i fedeli delle due religioni, che sono oltre la metà della popolazione mondiale, sono chiamati a vivere in pace e con giustizia, e che solo così sarà anche possibile creare la pace e la giustizia nel mondo. Mowlana Joynal, studioso islamico, ha pure sottolineato che “l’amore per i vicini è una parte essenziale e ineliminabile della fede e dell’amore verso Dio, perché nell’Islam senza l’amore per il vicino non c’è vera fede in Dio, né giustizia”. Ha invitato cristiani e islamici a considerare le molte cose in comune, piuttosto che le ovvie differenze religiose ed ha riconosciuto che “molte volte la gente del Bangladesh ha usato violenza contro i cristiani per vantaggi personali, politici o di altro tipo”, ma che per impedirlo occorre “spiegare ai musulmani cosa dice il Corano e lasciare che la nostra gente conosca anche le altre religioni”. L’ambasciatrice Occhi si è complimentata per l’iniziativa e si è detta sicura che una maggiore collaborazione tra i leader delle due comunità possa portare cambiamenti positivi in Bangladesh. Anche Beckering Vinckers ha lodato l’incontro come esempio di unità e pace e ha auspicato simili iniziative per portare maggior giustizia e pace nel Paese, anche tramite una maggior amicizia tra cristiani e islamici per valorizzare gli aspetti comuni delle loro fedi. Padre Francesco Rapacioli, superiore provinciale del Pime in Bangladesh, nel concludere i lavori si è detto felice che nel Paese sia in corso un dialogo tra cristiani e islamici, con scambi tra esperienze religiose e di vita, dicendosi convinto che ciò possa far venire meno le incomprensioni e le violenze tra le religioni e facilitare la reciproca comprensione e stima. Nel Bangladesh la popolazione è per il 90% islamica, l’8% indù e il 2% di varie minoranze. I cristiani sono circa 800mila cristiani (0,03%), di cui 400mila cattolici. (R.P.)

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    L'Associazione Rondine condanna l'attacco al parlamento ceceno

    ◊   “La violenza non ha mai ragione di essere, perciò esprimiamo la nostra condanna per questo grave attacco”: lo afferma in una nota Franco Vaccari, presidente dell'Associazione Rondine - Cittadella della Pace (Arezzo), facendo riferimento all’assalto di stamattina al Parlamento ceceno, a Grozny. Vaccari dichiara la propria “solidarietà alle istituzioni colpite da questa aggressione” ed esprime “pietà per le vittime e i loro familiari”. L’associazione nel 1995 si impegnò con la Federazione russa per l'ospitalità congiunta di russi e ceceni ed è da questa esperienza che ha avuto origine uno Studentato che ospita giovani provenienti da Paesi in conflitto, tra cui diversi caucasici. “Conosciamo bene il clima di tensione in Caucaso – ha sottolineato Vaccari all'agenzia Sir - lo abbiamo respirato durante il recente Viaggio di amicizia di Rondine in Caucaso del Sud e Turchia, dal 15 luglio al 1° agosto e abbiamo più volte avuto dimostrazione delle tensioni che attraversano il Nord. Ma i giovani caucasici giunti a Rondine per un'esperienza di convivenza e formazione continuano a lavorare per portare riconciliazione nelle loro terre e far sì che episodi come l'assalto al Parlamento ceceno non succedano mai più”. (R.P.)

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    A Bruxelles un convegno internazionale contro la tratta di esseri umani

    ◊   Si svolgerà domani a Bruxelles il convegno internazionale “Affrontare la tratta di esseri umani: le risposte dei governi nelle strategie dell’Unione europea e delle ong al di fuori dell’Ue”, promosso dalla federazione Terres des Hommes. Come anticipa l'agenzia Sir, nel corso dell’appuntamento si condivideranno buone pratiche ed esperienze, si ascolterà il parere dei professionisti che lavorano nel campo della lotta alla tratta e della tutela dei minori e saranno presentati due studi che verranno ampiamente analizzati e commentati. Il primo s’intitola “Alla ricerca di buone pratiche nelle risposte al traffico di minori: esperienza in America latina, Sudest Europa e Sudest asiatico” e mira a valutare le buone prassi di iniziative intraprese nel quadro di un progetto finanziato dall’Ue; il secondo è una “Relazione sulle politiche e gli interventi di Stati membri dell’Unione europea nel periodo 2008-2009 in risposta al traffico di esseri umani”, sviluppato nell’ambito del progetto E-Notes guidato dalla ong italiana On the road. Entrambi gli studi sono di Mike Dottridge. (R.B.)

