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Sommario del 15/10/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Appello del Papa ai Paesi ricchi per vincere la fame nel mondo
  • Il Papa alla Settimana sociale: sorga una nuova generazione di cattolici impegnati in politica senza complessi d'inferiorità
  • Settimana Sociale: gli interventi del cardinale Bagnasco, mons. Bregantini, Ornaghi e Gotti Tedeschi
  • Il Sinodo dice no a cristianofobia e islamofobia. Parlano due esponenti musulmani
  • Testimonianze dal Sinodo: aiutare i cristiani a restare in Medio Oriente
  • Mons. Jose Serofia Palma nuovo arcivescovo di Cebu
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Tensione in Medio Oriente dopo il via libera israeliano alla costruzione di nuovi insediamenti a Gerusalemme Est
  • Dialogo interreligioso: le riflessioni di mons. Celata e del consigliere di Obama, DuBois
  • Casi di violenza in Italia: una società di persone sempre più chiuse in se stesse
  • Seminario a Napoli sul tema "Sostenere il dialogo attraverso la non-violenza"
  • Memoria di Santa Teresa d'Avila: la preghiera vissuta come amicizia con Cristo diventa amore per gli altri
  • Chiesa e Società

  • Cristiana stuprata e uccisa in Pakistan: 16mila dollari ai genitori di Lubna per chiudere il caso
  • Indonesia: attentato incendiario contro la Cappella St. Joseph nello Java Centrale
  • Filippine. Mons. Legaspi: non possiamo tacere su vita e dignità della persona
  • Cile. Dimessi dall'ospedale i primi minatori: "salvi perchè uniti quando non avevamo niente"
  • Il cardinale Rodé inaugura l'anno accademico al Teresianum: credere è non temere l'impopolarità
  • Forum internazionale di Green Accord: la sobrietà nell’uso delle risorse salverà il pianeta
  • La Chiesa d’Inghilterra e Galles invita i fedeli a dare una testimonianza visibile della propria fede
  • La Madonna di Loreto entra nel Carcere di Fossombrone
  • Fao: la peste bovina sarà debellata nel mondo entro il 2011
  • La Caritas di Torino lancia un Laboratorio per promuovere l’innovazione in campo sociale
  • L’Ospedale Bambino Gesù partecipa alla Giornata Mondiale del lavaggio delle mani
  • 24 Ore nel Mondo

  • L’Onu denuncia: in Congo l’esercito regolare si macchia di crimini orrendi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Appello del Papa ai Paesi ricchi per vincere la fame nel mondo

    ◊   Tutelare l’acqua e i beni della terra, stanziare fondi per riavviare l’agricoltura, mettere da parte gli interessi privati per una solidarietà dal volto umano, riformare le istituzioni internazionali sulla base del principio di sussidiarietà. Sono le “piste” lungo le quali Benedetto XVI sviluppa il suo Messaggio per la Giornata mondiale dell’alimentazione, che si celebra domani e i cui temi sono stati al centro, stamani, di un vertice nella sede romana della Fao. Il Papa ha fatto appello alla generosità dei Paesi ricchi per sconfiggere la fame, che oggi colpisce un miliardo di persone. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Che nonostante parole e promesse – non senza impegni, certo – alla fine del 2010 si contino ancora 925 milioni di affamati nel mondo è “un’indegnità”. Il segretario generale della Fao, Jacques Diouf, ha usato da poco questa espressione quando l’arcivescovo Renato Volante, osservatore permanente della Santa Sede presso la Fao, legge davanti alla platea dei delegati le considerazioni del Papa sulla questione. Benedetto XVI non è meno critico: il bilancio di ciò che è stato fatto – afferma – è viziato da una solidarietà ancora carente.Troppo spesso – si legge nel Messaggio – l'attenzione viene deviata dai bisogni delle popolazioni, insufficiente è l’accento posto sul lavoro nei campi, i prodotti della terra non godono di tutela adeguata. Di conseguenza – sostiene – si produce squilibrio economico e i diritti inalienabili e la dignità di ogni persona umana vengono ignorati”.

    Da questa premessa, il Papa fa discendere una serie di proposte, già al centro del magistero sociale suo e dei suoi predecessori. Dapprima, la dimensione ideale: se la comunità internazionale “vuole davvero essere ‘unita’ contro la fame”, come recita lo slogan della Giornata, la povertà deve essere superata – indica Benedetto XVI – attraverso un autentico sviluppo umano, basato sull'idea di persona come unità di corpo, anima e spirito. Oggi, però – rileva – su pressione della globalizzazione si è radicata “una tendenza a limitare la visione a uno sviluppo che soddisfi i bisogni materiali della persona, in particolare attraverso l'accesso alle tecnologie, eppure un autentico sviluppo non è semplicemente in funzione di ciò che una persona ‘ha’, ma deve anche abbracciare i valori più alti della fraternità, della solidarietà e del bene comune”. Il Papa invoca una lotta alla fame che sia combattuta attraverso iniziative concrete “informate dalla carità, e ispirate dalla verità”: iniziative, prosegue, “che siano in grado di superare gli ostacoli naturali legati ai cicli delle stagioni o alle condizioni ambientali, così come a tanti ostacoli artificiali”. In questo modo, osserva, si creano presupposti per una sana circolazione dei beni della terra e, in definitiva, della pace.

    Benedetto XVI suggerisce anche delle strategie pratiche. Una “sicurezza alimentare a breve termine” può essere raggiunta, scrive, stanziando adeguati finanziamenti “che rendano possibile all’agricoltura di riattivare i propri cicli di produzione, nonostante il deterioramento delle condizioni climatiche e ambientali. Condizioni – soggiunge – che hanno un impatto fortemente negativo sulle popolazioni rurali, sui sistemi di coltivazione e le modalità di lavoro, specialmente nei Paesi già afflitti da carenze alimentari”. Garantire il cibo però non è sufficiente. E’ fondamentale, ribadisce Benedetto XVI, “che tutti abbiano accesso ad esso ogni giorno”. Così come all’acqua, il cui accesso è un diritto che va tutelato per la sua essenzialità in qualsiasi tipo di organismo vivente. A questo punto, il Pontefice chiama in causa i Paesi industrializzati. “Devono essere consapevoli del fatto – dichiara – che le crescenti esigenze del mondo richiedono da loro consistenti livelli di aiuto. Essi non possono semplicemente rimanere chiusi verso gli altri: un atteggiamento del genere non servirebbe a risolvere la crisi”. La Fao, da parte sua, ha il compito di coinvolgere gli Stati membri “nel rispondere alla crescente domanda di cibo”. E riferendosi alla campagna "1 miliardo di affamati", messa in campo dall’agenzia dell’Onu per sensibilizzare l'opinione pubblica sull'urgenza della lotta contro la fame, Benedetto XVI ha concluso evidenziando come essa abbia messo in luce il bisogno di una “risposta adeguata, sia da singoli Paesi sia dalla comunità internazionale, anche quando la risposta sia limitata agli aiuti di assistenza o di emergenza”. Questo è il motivo per cui, termina il Papa, “una riforma delle istituzioni internazionali in base al principio di sussidiarietà è essenziale, dal momento che in realtà, come scritto nella Caritas in veritate, “le istituzioni da sole non bastano, perché lo sviluppo umano integrale è anzitutto vocazione e, quindi, comporta una libera e solidale assunzione di responsabilità da parte di tutti”.

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    Il Papa alla Settimana sociale: sorga una nuova generazione di cattolici impegnati in politica senza complessi d'inferiorità

    ◊   “Il bene comune è ciò che costruisce e qualifica la città degli uomini, il criterio fondamentale della vita sociale e politica”. Così il Papa nel messaggio inviato al cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, in occasione della 46.ma Settimana sociale dei cattolici italiani che si è aperta ieri pomeriggio a Reggio Calabria, sul tema “Un’agenda di speranza per il futuro del Paese”. Il Papa guardando alle difficoltà socio-economiche ha rimarcato la centralità della famiglia, l’importanza dell’integrazione e rilanciato la sfida culturale e politica dei cattolici. Massimiliano Menichetti:

    E’ partendo dalle conseguenze della recente crisi finanziaria globale come il “propagarsi della disoccupazione e della precarietà” che Benedetto XVI ha puntato l’accento sul concetto di bene comune, inteso nella sua accezione più ampia, esigenza di giustizia e di carità”.

    “Il problema non è soltanto economico – scrive il Papa - ma soprattutto culturale e trova riscontro in particolare nella crisi demografica, nella difficoltà a valorizzare appieno il ruolo delle donne, nella fatica di tanti adulti nel concepirsi e porsi come educatori”. Centrale - rimarca - “l'insostituibile funzione sociale” svolta dalla “famiglia, cuore della vita affettiva e relazionale”. Da qui il richiamo a tutti i soggetti istituzionali e sociali a sostenerla.

    “Tutti i cittadini” - sottolinea Benedetto XVI - sono chiamati a “uscire dalla ricerca del proprio interesse” e a maturare una “forte capacità di analisi, di lungimiranza e di partecipazione” e a non perdere la speranza nell’affrontare sfide come quella della tutela della “vita umana”, della difesa della “dignità della persona”, della salvaguardia “dell'ambiente” e della promozione” della “pace”.

    Il Papa ha rinnovato l’appello “perché sorga una nuova generazione di cattolici" impegnati in politica “senza complessi d'inferiorità”. Un impegno non slegato però da un “cammino di formazione intellettuale e morale che, partendo dalle grandi verità intorno a Dio, all'uomo e al mondo, offra criteri di giudizio e principi etici per interpretare il bene di tutti”. Per la Chiesa in Italia - ribadisce - si tratta di spendersi nella formazione di coscienze cristiane mature”, “con spirito di servizio”, “coerenti con la fede professata”.

    Guardando al fenomeno migratorio, il Papa chiede un’azione corale, affinché siano individuati nel pieno rispetto della legalità, i termini dell'integrazione e si cerchi di debellare le cause che portano all’esodo forzato. E “nel riconoscere il protagonismo degli immigrati - ha aggiunto - ci sentiamo chiamati a presentare loro il Vangelo, annuncio di salvezza e di vita piena per ogni uomo e ogni donna”. Del resto, la speranza con cui intendete costruire il futuro del Paese non si risolve nella pur legittima aspirazione a un futuro migliore. Nasce, piuttosto, dalla convinzione che la storia è guidata dalla Provvidenza divina e tende ad un'alba che trascende gli orizzonti dell'operare umano. E questa “speranza affidabile” - ha evidenziato - è "il volto di Cristo".

