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Sommario del 12/10/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Motu Proprio per il Dicastero vaticano della nuova evangelizzazione: annunciare Cristo sempre e dovunque
  • Mons. Fisichella: un nuovo dicastero per riportare il messaggio di Cristo nei cuori di chi non lo comprende più
  • Dal Sinodo l'auspicio di un’alba nuova per il Medio Oriente
  • Appello dei Padri sinodali in favore dei cristiani in Iraq. Mons. Warduni: a volte ci sentiamo soli
  • Concluse le celebrazioni per il Millenario dell’Abbazia di Saint-Pierre de Solesmes
  • Messa in San Pietro, ieri, nella memoria del Beato Giovanni XXIII
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Cile. Al via oggi le operazioni di salvataggio dei minatori. Mons. Quintana: tutto il Paese è in preghiera
  • Vertice tra Usa e Paesi Asean ad Hanoi
  • Conferenza alla Gregoriana. Messaggio di Obama: dialogo interreligioso fondamentale per il mondo di oggi
  • Chiesa e Società

  • Bruxelles: seminario della Comece su Cittadinanza e libertà religiosa dei cristiani in Medio Oriente
  • Sudan. I leader cristiani all’Onu: “rischi di guerra se non verrà rispettata la volontà popolare”
  • Pakistan: le Ong denunciano clientelismo e corruzione per la “tessera del profugo”
  • Zimbabwe: insicurezza alimentare per oltre 1,3 milioni di persone
  • Costa d'Avorio: l’arcivescovo di Abidjan esorta i cattolici a votare candidati capaci e onesti
  • La Guinea Conakry verso il voto: si fa strada l’ipotesi di un governo di unità nazionale
  • Aiuti del Senegal ad Haiti, che intanto aspetta i fondi internazionali promessi
  • Bolivia: perplessità dei vescovi sulla legge antirazzismo
  • Vietnam: appello della Chiesa per le vittime delle piogge torrenziali che hanno colpito il Paese
  • Asia del sud: allarme per la febbre emorragica dengue
  • Il Brasile celebra oggi la festa della patrona del Paese, la Madonna di Aparecida
  • Messico: è tutto pronto per il Congresso Missionario delle Pom
  • Isole Salomone: le Salesiane aprono una nuova casa di accoglienza per ragazze
  • Sri Lanka: giornata del Rosario per i bambini
  • Cina: l'impegno della diocesi di Wen Zhou nella catechesi per i sordomuti
  • Germania: mons. Zollitsch chiede ai musulmani maggiori sforzi per l'integrazione
  • Svezia: nelle scuole tornerà preminente l’insegnamento del cristianesimo
  • Mani Tese scende in 100 piazze italiane per lanciare la campagna “Food for world”
  • Presentato il Dvd "Benedetto XVI Pellegrino in Terra Santa"
  • 24 Ore nel Mondo

  • Gremita la Basilica di Santa Maria degli Angeli per i funerali dei quattro alpini morti in Afghanistan
  • Il Papa e la Santa Sede



    Motu Proprio per il Dicastero vaticano della nuova evangelizzazione: annunciare Cristo sempre e dovunque

    ◊   “La Chiesa ha il dovere di annunciare sempre e dovunque il Vangelo di Gesù Cristo”. Questo l’incipit della Lettera apostolica di Benedetto XVI, in forma di Motu Proprio, che dà vita al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Il servizio di Roberta Gisotti.

    “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli”, fedele a questo comando di Gesù la Chiesa, “non si è mai stancata di far conoscere al mondo intero la bellezza del Vangelo”. “Missione evangelizzatrice” - si legge nel documento - “necessaria e insostituibile” per la Chiesa, “espressione della sua stessa natura” e che “ha assunto nella storia forme e modalità sempre nuove a seconda dei luoghi, delle situazioni e dei momenti storici”. Missione oggi chiamata a misurarsi con “il fenomeno del distacco dalla fede”, presso società e culture che da secoli apparivano impregnate dal Vangelo. Le trasformazioni sociali negli ultimi decenni hanno infatti “profondamente modificato la percezione del nostro mondo”, osserva Benedetto XVI. “Tutto ciò non è stato senza conseguenze anche per la dimensione religiosa della vita dell’uomo”. “E se da un lato l’umanità ha conosciuto innegabili benefici” e la Chiesa ha ricevuto ulteriori stimoli per rendere ragione della speranza che porta, dall’altro si è verificata una preoccupante perdita del senso del sacro, giungendo persino a porre in questione quei fondamenti che apparivano indiscutibili, come la fede in un Dio creatore e provvidente, la rivelazione di Gesù Cristo unico salvatore, e la comune comprensione delle esperienze fondamentali dell'uomo quali il nascere, il morire, il vivere in una famiglia, il riferimento ad una legge morale naturale”.