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    Brasile: le religiose della rete “Un grido per la vita” contro la tratta di esseri umani

    ◊   Si è appena concluso a Salvador de Bahia, in Brasile, l’incontro delle religiose che fanno parte della rete “Un grido per la vita” che si occupa di combattere la tratta degli esseri umani. L’agenzia Fides informa che nel corso dell’incontro, iniziato il 14 ottobre, sono state formate 27 persone delle regioni del nord e del nordest del Paese che saranno presto operative. Contemporaneamente sono stati forniti materiale didattico, inchieste, dati dell’Organizzazione internazionale per le Migrazioni (Oim) e dell’Istituto nazionale di ricerca, e perfino studi biblici sul tema dello sfruttamento sessuale di donne e bambini, considerato una delle urgenze per lo sviluppo del Brasile. L’obiettivo dell’incontro era quello di preparare “moltiplicatori”, ossia persone in grado a loro volta di formarne altre e che andranno a creare nuclei nelle loro aree di competenza, in cui trasmettere ad altri ciò che hanno imparato. Sempre sul tema, nel 2011 è in programma un incontro di suore a Foz do Iguacu, in Paraná, in modo da rafforzare ulteriormente la rete, che è strettamente legata alla Conferenza dei religiosi del Brasile e opera per la prevenzione del traffico di esseri umani attraverso la sensibilizzazione e la consapevolezza tra le categorie più a rischio. (R.B.)

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    Australia: impegno di governo e organizzazioni cattoliche per bambini e famiglie disagiate

    ◊   In Australia sono oltre 700 i bambini nei centri di detenzione per immigrati. Un gruppo di organizzazioni cattoliche e di difesa dei diritti umani ha appena accolto con favore il progetto del governo locale di spostare centinaia di bambini e famiglie in cerca di asilo, dai centri di detenzione a comunità alloggio. Il governo infatti aprirà due nuovi centri dove i bambini e le famiglie più disagiate verranno sistemati in comunità alloggio gestite dalla Chiesa e da organizzazioni caritative entro il mese di giugno 2011. Tuttavia tutti coloro che arrivano non autorizzati, continueranno ad essere obbligatoriamente trattenuti all'arrivo per i controlli d'identità e di sicurezza. Secondo quanto si legge in una dichiarazione del direttore del Jesuit Refugee Service Australia ripresa dall'agenzia Fides, padre Sacha Bermudez-Goldman "non è possibile tenere in carcere la gente per periodi indeterminati, in particolare se si tratta dei più vulnerabili, di minori soli e di famiglie con figli. Questa iniziativa costituisce anche un'ottima opportunità per le comunità e le organizzazioni della Chiesa ad impegnarsi e a mettere le loro risorse a disposizione di queste persone". Padre Sacha Bermudez-Goldman prosegue: "Questo cambiamento offrirà l'opportunità ai minori soli di frequentare le scuole e di prepararsi in diversi settori, così da potersi inserire nell'economia australiana o prepararsi ad un eventuale ritorno nei rispettivi paesi di origine. Il Provinciale dei gesuiti australiani, padre Steve Curtin, ha dichiarato che liberare i bambini e le famiglie più in difficoltà dei centri di detenzione era un progetto atteso da tempo. "E' abbastanza evidente che una detenzione prolungata sia dannosa per la salute della gente" ha aggiunto il gesuita. (R.P.)

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    Il vescovo anglicano di Fulham ha annunciato le sue dimissioni

