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Sommario del 18/10/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Lettera del Papa ai seminaristi: siate messaggeri di Dio tra gli uomini. Gli abusi sessuali sfigurano il sacerdozio
  • Benedetto XVI al nuovo ambasciatore colombiano: la Chiesa non cerca privilegi, è al servizio dell'uomo
  • Il Papa all'ambasciatore di El Salvador: la Chiesa non può restare indifferente di fronte ai mali della società
  • Altre udienze e nomine
  • Sinodo. Presentata la Relazione dopo la discussione: i cristiani del Medio Oriente non sono soli
  • Le riflessioni dei Padri sinodali: un evento provvidenziale perché la diversità diventi ricchezza nella comunione
  • Una delegazione di Padri sinodali incontra il ministro degli Esteri italiano Frattini
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Settimana sociale. Mons. Bregantini: rilanciata la partecipazione dei cattolici nella politica
  • Conferenza a Roma sulla sicurezza e la transizione in Afghanistan
  • Povertà in Italia. Le Acli: problema cruciale per la democrazia
  • Chiesa e Società

  • Messaggio del Papa ai giovani cattolici indiani: “Siate testimoni dell’amore cristiano”
  • L’impegno della Chiesa per la pastorale della strada in Asia e Oceania
  • Relazioni Chiesa–Stato al centro del Forum cattolico-ortodosso a Rodi
  • Nicaragua: per la Chiesa “la crisi nel Paese non è politica, ma etica"
  • Presidenziali in Guinea. Mons. Coulibaly: necessario un cambio di mentalità
  • Governi africani: l’Esercito di resistenza del Signore è un gruppo terroristico
  • Campagna dell’Unione Africana per promuovere l’uguaglianza fra uomo e donna
  • India: i cristiani chiedono al presidente Obama sostegno nella lotta alle discriminazioni
  • Russia. La Chiesa ortodossa contro il censimento: non tiene conto della religione
  • Indonesia: le iniziative dei Camilliani per la prossima Giornata Missionaria
  • Hong Kong: appello di mons. Tong per l’annuale raccolta a favore della Caritas
  • I Vincenziani rilanciano la missione della carità ad Hong Kong
  • Canada: documento dei vescovi e dei Cavalieri di Colombo per la dignità del lavoro umano
  • Il cardinale Scola a Belgrado: “Urgente il compito educativo nelle nostre comunità”
  • Convegno a Roma per il 60.mo del Dogma dell’Assunta
  • Si è spento padre Joseph Michael Langford, cofondatore dei Missionari della Carità
  • 24 Ore nel Mondo

  • Ancora proteste in Francia: a rischio tutto il sistema dei trasporti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Lettera del Papa ai seminaristi: siate messaggeri di Dio tra gli uomini. Gli abusi sessuali sfigurano il sacerdozio

    ◊   Il sacerdote sia sempre “il messaggero di Dio tra gli uomini”: è quanto scrive Benedetto XVI in una lettera ai seminaristi, inviata nell’ambito della conclusione dell’Anno Sacerdotale. Il Papa ricorda la sua esperienza personale di seminarista, nella Germania appena uscita dalla tragedia del nazismo. Inoltre, torna ad esprimere dolore per la piaga degli abusi sessuali nella Chiesa. Un fenomeno distruttivo e riprovevole, ha avvertito, che non può tuttavia screditare la missione sacerdotale. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Dal cuore del Papa al cuore dei seminaristi. Benedetto XVI si rivolge con stile personale ai giovani che aspirano a diventare sacerdoti. Ricorda che, nel dicembre 1944, quando fu chiamato al servizio militare, affermò di voler diventare sacerdote. Gli fu risposto che nella “nuova Germania” nazista non ci sarebbe stato più bisogno dei sacerdoti. Ma, scrive, “sapevo” che “dopo le enormi devastazioni portate da quella follia sul Paese ci sarebbe stato più che mai bisogno di sacerdoti”. Ora, è tutto diverso. Eppure, scrive il Papa, anche oggi “molti pensano che il sacerdozio cattolico non sia una ‘professione’ per il futuro, ma che appartenga al passato”. Non è così. Gli uomini, infatti, “avranno sempre bisogno di Dio, anche nell’epoca del dominio tecnico del mondo e della globalizzazione: del Dio che ci si è mostrato in Gesù Cristo e che ci raduna nella Chiesa universale”. E aggiunge: “Dove l’uomo non percepisce più Dio, la vita diventa vuota; tutto è insufficiente”. E l’uomo, constata con amarezza, “cerca poi rifugio nell’ebbrezza e nella violenza dalla quale proprio la gioventù viene sempre minacciata”. Ecco perché, sottolinea, chi vuole diventare sacerdote “deve essere soprattutto un ‘uomo di Dio’’”. Un Dio, scrive, che per noi “non è un’ipotesi distante, non è uno sconosciuto che si è ritirato dopo il ‘big bang’”. Per questo, è la sua esortazione, “la cosa più importante nel cammino verso il sacerdozio e durante tutta la vita sacerdotale è il rapporto personale con Dio in Gesù Cristo”. Il sacerdote, avverte, “non è l’amministratore di una qualsiasi associazione, di cui cerca di mantenere e aumentare il numero dei membri”. È, invece, “il messaggero di Dio tra gli uomini. Vuole condurre a Dio e così far crescere anche la vera comunione degli uomini tra di loro”. Ecco perché, scrive il Papa ai seminaristi, “è tanto importante che impariate a vivere in contatto costante con Dio”.

    Gli anni nel seminario, è poi la sua riflessione, “devono essere anche un tempo di maturazione umana”. Per il sacerdote, rileva, “è importante che egli stesso abbia messo in giusto equilibrio cuore e intelletto, ragione e sentimento, corpo e anima, e che sia umanamente ‘integro’”. Di questo contesto, prosegue, “fa parte anche l’integrazione della sessualità nell’insieme della personalità”. La sessualità, afferma, “è un dono del Creatore, ma anche un compito che riguarda lo sviluppo del proprio essere umano”. Infatti, “quando non è integrata nella persona, la sessualità diventa banale e distruttiva allo stesso tempo”. Di recente, scrive il Papa, “abbiamo dovuto constatare con grande dispiacere che sacerdoti hanno sfigurato il loro ministero con l’abuso sessuale di bambini e giovani”. Questi sacerdoti, è il suo rammarico, “hanno provocato, con i loro abusi, distruzioni di cui proviamo profondo dolore e rincrescimento”. A causa di tutto ciò, riconosce, “può sorgere la domanda in molti, forse anche in voi stessi, se sia bene farsi prete; se la via del celibato sia sensata come vita umana”. L’abuso, però, “che è da riprovare profondamente – afferma il Papa – non può screditare la missione sacerdotale, la quale rimane grande e pura”. Grazie a Dio, prosegue “tutti conosciamo sacerdoti convincenti, plasmati dalla loro fede, i quali testimoniano che in questo stato, e proprio nella vita celibataria, si può giungere ad un’umanità autentica, pura e matura”. Ciò che è accaduto, ribadisce, deve però “renderci più vigilanti e attenti, proprio per interrogare accuratamente noi stessi, davanti a Dio, nel cammino verso il sacerdozio”. È allora “compito dei padri confessori” e dei superiori accompagnare e aiutare i seminaristi “in questo percorso di discernimento”.

    Il Papa rivolge dunque il pensiero all’importanza dei Sacramenti nella vita del seminarista. “Il centro del nostro rapporto con Dio e della configurazione della vita – afferma – è l’Eucaristia”. Per questo, “celebrarla con partecipazione interiore” deve essere “il centro” di tutte le giornate del sacerdote. Del resto, soggiunge, per la “retta celebrazione eucaristica è necessario anche che impariamo a conoscere, capire e amare la liturgia della Chiesa nella sua forma concreta”. Anche il Sacramento della Penitenza è importante, perché, scrive, “mi insegna a guardarmi dal punto di vista di Dio, e mi costringe ad essere onesto nei confronti di me stesso. Mi conduce all’umiltà”. E aggiunge: “Nel lasciarmi perdonare, imparo anche a perdonare gli altri”, “divento anche più tollerante e comprensivo nei confronti delle debolezze del prossimo”. Dal Papa anche un pensiero sul tempo di studio in Seminario. E’ importante, scrive, conoscere a fondo la Sacra Scrittura, i Padri e i grandi Concili, ma anche il diritto e la filosofi. “Amate lo studio della teologia – aggiunge – e seguitelo con attenta sensibilità per ancorare la teologia alla comunità viva della Chiesa”. Senza la Chiesa che crede, infatti, “la teologia smette di essere se stessa”.

    Benedetto XVI parla dunque della pietà popolare che anche se talvolta “tende all’irrazionalità”, “all’esteriorità”, è entrata nel cuore degli uomini ed è diventata “un grande patrimonio della Chiesa”. Il Papa non manca infine di elogiare i movimenti definiti “una cosa magnifica”. Devono, però, essere valutati “secondo il modo in cui tutti sono aperti alla comune realtà cattolica, alla vita dell’unica e comune Chiesa di Cristo che in tutta la sua varietà è comunque solo una”. La lettera si conclude con un incoraggiamento del Papa ai seminaristi, affinché imparino l’uno dall’altro, si arricchiscano l’un l’altro, “mentre tutti servono la stessa Chiesa, lo stesso Signore”.

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    Benedetto XVI al nuovo ambasciatore colombiano: la Chiesa non cerca privilegi, è al servizio dell'uomo

    ◊   Il rispetto della legge naturale: lo ha raccomandato Benedetto XVI al nuovo ambasciatore della Colombia, César Mauricio Velásquez Ossa, ricevuto stamane in udienza per la presentazione delle Lettere credenziali. Il servizio di Roberta Gisotti.

    “La Chiesa in Colombia non esige alcun privilegio" - ha chiarito il Papa - ma “solo aspira di poter servire i suoi fedeli e tutti coloro che le aprono le porte del loro cuore, con la mano tesa”. Una Chiesa – ha aggiunto – che da sempre sostiene “l’educazione delle nuove generazioni, la cura degli infermi e degli anziani, il rispetto dei popoli indigeni e le loro legittime tradizioni, lo sradicamento della povertà, del narcotraffico e della corruzione, l’attenzione a prigionieri, sfollati, emigranti e lavoratori, così come l’assistenza alle famiglie bisognose”. Si tratta, dunque, di continuare con lo Stato “una leale collaborazione per la crescita integrale delle comunità.”

    Ricordando che quest’anno ricorre il 165.mo anniversario delle relazioni tra Santa Sede e Colombia, Benedetto XVI ha chiesto ancora una volta “di tutelare e promuovere l’inviolabile dignità della persona umana, per la quale è fondamentale che l’ordinamento giuridico rispetti la legge naturale, in ambiti tanto essenziali come la salvaguardia della vita, dal concepimento al suo termine naturale; il diritto a nascere e vivere in una famiglia fondata sul matrimonio di un uomo ed una donna o il diritto dei genitori a che i figli ricevano un educazione in accordo con i propri principi morali e credenze”. Sono questi “pilastri insostituibili – ha osservato il Santo Padre - nell’edificazione di una società veramente degna dell’uomo e dei valori che le sono propri”.

