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Sommario del 14/10/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Sinodo chiede libertà religiosa per il Medio Oriente. L'intervento del rabbino Rosen
  • Voci dal Sinodo: dialogo interreligioso, pace e crescita della comunione tra i cristiani nella regione
  • Udienze e nomine
  • Mons. Chullikatt all'Onu: fondare il diritto sulla legge morale naturale
  • La civiltà degli aborigeni australiani in Vaticano: mostra al Museo Missionario Etnologico
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Finalmente liberi: la gioia del mondo intero per il salvataggio dei 33 minatori in Cile
  • Al via a Reggio Calabria la Settimana Sociale dei cattolici italiani. Mons. Mondello: Sud e Nord insieme per il bene del Paese
  • Dedicato a Benedetto XVI il Festival di Musica e Arte Sacra. Il cardinale Comastri: creati per la bellezza
  • Chiesa e Società

  • Pakistan: ragazza cristiana stuprata e uccisa. I genitori, protetti da Ong cristiane, sporgono denuncia
  • L’arcivescovo di Yangon sulle elezioni: “Per il Myanmar giustizia, libertà, pace e sviluppo”
  • Brasile: i vescovi condannano la strumentalizzazione della fede in vista del ballottaggio
  • Bolivia: la Chiesa promuove il dialogo fra giornalisti e governo sulla legge antirazzista
  • Giornata Mondiale dell'Alimentazione: ActionAid lancia l’”Operazione Fame”
  • Task Force dei Camilliani per gli alluvionati del Pakistan
  • Niger: colloqui a Sant'Egidio tra le forze politiche per un 'patto nazionale'
  • Benin. La denuncia della Caritas: è emergenza alluvioni
  • Centrafrica. Il vescovo di Bangassou: “Truppe di ribelli verso il Darfur”
  • Mali: al via il Forum degli editori africani
  • Il tema delle risorse africane al centro del “Workshop: media and Africa”
  • Domani la Giornata internazionale delle donne rurali
  • Unicef: Giornata mondiale per la pulizia delle mani per ridurre malattie e infezioni
  • Siria: il dramma dei rifugiati cristiani caldei
  • Usa. Congresso Missionario 2010: un ritratto dei cattolici in missione
  • Malta: teologi e religiosi contro la proposta di legge sul divorzio
  • Spagna: l'arcidiocesi di Siviglia propone preghiere pro-vita durante un congresso abortista
  • Taiwan: iniziative dell’arcidiocesi di Tai Pei per il mese del Rosario
  • Polonia: si è spento oggi padre Styczen, grande amico di Giovanni Paolo II
  • Chiesa romana di Santa Maria in Traspontina: riprendono da domani gli incontri di Lectio divina
  • 24 Ore nel Mondo

  • Ahmadinejad riceve a Beirut la laurea honoris causa
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Sinodo chiede libertà religiosa per il Medio Oriente. L'intervento del rabbino Rosen

    ◊   Il Medio Oriente ha il diritto di sperare: è la voce unanime del Sinodo dei vescovi dedicato alla regione mediorientale, in corso in Vaticano sul tema della “comunione e testimonianza”. Stamani, al centro della sesta Congregazione generale svoltasi alla presenza del Papa, anche i temi dell’uguaglianza dei diritti e del rafforzamento dei sistemi di comunicazione. Ieri pomeriggio, invece, si è svolto l’atteso intervento del rabbino David Rosen, Invitato speciale, che è stato anche ricevuto in udienza da Benedetto XVI. Nel pomeriggio di oggi, l'intervento di due rappresentanti musulmani. Il servizio di Isabella Piro:

    Noi fedeli della tormentata regione del Medio Oriente abbiamo il diritto di sperare e ci aspettiamo molto da questo Sinodo: lo dicono a gran voce i vescovi, ribadendo che la regione mediorientale alterna pagine cupe a momenti di luce. Se in Libano, infatti, la Chiesa ha un ruolo primordiale e in certi Paesi del Golfo si contano nuove chiese o che Arabia Saudita si incoraggiano gli incontri interreligiosi, è anche vero che dove l’Islam è religione di Stato, la libertà religiosa manca, le leggi sull’immigrazione sono restrittive, i sacerdoti scarseggiano. Come conciliare tutto questo, chiede il Sinodo, con la tolleranza di cui parla il Corano, se manca la libertà di coscienza e i cittadini non sono tutti uguali davanti alla legge? In questo contesto è quindi importante rilanciare anche i sistemi di comunicazione che favoriscono la conoscenza reciproca, dettando l’agenda del pensiero delle persone. Spazio allora alla formazione mass mediatica non solo per i laici, ma anche per i seminaristi, in particolare alla cultura digitale, presente ormai anche nelle diverse nazioni del Medio Oriente. Altro tema forte trattato in Aula: l’evangelizzazione della famiglia, spesso attaccata dalla cultura occidentale che parla di divorzio o di contraccettivi. Il nucleo familiare va quindi recuperato come Chiesa domestica, fulcro della trasmissione della fede.

    I vescovi, poi, fanno autocritica: i cristiani non conoscono bene il Vangelo e le nostre divisioni causano dubbi e sofferenze. Come possono i fedeli guardare ad una Chiesa che non è in comunione? È giunto il momento, allora, di camminare insieme per il bene del popolo di Dio, perché la questione ecumenica in Medio Oriente è una delle principali sfide per la Chiesa di oggi. Per questo, il Sinodo suggerisce di creare le “Giornate ecumeniche mediorientali”, sul modello delle Gmg. E ancora: l’Aula affronta la questione delle migrazioni, perché gli immigrati sono spesso “crocifissi” tra i Paesi di origine e quelli di accoglienza. Bisogna quindi incoraggiare i cristiani di Oriente a restare nei loro Paesi perché la loro presenza non è un caso, ma la volontà di Dio. Dall’altro lato, però, l’immigrazione giustificata è un diritto inalienabile, in linea con il rispetto della libertà e della dignità umana. Su tutto emerge, comunque, un messaggio fondamentale: bisogna passare dal concetto dell’aiuto dei cristiani d’Oriente a quello dello sviluppo, per radicarli nelle loro terre. Infine, ai Padri Sinodali è giunto il saluto del cardinale Roger Etchegaray, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che ha auspicato al Sinodo di guardare anche all’Estremo Oriente, per far sì che la Parola di Dio venga conosciuta anche in quelle regioni.

    A dominare i lavori di ieri pomeriggio, invece, è stato l’intervento del Rabbino David Rosen, Direttore degli Affari Interreligiosi dell’American Jewish Committee e consulente del Gran Rabbinato di Israele:

    "The relationship today between the Catholic Church and the Jewish people …
    Oggi il rapporto tra la Chiesa cattolica ed il popolo ebraico è una trasformazione felice per i nostri tempi, ha detto. E poi ha ammesso: talvolta le due religioni hanno dimostrato scarsa conoscenza reciproca, ma negli anni le cose sono cambiate. Due i fattori all’origine del cambiamento: la visita di Giovanni Paolo II in Medio Oriente, dieci anni fa, e l’immigrazione di cristiani in Israele. La familiarità con il cristianesimo è quindi cresciuta, afferma il rabbino, anche grazie alle decine di organismi per la promozione del dialogo interreligioso e alle tante istituzioni cristiane. Quanto all’aspetto politico, Rosen sottolinea da una parte la situazione particolare delle comunità cristiane in Terra Santa, inevitabilmente coinvolte, dice, nel conflitto israelo-palestinese e dall’altra il dovere dello Stato ebraico di mettere in atto misure di sicurezza contro le violenze continue. È giusto che i cristiani palestinesi esprimano le loro attese, afferma Rosen, purché lo facciano in sintonia con lo spirito che regola i rapporti interreligiosi.

    "The distressing situation in the Holy Land…"
    Tuttavia, continua il rabbino, la situazione penosa in Terra Santa è fonte di tanto dolore anche per gli ebrei che hanno una responsabilità per i propri vicini. Bisogna quindi fare tutto il possibile per alleviare i disagi della situazione, afferma Rosen, anche perché sia nel contesto ebraico che in quello musulmano, la minoranza cristiana gioca un ruolo speciale, soprattutto nel promuovere la comprensione e la cooperazione interreligiosa.

    "...respecting the very fact that the Holy Land is the land of Christianity's birth…

    Anche in considerazione del fatto che la Terra Santa è la terra in cui nacque il Cristianesimo e dove si trovano i luoghi, la responsabilità ebraica di garantire la fioritura di comunità cristiane viene rafforzata dalla rinnovata e crescente fraternità. Lo sguardo del rabbino va anche ai rapporti con musulmani, afferma che “l’occupazione” è la conseguenza e non l’origine del conflitto arabo-israeliano, ed esprime l’auspicio che i musulmani possano vedere la presenza di cristiani ed ebrei come pienamente legittima e parte integrante della regione mediorientale nel suo insieme. In questo modo, conclude Rosen, due nazioni e tre religioni potrebbero vivere in piena dignità, libertà e tranquillità, sulla base di quel dialogo trilaterale richiamato tante volte da Benedetto XVI.

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    Voci dal Sinodo: dialogo interreligioso, pace e crescita della comunione tra i cristiani nella regione

    ◊   La presenza al sinodo dei vescovi per il Medio Oriente di invitati speciali, rappresentanti dell’Ebraismo e dell’Islam, testimonia il ruolo prioritario dato dalla Chiesa al dialogo interreligioso. Ieri, come abbiamo ascoltato, il rabbino Rosen ha sottolineato la felice trasformazione del rapporto tra cattolici ed ebrei. Paolo Ondarza ha raccolto il commento di uno dei padri sinodali, mons. Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi:

    R. - Non dimentichiamo che il rappresentante ebraico rappresenta le nostre radici. La religione ebraica è la radice della fede cristiana. Abbiamo ascoltato il rabbino come rappresentante delle nostre radici.

    D. - Ricordare queste radici è anche un importante punto di partenza per il dialogo interreligioso e per il dialogo con gli ebrei?

    R. - Certamente. Noi lo facciamo con grande sincerità e con grande passione.

    D. - Una prima riflessione sui lavori del Sinodo per il Medio Oriente...

    R. - Direi che si svolgono con regolarità, come al solito nel Sinodo dei vescovi, ma anche con passione. Da quest’ultimo aspetto si vede l’animo orientale. Credo, quindi, che i frutti potranno essere molto buoni.

    “Il ruolo dei cristiani in Medio Oriente è creare un’atmosfera di fiducia tra l’occidente e il mondo musulmano per lavorare ad un nuovo Medio Oriente senza guerra”. Così Gregorios III Laham, patriarchia di Antiochia dei Greco Melkiti e arcivescovo di Damasco, intervenendo al Sinodo. “La presenza cristiana – ha detto Gregorios III Laham – è minacciata dai cicli di guerre che si abbattono su questa regione e in particolare dal conflitto israelo-palestinese”. Ascoltiamolo al microfono di Paolo Ondarza:

    R. - Il problema più profondo è quello di un conflitto che rovescia tutti i valori e tutte le relazioni del mondo intero. Sto parlando del conflitto israelo-palestinese. Molte altre crisi, secondo noi, sono state - più o meno - causate dal conflitto israelo-palestinese. Per questo motivo noi, qui dal Sinodo, possiamo incoraggiare la Chiesa cattolica a proseguire con proposte, iniziative e sforzi per la pace. Possiamo anche chiedere alla Comunità internazionale di fare tutto il possibile, ma oggi e non domani. E’ più urgente che mai lavorare per la pace: credo che questo sia il servizio più grande che si possa fare. Ecco perché propongo che dal Sinodo ci sia un appello urgente per la pace in Medio Oriente.

    D. - E’ dal conflitto israelo-palestinese che dipende la serenità nel Medio Oriente?

    R. - La serenità, la pace, la convivialità, l’armonia, la libertà di culto, la libertà religiosa. Inoltre la pace è la chiave per un dialogo islamo-crisitiano anche in Europa.