    ◊   John Broadhurst, vescovo anglicano di Fulham che provvede alla cura pastorale delle parrocchie in cui la maggioranza dei fedeli è contraria all’ordinazione delle donne e al quale sono affidate anche le parrocchie anglicane tradizionaliste di Southwark e di Rochester, ha annunciato venerdì scorso l’intenzione di dimettersi entro l’anno e di entrare a far parte dell’Ordinariato cattolico, non appena questo sarà stabilito. A riportare la notizia è L’Osservatore Romano, che riferisce le parole del presule, pronunciate davanti all’assemblea nazionale “Forward in faith” a Londra, nelle quali ha espresso la propria ansia “di sapere se la sua richiesta d’adesione verrà accolta” da parte dell’Ordinariato cattolico. Broadhurst ha però rassicurato l’assemblea, affermando di non volersi dimettere dalla presidenza dell’organizzazione, che riunisce fedeli tradizionalisti contrari alla consacrazione delle donne vescovo, decisione presa nel recente Sinodo di York, in quanto “Forward in faith” non dipende direttamente dalla Chiesa anglicana in Gran Bretagna. Nel Sinodo anglicano, che si è svolto a New York dall’8 al 13 luglio di quest’anno, infatti, l’arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana, Rowan Williams, ha presentato una proposta secondo la quale in futuro un vescovo donna avrebbe potuto incaricare un altro vescovo, necessariamente uomo, della cura pastorale delle parrocchie contrarie alla consacrazione episcopale delle donne, così da preservare l’unità della diocesi. La proposta, però, dopo un animato dibattito, è stata respinta. (R.B.)

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    Ucraina: no a strumentalizzazioni politiche della Chiesa

    ◊   Un monito ai politici a non strumentalizzare la Chiesa ai loro fini: a lanciarlo è il cardinale greco-cattolico Lubomyr Husar, arcivescovo maggiore di Kyiv-Halič, in Ucraina, in vista delle elezioni amministrative del prossimo 31 ottobre nel Paese. "I politici - osserva il cardinale Husar, ripreso dall’agenzia Sir - tentano di coinvolgere anche i sacerdoti nella campagna elettorale, giacché sanno molto bene che tra tutte le istituzioni sociali la Chiesa è quella che gode del massimo grado di fiducia". Spesso, aggiunge il porporato, "pur non essendosi mai fatti vedere prima in chiesa, i politici avvicinano i sacerdoti, e durante la campagna elettorale i candidati cercano di partecipare ad eventi pubblici insieme ai preti" ma la Chiesa, avverte, "non può essere utilizzata per il loro interesse personale". Queste azioni, pertanto, "non possono essere approvate". "Posso ammettere - concede il cardinale - che un candidato realmente credente e membro attivo della comunità ecclesiale possa beneficiare di un certo sostegno", ma anche in questo caso "si tratta di una condotta non appropriata". Le elezioni comunali del 31 ottobre - con il rinnovo dei sindaci delle più importanti città, Kiev compresa - sono il primo test per il nuovo presidente Victor Yanukovich e la sua compagine di governo. I sondaggi lo danno pericolosamente in discesa. Ad agosto, per la prima volta dalla sua elezione lo scorso febbraio, l’indice di gradimento ha registrato infatti una pericolosa inversione di tendenza. (L.Z.)

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    Cina: la diocesi di Bao Ding si prepara alla Giornata missionaria

    ◊   Con una solenne processione e la celebrazione eucaristica, mons. An Shu Xin, coadiutore della diocesi di Bao Ding, ha aperto domenica scorsa il cammino della diocesi verso la Giornata Missionaria mondiale. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, oltre 500 fedeli hanno partecipato alla celebrazione che si è svolta nella Cattedrale. Nell’omelia don Gao Qing Hu ha spiegato ai fedeli il significato e la storia della Giornata Missionaria Mondiale, esortando alla lettura della Sacra Scrittura e alla missione dell’Evangelizzazione, incoraggiando a continuare la campagna denominata “1 + 1” per la quale ogni fedele porta un catecumeno, perché nella Giornata dedicata alle Missione “tutti noi possiamo consegnare un compito ben fatto e degno di un cristiano che vive la fede e la raccomandazione del Signore”. Dopo la celebrazione, il gruppo “Angelo” della parrocchia ha organizzato l’animazione missionaria tra i parrocchiani. (R.P.)