    Alla luce delle preoccupazioni già espresse a partire dal Concilio Vaticano II, da Paolo VI e da Giovanni Paolo II, per il “continuo diffondersi dell’indifferentismo, del secolarismo e dell’ateismo”, in particolare nei Paesi del cosiddetto Primo Mondo, Benedetto XVI auspica un nuovo slancio missionario nel mondo contemporaneo, che esige – raccomanda il Papa – “un attento discernimento”, rispetto alla “diversità di situazioni”. Nuova evangelizzazione non significa infatti dover elaborare un’unica formula uguale per tutte le circostanze. L’importante - conclude la Lettera apostolica - è che anzitutto “si faccia profonda esperienza di Dio”. E tra gli articoli istitutivi del Consiglio, che opererà in collaborazione con gli altri Dicasteri e Organismi della Curia romana, si segnala di “approfondire il significato teologico e pastorale della nuova evangelizzazione".

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    Mons. Fisichella: un nuovo dicastero per riportare il messaggio di Cristo nei cuori di chi non lo comprende più

    ◊   Un dicastero che non è una risposta “burocratica” alla scristianizzazione oggi diffusa in Europa e in altre zone che già conoscono il Vangelo, ma la risposta del Papa per riportare il messaggio di Cristo nei cuori di chi non lo comprende più. E’ questo in sintesi l’obiettivo che si pone il neo-dicastero della Nuova Evangelizzazione, così come lo ha presentato questa mattina in Sala Stampa vaticana il suo presidente, l’arcivescovo Rino Fisichella, che ha risposto a lungo alle domande dei giornalisti. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Non c’era bisogno di un dicastero per una Nuova Evangelizzazione quasi a sancire il fallimento di quella tradizionale. C’era il bisogno urgente di ripensare i modi di essere “sempre e dovunque” – come recita l’incipit del Motu Proprio di Benedetto XVI – da parte della Chiesa nel mezzo di società che patiscono l’eclissi del senso di Dio. Con chiarezza, mons. Fisichella ha tracciato la genesi spirituale del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, definita una “intuizione profetica” di Benedetto XVI, inserita nel solco aperto dai suoi immediati predecessori fino al Vaticano II e aderente alla fase storica del mondo:

    “Viviamo un tempo di gradi sfide, che incidono non poco nei comportamenti di intere generazioni, dovute al fatto della conclusione di un'epoca con l'ingresso in una nuova fase per la storia dell'umanità. A tanti elementi positivi, che consentono di vedere un impegno più coerente nella vita di fede – dovuto anche ad una conoscenza più profonda dei suoi contenuti - corrispondono non di rado forme di 'distacco dalla fede' come conseguenza di una diffusa forma di indifferenza religiosa, preludio per un ateismo di fatto”.

    Chiese di antica tradizione che “risentono” del “deserto interiore” nel quale arranca l’uomo del 21.mo secolo, specie nelle aree dove il Vangelo vive da secoli, se da non millenni. In questo confronto, ha affermato mons. Fisichella, si svilupperà il lavoro del dicastero, da oggi nelle sue piene funzioni:

    “L'obiettivo appare da subito come una grande sfida che viene a porsi per la Chiesa intera nel dover riflettere e trovare le forme adeguate per rinnovare il proprio annuncio presso tanti battezzati che non comprendono più il senso di appartenenza alla comunità cristiana e sono vittima del soggettivismo dei nostri tempi con la chiusura in un individualismo privo di responsabilità pubblica e sociale”.