    Ha rivolto quindi i migliori auspici al nuovo presidente della Repubblica, Juan Manuel Santos Calderon, perché possa realizzare gli impegni presi finalizzati al progresso del suo Paese, che commemora i 200 anni del processo d’avvio dell’ìndipendenza, occasione per intensificare – ha raccomandato il Papa – “iniziative e misure atte a consolidare la sicurezza, la pace, la concordia e lo sviluppo integrale” di tutti i cittadini colombiani.

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    Il Papa all'ambasciatore di El Salvador: la Chiesa non può restare indifferente di fronte ai mali della società

    ◊   In tarda mattinata il Papa ha ricevuto anche il nuovo ambasciatore di El Salvador presso la Santa Sede, Manuel Roberto López Barrera, per la presentazione delle Lettere credenziali: Benedetto XVI ha sottolineato il prezioso patrimonio cristiano del Paese e l’importante ruolo della Chiesa nel promuovere la pace e lo sviluppo. Il servizio di Sergio Centofanti.

    La Chiesa – ha ricordato il Papa – anche nel Salvador promuove “nell’ambito delle sue specifiche competenze, con autonomia e libertà … il bene comune in tutte le sue dimensioni”. Attraverso l’annuncio del Vangelo e testimoniando l’amore di Dio senza fare esclusioni, contribuisce a “sradicare la povertà” e a “lottare contro la violenza, l’impunità e il narcotraffico che stanno causando così tante devastazioni, in particolare tra i giovani”. Il Salvador, uscito nel 1992 da una rovinosa guerra civile durata oltre 10 anni, sta proseguendo il processo di pacificazione interna: ma la situazione resta fragile, con un’economia debole, basata su un'agricoltura legata ancora al latifondo, un debito estero molto elevato, un alto tasso di criminalità e un analfabetismo che supera il 20%. Il Papa ricorda che la Chiesa “non può guardare con indifferenza” a tutto ciò e in particolare non può tacere quando sono colpite “esigenze fondamentali come l’equa distribuzione della ricchezza, l’onestà nello svolgimento delle funzioni pubbliche e l’indipendenza dei giudici”. Lancia quindi un appello a lavorare alla definitiva riconciliazione, ribadendo che “con la violenza non si raggiunge nulla, ma tutto peggiora”, perché “è una via senza uscita, un male detestabile e inammissibile, una fascinazione che inganna la persona e la riempie di indegnità”. Fa quindi riferimento al ruolo delle forze di polizia e di sicurezza, chiamate a garantire “nel quadro della legalità, il benessere della popolazione”. Nello stesso tempo richiama “l’inviolabile dignità della vita umana dal suo concepimento fino al suo termine naturale – così come anche la Costituzione del Paese proclama – il valore della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e il diritto dei genitori a educare i figli secondo le proprie convinzioni morali e spirituali”. Il Papa, infine, non manca di sottolineare “la presenza aggressiva della sette, che appaiono come una facile e comoda risposta religiosa”, ma che “minano la cultura e i costumi che lungo i secoli hanno plasmato l’identità salvadoregna, oscurando la bellezza del messaggio evangelico”.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina anche il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, presidente della Conferenza Episcopale Italiana.

    Negli Stati Uniti, il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare dell’arcidiocesi di Milwaukee presentata da mons. Richard J. Sklba, per raggiunti limiti di età.

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    Sinodo. Presentata la Relazione dopo la discussione: i cristiani del Medio Oriente non sono soli

    ◊   Mattinata densa, oggi, al Sinodo per il Medio Oriente, in corso in Vaticano sul tema della “comunione e testimonianza”. Alla presenza di Benedetto XVI, infatti, il relatore generale, Antonios Naguib, patriarca di Alessandria dei copti in Egitto, ed il segretario speciale, Joseph Soueif, arcivescovo di Cipro dei Maroniti, hanno presentato la “Relazione dopo la discussione” in cui sono stati riassunti gli argomenti principali trattati finora dal Sinodo, in base ai quali si elaboreranno le Proposizioni finali. Nel pomeriggio, i lavori del Sinodo proseguiranno a porte chiuse, con i Circoli minori. Il servizio di Isabella Piro:

    "Nous ne sommes pas seuls..."
    Sono tanti i temi trattati dalla relazione del Patriarca Naguib, ma unica è la certezza: i cristiani del Medio Oriente non sono soli. Si parte dall’importanza della Parola di Dio, dal fatto che essere cristiani significa essere missionari e che l’annuncio religioso pacifico non è proselitismo, poiché Gesù chiede ai cristiani non di convincere, ma di testimoniare con gioia il Vangelo. Ribadite quindi la libertà religiosa e di coscienza, l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, l’importanza dei mass media, strumento potente e prezioso nel diffondere il messaggio evangelico. Largo alle scuole e alle università cattoliche, luogo privilegiato della coesistenza pacifica, che vanno sostenute.

    Per la pagina politica, si condanna la violenza da qualunque parte provenga, si esprime solidarietà ai palestinesi, la cui situazione attuale – si legge nella Relazione - favorisce il fondamentalismo, e si chiede alla comunità internazionale di tener conto della drammatica situazione dei cristiani in Iraq.

    Centrale anche il tema dell’emigrazione: è un diritto naturale, dice il Sinodo, ma non va incoraggiata come scelta preferibile, bisogna piuttosto favorire la pace e lo sviluppo perché i cristiani restino in Medio Oriente. Lo sguardo dell’Aula si allarga anche alla diaspora perché le Chiese d’Oriente mantengano i contatti con i fedeli anche al di fuori del Paese d’origine. E la questione della migrazione riguarda anche coloro che immigrano nella regione, come gli africani e gli asiatici, che spesso vengono sfruttati in ambito lavorativo, mentre vanno accolti e sostenuti. Attenzione anche ai giovani e alle donne, forza del presente e speranza del futuro, così come ai laici e alle nuove realtà ecclesiali, al valore della vita monastica e contemplativa che vanno riscoperta. Suggerita quindi una sorta di “banca dei sacerdoti” ed una sua omologa per i laici, in modo da avere sempre "persone pronte a raggiungere i fedeli nelle zone in difficoltà".

    Quanto al dialogo ecumenico, i Padri sinodali ribadiscono, sulla scia di Benedetto XVI, che senza comunione non c’è testimonianza e che la divisione è uno scandalo. Bisogna fare uno sforzo sincero per superare i pregiudizi, dice l’Aula. Proposto poi l’ingresso dei Patriarchi in Conclave ed il pensare ad una forma nuova dell’esercizio del primato che non danneggi la missione del Vescovo di Roma e che si ispiri alle forme ecclesiali del Primo millennio. Un tema delicato, dice il Sinodo, che potrebbe essere studiato da una commissione pluridisciplinare apposita, incaricata dal Papa. Ulteriori auspici riguardano la creazione di mass media ecumenici e l’istituzioni di commissioni locali che approfondiscano l’ecumenismo.

    E ancora: spazio alla famiglia, minata dalla visione relativista dell’Occidente, e alla catechesi, che promuove valori morali e sociali e aiuta a contrastare le sètte, e sì ad un accordo su un testo arabo unico per la preghiera domenicale, così come all’idea di unificare le feste di Natale e Pasqua.

    Nei rapporti con gli ebrei, si auspica la soluzione “due popoli-due Stati” per il conflitto israelo-palestinese, si invoca il dialogo a tutti i livelli, si rifiuta l’antisemitismo e l’antiebraismo, così come l’interpretazione tendenziosa di alcuni versetti della Bibbia che giustifica la violenza. Con i musulmani, dice il Sinodo, si guardi a ciò che unisce, come la santità di vita, e si eviti ogni azione provocatoria “Auspicheremmo – si legge nella Relazione - che il principio coranico 'Nessuna costrizione nella religione' fosse realmente messo in pratica”, poiché la libertà religiosa è alla base di rapporti sani tra cristiani e musulmani. Tutti, quindi, devono trasformare la propria mentalità per superare lo spirito del confessionalismo, affrontando le problematiche socio-politiche non come diritti da reclamare per i cristiani, ma come diritti universali.

    "Nous devons travailler tous ensemble..."
    Infine, si lavori tutti uniti per il bene comune della società, per una città di comunione, e per un’alba nuova del Medio Oriente. La relazione si conclude con 23 quesiti: toccherà ai Circoli minori rispondere, per preparare le Proposizioni finali del Sinodo.

    Alla fine della mattinata a colloquio con i giornalisti nella Sala Stampa della Santa Sede padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa, ha risposto così ad una domanda sui risultati concreti del Sinodo, in particolare sul ruolo dei laici:

    "Il Sinodo non può portare immediati risultati concreti operativi. Il Sinodo potrà dare un documento ispiratore che poi nelle diverse realtà specifiche concrete dovrà essere attuatato e implementato. Questo dipenderà dalla capacità delle singole Chiese di saper accogliere e assorbire quelle che saranno poi le linee finali del documento. Questo anche per quanto riguarda il ruolo dei laici di cui si è discusso molto in questa settimana, di cui si ha coscienza sempre di più. Da un lato a causa della crisi delle vocazioni, da un altro anche perchè c'è sempre maggiore coscienza che il laico sta assumendo un ruolo sempre più importante e determinante nella vita delle Chiese e questo avrà il suo effetto. Il tempo della Chiesa non è il tempo dei giornalisti".

    Ricordato infine che il documento "Kairos" sulla questione palestinese che verrà presentato domani non è un testo ufficiale delle Chiese ma è stato elaborato dai laici.

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    Le riflessioni dei Padri sinodali: un evento provvidenziale perché la diversità diventi ricchezza nella comunione

    ◊   Il Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente è giunto a metà dei lavori. Oggi la “Relazione dopo la discussione”, scaturita dai vari interventi pronunciati dai Padri Sinodali la scorsa settimana, ha fornito una fotografia della multiforme realtà della Chiesa nella regione. Paolo Ondarza ha raccolto la riflessione di Nerses Bedros XIX Tarmouni, patriarca di Cilicia e arcivescovo di Bairut degli Armeni in Libano.

    R. – Io penso che per tutti questo Sinodo sia un intervento provvidenziale per il Medio Oriente e anche un’opportunità perché ognuno dei Padri svuoti un po’ il suo cuore dai problemi che ha e per i quali non ha potuto ancora trovare soluzione. In generale, bisogna dire che il confronto è stato molto positivo perché, nel complesso, c’è una sincerità molto forte; abbiamo ascoltato tante idee, che non sempre sono uguali per tutti. Tutto questo da un’idea generale del contesto e dell’ambiente in cui viviamo. Importante tra i vari argomenti affrontati quello dell’’emigrazione causata dall’instabilità della situazione politica che ha influito sulla vita economica, sociale e famigliare.

    D. – Faceva riferimento alla pluralità di voci che si sono succedute qui al Sinodo. Una pluralità che ha per obiettivo la comunione. Crede che l’atmosfera di questi giorni possa essere un buon punto di partenza per il futuro?

    R. – L’obbiettivo è quello di vivere come i cristiani dei primi secoli e i primi cristiani erano un cuore solo e un’anima sola: mettevano tutto in comune, perché se non c’è questo fondamento tutte il resto non va bene e ogni impegno non produce il risultato sperato.