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    Sabato in Portogallo si festeggia la Giornata del volontariato missionario

    ◊   “Contro la povertà, tu puoi fare la differenza”: è questo il tema scelto per l’XI Giornata del volontariato missionario che sarà celebrata sabato prossimo, 23 ottobre, a Leiria, in Portogallo. La giornata si svolgerà fra il Teatro Miguel Franco e il Mercato de Santana, e costituirà un’occasione per riflettere sulle questioni della lotta alla povertà e all’esclusione sociale. L’iniziativa è promossa dalla Fondazione Evangelizzazione e cultura, con il sostegno del gruppo missionario Ondjoyetu e del Comune di Leiria. La Fondazione è da tempo impegnata anche sul fronte della promozione dello sviluppo umano e allo scopo di sensibilizzare i partecipanti a farsi parte attiva contro la povertà, nel corso della Giornata saranno presentati progetti di Amnesty International, Cais, Jesuit Refugee Service e della Caritas diocesana locale. Un obiettivo, quello di combattere la povertà, conclude l’agenzia Fides che ha riportato la notizia, che assume un rilievo particolare in questo 2010, celebrato come l’Anno europeo contro la povertà e l’esclusione sociale, in cui si festeggiano i 10 anni della Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite sulla lotta contro la povertà estrema. (R.B.)

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    Dino Boffo alla guida di TV 2000 dei vescovi italiani

    ◊   Dino Boffo, ex direttore del quotidiano Avvenire, è il nuovo direttore di rete e dei palinsesti di Tv 2000, il canale televisivo dei vescovi italiani. La nomina è stata formalizzata dal cda di Rete Blu spa che ha manifestato contemporaneamente “profonda gratitudine all’editore” per questa “scelta coraggiosa e lungimirante, che rende finalmente e definitivamente giustizia a un uomo e un giornalista che 13 mesi fa si è fatto da parte con generosità e spirito di servizio”. A lui l’editore ha ribadito tutta la propria stima e la fiducia nelle sue capacità di affrontare le nuove sfide introdotte dall’avvento di nuove tecnologie come il digitale terrestre. Positivi i commenti della stampa cattolica: “Questa scelta conferma la linea di fiducia che c’è sempre stata nei confronti del direttore – ha detto il direttore dell’agenzia Sir, Paolo Bustaffa – un professionista che ha offerto e offre un rilevante contributo all’informazione e alla cultura del nostro Paese”. (R.B.)

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    India: i vescovi lanciano un nuovo sito interamente dedicato ai giovani

    ◊   Un portale multimediale interamente dedicato ai giovani. Si tratta del nuovo sito www.youthactiv8.org lanciato domenica scorsa dalla Conferenza episcopale indiana (Cbci). Il portale è stato inaugurato dal nunzio apostolico in India mons. Salvatore Pennacchio durante la cerimonia conclusiva dell’VIII Convegno nazionale della gioventù indiana che si è chiusa il 17 ottobre a Shillong, nello Stato di Meghalaya, dopo sette giorni di lavori. Oltre a notizie sulla Chiesa, youthactive8 offre diversi link, tra cui quelli a social network come Facebook, ed è dotato di applicazioni per dispositivi mobili dotati di connessione ad Internet. Il progetto è stato realizzato dal Movimento dei giovani cattolici indiani coordinato dall’Ufficio per la pastorale giovanile della Cbci in collaborazione con l’agenzia cattolica asiatica Ucanews. “Il sito è per voi ed è il vostro sito” ha detto ai 60mila giovani presenti alla cerimonia inaugurale il direttore dell’agenzia padre Micheal Kelly. “La tecnologia è stata messa al servizio degli obiettivi della Chiesa: quello di comunicare un messaggio e quello di arricchire i rapporti umani”, perché “la Chiesa è una comunità e la condivisione è alla base di ogni comunità”, ha aggiunto il sacerdote gesuita evidenziando il carattere innovativo dell’iniziativa non solo per la Chiesa indiana. Un aspetto sottolineato anche dal coordinatore del progetto Rakesh Singh del Movimento dei giovani cattolici indiani, che ha parlato di un “grande passo avanti” per la Chiesa in India, uno dei Paesi più avanzati nel campo informatico. La realizzazione del portale youthactive8 si inserisce nell’ambito delle priorità pastorali fissate dai vescovi indiani che proprio ai giovani come speranza per l’India avevano dedicato la loro ultima riunione biennale lo scorso febbraio . (L.Z.)