    Come abbiamo già detto oggi al Sinodo è stata ribadita l’importanza dei mezzi di comunicazione per il Medio Oriente. “I media possono giocare un ruolo importante ed essere uno dei mezzi più idonei per creare una comunione vera tra le varie Chiese cattoliche” ha detto mons. Raphael François Minassian, esarca patriarcale di Cilicia degli Armeni per Gerusalemme e Amman. Ascoltiamolo al microfono di Paolo Ondarza:

    R. – I cristiani hanno bisogno di vedere, di sentire i loro pastori. Attraverso i mezzi di comunicazione si può appagare la sete che la gente ha di vedere i volti di questi pastori. In questo modo tutti i fedeli potranno provare quella gioia che i primi cristiani avevano nel guardare gli apostoli. Dare la possibilità di guardare i propri pastori crea la comunità, genera unità. Quindi, quando c’è questa mancanza di contatto, quando non c’è questo ponte, è normale che a risentirne è la comunione dei fedeli.

    D. - Crede che questo Sinodo possa in qualche modo incoraggiare un maggiore sviluppo dei mass media?

    R. – Dipende da quanto i Padri sinodali vorranno fare. Attualmente tutte le iniziative esistenti sulla piazza mediorientale nel campo dei mass media sono iniziative individuali. Io spero che i Padri sinodali dicano: "noi come Chiesa cattolica in Medio Oriente adottiamo questo mezzo per tutte le Chiese senza differenziazione di cultura o di tradizione, perché quando i fedeli ci vedranno in televisione o ci ascolteranno alla radio, insieme, potremo dargli la forza". Io parlo per l’esperienza che ho fatto per più di 5 anni lavorando per Telepace Armenia; ho ricevuto chiamate di persone che, da lontano, mi hanno chiesto un aiuto.

    D. – Non crede che questo progetto possa incontrare qualche opposizione, qualche resistenza?

    R. – Sicuramente. Per questo si deve studiare, da una parte, la psicologia della Chiesa orientale o cattolica in Oriente, dall’altra la situazione sociopolitica o sociogeografica, perché noi ci troviamo in Paesi dove non c’è libertà di espressione.

    D. – Dunque, in questi luoghi, un media cattolico potrebbe dar voce anche a chi non ha voce?

    R. – Dar voce a chi non a voce per far capire prima di tutto ai sistemi politici o ai regimi di questi Paesi che vogliamo semplicemente esprimerci liberamente, senza attaccare o interferire con le altre religioni, ma parlare della nostra realtà come cristiani.

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    Udienze e nomine

    ◊   Nel pomeriggio di ieri, Benedetto XVI ha ricevuto il cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia.

    Negli Stati Uniti, Benedetto XVI ha nominato arcivescovo metropolita di San Antonio mons. Gustavo Garcia-Siller, finora vescovo titolare di Esco e ausiliare di Chicago. Mons. Gustavo Garcia-Siller è nato il 21 dicembre 1956 a San Luis Potosí (Messico). Nel 1973 è entrato nella Congregazione dei Missionari dello Spirito Santo a Città del Messico e nel 1975 ha emesso la prima professione. Dal 1975 al 1978 ha compiuto gli studi presso l’Istituto di Filosofia di Guadalajara (Messico). Dal 1980 al 1984 ha fatto gli studi teologici presso il "Saint John Seminary" a Camarillo (California), ottenendo il "Master of Divinity" ed il "Master of Arts". In seguito, ha conseguito il "Master of Psychology" presso l’Università Gesuita a Guadalajara (Messico). Ordinato sacerdote a Guadalajara il 22 giugno 1984 per la Congregazione dei Missionari dello Spirito Santo, tra gli altri incarichi è stato rettore della "Theologate House" dei Missionari dello Spirito Santo a Oxnard, California, e superiore del vicariato "Cristo Sacerdote" dei Missionari dello Spirito Santo in California, che comprende il territorio degli Stati Uniti e del Canada. Nominato vescovo titolare di Esco ed ausiliare di Chicago il 24 gennaio 2003, ha ricevuto la consacrazione episcopale il 19 marzo successivo. Nella Conferenza episcopale è presidente della "Region VII" e membro del "Subcommittee on Hispanic Affairs" e del "Subcommittee on African American Affairs".

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    Mons. Chullikatt all'Onu: fondare il diritto sulla legge morale naturale

    ◊   “Lo stato di diritto è il fondamento per lo sviluppo, la pace e la sicurezza” dei popoli e dei Paesi. Lo ha sottolineato mons. Francis Chullikatt, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, nel suo intervento ieri alla 65.ma Assemblea delle Nazioni Unite, in corso nel Palazzo di Vetro a New York. Il servizio di Roberta Gisotti.

    “Intelligenza umana, intellegibilità della natura e della storia e rispetto incondizionato della dignità”: questa “combinazione” dovrebbe permettere di promulgare “leggi giuste, che servano e proteggano il bene comune della famiglia umana”. Ma “la legge - ha ammonito l’arcivescovo Chullikatt - non è semplicemente il risultato delle deliberazioni giuridiche civili”, “deve anche comprendere la legge morale naturale, che di fatto altro non è che il riconoscimento di tutte le conseguenze sociali della dignità umana”. Da qui il richiamo agli organi legislativi e giudiziari, sia a livello nazionale che internazionale, a tenere conto di questa “verità universale”. “Oggi - ha osservato il capo della delegazione vaticana - gli organi legislativi e giudiziari troppo spesso mancano di considerare questa base essenziale del loro lavoro”, concentrandosi “solo sulla percezione empirica delle circostanze umane e sulle questioni procedurali concernenti la creazione e l’applicazione della legge”. Questa “visione positivistica e utilitaristica del diritto dà luogo alla trasformazione di interessi privati o desideri in leggi che confliggono con i doveri derivanti dalla responsabilità sociale”. Ne risulta un “diritto per legge” piuttosto che un “vero stato di diritto”. Sul piano internazionale mons. Chullikatt ha lodato il contributo offerto da organismi internazionali per affermare i diritti dei lavoratori e dei migranti, e “per creare un ordine globale più giusto che favorisca la comprensione tra le Nazioni”. Per questo il presule ha raccomandato che si continui a lavorare per riformare il mandato delle principali istituzioni finanziarie multilaterali, come il Fondo monetario internazionale (Fmi), la Banca mondiale (Bm) e il nuovo Financial Stability Board (Fsb). Il rappresentante della Santa Sede ha auspicato una partecipazione equa di tutti i Paesi nel governance finanziaria mondiale e un maggiore collegamento tra le istituzioni finanziarie e l’Assemblea generale dell’Onu. Soddisfazione anche per i progressi segnati negli ultimi anni dal sistema penale internazionale.

    Sul piano nazionale, mons. Chullikatt ha lamentato corruzione, instabilità sociale e politica e mancanza di risorse che impediscono in molti Paesi d’implementare sistemi giudiziari soddisfacenti. Infine un allarme sulla tendenza in aumento in alcuni Paesi ad applicare i trattati internazionali al di là del dettato e dello spirito degli stessi accordi e anche delle intenzioni degli Stati che hanno adottato quelle carte.

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    La civiltà degli aborigeni australiani in Vaticano: mostra al Museo Missionario Etnologico

    ◊   Il Museo Missionario Etnologico, con la mostra "Rituals of Life", inaugura domani un nuovo spazio espositivo dedicato ad una delle più antiche culture del mondo, quella degli aborigeni australiani. Dopo la cerimonia di apertura, a dare il via all’iniziativa sarà uno spettacolo di danzatori e musicisti aborigeni, alle 20.30, presso le Terrazze della Pinacoteca. Il Museo Missionario Etnologico, fondato da Pio XI nel 1926, è uno dei settori meno conosciuti dei Musei Vaticani ma raccoglie decine di migliaia di opere e oggetti preziosissimi provenienti da tutto il mondo e dalle culture di ogni epoca all’insegna del dialogo tra le religioni e le civiltà. Al direttore del Museo, padre Nicola Mapelli, Sergio Centofanti ha chiesto di illustrarci l’evento:

    R. - Nel 1925, Papa Pio XI ha voluto una grande esposizione missionaria e ha chiesto a tutti i popoli del mondo di mandare oggetti rappresentativi della loro realtà culturale e artistica e dall’Australia sono arrivati circa 300 oggetti ed opere d’arte. Di questi 300 oggetti ed opere d’arte, circa 100 sono in mostra e si tratta di utensili legati alla vita quotidiana degli aborigeni australiani e di opere d’arte che esprimono il loro mondo spirituale ed artistico. Sono opere veramente molto importanti e molto preziose. Abbiamo, per esempio, una collezione di 13 dipinti su pietra che vengono chiamati il “Ciclo del Canto Wandjina”, che sono le più antiche rappresentazioni portatili fatte dagli aborigeni australiani. Fino ad allora gli aborigeni australiani dipingevano sulle pareti delle rocce; a partire poi dagli inizi del Novecento hanno iniziato a fare delle pitture su rocce portatili, di piccole dimensioni, e noi abbiamo le prime 13 fatte al mondo. Questa esposizione dedicata alla cultura e alla spiritualità degli aborigeni australiani è accompagnata anche da una mostra in un’altra parte della sala, di oggetti ed opere d’arte provenienti da altre regioni dell’Oceania. Abbiamo uno dei più grandi ed antichi copricapo in piume, alto circa tre metri, che viene dalla Papua Nuova Guinea; abbiamo molto oggetti e statue che vengono dall’Isola di Pasqua e dalle Isole Marchesi ed altre bellissime sculture che vengono dalla Polinesia Francese.

    D. - Quale messaggio volete lanciare con questa iniziativa?

    R. - Il messaggio importante che vogliamo comunicare è quello di riconnettersi con le comunità di origine, con le comunità che hanno prodotto queste opere d’arte, perché quello che noi vogliamo non è creare un museo di oggetti morti che rimangono in una vetrina, pieni di polvere Quello che per noi è importante è che questi oggetti rappresentino e raccontino la storia di persone dietro questi oggetti. E’ per questo motivo che quest’anno sono stato presso queste comunità di origine in Australia, proprio per ritrovare i discendenti degli artisti che decenni fa hanno dipinto queste opere o prodotto questi oggetti. Sono stato con loro, accompagnato da rappresentanti del National Museum of Australia, e con loro abbiamo visitato queste comunità nei deserti e abbiamo ritrovato i discendenti - figli e nipoti - di questi artisti. E’ stato un momento molto emozionante soprattutto per queste persone, perché per loro è un grande onore sapere che le loro opere d’arte si trovano nello stesso museo che espone le opere di Michelangelo, nello stesso museo in cui si trova la Cappella Sistina. Il Museo Missionario Etnologico è a pochi passi, a pochi metri dalla Cappella Sistina e, per loro, sapere che le loro opere d’arte, che provengono da questi remoti deserti dell’Australia, si trovano nel cuore della cristianità è un momento, un qualcosa che genera un grande orgoglio.

    D. - Il Museo Missionario Etnologico è il museo del Vaticano, forse, meno conosciuto, ma di grande attualità proprio perché ci parla di dialogo tra culture, civiltà e religioni…

    R. - Esatto. Quello che per noi è importante, attraverso questo Museo, è comunicare un messaggio di tolleranza, di concordia ed armonia fra i popoli, le culture, le religioni e le varie forme artistiche ed espressioni di spiritualità dell’umanità. Abbiamo più di 80 mila oggetti ed opere d’arte che vengono dalle più disparate religioni, dal mondo orientale e dal mondo dell’Islam; vengono dall’America, dall’Asia, dall’Africa e dall’Oceania, e ci raccontano il cammino della storia dell’umanità, partendo dalla preistoria fino ai nostri giorni: abbiamo manufatti che vengono dalla lontana preistoria, abbiamo opere che vengono dalle foreste più dimenticate, abbiamo oggetti che vengono da deserti. Abbiamo veramente una grande espressione dell’umanità in tutte le sue forme. Trovarle in un unico luogo, penso sia proprio un segnale bello e forte del fatto che la Chiesa valorizza tutte queste culture ed è importante portare avanti questo dialogo e questo senso di amicizia e di collaborazione per cercare di costruire un futuro comune.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il messaggio del Papa per la Settimana Sociale dei cattolici italiani. Con una sintesi della prolusione del cardinale Angelo Bagnasco.