    “Alla vigilia del 150.mo anniversario dell'Unità nazionale - ha concluso - da Reggio Calabria, possa emergere un comune sentire, frutto di un'interpretazione credente della situazione del Paese; una saggezza propositiva, che sia risultato di un discernimento culturale ed etico, condizione costitutiva delle scelte politiche ed economiche. Da ciò dipende il rilancio del dinamismo civile, per un futuro che sia - per tutti - all'insegna del bene comune”.

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    Settimana Sociale: gli interventi del cardinale Bagnasco, mons. Bregantini, Ornaghi e Gotti Tedeschi

    ◊   Parlando ieri pomeriggio in apertura della Settimana Sociale, anche il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale italiana, ha messo in luce la necessità di una nuova leva di cattolici impegnati in politica. Stamani, il rettore dell’Università Cattolica Lorenzo Ornaghi ha sottolineato l'urgenza di un federalismo solidale. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    Difesa della vita e tutela della famiglia. Su questi valori si gioca l’unità dei cattolici in politica. Per il cardinale Angelo Bagnasco “su molte cose e questioni ci sono mediazioni e buoni compromessi, ma ci sono valori che non sono soggetti a mediazioni perché non sono parcellizzabili, non sono quantificabili, pena essere negati”. Dunque il presidente della Conferenza Episcopale è convinto che serva una nuova generazione di cattolici impegnati in politica, che abbiano come riferimento la Dottrina Sociale della Chiesa. Fondamentale appunto è difendere la famiglia fondata sul matrimonio, ma non sempre laddove ci sono servizi e agevolazioni fiscali la natalità aumenta. Il cardinale Bagnasco:

    “Ci conferma che è un problema sia di politiche famigliari ma anche e molto di cultura, di impostazione culturale. Quindi, bisogna lavorare molto sia su questo aspetto di una politica più favorevole alla famiglia, alla serenità per poter avere una famiglia numerosa, ma anche dal punto di vista culturale, spirituale e morale”.

    Politici dunque che non siano irrilevanti e che abbiano come punto di riferimento il Vangelo. Il cardinale Bagnasco ci tiene comunque a far sapere che le sue parole non sono una forma di sfiducia nei confronti dei politici attuali, ma uno sprone affinché la religione non sia espulsa dalla vita civile. Nel suo messaggio, il presidente Napolitano ha riconosciuto il valore dei cattolici in politica e messo in luce che la società è tutt’ora ricca di uomini animati da “energia morale”. E stamani si è parlato di federalismo, se solidale potrebbe essere motore di sviluppo per tutto il Paese, e potrebbe liberare risorse per il welfare. Così la pensa il rettore dell’Università Cattolica Lorenzo Ornaghi, secondo il quale le istituzioni locali saranno costrette a gestire con più attenzione i finanziamenti a loro disposizione. Ma non solo: i politici si sentirebbero più incentivati ad avere rapporti con il loro territorio. Ma al federalismo è collegato lo sviluppo del Sud e l’affrancamento dalla illegalità. L’arcivescovo di Campobasso Giancarlo Maria Bregantini, presidente della Commissione episcopale per i problemi del lavoro:

    “Anche nei confronti della mafia non si può più ragionare nel senso che è un problema del Sud: è un problema dell’Italia. E' quella intuizione che aveva chiarissima Sturzo: la questione meridionale deve diventare questione nazionale; allora, e soltanto allora, sarà possibile risolverla. Un po’ come fece la Germania: l’Est non è un problema a parte ma è un problema di tutti”.

    Alla Settimana Sociale partecipa anche il presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi. Il nostro inviato Luca Collodi gli ha chiesto una riflessione sulla crisi del sistema-Italia che colpisce in particolare le famiglie:

    R. - L’Italia è contraddistinta negli ultimi dieci anni da un alto debito pubblico sul debito globale del sistema-Italia e un basso debito delle famiglie, anzi le famiglie italiane hanno generato e generano ancora adesso risparmio. L’altissima crescita del debito del sistema-Italia - e, quindi, del debito pubblico, del debito del sistema finanziario, debito del sistema industriale - è stato finanziato e verrà finanziato ancora, secondo me, per molto tempo grazie al risparmio degli italiani, a remunerazione zero. I tassi zero esprimono questa esigenza di tenere in piedi un sistema a debito che, altrimenti a tassi di mercato, non ci starebbe.

    D. - Il fatto che le famiglie italiane facciano pochi figli, alla lunga, può essere un ulteriore problema per la finanzia e l’economia pubblica e non dico soltanto italiana, ma anche europea?

    R. - Questo è stato il problema degli ultimi 25-30 anni e lo sarà anche nei prossimi. Anzitutto le famiglie devono essere incentivate. Io ho fatto delle proposte per incentivare le famiglie a formarsi e a fare figli, per educarli, per mandarli a studiare e per avviarli al mondo del lavoro. Oggi bisogna anzitutto rompere questa sfiducia che si è creata nella formazione di una famiglia e di una famiglia anche numerosa. Bisogna riattivare questa fiducia. Sicuramente questa è una buona scelta di politica economica. Le persone devono poi ritrovare coraggio, ma devono ritrovare coraggio leggendo l’Enciclica Caritas in veritate, che spiega qual è il senso della vita: se l’uomo non dà senso alla sua vita, di sicuro non lo dà alla famiglia, al fatto di voler fare dei figli e di credere all’importanza stessa dei figli.

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    Il Sinodo dice no a cristianofobia e islamofobia. Parlano due esponenti musulmani

    ◊   Il dialogo ecumenico ed interreligioso sono stati al centro dei lavori odierni del Sinodo per il Medio Oriente, in corso in Vaticano sul tema della “comunione e testimonianza”. Alla presenza di Benedetto XVI, questa mattina si è svolta l’ottava Congregazione generale con gli interventi degli uditori e dei delegati fraterni, che hanno portato anche il saluto del Consiglio ecumenico delle Chiese. Ieri pomeriggio, invece, l’atteso discorso di due invitati speciali, entrambi musulmani: il sunnita Muhammad al-Sammak, consigliere politico del Gran Mufti del Libano, e lo sciita Ayatollah Seyed Mostafa Mohaghegh Ahmadabadi, docente di Diritto all’Università di Teheran. Entrambi sono stati ricevuti anche in udienza dal Santo Padre. Il servizio di Isabella Piro:

    Agire insieme per il bene dei cristiani in Medio Oriente, nell’ottica di una Chiesa universale basata sull’Eucaristia, unificare la Pasqua, istituire una festa dei martiri dell’Oriente. La pagina del dialogo ecumenico del Sinodo è ampia ed articolata guarda alla fine del conflitto israelo-palestinese per portare pace nella regione. Ma il dialogo si declini anche in forma interreligiosa, chiedono i vescovi, ricordando che Paese islamico non significa, automaticamente, Paese terrorista. In questo contesto, l’Aula suggerisce di promuovere una risoluzione Onu sulla libertà religiosa che tuteli sia dalla cristianofobia che dall’Islamofobia, perché non bisogna essere timidi nel difendere il diritto di professare la propria fede, così come non si deve usare la religione per giustificare guerre di interesse politico ed economico.

    L’esperienze del dialogo tra le religioni viene raccontato anche dagli uditori del Sinodo, come il Movimento dei Focolari, il Cammino neocatecumenale e la Comunità di Sant’Egidio che ribadiscono l’importanza della presenza cristiana nei Paesi islamici, il suo operato nella promozione della pace e dell’unità. Vitale anche la collaborazione con i laici e la necessità di offrire alle donne e ai disabili la possibilità di scoprire la propria missione nella Chiesa e nel mondo, così come di educare i giovani all’apertura e all’accettazione dell’altro. In questo, può essere utile rilanciare la letteratura arabo-cristiana.

    Poi, lo sguardo del Sinodo si allarga all’orribile dramma dei cristiani in Iraq: c’è una campagna deliberata per cacciarli dal Paese, dicono i vescovi, la comunità internazionale non può restare in silenzio. E il silenzio non deve scendere neanche sulla difficile situazione della Chiesa in Turchia, a volte ignorata e a rischio di sopravvivenza. La sua storia, dicono i Padri Sinodali, è stata scritta anche con il sangue di vittime come mons. Luigi Padovese, Vicario apostolico dell’Anatolia, ucciso in modo premeditato nel giugno scorso, dagli stessi poteri indicati come responsabili della morte di don Andrea Santoro e del giornalista armeno Dink.

    Ieri, intanto, al centro dei lavori pomeridiani, anche l’intervento di due invitati speciali, entrambi musulmani: il sunnita al-Sammak e lo sciita Ayatollah Ahmadabadi:

    Ahmadabadi: "Mutual understanding..."
    "Comprensione reciproca". Questo il filo conduttore degli interventi dei due esponenti islamici per descrivere i rapporti tra cristiani e musulmani. In particolare, lo sciita ribadisce: la stabilità del mondo si può raggiungere solo se tutti possono vivere senza paura dell’altro. Ed è quindi essenziale che i fedeli di ogni religione possano esercitare i propri diritti senza vergogna. Certo, continua l’invitato speciale, nel corso del tempo ci sono stati momenti bui nei rapporti tra cristiani e musulmani e sussistono ancora punti di vista reazionari, ma ci sono Paesi islamici in cui i cristiani vivono fianco a fianco con i musulmani. Ed è questa la strada da seguire".

    Al- Sammak: (parole in arabo)
    Gli fa eco il sunnita: condividiamo la sofferenza dei cristiani, dice, ed ora siamo chiamati a lavorare insieme nel rispetto dei diritti e dei doveri, nella lotta all’estremismo, nella promozione della cultura dell’amicizia e del perdono. Perché una presenza cristiana in Oriente che opera insieme all’Islam è una necessità per il mondo intero.