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    È on line il nuovo sito della Curia generalizia dei Gesuiti

    ◊   All’indirizzo web www.sjweb.info, dal 15 ottobre scorso, è on line il nuovo sito della Curia generalizia dei Gesuiti, con tanto di logo rinnovato, a firma di padre Elias Lopez. Sfogliando le varie pagine di cui il sito si compone, si possono trovare la presentazione completa della Curia e dei vari uffici, servizi e segretariati corredati da foto; una sezione dedicata al Padre generale con testi, discorsi e interviste e un “biglietto da visita” che condensa in sé la missione dei Gesuiti e fa riferimento a un’espressione chiave dell’ultima Congregazione generale: “Inviati alle frontiere, seguendo Gesù, fuoco che accende altri fuochi”. I documenti presenti nel sito, inoltre, sono disponibili nelle tre lingue della Compagnia di Gesù: inglese, francese e spagnolo. Di particolare interesse le sezioni “Mission” e “News”. Nella prima si trovano alcune pagine del decreto terzo della 35.ma Congregazione generale che spiega come la missione dei Gesuiti sia portata avanti dalla Curia; nella seconda un archivio dei Gesuiti nel mondo: il bollettino quindicinale delle notizie e una panoramica delle breaking news apparse sulla home page del sito, più una parte riservata alle informazioni sui Gesuiti a Roma che va sotto la dicitura “Rome”. (R.B.)

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    Sabato la cerimonia di consegna del Premio Cuore Amico 2010

    ◊   Sarà consegnato sabato 23 ottobre prossimo, alla vigilia della Giornata Missionaria mondiale, il Premio Cuore Amico 2010, che quest’anno è giunto alla 20.ma edizione ed è stato attribuito alla Congregazione dei Padri Somaschi, a suor Eleonora Liberini delle Suore di Maria Bambina e alla missionaria laica Luisa Flisi. Il prestigioso riconoscimento, noto come “Nobel missionario”, sarà consegnato con una cerimonia nella Chiesa di San Cristo a Brescia. È promosso dall’associazione Cuore Amico-Fraternità onlus: “Il nostro obiettivo non è tanto quello di dare un aiuto economico – ha detto all'agenzia Sir don Mario Pasini, fondatore del Premio – ma quello di far conoscere nel Paese l’opera dei missionari che spesso svolgono il loro compito di evangelizzazione in condizioni difficilissime nei luoghi più sperduti della Terra”. (R.B.)

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    24 Ore nel Mondo



    In Cecenia attaccato il parlamento: presi in ostaggio parlamentari, poi presto liberati dal blitz della polizia

    ◊   Nuova ondata di terrore nella Repubblica caucasica della Cecenia, dove un gruppo di ribelli ha attaccato in mattinata il parlamento. Torna l’incubo dei separatisti, dopo un relativo periodo di pace. Servizio di Marco Onali:

    Un gruppo di ribelli anti-russi attacca la sede del parlamento e ne prende il controllo: quattro persone, tre guardie di sicurezza e un civile, rimangono uccise, 17 ferite. Sembra che i quattro terroristi siano arrivati in macchina confondendosi con i deputati. Uno di loro si è fatto esplodere all'ingresso dell'edificio permettendo, così, agli attentatori di entrare e prendere in ostaggio alcuni parlamentari. Immediato l’intervento della Polizia, coordinato direttamente dal primo ministro, Kadyrov. In 20 minuti, liberati tutti gli ostaggi e ucciso i tre ribelli. Pronta l’assistenza del governo centrale di Mosca, che ha ordinato un’indagine federale sull’accaduto e promesso assistenza a tutte le persone prese in ostaggio. La Cecenia è da sempre la Repubblica caucasica più turbolenta: la sua popolazione, prevalentemente musulmana, si è da sempre battuta per l’indipendenza e ha sempre mal sopportato l’ingerenza di Mosca negli affari interni. Tra le azioni più clamorose dei ribelli ceceni, si ricorda l'attacco a un teatro di Mosca nel 2002, terminato con l’uccisione di 120 degli 850 ostaggi, e l’attacco del 2004 a una scuola della vicina Ossezia del nord, che portò all’uccisione di 330 persone, di cui oltre la metà bambini. Sempre nel 2004, il presidente ceceno filorusso, Akhmat Kadyrov, venne stato ucciso dall’esplosione di una bomba durante un match sportivo. Suo figlio, Ramzan è l’attuale premier.