    D. – La diversità delle singole Chiese non dev’essere considerata - è stato detto - un ostacolo ma anzi una ricchezza …

    R. – Certo, se alla base c’è uno spirito di collaborazione e di fede. Sicuramente ogni Chiesa col suo patrimonio liturgico è una ricchezza per tutti quanti, ma molto spesso c’è il problema della lingua. Per esempio, soltanto quelli che sono di rito siriaco leggono il Siriaco; e lo stesso vale per il rito armeno. Anche le traduzioni dei testi creano un po’ di difficoltà, ma sono sicuro che dopo questo Sinodo ci sarà più collaborazione.

    Nei giorni scorsi i Padri sinodali hanno levato un appello perché il silenzio non scenda sulla difficile situazione della Chiesa in Turchia. La storia del Paese, è stato detto, è stata scritta anche con il sangue di vittime come don Andrea Santoro, sacerdote Fidei donum, e di mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia. Paolo Ondarza ha chiesto a mons. Ruggero Franceschini, presidente della Conferenza Episcopale di Turchia, di parlarci della piccolissima presenza cristiana in questo Paese:

    R. - Non si tratta proprio di piccolissime presenze o meglio piccolissime esternamente. Lei sappia che esistono tanti cristiani che vengono chiamati criptocristiani o cristiani nascosti che non vogliono assolutamente compromettere la loro famiglia, il loro lavoro, la loro posizione sociale esternando la religione e quando lo fanno rischiano grosso. La comunità è, quindi, leggermente più grande di quello che appare.

    D. - Ma c’è una parte della popolazione in Turchia con cui si può dialogare per costruire un cammino di convivenza pacifica …

    R. - Soprattutto nella mia zona, nella zona di Smirne, c’è una laicità positiva che riconosce i valori dell’altro e che cerca insieme di arrivare a traguardi comuni. Noi, per esempio, lavoriamo con la Caritas insieme con i musulmani per cercare di migliorare le condizioni di vita soprattutto dei bambini autistici e degli anziani. Su questo ci troviamo molto uniti. Per quanto riguarda il rispetto della religione dell’altro - io sono arrivato in Turchia una trentina di anni fa - certo le situazioni erano molto diverse. Adesso c’è certamente un rispetto maggiore ma nello stesso tempo, al contrario, anche una guerra maggiore.

    D. - Il suo auspicio per questo Sinodo, qual è?

    R. - Che sia una vera presa di coscienza del fatto che formiamo un popolo unico, che ha per ideale la sequela di Cristo, sia pure con riti e diversità che sono frutto anche della cultura locale.

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    Una delegazione di Padri sinodali incontra il ministro degli Esteri italiano Frattini

    ◊   Una delegazione del Sinodo dei Vescovi è stata ricevuta nella tarda mattinata di oggi a Roma dall’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede. L’ambasciatore Antonio Zanardi Landi ha accolto a Palazzo Borromeo i cardinali Nasrallah Pierre Sfeir, patriarca di Antiochia dei Maroniti, presidente delegato ad honorem; il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, presidente delegato; il patriarca di Antiochia dei Siri, Ignace Youssif III Younan, presidente delegato; il patriarca di Alessandria dei Copti, Antonios Naguib, relatore generale; il patriarca di Antiochia dei greco-melkiti, Gregorios III Laham; il patriarca di Gerusalemme dei Latini, Fouad Twal; il patriarca di Cilicia degli Armeni, Nerses Bedros XIX Tarmouni; l’arcivescovo Nikola Eterovic, segretario generale, con mons. Fortunato Frezza, sottosegretario, e don Ambrogio Ivan Samus. L’incontro ha avuto inizio con un momento di preghiera che si è svolto nella cappella dedicata a San Carlo Borromeo e vi ha preso parte anche il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini. Hanno preso la parola mons. Nikola Eterović, che ha illustrato gli obiettivi del Sinodo sottolineandone il carattere pastorale, e il cardinale Leonardo Sandri, che ha apprezzato la grande mole di lavoro che l’Italia ha svolto e sta svolgendo per tutelare la libertà religiosa. Il ministro Franco Frattini, salutando i Padri sinodali, ha dichiarato che l’Italia presenterà una mozione all’Onu a sostegno delle minoranze religiose. Attualmente alla mozione hanno già aderito 27 Paesi, ma l’obiettivo è quello di coinvolgerne in totale 40. Frattini ha aggiunto che è in progetto l’istituzione di sezioni diplomatiche europee in tutti i continenti per tutelare, fra l’altro, la libertà religiosa, sottolineando che il ruolo dell’ambasciatore europeo sarà quello di vigilare perché questa venga rispettata. Il ministro ha anche riferito ai Padri sinodali di aver chiesto tutela per i cristiani in Iraq nel recente incontro del 4 ottobre alla Farnesina con il presidente della regione autonoma del Kurdistan iracheno, Massoud Barzani, e che tornerà a sostenere la causa delle minoranze cristiane a Baghdad, dove si recherà in visita, dopo le elezioni, e ancora l’11 novembre ad Islamabad, in Pakistan, quando si rivolgerà ai giovani universitari. Infine, circa la realtà della Terra Santa, Frattini ha detto che lo Stato italiano sta contribuendo alla costruzione di abitazioni per giovani coppie per evitare l’emigrazione dei cristiani. (A cura di Tiziana Campisi)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La presenza di Dio: in prima pagina, un editoriale del direttore sulla lettera del Papa ai seminaristi e sulla Messa, ieri, per le Canonizzazioni.

    Nell’informazione vaticana, i lavori sinodali.

    Nell’informazione internazionale, il Papa ai nuovi ambasciatori di Colombia ed El Salvador.

    Il sacramento del Paradiso: nell’informazione culturale, Inos Biffi su liturgia celeste e terrena.

    Un articolo di Silvia Guidi dal titolo “Quel cuore anglosassone che batte in Piemonte”: nel “Vercelli Book” una delle più antiche testimonianze della letteratura inglese.

    La storia non è vera per legge: dubbi dalla comunità intellettuale sulla proposta di introdurre il reato di negazionismo.

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    Oggi in Primo Piano



    Settimana sociale. Mons. Bregantini: rilanciata la partecipazione dei cattolici nella politica

    ◊   Si è conclusa ieri a Reggio Calabria la 46.ma Settimana sociale dei cattolici italiani, che ha riunito per quattro giorni, su iniziativa della Cei, circa 1.200 delegati delle 227 diocesi italiane per una riflessione sul tema “Cattolici nell’Italia di oggi. Un’agenda di speranza per il futuro del Paese”. Per una valutazione dell’evento, Luca Collodi ha intervistato mons. Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso e presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro:

    R. – E’ molto positiva soprattutto la carica di grande voglia di esserci, il bisogno di partecipazione e la gioia di dire la nostra voce da cattolici, rispettosa, ma chiara e che sa comunque dire che ciò che diciamo nasce da valori più grandi di noi di cui, però, l’Italia ha immenso bisogno. E guai se noi tacessimo! Perciò è stato un parlare per aiutare, non per imporsi, ma per servire e per illuminare.

    D. – Mons. Bregantini, qual è secondo lei la vera novità operativa, guardando a questa Settimana Sociale di Reggio Calabria, per il Sud d'Italia che lei, tra l’altro, conosce molto bene?

    R. - Secondo me è la parola “partecipazione”. Il gruppo sulla politica l’ha detto molto bene. C’è in Italia una grande voglia di essere partecipi, per cui, per esempio, si chiede la revisione della legge elettorale, si chiedono strumenti di controllo dei partiti, si chiede che i figli degli immigrati partecipino con il diritto di cittadinanza e progressivamente con il diritto al voto. Si chiede la partecipazione nell’ambito anche del mondo sindacale e del lavoro, e devo dire che siamo rammaricati di questo momento di tensione; ora la parola “partecipazione” a mio giudizio - ovviamente nell’ambito educativo, che è l’ambito fondativo in questa assemblea, guardando al decennio - ci dice che, se noi faremo partecipare la gente, non deluderà e soprattutto la gente si sentirà attiva e partecipe.

    D. – Una novità che sembra emergere dalle conclusioni di Reggio Calabria è questa rinnovata passione per la politica intesa come costruzione del bene comune guardando anche alla realtà concreta delle istituzioni …

    R. – Sì, non la si guarda più come un tema pericoloso ma come un tema obbligante. Credo che questa fase del distacco dalla politica, con cui abbiamo vissuto in questi ultimi decenni, possa essere superata proprio da questa realtà di Reggio Calabria, attraverso questa voglia di dire ai cristiani di essere testimoni, perchè proprio a partire dal vivere bene l’assemblea domenicale eucaristica, la domenica, possano vivere bene anche il lunedì da testimoni, là dove sono, negli uffici, nelle realtà sindacali, nel mondo politico, nella realtà amministrativa, la realtà scolastica. Questo è il punto. E’ molto bella quella frase del documento a proposito del Congresso eucaristico: Eucaristie deboli e sfuggenti producono una partecipazione sfilacciata anche sul piano politico. Il bene comune lo si vive già dentro un’Eucaristia vissuta bene e l’Eucaristia vissuta bene ti lancia a una vita politica coerente.

    D. – Mons. Bregantini, c’è poi la questione della legalità che è una questione che interessa in particolare l’Italia ma soprattutto il Sud d'Italia …

    R. – Ecco, qui è stato importante aver detto a questa città e, quindi, anche ad altre zone: non lasciatevi intimorire dal male ma combattetelo fino in fondo; combattete con la forza del Vangelo, con la forza di un’Italia che vi sta vicino. Certo, occorre la quotidiana coerenza dei cristiani su tutti i fronti. Quindi, tutti ci dobbiamo sentire coinvolti, questo è l’atteggiamento con cui lavorare; perciò qualità ma anche umiltà, di cui c’è immenso bisogno nella lotta alla mafia.

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    Conferenza a Roma sulla sicurezza e la transizione in Afghanistan

    ◊   Il processo di stabilizzazione necessario per garantire democrazia e sviluppo alla popolazione afghana; la strategia della “transizione” sulla strada del vertice dei capi di Stato e di governo in programma il 18 novembre a Lisbona; una riflessione sul processo per riconsegnare agli afghani il controllo del loro territorio. Sono solo alcuni dei temi della Conferenza degli inviati speciali per Afghanistan e Pakistan, convocata oggi a Villa Madama, a Roma. Presenti 46 alti rappresentanti di tutti i Paesi e le organizzazioni internazionali impegnate in Afghanistan. Tra i partecipanti, anche il comandante della missione Isaf, il generale Petraeus, e l'inviato del presidente statunitense Obama, Richard Holbrooke. Quest'ultimo ha dichiarato stamane che la parola chiave è riconciliazione per poi sottolineare che ''c'è spazio per chiunque voglia essere riconciliato'', ma è chiaro che ci devono essere "paletti'' ben definiti. Sull’attuale momento in Afghanistan, Giada Aquilino ha intervistato Marco Lombardi, responsabile dei progetti di cooperazione per il Paese asiatico dell’università Cattolica di Milano:

    R. - Credo che sia una fase centrale e questo lo si vede, purtroppo, dagli attentati. Accanto ad un certo rafforzamento di attività belliche che cercano di mantenere sotto controllo aree a rischio, si sta anche insistendo molto sulla necessità di affrancare in maniera autonoma sia il governo, sia le istituzioni afghane in vista di una concreta uscita dal Paese. Anche ieri Holbrooke parlava del luglio 2011 non come una data di ritiro, ma una data intorno alla quale cominciare a pensare una diminuzione della pressione nelle diverse aree.