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    Testimonianze dal Sinodo: aiutare i cristiani a restare in Medio Oriente

    ◊   “Non temere, piccolo gregge”, questi versetti del Vangelo di Luca risuonano come monito e incoraggiamento per quei cristiani del Medio Oriente che di fronte a conflittualità, difficoltà economiche, limitazioni politiche e religiose, per disperazione scelgono di emigrare in Occidente. Al microfono di Paolo Ondarza si sofferma su questo aspetto uno dei presuli della diaspora presenti al Sinodo: mons. Ibrahim Namo Ibrahim, vescovo di San Tommaso Apostolo di Detroit dei Caldei, negli Stati Uniti:

    R. – Siamo felici di partecipare a questo Sinodo per sapere ciò che la Chiesa cattolica pensa del problema dell’emigrazione degli orientali verso l’Occidente. Ci sono idee, ma è veramente necessario trovare il modo per convincere i cristiani del Medio Oriente a non partire. Altrimenti in questi Paesi musulmani non ci sarà più futuro per i cristiani.

    D. – Che cosa vuol dire per i cristiani rimanere in queste terre?

    R. – Se non c’è nessuno che sostiene o supporta la loro esistenza, i cristiani del Medio Oriente devono andar via. Per questo motivo noi ci troviamo negli Stati Uniti: un Paese che offre opportunità per il futuro dei bambini e delle famiglie.

    D. – E le famiglie che vivono nella sua comunità negli Stati Uniti, pensano un giorno di ritornare? Sognano di ritornare?

    R. – Non in queste circostanze: assolutamente no. Ma forse, in futuro … Non si sa come sarà il futuro …

    Nonostante il diffuso fenomeno dell’emigrazione dei cristiani dal Medio Oriente, non sono poche quelle famiglie che negli ultimi anni, vivendo profondamente la loro adesione al Vangelo e “mantenendo una speranza che va contro ogni speranza” hanno scelto di restare. “Riunite in piccoli cenacoli trovano forza nella preghiera ”, spiega mons. Joseph Jules Zerey, arcivescovo di Dalmiata dei Greco-Melkiti per Gerusalemme. Al microfono di Paolo Ondarza il presule chiede a tutti i cristiani di ogni parte del mondo di unirsi alla preghiera universale per il buon esito del Sinodo:

    R. – Sono molto contento di partecipare a questo Sinodo; veramente è un evento molto importante per noi e per tutta la Chiesa. E’ importante che anche la Chiesa occidentale conosca meglio la nostra Chiesa. Siamo qui tutti insieme, prima di tutto per pregare: io sono sicuro che tanti sacerdoti, tante persone pregano per noi. So che ogni giorno c’è un’adorazione davanti al Santissimo, a Gerusalemme, e che ogni giorno vengono tante persone a pregare. Sono sicuro che lo Spirito Santo farà una cosa molto bella per noi e per tutta la Chiesa.

    D. – Al centro del suo intervento, l’importanza di famiglie, testimoni del Vangelo in Medio Oriente …

    R. – Abbiamo bisogno di famiglie sante e io ho parlato delle famiglie sante di cui abbiamo bisogno. Quando una famiglia vive veramente la sua fede, non pensa all’emigrazione: questo è molto importante! Conosco famiglie che pregano insieme, vedo che vogliono essere testimoni nei Paesi in cui vivono: in Terra Santa e in altri Paesi arabi. Sono sicuro che quando una famiglia prega, c’è la grazia. Tra tante grazie, abbiamo bisogno della pace. Grazie alla preghiera della Chiesa per coloro che non credono in Gesù Cristo il Signore farà il suo lavoro. Spesso siamo troppo pessimisti: pensiamo che non ci siano più speranze, ma proprio quando crediamo che tutto sia finito, che non ci sia futuro, allora il Signore inizia la sua opera attraverso lo Spirito Santo per una risoluzione dei problemi.

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    Mons. Jose Serofia Palma nuovo arcivescovo di Cebu

    ◊   Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi metropolitana di Cebu (Filippine), presentata dal cardinale Ricardo J. Vidal, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Jose Serofia Palma, finora arcivescovo metropolita di Palo. Mons. Jose Serofia Palma è nato a Dingle, nell'arcidiocesi di Jaro, il 19 marzo 1950. Ha svolto gli studi filosofici presso il St. Vincent Ferrer Seminary e quelli teologici presso il St. Joseph Regional Seminary. Ha poi conseguito la Licenza in S. Teologia all'Università St. Tomaso di Manila, e il Dottorato presso la Pontificia Università San Tommaso d'Aquino a Roma. È stato ordinato sacerdote per l'arcidiocesi di Jaro il 21 agosto 1976. Dopo un anno come vicario parrocchiale alla Cattedrale di Jaro, è stato insegnante ed educatore presso il St. Vincent Ferrer Seminary e poi è diventato rettore del St. Joseph Regional Seminary. Nel frattempo ha ricoperto anche vari incarichi in diverse commissioni diocesane. Nel 1997 è stato parroco presso la Parrocchia di Sant'Antonio di Padova a Jaro. Nominato il 28 novembre 1997, da Giovanni Paolo II, vescovo titolare di Vazari Didda e ausiliare di Cebu, è stato consacrato il 13 gennaio 1998. Il 13 gennaio 1999 è stato trasferito alla Sede di Calbayog. Il 18 marzo 2006 è stato promosso arcivescovo metropolita di Palo. Dal primo dicembre 2009 è vice-presidente della Conferenza episcopale delle Filippine.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Un modello di sviluppo fondato sulla fraternità: messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale dell’alimentazione.

    La ragionevole fede di Newman: in prima pagina, a un mese dalla beatificazione, un fondo di Ian Ker.

    Nell’informazione vaticana, i lavori sinodali.

    La crisi economica al crocevia tra modernità e postmodernità: nell’informazione internazionale, Luca M. Possati su un convegno, a Roma, organizzato dal Centro di orientamento politico.

    Sgomento e paura di fronte al mistero: in cultura, alcuni stralci del libretto di sala del concerto, domani, in onore del Papa. Sarà eseguita la Messa da Requiem di Giuseppe Verdi.

    “L’Osservatore Romano” sui banchi di scuola: presentato il progetto “Il Quotidiano in Classe”.

    Con Karol Wojtyla in cerca dell’uomo: è morto Tadeusz Styczen, filosofo polacco grande amico di Giovanni Paolo II.

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    Oggi in Primo Piano



    Tensione in Medio Oriente dopo il via libera israeliano alla costruzione di nuovi insediamenti a Gerusalemme Est

    ◊   Dure critiche dall’Autorità nazionale palestinese al via libera di Israele alla costruzione di 240 nuovi alloggi a Gerusalemme est. Dopo la diffusione della notizia da parte della radio pubblica dello Stato ebraico, i vertici palestinesi hanno invocato l’intervento diplomatico degli Stati Uniti accusando gli israeliani di aver provocato il collasso dei negoziati di pace. Sugli scenari futuri, Eugenio Bonanata ha intervistato Alberto Negri, inviato speciale del Sole 24 Ore ed esperto dell'area mediorientale:

    R. - Che il negoziato di pace tra arabi ed israeliani fosse "collassato", ne avevamo già avuto la sensazione nei giorni scorsi e la decisione adesso di riprendere a costruire gli insediamenti può essere addirittura una sorta di pietra tombale. Bisognerà vedere, appunto, quali saranno gli effetti. Da una parte potrebbe esserci un aspetto quasi paradossale, perché Netanyahu con questa decisione si potrebbe anche rafforzare nei confronti delle ali più estreme dello schieramento israeliano e, quindi, a questo punto davvero potrebbe intavolare un negoziato con i palestinesi; dall’altra parte, però, bisogna vedere quale sarà la reazione di Abu Mazen e soprattutto delle ali più estreme dello schieramento arabo e palestinese, che potrebbero vedere in questo un deciso “no” in realtà al negoziato. Di fronte al muro contro muro, si potranno aprire delle brecce. Certo, tutto adesso è ancora più difficile!

    D. - Dopo il flop della missione in Israele dei ministri degli Esteri francese e spagnolo, si è detto che il ruolo dell’Europa nella questione è poco incisivo. Ma cosa può fare Bruxelles per il rilancio dei negoziati?

    R. - Innanzitutto l’Unione Europea deve mettersi d’accordo al suo interno. Perché è poco incisivo questo ruolo? Prima di tutto perché la politica estera europea non è univoca. Se questa visita franco-spagnola fosse stata una visita condivisa da almeno altre due nazioni importanti, come la Germania o l’Italia, ecco allora che forse il peso sarebbe stato maggiore. Naturalmente, poi, quando fallisce la diplomazia americana, ci si aggrappa un po’ all’ancora europea per vedere cosa "salta fuori": in genere, soltanto delusioni!

    D. - Secondo lei, a questo punto la Lega Araba può dare delle risposte nuove?

    R. - Diciamo che qui la Lega Araba dovrà, in qualche modo, affrontare tutta una serie di questioni. Anzitutto la Lega Araba, ancora di più dell’Unione Europea, è un quadro frammentato e diviso. Ci sono adesso degli schieramenti che si sono delineati in questi anni e che sono forse addirittura ancora più contrapposti che non in passato, perché non è soltanto la questione arabo israeliana a dividere in questo momento la Lega Araba, ma è - per esempio - il nuovo peso e il nuovo ruolo strategico dell’Iran nella regione. La visita di Ahmadinejad in Libano e soprattutto nel Sud del Libano, da questo punto di vista, è stata piuttosto evidente. E’ stata una sorta di marcia trionfale del leader iraniano, che ha fatto e detto quello che ha voluto. Naturalmente tutto questo non può che aumentare i sospetti e le divisioni all’interno dello schieramento arabo.

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    Dialogo interreligioso: le riflessioni di mons. Celata e del consigliere di Obama, DuBois

    ◊   Si è svolta nei giorni scorsi alla Pontificia Università Gregoriana la conferenza sul dialogo interreligioso intitolata “Costruire ponti di speranza”. All’evento, promosso dall’ambasciata americana presso la Santa Sede, è intervenuto anche il reverendo Joshua DuBois, consigliere per gli Affari religiosi del presidente Barack Obama. Al reverendo Dubois, Alessandro Gisotti ha chiesto se è davvero possibile costruire ponti di speranza tra persone di fedi diverse:

    R. – It is absolutely possible and president Obama believes …
    E’ assolutamente possibile, e lo stesso presidente Obama è convinto che le nostre diverse religioni e fedi contengano un grandissimo potenziale di incontro su principi comuni. Possono esserci punti in disaccordo nella teologia, nella filosofia ma quando poi si tratta di dar da mangiare agli affamati, vestire gli ignudi, consolare gli afflitti, quando si tratta di promuovere uno sviluppo positivo per chi ha sofferto per troppo tempo, ecco, queste sono cose su cui gente di diverse fedi può trovarsi d’accordo e per le quali può lavorare insieme.