    L’attentato è avvenuto mentre nella capitale Grozny era in corso la visita del ministro degli Interni russo. Una coincidenza non certo causale come spiega, nell’intervista di Eugenio Bonanata, Vittorio Strada, esperto di Russia e già professore di Lingua e letteratura russa all’Università di Venezia:

    R. – Direi proprio che è un atto di sfida non tanto e non soltanto a Kadyrov, ma anche e prima di tutto e ancora di più, al potere centrale, cioè a Mosca, al Cremlino, a Putin e a Mededev, naturalmente: si vuole, cioè, far sapere a tutto il Paese che l’ordine che è stato ristabilito a Grozny è un ordine, come dire, sì forte ma instabile, comunque non definitivo. Quali altre azioni possano seguire a questa, è assolutamente impossibile prevederlo. Certamente, non sarà l’ultima e non sarà l’ultima né a Grozny e nemmeno, si può dire, su tutto il territorio della Federazione russa, perché c’è questa tensione e questa forza di opposizione armata, terroristica, che è presente e che il potere centrale e il potere locale, cioè di Kadyrov, non è riuscito a debellare totalmente. Ma si deve tenere presente che questo episodio recentissimo è salito agli onori della cronaca internazionale naturalmente per il suo carattere così emblematico e forte nel centro della capitale, nel parlamento. tuttavia, azioni terroristiche in questa zona del Caucaso settentrionale sono all’ordine del giorno.

    D. – Si tratta, dunque, di una sfida costante per Kadyrov…

    R. – E' una situazione di instabilità ancora estremamente pericolosa, anche perché in prospettiva questa politica di Kadyrov di ritorno alla tradizione musulmana, per il momento è – diciamo così – moderata, ma naturalmente può diventare esplosiva in un futuro più o meno lontano. La sua politica, anche dal punto di vista religioso, è una politica di ri-tradizionalizzazione, punta molto sull’islamizzazione: ha costruito a Grozny la più grande, la più ricca, la più fastosa moschea europea e si è valso appunto di questo successo.

    D. – Quale sarà adesso la risposta di Putin?

    R. – Certamente, l'avvio di azioni repressive o l’azione ancora più forte da parte delle forze speciali, sia quelle locali sia quelle federali – cioè centrali di Mosca – che sono impegnate su tutto il fronte caucasico.

    Sesta giornata di scioperi in Francia contro le novità sulle pensioni
    Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha annunciato di voler adottare immediatamente misure contro il blocco delle raffinerie, che sta lasciando i distributori di benzina francesi a secco. Lo ha fatto nella sesta e più dura giornata di sciopero e manifestazioni in Francia contro la riforma delle pensioni, la cui approvazione definitiva in parlamento è slittata di 24 ore, a dopodomani sera. La giornata è iniziata con blocchi stradali dei camionisti, treni in sciopero e benzina col contagocce. Sono ormai 2.500 le pompe di benzina a secco dopo una settimana di sciopero delle 12 raffinerie del Paese e di depositi bloccati. Oggi, previsti 266 cortei in tutto il Paese, a partire da Parigi.

    Pakistan, sparatorie a Karachi: sette persone uccise oggi, 48 negli ultimi tre giorni
    Almeno sette persone sono state uccise nella nottata a Karachi, la metropoli pakistana sconvolta da una nuova ondata di faide politiche in coincidenza con elezioni supplettive. Lo riferisce Geo News. Il bilancio delle vittime di sparatorie e regolamenti di conti negli ultimi tre giorni sale così a 48 morti. Secondo il canale televisivo, circa 80 sospetti sono stati arrestati per omicidio, atti vandalici e istigazione alla violenza. Continuano poi, nel sud del Paese, gli attacchi armati americani. Nella notte, un drone delle forze statunitensi ha lanciato sei missili contro un edificio e un veicolo nel distretto di Datta Khele, considerato una delle roccaforti talebane. Sei le vittime. L’attacco ha poi causato una rappresaglia contro i mezzi Nato in transito nel Paese: Un convoglio di autobotti stato dato alle fiamme da sospetti militanti islamici armati a bordo di una motocicletta. L'incidente è avvenuto nella città di Dasht Bado, nella regione del Belucistan.