    In prima pagina, un articolo del direttore dal titolo "Il giornale del Papa con l’’Eco di Bergamo'".

    Nell'informazione vaticana, i lavori sinodali.

    Nell'informazione internazionale, l'intervento della Santa Sede alla trentesima conferenza regionale della Fao per l'Asia e il Pacifico.

    Del paradiso c'è ben più della sola porta: in cultura, Timothy Verdon sul nuovo museo del duomo di Firenze.

    Serata australiana in Vaticano: le aperture notturne dei Musei Vaticani si arricchiscono con una finestra aperta sulla cultura e sull'arte dell'Oceania.

    Etica e finanza: un convegno organizzato dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena e da "L'Osservatore Romano".

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    Oggi in Primo Piano



    Finalmente liberi: la gioia del mondo intero per il salvataggio dei 33 minatori in Cile

    ◊   Una gioia planetaria: il mondo intero ha celebrato, in queste ore, il salvataggio dei 33 minatori in Cile, sopravvissuti per 70 giorni a 700 metri di profondità. Una vicenda seguita con il fiato sospeso dai familiari dei minatori e con loro da tutto il popolo del Cile, che ha assistito in diretta all’operazione per i riportare in superficie i minatori. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Vamos... el ultimo...”
    “Andiamo...l’ultimo sta per essere recuperato ... 21.55: è l’ora in cui sta per esplodere il Paese...”:così, i giornalisti della tv nazionale cilena hanno annunciato l’arrivo in superficie, il “ritorno alla vita” dell’ultimo dei 33 minatori intrappolati nella miniera di San José. La fine di un incubo per le famiglie di questi uomini che hanno lottato contro il tempo e la natura, senza perdere mai la fede e la speranza di poter riabbracciare i propri cari. “Sono stato con Dio e con il diavolo”, ha detto uno dei minatori, “ho afferrato la mano di Dio, era la mano migliore. Ho sempre saputo che Dio ci avrebbe fatti uscire da lì”.Tante le immagini forti di questa odissea a lieto fine: dall’abbraccio di un padre con il proprio bambino, alle lacrime delle mogli e delle madri, dallo sventolio delle bandiere cilene alla gioia incontenibile degli amici. Una gioia contagiosa che ha pervaso l’intero Paese, con caroselli da stadio per le vie della capitale Santiago. Intensa l’emozione del presidente cileno Sebastian Piñera, che ha aspettato l’uscita dei minatori dalla miniera, uno ad uno:

    "Yo quiero decir que lo hicimos..."
    Io voglio dire che abbiamo fatto tutto alla cilena e questo significa che lo abbiamo fatto bene, con unità, con fede, con speranza e voglio ringraziare tante persone: i 33 minatori, che ci hanno dato una lezione di lealtà, di lavoro di equipe. I minatori non sono più gli stessi intrappolati dal 5 di agosto: sono usciti più forti e ci hanno dato una lezione. Ma anche il Cile non è più lo stesso. Credo che il Cile oggi sia più unito e più forte che mai e credo che oggi sia anche un Paese più rispettato e più considerato nel mondo intero.

    Dai leader di tutto il mondo sono arrivati messaggi di felicitazioni per una notizia, tanto attesa, e che oggi campeggia sulle prime pagine di tutti i giornali del pianeta. Nella gioia e nella soddisfazione di un’operazione riuscita alla perfezione, risuona tuttavia, ancora più forte, l’auspicio di uno dei minatori, Manuel: ''Speriamo che cose come queste non capitino mai più e che il settore minerario cileno sia diverso”.

    E sulle emozioni di questa giornata memorabile, Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianza del nostro collega cileno, Luis Badilla:

    R. - Ovviamente ha provato una grande gioia come cileno e come persona qualunque. Secondo me si è trattato di un trionfo della vita. Questo dovrebbe far riflettere coloro che nella vita credono poco o la relativizzano troppo. In momenti come questi, questo valore torna in primo e credo che molte persone se ne siano accorte. Ma poi tanta, tantissima gratitudine: anzitutto al Dio della vita, ai soccorritori, alle autorità cilene, ai familiari e soprattutto ai minatori che ci hanno dato una lezione di fede, di coraggio, di speranza.

    D. - Ecco, proprio questo - forse - è il dato che emerge al di là delle emozioni: fede, coraggio, speranza dei minatori, dei loro familiari, di un popolo intero…

    R. - Secondo me, la lezione che può venire fuori - certo sono tante, ma quella che mi colpisce di più - è che nella vita si deve credere. Non basta dire “io sono per la vita”; la vita è in qualche modo un atto di fede. Si deve credere nella vita. In questo caso era in pericolo per 33 persone. Tutti si sono mossi: i mass-media, le autorità cilene, i parenti, la Chiesa cilena, le Chiese latinoamericane, le Chiese del resto del mondo, perché credevano nella vita. Soltanto perché abbiamo creduto nella vita, abbiamo adesso accanto ai loro parenti questi 33 minatori.
    D. - Si può dire che l’uomo in questa occasione ha dato il meglio di sé, superando anche le difficoltà apparentemente insormontabili poste dalla natura…

    R. - Alcune immagini che mandava la televisione giù, nella caverna, dove erano i minatori, avevano una forte somiglianza grafica con le immagini del primo sbarco dell’uomo sulla luna: lì verso l’alto e in questo caso verso il basso. Secondo me questa metafora ci può aiutare a capire che noi possiamo, se vogliamo, con le nostre forze e con il sostegno di Dio, risolvere tutte le insidie e non solo verso l’alto, ma anche verso il basso, verso l’interiorità nostra come persone umane.

    D. - Tra le tante immagini di questa vicenda ne vuoi ricordare una in particolare?

    R. - Quando un giornalista cileno, che ha avuto l’opportunità di incontrare il Santo Padre alla fine del Congresso mondiale sulla stampa cattolica a Roma, ha consegnato al Pontefice una bandiera cilena che la donna di un minatore aveva prima mandato giù nella caverna e che poi tutti e trentatre avevano firmato con una dedica per il Santo Padre: quella bandiera resterà un simbolo!

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    Al via a Reggio Calabria la Settimana Sociale dei cattolici italiani. Mons. Mondello: Sud e Nord insieme per il bene del Paese

    ◊   Si apre oggi pomeriggio a Reggio Calabria la 46.ma Settimana Sociale dei cattolici italiani. Quattro giorni di dibattiti e di confronto tra esponenti del clero, associazioni, movimenti per aiutare il Paese a tornare a crescere nell’ottica del bene comune. Ieri alle 18.00 la veglia in Cattedrale, oggi alle 16.00 l’inizio dell’Assemblea plenaria con la prolusione del presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco. Un’attenzione particolare sarà dedicata al Mezzogiorno, alla qualità di vita delle famiglie, alla legalità. Alessandro Guarasci ne ha parlato con il vescovo di Reggio Calabria, mons. Vittorio Luigi Mondello:

    R. – Un’attenzione particolare al Sud, ma con l’intento di impegnare Sud e Nord insieme nella crescita della fede e della speranza per il bene di questa nostra patria.

    D. – La Chiesa può dare un messaggio forte anche per il recupero della legalità in Calabria...

    R. – La Chiesa ha dato tante volte questo messaggio. Certo, è un’ulteriore presa di coscienza. Per esempio, la settimana scorsa abbiamo avuto la Conferenza episcopale calabra a Rossano. Nel comunicato finale abbiamo rivolto anche un pensiero di solidarietà con i magistrati, nella ricerca di una sempre più approfondita legalità e invitando questi malavitosi a fare loro stessi un esame di coscienza e convertirsi.

    D. – La famiglia, cellula fondante della società. Quali aiuti, concretamente, lei si aspetta? Come dovrebbe essere aiutata nei prossimi anni?

    R. – Credo che ci siano politiche che non tengono conto di questo, della famiglia. Si parla tanto dei matrimoni gay, si parla tanto delle case a coloro che convivono e così via, ma non si fa una politica adatta, seria, nei riguardi della famiglia, per incrementarla e farla vivere in modo più sereno.

    D. – L’Italia, e in particolare il Sud, si sta impoverendo: cosa può fare la Chiesa?

    R. – Sì, si sta impoverendo. La Chiesa purtroppo non è che può dare lavoro o è datrice di lavoro o può fare altro; può semplicemente sollecitare coloro che hanno la responsabilità della guida della cosa pubblica a compiere bene, a guardare, ad attendere a questo problema con occhi particolari. Il Sud, per esempio, diventa sempre più povero, perché credo che si parli troppo del Sud, ma non si concretizzi nulla: le opere iniziano e non vengono completate.

    D. – Per quanto riguarda il ponte sullo Stretto?

    R. – Se contemporaneamente al ponte non si fanno le infrastrutture, di modo che uno possa sbarcare, sì, dal ponte, ma poi possa trovare le strade per il Nord, allora il ponte è inutile; se si fa contemporaneamente l’uno e l’altro durante 10 anni di lavoro - e si possono fare benissimo quelle necessarie infrastrutture, perché il collegamento possa veramente arrivare nei Paesi del Mediterraneo, che passano per la Sicilia, la Calabria e salgono al Nord - allora ben venga il ponte, perché darà lavoro a 10 mila famiglie e sarà una ricchezza per noi.

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    Dedicato a Benedetto XVI il Festival di Musica e Arte Sacra. Il cardinale Comastri: creati per la bellezza

    ◊   La grande musica sacra torna a risuonare nello splendore delle Basiliche Papali romane. Si rinnova infatti anche quest’autunno l’appuntamento con il Festival di Musica e Arte Sacra giunto alla sua nona edizione e dedicato a Benedetto XVI nel quinto anno di pontificato. Tra i prestigiosi interpreti di 5 concerti, tra il 23 e il 26 ottobre, i Wiener Philharmoniker, ospiti fissi del Festival; il Coro della Cattedrale di Saint Patrick di New York e i Fiati del Duomo di Magonza. L’organizzazione è affidata alla Fondazione Pro musica e arte sacra impegnata anche quest’anno in un importante progetto di restauro nella Basilica vaticana. Alla presentazione di oggi, c’era per noi Gabriella Ceraso:

    (musica)

    “Un Papa che per salvare l’autentica musica di Chiesa ha detto e scritto cose memorabili, anche controcorrente”. E’ questo nelle parole di Hans Albert Courtial, presidente della Fondazione Pro Musica e Arte Sacra, il motivo della dedica della IX edizione del Festival a Benedetto XVI. Le più belle pagine, dunque, di questa musica - dal Canto Gregoriano al Novecento - restituite ai luoghi di origine sono al cuore dell’iniziativa. Mons. Pablo Colino, del Comitato artistico:

    “Il nostro intento è sempre quello di eseguire, almeno in forma di concerto, alcune musiche sacre altamente spirituali che oggi, dato il concetto così scarno della Liturgia per quanto riguarda la musica, non avrebbero luogo”.

    Il primo appuntamento è nella Basilica di San Pietro, sabato 23, con una solenne messa in canto, accompagnata da musicisti regolarmente impegnati nel servizio alla Liturgia. Si tratta del Coro della Cattedrale di Saint Patrick di New York, lo stesso che accolse il Papa nella sua visita oltreoceano nel 2008, e poi l’ensemble di Fiati del Duomo di Magonza, con l’organista Albert Schönberger. Entrambi impegnati il giorno successivo, domenica 24 ottobre, in due concerti - il Coro newyorkese alla Basilica di Sant’Ignazio di Loyola in Campo Marzio e l’Ensemble tedesco a San Giovanni in Laterano - con un programma che abbraccia quattro secoli di musica sacra.