    D. - C’è un motivo per cui la violenza di fatto è aumentata sul terreno?

    R. - La violenza è aumentata in quelle aree periferiche, dove gli afghani hanno più bisogno di supporto per riuscire a mettere in piedi un sistema di vita quotidiano, che non sia costantemente turbato dalle insistenze dei talebani. Ricordiamo che i talebani reclutano forzatamente o comprano - perché non c’è altra possibilità di sopravvivenza - molti degli afghani di queste aree periferiche.

    D. - Ma proprio il negoziato con i talebani che opzione è?

    R. - Il negoziato con i talebani è fondamentale. Non sarebbe giusto e non sarebbe concreto pensare di eradicare i talebani: sono una componente problematica, ma presente in Afghanistan come cultura e modo di vedere il mondo e, quindi, è fondamentale dialogare con loro.

    D. - Sul terreno, cosa manca?

    R. - Nel complesso, la situazione negli ultimi anni è migliorata in maniera significativa in Afghanistan. Questo non vuol dire che si sono raggiunti magari grandi risultati, ma direi che ci sono stati grandi cambiamenti. Quello che manca a livello governativo e sicuramente quello su cui bisogna insistere è una dimensione di chiarezza, di disponibilità e di etica di governo. In termini operativi, poi, ogni provincia, ogni regione merita una riflessione a sé. Servono infrastrutture, ma servono soprattutto coloro i quali lavorino nelle infrastrutture, perché le infrastrutture restano e gli uomini se ne vanno: se non ci sono degli afghani che governeranno quelle infrastrutture, quelle infrastrutture crolleranno e tutto verrà buttato via. Quindi priorità assoluta all’educazione, come sta facendo l’Università Cattolica. Ci sono tante possibilità di intervento con l’università di Kabul e l’università di Herat in particolare, ma ci sono 18 atenei. E’ poi necessario investire sulle donne, perché le donne sono promotrici di cambiamento ovunque.

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    Povertà in Italia. Le Acli: problema cruciale per la democrazia

    ◊   I poveri in Italia sono 8 milioni e 370 mila, pari al 13 per cento dell’intera popolazione. E’ il dato allarmante che emerge dal decimo ed ultimo rapporto della Caritas Italiana e della Fondazione “Emanuela Zancan” su povertà ed esclusione sociale in Italia, presentato lo scorso mercoledì a Roma, presso la sede della Commissione Europea. Emblematico il titolo del dossier - “In caduta libera” - che aggiorna in senso peggiorativo la stima fornita a luglio dall’Istat, che indicava in 7,8 milioni il numero di coloro che vivono sotto la soglia di povertà. “Alle stime sui poveri – spiega la Caritas - va aggiunto un 10 per cento, circa 800 mila italiani, classificati come “impoveriti”: persone che, pur non essendo povere, hanno cambiato il proprio tenore di vita e vivono in “forte fragilità economica”. Federico Piana ha intervistato Andrea Olivero, presidente delle Acli:

    R. - Il problema è cruciale per la cittadinanza, vorrei dire anche per la democrazia del nostro Paese, perché se il 13 per cento dei nostri cittadini vive in condizioni di povertà, allora non può stare bene nessuno. L’Italia, oggi, è uno tra i pochissimi Paesi che non ha delle misure strutturali contro la povertà e questo è particolarmente grave in questo momento, cioè quando da un lato abbiamo una stabilizzazione su numeri altissimi della povertà assoluta e una crescita della povertà relativa.

    D. - Però non crede che bisogna anche puntare sul lavoro? Perché la povertà deriva dal fatto di non avere lavoro o l’avere un lavoro precario …

    R. – Certo, noi dobbiamo avere una logica sempre di più del mondo dell’impresa volta a produrre lavoro e non soltanto a produrre utili. Ci scontriamo ancora purtroppo con una mentalità che considera le persone come "esuberi", cosa che è inammissibile, perché contrasta con la visione della persona come elemento della dignità del lavoro. Io credo però che noi dobbiamo lavorare su molti campi insieme: sull’assistenza e certamente sul reddito. Oggi esiste anche una situazione, che è paradossale: il lavoro che non dà mezzi di vita sufficienti per vivere. Quindi, bisogna mettere in condizioni soprattutto giovani o anziani con le pensioni minime di poter vivere dignitosamente con quello che è il provento del proprio lavoro, di oggi o di ieri, e poi bisogna fare politiche più integrate tra il terzo settore e tutte le opere, anche della Chiesa, con le istituzioni, in particolare con le istituzioni locali.

    D. – Si dice che la povertà aumenta soprattutto al Sud; al Nord aumenta ma in maniera minore rispetto al Sud. Quindi, ancora un’Italia a due velocità?

    R. – Sì, anche qui ci sono situazioni diversificate tra zona e zona, tra grandi città e piccoli luoghi, ma non dimentichiamoci che l’Italia in questi anni ha un record negativo drammatico che è quello dell’allargamento della forbice tra ricchi e poveri. Se noi non riusciamo ad invertire quelle che sono le politiche redistributive del Paese rimettendo in campo anche un’attenzione ai redditi medi e medio bassi, noi non riusciamo ad andare avanti. Invece, sono anni che gli sconti fiscali, i bonus, sono a senso unico a favore di chi di risorse ne ha di più.

    D. – Presidente Olivero, le famiglie non si sentono sicure, non procreano e si impoverisce il Paese; il Paese diventa più povero e induce le famiglie a non procreare. E’ un circuito vizioso?

    R. - I figli oggi sono visti quasi come un rischio, quantomeno, per tutte le famiglie. Bisognerebbe da questo punto di vista essere un po’ coraggiosi. Noi da più anni stiamo assistendo a vari progetti per le famiglie, ma poi vediamo passettini che sono quasi nulli nella direzione di un sostegno vero.

    D. – Su questo c’è l’intervento dei vescovi che hanno detto una cosa chiara: bisogna recuperare i soldi dall’evasione fiscale, eppure non si fa: l’evasione è ancora alta nel nostro Paese…

    R. – Sì, ma perché il tema dell’etica pubblica è un tema che non passa, perché si ha paura di non avere il consenso. Alla fine si accetta che l’italiano faccia così, però soltanto una parte degli italiani fa così e quelli che lo fanno distruggono il resto, minano uno degli elementi base della stessa convivenza civile, perché pagare le tasse è uno degli elementi fondativi del patto sociale.

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    Chiesa e Società



    Messaggio del Papa ai giovani cattolici indiani: “Siate testimoni dell’amore cristiano”

    ◊   Essere “testimoni dell’amore cristiano, della speranza, della gioia e della pace in India e nel mondo”, cosi Benedetto XVI nel messaggio rivolto ai giovani cattolici indiani, in occasione dell’VIII Convegno nazionale della gioventù indiana che si è concluso ieri a Shillong, nello Stato di Meghalaya, dopo sette giorni di lavori. Le parole del Papa sono state lette da mons. Salvatore Pennacchio, nunzio apostolico in India, durante la celebrazione della Messa conclusiva del convegno. L’evento è stato organizzato dalla Conferenza episcopale indiana sul tema “Vivere il mondo, liberare il mondo”. Il Papa ha poi ricordato ai giovani di rinnovare le loro vite leggendo, riflettendo e vivendo la Parola di Dio, per portare cambiamenti all’umanità intera. “Prestate attenzione assoluta alla preghiera di Dio – recita ancora il messaggio - e scoprite la gioia e la bellezza della chiamata divina in ciascuno di voi”. Secondo quanto riferisce l'agenzia AsiaNews, più di mille giovani provenienti da tutto il Paese insieme con circa 3mila delegati da 152 diocesi hanno partecipato all’evento conclusivo, insieme a vescovi, sacerdoti, suore e genitori. La settimana ha ospitato una serie di incontri spirituali e testimonianze, articolati in tre aree principali: sradicare la povertà, ringiovanire l’ambiente e costruire una cultura di pace. Mukul Sangma, “chief minister” dello Stato indiano di Meghalaya, salutando i convenuti ha detto che i giovani possono contribuire in modo sostanziale al bene della nazione, perché catalizzatori dello sviluppo sociale nel mondo moderno. Egli li ha anche incoraggiati ad avere fibra morale, per sostenere il bene comune nella società e nella Chiesa. Il Convegno nazionale della gioventù indiana si svolge ogni 3 anni, ed è la prima volta che uno stato nord orientale ospita un evento di questo tipo. (M.G.)

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    L’impegno della Chiesa per la pastorale della strada in Asia e Oceania

    ◊   Da domani al 23 ottobre si terrà presso il Baan Phu Waan Pastoral Training Centre di Bangkok, Thailandia, il primo Incontro sulla pastorale di strada per il continente Asia e Oceania. Promosso e organizzato dal Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, questo Incontro continentale è il terzo dopo quello dell’America Latina, celebrato a Bogotà nel 2008 e quello di Roma, nel 2009, mentre il quarto, per l’Africa, si terrà nel 2011. Secondo la comunicazione pervenuta all’agenzia Fides, l’Incontro di Bangkok è organizzato in collaborazione con l’Ufficio per la promozione umana della Federation of Asian Bishops’ Conferences (Ohd-Fabc), e vi prenderanno parte 55 rappresentanti di 18 nazioni di Asia e Oceania. Tra loro arcivescovi, vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose, operatori socio pastorali, rappresentanti degli organismi delle Conferenze episcopali, delle istituzioni caritative e religiose interessate. Tra i principali obiettivi che si prefigge l’incontro sono la condivisione di esperienze e metodologie in Asia e Oceania; l’esplorazione di nuove possibilità per allargare l’attuale ministero; la ricerca di nuove strategie per la collaborazione con organizzazioni e strutture governative e non governative, per la salvaguardia della dignità della persona umana e il benessere; promuovere i valori etici, la guida sicura e la carità umana/cristiana sulle strade. Secondo le ultime statistiche fornite dal Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, circa 3.000 persone e 500 bambini muoiono ogni giorno per incidenti stradali; ogni anno 1,3 milioni di persone vengono uccise e 50 milioni ferite; oltre il 90% di questi incidenti si verificano in Paesi a reddito medio-basso. Ogni anno un numero crescente di persone, la maggior parte donne e bambini, cadono vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale o di altro tipo, sia all'interno che oltre i confini nazionali. I numeri sono in aumento. Anche se i governi asiatici hanno vietato la prostituzione in generale, si ritiene sia diventato un business importante nel continente. I bambini di strada in tutto il mondo sono circa 150 milioni: il 40% di loro è senza casa e il 60% lavora per strada per sostenere la propria famiglia. Le circostanze e le esperienze dei bambini di strada si sovrappongono con diverse altre categorie di minori, come i bambini vittime di tratta, i bambini migranti e i bambini lavoratori. Nell’Asia meridionale si trova una delle più grandi concentrazioni di bambini di strada del mondo. Il problema dei senzatetto è complesso, si stima che ci siano in tutto il mondo oltre 1 miliardo di persone senza tetto, compresi i senza fissa dimora e quanti non dispongono di alloggi adeguati. Migrazioni (interne ed esterne), povertà, disgregazione della famiglia, malattia mentale, dipendenze e, in Asia e Oceania, calamità naturali come alluvioni e cicloni, sono alcuni dei motivi che portano le persone a vivere per strada. Per la maggior parte di loro, non è solo la perdita di un tetto, ma una casa in cui vivere con dignità, sicurezza e in salute. (R.P.)