    Attentato a Tikrit: rimane uccisa una famiglia di nove persone
    Un'intera famiglia, nove persone, è stata sterminata la notte scorsa nella città irachena di Tikrit, in un attentato contro un alto ufficiale di polizia, rimasto gravemente ferito. Gli attentatori hanno piazzato almeno quattro cariche di esplosivo attorno all'abitazione della vittima designata, il maggiore Latif Rashid, capo dell'unità di pronto intervento delle forze di sicurezza locali, e le hanno fatte esplodere prima dell'alba. L'intero edificio è crollato, uccidendo nove persone, tra cui tre bimbi. Nell'esplosione, sono inoltre rimaste ferite altre quattro persone, hanno riferito fonti della polizia di Tikrit, capoluogo della provincia di Salaheddin e città natale del defunto ex dittatore iracheno, Saddam Hussein.

    A Teheran, la visita del presidente venezuelano Hugo Chavez
    Teheran si conferma in questi giorni crocevia della diplomazia internazionale, con due visite importanti: quella del presidente venezuelano, Hugo Chavez, oggi – destinata a rafforzare la cooperazione tra i due Paesi, in particolare nel settore degli idrocarburi e petrolchimico – e quella, ieri, del premier iracheno, Al Maliki, che ha ottenuto l'appoggio del governo della Repubblica islamica per un suo secondo mandato alla guida dell’esecutivo di Baghdad. Salvatore Sabatino ha chiesto a Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica presso l’Università Cattolica di Milano, se Teheran continui ad avere un ruolo centrale non solo per la regione:

    R. – Continua ad averlo, a livello regionale ed internazionale, nel bene e nel male. La visita ha una sua ragion d'essere in quella di mettere uno di fronte l'altro Paesi che tradizionalmente si oppongono agli Stati Uniti, più che avere una grande rilevanza economica e strategica. Quella di Al Maliki testimonia, invece, sia il fallimento del progetto americano sull’affare dell’Iraq, un Paese filo-occidentale e un bastione contro l’Iran, sia il ruolo effettivo di potenza regionale dell’Iran. Nonostante tutti i tentativi della comunità internazionale in questi ultimi anni e degli Stati Uniti in un arco di tempo più lungo, l’Iran si è rafforzato come Paese regionale di crescente importanza a livello geostrategico, geopolitico e geoeconomico.

    D. – Dopo la visita di Al Maliki, si può dire che sono superate definitivamente le vecchie ruggini tra Iran e Iraq? Sono due Paesi storicamente in guerra…

    R. – La risposta è a due livelli. A un livello più profondo, identitario, è no: perché il confine è un confine etnico-culturale. Da una parte ci sono gli arabi, dall’altra parte i persiani, gli iraniani e quindi questa differenza, questa certa sfiducia non verrà mai meno. A un secondo livello più politico, è evidente che è da poco che Iran e Iraq hanno aumentato la cooperazione in campo economico, come era anche ragionevole attendersi, e appunto a livello politico.

    Somalia, uccisi 20 membri di Shaab, il gruppo vicino ad Al-Qaeda
    Continuano gli attacchi di guerriglia in Somalia. Nella notte, circa 20 ribelli del movimento Shaab, legato ad Al Qaeda, sono rimasti uccisi in un’imboscata organizzata da un gruppo armato non identificato nelle regioni di Hiran e Galgudud, nella Somalia centrale. Altri scontri sarebbero in corso nella città di Beledweyn, sempre nella zona centrale del Paese. Inoltre, nella regione semi autonoma del Puntland, nel nordest della Somalia, una bomba è esplosa ieri sera nella sede della redazione di Radio Horsees, un'emittente privata che opera a Bosaso capoluogo della regione. Per quanto riguarda la difficile situazione su tutto il territorio somalo, l’Unione Africana ha proposto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di bloccare il traffico aereo e navale da e verso il Paese, in modo da impedire ad elementi stranieri di infiltrarsi nel territorio e dare sostegno ai ribelli. L’Organizzazione ha poi chiesto formalmente un maggior contributo della comunità internazionale.