    D. – Quale, secondo lei, è il modo migliore per trovare questo fondamento comune? L’esperienza pratica?

    R. – I believe, and I believe president Obama believes, that the best way to find …
    I credo, e credo che lo pensi anche il presidente Obama, che il miglior modo di trovare questo terreno comune sia attraverso la “teologia del martello”, cioè lavorando insieme, costruendo insieme. Per esempio, quando le associazioni di aiuto cattoliche, islamiche ed ebraiche si sono incontrate ad Haiti per portare aiuto dopo il terribile terremoto, non si è parlato di teologia: l’unico impegno è stato quello di assicurare che gli haitiani avessero qualcuno a cui appoggiarsi in quei momenti di estrema difficoltà.

    D. – Potremmo dire che la cosa più importante, oggi, potrebbe essere un appello all’unità – “e pluribus unum” …

    R. – Absolutely! A call to unity and a call to unity in action, focusing not …
    Assolutamente sì! Un richiamo all’unità e un richiamo di unità nell’azione, incentrandosi non sulle cose che ci separano, anche se sono importanti. Io credo – e il presidente crede – che non siamo chiamati al sincretismo, a riunire ciecamente tutte le fedi in una: no! Dobbiamo avere ciascuno la propria fede, dobbiamo rafforzarci nella nostra fede, pur cercando ambiti comuni tra di noi.

    D. – Come lei sa, in Vaticano è in corso il Sinodo per il Medio Oriente. E’ possibile per fedi diverse, costruire ponti di pace?

    R. – Absolutely! And I believe, and president Obama believes, that this is a …
    Certamente! Ed io credo, come il presidente Obama, che questo sia un momento pieno di speranza in Medio Oriente e che i capi religiosi possono svolgere un ruolo decisivo. Ammiro profondamente l’enorme lavoro svolto da Papa Benedetto XVI nell’incoraggiare i capi religiosi ad impegnarsi per la pace in Medio Oriente …

    L’importanza della fede al servizio del bene comune, della pace e della promozione sociale viene anche sottolineata dall’arcivescovo Pier Luigi Celata, anch’egli intervenuto alla Conferenza alla Gregoriana. Ecco la riflessione del segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, raccolta da Alessandro Gisotti:

    R. – Costruire ponti di speranza significa ritrovare le ragioni profonde a livello di fede e soprattutto le motivazioni che alla luce della fede ci spingono ad uscire dal nostro guscio e, facendo forza sulla nostra identità specifica, ognuno facendo leva sulla propria identità, trovare motivazioni e forza per aprirsi all’altro, per conoscerlo meglio, far cadere pregiudizi, che vengono purtroppo molte volte dalla storia, cogliere le necessità dell’altro, ascoltandolo e, forse, scoprire che abbiamo degli interessi, delle urgenze alle quali dobbiamo rispondere insieme. Ecco allora lo spazio per un impegno di carità fattivo, che partendo dalla fede, genera speranza e si impegna in azioni concrete.

    D. – Questa conferenza qui alla Gregoriana avviene in un momento davvero particolare, il Sinodo per il Medio Oriente in Vaticano. Come costruire ponti di pace attraverso dei costruttori, esponenti di fedi diverse?

    R. – La pace è nel cuore di ogni credente, nella misura in cui crede, perché la pace è dono di Dio, ma è un’istanza che Dio stesso ci immette nel cuore, nella mente, per la quale dobbiamo operare tutti insieme, noi cristiani anzitutto in una comunione rinnovata. Sono tanti i cristiani presenti in quell’area, di diverse denominazioni, ma anche con gli altri credenti dobbiamo riscoprire insieme, trovare motivazioni forti a livello religioso, per operare in favore della pace, perché senza pace ogni altro bene è compromesso.

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    Casi di violenza in Italia: una società di persone sempre più chiuse in se stesse

    ◊   E’ necessario sostenere le famiglie e intervenire a livello locale per ripristinare le relazioni tra le persone oggi sempre più sole, più chiuse in se stesse. Sono le linee da percorrere secondo il prof. Luca Salmieri, docente di Sociologia della cultura all’Università la Sapienza, commentando gli ultimi episodi di violenza nelle città italiane di Milano e Roma. Lo ricordiamo: nel capoluogo lombardo un tassista è stato aggredito per aver investito un cane; nella capitale un’infermiera romena è in fin di vita per un pugno ricevuto dopo una lite. Ma questi episodi sono il segno di una società che sta diventando più violenta? Massimiliano Menichetti lo ha chiesto allo stesso prof. Salmieri:

    R. - I dati statistici non possono darci un resoconto esauriente di quello che realmente è accaduto in ogni periodo e questo perché non tutti denunciano. Detto questo, quello che rappresenta senz’altro un dato di questo periodo è la capacità dei media, e soprattutto dei sistemi di controllo che spesso sono piazzati in diversi luoghi, di portare alla luce in maniera molto più diffusa - di quanto avvenisse 10 o 20 anni fa - episodi di efferata violenza.

    D. - Ma questa grande diffusione informazioni, il fatto che tutti possano vedere su Internet o leggere sui giornali genera emulazione?

    R. - Non facilita un meccanismo d’imitazione, come si pensava negli anni Sessanta e Settanta, quando si sosteneva cioè che l’esposizione a scene di violenza fosse un moltiplicatore della violenza stessa, ma provoca una paura, provoca una sfiducia. Questo porta anche a stare sulla difensiva con gli sconosciuti, che in alcuni casi può sfociare ulteriormente in violenza.

    D. - Una donna colpita al volto in metropolitana ed un tassista malmenato perché ha investito un cane: oltre alla condanna, come si possono leggere questi due eventi?

    R. – Prima di tutto bisogna chiarire che non è possibile catalogare questo tipo di eventi né in senso generale né particolare. Ma se volessimo dare una lettura potremmo partire dal fatto che oggi si registra la concezione di una questione privata, di una questione che riguarda il singolo, le sue proprietà o quelle che ritiene essere le sue proprietà, quelli che ritiene essere i suoi diritti. La cosa che colpisce in entrambi i casi è proprio una visione minuta: il fatto cioè che esista un microcosmo, nel quale si è padroni di gestire secondo i propri principi.

    D. - A questo orizzonte ristretto contribuisce una società sempre più veloce e sempre più individualista?

    R. - Io parlerei di dinamiche più veloci e di dinamiche sensazionalistiche. Certi eccessi hanno a che fare proprio con la vita quotidiana delle persone, che è spesso solitaria e spesso affollata sì, ma di pensieri e di costruzioni soggettive, interne alle persone, e che evidentemente non hanno modo di portare alla costruzione di relazioni.

    D. - Che cosa produce questo?

    R. - Semplicemente il fatto che rispetto a 30 anni fa passiamo molto più tempo a comprare o a utilizzare prodotti del mondo dei consumi che hanno anche una dimensione poco relazionale. In secondo luogo è fortemente aumentata la mobilità delle persone sul territorio e la mobilità provoca distanziamento, disarticolazione rispetto alle comunità. Il terzo punto ha a che fare con una disgregazione che purtroppo riguarda anche le famiglie, nel senso che quello che da sempre rappresenta il cemento di una comunità è oggi sottoposto a pressioni esterne - pressioni di carattere sociale - e si ripiega, piuttosto che essere invece un luogo da cui si parte per creare un tessuto.

    D. - Su questo incidono anche le difficoltà finanziarie e l’impossibilità di avere - ad esempio - più figli?

    R. - Una cosa interessantissima da un punto di vista pedagogico è il fatto che avere due figli allena già subito a risolvere i conflitti in una maniera “positiva”, piuttosto che averne solo uno che, soprattutto quando è piccolo, entra in conflitto con i genitori e non con un altro soggetto forte e difendibile come lui, come può essere un fratello o una sorella.

    D. - Vista questa situazione, professore, qual è l’auspicio?

    R. - Che la politica - ed intendendo per politica soprattutto la gestione del locale - cerchi di creare situazioni di vita - anche se con poche risorse, ma con molta inventiva - appoggiandosi alle famiglie, alle parrocchie, alle associazioni laiche, a ciò che esiste già su un territorio, ma che spesso è falcidiato dalla solitudine. Queste amministrazioni dovrebbero stimolare la realizzazione di attività di qualsiasi tipo: culturali, musicali, la riapertura di biblioteche. Qualsiasi cosa, quindi, che metta in comunicazione le persone, perché in quel caso l’appartenenza diventa positiva, così come anche una certa corresponsabilità nei confronti della comunità dovrebbe portare a risolvere le questioni conflittuali in maniera civile e non barbara.

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    Seminario a Napoli sul tema "Sostenere il dialogo attraverso la non-violenza"

    ◊   Creare una rete di sostegno fra organizzazioni ed ex-combattenti per risolvere i conflitti senza usare la violenza. Questo l’obiettivo del seminario “Sostenere il dialogo attraverso la non-violenza. Dallo scontro alla riconciliazione nella Regione Euromediterranea”, che si svolge a Napoli da oggi a domenica. All’incontro, promosso da varie organizzazioni, fra cui la Fondazione Mediterraneo, prendono parte anche 16 ex-combattenti e attivisti di diverse aree: Balcani, Israele, Territori palestinesi, Irlanda del Nord, Gran Bretagna, Cipro e Turchia. Alla presentazione, ieri, a Roma, c’era per noi Debora Donnini:

    Vuole essere un vero e proprio laboratorio di pace il seminario “Sostenere il dialogo attraverso la non-violenza”, con tante testimonianze di persone che la violenza l’hanno usata e poi abbandonata. Gerard Foster, partecipa ad un gruppo nordirlandese di ispirazione socialista; viene imprigionato, ma ad un certo punto non ce la fa più: “Il cambiamento c’è stato quando ho incontrato le vittime inglesi della violenza…”. E a mostrare che l’impegno per la pace può essere contagioso, è ancora la sua testimonianza: rimane colpito un giorno nel vedere israeliani e palestinesi che si impegnano insieme nel movimento “Combatants for peace”, una delle organizzazioni che promuove il seminario stesso. Membro dell’Associazione è Nouraldin Shehada, che faceva parte di uno dei gruppi armati palestinesi, le Birigate al-Aqsa. Finisce in carcere; vede molta sofferenza intorno a sé; e, aderisce così al movimento “’Combatants for peace’”. Sentiamolo:

    (Parole in arabo)
    “Si è dimostrato che l’obiettivo di avere uno Stato e, quindi, due Stati contigui, attraverso una resistenza violenta non è raggiungibile”.