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    Relazioni Chiesa–Stato al centro del Forum cattolico-ortodosso a Rodi

    ◊   “Relazioni Chiesa–Stato. Prospettive teologiche e storiche” è il tema scelto per il secondo Forum cattolico-ortodosso che da oggi al 22 ottobre si terrà nell’Isola di Rodi, Grecia. L’incontro, promosso dal Patriarca Ecumenico Bartolomeo e dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (Ccee), è ospitato dal Metropolita Kyrillos di Rodi e si pone – si legge nel comunicato citato dall'agenzia Sir - sulla scia tracciata dall’ “esperienza positiva” del primo Forum cattolico-ortodosso che si è svolto a Trento nel 2008 sul tema della famiglia. A Rodi, sono giunti 17 delegati del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa della Chiesa Cattolica e 17 rappresentanti delle Chiese Ortodosse in Europa. Sono chiamati in questi giorni a parlare del rapporto che le loro rispettive Chiese intrattengono con gli Stati in Europa. “In questi due anni – affermano Patriarcato ecumenico e Ccee -, la consapevolezza di un lavoro comune tra le Chiese ortodosse e la Chiesa Cattolica in Europa è cresciuta come testimonia l’accoglienza ricevuta di questa iniziativa ecumenica da parte dei leader delle loro Chiese”. Nel comunicato si precisa che “il Forum non sostituisce affatto la Commissione Mista Internazionale di Dialogo Teologico tra la Chiesa Romano Cattolica e la Chiesa Ortodossa che è in corso dal 1980”. “L’incontro di Rodi – prosegue la nota di presentazione del Forum - permetterà un confronto sui vari modelli e le soluzioni legali adottate dai singoli Stati per inquadrare giuridicamente le Chiese nel proprio Paese e regolare i rapporti con esse e le loro strutture pastorali, sociali ed educative”. Come affermato nel documento finale adottato dai partecipanti del primo Forum, lo scopo di questi momenti di dialogo “non è di discutere questioni teologiche, che vengono trattate ad altri livelli. Il nostro compito è piuttosto di concentrarci sulle questioni antropologiche d'importanza cruciale per il presente e il futuro dell'umanità. Il fine del Forum è di aiutare a definire le posizioni comuni sulle questioni sociali e morali. Impegnandoci in questo scambio, ci aiutiamo l'un l'altro a diventare consapevoli di quanto siano vicine fra loro le nostre rispettive dottrine morali e sociali. Allo stesso tempo, facciamo conoscere al mondo le nostre sollecitudini”. Le giornate saranno scandite da momenti di lavoro e di preghiera e mercoledì 20 ottobre, i partecipanti visiteranno alcuni siti archeologici dell’isola apostolica che testimoniano della lunga storia della presenza cristiana. L’incontro è a porte chiuse. Un comunicato finale sarà distribuito al termine dei lavori. (M.G.)

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    Nicaragua: per la Chiesa “la crisi nel Paese non è politica, ma etica"

    ◊   Mons. Silvio Baez, vescovo ausiliare di Managua, ha lanciato un appello alla classe politica perchè rivolga la sua attenzione ai poveri senza secondi fini. "Il populismo e il paternalismo politico sono una tentazione continua - ha detto mons. Baez in un'intervista al Canale 12 della televisione - e possono diventare pericolosamente un mezzo di propaganda ideologica del partito, dei propri interessi. I poveri non devono essere usati, ma occorre mettersi al loro servizio, dare loro dignità e aiutarli attraverso un lavoro dignitoso". Interpellato sulle dichiarazioni di qualche tempo fa del presidente Daniel Ortega, che aveva criticato i sacerdoti perché dai loro pulpiti chiamano la popolazione a far valere i propri diritti, il vescovo ausiliare di Managua ha detto di non sentirsi toccato da queste dichiarazioni perché la Chiesa non difende gli interessi di nessun partito politico. Nella nota della Conferenza episcopale pervenuta all’agenzia Fides, si legge: "Non mi pento di quello che ho detto - ha ribadito mons. Baez -. In cattedrale ho detto che il popolo ha diritto di chiedere conto ai politici perché è stato il popolo che li ha posti sulla scena politica ed essi sono al servizio della società e non per servirsene". Il vescovo ha aggiunto che il problema principale del Nicaragua è la mancanza di un lavoro dignitoso, che dia dignità alle persone e possa portare il Paese allo sviluppo. Ha osservato inoltre la mancanza di strutture giuridiche preposte alla sicurezza degli investimenti nazionali ed esteri. Ha ribadito che “quando parlano i vescovi e si riferiscono alle questioni sociali e politiche, lo fanno perché sono convinti che la storia e la società non sono solo lo scenario su cui agiscono gli uomini, ma sono lo scenario in cui si realizza il progetto di Dio, un progetto di giustizia e di pace. Noi non intendiamo entrare in politica, ma tutta la vita dell'essere umano è politica” ha detto ancora il vescovo. Mons. Baez ha aggiunto che “la crisi in Nicaragua non è tanto politica, ma etica. Dobbiamo pensare a recuperare i valori della nostra società. Penso che il ‘caudillismo’, il servilismo, la vendita della coscienza, la manipolazione dei poveri, la brama di potere non collegata all'atteggiamento di servizio verso il popolo, la mancanza di umiltà nel cedere il posto ad un altro, alla luce della fede cristiana siano peccato”. (R.P.)

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    Presidenziali in Guinea. Mons. Coulibaly: necessario un cambio di mentalità

    ◊   “Alla vigilia del secondo turno dello scrutinio presidenziale, dobbiamo chiederci con franchezza: cosa vogliamo? Dove vogliamo andare proclamando degli slogan in nome della democrazia? Siamo sinceramente disposti a rompere con l’uomo vecchio che abita in noi, con le pratiche mafiose del passato? Siamo pronti a rinascere di nuovo, a sottometterci alle esigenze della trasparenza, alle costrizioni della legge?” . È quanto scrive mons. Vincent Coulibaly, arcivescovo di Conakry, capitale della Repubblica di Guinea, in un messaggio pubblicato dall’agenzia Fides, alla vigilia del ballottaggio del 24 ottobre per le elezioni presidenziali. Nella nota l’arcivescovo di Conakry invita i tutti responsabili politici del Paese a mettere da parte le ambizioni personali e a lavorare per il bene del popolo guineano. Mons. Coulibaly invita la popolazione a vedere “nella diversità delle etnie, delle lingue, delle regioni e delle religioni, una pietra vivente indispensabile alla costruzione armoniosa della Guinea”. Il presule paragona, quindi, il cammino verso la democrazia intrapreso dalla Guinea “all’esodo del popolo di Dio sul cammino della liberazione dalle catene della schiavitù”, un fatto che “deve renderci più solidali, alla vigilia dell’ultima tappa”. Una volta concluso il processo elettorale, non significa che il cammino sia concluso perché, ammonisce mons. Coulibaly, “non è sufficiente entrare nella terra promessa, bisogna stabilirvisi stabilmente, coltivando la terra conquistata con grande sacrificio”. Un compito non facile perché, come ha ricordato l’arcivescovo, il popolo guineano è attraversato da divisioni che vanno sanate. “Non costituiamo più, bisogna riconoscerlo in tutta franchezza, una nazione fiera e ricca per la diversità delle sue etnie e delle sue regioni, siamo diventati un conglomerato di etnie rivendicanti ciascuna la propria legittimità a governare sulle altre appropriandosi, con tutti i mezzi, del potere politico ed economico. Perché in Africa, - sostiene il presule - il potere politico è diventato un trampolino per la promozione economica e finanziaria di un individuo e di un gruppo esclusivo, invece di essere un luogo dove si assumono delle responsabilità a favore del popolo”. Mons. Coulibaly conclude auspicando che “possiamo comprendere che il sistema democratico non si realizza semplicemente creando nuove strutture, ma attraverso la ricreazione della struttura della nostra mentalità, di tutto il nostro essere” . (M.G.)

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    Governi africani: l’Esercito di resistenza del Signore è un gruppo terroristico

    ◊   L’Esercito di resistenza del Signore (Lord’s resistance army, Lra) non sarà più classificato come “gruppo ribelle” ma come “movimento terroristico”. Lo hanno stabilito i ministri dei Paesi interessati dall’attività del gruppo ugandese guidato da Joseph Kony al termine di una riunione svoltasi in questi giorni a Bangui, in Centrafrica. Questo, hanno precisato i partecipanti all’incontro, consentirà alle regioni più colpire dagli attacchi di usufruire di fondi internazionali e di una maggior cooperazione a livello giudiziario. Secondo quanto riferisce la Misna, i rappresentanti di Uganda, Congo, Centrafrica, Sudan e Kenya hanno deciso inoltre la creazione di un centro operativo e di una task-force incaricati di contrastare il diffondersi della sfera d’influenza dell’Lra. La task-force, in particolare, sarà composta da squadre per il pattugliamento congiunto delle zone di frontiera. “Al momento abbiamo almeno quattro provincie che fanno fronte ad attacchi regolari, compresi saccheggi, stupri e sequestri”, ha sottolineato nel corso dell’incontro il presidente della Repubblica Centrafricana, Francois Bozizé, aggiungendo che “bisogna trovare soluzioni durevoli al problema dell’Lra, che non possono prescindere dalla condivisione degli sforzi di tutti”. Il mese scorso, al termine di un incontro organizzato a Yambio, in Sudan, per discutere dell’impatto delle violenze Lra nella regione, i leader religiosi degli stessi Paesi hanno ricordato l’importanza di istituire meccanismi di protezione per le popolazioni civili. Tra le misure invocate dai religiosi la necessità di migliorare le comunicazioni telefoniche e radio e costruire un maggior numero di strade asfaltate per agevolare gli spostamenti. I religiosi hanno inoltre sottolineato la necessità di riattivare colloqui diretti con i vertici del movimento per convincerli a deporre le armi. Secondo le Nazioni Unite negli ultimi due anni l’Lra ha causato oltre 2000 morti e lo sfollamento di 400.000 persone, la maggior parte delle quali nelle provincie settentrionali del Congo. (M.G.)

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    Campagna dell’Unione Africana per promuovere l’uguaglianza fra uomo e donna

    ◊   Potenziare 530 iniziative di base sostenute dalle donne entro il 2020, con l'obiettivo di supportare almeno 53 progetti all'anno a favore della uguaglianza tra uomo e donna e rispondere al tema del decennio “Grassroots approach to gender equality". È quanto prevede la campagna dell’Unione Africana (UA), presentata nel corso del forum dell' African Women’s Decade che si svolge in questi giorni a Nairobi, in Kenya, e che vede riunite delegate giunte da tutto il mondo. Il Ministro kenyano del Gender, Children and Social Development, Naomi Shaban, in una dichiarazione ad un'agenzia locale, ha dichiarato che l'intero continente africano ha bisogno di mettere in pratica misure concrete per la promozione dell'uguaglianza tra uomo e donna. Continuando ad ignorare il problema delle donne l'Africa non potrà mai svilupparsi rapidamente. La conferenza, che si chiuderà mercoledì prossimo, mira a rivedere i progressi fatti al riguardo, e a sviluppare azioni concrete per accelerarne l'attuazione e il raggiungimento di obiettivi articolati in diverse dichiarazioni, convenzioni e protocolli. (M.G.)