    Ma il cuore della manifestazione è atteso come ogni anno nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura con l’Orchestra Wiener Philharmoniker, guidata - lunedì 25 ottobre - dal lettone Andris Nelsons, giovanissima promessa della direzione d’orchestra. In programma, musiche di Haydn e Mozart, ma soprattutto autentiche meditazioni in musica, come il Preludio dal I Atto dal Parsifal di Wagner. Mendelssohn, Brahms e soprattutto la Messa Solenne di Gounod, dedicata a Santa Cecilia, chiuderanno il Festival il 26 ottobre nella Basilica di Santa Maria Maggiore.

    Sul valore artisitico e spirituale di questa manifestazione, il cardinale Angelo Comastri, presidente onorario della Fondazione Pro Musica e Arte Sacra:

    R. – Viviamo in un mondo in cui prevale il brutto: il brutto anche nell’arte e nella politica o nella vita quotidiana. Fa bene proporre un itinerario di bellezza, in modo che ci si convinca tutti che non siamo stati creati per fare cose brutte, in modo da dare anche consolazione al cuore e alle ferite di tante brutture che si incontrano ogni giorno.

    D. – Quest’anno il Festival è dedicato al Papa per l’impegno in difesa e per la valorizzazione della musica sacra…

    R. – Il Papa è un intenditore ed è, quindi, chiaro che ha tanta attenzione a quel patrimonio che si è formato nel corso dei secoli di musica spirituale, soprattutto gregoriana, che noi dobbiamo recuperare o ricantare. Queste musiche permettono anche a noi di ritrovare la pace da cui è nata la musica.

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    Chiesa e Società



    Pakistan: ragazza cristiana stuprata e uccisa. I genitori, protetti da Ong cristiane, sporgono denuncia

    ◊   Lubna Masih, la 12enne ragazza cristiana violentata e uccisa da un gruppo di musulmani a Rawalpindi, forse potrà avere giustizia. Dopo oltre due settimane di esitazione infatti, i genitori hanno sporto formale denuncia alle autorità di polizia pakistane, vincendo la paura di possibili ritorsioni. Su esortazione delle Organizzazioni non governative che hanno promesso protezione, aiuto materiale e assistenza legale, stamani Saleem e Guddi Masih si sono recati alla stazione di polizia di Waris Khan, a Rawalpindi, per denunciare la terribile esecuzione della figlia. Le resistenze che i due hanno mostrato finora erano dettate dalla paura: tuttora temono di subire ritorsioni, vendette e intimidazioni al fine di insabbiare la vicenda. Inoltre le amicizie influenti degli uomini che hanno perpetrato il crimine, dicono fonti locali all'agenzia Fides, possono tentare di influenzare il corso della giustizia. Le Organizzazioni non governative “Life for All” e “Christian Lawyer Foundation” credono, però, che sia assolutamente necessario portare il caso all’attenzione delle autorità e dell’opinione pubblica, perseguendo i colpevoli per vie legali. “E’ un passo necessario per combattere l’impunità e difendere i diritti dei cristiani in Pakistan”, dice Rizwan Paul, presidente di “Life for All”, Ong di ispirazione cristiana impegnata a livello sociale e culturale nel Paese. L’Ong sta cercando una nuova casa per i genitori di Lubna, garantendo loro protezione, solidarietà e assistenza sotto tutti gli aspetti. (M.G.)

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    L’arcivescovo di Yangon sulle elezioni: “Per il Myanmar giustizia, libertà, pace e sviluppo”

    ◊   “Preghiamo perché nel nostro Paese possano crescere giustizia, libertà, pace e sviluppo”: è quanto afferma mons. Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon, in un appello diffuso in vista delle elezioni generali che si terranno il 7 novembre. L’appello, inviato all’agenzia Fides, è stato letto nelle chiese birmane ed è stato diffuso a tutta la popolazione sulle frequenze di Radio Veritas Asia, tradotto in quattro lingue (inglese, birmano, sakaw kayin e kachin), in modo da giungere a tutte le componenti della società birmana, incluse le minoranze etniche. L’arcivescovo, in primo luogo, sottolinea che “è un dovere di tutti i cittadini interessarsi a un evento come le elezioni: “Dobbiamo farlo, deve farlo ogni persona che ama il proprio paese”, afferma accorato, invitando i cittadini a “esercitare la responsabilità di scegliere leader autentici per la nazione. Ognuno di noi – afferma l’arcivescovo – ha una grande responsabilità per la promozione della pace e dello sviluppo”. Mentre la nazione, nonostante le difficoltà, compie passi avanti verso un sistema democratico, “noi cattolici siamo chiamati a servire il nostro Paese in qualunque posizione sociale o condizione di vita ci troviamo, lavorando in coscienza – ribadisce il testo – per la pace e lo sviluppo”. L’arcivescovo ricorda che la Conferenza dei vescovi birmani e il Consiglio delle Chiese del Maynmar, organismo che raccoglie i cristiani protestanti, hanno inviato una lettera congiunta al gen. Than Shwe, assicurando che “tutti i cristiani sono in preghiera per il Paese”, soprattutto perchè alla nazione siano garantite “pace e giustizia”. I vescovi chiedono alle autorità di assicurare “trasparenza nel processo di voto”, e di scongiurare il verificarsi di “costrizioni e brogli”. Ricordano poi ai fedeli che “non è compito dei vescovi indicare preferenza per una parte politica”, ma difendere i valori e i principi di giustizia, libertà e unità. “Nulla è impossibile a Dio”, ammonisce l’arcivescovo, invitando i fedeli a “seminare perdono, comprensione e riconciliazione” e dicendo loro: “Siate portatori della Buona Novella, come autentici figli di Dio”. (R.P.)

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    Brasile: i vescovi condannano la strumentalizzazione della fede in vista del ballottaggio

    ◊   La Commissione Giustizia e Pace della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb), ha pubblicato una dichiarazione che condanna l'uso della fede cristiana nel processo elettorale, esprimendo preoccupazione per l'azione di molti gruppi che, in nome della fede cristiana, “hanno creato difficoltà per un voto libero e consapevole”. Il ballottaggio fra i candidati José Serra, del Partido de la Social Democracia Brasileña (Psdb), e Dilma Rousseff, del Partido de los Trabajadores (Pt), avrà luogo il 31 ottobre. Il documento della Commissione Giustizia e Pace critica anche la Regione Sud 1 della Cnbb, che ha consigliato ai fedeli di non votare la candidata Dilma Rousseff. La direzione nazionale della Conferenza episcopale brasiliana ha condannato il testo pubblicato dalla Regione e ha sottolineato che esso non rappresenta il pensiero della Conferenza episcopale. Anzi, la stessa presidenza della Cnbb ha pubblicato un testo manifestando l’importanza di questo momento per un'azione responsabile. Nella nota inviata all’agenzia Fides si legge che “la Cnbb è un organismo al servizio della comunione e del dialogo tra i vescovi, della pianificazione pastorale organica della Chiesa in Brasile, e intende collaborare alla costruzione di una società giusta, fraterna e solidale”. Per questo motivo “la Cnbb non suggerisce nessun candidato, e ricorda che la scelta è un atto libero e consapevole di ogni cittadino”. Si legge ancora nella nota: “di fronte a questa grande responsabilità, esortiamo i cattolici a considerare i criteri etici, tra i quali in particolare il rispetto incondizionato per la vita, la famiglia, la libertà religiosa e la dignità umana”. (R.P.)

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    Bolivia: la Chiesa promuove il dialogo fra giornalisti e governo sulla legge antirazzista

    ◊   La Conferenza episcopale boliviana (Ceb) ha chiesto ai giornalisti di sospendere lo sciopero della fame contro la legge antirazzista, e ha chiesto al governo di ascoltare le esigenze di questo gruppo come un atto della vita di uno Stato democratico. In un comunicato riportato dall'agenzia Fides, la Chiesa boliviana esprime preoccupazione per un aumento delle misure di pressione, da parte dei giornalisti e proprietari dei media, in difesa della libertà di espressione e di pensiero in Bolivia. "Riconosciamo la legittimità delle richieste dei media e delle loro azioni in difesa della libertà di espressione, uno dei pilastri di ogni società democratica. Ma noi chiediamo a coloro che sono in sciopero della fame di sospendere questa azione estrema che minaccia la loro vita e optare per altre alternative costituzionali per ottenere le loro richieste", dice il comunicato che chiede anche al governo di “ascoltare questi voci come segno di sapienza e maturità democratica. Come Chiesa riaffermiamo il nostro impegno per ogni iniziativa che porti all'eliminazione delle forme di razzismo e discriminazione, ma anche la nostra vigilanza sui rischi imminenti associati alla recente approvazione e promulgazione di tale legge, riguardo all'esercizio dei principi e dei diritti fondamentali degli individui e istituzioni” osserva il documento. La situazione in questo momento non è ancora risolta: ieri si è svolta una marcia, con moltissimi partecipanti, a favore dei giornalisti. Anche l’Associazione nazionale della stampa (Anp) e la Confederazione dei Lavoratori della Stampa boliviana si sono espresse a favore della protesta e si sono rifiutate di entrare a far parte del gruppo di lavoro incaricato della redazione del regolamento, perché così facendo riconoscerebbero la validità degli articoli in questione. (R.P.)

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    Giornata Mondiale dell'Alimentazione: ActionAid lancia l’”Operazione Fame”

    ◊   “Operazione Fame”, è il titolo della campagna che ActionAid lancerà sabato 16 ottobre in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione. Attraverso l’iniziativa l’organizzazione e i suoi sostenitori chiedono a governi e istituzioni internazionali di cambiare le politiche ingiuste, vera causa della fame che attanaglia quasi un miliardo di persone. Per sostenere questa campagna, fino al 24 ottobre sarà possibile inviare un sms solidale del valore di 2 euro al numero 45509 da tutti i cellulari Tim, Vodafone, Wind e 3 o chiamare lo stesso numero da rete fissa Telecom. Il ricavato finanzierà un progetto di sviluppo in India - nel contesto urbano di Bangalore e nei distretti di Shimoga e Davengere dove ActionAid lavora dal 1972 - per garantire la sicurezza alimentare di una comunità composta soprattutto da donne allontanate dalla famiglia a causa della loro sieropositività e da bambini al di sotto degli 11 anni orfani a causa dell’Hiv. “I dati indicano un ritorno ai livelli precedenti la crisi alimentare del 2009”, dichiara in un nota Marco De Ponte, segretario generale di ActionAid, “per raggiungere l’obiettivo di dimezzare il numero di affamati entro il 2015, i leader mondiali dovranno impegnarsi nei prossimi cinque anni a strappare dalla morsa della fame 100 milioni di persone l’anno”. “Operazione Fame” - si legge ancora nella nota dell’organizzazione - manda un segnale forte all’opinione pubblica italiana per sensibilizzarla sulla gravità del problema fame, tragedia che causa più vittime di disastri naturali, malattie e guerre, ma che si può sconfiggere. Perché non è una catastrofe naturale ma il frutto di scelte scorrette da parte di imprese, governi, organizzazioni internazionali e della mancanza di volontà politica. A Bangalore - città per noi occidentali il simbolo della Nuova India tecnologica e dinamica - l'80% degli abitanti vive al di sotto della soglia della povertà e si stima che i sieropositivi siano ben il 2% della popolazione. Qui ActionAid, insieme alla Ong Milana, partner locale di ActionAid, supporta le fasce più vulnerabili della popolazione nella lotta per la sopravvivenza, organizzando attività di accoglienza, supporto medico e l’avvio di piccole attività di microcredito per donne e bambini. ActionAid è un’organizzazione indipendente impegnata nella lotta alle cause della povertà e dell’esclusione sociale da oltre 30 anni. Nei 66 Paesi in cui è presente, ActionAid coinvolge in programmi di sviluppo circa 23.5 milioni di persone, contribuendo alla realizzazione di quasi 1000 progetti in collaborazione con oltre 2300 partner tra organizzazioni di base, associazioni e Ong locali. In Italia, l’organizzazione ha oltre 141.310 sostenitori economici attivi, centinaia di attivisti organizzati in oltre 19 Gruppi Locali dislocati su tutto il territorio nazionale. (M.G.)