    “Nuova Evangelizzazione”, ha proseguito il presule, non vuole né essere “una formula uguale per tutte le circostanze” – perché ogni zona del mondo ha mentalità, cultura e ambiente a sé – e nemmeno una “formula astratta”, e questo è sancito dal modo in cui il nuovo Pontificio Consiglio si muoverà, cioè in sinergia con gli altri dicasteri di Curia e con i vescovi locali:

    “Noi avremo i contatti con le Conferenze episcopali e quindi con le Conferenze episcopali dovremo essere capaci di trovare le forme per sostenere l’azione pastorale che già è in atto. Debbo dire che in diversi Paesi, comunque, ci sono già un pullulare di iniziative da diversi anni, che tendono proprio a questo tema della nuova evangelizzazione”.

    Tre saranno le piste di lavoro principali: la “sistematizzazione” del magistero dedicato all’evangelizzazione, la promozione del Catechismo della Chiesa cattolica, che nel 2012 festeggerà il 20.mo di pubblicazione, e l’uso a fini apostolici dei media vecchi e nuovi. Ai giornalisti che paventavano il rischio che il nuovo dicastero possa configurarsi come una sovrastruttura di tipo burocratico rispetto agli organismi esistenti, mons. Fisichella ha replicato:

    “Papa Benedetto XVI non credo sia l’uomo della burocrazia. Papa Benedetto XVI è l’uomo dell’annuncio, è l’uomo che con profonda intelligenza teologica e cultura ha saputo individuare questo spazio per impegnare la Chiesa in maniera concreta a servizio della missione che la Chiesa possiede da sempre”.

    Insistenti le domande sulla “geografia” di competenza del dicastero. Il suo presidente ha spiegato che se “forse” l’Europa guida la classifica del continente più “scristianizzato”, in realtà ciò che si farà sarà quello di commisurare il grado di lontananza dalla vita ecclesiale al contesto socioculturale in cui esso si manifesta. Sarà questo a regolare l’azione del dicastero, per cui se il Vecchio continente sarà considerato soprattutto in rapporto alla secolarizzazione, in America Latina, per esempio, verrà valutato più da vicino il fenomeno delle sette religiose. In ogni caso, ha concluso mons. Fisichella, il dicastero è una reazione a questo stato di cose:

    “Io credo che questo sia il segnale che il Papa ha dato di non rimanere in silenzio per il distacco di molti fedeli dalla Chiesa. Se siamo stati in silenzio, forse, davanti a queste situazioni di assunzione passiva degli effetti del secolarismo, adesso è il momento di riprendere, invece, la nostra parola forte e coraggiosa, perché siamo araldi del Vangelo”.

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    Dal Sinodo l'auspicio di un’alba nuova per il Medio Oriente

    ◊   Un’alba nuova per il Medio Oriente: è l’auspicio espresso stamani dal Sinodo dei Vescovi per la regione, in corso in Vaticano sul tema della “comunione e testimonianza”. Durante la terza Congregazione generale, alla presenza di Benedetto XVI, i Padri sinodali hanno richiamato l’attenzione anche sull’Iraq, chiedendo la fine dei conflitti. Al termine della mattinata, sono stati eletti anche i membri della Commissione per il Messaggio. Ieri pomeriggio, invece, spazio alle “Relazioni continentali” dedicate ai rapporti tra il Medio Oriente e gli altri continenti. Il punto della situazione da Isabella Piro:

    Lavorare tutti insieme per preparare un’alba nuova per il Medio Oriente. Lo chiede il Sinodo, lanciando un appello perché terminino i conflitti, le correnti aggressive dell’Islam, e ci sia rispetto per la libertà religiosa. Di scena, in particolare, l’Iraq: senza dialogo non ci saranno pace e stabilità, dicono i vescovi, e le voci devono unirsi nella denuncia del grande affare economico del commercio delle armi. I cristiani vogliono vivere in pace e libertà, invece di sopravvivere e l’esodo, definito mortale, è una sfida che va affrontata.

    E un pensiero è andato anche all’Afghanistan: pur non presente al Sinodo come Paese del Medio Oriente, è stato comunque ricordato nella solidarietà dai Padri sinodali, a causa delle tribolazioni vissute dalla popolazione locale. Richiamata, quindi, la responsabilità delle potenze occidentali, in particolare di quelle che hanno commesso errori storici nei confronti del Medio Oriente, affinché il grido di giustizia e pace nella regione non rimanga inascoltato. Il Sinodo ribadisce anche la collaborazione tra le Chiese mediorientali e quelle del Maghreb e definisce “imperativa” l’importanza dei mass media: grazie a loro, infatti, si possono diffondere nella popolazione le nozioni su cittadinanza, uguaglianza, accettazione della diversità, evitando la manipolazione delle masse e la deriva verso l’estremismo.