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    India: i cristiani chiedono al presidente Obama sostegno nella lotta alle discriminazioni

    ◊   Aperto sostegno nella battaglia per eliminare del tutto dalla società indiana le discriminazioni ai danni degli “intoccabili” e dei fuori casta: è quanto chiede l’organizzazione “All India Christian Council” con una lettera aperta al presidente statunitense, Barak Obama, in vista della sua visita in programma fra il 5 e l’8 novembre prossimo. Nella missiva – di cui da notizia l'agenzia Fides - presidente dell’organizzazione, John Dayal, chiede ad Obama di includere una tappa per rendere omaggio a Bhimrao Ramji Ambedkar (1891-1956), giurista indiano fra gli estensori materiali della Costituzione indiana, definito “l’eroe degli intoccabili”. Alla richiesta si sono associati gruppi e organizzazioni impegnate per i diritti dei dalit: tutti auspicano un interevento di Obama per combattere il sistema delle discriminazioni castali, formalmente abolito, ma ancora in voga nella prassi sociale indiana. Nella lettera l’Aiic ricorda che Ambedkar – egli stesso un “intoccabile” – ha studiato alla Columbia University, dove si è formato Obama, ed è ritornato nel suo Paese per difendere i diritti degli emarginati, impegnandosi a redigere una costituzione che oggi rappresenta un “moderno documento di libertà”. La Carta, infatti, riconosce agli “intoccabili” tutti i diritti, oggi in molti casi ancora negati in India a livello sociale, economico, politico, culturale. Per questo, nota il testo, “chiediamo il suo sostegno nel proseguire la lotta contro le caste in India, per promuovere i dalit e realizzare pienamente tutte le garanzie che Ambedkar ha scritto nella Costituzione”. Il leader indiano, afferma la missiva, segue la grande tradizione di Abramo Lincoln, nella lotta per i diritti dell’uomo: rendergli omaggio sarebbe un gesto che incoraggia fortemente “il movimento per l’emancipazione e la civilizzazione”. La rete dell’Aiic, presente in tutto il territorio indiano, opera in difesa dei diritti delle minoranze cristiane, e contro la discriminazione dei dalit, per la loro promozione sociale ed economica. È formata da migliaia di cristiani di diverse organizzazioni e denominazioni. (M.G.)

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    Russia. La Chiesa ortodossa contro il censimento: non tiene conto della religione

    ◊   In Russia è partito fra le polemiche il secondo censimento nazionale dalla fine dell’Unione Sovietica. Le operazioni di raccolta dei dati hanno preso il via nelle regioni dell’estremo oriente Primorye, Kamchatka e Magadan, e andranno avanti per dieci giorni. I dati preliminari sul totale della popolazione russa verranno pubblicati a marzo 2011. Forti le critiche dell’opposizione che ha messo in luce i costi elevati dell’iniziativa. L’aspetto economico ha rischiato di far saltare tutto, ma alla fine il governo ha trovato i fondi e giustificato l’operazione come “necessaria per lo sviluppo di programmi sociali”. La Chiesa ortodossa, invece, si è lamentata per l’assenza della voce “fede” nel questionario che verrà sottoposto alla popolazione. “Hanno paura di conoscere il livello di diffusione della religione nella nostra società”, ha dichiarato all'agenzia Sir, Vladimir Vigilyansky, portavoce del patriarca di Mosca Kirill. Stando ai dati raccolti l'ultima volta, nel 2002, la popolazione russa è composta da 145,2 milioni di persone. Per l’Istituto federale di statistica, invece, i russi attualmente sono circa 142 milioni. Il problema che attanaglia potere politico e Chiesa ortodossa è il costante calo della natalità nel Paese. Secondo le previsioni degli esperti la popolazione della Federazione russa potrebbe scendere ad appena cento milioni entro il 2050, di cui la maggioranza potrebbe essere musulmana. Le cause sono note: una bassa natalità, l’alcolismo che miete vittime tra gli uomini e la diffusa pratica degli aborti, il cui numero nel 2004 ha superato quello delle nascite (1,6 milioni contro 1,5 milioni). (M.G.)

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    Indonesia: le iniziative dei Camilliani per la prossima Giornata Missionaria

    ◊   La celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale, domenica 24 ottobre, avrà un significato storico per i Camilliani in Indonesia con l’ordinazione di due giovani sacerdoti, nel seminario dei Missionari Verbiti a Ledalero, città di Maumere nell’isola di Flores. Secondo quanto comunica all’agenzia Fides padre Luigi Galvani, missionario camilliano, i due nuovi sacerdoti sono rientrati da poco nel loro Paese dopo aver completato dieci anni di formazione religiosa e teologica nelle Filippine. Essi saranno ora la “forza umana” della nuova missione aperta solo un anno nell’isola di Flores. Attualmente la comunità è composta da quattro religiosi e una quindicina di giovani che vivono in una casa in affitto nella periferia della città. L’Indonesia è il decimo Paese asiatico raggiunto dai Camilliani negli ultimi sessant’anni. Vi sono giunti dalle Filippine con l’obiettivo di far conoscere il carisma della carità di San Camillo e attratti anche dalle attuali e incoraggianti prospettive vocazionali di questo grande Paese. Una decina d’anni fa, la mancanza di personale missionario non permetteva loro di dare vita lì ad una missione, così si pensò di invitare un gruppo di giovani a Manila per gli studi e la formazione. Dopo dieci anni, l’esperienza sta portando i suoi frutti. Infatti, già tre sono i sacerdoti e altri due giovani si preparano ad esserlo nei prossimi anni. “Ora con l’apertura della nuova comunità a Flores e le promettenti speranze vocazionali – afferma padre Galvani - i Camilliani hanno pensato di aggiungere all’evento dell’ordinazione del 24 ottobre, un altro atto storico: la benedizione e la posa della prima pietra del primo seminario Camilliano in Indonesia. La nuova struttura darà così la possibilità di accogliere un numero maggiore di candidati per la formazione iniziale e gli studi superiori. Il carisma camilliano è accolto molto positivamente dalla Chiesa locale e, per questo, ci auguriamo - conclude il religioso - che siano molti i giovani attratti dall’esempio dei due nuovi sacerdoti e, come loro, divenire un giorno promotori del carisma della carità di San Camillo e missionari di speranza e di solidarietà umana nel loro grande Paese”. (R.P.)

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    Hong Kong: appello di mons. Tong per l’annuale raccolta a favore della Caritas

    ◊   “Diamo loro una speranza”: con questa esortazione mons. John Tong, vescovo di Hong Kong, apre la sua lettera aperta indirizzata a tutti i diocesani invitando ad una generosa offerta per la raccolta annuale della Caritas. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese ripreso dall'agenzia Fides), già da tempo tutta la diocesi si è mobilitata per la raccolta annuale dei fondi a favore della Caritas. Nella sua lettera mons. Tong ripercorre 50 anni di moltiplici servizi della Caritas nel campo sociale, educativo e sanitario, e soprattutto a favore di quanti sono soli, degli anziani, degli ammalati e di tutte le categorie più deboli. Grazie alla generosità di tutti “la Caritas ha potuto compiere tutto ciò” sottolinea il vescovo. Oltre alla lettera di mons. Tong, il presidente della Caritas e vicario della diocesi, mons. Michael Yeung Ming Cheung, insieme al vice presidente don Joseph Yim Tak Lung, e al responsabile dei dipartimenti, stanno effettuando la visita alle parrocchie per sensibilizzare i fedeli sull’impegno e sul servizio della Caritas, invitando i parrocchiani a prestarsi come volontari. Anche le scuole parrocchiali si stanno mobilitando, in vista dell’asta della Caritas a novembre, per una maggiore partecipazione dei giovani, per educarli ad un forte senso della carità verso i più deboli ed al significato dell’appartenenza ad una comunità. (R.P.)

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    I Vincenziani rilanciano la missione della carità ad Hong Kong

    ◊   Aumentare di 10 unità le presenze ad Hong Kong nei prossimi 3 anni, portando il numero totale da 28 a 38. E’ quanto si propone il Consiglio Centrale di Hong Kong della Società di S. Vincenzo de Paoli (SSVP) per amplificare la sua missione della carità in vista dei 150 anni di fondazione. Secondo quanto riferisce il bollettino diocesano, ripreso dall'agenzia Fides, durante l’assemblea annuale del Consiglio Centrale di Hong Kong, svoltosi recentemente nella parrocchia di San Benedetto, sia il presidente che il direttore spirituale, che è il vicario diocesano mons. Domenico Chan, hanno auspicato questo sviluppo della Società ad Hong Kong invitando tutti ad un maggiore impegno nella carità. Nel resoconto del lavoro svolto durante l’anno passato, sono stati sottolineati gli aiuti verso i rifugiati e le badanti domestiche indonesiane, seguendo l’indicazione di mons. John Tong, vescovo di Hong Kong. Inoltre i membri della Società di S. Vincenzo de Paoli sono sempre più presenti e coinvolti nelle parrocchie. Il presidente ha auspicato che quando, fra tre anni, si festeggeranno i 150 anni di fondazione, le presenze della Società siano aumentate di 10 unità. Il Consiglio Centrale di Hong Kong della Società di San Vincenzo de Paoli è attivo ad Hong Kong dal 1863, e conta oltre 400 membri locali, tutti molto impegnati nell’opera caritativa, soprattutto verso i poveri. (M.G.)