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    Task Force dei Camilliani per gli alluvionati del Pakistan

    ◊   L’Ordine dei Camilliani rafforza la sua presenza nelle zone alluvionate del Pakistan. In una nota inviata alla Fides, fratel Luca Perletti, segretario generale dell'Ordine dei Ministri degli Infermi di S. Camillo (Camilliani), aggiorna sull'impegno dei religiosi in questo Paese martoriato dalle calamità naturali, annunciando che “padre Aris Miranda, religioso camilliano della Provincia delle Filippine, attualmente in Italia quale membro della Camillian Task Force (Ctf), organismo dei Camilliani di risposta alle emergenze, è appena partito per il Pakistan per affiancare Mushtaq Anjum, camilliano, nell’opera di soccorso alle vittime delle recenti inondazioni”. Il Segretario generale dei Camilliani ha inoltre mandato il resoconto di una delle missioni di Mushtaq, che collabora con il vescovo di Multan, mons. Andrew Francis, e spesso visita i campi degli sfollati: “Siamo partiti di mattina presto, per fare visita con le suore dell’Apostolic Carmel, ad alcuni villaggi della diocesi di Multan - racconta Mustaq -. Dopo molte ore di viaggio, spesso con la paura di essere assaliti, siamo giunti sul posto ed abbiamo preparato il materiale da distribuire agli sfollati. Ci hanno accolto circa trecento uomini, seduti sotto il sole cocente. Erano tutti musulmani. Le calamità non conoscono religioni, razza o nazione. Nel suo messaggio – prosegue il religioso -, il vescovo ha assicurato tutti che la Chiesa intende offrire il proprio aiuto ad ognuno. La nostra stessa presenza è un messaggio di forza e di speranza. Anche le donne, dall’altro lato della comunità, stavano sedute o accovacciate in attesa di ricevere i viveri. Le loro facce raccontavano storie diverse. Tutte mostravano l’asprezza di una vita di stenti e di fatiche, la loro supplica era stampata sul volto”. Padre Mushtaq riferisce poi che “la distribuzione non è stata sufficiente e si è dovuto procedere a riorganizzarla. Alcuni se ne sono andati con pacchi di farina; altri con cibo da cucinare; altri ancora con latte ed acqua pulita. Tuttavia c’è ancora tanto bisogno di cibo, di medicine e di materiale di ricostruzione. Prima di partire abbiamo potuto cogliere un raggio di speranza – dice in conclusione il religioso -. Il sorriso dei giovani, ragazzi e ragazze, testimonia che la speranza non è ancora stata sconfitta. Ci hanno chiesto aiuto per poter riprendere a studiare, l’unico modo per andare oltre un futuro di miseria. Come Camilliani vogliamo assicurare che non smetteremo di darci da fare perché queste attese possano trovare una risposta”. L’intervento della Ctf in Pakistan è iniziato il 15 settembre e proseguirà per alcuni mesi, in spirito di fedeltà al mandato di “testimoniare l’amore misericordioso di Cristo verso i poveri ed i malati”. (M.G.)

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    Niger: colloqui a Sant'Egidio tra le forze politiche per un 'patto nazionale'

    ◊   Sono in corso presso la Comunità di Sant'Egidio, a Roma, colloqui tra istituzioni di Niamey, principali forze politiche e rappresentanti della società civile, che si concluderanno domani con l'adozione di un 'Pacte républicain' (un 'Patto nazionale') che accompagni il percorso di transizione e ponga le basi per un passaggio pacifico verso istituzioni elette dal popolo. "Al centro dei colloqui in corso - mediati dalla Comunità - ci sono le questioni cruciali della riconciliazione nazionale, la giustizia e la verità ma anche l'instabilità alimentata da gruppi terroristici nel Paese e in tutta l'Africa saheliana" dice all'agenzia Misna Mario Giro, responsabile delle relazioni internazionali della Comunità di Sant'Egidio. Una folta delegazione di 27 componenti è arrivata da Niamey, composta da rappresentanti della giunta militare (il 'Csrd') che ha preso il potere a febbraio, dal 'Consiglio consultativo nazionale' (Ccn), dal governo, dall'Osservatorio nazionale delle comunicazioni e dall'Alta autorità di riconciliazione nazionale. Il Niger sta attraversando una delicata fase di transizione guidata dalla giunta militare e da un governo aperto ai civili: è stato definito un fitto calendario elettorale che si dovrebbe concludere entro il primo trimestre 2011 per riportare il Paese sulla strada dell'ordine costituzionale. Il prossimo 31 ottobre 6,75 milioni di elettori saranno chiamati alle urne per il referendum costituzionale; l'8 gennaio dovranno poi votare per le elezioni municipali quindi a marzo per le presidenziali e legislative. (R.P.)

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    Benin. La denuncia della Caritas: è emergenza alluvioni

    ◊   "E' un triste spettacolo, tutto il Paese è sotto l'acqua, un terzo della popolazione è colpita dal maltempo e non smette di piovere" dice all'agenzia Misna Suor Léonie, segretario generale della Caritas Benin che sta coordinando l'aiuto umanitario fornito dalle agenzie Onu e da altre organizzazioni caritative. Pesante il bilancio umano delle precipitazioni inusuali che caratterizzano l'attuale stagione delle piogge con almeno 40 morti, 3,4 milioni di persone colpite (su una popolazione totale di 8 milioni), 360.000 sfollati e 100.00 senzatetto. "Oltre a piogge molto abbondanti, il principale problema viene dal fiume Niger, terzo corso d'acqua dell’Africa, che sta registrando la più alta piena dal 1929, e la conseguente piena di alcuni affluenti beninesi" prosegue Suor Léonie. Le regioni settentrionali sono le più colpite, come il dipartimento di Alibori e in particolare la zona di Karimama, "che purtroppo sono il granaio del paese" aggiunge la Caritas: le riserve alimentari sono andate perse nelle alluvioni e le risaie sono state allagate. "Si preannuncia un periodo molto difficile per la sicurezza alimentare dei beninesi che dovranno aspettare il prossimo importante raccolto, previsto non prima di aprile" ricorda la missionaria. L'altra emergenza riguarda l'accesso all'acqua potabile a causa dell'inquinamento di pozzi e falde con gravi rischi per la salute umana: "Si teme il propagarsi di diarree e epidemie come la malaria e il colera" conclude. Intanto operatori umanitari e Marina militare del Benin stanno fornendo assistenza ai disastrati utilizzando imbarcazioni per raggiungere con grandi difficoltà, località totalmente isolate dopo la distruzione di strade e ponti. (R.P.)

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    Centrafrica. Il vescovo di Bangassou: “Truppe di ribelli verso il Darfur”

    ◊   “I ribelli dell’Esercito di Resistenza del Signore (Lra) si stanno spostando verso la frontiera con il Darfur sudanese”, l’allarme è stato lanciato tramite l’agenzia Fides, da mons. Juan José Aguirre Muños, vescovo di Bangassou, nella Repubblica Centrafricana, dove i ribelli dell’Lra hanno di recente attaccato la città di Birao, nel nord-est del Paese. “Non ho notizie dirette su quello che è successo a Birao, che si trova a 2mila km da Bangassou. So per certo che il gruppo principale dei guerriglieri dell’Lra ha lasciato l’area della mia diocesi per dirigersi verso nord. Tra loro c’è probabilmente anche il loro capo, Joseph Kony” spiega mons. Muños. Secondo il vescovo di Bangassou la serie recente di attacchi compiuti dai guerriglieri illustra abbastanza bene la loro progressione verso il Darfur: “Negli ultimi mesi i guerriglieri hanno attaccato città come Yalinga, per poi proseguire verso nord, fino a Birao, che si trova nell’estremo nord-est del Paese, al confine con il Ciad e il Darfur sudanese”. “Si tratta”- sostiene il presule - “di una zona priva di controllo alle frontiere, dove già operano altri gruppi di guerriglia centrafricani”. Queste notizie confermano che L’Lra, originario del nord Uganda, è ormai diventato un problema regionale, visto che il gruppo di guerriglia agisce soprattutto, oltre che in Centrafrica, nella Repubblica Democratica del Congo e nel sud Sudan. “Quello che più ci rattrista è che sappiamo che con gli uomini dell’Lra che hanno attaccato Birao vi sono diversi giovani, ragazze e ragazzi, rapiti in alcune località della mia diocesi nei mesi scorsi”, racconta ancora mons. Muños. “Si tratta di 11 persone rapite a Rafai ed altre 14 ad Agouma – aggiunge il presule -. So per certo che alcuni di loro sono ancora con i guerriglieri perché ho raccolto la testimonianza di Germaine, una ragazza che è riuscita a sfuggire dalle mani dei guerriglieri e che ho incontrato dopo che essa aveva vagato per 9 giorni nella foresta per sfuggire ai suoi aguzzini. Germaine – precisa mons. Muños - è stata rapita nel marzo 2007 a Obo, nell’est del Centrafrica al confine con la Repubblica Democratica del Congo. All’epoca aveva 15 anni. A settembre di quest’anno è riuscita a fuggire. Per tre anni è stata la schiava sessuale di Kony, il leader dell’Lra. Per cui penso che questi sia con il gruppo di guerriglieri che si sta dirigendo verso il Darfur. Ora Germaine - conclude mons. Muños - si trova presso un centro di accoglienza di Bangassou. Speriamo che possa ritrovare la serenità di una vita normale”. (M.G.)

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    Mali: al via il Forum degli editori africani

    ◊   Il ruolo dei media nella costruzione della pace e le conseguenze della guerra nel funzionamento della stampa. Sono questi i temi del Forum degli editori africani (Taef) che si apre oggi a Bamako, in Mali. L’iniziativa, dal titolo “Media e sfida della pace in Africa”, riunisce oltre 200 editori e giornalisti di 36 Paesi del continente. "La verità è la prima vittima in contesti di guerra ma esiste nei Paesi in pace una guerra contro la verità che colpisce giornalisti ed editori nell'esercizio della loro professione" riferiscono alla Misna i presidenti del forum creato nel 2003, il sudafricano Mathatha Tsedu e Cheriff Sy del Burkina Faso. Altro argomento al centro dei dibattiti sarà la qualità del giornalismo africano: “Dobbiamo portare l'attenzione oltre i confini tradizionali del raccontare correttamente i fatti per vedere se la copertura mediatica in Africa è in grado di riferire tutti gli aspetti della vita del continente: suo sviluppo economico, i cambiamenti socio-culturali, i conflitti e le attività dell'Unione Africana” insiste Mathatha Tsedu. Al di là del tema dell'incontro biennale, i partecipanti faranno un punto sullo stato dell'informazione in Africa: il comitato direttore del Taef riunitosi a luglio in Sudafrica aveva tirato il campanello d'allarme, denunciando con forza “l'aggravarsi dell'intolleranza nei confronti dei professionisti dei media in alcuni paesi africani”. Stessa valutazione era stata riferita dal relatore speciale dell'Ua sulla libertà di stampa, l'avvocatessa Pansy Tlakula. Di fronte a un numero crescente di Paesi che ricorrono a leggi restrittive per imbavagliare la stampa, la Tlakula aveva chiesto sforzi congiunti per conformare le leggi nazionali ai diversi protocolli varati dall'Ua in difesa della libertà di espressione e dell'accesso all'informazione. Durante l’incontro saranno inoltre ricordati noti editorialisti africani, di cui due sono stati assassinati - Jean-Léonard Rugambage, redattore capo di 'Umuvugizi' in Rwanda e Norbert Zongo del Burkina Faso – e uno, Chief Ebrima Manneh del 'Daily Observer', scomparso dal luglio 2006 in Gambia. A ricevere il premio “Amici dei media in Africa” saranno gli ex-presidenti sudafricani Nelson Mandela e Thabo Mbeki, il maliano Alpha Konaré, il ghanese John Kufuor e la presidente liberiana Ellen Johnson-Sirleaf. Tutti dirigenti politici che, secondo il Forum degli editori africani, durante i rispettivi mandati “hanno contribuito a migliorare il clima di lavoro per i professionisti dei media”. (M.G.)