    L’Aula affronta, poi, il dialogo tra cristiani e musulmani, visto come un arricchimento reciproco: dall’Islam, i cristiani possono imparare ad essere più praticanti, mentre la loro vicinanza al Vangelo fa riflettere i musulmani su una lettura critica del Corano. In quest’ottica, i Padri sinodali deplorano iniziative provocatorie nei confronti dell’Islam, come le vignette satiriche o i roghi del Corano, mentre incoraggiano le attività degli scout in cui i ragazzi sono fianco a fianco, senza distinzione di credo. Poi i dati confortanti sull’educazione: in Medio Oriente la Chiesa cattolica cura un migliaio di istituzioni scolastiche con circa 600mila alunni, quattro università, otto istituti superiori ecclesiastici e almeno 10 seminari di diversi riti. Molto apprezzati, tutti questi centri sono aperti anche ai più poveri. Segnalata anche l’importanza di un laicato maturo nella fede e consapevole nella vocazione, così come dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità, che non rappresentano una minaccia, ma un sostegno prezioso ed indispensabile per rivitalizzare l’evangelizzazione. Una pagina singolare, poi, viene dedicata alla questione delle sètte: una cinquantina, ad esempio, quelle presenti in Giordania. Auspicata, allora, la cura pastorale della famiglie e la revisione dei libri di catechismo. Infine, alcuni auspici: istituire Commissioni di dialogo interreligioso in Medio Oriente, snellire le procedure per le elezioni dei Patriarchi e creare una “banca dei sacerdoti senza frontiera”, pronti ad essere inviati nella regione mediorientale per incoraggiare i cattolici e conservarli nella fede.

    A dominare i lavori di ieri pomeriggio, invece, sono state le cinque “Relazioni continentali”, dedicate ai rapporti tra il Medio Oriente ed il resto del mondo. Denominatore comune dei cinque interventi è stata la questione delle migrazioni che porta i cristiani del Medio Oriente in tutto il mondo. Ribadito, quindi, il sostegno, anche attraverso la Caritas Internationalis, a coloro che vivono la diaspora, così come la necessità di comunione e l’importanza dell’eredità culturale cristiana del Medio Oriente la quale, soprattutto in Europa, risveglia la coscienza dei fedeli. Auspicata, poi, la giusta formazione dei laici e dei presbiteri, in vista di un’azione missionaria condivisa. E ancora: richiamati la riflessione sulla liturgia che, se radicata nella tradizione, aiuta a preservare la vivacità della fede, e il rinnovamento dell’attività missionaria, poiché, si è detto in Aula, la Chiesa del Medio Oriente non deve avere né paura né vergogna di predicare il Vangelo. Infine, ricordata l’importanza della diffusione della cultura biblica, affinché la Parola di Dio sia fondamento di ogni educazione, insegnamento e dialogo per costruire una civiltà pacifica.

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    Appello dei Padri sinodali in favore dei cristiani in Iraq. Mons. Warduni: a volte ci sentiamo soli

    ◊   Al Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente è risuonato l’appello in favore dei cristiani in Iraq, “vittime della guerra, ma non tenuti sufficientemente in considerazione dalla comunità internazionale”. Secondo mons. Shlemon Warduni, vicario patriarcale di Babilonia dei Caldei, “per garantire la presenza dei cristiani nel Paese occorre lavorare di più per costruire la pace e la sicurezza. Inoltre – ha detto – sono di fondamentale importanza l’unità tra le Chiese del Medio Oriente e il dialogo interreligioso”. Al microfono di Paolo Ondarza, mons. Warduni spiega le attese dei cristiani iracheni da queste giornate di lavori in Vaticano.

    R. – Ho portato i saluti dei bambini, dei giovani, delle famiglie irachene che aspettano maggiore efficacia nel sostenerli perché sì, ringraziamo tutti per le loro preghiere, ma veramente tante volte abbiamo sentito che siamo soli.