    La Russia sarà al prossimo vertice Nato sullo scudo antimissilistico
    Si è parlato di strategia unica di difesa e scudo missilistico comune alla cena, avvenuta ieri sera nella cittadina di Deauville, nel nord della Francia, tra il presidente francese, Nicolas Sarkozy, il suo collega russo, Dmitri Medvedev, e la cancelliera tedesca, Angela Merkel. La Nato vuole dotarsi di uno scudo unico di difesa da eventuali attacchi iraniani e chiede la collaborazione della Russia. Nonostante l’invito di Sarkozy a collaborare vista la “fine della Guerra fredda, lo scioglimento del patto di Varsavia e l’uguaglianza di rischi per i tre Paesi”, Mosca rimane scettica. L’ambasciatore russo presso la Nato, Dmitri Rogozin, ha dichiarato che Mosca vuole capire bene che cosa comporti il sistema di difesa antimissile che la Nato vuole adottare per contrastare, secondo l'Alleanza, la minaccia iraniana. Disponibilità a collaborare è stata comunque data nella mattinata: il presidente Medvedev ha infatti comunicato la presenza della Russia al prossimo vertice Nato, che si terrà a Lisbona il prossimo 20 novembre e che affronterà il tema dello scudo antimissilistico. Il segretario generale della Nato, Rasmussen, si è felicitato della decisione di accogliere l’invito a Lisbona.

    Strage a Ciudad Juarez, la città più violenta del Messico
    Nove persone sono state uccise da sicari armati a una festa privata a Ciudad Juarez, la città più violenta del Messico, al confine con gli Usa. Secondo le autorità locali, i killer hanno sparato a caso contro i presenti usando pistole e fucili. Sei tra le persone uccise appartenevano alla stessa famiglia. Tra domenica sera e lunedì mattina, altre nove persone erano state assassinate in città in una serie di regolamenti di conti, ha riferito la polizia. A Ciudad Juarez, teatro di scontri tra i cartelli del narcotraffico che riforniscono il mercato statunitense, sono circa 6.500 le persone uccise negli ultimi tre anni.

    Cina-Giappone: le rivendicazioni rischiano di colpire l’economia giapponese
    L’economia giapponese rischia di subire un brusco rallentamento a causa della querelle diplomatica tra Cina e Giappone in merito alla sovranità sulle Isole Senkaku. La Cina starebbe, infatti, ritardando e limitando notevolmente le esportazioni di terre rare, i metalli alla base della produzione hi-tech, verso il Giappone. Il ministro dell'Economia, del Commercio e dell'Industria giapponese, Akihiro Ohata, che più volte aveva denunciato la situazione, ha manifestato oggi l’intenzione di incontrare il suo pari cinese per discutere direttamente la questione. Il presunto blocco dell'export, denunciato a più riprese dai trader nipponici, è stato formalmente negato dal governo cinese che non ha fornito spiegazioni precise sull'improvvisa stretta ai controlli doganali per la merce diretta in Giappone. La situazione, oltretutto, potrebbe peggiorare nel 2011: un funzionario del Ministero del commercio cinese, intervistato dal quotidiano China Daily, ha spiegato che il governo di Pechino valuta l'ipotesi di ridurre le esportazioni di terre rare di un ulteriore 30%, dopo che il 2010 ha già segnato un taglio del 40% delle quote sull'anno precedente, rischiando di appesantire la crisi economica che il Giappone sta vivendo. Pechino ha poi ufficialmente ripreso il governo nipponico per le dichiarazioni espresse lo scorso lunedì, che definivano la protesta cinese come “isterica”, dichiarandosi, attraverso il portavoce della diplomazia cinese, Ma Zhaoxu, “scioccati”.

    La Cina secondo Paese al mondo per contributi alle energie pulite
    Buona notizia sul fronte delle energie rinnovabili: la Cina, il primo Paese al mondo per emissioni, nocive risulta essere tra i leader per la spesa in energia pulita. É il risultato, a sorpresa, del rapporto annuale realizzato dal Vivid Economic sui sei Stati del pianeta che da soli rappresentano il 50% delle emissioni: Cina, Stati Uniti, Gran Bretagna, Australia, Corea del Sud e Giappone. La Cina, con una spesa di 14,20 dollari per tonnellata di Co2 emessa, si qualifica seconda dopo la Gran Bretagna. L'impegno è indirizzato soprattutto sui progetti il cui obiettivo è quello generare il 15% del fabbisogno del Paese da fonti rinnovabili entro il 2020. Il rapporto tuttavia lancia l'allarme sul fatto che nessuno dei sei Paesi è ancora in linea con gli obiettivi definiti l'anno scorso al summit sull'ambiente di Copenaghen e il Giappone è quello con la peggiore performance in termini relativi. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Marco Onali)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 292
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