    Di “’Combatants for peace’” fa parte anche Itamar Feigenbaum, israeliano. Gli abbiamo chiesto quali sono le azioni concrete messe in atto:

    “’Combatants for peace’ is working now in five local groups..
    Come ’Combatants for peace’ siamo organizzati in cinque gruppi territoriali e tutti e cinque gruppi hanno militanti palestinesi e militanti israeliani. Portiamo avanti diverse attività culturali, incontri di manifestazione non violenta. Abbiamo questo sistema di organizzazione territoriale e capillare, proprio perché vogliamo cercare di raggiungere il maggior numero di comunità locali ed è chiaramente un lavoro difficile, estremamente difficile”.

    Un seminario che, dunque, vuole mostrare come la non-violenza sia la migliore via per risolvere i conflitti.

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    Memoria di Santa Teresa d'Avila: la preghiera vissuta come amicizia con Cristo diventa amore per gli altri

    ◊   Fu accolta nel Carmelo di Avila, in Spagna, all’età di vent’anni, ma soltanto 19 anni dopo giunse a quella che lei stessa chiamò la sua “conversione”. Parliamo di Santa Teresa d’Avila che la Chiesa ricorda oggi. A lei, donna dal forte carattere vissuta nel XVI secolo, si deve la riforma dell’ordine carmelitano. Fedele alla Chiesa, nello spirito del Concilio di Trento, contribuì anche al rinnovamento dell'intera comunità ecclesiale. Ma come definire Teresa d’Avila? Tiziana Campisi lo ha chiesto a suor Chiara Maria di Cristo Re e Sacerdote, monaca carmelitana scalza del monastero Regina Coeli di Roma:

    R. – Una donna molto intelligente, una donna di una grande vivacità, di un coraggio non comune. Una donna molto volitiva, anche. Forse, l’elemento che colpisce di più è che si tratta di una donna che ha ricevuto una capacità di amare molto grande, che all’inizio costituisce un po’ il suo limite, perché non sapeva bene come indirizzarla, ma al momento in cui lei la fissa tutta su Gesù ridiventa capace anche di amare gli altri in una maniera nuova, in una maniera grandissima. Per cui colpisce il modo in cui sapeva adattarsi a tutti: sa farsi vicina alle persone religiose, alle sue figlie spirituali, ma anche alla gente comune.

    D. – Quale spiritualità propone Santa Teresa d’Avila?

    R. - Sicuramente il centro della sua spiritualità è la preghiera, intesa soprattutto come amicizia con Dio. Lei chiede alle sue figlie ma propone anche a tutti i cristiani - dunque non si tratta di una cosa solo per frati e monache ma per tutta la Chiesa - di vivere l’orazione come un colloquio con il Signore e anche come ascolto, che sempre più diventa, ascolto di Lui, per vivere questo rapporto come un rapporto di amicizia: Dio come un amico.

    D. – Come vivono oggi questa spiritualità le carmelitane scalze?

    R. – Coltivando questo rapporto di amicizia col Signore e, poi, anche vivendo intensamente la nostra vita comunitaria. Teresa diceva che non è possibile misurare quanto si ama il Signore, ma che la cartina di tornasole, il riscontro, è verificare se si è capaci di amare concretamente le persone più vicine. Vivendo e amando veramente chi si ha vicino si può capire se questo amore cresce e, allora, sapere anche se la preghiera diventa feconda per tutto il mondo, ma prima si deve cominciare da quelli che sono vicini.

    D. – In che modo la vostra spiritualità incontra gli altri?

    R. - Li incontra sicuramente nel Signore, cioè per questa via nascosta, misteriosa. Siamo disponibili sempre all’incontro che il Signore propone, magari attraverso incontri occasionali, come possono essere i colloqui, ma soprattutto l’incontro più profondo per noi è quello che ci fa arrivare a un più gran numero di persone attraverso la preghiera.

    D. - Cosa dice all’uomo contemporaneo Teresa d’Avila?

    R. – Penso che se potesse dire una parola all’uomo di oggi sicuramente direbbe: “Rientra in te stesso”. Perché è nell’interiorità che l’uomo si rende conto di avere la cosa più preziosa che il Signore gli ha dato: l’anima. Quando Santa Teresa parla dell’anima dice che è come un castello fatto di un solo diamante e che è lì che la persona non solo incontra se stessa, ma incontra anche Colui che sta al centro di questo castello che è Dio e non lo incontra poi per rimanere solo lì, ma quanto più lo incontra tanto più diventa capace di ridonarsi a tutti. Quello che abbiamo dentro è molto più importante e molto più prezioso di quello che c’è fuori, che pure è importante, ma non così tanto come quello che il Signore ci ha dato dentro e che raffigurerà poi tutta la situazione umana, nell’eternità.

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    Chiesa e Società



    Cristiana stuprata e uccisa in Pakistan: 16mila dollari ai genitori di Lubna per chiudere il caso

    ◊   I genitori di Lubna Masih, la dodicenne cristiana stuprata e uccisa a Rawalpindi da un gruppo di musulmani, hanno accettato un risarcimento di un milione di rupie (circa 16mila dollari) per abbandonare il procedimento legale contro i responsabili del crimine. E’ quanto l’Agenzia Fides apprende dalla famiglia della ragazza, dove regnano lutto, tristezza e sconcerto. Dopo un “braccio di ferro” fra le organizzazioni cristiane – che invitavano i genitori a rifiutare qualsiasi proposta di accordo – e altri emissari e mediatori, fra i quali alcuni parlamentari, Saleem e Guddi Masih hanno ceduto accettando il contributo in denaro, che chiude il caso a livello legale. Saleem, padre di Lubna, ha detto: “Perdono gli uomini che hanno ucciso mia figlia. Cominceremo una nuova vita”. Karman, il fratello di Saleem, dice a Fides: “Sono sconvolti, ma la decisione spetta a loro”. Guddi, devastata dal dolore non riesce a pronunciare parole. “Life for All”, Ong di ispirazione cristiana che si è battuta per una denuncia, contro l’impunità e per sollevare la questione delle violenze sui cristiani, ha commentato amaramente: “Se nemmeno i genitori hanno la forza di difendere la memoria della figlia, nessuno può fare nulla”. A condurre in porto la trattativa è stata l’organizzazione “Ephlal Ministry” (“Servizio di giudizio”), specializzata in mediazioni civili e legali. L’organizzazione prenderà il 20% della somma pattuita. Determinanti sono risultate le condizione di povertà e disagio della famiglia Masih. Fonti di Fides ricordano che “la dinamica di comprare il silenzio delle vittime non è nuova e fa parte della sperequazione delle forze in campo: le famiglie cristiane sono spesso agli ultimi posti nella scala sociale e si trovano a confrontarsi con esponenti della ricca borghesia musulmana o con ricchi possidenti”. In seguito ai numerosi casi di violenze sulle ragazze cristiane, nel marzo scorso il presidente del Pakistan, Ali Zardari, aveva annunciato di istituire una “linea telefonica diretta” con il suo ufficio di presidenza, per segnalare i casi più gravi di violenze ai danni delle minoranze religiose. Zardari, in accordo con il ministro per le Minoranze religiose, Shahbaz Bhatti, aveva anche sollecitato l’istituzione di una commissione interreligiosa nazionale, per dialogare con il governo e affrontare le questioni più urgenti. La comunità cristiana aveva accolto con favore e sostenuto il progetto, ma attualmente nessuna di queste iniziative è stata ancora realizzata.

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    Indonesia: attentato incendiario contro la Cappella St. Joseph nello Java Centrale

    ◊   Attentato incendiario ad opera di ignoti contro la piccola Cappella Saint Joseph a Pare, ad alcuni chilometri dal subdistretto di Delangu, nella Reggenza di Klaten, Java Centrale. La cappella, che si trova lontano dal centro abitato di Pare, è usata con frequenza dai cattolici locali per incontrarsi e pregare nel fine settimana. Il 13 ottobre alcuni giovani pastori, nel passare con il loro gregge, hanno visto del fumo provenire dalla parte frontale della cappella. Avvicinatisi, hanno visto un inizio di incendio e vario materiale infiammabile ammucchiato davanti alla porta d’ingresso e altro sotto le finestre e le porte, compresi pneumatici usati e recipienti contenenti carburante. Nessuno sorveglia la Cappella quando non è usata o la notte. Padre Saptaka, parroco della Chiesa parrocchiale di Delanggu, dice che c’è già stato un analogo attentato incendiario, il 12 dicembre 2009, che non ha fatto vittime. I cattolici locali non hanno sospetti e sono convinti che i responsabili non siano della zona. Padre Sutrasno, parrocco della chiesa S. Maria Assunta a Klaten, spiega ad AsiaNews che, quando ci fu il precedente attentato del dicembre 2009, egli chiese ai cattolici locali se avevano avuto “problemi” con i musulmani della zona. “I cattolici locali – dice – mi hanno riferito che c’erano buoni rapporti tra cattolici e gli abitanti della zona. La parte antistante la chiesa è stata anche usata per fare un campo di pallavolo, dove i residenti giocano, insieme ai cattolici”. La gente usa anche il campo della chiesa come deposito dopo il raccolto. “E’ quasi impossibile – aggiunge – che gli autori siano gente locale. Questi hanno sempre rispettato la cappella”. Ieri mattina prima dell’alba c’è stato un altro attentato incendiario, contro una chiesa protestante a Gebyog di Ngemplak, subdistretto di Kartasura, circa 20 chilometri da Delanggu. Alcune persone hanno visto fiamme fuoriuscire dall’edificio. Il pastore Setyo Budi Utomo spiega che le fiamme hanno comunque fatto danni limitati, soprattutto alle finestre.