    D. – Quando si parla di Iraq, poco si parla dei cristiani …

    R. – Purtroppo è così. Però, noi in genere parliamo di tutti gli iracheni, perché siamo nella stessa situazione. Il terrorismo non fa differenza: le autobombe, i kamikaze e i rapimenti delle persone non sanno se chi colpiscono sia cristiano o musulmano … Però bisogna insistere anche sui cristiani, perché i cristiani non fanno male a nessuno; i cristiani vogliono vivere in pace con tutti. Allora, perché fanno questo ai cristiani?

    D. – Che risposta dà a questo essere i cristiani obiettivo dei terroristi?

    R. – Io direi che il fanatismo è il male seminato nei cuori dei terroristi che produce questo; poi, un po’ c’è anche l’odio contro il cristianesimo, la cattiveria. Perciò noi preghiamo anche per i terroristi, perché il Signore dia loro la grazia, l’apertura della mente e del cuore.

    D. – Mons. Warduni, i cristiani in Iraq sanno dello svolgimento di questo Sinodo per il Medio Oriente in Vaticano?

    R. – Certamente. Abbiamo parlato anche con i laici; abbiamo organizzato un incontro con oltre 200 tra ragazze e ragazzi laici e ne abbiamo parlato, e abbiamo chiesto le loro preghiere per il buon esito di questo Sinodo.

    D. – Una domanda sulla situazione in generale in Iraq: le notizie adesso sono anche meno frequenti rispetto a quelle che ci giungevano fino a qualche anno fa. Oggi, a che punto siamo?

    R. – C’è un po’ di miglioramento, ma non è assolutamente sufficiente. Poi, riguardo ai mass media, direi che veramente non fanno il loro lavoro come dovrebbero, perché quando ci sono centinaia di morti, allora parlano; se i morti sono soltanto dieci, allora questo non ha importanza e questo è molto grave. Richiamo quindi la coscienza dei mass media affinché facciano bene il loro dovere, di portare la verità al mondo, di mettere concordia fra gli uomini, e questo lo possono fare; dire anche le cose positive che possono esserci, e quindi seminare la fratellanza e la pace.

    D. – Se dovesse suggerire appunto ai mass media un argomento positivo che riguarda la situazione in Iraq, che cosa direbbe?

    R. – La prima cosa è che i cristiani ancora resistono, e sono lì e vivono malgrado tutte le difficoltà e anche malgrado il fatto che tanti abbiano lasciato l’Iraq. La seconda cosa è che le Chiese svolgono tutte le loro attività nonostante tutte le difficoltà: il catechismo, gli incontri dei giovani, gli incontri dei cristiani, la celebrazione delle funzioni liturgiche; e poi, le nostre chiese, le nostre case sono sempre aperte a tutti. Quindi resistiamo fondandoci sulla Parola del Signore: “Sono con voi fino alla fine del mondo”.

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    Concluse le celebrazioni per il Millenario dell’Abbazia di Saint-Pierre de Solesmes