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    Canada: documento dei vescovi e dei Cavalieri di Colombo per la dignità del lavoro umano

    ◊   Diventare santi attraverso il proprio lavoro: è quanto sostiene il documento Lavoro + Amore = Santità! realizzato dall'Organismo cattolico per la vita e la famiglia (Ocvf), fondato congiuntamente dalla Conferenza dei vescovi cattolici del Canada e dal Consiglio supremo dei Cavalieri di Colombo. Il lavoro umano — è scritto nella presentazione ripresa dall’Osservatore Romano — “è un'occasione per noi di diventare co-creatori e co-redentori. Gesù ci chiama a servire come ha fatto lui, per realizzare la volontà del Padre, suo e nostro Padre. Vuol dare un senso divino a tutte le ore che consacriamo al lavoro e alla nostra famiglia ogni giorno, nella gioia come nella tristezza. E conta su di noi”. Servire per amore, alla maniera di Cristo, per compiere la volontà di Dio: questa la grande sfida della vita cristiana, secondo l'Ocvf. Ed è raccogliendo pazientemente questa sfida, con il sostegno dell'energia divina della grazia, che ogni genitore e ogni figlio può — immerso nel proprio lavoro e nelle attività quotidiane — rispondere al doppio appello ricevuto il giorno del battesimo: diventare un santo, una santa, e un apostolo. Nel testo si afferma poi che è proprio durante le occupazioni professionali, sociali e familiari che Dio offre all'uomo l'opportunità dell'incontro e di raccogliere la sfida della nuova evangelizzazione, portando colleghi, parenti e amici da Cristo, per rispondere al suo amore e far conoscere la sua volontà. “Anche una mansione ripetitiva e noiosa – si legge ancora nel documento - può trasformarsi in un'avventura di amore se è congiunta con Cristo e offerta a Dio: è sufficiente compierla nel modo più perfetto possibile, con competenza professionale e servendo il prossimo”. Nel documento, l'Organismo cattolico per la vita e la famiglia invita poi a considerare che “il lavoro è fatto per la persona e non la persona per il lavoro”. Ciò vale soprattutto quando la corsa per l'avanzamento della carriera, le esigenze di efficientismo e il profitto prendono il sopravvento. E ancora “quando, nei posti di lavoro, i cristiani si riconoscono come fratelli e sorelle di altri battezzati, nasce una trama di relazioni nuove, un vero luogo di carità dove Cristo incontra gli uomini e le donne di oggi”. Lungi dall'essere una punizione, il lavoro è piuttosto un dono di Dio e un'occasione di collaborare con lui, di essere “co-creatori”. E l'accogliere con serenità le croci, piccole e grandi, che la vita presenta, trasformerà gli uomini in “co-redentori”. L'Ocvf, che opera in stretta collaborazione con la Conferenza episcopale e con i Cavalieri di Colombo, ha per missione di costruire una cultura della vita e una civiltà dell'amore e della solidarietà attraverso la promozione del rispetto della dignità umana e del ruolo essenziale della famiglia. L'organismo è per questo impegnato in un lavoro educativo teso a valorizzare l'insegnamento della Chiesa cattolica su questioni fondamentali quali l'aborto, l'eutanasia, le nuove tecniche di riproduzione e di genetica (clonazione, ricerca sulle cellule staminali), il matrimonio e la pianificazione naturale delle nascite, o di grande rilevanza sociale come l'educazione dei figli, la condizione dei malati, la crisi economica, la disoccupazione. (M.G.)

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    Il cardinale Scola a Belgrado: “Urgente il compito educativo nelle nostre comunità”

    ◊   “Oggi, nella cosiddetta società post-moderna sottoposta al travaglio di trasformazioni tanto rapide quanto radicali, diventa urgente e irrinunciabile il compito educativo delle nostre comunità”. Così il cardinale patriarca di Venezia, Angelo Scola, nell’omelia della Messa presieduta ieri nella cattedrale della Beata Vergine Maria Assunta di Belgrado, di cui riferisce il Sir. Il porporato è da sabato nella capitale serba per una visita alla Chiesa cattolica e al Patriarcato ortodosso che si conclude domani. “Educare alla fede – ha spiegato il patriarca - significa educare alla piena riuscita dell’umano” fino “al dono totale di sé, come ci testimoniano sempre più fratelli in tante parti del mondo”. Soffermandosi sul rapporto fede-preghiera, il cardinale Scola ha osservato che la fede “è la premessa della preghiera” e “la preghiera è la conseguenza e la dimostrazione della fede”. Noi, ha aggiunto, “sottostimiamo la preghiera perché sottostimiamo la potenza di Dio. Il che significa che sopra-stimiamo noi stessi e la nostra potenza” e così “rispunta la radice cattiva del peccato originale: poter fare a meno di Lui”. Secondo il patriarca, “la preghiera adeguata, l’unica proporzionata al Padre è quella di Gesù. Per questo non esiste azione più grande del sacrificio eucaristico”, il “culto ragionevole che dà valore e dignità ad ogni uomo, in ogni momento e condizione della sua esistenza”. (M.G.)

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    Convegno a Roma per il 60.mo del Dogma dell’Assunta

    ◊   Il 1°novembre 1950 Papa Pio XII proclamava il dogma dell’Assunta. Per celebrare il 60.mo anniversario venerdì 29 ottobre, alle 16.30, si svolgerà a Roma presso la Sala dei Cardinali (ingresso via della Chiesa Nuova, 3) il Convegno celebrativo promosso dal Comitato Papa Pacelli. L’iniziativa vedrà la presenza sia di esponenti della Curia vaticana, sia di studiosi ed uomini di cultura. Secondo quanto riferisce una nota degli organizzatori, i lavori saranno introdotti da parte dell’avv. Emilio Artiglieri, coordinatore del Comitato Papa Pacelli. A seguire, i relatori: il cardinale Antonio Cañizares Llovera, prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, con sapienza e profondità tratterà l’ambito dogmatico, mentre gli insegnamenti spirituali saranno analizzati da mons. Mauro Piacenza, neo-eletto prefetto della Congregazione per il clero. Mons. Enrico Dal Covolo, rettore della Pontificia università lateranense, offrirà una concisa e puntuale relazione sull’aspetto storico-patristico; mons. Guido Marini, maestro delle Celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice, si soffermerà invece su quanto di sua più profonda competenza: l’ambito liturgico. Mons. Timothy Verdon, storico dell’arte e direttore dell’Ufficio di arte sacra e dei beni culturali ecclesiastici dell’arcidiocesi di Firenze, illustrerà le modalità di raffigurazione dell’Assunta nella storia dell’arte, mentre al prof. Giovanni Maria Vian, direttore de L’Osservatore Romano, spetterà il compito di presentare come i media riportarono allora la notizia. Interverrà anche suor Margherita Marchione, biografa di Pio XII. Non potevano mancare relazioni tanto essenziali quanto profonde su specifici aspetti storici e non secondariamente culturali, nella valenza espressiva degli artefatti cinematografici, affidati rispettivamente al prof. Livio Spinelli, del Gruppo archeologico romano, e al dott. Alberto Di Giglio, direttore della rivista Cultura & Libri. Concluderà questo insieme di lezioni il prof. don Nicola Bux, cofondatore del Comitato e consultore presso la Curia romana. Il soprano Alma Manera renderà infine omaggio a Maria con un'attesa esecuzione di canti. Un convegno conciso – si legge ancora nel comunicato -, “ma che ancora una volta ci riporterà a pensare alla grandezza di un Pontificato quale fu quello di Papa Pacelli, fuori dai consueti schematismi, che con Fede e volontà di testimonianza farà riflettere concretamente su un periodo di storia drammatico in cui la Chiesa, Corpo di Cristo, si offrì Madre nel dolore di sconvolgimenti epocali”. Sabato 30 ottobre, alle 18.30, il card. José Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione delle cause dei santi, presiederà la Santa Messa solenne nella Chiesa di Santa Maria in Vallicella (Chiesa Nuova). Il servizio musicale liturgico sarà curato dal M° don Massimo Palombella. (M.G.)

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    Si è spento padre Joseph Michael Langford, cofondatore dei Missionari della Carità

    ◊   Padre Joseph Michael Langford, cofondatore insieme con madre Teresa di Calcutta dei Missionari della Carità, si è spento venerdì nell'arcidiocesi di Tijuana, in Messico, dove ha vissuto nei suoi ultimi anni. Il sacerdote, primo di tre fratelli, era nato il 25 giugno 1951 in Ohio, negli Stati Uniti. Era cresciuto a San Diego, in California, e dopo aver scoperto la sua vocazione religiosa aveva studiato filosofia e teologia presso l'Angelicum di Roma. Qui era stato ordinato sacerdote il 25 marzo 1978. Secondo quanto riferisce L’Osservatore Romano, mentre era seminarista era stato volontario nel centro di accoglienza delle Missionarie della Carità per i senza tetto al Celio, nei pressi del Colosseo, dove conobbe madre Teresa, la quale nel 1983 condivise con lui il desiderio che ci fosse un ramo sacerdotale dei Missionari della Carità. Insieme con 30 sacerdoti della congregazione, padre Langford aveva iniziato a svolgere il suo ministero nelle strade, nelle caserme, e alla periferia delle grandi città. Padre Langford era giunto a Tijuana per la prima volta nel 1988. Superiore generale dei Missionari della Carità (1996-1998), e dal 1998 al 1999 è stato vicario pastorale dell'arcidiocesi. Nel 2009 aveva pubblicato il libro “Mother Theresa's secret fire”. (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Ancora proteste in Francia: a rischio tutto il sistema dei trasporti

    ◊   In Francia a 48 ore dalla discussione al Senato, che mercoledì voterà la riforma delle pensioni che innalzerà l’età minima pensionabile da 60 a 62 anni entro il 2018, non accenna a terminare il braccio di ferro tra sindacati e governo. Dopo che ieri la prefettura di un dipartimento della regione parigina ha precettato il personale di una delle 12 raffinerie francesi in sciopero per far fronte alle “difficoltà di approvvigionamento”, è oggi il turno degli autotrasportatori. I camionisti bloccheranno il traffico in uscita e in entrata dalla capitale. Fermo anche il traffico ferroviario, dove circa la metà dei treni previsti è stata annullata. Ancora ferme dieci delle dodici raffinerie mentre il premier, Francois Fillon, ha avvertito ieri sera che non accetterà una paralisi del Paese da parte del movimento sindacale. Allarmanti i primi dati diffusi che parlano di oltre 1500 stazioni di servizio su 4000 in esaurimento scorte o già totalmente a secco. Previsti infine per domani scioperi nel settore aereo che fermeranno il 50 per cento dei voli all’aeroporto di Orly e il 30 per cento di quelli in partenza e in transito allo scalo internazionale di Charles de Gaulle con gravi ripercussioni sull’intero traffico aereo europeo.

    Respinto in Belgio il piano di riavvicinamento franco-fiammingo
    La crisi politica che attanaglia il Belgio da 160 giorni sembra essere arrivata a un punto di non ritorno. L’ultima proposta di compromesso, presentata dal leader dei separatisti fiamminghi della N-va, Bart de Wever e contenente clausole "prendere o lasciare", è stata respinta come inaccettabile dal Partito socialista francofono di Elio di Rupo, prima ancora della scadenza fissata per domani. Al leader separatista il Re dei Belgi aveva affidato l’incarico di redigere un compromesso in grado di ricucire i rapporti tra le due comunità, quella fiamminga e quella francofona, i cui rapporti sono storicamente in crisi. Il rapporto, dettagliato in 50 pagine e indirizzato ai sette partiti eletti, non sarebbe in grado di trovare un accordo. Secondo il Ps “non avvicina i punti di vista tra francofoni e fiamminghi”, mettendo al contrario in causa molti elementi di convergenza e di equilibrio tra le due comunità linguistiche. I punti di maggiore attrito riguardano i trasferimenti finanziari dello stato federale alla Vallonia e alla capitale belga, Bruxelles, mettendo a rischio la solidarietà tra i cittadini del Belgio e il benessere della comunità francofona. I socialisti contestano anche la richiesta della scissione fatta da De Wever per i sei comuni bilingue della cintura di Bruxelles, contesi tra le due comunità.