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    Filippine. Mons. Legaspi: non possiamo tacere su vita e dignità della persona

    ◊   Rientra nella missione della Chiesa intervenire su questioni che riguardano la vita e la dignità della persona umana. È quanto afferma mons. Leonardo Legapsi, arcivescovo di Caceres nelle Filippine, in una lettera pastorale in cui chiarisce i motivi che hanno spinto i vescovi del Paese ad intervenire nel dibattito sulla controversa legge sulla Salute Riproduttiva (Reproductive Health Bill) ), sostenuta dal neo presidente Benigno Aquino III. La lettera – riporta l’agenzia dei vescovi Cbcpnews - vuole essere una risposta alle dure critiche rivolte all’Episcopato per la sua ferma posizione contro la legge e a favore di una genitorialità responsabile. Citando il preambolo della Costituzione filippina che invoca l’aiuto di Dio “per il perseguimento di una società giusta umana e l’istituzione di governi che realizzino gli ideali e le aspirazioni” del popolo filippino, mons. Legapsi sottolinea che “è dovere della Chiesa ricordare al governo il suo mandato costituzionale di tutelare queste aspirazioni”. Le posizioni del governo di Manila e dei vescovi continuano a restare distanti. Un incontro svoltosi l’11 ottobre tra il presidente e una delegazione della Conferenza episcopale – secondo quanto riferisce l’agenzia Asianews - non ha portato a passi avanti, nonostante i media nazionali abbiano parlato di aperture. Il dibattito sul Reproductive Health Bill – lo ricordiamo - è in corso da quattro anni. La legge rifiuta l’aborto clinico, ma promuove un programma di pianificazione familiare, che impedisce alle coppie di avere più di due figli e favorisce la sterilizzazione volontaria. Chiesa e associazioni cattoliche sostengono invece il Natural Family Programme (Nfp), che mira ha a promuovere una paternità e una maternità responsabile secondo gli insegnamenti della Chiesa, un programma ritenuto invece inefficace dal governo per ridurre l’alto tasso di natalità nel Paese. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Cile. Dimessi dall'ospedale i primi minatori: "salvi perchè uniti quando non avevamo niente"

    ◊   I primi tre minatori cileni sono stati dimessi dall'ospedale di Copiapó dopo l’operazione di salvataggio che si è conclusa ieri, dopo 70 giorni vissuti dai 33 uomini intrappolati a oltre 600 metri di profondità nella miniera di San José. I tre hanno lasciato l'edificio a bordo di un'auto governativa, inseguiti da una folla di fotografi. ''Sto bene, in ottima salute'', ha detto Edison Pena uscendo dall'ospedale. ''Pensavo che non sarei mai tornato. Grazie per aver creduto che eravamo vivi'', ha aggiunto. ''Non siamo pop star, siamo solo gente comune'', ha poi detto allontanandosi dai giornalisti. Il vicedirettore dell'ospedale, Jorge Montes, ha fatto sapere che tutti e 33 sono stati sottoposti a esami medici accurati, e che quelli che risultano in buona salute saranno dimessi al più presto. Tre minatori hanno subìto un intervento chirurgico in anestesia totale per gravi problemi ai denti, mentre uno è stato in cura per una polmonite. A due è stata diagnosticata una silicosi polmonare, malattia comune tra i minatori, causata dall'inalazione della polvere sottoterra. A ricordare i quasi due mesi di prigionia è stato anche un altro dei 33, l'ex calciatore Franklin Lobos: ''Per poter raccontare una cosa così bisogna viverla'', ha detto all'emittente radio Adn. ''Non conoscevo molti degli altri colleghi della miniera. Ma abbiamo saputo rimanere uniti, fatto fondamentale. Siamo stati uniti quando non avevamo niente, né cibo né acqua potabile, quando avevamo solo un cucchiaio di tonno perché non c'era altro: proprio questo è quel che ci ha mantenuto uniti. Credo che siamo riusciti a venir fuori dalla miniera anche grazie a questa unione''. I vescovi cileni, in un messaggio, hanno invitato tutti a ringraziare il Dio della vita per questo momento pasquale che sta vivendo il Paese. “Questi 33 fratelli – affermano i presuli - con la loro testimonianza di unità e di solidarietà, hanno unito tutti i cileni. La loro forza e speranza ci invitano a lavorare insieme per salvare tanti fratelli che soffrono la povertà e l’emarginazione” in Cile. I vescovi ringraziano, infine, “in modo particolare”, Benedetto XVI per la “speciale vicinanza” da lui manifestata in questa vicenda. (S.C.)

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    Il cardinale Rodé inaugura l'anno accademico al Teresianum: credere è non temere l'impopolarità

    ◊   “Dio è Verità. È il rifiuto di ogni forma di compromesso, di confusione voluta o di falsità nelle relazioni, negli impegni, nei rapporti brevi o in quelli portano gravi responsabilità a tutti i livelli”: è quanto ha affermato questa mattina il cardinale Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, all’inaugurazione dell’anno accademico della Pontificia Facoltà Teologica Teresianum di Roma – affidata al patrocinio di Santa Teresa di Gesù e San Giovanni della Croce – che quest’anno celebra 75 anni di storia. Nell’omelia pronunciata durante la Messa presieduta questa mattina alle 10.30, il porporato ha sottolineato che intendere Dio come Verità significa avere una “inclinazione positiva a gestire la vita, le vicende, le cose, anche la cosa pubblica, con la trasparenza di chi si lascia possedere dalla Verità, senza temere le conseguenze che possono conoscere l’impopolarità e l’emarginazione”. Per il cardinale Rodé “c’è bisogno più che mai, oggi, di questa certezza: ‘Dio è verità’” e l’esempio di Santa Teresa d’Avila, che la Chiesa ricorda oggi, è un aiuto “per allontanare ogni suggestione di vanità”. A docenti e studenti del Teresianum, nato il 16 luglio del 1935, festa della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo, il prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica ha ricordato che proprio nell’istituto carmelitano Santa Teresa “continua, nei secoli, a irradiare sulla Chiesa di Cristo il suo insegnamento e la sua materna cura”, lei che è stata la prima donna nella storia, ad essere stata proclamata Dottore della Chiesa Universale, quarant’anni fa, il 27 settembre del 1970, da Paolo VI. Ricordando l’esperienza della monaca, il porporato ha evidenziato che è stata “la contemplazione della Passione” a farla giungere ad un alto grado di maturazione spirituale. In preghiera davanti ad una “statua del Signore piagato” udì “queste parole: ‘Non cercare di chiudere me in te, ma cerca di chiudere te in me’”. Da quel momento si lasciò “impregnare dall’amore dell’Amato come la spugna dall’acqua” e iniziò “a comprendere che amare il Signore Crocefisso significa accorgersi della verità, della concretezza del suo amore”. (T.C.)

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    Forum internazionale di Green Accord: la sobrietà nell’uso delle risorse salverà il pianeta

    ◊   “Il senso del limite salverà il mondo. Ripensare ai nostri stili di vita è l’unica strada per assicurare un futuro alla Terra”. E’ questo il messaggio dei 130 giornalisti provenienti dai cinque continenti a chiusura delle prime due giornate dell’VIII Forum Internazionale per la salvaguardia del Creato, sul tema “People building future: Confini e valori per un vivere sostenibile”, organizzato dall’ associazione Green Accord che si sta svolgendo in questi giorni a Cuneo fino a domani. “Non avere più limiti nella produzione – ha spiegato ieri pomeriggio ai presenti Gary Gardner, direttore di ricerca al Worldwatc Istitute – ci sta conducendo non solo ad un impoverimento materiale, perché le risorse sono ormai agli sgoccioli, ma anche ad un impoverimento morale perché ci fa accettare delle disuguaglianze intollerabili non facendoci intervenire a favore di chi sta male. Lo scorso anno infatti sono stati spesi solo due miliardi di dollari contro la denutrizione, nulla a confronto della vastità e la drammaticità del problema”. E tra gli interventi quello di Joan Martinez–Allier, economista dell’Università Autonoma di Barcellona, che ha proposto un’alleanza tra i sostenitori della decrescita economica del Nord del mondo e le organizzazioni per la giustizia ambientale dei Paesi in via di sviluppo. “Un’alleanza tra questi due movimenti è logica e naturale – ha specificato Martinez-Allier - ma deve proporre una prospettiva comune contro l’egemonia dell’economia in favore di un pluralismo dei valori”. Fondamentale in questo appare il ruolo dei media che devono educare a nuovi modelli di valori come un uso sobrio dei consumi e una più equa ripartizione delle risorse. I giornalisti oggi affronteranno una tavola rotonda su “Benessere e felicità”, dove cercheranno di capire perché l’aumento di produzione ha fatto salire nella società il livello di stress e come è possibile vivere meglio con meno cose a disposizione. (A cura di Marina Tomarro)

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    La Chiesa d’Inghilterra e Galles invita i fedeli a dare una testimonianza visibile della propria fede

    ◊   Accendere un lume sulla finestra di casa per dare un segno visibile della propria fede in Cristo. I vescovi dell’Inghilterra e del Galles invitano i cristiani nel Regno Unito a celebrare così la Festa di Halloween il prossimo 31 ottobre. “Night of Light” (La Notte della Luce) è il titolo dell’iniziativa promossa dal movimento “Cor et Lumen Christi” con l’obiettivo di fare riscoprire l’autentico significato cristiano della Solennità di Ognissanti in coincidenza con Halloween, diventata ormai una festa commerciale anche nei Paesi di tradizione cattolica. Niente zucche illuminate, streghe e travestimenti dunque. I fedeli britannici sono invitati piuttosto a celebrare questa solennità partecipando a una Messa alla vigilia e all’adorazione del Santissimo nella notte. “Halloween è diventata la più grande festa commerciale dopo il Natale e la Pasqua ed è giunto il momento di ricordare ai cristiani quello che è realmente, perché la celebrazione delle feste religiose è una parte importante della nostra cultura cattolica”, afferma mons. Kieran Conry, vescovo di Arundel e Brighton e presidente del Dipartimento per l’evangelizzazione e la catechesi della Conferenza episcopale. “Accendere una candela, magari accanto a un’immagine di Cristo, potrebbe essere un modo efficace per dimostrare alla gente che abbiamo una speranza in qualcun Altro piuttosto che in noi stessi”. L’adesione all’iniziativa “Night of the Light” – sottolinea un comunicato stampa dell’agenzia dei vescovi Ccn - sarà una risposta concreta all’invito rivolto da Benedetto XVI, durante il suo recente viaggio apostolico nel Regno Unito, a rendere visibile la propria fede nella società. Un invito ribadito da mons. Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster e presidente della Conferenza episcopale, in una recente lettera pastorale ai fedeli dell’arcidiocesi. (L.Z)