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    Il tema delle risorse africane al centro del “Workshop: media and Africa”

    ◊   “Dio fai che nel nostro Paese non si trovi il petrolio”. Questa frase riportata da un giornalista africano durante il “Workshop: media and Africa” riassume bene quella che è la percezione delle popolazioni africane sul cattivo sfruttamento delle risorse materiali del loro continente, che da benedizione diventano una maledizione, anche per i gravi danni ambientali provocati dalle attività estrattive. Il tema della competizione tra le potenze mondiali per l’accaparramento delle risorse africane e l’impatto di questa nuova “corsa all’Africa” sullo sviluppo del continente sono stati al centro del Workshop, promosso dall’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi) e dal Ministero degli Affari Esteri italiano. Al seminario, tenutosi ieri a Roma, hanno partecipato diversi giornalisti ed esperti di questioni africane. Dal dibattito - riferisce l'agenzia Fides - è emerso che, grazie al fatto che i tradizionali partner occidentali dell’Africa si trovano di fronte alla concorrenza crescente di altre potenze (dalla Cina all’India, dalla Russia al Brasile), i Paesi africani possono negoziare contratti più vantaggiosi per cedere le proprie risorse naturali. Rimane però il problema della corruzione delle elite dirigenti africane che inficia la possibilità di utilizzare le “royalties” delle concessioni minerarie per migliorare le condizioni della popolazione e diversificare le economie africane, ancora troppo dipendenti dalle monocolture e dal solo settore estrattivo. In diversi Paesi africani sta comunque emergendo una società civile che chiede conto ai propri dirigenti dell’utilizzazione delle risorse finanziarie derivanti dallo sfruttamento dei minerali e del petrolio. Tra le voci più attive in questo campo vi è quella di diverse Conferenze episcopali e di singoli vescovi, come mons. Michele Russo, vescovo di Doba, in Ciad, che dall’agenzia Fides aveva lanciato un appello affinché le risorse africane siano utilizzate per migliorare le condizioni di vita dei suoi abitanti. L’Africa, un continente in fermento, la cui popolazione ha da poco superato il miliardo di abitanti, ha un potenziale economico enorme, ancora non sfruttato. La maggior parte delle sue risorse naturali infatti non sono state ancora intaccate. L’arrivo di nuovi partner economici potrebbe cambiare questa situazione. Ma come è stato sottolineato nelle conclusione finali del seminario, anche nell’ambito della collaborazione sud-sud, l’Africa rischia di rimanere il partner minore, perché deve ancora colmare una serie di ritardi anche rispetto ai soci asiatici e sudamericani. (R.P.)

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    Domani la Giornata internazionale delle donne rurali

    ◊   “Oggi vogliamo riconoscere il contributo fondamentale delle donne agricoltrici e delle donne indigene, per lo sviluppo. Le donne rurali sono coltivatrici, pescatrici ed imprenditrici; custodi di identità etnica, saperi tradizionali e pratiche sostenibili; prestano cure, sono genitrici e tutrici. Svolgono un ruolo essenziale per lo sviluppo agricolo, per la sicurezza alimentare e la gestione delle risorse naturali”. Così il segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, nel suo messaggio diffuso alla vigilia della Giornata internazionale delle donne rurale, che ricorre domani venerdì 15 ottobre. “Le donne rurali svolgono la maggior parte del lavoro agricolo nei Paesi in via di sviluppo – prosegue il segretario dell’Onu -, ma spesso soffrono delle condizioni di lavoro peggiori, hanno bassi salari e una protezione sociale molto scarsa o inesistente”. Inoltre le “donne rurali producono la maggior parte del cibo consumato a livello mondiale, eppure sono spesso escluse dalla proprietà di un terreno, così come dai crediti e dagli affari di cui hanno bisogno per migliorare la propria situazione socio-economica”. Ban Ki-moon sottolinea poi che le rurali sono “le principali utilizzatrici e custodi delle risorse naturali locali, ma raramente hanno voce in capitolo nell’ambito delle istituzioni nazionali e locali, in cui si decide come gestire tali risorse. Forniscono cure e gestiscono l’economia familiare, ma raramente condividono equamente tali responsabilità con gli uomini, né hanno un potere decisionale all’interno della famiglia”. Il numero uno del Palazzo di vetro ricorda inoltre che in occasione del Vertice sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, svoltosi il mese scorso a New York, “gli Stati membri hanno promesso di garantire alle donne rurali pari opportunità di accesso a risorse produttive, proprietà terriere, finanziamenti, tecnologie, formazione e mercati. Hanno inoltre dichiarato il proprio impegno per favorire una piena ed equa partecipazione delle donne rurali allo sviluppo nazionale, non solo come beneficiarie ma come partner”. Ban Ki-moon invita, infine, i governi e le comunità di tutto il mondo “a garantire il raggiungimento di questi obiettivi, di modo che le donne e le ragazze rurali possano godere di tutti i loro diritti – dalla proprietà all’eredità, dalla salute all’istruzione e alla protezione contro la violenza”. (M.G.)

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    Unicef: Giornata mondiale per la pulizia delle mani per ridurre malattie e infezioni

    ◊   Lavarsi le mani con acqua e sapone è un gesto semplice ma, in alcuni contesi, diventata una pratica che contribuisce a salvare milioni di vite. A ricordarci la drammatica realtà è la “Giornata mondiale per la pulizia delle mani”, da sempre sostenuta dall’Unicef e di cui domani ricorre la III edizione. L'obiettivo è sempre quello di promuovere la pratica dell'igiene delle mani nelle scuole e nelle comunità e di renderla un’abitudine. Per l’edizione di quest’anno – il cui tema è “More than Just a Day”- almeno 200 milioni di bambini, genitori, insegnanti, celebrità, funzionari pubblici e cittadini, saranno coinvolti in molte iniziative in oltre 80 Paesi di tutto il mondo. “Ogni anno le malattie diarroiche e le infezioni respiratorie acute sono responsabili della morte di oltre 3,5 milioni di bambini sotto i cinque anni”, dichiara il presidente dell’Unicef Italia Vincenzo Spadafora, in una nota diffusa dall’agenzia dell’Onu. “Lavarsi le mani con acqua e sapone – prosegue Spadafora - specialmente in alcuni momenti critici - dopo aver usato i servizi igienici e prima di toccare gli alimenti - contribuisce a ridurre l'incidenza delle malattie diarroiche di oltre il 40% e le infezioni respiratorie acute del 23%; eppure questo semplice comportamento non viene praticato regolarmente”. “Il lavaggio delle mani con il sapone è uno degli interventi sanitari più efficaci e meno costosi per prevenire malattie infettive nei Paesi in via di sviluppo, ma è una buona pratica da consolidare anche nei Paesi ricchi”, spiega ancora Vincenzo Spadafora. “Possiamo fare molto contro le due principali malattie killer dell’infanzia: la polmonite, che uccide ogni anno 1,8 milioni di bambini sotto i 5 anni e la diarrea, che uccide 1,5 milioni di bambini”. Eppure, nonostante il suo potenziale “salva-vita”, la pratica di lavarsi le mani con il sapone non è molto diffusa. Nonostante il sapone sia disponibile nella maggior parte delle famiglie di tutto il mondo, i dati osservati – relativi all’utilizzo del sapone in momenti critici – oscilla tra lo 0 e il 34%. Lo scorso anno, in occasione della Giornata mondiale per la pulizia delle mani in India, al Nehru Stadium di Chennai, 15.115 persone si sono lavate le mani, raggiungendo il Guinness World Record. (M.G.)

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    Siria: il dramma dei rifugiati cristiani caldei

    ◊   Padre Farid Botros, parroco della comunità caldea della capitale siriana, esprime la sua preoccupazione per un fenomeno che sta assumendo proporzioni prima sconosciute. “Abbiamo circa quattromila famiglie di cristiani caldei fuggiti dall’Iraq, spesso alcuni solo con i vestiti che avevano indosso, e minacciati di morte. La legge siriana - riferisce l'agenzia AsiaNews - non permette loro di lavorare; molti svolgono qualche attività di nascosto; e altri, in numero crescente, sono ridotti a prostituirsi”. Padre Farid calcola in circa ventimila i cristiani che dall’Iraq sono attualmente a Damasco, sostenuti in vario modo dalla Chiesa; anche se sottolinea che si cerca di aiutare tutti i profughi, indipendentemente dalla loro fede. Assistenza medica, alloggio (non esistono campi di accoglienza, i rifugiati vivono in case private) e un aiuto materiale oltre all’assistenza spirituale sono i problemi prioritari. Nei giorni scorsi a Londra anche il vescovo cattolico caldeo di Aleppo, in Siria, mons. Antoine Audo, ha toccato il problema dei rifugiati cristiani ridotti anche a prostituirsi per disperazione. "Questo è un grosso problema, e non sappiamo come affrontarlo," ha detto. "Ho chiesto alle Piccole sorelle di Gesù di aiutarci. Il motivo è la povertà, e in Siria non ci sono né leggi né regolamenti per difenderli. E’ un problema nuovo per noi il fenomeno così diffuso della prostituzione in una comunità cristiana". Il vescovo e padre Farid parlano però anche dei mille catechisti cristiani iracheni che si stanno preparando a Damasco e dei piani per aprire una nuova Scuola Superiore che servirebbe sia gli iracheni che i siriani. La Siria inizialmente ha accolto con favore 1,2 milioni di profughi, 60mila dei quali cristiani. Ora i confini sono molto meno penetrabili, per il timore di infiltrazioni terroristiche. Padre Farid accenna anche al fenomeno della crescente presenza di donne velate nelle strade e nei luoghi di lavoro. “E’ un fenomeno in sicura crescita, - dice – anche se in Siria non avvertiamo per ora nessuna pressione sociale intorno alle comunità cristiane”. (R.P.)

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    Usa. Congresso Missionario 2010: un ritratto dei cattolici in missione

    ◊   "La missione di Dio, molti volti: un ritratto dei cattolici statunitensi in missione" è il tema del Congresso Missionario che si terrà dal 28 al 31 ottobre ad Albuquerque, New Mexico. Il programma del Congresso prevede tavole rotonde, dialogo di gruppo e workshop su argomenti che spaziano dal lavoro missionario negli Stati Uniti alle tendenze globali, alla missione in altre tradizioni religiose, alle prospettive ecumeniche nella missione, ai missionari di altre nazioni che prestano il loro servizio negli Stati Uniti e ad altre questioni connesse. Il Congresso Missionario di quest'anno - riporta l'agenzia Fides - sarà aperto dai discorsi di padre Gary Riebe-Estrella, professore associato di teologia pratica e di ministero ispanico alla Catholic Theological Union e presidente dell'Accademia dei teologi cattolici ispanici (Achtus), di Suor Janice McLaughlin, superiora generale delle suore Domenicane di Maryknoll, e del cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, Honduras, e presidente della Caritas internazionalis, ex presidente del Celam (Consiglio delle Conferenze episcopali latino-americane). Almeno 16 vescovi degli Stati Uniti parteciperanno al Congresso, e il vescovo di Tucson, Gerald Kicanas, vice-presidente della Conferenza episcopale statunitense, aprirà il Congresso presiedendo una liturgia. Il Congresso Missionario si riunisce ogni cinque anni e questa del 2010 è la sua terza edizione. E' sponsorizzato dalla Catholic Mission Forum, che riunisce le maggiori realtà missionarie cattoliche degli Stati Uniti, tra cui le Pontificie Opere Missionarie. (R.P.)