    ◊   Una solenne Liturgia Eucaristica ha concluso stamani le celebrazioni per il Millenario dell’Abbazia di Saint-Pierre de Solesmes, nella diocesi di Le Mans, in Francia, apertesi il 12 ottobre dell’anno scorso. A presiedere la celebrazione è stato il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, Inviato speciale del Santo Padre. Celebre per il canto gregoriano dei suoi monaci, l’Abbazia di Solesmes fu fondata all’inizio dell’XI secolo da Goffredo il Vecchio, signore di Sablé, che donò ai monaci dell’Abbazia di La Couture il suo maniero di Solesmes con le terre annesse. Da La Couture giunsero i primi monaci che vi costituirono una comunità sotto la regola di San Benedetto. Saccheggiato e incendiato durante la guerra dei Cent’anni (1337-1453) il monastero conobbe un periodo di ripresa e rinnovamento nei secoli successivi fino all’epoca della Rivoluzione, quando l’Assemblea costituente proibì i voti religiosi. All’inizio del 1791 i monaci iniziarono a lasciare il monastero: coloro che vollero restarvi furono imprigionati o deportati nell’isola di Jersey; in quegli anni difficili, gli abitanti del borgo si adoperarono per la sopravvivenza dell’Abbazia e riuscirono a porre al sicuro la venerata reliquia della Santa Spina, che tuttavia poté essere ricollocata nel monastero solo nel 1850. A quel tempo Solesmes era in piena ripresa grazie a dom Prosper Guéranger, giovane sacerdote di Le Mans, che vi prese dimora nel 1833 insieme a tre compagni. Egli ricostituì l’Ordine di San Benedetto, l’Ordine di Cluny e delle Congregazioni di Saint-Vanne e di Saint-Maur con l’ufficio divino e gli studi ecclesiastici, salvando il monastero dalla distruzione; nel 1837, il priorato fu elevato al rango di Abbazia madre della Congregazione di Francia dell’Ordine di San Benedetto. L’impulso dato da dom Guéranger alla rinascita del canto gregoriano si collocava nella sua ricerca dell’essenza dello spirito benedettino nella liturgia e nella vita monastica: in tale visione il canto costituiva un modo privilegiato di cercare Dio e di celebrare la sua lode, una preghiera viva per aiutare le anime ad innalzarsi verso il Signore. La Congregazione di Solesmes, che oggi festeggia il millenario in coincidenza con la data della dedicazione della chiesa – 12 ottobre 1010 – è presente in tre Continenti e conta 23 monasteri maschili e otto femminili. La cura del canto gregoriano, auspicata dal Concilio Vaticano II, prosegue ai giorni nostri in tutte le comunità della Congregazione, come tradizione secolare della Chiesa da consegnare alle giovani generazioni monastiche. In una intervista rilasciata alla nostra emittente, il cardinale Tauran ha affermato che “questa grande Abbazia, dominata dalla figura di dom Guéranger, restauratore del canto gregoriano, richiama la società d’oggi alla necessità di una vita interiore, intesa in senso più ampio e quindi non soltanto una vita spirituale, ma anche una vita culturale”; ci invita a “saperci fermare e apprezzare il silenzio per comprendere chi siamo e dove andiamo. Io credo che nel mondo di oggi – ha concluso il porporato - i monasteri siano delle oasi spirituali, dei polmoni verdi nelle nostre città”. (M.V – H.D)

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    Messa in San Pietro, ieri, nella memoria del Beato Giovanni XXIII

    ◊   Ieri, nella memoria liturgica del Beato Giovanni XXIII, anniversario dell'apertura del Concilio ecumenico Vaticano II, è stata celebrata la Messa all'altare che ne custodisce le spoglie in San Pietro. L'ha presieduta il cardinale Walter Kasper, che ha tenuto l'omelia. Con il porporato – riferisce L’Osservatore Romano - ha concelebrato una qualificata rappresentanza di Padri sinodali: il patriarca siro Younan, che è presidente delegato, l'arcivescovo maggiore Siro-malankarese Thottunkal, gli arcivescovi Vasil', segretario della Congregazione per le Chiese Orientali, e Farhat, già nunzio in Turchia e quindi successore di Roncalli, con i vescovi Salachas, esarca apostolico per i cattolici di rito bizantino residenti in Grecia, Bercea, di Oradea Mare, Gran Varadino dei Romeni, e Puthur, di Ernakulam-Angamaly dei Siro-malabaresi. C'era inoltre il custode di Terra Santa, Pizzaballa, con altri sacerdoti, religiose e fedeli di Bergamo e di Roma. Si è trattato di un omaggio dell'Oriente a Papa Roncalli per affidargli una preghiera "per Benedetto XVI e tutti i Padri sinodali, perché in docilità allo Spirito sappiano indicare alle Chiese orientali nuovi sentieri di pace e di unità che le mantengano saldamente sulla via che è Cristo".

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il Vangelo sempre e ovunque: il testo italiano della lettera apostolica in forma di Motu Proprio con cui Benedetto XVI ha istituito il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.

    Quello che lo Spirito dice alle Chiese: in prima pagina, Frederic Manns sui Padri sinodali in ascolto.

    Le sfide della pace, dei diritti umani e della povertà: nell'informazione internazionale, intervento della Santa Sede alle Nazioni Unite.

    La piaga della fame e la speculazione sui prezzi agricoli: la Commissione per la sicurezza alimentare studia strategie di contrasto.