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    La Madonna di Loreto entra nel Carcere di Fossombrone

    ◊   La statua della Madonna di Loreto è entrata, per la prima volta nella storia, nel carcere di massima sicurezza di Fossombrone. Ad accogliere la statua che è l’immagine esatta della Vergine custodita nella Santa Casa di Loreto - riferisce il Sir - il direttore del carcere Maurizio Pennelli, con il comandante della Polizia Penitenziaria Andrea Tosoni, alla presenza del vescovo mons. Armando Trasarti. Due agenti di polizia penitenziaria, un educatore e il diacono don Francesco Londei, hanno portato la statua in processione, oltre le cancellate di sicurezza dove era allestito l’altare. Erano presenti diversi sacerdoti ed oltre 100 detenuti (dei 180 presenti nella casa circondariale). “Le ferite bisogna accudirle, mai scorticarle”, ha detto il vescovo all’inizio dell’omelia. “E cosa ci dice Maria? Che nessuno è escluso dagli occhi di Cristo e ci aiuta a guardarlo come padre buono”. Il vescovo ha esortato i detenuti a non darsi mai per vinti o sconfitti: “La vostra vita serve, non è a perdere. Lo scontare la vostra pena per il male fatto sia vissuto e visto come lo stare di Maria sotto la Croce”. Al termine della Messa, il vescovo ha consegnato un Rosario ad ogni detenuto e agente di polizia penitenziaria. L’immagine della Madonna è stata poi riportata nella Concattedrale di Fossombrone dove riceverà il saluto ufficiale domenica 17 ottobre per partire alla volta del Santuario mariano di Cartoceto dove rimarrà fino al 24 ottobre.

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    Fao: la peste bovina sarà debellata nel mondo entro il 2011

    ◊   L'impegno mondiale contro la peste bovina, una malattia infettiva a forte mortalità che colpisce i ruminanti, ha avuto i suoi frutti e con la cessazione di tutte le attività sul campo ad essa collegate, tra breve ne sarà annunciato il totale sradicamento. A comunicarlo è una nota della Fao che sottolinea come questa "sarà la prima volta nella storia dell'umanità che una malattia animale sia stata del tutto debellata e solo la seconda, dopo il vaiolo nel 1980, che una malattia sia stata eliminata grazie agli sforzi compiuti dall'uomo". "Il controllo e l'eliminazione della peste bovina sono sempre stati una priorità per l'organizzazione sin dall'inizio della sua missione per sconfiggere la fame e rafforzare la sicurezza alimentare mondiale", ha dichiarato il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, rivolgendosi ai ministri, agli esperti di salute animale ed altri partner riuniti ieri a Roma per il Simposio Mondiale per lo sradicamento della peste bovina. Si prevede che per la metà del 2011, dopo che arriveranno all'Organizzazione mondiale per la salute animale (Oie) le ultime relazioni sullo status della malattia, con un documento ufficiale congiunto Fao/Oie dichiareranno la malattia ufficialmente debellata.

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    La Caritas di Torino lancia un Laboratorio per promuovere l’innovazione in campo sociale

    ◊   “Trovare forme di innovazione in campo sociale coinvolgendo in un percorso comune l’intera società civile”. E’ questo l’obiettivo del laboratorio “Torino MeForWe” promosso da “Opera Segno” della Caritas diocesana e in corso al Sermig-Arsenale della Pace di Torino. “L’innovazione anche nel campo sociale – racconta al Sir il direttore della Caritas torinese, Pierluigi Dovis – è necessaria perché non si può rispondere ai nuovi bisogni con gli stessi modelli utilizzati fino ad oggi. Dobbiamo cercare di andare oltre la mera soluzione delle emergenze perché parlando con le persone ci accorgiamo dell’esigenza non solo di risolvere problemi ma di dare orizzonti e speranza”. Alla due giorni di lavoro che si concluderà domani, sono stati invitate varie realtà attive nel capoluogo torinese: mondo imprenditoriale, politico, associazioni no profit e culturali. “Lanciando questa proposta – continua Dovis – la Caritas vuole riscoprire il suo ruolo di animatore di Carità e relazioni. Non è sufficiente offrire servizio, dobbiamo aiutare la società ad andare oltre la solidarietà per riscoprire il senso profondo della fraternità. Da qui la scelta di coinvolgere non solo le realtà parrocchiali o legate al mondo cattolico con cui collaboriamo abitualmente, ma tutte le realtà presenti sul territorio”. L’idea di “Torino MeForWe” nasce dopo un percorso di ricerca che la Caritas diocesana conduce da quasi cinque anni in alcuni quartieri periferici della città con la collaborazione di Caritas italiana, dell’Università Cattolica di Milano e dell’Università di Padova. “Accompagnando la gente – ha affermato Dovis – ci siamo accorti di come le proposte nate dal basso, ovvero dalle parrocchie o dalle associazioni, non hanno futuro se non incontrano la collaborazione delle Istituzioni, così come, spesso, quelle formulate dall’alto finiscono per essere inapplicate senza il sostegno della base. E’ necessario quindi – ha concluso - che la società civile nel suo insieme elabori dei progetti condivisi”.

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    L’Ospedale Bambino Gesù partecipa alla Giornata Mondiale del lavaggio delle mani

    ◊   Un video-spot, 40 secondi di immagini realizzate con un linguaggio universalmente riconoscibile per motivare tutti, grandi e piccoli, italiani e stranieri, al lavaggio delle mani: è così che l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù partecipa all’odierna Giornata Mondiale del lavaggio delle mani promossa dalle Nazioni Unite, il "Global Handwashing Day" al quale hanno aderito 80 Paesi. Il Bambino Gesù è la prima struttura italiana a prendervi parte. Lavarsi frequentemente le mani con acqua e sapone è una delle misure più efficaci per salvare molte vite prevenendo la lunga serie di infezioni respiratorie acute e di malattie intestinali responsabili, ogni anno, della morte di oltre 3 milioni e mezzo di bambini in tutto il mondo. E se questo semplice gesto diventa fondamentale per la sopravvivenza di tanti piccoli nelle aree dove le condizioni igieniche - anche le più elementari - sono carenti, l’abitudine a lavarsi le mani è un imperativo anche in Paesi come l’Italia sia a casa, sia a scuola, sia in ambiente ospedaliero per prevenire e ridurre il rischio di contrarre un’infezione. La lotta alle infezioni ospedaliere (circa 500 mila i casi registrati ogni anno in tutta Italia, il 30% dei quali potenzialmente prevenibili) è infatti una delle missioni che il Bambino Gesù persegue anche attraverso campagne di educazione all’igiene delle mani: per questo motivo sul camice di ciascun medico dell’ospedale campeggia una spilla con la scritta “chiedimi se mi sono lavato le mani”. L’adozione della buona pratica “nemica” degli agenti infettivi - insieme alle altre misure messe in campo dal Bambino Gesù – ha consentito all’ospedale pediatrico di abbattere l’incidenza delle infezioni contratte in corsia: un 4,3% di casi contro la media nazionale che tocca il 10%.

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    24 Ore nel Mondo



    L’Onu denuncia: in Congo l’esercito regolare si macchia di crimini orrendi

    ◊   Uomini dell’esercito regolare della Repubblica Democratica del Congo (RdC, ex Zaire) stuprano donne e uccidono nella regione orientale del Paese. Lo denuncia l'inviata dell'Onu per le violenze sessuali nei conflitti armati, Margaret Wallstrom, oggi al Palazzo di Vetro. “Ci sono informazioni da parte di soldati del contingente Onu per il mantenimento della pace (Monusco) secondo cui violenze, assassinii e razzie vengono perpetrate dalle forze armate della Repubblica Democratica del Congo”, ha detto la Wallstrom durante una riunione del Consiglio di sicurezza dell'Onu. “L’ipotesi che le stesse comunità vittime lo scorso agosto dei ribelli” siano ora brutalizzate dalla forze armate “è inimmaginabile e inaccettabile”, ha detto la Wallstrom.

    Operatore britannico di Save the children rapito in Somalia
    Un operatore britannico ed un'altra persona di nazionalità somala sono stati rapiti oggi in Somalia da un gruppo di uomini armati. Il britannico è un operatore di Save the Children. Il sequestro è avvenuto ad Adado, al confine con l'Etiopia, una zona controllata dagli uomini di al Qaeda e dai ribelli Shabaab. Proprio il portavoce del gruppo al Shabaab, Sheikh Mohammed Ali Hussein, ha intimato alla popolazione locale di non recarsi negli ospedali gestiti dai dell'Unione africana (Ua), diffondendo l’infamia che all'interno delle strutture verrebbero forniti medicinali che provocano malattie mortali. Intanto il presidente, Sheikh Sharif Ahmed, ha nominato oggi a Mogadiscio come candidato alla poltrona di primo ministro, Mohamed Abdulahi Mohamed. Il 21 settembre scorso ,il premier Omar Abdirashid Sharmarke si era dimesso dopo mesi di polemiche che avevano accompagnato il suo mandato. Tre giorni dopo, il presidente Ahmed aveva chiamato a sostituire temporaneamente il premier con il deputato Abdiwahid Elmi Gonjeh, uno dei tre vice di Sharmarke.

    La Comunità di Sant’Egidio ospita la firma di un accordo per la democrazia in Niger
    Una delegazione di 27 nigerini, le più alte cariche della politica e della società civile, è oggi a Roma, presso la Comunità di Sant’Egidio. L’occasione è data dalla firma di un accordo quadro per la transizione democratica in atto nel Paese. È l'obiettivo raggiunto al termine di una settimana di negoziati di alto livello, condotti proprio sotto la mediazione della Comunità di Sant’Egidio, allo scopo di porre le basi per il processo di riconciliazione e la normalizzazione politica. Il servizio di Silvia Koch:

    "L’appello di Roma per la Riconciliazione e la Pace". Questo il documento che i 27 delegati nigerini hanno appena firmato tra gli applausi dei mediatori e dei giornalisti. Impegno per la risoluzione del conflitto nel nord del Paese, stabilizzazione dal basso e valorizzazione delle componenti sociali in passato emarginate sono i valori che ispireranno, secondo l’Accordo, le prossime tappe della transizione democratica. A Trastevere, nel cuore di Roma, membri delle istituzioni della transizione, protagonisti della vecchia coalizione di governo, militari e anche – elemento estremamente significativo – esponenti della dissidenza Tuareg, hanno trovato una base di valori condivisi. Lavoreranno insieme – questo è l’impegno assunto – per ridare al Niger quegli spazi di libertà persi durante la deriva antidemocratica dell’ultimo anno. L’aiuto della “piccola Onu romana”, della “democrazia parallela” – come è stata ribattezzata S. Egidio dopo i recenti successi ottenuti in Guinea Conakry – è stato chiesto proprio da quegli organismi che amministrano il Niger da quando, nel febbraio scorso, un colpo di Stato ha deposto l’ex presidente, Mamadou Tandja. Da allora, la giunta militare salita al governo ha sempre dichiarato di voler rimettere il potere nelle mani di rappresentanti democraticamente eletti. È da vedere se inclusione, unità nazionale e pace resteranno solo buoni propositi o se diventeranno il Niger di domani.