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    Malta: teologi e religiosi contro la proposta di legge sul divorzio

    ◊   Fare chiarezza “sull’insegnamento della Chiesa” e “fare luce sulla responsabilità morale di ogni cittadino maltese riguardo alla propria coscienza e al bene comune della società, in caso egli debba prendere posizione su una possibile proposta di legge volta a legalizzare il divorzio nel nostro Paese”. È quanto propone la “Dichiarazione su coscienza e divorzio” - pubblicata nei giorni scorsi a Malta e ripresa dall'agenzia Sir - a firma dei teologi Emmanuel Agius e padre Charlo’ Camilleri; padre Joe Borg; mons Anton Gouder, provicario generale; padre Alfred Micallef; padre Joe Mizzi, direttore di tal-Moviment ta’ Kana e il reverendo Peter Serracino Inglott. Anzitutto, osservano, ogni cittadino interpellato sulla materia “ha il diritto di seguire la propria coscienza che ovviamente ha bisogno di essere informata e ben formata e indirizzata al bene comune”. I cattolici dovrebbero avere ben chiaro l’insegnamento della Chiesa in materia di matrimonio e famiglia e “testimoniarlo in ogni circostanza”. “Come cattolici e come cittadini - si legge ancora nel documento -, dovrebbero impegnarsi affinché nel loro Paese vi siano matrimoni stabili e duraturi, famiglie forti legate da amore e fedeltà” perché ciò “è un grande beneficio per la società intera. Per noi cattolici – chiarisce la dichiarazione –, anche se consentito dalla legge, il divorzio è sbagliato”. Secondo i firmatari del documento, i cattolici che “non si preoccupano di avere una coscienza informata e formata e decidono per conto loro, senza seguire l’insegnamento della Parola di Dio” ma piuttosto “i propri sentimenti”, devono essere consapevoli “che non stanno compiendo il proprio dovere di cattolici” e che “sono responsabili di questo comportamento di fronte a Dio”. Chi, nonostante si sia informato e “abbia tentato di arrivare alla verità, non veda in coscienza perché votare contro la legislazione pro divorzio – afferma il testo – ha anche egli il diritto e il dovere di seguire ciò che gli dice la coscienza”. Per chi ritenga di trovarsi di fronte ad una scelta “tra due situazioni entrambe dannose al bene comune – conclude la dichiarazione -, è legittimo, in questo caso di conflitto, scegliere il male minore dopo avere pregato, riflettuto e cercato sinceramente la verità”. (M.G.)

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    Spagna: l'arcidiocesi di Siviglia propone preghiere pro-vita durante un congresso abortista

    ◊   Parrocchie, comunità religiose, confraternite, gruppi e movimenti dell’arcidiocesi di Siviglia si stanno mobilitando per un’intensa preghierà che si terrà i giorni 21 al 23 ottobre in coincidenza con lo svolgimento, nella città spagnola, di un congresso mondiale per promuovere l'aborto. L'arcivescovo di Siviglia, mons. Juan José Asenjo, ha pubblicato una lettera pastorale intitolata “Un sí rotundo a la vida”, in cui avanza varie proposte per diffondere una cultura della vita e affrontare questo congresso, che a suo avviso “non sarà una pietra miliare gloriosa nella storia della nostra città”. Il congresso, finanziato da istituzioni pubbliche della capitale e della regione di Siviglia, ha l'obiettivo di condividere informazioni, esperienze e nuove tecniche per migliorare la qualità delle pratiche abortive. “Non ho la possibilità di evitare il suo svolgimento, ma ho il dovere di illuminare la coscienza dei nostri fedeli su questo evento”, ha spiegato l'arcivescovo nella nota citata dall'agenzia Zenit.Il presule suggerisce che durante i giorni dei lavori del congresso dell'industria abortista, si programmi qualche atto speciale di preghiera per la vita davanti al Santissimo e che si tenga conto di questa intenzione nelle preghiere dei fedeli nelle Messe, nella recita del rosario nelle parrocchie e negli incontri di preghiera di comunità contemplative, confraternite, gruppi e movimenti apostolici. Mons. Asenjo propone di concludere le preghiere speciali di quei giorni con la preghiera alla Madonna scritta da Giovanni Paolo II come conclusione dell'Enciclica Evangelium Vitae. L'arcivescovo definisce l'aborto come “l'eliminazione volontaria e voluta di un essere umano su richiesta dei suoi genitori, con il concorso dei medici”. Di fronte a questa realtà, avanza tre proposte: pregare, una sensibilizzazione e un tentativo di sensibilizzare l'ambiente e l'aiuto alle istituzioni che promuovono iniziative a favore della vita e sostengono le madri che si trovano in situazioni di difficoltà. A suo avviso, “poche forme di azione sociale e di apostolato sono oggi tanto belle e urgenti come questa”. Nella sua lettera, il presule si riferisce anche alla cosiddetta Legge sulla Salute sessuale e riproduttiva e sull'Interruzione volontaria della gravidanza, entrata in vigore in Spagna a luglio. Questa legge, sostiene ancora mons. Asenjo, “non è altro che una liberalizzazione totale dell'aborto, considerato un diritto della donna, mentre si calpestano i diritti più elementari del figlio che porta nel ventre”. “Il suo carattere legale non le conferisce il sigillo della moralità, perché non tutto ciò che è legale è morale”, aggiunge, sottolineando che “l'aborto è sempre un'immoralità, un male oggettivo; non è un progresso, ma un regresso”. (M.G.)

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    Taiwan: iniziative dell’arcidiocesi di Tai Pei per il mese del Rosario

    ◊   L’arcidiocesi di Tai Pei guidata da mons. John Hung Shan Chuan, sta vivendo intensamente il mese dedicato al Santo Rosario con il pellegrinaggio e la solenne celebrazione per i 30 anni dell’apparizione della Madonna di Wu Feng Qi e i 5 anni della costruzione della chiesa-santuario a Lei dedicato. Contemporaneamente si moltiplicano gli impegni missionari in cammino verso la Giornata Missionaria Mondiale del 24 ottobre. I fedeli di 10 parrocchie del IV° decanato dell’arcidiocesi di Tai Pei, insieme alle congregazioni presenti nel decanato, come le suore della Carità, della Sacra Famiglia e la Casa di S. Anna, - riferisce l'agenzia Fides - hanno partecipato al pellegrinaggio del 2 ottobre guidato da quattro sacerdoti, al santuario dedicato alla Madonna del Rosario. Dopo avere pregato insieme alle suore, hanno proseguito il pellegrinaggio nella diocesi di HsingChu, dove si trova “The Holy House of Loreto-Touwu”; qui hanno partecipato alla Santa Messa pregando per le missioni. In occasione dei 30 anni dell’apparizione della Madonna di Wu Feng Qi, mons. John Hung Shan Chuan presiederà un incontro di commemorazione il 17 ottobre. Nell’occasione verrà presentato un dvd e un film che raccontano la storia dell’apparizione della Madonna e la storia di 30 anni di testimonianza della fede. Il 9 novembre si terrà un pellegrinaggio ed una solenne Eucaristia per ricordare i 5 anni di costruzione della chiesa-santuario dedicata alla Madonna di Wu Feng Qi. (R.P.)

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    Polonia: si è spento oggi padre Styczen, grande amico di Giovanni Paolo II

    ◊   Si è spento oggi a Trzebnica, in Polonia, padre Tadeusz Styczen, il religioso docente di filosofia, allievo e poi grande amico di papa Giovanni Paolo II. Padre Styczen, nato nel 1931, sacerdote della Societa' del Divin Salvatore, ha studiato filosofia morale sotto la guida dell'allora professor Karol Wojtyla presso l'Universita' cattolica di Lublino. Dopo l'elezione del cardinale Wojtyla a Papa nel 1978, padre Styczen gli e' succeduto nella cattedra di filosofia morale a Lublino. Per anni e' stato anche legato alla Pontificia Universita' Lateranense di Roma e all'Istituto di studi su matrimonio e famiglia fondato per volonta' di Giovanni Paolo II. Padre Styczen fu spesso ospite del Papa e lo accompagnava nei soggiorni fuori del Vaticano. E' stato uno dei sacerdoti che lo hanno assistito nelle ultime ore prima della morte nel 2005. (R.P.)

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    Chiesa romana di Santa Maria in Traspontina: riprendono da domani gli incontri di Lectio divina

    ◊   Presso la chiesa romana di Santa Maria in Traspontina, in Via della Conciliazione, riprendono da domani, 15 ottobre, alle 18.30 gli incontri di Lectio divina. Si tratta della lettura meditata e orante della Sacra Scrittura: una pratica caldeggiata da Benedetto XVI, che proprio sul tema della Parola di Dio ha convocato nel 2008 in Vaticano un Sinodo dei vescovi. Si tratta di 14 incontri guidati dal padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana, e da altri teologi ed esegeti: il prof. Cosimo Pagliara, docente presso la Facoltà teologica di Bari e Napoli (29 ottobre); il priore della Comunità monastica di Bose, Enzo Bianchi (26 novembre); la prof. Marinella Perroni, presidente del Coordinamento delle Teologhe italiane e docente di Nuovo Testamento presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma ( 28 gennaio); il prof. Luca Mazzinghi, presidente dell’Associazione biblica italiana e docente presso il Pontificio Istituto Biblico (25 febbraio), la prof. Bruna Costacurta, docente di Antico Testamento alla Pontificia Università Gregoriana (11 marzo); la prof. Nuria Calduch Benages, esegeta, docente presso la Gregoriana (8 aprile); il padre carmelitano Mariano Cera, priore del Convento della Traspontina (29 aprile). Per Benedetto XVI la Lectio divina, ovvero “l’assidua lettura della Sacra Scrittura accompagnata dalla preghiera… realizza quell’intimo colloquio in cui, leggendo, si ascolta Dio che parla e, pregando, Gli si risponde con fiduciosa apertura del cuore”. E prosegue: “Essa consiste nel rimanere a lungo sopra un testo biblico, leggendolo e rileggendolo, quasi ‘ruminandolo’ come dicono i Padri, e spremendone, per così dire, tutto il ‘succo’, perché nutra la meditazione e la contemplazione e giunga ad irrigare come linfa la vita concreta. Condizione della Lectio divina è che la mente ed il cuore siano illuminati dallo Spirito Santo, cioè dallo stesso Ispiratore delle Scritture, e si pongano perciò in atteggiamento di religioso ascolto”. (S.C.)