    Olli Rehn chiede fatti e non parole ai ministri finanziari dell’Ue
    “È arrivato il momento della verità”, quello in cui i Paesi della Ue devono dimostrare serietà, e di saper passare “dalle parole ai fatti”: così il commissario Ue agli affari economici e monetari, Olli Rehn, si è espresso al suo arrivo alla riunione dei ministri finanziari della Ue che oggi devono cercare di raggiungere un compromesso sulla rifroma del Patto europeo di stabilità e di crescita. “Ciò che più importa è recuperare la fiducia nell'economia europea”, ha detto Rehn, sottolineando come “ora si vedrà se i Paesi europei sono sinceramente impegnati a rafforzare la governance economica o meno”. Il guardiano dei conti pubblici europei ha quindi ribadito come “le pietre miliari” della riforma devono essere “efficaci meccanismi sanzionatori e una più stretta sorveglianza sul debito”. Raggiungere questi obiettivi sarà “la cartina di tornasole della nostra serietà”.

    Il primo ministro iracheno uscente Maliki in visita a Teheran
    Il primo ministro iracheno uscente, Nuri al Maliki, è arrivato oggi a Teheran per colloqui con le autorità iraniane, che riguarderanno anche la formazione di un nuovo governo a Baghdad, secondo quanto riferisce la televisione iraniana in inglese PressTv. Prima che in Iran, Maliki ha avuto consultazioni in Siria e Giordania, mentre sette mesi dopo le elezioni legislative in Iraq sembrano permanere importanti ostacoli alla formazione di un nuovo esecutivo. Nelle elezioni svoltesi il 7 marzo, il Blocco iracheno, un'alleanza laica sostenuta da una parte dei sunniti e guidata dall'ex premier Iyad Allawi, è risultato il primo partito, con un vantaggio di soli due seggi sull'Alleanza dello Stato di diritto, movimento sciita guidato da Maliki. Allawi, in un'intervista trasmessa ieri dalla Cnn, ha accusato l'Iran di interferire pesantemente nelle vicende interne irachene e di “destabilizzare la regione destabilizzando l'Iraq”.

    In Somalia il governo di transizione annuncia un successo contro al-Shabab
    I soldati del governo di transizione somalo (Tfg) hanno riconquistato nella giornata di ieri una città strategica nel sud della Somalia, esattamente il distretto di Beled-Hawa nella regione di Gedo, nel sud del Paese vicino al confine con il Kenya. Lo rende noto il ministero dell'Informazione di Mogadiscio che ha parlato di progressi importanti. “Continueremo a combattere fino a quando non avremo liberato la Somalia dai brutali al-Shabab”, ha detto il ministro dell’Informazione.

    Rifugiati si cuciono la bocca davanti al parlamento di Atene per avere l'asilo politico
    Gesto shock di alcuni rifugiati iraniani ad Atene nel corso di una manifestazione davanti al parlamento della capitale Greca. Sei manifestanti si sono cuciti le bocche durante una protesta formale, che dura da quaranta giorni, per la richiesta di asilo politico. Gli uomini, poi ricoverati, fanno parte di un gruppo di oltre 40 cittadini iraniani da tempo in Grecia e che hanno chiesto, sinora senza esito, che venga loro accordato lo status di rifugiati politici. Nei giorni scorsi hanno iniziato uno sciopero della fame e il gesto estremo è stato fatto per sottolineare la drammaticità della loro situazione. Gruppi per la difesa dei diritti umani e l'Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite hanno ripetutamente criticato il governo greco per la rigidità del suo sistema di asilo, e Atene si è impegnata riformarlo in collaborazione con l'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati.

    La Birmania si prepara al voto bandendo l’ingresso di giornalisti e osservatori
    In Birmania c’è grande attesa per le elezioni, previste per il prossimo 7 novembre, dopo che il regime ha annunciato nelle scorse settimane la possibilità di voto per il Premio Nobel San Suu Kyi. Oggi il comitato elettorale ha fatto significative dichiarazioni. Ce ne parla nel servizio Marco Onali:

    La Commissione elettorale del Myanmar ha annunciato che nessun osservatore o giornalista straniero sarà autorizzato a entrare nel Paese in occasione delle elezioni in programma il prossimo 7 novembre. L’organo, formato da funzionari nominati dalla giunta militare, in vista del primo voto organizzato nel Paese dal 1990 a oggi, ha sospeso l'appena introdotto sistema di “visto all'arrivo”, che aveva fatto aumentare il numero dei turisti nell'ultimo anno. “I diplomatici sono già rappresentanti dei loro Paesi. Quindi, crediamo che non sia necessario autorizzare altri a osservare separatamente”, è stato chiarito nel comunicato. Grande è l’attesa sulle consultazioni elettorali nonostante sia stato impedito alla leader della resistenza, il premio Nobel San Suu Kyi, di candidarsi vista la sua condizione di detenuta. La Birmania vive sotto una dittatura militare dal 1962, anno in cui è stato preso il controllo delle istituzioni da una giunta non meglio schierata ideologicamente: solo nel 1988 dopo le rivolte studentesche, che hanno provocato migliaia di morti, il capo della giunta si dimette. Proclamata la legge marziale e organizzato un altro colpo di Stato che ha traghettato il Paese a libere elezioni. Nel 1990 le elezioni hanno visto la vittoria della Lega Nazionale per la Democrazia, Nld, il partito di Aung San Suu Kyi. Lo schieramento ha portato all’Assemblea Costituente 392 membri, su un totale di 485, ma il Consiglio di restaurazione della legge e dell'ordine di Stato, Slorc, spalleggiato dall'Esercito, si è rifiutato di cedere il potere, rovesciando l'assemblea popolare e arrestando Aung San Suu Kyi. Dal 1990, la Birmania vive la sua seconda dittatura che ha portato il Paese, un tempo ricco e sulla via dello sviluppo, ad essere uno degli Stati più poveri e sottosviluppati del mondo.

    A due settimane dalle Midterm, negli Usa sondaggi negativi per i Democratici
    Negli Stati Uniti, mancano 15 giorni alle elezioni di mezzo termine. Sondaggi negativi per i democratici spingono la Casa Bianca in una lotta su tutti i fronti per impedire che la tornata si trasformi in una bocciatura dei progetti del presidente Obama, che ammettendo errori, ha annunciato una nuova strategia. Sia il suo vice Biden che la first lady Michelle sono scesi in campo per convincere gli elettori a rinnovare la fiducia al partito. Eugenio Bonanata ha chiesto un commento al prof. Nico Perrone, docente di Storia americana presso l’Università di Bari, autore del libro “Obama: il peso delle Promesse”:

    R. – Come tutti gli annunci che si fanno alla stampa, alle televisioni, contiene delle verità e delle contraddizioni. Obama ha impostato, dalla campagna elettorale, tutto su una vasta campagna di relazioni pubbliche e di propaganda di quello che faceva e che aveva in programma di fare. Continua il suo contatto con gli elettori, il suo contatto con gli americani, ed è un contatto non soltanto propagandistico. Un contatto forse genuinamente anche autocritico, che gli serva attraverso quello che ascolta, non soltanto quello che dice, a trovare i modi, le forme, per mettere a punto una strategia che gli consenta di prepararsi per una rielezione, perché questo poi è il punto fondamentale, al quale Obama tiene.

    D. – In questi venti mesi sono state diverse le riforme che hanno influito negativamente sulla popolarità di Obama…

    R. – Io credo che il punto essenziale rimanga la riforma sanitaria. A noi fa sorridere, perché ce l’abbiamo da tempo. Dico noi, ma non intendo solo l’Italia, anche l’Europa. Per l’America è stato un passo rivoluzionario e quindi lì Obama ha rischiato anche l’impopolarità, ha rischiato la forte coalizione avversa: l’ha saputa sfidare e ha saputo andare avanti. Quello è un punto molto importante.

    D. – In tutto questo come stanno i Repubblicani?

    R. – Questa è una domanda difficilissima, perché i Repubblicani, secondo me, per ora sono essenzialmente divisi, divisi anche sulla candidatura da opporre ad Obama, e divisi in un programma che è un programma fortemente critico rispetto all’amministrazione Obama sin dall’inizio, che non riesce però ad essere un programma propositivo per una legislatura che sia repubblicana. Quindi, questa è la difficoltà maggiore, secondo me, nella quale si trovano i Repubblicani. Tuttavia, non è detto, perché la loro volontà e la loro capacità di rimonta è forte. Ci sono delle forze conservatrici all’interno degli Stati Uniti, che sostengono tutto questo e potrebbero essere decisive, potrebbero anche rivoltare la situazione che, secondo me, è tendenzialmente favorevole ad Obama.

    Cina
    In Cina è mistero sulla sorte di alcuni membri del gruppo dei parenti delle vittime di Piazza Tiananmen. La leader del movimento, Ding Zilin, che aveva criticato il governo cinese e chiesto la liberazione del Nobel per la pace Liu Xiaobo, sarebbe scomparsa insieme al marito, facendo temere l’arresto domiciliare. Analoga sorte sarebbe toccata ad altri membri del gruppo, irraggiungibili da giorni. Intanto, continuano le proteste formali verso il comitato organizzativo dei Nobel per l’assegnazione del premio per la pace al dissidente. A quanto riportato dal quotidiano "Global Times", sei cinesi su dieci hanno chiesto il ritiro del premio e le scuse di Oslo, nonostante sul premio Nobel la stampa cinese non pubblichi ancora notizie. Il 75% dei cinesi non saprebbe, tuttavia, chi ha vinto il premio Nobel, anche se per il 57% dei cinesi interpellati, il governo cinese dovrebbe tenere Liu ancora in carcere fino alla fine della sua pena.

    Il vicepresidente cinese Xi Jinping è stato eletto nella commissione militare
    Il vicepresidente cinese Xi Jinping è stato eletto nella commissione militare del Partito Comunista, secondo Nuova Cina. La nomina ad un'alta carica nell'esercito sembra confermare Xi Jinping come successore designato del presidente Hu Jintao, il cui mandato scade nel 2012. Xi Jinping, 57 anni, era stato nominato nel marzo 2008 vice presidente cinese. Cresciuto a Shanghai, Xi ha lavorato in passato con l'ex presidente Jiang Zemin, ma non è ritenuto uno dei suoi fedelissimi: questo lo rende gradito alle due principali fazioni comuniste - quella che fa capo ad Hu e quella diretta da Jiang - e ne fa il favorito nella corsa alla successione ad Hu Jintao. Dalla sua parte ha, al contrario degli altri politici, una moglie molto popolare: la cantante Peng Liyuan, che è anche un alto ufficiale dell'esercito di liberazione popolare; Peng potrebbe per la prima volta creare la figura pubblica di una 'first lady' di stile occidentale.

    Condanna giapponese delle manifestazioni antinipponiche
    Continua il botta e risposta tra le autorità sino-giapponesi in merito alla sovranità dell’arcipelago delle isole Senkaku, contese dai due Paesi e al centro di una querelle diplomatica che dura ormai da qualche mese. Nella notte il premier giapponese, Naoto Kan, ha denunciato le proteste antigiapponesi che si sono svolte in Cina lo scorso sabato e che in alcuni casi sono sfociate in atti di violenza contro le attività locali di società nipponiche. “Il governo deplora le proteste contro il Giappone degli scorsi giorni: abbiamo chiesto alle autorità di Pechino che sia garantita la sicurezza dei cittadini e delle società giapponesi”, aggiungendo poi che “c'è la necessità per entrambi i Paesi di collaborare con estrema calma e di stringere i legami in modo reciprocamente strategico”. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Marco Onali)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 291

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