    Teheran risponde positivamente all’Europa che media sul nucleare
    La proposta di riprendere i negoziati con il 5+1 sul nucleare a metà novembre, fatta ieri dall'alto rappresentante della politica estera della Ue, Catherine Ashton, è “una buona notizia”, secondo il ministro degli Esteri iraniano, Manouchehr Mottaki. Il ministro lo ha detto entrando nella riunione del forum "Amici del Pakistan" che si tiene oggi nella sede del Consiglio europeo a Bruxelles. “I mesi di ottobre e novembre – ha detto Mottaki – sono un buon periodo per riprendere il dialogo con il 5+1”, e l'Iran "vuole lavorare su una data specifica". Catherine Ashton è il mediatore tra il 5+1 (Stati Uniti, Cina, Russia, Francia, Gran Bretagna e Germania) e l'Iran per la trattativa sul nucleare di Teheran.

    Consiglio europeo, riunione degli “Amici del Pakistan democratico”
    Si parla del dialogo tra governo afghano e talebani alla riunione in corso a Bruxelles del gruppo “Amici del Pakistan democratico”, nella sede del Consiglio europeo. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri di Islamabad, Shah Mehmood Qureshi, che ha tuttavia sottolineato che quella della riconciliazione deve essere un'iniziativa guidata dall'Afghanistan, alla quale il Pakistan desidera contribuire. Al meeting è intervenuto anche il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, che ha sottolineato la necessità di una strategia di lungo termine per stabilizzare e rafforzare la democrazia e le istituzioni per aiutare il Paese a lottare contro il terrorismo e l'estremismo. “Non agire – ha detto – costerebbe più di agire”. Frattini inoltre ha annunciato di voler “fare presto una visita in Pakistan per parlare dei diritti delle minoranze, in particolare le minoranze religiose: un tema che per l'Italia è della più grande importanza''. Il Pakistan ricopre un ruolo fondamentale nel processo di pacificazione del vicino Afghanistan, sia per la posizione strategica, sia per la presenza nelle zone di confine di gruppi talebani. Proprio ribelli talebani, nella mattinata, hanno attaccato con bombe molotov e fucili d'assalto un camion della Nato nel distretto di Khyber, in Pakistan. Contemporaneamente, un drone americano (l’aereo senza pilota usato dall’aeronautica statunitense) ha ucciso tre estremisti islamici nel nordest del Paese.

    Francia: manifestanti occupano gli oleodotti, a rischio il traffico aereo
    In Francia, continuano a scioperare i lavoratori delle raffinerie di petrolio contro la riforma delle pensioni in discussione al Senato in questi giorni. Ad oggi, tutte e 12 le raffinerie del Paese sono ferme, ma alcuni manifestanti hanno occupato l’oleodotto che rifornisce i due aeroporti della capitale, gli scali di Charles de Gaulle e Orly. La società che gestisce i rifornimenti per gli aeroporti parigini, la Trapil, ha avvertito che lo Charles de Gaulle potrebbe esaurire le sue scorte di carburante per gli aerei e gli automezzi già all'inizio della settimana prossima mentre quello di Orly può resistere fino a 17 giorni. Il blocco dell'oleodotto collegato ai due scali colpirà anche tre depositi che riforniscono le stazioni di servizi a sud della capitale. Il governo ha, quindi, dato il permesso alle aziende di attingere alle loro scorte d'emergenza, ma si è rifiutato di mettere a disposizione le scorte strategiche statali mentre sul piano delle manifestazioni, ha dato l’ordine alla polizia di liberare le raffinerie picchettate dai lavoratori. I manifestanti chiedono a Sarkozy di rivedere le norme proposte che alzerebbero l’età minima pensionabile da 60 a 62 anni.

    Ucraina, Viktor Yanukovych accusa Julia Tymoschenko di frode ai danni dello Stato
    Il governo filorusso ucraino ha presentato oggi nuove accuse di frode contro l'ex primo ministro, Julia Tymoschenko, fra i protagonisti della rivoluzione arancione del 2004. Secondo i contenuti di un rapporto di duemila pagine – afferma oggi il governo del presidente Viktor Yanukovych – la Tymoschenko si sarebbe appropriata di 282 milioni dollari di contributi ricevuti dall’Ucraina nell'ambito del protocollo di Kyoto. Già in settembre, una prima parte del rapporto accusava la Tymoschenko di aver intascato 50 milioni di dollari di aiuti mandati all’Ucraina per l'epidemia di febbre suina. La Tymoschenko ha smentito tutte e due le vicende e accusato l'attuale governo di aver ordito una vendetta nei suoi confronti per distrarre l'opinione pubblica dai propri fallimenti.

    Belgrado, condanna per i crimini commessi contro i serbi negli anni Novanta
    Il parlamento serbo ha approvato in serata una risoluzione che condanna i crimini commessi contro i serbi durante i conflitti armati degli anni Novanta nella ex Jugoslavia. Il documento, riferiscono le agenzie, è stato adottato con 133 voti a favore sul totale di 250 seggi dell'Assemblea. In esso si esprime al tempo stesso rammarico e solidarietà con le vittime dei bombardamenti della Nato del 1999 contro la Serbia. Nel testo di risoluzione, che è stato adottato dopo otto ore di dibattito, si condannano i crimini commessi “contro i rappresentanti del popolo serbo e i cittadini della Serbia” nel corso dei conflitti in Croazia, Bosnia-Erzegovina e Kosovo, e si chiede ai parlamenti di altri Paesi, in particolare quelli della ex Jugoslavia, di condannare tali crimini e di esprimere il loro rispetto nei confronti delle vittime serbe. La risoluzione invita al tempo stesso le organizzazioni internazionali e le varie istituzioni nazionali a proseguire le indagini sui crimini compiuti contro i serbi durante tali conflitti e a punire i responsabili. A chiedere un testo di condanna dei crimini contro i serbi erano state in particolare le forze dell'opposizione conservatrice e nazionalista, dopo che a fine marzo il parlamento aveva condannato il massacro di Srebrenica, la cittadina bosniaca dove nel luglio 1999 ottomila musulmani furono uccisi dai serbo-bosniaci.

    A Roma lo stralcio dell’inchiesta in cui sono indagati Silvio Berlusconi e il figlio
    Il presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, il figlio Piersilvio e altri dirigenti Mediaset sono indagati a Roma per evasione fiscale e reati tributari nell'ambito di uno stralcio dell'inchiesta milanese sulla compravendita dei diritti tv e cinematografici Mediaset. Sono state infatti trasmesse a Roma le posizioni delle persone coinvolte – circa una decina – finite nel registro degli indagati nel quadro degli accertamenti partiti dal capoluogo lombardo. La competenza romana è determinata dal fatto che nelle due annate prese in esame, 2003 e 2004, la sede legale di Rti era nella capitale.

    Il S. Gottardo diventa il più lungo tunnel del mondo
    E' stata abbattuto l'ultimo diaframma della galleria ferroviaria del S. Gottardo, sotto le Alpi svizzere. Con i suoi 57 chilometri sarà il tunnel più lungo del mondo.

    Il “Times” accusa banche inglesi di aver aiutato l’Iran a evadere le sanzioni
    Banche e finanzieri britannici avrebbero aiutato l'Iran a evadere le sanzioni intese a combattere il terrorismo e a contrastare lo sviluppo da parte del Paese di un arsenale nucleare. Secondo il Times, Lloyds TSB e Barclays avrebbero aiutato gli iraniani ad accedere a fondi per un totale di 600 milioni di dollari nascondendo le identità dei loro clienti. Tra gli accusati, comparirebbe anche Lord Lamont of Lerwick, ex ministro del Tesoro del governo di John Major, membro del consiglio di amministrazione del Balli Group. La società è stata multata dagli Usa per 15 milioni di dollari per aver aiutato gli iraniani ad acquistare tre Boeing 747, venduti dalla United Airlines dopo la sua bancarotta in seguito agli attentati dell'11 settembre.

    Appello di intellettuali cinesi al governo per la liberazione di Liu Xiaobo
    Continuano gli appelli autorevoli per la liberazione del neo Premio Nobel per la pace, Liu Xiaobo, in carcere per i suoi scritti critici nei confronti del sistema a partito unico, e la riforma democratica della Cina. Intanto, a Pechino si riunisce l’Assemblea nazionale del Partito. Servizio di Marco Onali:

    Un gruppo di intellettuali cinesi ha diffuso oggi una lettera aperta per chiedere la liberazione del vincitore del Premio Nobel per la pace, Liu Xiaobo, e l'istituzione di un sistema democratico in Cina. L’appello arriva ad un giorno di distanza dalla lettera dei 23 anziani ex-dirigenti riformisti che, in una lettera aperta diffusa su Internet e sottoscritta da centinaia di persone, hanno chiesto il rispetto della Costituzione del 1982, che garantisce ai cittadini cinesi la libertà di espressione. Alla lista degli appelli lanciati dai capi di governo dei Paesi occidentali si aggiungono poi le dichiarazioni di un leader vicino a Pechino, Ma ying-jeou, presidente di Taiwan e fautore della distensione con la Cina. Difficile che le vicende del Premio Nobel detenuto non pesino in qualche modo sull’assemblea annuale del Partito comunista cinese, che si apre proprio oggi a Pechino e che prevede la discussione dei nuovi orientamenti dell'economia. Lo stesso presidente e segretario del Partito comunista, Hu Jintao, annuncia che si passerà dalla fase di “crescita ad ogni costo” a quella di “crescita inclusiva”. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Marco Onali)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 288

    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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