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    24 Ore nel Mondo



    Ahmadinejad riceve a Beirut la laurea honoris causa

    ◊   Dopo l’accoglienza da stadio, ieri a Beirut, il presidente iraniano Ahmadinejad ha fatto sapere che prolungherà la visita in Libano, che doveva concludersi oggi, fino a domani. Ieri l’incontro con il premier libanese Saad Hariri e il primo colloquio con il presidente Michel Suleiman. Oggi il conferimento della laurea honoris causa in scienze politiche da parte dell'Università pubblica libanese. Ahmadinejad ha detto che "l'Iran sarà sempre al fianco del Libano e sosterrà un Libano forte e unito". Il servizio di Fausta Speranza:

    Il programma della giornata è segreto, ma si sa che tutta la visita è finalizzata, a parte l’impatto mediatico, alla firma di 14 accordi bilaterali di carattere economico-commerciale. Un 'pacchetto' dal valore totale di 450 milioni di dollari, che prevede anche la costruzione di una raffineria di petrolio in Libano, e la fornitura a Beirut di gas naturale. Delle parole pronunciate in pubblico finora da Ahmadinejad, bisogna riferire dell’accenno all’occupazione: “L'unica soluzione al problema palestinese – ha detto - è che ai profughi palestinesi sia consentito di tornare alle loro terre e che tutti gli occupanti tornino nei loro Paesi d'origine”. Se è vero che l’anima sciita e filo iraniana di Beirut ha riservato un’accoglienza da star al capo dello Stato iraniano, è anche vero che c’è un’anima sunnita simpatizzante dell'alleanza filo-occidentale sostenuta dall'Arabia Saudita che giudica con ostilità Ahmadinejad e sostiene che Teheran ha fatto del Libano “una base iraniana nel Mediterraneo”. Nei giorni scorsi, 250 uomini politici, giornalisti ed esponenti della società civile hanno rivolto ad Ahmadinejad una lettera aperta per accusarlo di “ingerenza” negli affari interni libanesi, attraverso – si legge - il suo sostegno “in denaro e armi a una parte libanese”, cioè il movimento Hezbollah. Un punto di vista diverso da quello della gente del Sud del Libano, roccaforte di Hezbollah, che accoglierà più tardi Ahmadinejad. E che si dice riconoscente per i fondi - circa un miliardo di dollari, secondo Hezbollah - che Teheran ha concesso in aiuti e contributi per la ricostruzione, dopo i pesanti bombardamenti israeliani del 2006. Resta da dire che sul piano internazionale se in Israele la stampa usa toni allarmistici sulla “conquista del Libano” da parte di quello che definisce “l’imperialismo iraniano”, c’è poi il commento da Washington: “Ahmadinejad continua con i suoi modi provocatori”, dice il portavoce della Casa Bianca, Gibbs, dopo aver portato il suo Paese in una grave crisi economica e politica e provocato le sanzioni internazionali. Dell’accoglienza ricevuta, Gibbs dice che “Hezbollah punta le sue carte più sulla fedeltà all'Iran, che al proprio stesso Paese, il Libano”.

    La Bce segnala una positiva anche se moderata tendenza alla ripresa economica
    Gli ultimi indicatori economici sulla crescita economica segnalano “una moderazione nella seconda metà dell'anno sia nell'area euro sia su scala mondiale”. A rilevarlo è la Banca centrale europea, che nel Bollettino di ottobre nota comunque che “permane la dinamica di fondo positiva della ripresa dell'area Euro”. La Bce torna a chiedere però che le manovre finanziarie 2011 di molti Paesi dell'area Euro “devono riflettere l'impegno a conseguire un risanamento fiscale ambizioso”. La Bce raccomanda in definitiva l'impegno ad adottare “piani di risanamento pluriennali credibili” con un’azione correttiva “immediata, ambiziosa e convincente”.

    Il generale Rasmussen apre il vertice Nato a Bruxelles: nuova strategia di difesa
    Si parla di nuova strategia e di sistemi missilistici al vertice Nato che si è aperto questa mattina a Bruxelles, alla presenza dei ministri degli Esteri e della Difesa dei 28 Paesi del Patto Atlantico. Il servizio di Marco Onali:

    “La Nato deve attrezzarsi per fare fronte alla minaccia missilistica che è una minaccia molto chiara”: con queste parole, il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ha aperto i lavori. La nuova strategia proposta punta sulla difesa missilistica, bisogna per tanto adeguare strutture e organizzazione alle nuove sfide della sicurezza. Rasmussen propone di mettere in connessione tutti i sistemi anti missilistici di cui gli alleati già dispongono, per un costo totale di 200 milioni di Euro da dividere tra i 28 Stati membri. Nella proposta del segretario generale, la costruzione di un sistema anti-missile include l'invito alla Russia, la cui cooperazione è considerata indispensabile. Il generale ha inoltre annunciato la ristrutturazione dei comandi e la riduzione delle agenzie da 14 a 3 che renda i quartieri generali più snelli ed efficienti anche in momenti di austerità. Per quanto riguarda poi l’impegno sul campo della Nato, ieri a New York il Consiglio di Sicurezza ha affrontato la Missione in Afghanistan. L’esecutivo Onu ha, infatti, prolungato il mandato delle truppe fino al 13 ottobre 2011, visti gli sforzi e i successi nel ridurre le vittime civili e riconoscendo alle truppe l’importante ruolo nel processo di pacificazione. Ma in Afghanistan non accennano a diminuire le vittime militari: tre soldati della coalizione, la cui nazionalità non è stata ancora resa nota, sono stati uccisi in un attacco nell’ovest del Paese.

    Continuano gli scioperi in Francia ed è allarmismo sul carburante
    Continuano in Francia le proteste verso la riforma del sistema pensionistico, dove sono previsti per oggi ulteriori scioperi e manifestazioni. Particolarmente dura è la reazione dei lavoratori del settore dei trasporti, che hanno occupato e bloccato 10 delle 12 raffinerie di petrolio del Paese, mettendo a rischio la produzione di carburante. Il segretario di Stato ai Trasporti francese, Dominique Busserau, ha, tuttavia, affermato stamane alla tv LCI che “non ci sarà penuria di benzina alle stazioni di servizio e che le scorte di carburante saranno sufficienti per il prossimo mese”. Secondo i dati forniti, il consumo alle pompe di benzina è, infatti, aumentato questa settimana del 50% per i primi fenomeni di accaparramento e numerosi sono stati i clienti che hanno riempito taniche di emergenze. Il Senato ha intanto rimandato il dibattito della contestata riforma, che innalzerebbe l’età minima pensionabile da 60 a 62 anni, da venerdì a mercoledì prossimo.

    A rischio l’ingresso della Serbia nell’Unione Europea
    Battuta di arresto per la Serbia nel processo d’integrazione europeo. La maggioranza del Parlamento olandese ha votato oggi una risoluzione con cui si chiede al prossimo ministro degli Esteri di continuare a opporsi all'avvio dei negoziati di adesione con la Serbia fino a quando le autorità di Belgrado non dimostreranno piena cooperazione con il Tribunale dell'Aja per assicurare la cattura dei responsabili dei crimini di guerra commessi nell'ex Jugoslavia. Il Ministero degli esteri olandese ha fatto sapere che se il 25 ottobre i ministri Ue si diranno in disaccordo con la decisione dell'Olanda, l'Olanda si adopererà per ottenere da Belgrado la piena cooperazione.

    La Commissione europea rivede la proposta di moratoria sulle trivellazioni off-shore
    Dopo la fine della moratoria sulle trivellazioni off-shore, nel Golfo del Messico, voluta da Obama, ieri, anche la Commissione europea decide di riaffrontare l’argomento. Abbandonata la proposta di una moratoria sulle trivellazioni profonde nelle acque mediterranee, così come chiesto da Greenpeace, in seguito al veto della Gran Bretagna e del parere negativo del Parlamento, la proposta è ora quella di rendere le norme il più rigide possibile. Quella che la Commissione propone oggi, e che dovrà diventare oggetto di una proposta formale a gennaio prossimo, è quindi una stretta sulle norme che riguardano prevenzione, misure d'emergenza e responsabilità finanziaria. Per concedere nuove licenze di trivellazione, ha spiegato il commissario Ottinger, “gli Stati dovranno accertarsi che le compagnie abbiano: elevati standard di sicurezza, un piano d'emergenza e i mezzi finanziari per risarcire eventuali danni ambientali in caso d'incidente”.

    Pechino definisce il Premio Nobel un’istigazione al crimine
    Continuano gli appelli della comunità internazionale per il rilascio del premio Nobel per la pace Liu Xiaobo. Ferma è tuttavia la replica di Pechino che definisce l’assegnazione del premio un’istigazione al crimine. “Liu Xiaobo è un criminale condannato. Assegnargli il Nobel equivale a incoraggiare il crimine”. Queste le parole del portavoce del ministro degli Esteri cinese Ma Zhaoxu. Anche la stampa cinese si unisce al governo, definendo la premiazione di Xiaobo un tentativo dell’occidente di minare la crescita economica: “Questi sperano di disturbare la crescita della Cina e di fare pressioni su di lei perché un giorno crolli sotto il peso della crociata ideologica dei Paesi sviluppati”. Voci di dissenso si levano invece da Hong Kong, dove l’arcidiocesi e diversi gruppi per la difesa dei diritti civili e umani chiedono la liberazione immediata di Xiaobo.

    Il Giappone chiede a Google di cancellare il nome cinese delle isole rivendicate
    Nuova rivendicazione giapponese sulle isole Senkaku, l’arcipelago conteso con Pechino e Taiwan. Ieri un parlamentare liberaldemocratico giapponese ha consegnato personalmente alla divisione nipponica di Google la richiesta ufficiale di cancellare il nome cinese dell’arcipelago conteso dal motore di ricerca. La proposta è stata subito appoggiata dal ministro degli Esteri di Tokio, Maehara, che ha dichiarato: "Le isole Senkaku fanno parte del territorio giapponese e ho intenzione di portare avanti una richiesta formale come ministero degli Esteri". Google Japan ha fatto sapere che l'azienda non ha ancora ricevuto comunicazioni ufficiali dal ministero sulla questione, ma che è “pronta a valutare la domanda”. Sulle cartine digitali di Google Maps al momento compaiono sia il nome giapponese sia quello cinese delle isole, amministrate da Tokyo ma da anni rivendicate anche da Pechino e Taiwan per la possibile presenza di ricche risorse minerarie. Il mese scorso l'area è stata teatro di una tesa disputa diplomatica tra le due potenze economiche dell'Asia orientale, ancora oggi non del tutto appianata, dopo che Tokyo aveva fermato presso le isole un peschereccio cinese e detenuto per alcuni giorni il suo capitano, provocando la dura protesta di Pechino.

    Chavez a Mosca: nuovi accordi tra Venezuela e Russia
    I governi di Venezuela e Russia sono pronti a siglare nuovi accordi militari, economici e finanziari. Il piano di cooperazione tra i due Paesi è al centro della visita del presidente venezuelano Hugo Chavez a Mosca, dove sono previsti incontri del capo di Stato venezuelano con il presidente russo Dmitry Medvedev e il primo ministro Vladimir Putin. Sul significato di questo viaggio di Chavez in Russia ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco, Fulvio Scaglione, vice-direttore di Famiglia Cristiana ed esperto dell'area ex-sovietica:

    R. – Io credo che sia in atto, dopo la stagione della corsa folla del prezzo del petrolio e poi del suo abbattimento a causa della crisi economica e finanziaria globale, un riassetto proprio degli equilibri nel settore energetico. Un riequilibrio nei Paesi che del settore energetico fanno il punto di forza. E questo riassetto è evidentemente un riassetto che non è solo economico, ma anche geostrategico.

    D. – Quali effetti può avere a livello mondiale questa forte cooperazione tra Russia e Venezuela?

    R. – Potrebbe addirittura essere la base di un’associazione di Paesi produttori di gas e petrolio, alternativa a quella che ha per protagonisti soprattutto i Paesi arabi del Golfo. Questa sarebbe un’iniziativa che andrebbe a ridimensionare l’influenza politica globale degli Stati Uniti, che dell’alleanza con i Paesi produttori di petrolio nel Golfo hanno fatto uno dei capisaldi della loro politica.

    D. – La Russia ha già venduto elicotteri, caccia militari e vari armamenti al Venezuela. Come leggere questo tipo di accordi tra i due Paesi?

    R. – La Russia ha in qualche modo interesse a sostenere, anche militarmente, un regime come quello di Chavez, che si propone come una sorta di baluardo contro l’influenza americana in America Latina. L’America Latina in questo momento è oggetto di molte attenzioni, per esempio anche di quelle cinesi. Per gli Stati Uniti è il “cortile sul retro”. Quindi in America Latina si stanno svolgendo delle partite piuttosto importanti. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Marco Onali)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 287

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