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    Oggi in Primo Piano



    Cile. Al via oggi le operazioni di salvataggio dei minatori. Mons. Quintana: tutto il Paese è in preghiera

    ◊   Cresce l'attesa in Cile, in vista del salvataggio dei 33 minatori intrappolati da 67 giorni a 700 metri di profondità nella miniera di San Josè, a Copiapò: la delicata operazione inizierà alla mezzanotte di oggi in Cile, le cinque del mattino di domani in Italia. Terminati i lavori di rafforzamento delle pareti del pozzo, resta da completare la struttura necessaria alla capsula che porterà in salvo i minatori. Tutte le chiese del Paese seguiranno con veglie di preghiera e celebrazioni eucaristiche l'operazione fino a che l'ultimo uomo sarà tornato in superficie. Tante le emozioni che animano queste ore, come testimonia mons. Francisco Quintana, vescovo di Copiapò, al microfono di Linda Giannattasio:

    R. - Mucha emoción y mucha alegria...
    C’è molta emozione e molta gioia da parte delle famiglie di qui, di Copiapò e di tutto il Paese per questa buona notizia. Siamo tutti molto contenti, stiamo pregando molto affinché le operazioni di salvataggio vadano a buon fine.

    D. – Sono molti i rischi di queste operazioni. Lei in questi mesi ha accompagnato sempre le famiglie dei minatori. Come stanno vivendo ora?

    R. – Con mucha expectativa...
    Con grande aspettativa, con molta speranza e fiducia. Domenica c’era un bel gruppo di familiari riuniti per la Santa Messa, hanno pregato perché l’operazione possa avere successo. Io, domenica, sono salito alla miniera, le famiglie a turno parlavano con i minatori. Da quasi un mese c’è, infatti, un servizio giornaliero grazie al quale le famiglie conversano con i minatori: cinque minuti ogni famiglia per parlare e dare loro sollievo e coraggio. Tutti stanno aspettando la liberazione con tanto desiderio e speranza.

    D. – I minatori con che animo stanno trascorrendo queste ultime ore?

    R. – Con mucha tranquilidad...
    Con molta tranquillità, perché i medici hanno già organizzato tutto. Durante questi giorni si stanno provando le operazioni perché tutti escano in buone condizioni. Si fanno le prove degli elicotteri che li porteranno fuori ed è già pronto il luogo dove staranno le famiglie, fuori della miniera, a distanza, perché è previsto che i 33 escano dalla miniera e passino immediatamente al controllo medico all’ospedale di Copiapò, dove verranno controllate le condizioni di salute.

    D. – Che farà in questi giorni la Chiesa cilena, in particolare la diocesi di Copiapò?

    R. – Tuvimos la Misa...
    Abbiamo celebrato la Messa, domenica e abbiamo pregato. Sopra la miniera ci sono gruppi di preghiera. Noi come Chiesa cattolica stiamo organizzando una Messa di ringraziamento nella Cattedrale e nel Santuario di Nostra Signora della Candelaria. La Vergine della Candelaria è la patrona dei minatori. Ci stiamo organizzando, perché sia tutto pronto quando ci sarà la liberazione.

    D. – Questa storia così drammatica può lanciare oggi un messaggio di speranza?

    R. – Por supuesto, yo creo que...
    Sicuramente. Credo che ciò che umanamente appariva impossibile è stato reso possibile dalle preghiere e dalla solidarietà. Il messaggio è che anche nei momenti più difficili non bisogna mai perdere la fiducia nel potere misericordioso di Dio. Bisogna avere la sicurezza che Dio fa miracoli attraverso l’esperienza e la scienza umana – l’ingegneria, la medicina – che hanno lavorato in equipe, perché tutte le operazioni avessero successo.

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    Vertice tra Usa e Paesi Asean ad Hanoi

    ◊   Le recenti tensioni per le rivendicazioni territoriali di alcune isole da parte di Cina e Vietnam sono state al centro della riunione tenutasi oggi ad Hanoi tra Stati Uniti e ministri della Difesa dei Paesi aderenti all’Associazione delle Nazioni dell'Asia Sud-Orientale (Asean). Aprendo la riunione, il premier vietnamita, Nguyen Tan Dung, ha dichiarato che l’incontro si è rivelato una nuova e importante tappa della cooperazione dell’Asean nel settore della difesa. Sul tema delle contese territoriali al centro del vertice si sofferma il giornalista freelance e autore del sito www.sudestasiatico.com, Roberto Tofani, raggiunto telefonicamente ad Hanoi da Amedeo Lomonaco:

    R. – Questo vertice si è tenuto in un momento abbastanza delicato nei rapporti tra i Paesi Asean, e in particolare tra Vietnam e Cina. L’assegnazione del Premio Nobel per la Pace al dissidente cinese Liu Xiao Bo, ha creato poi nuova tensione nei rapporti tra Pechino e Washington. In particolare, i ministri della Difesa si sono incontrati ad Hanoi per discutere su questioni di difesa. Nel caso specifico, c’è una tensione provocata dalla rivendicazione territoriale sugli arcipelaghi di Spratleys e Paracelso. Si tratta di una rivendicazione che soprattutto Hanoi e Pechino fanno da anni. Ci sono stati anche scontri negli anni passati. La tensione fra il governo vietnamita e quello cinese è poi salita negli ultimi tempi, soprattutto quando c’è stata una visita della delegazione del ministero della Difesa statunitense ad Hanoi. In particolare, il ministero della Difesa americano ha stretto rapporti di collaborazione e di intesa con quello vietnamita, suscitando la reazione di Pechino.

    D. – Queste controversie territoriali tra Cina e Vietnam rappresentano una minaccia concreta per la stabilità della regione?

    R. – Diciamo che siamo ben lontani dall’ipotesi di un conflitto armato, in particolare perché comunque l’Asean ha come primo obiettivo quello di creare un’area di libero scambio. L’Asean riunisce 10 Paesi con una popolazione superiore ai 600 milioni di persone e ha già concluso un accordo di libero scambio con la Cina. Quindi c’è la volontà di risolvere questa disputa territoriale in modo pacifico.

    D. – Altro tema riemerso in modo prorompente nei giorni scorsi, con il Premio Nobel al dissidente cinese Liu Xiao Bo, è quello dei diritti umani. Quali passi può compiere l’Asean per una maggiore tutela della dignità della persona?

    R. – A livello Asean, l’anno scorso è stato costituito per la prima volta un comitato sui diritti umani. Visto dall’Occidente può sembrare poca cosa. Visto da qui, è sicuramente un primo passo importante. A livello regionale Asean, il discorso è ben complicato perché all’interno di questa Associazione sono presenti Paesi come Singapore, Laos, Myanmar, Vietnam, Filippine, Indonesia. Sono Stati fortemente distanti tra loro sia economicamente sia politicamente.

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    Conferenza alla Gregoriana. Messaggio di Obama: dialogo interreligioso fondamentale per il mondo di oggi

    ◊   “Costruire ponti di speranza”: è il titolo di una conferenza che si tiene oggi alla Gregoriana, promossa dall’ateneo pontificio e dell’Ambasciata americana presso la Santa Sede. All’evento, incentrato sulle esperienze concrete di dialogo interreligioso, partecipa anche il reverendo Joshia DuBois, consigliere per gli affari religiosi del presidente Barack Obama. Dalla Gregoriana, il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Il dialogo interreligioso è fondamentale per affrontare le sfide più urgenti del mondo di oggi”: così il presidente americano, Barack Obama, in un messaggio indirizzato alla Conferenza “Bulding Bridges of Hope”, in corso alla Gregoriana. Un evento iniziato con un momento di preghiera guidato da mons. Pierluigi Celata, segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Il presule ha messo l’accento sulla comune responsabilità dei credenti nel dare speranza agli uomini del nostro tempo. Un appello condiviso nei loro interventi dall’ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, Miguel Diaz, e dal rettore della Gregoriana, padre François-Xavier Dumortier. La Conferenza, che si conclude questo pomeriggio, si articola in tre tavole rotonde su sviluppo equo ed etico, protezione dell’ambiente e prevenzione dei conflitti. Ad animare il confronto, esponenti cristiani, ebrei e musulmani. I relatori, molti dei quali leader di Ong americane e di matrice religiosa, hanno mostrato - attraverso il racconto di esperienze concrete - la possibilità di una sinergia interreligiosa per il bene comune, dalla lotta alla povertà, all’intervento nelle aree colpite da disastri naturali. E’ stata, dunque, sottolineata la necessità di un rafforzamento delle opportunità di dialogo e collaborazione, dalla cultura alla collaborazione sociale. Un impegno a cercare un terreno comune che, dopo l’11 settembre e l’affacciarsi dello spettro dello scontro di civiltà, diventa un dovere morale per tutti gli uomini di buona volontà.

    Sulle principali aspettative per questa Conferenza alla Gregoriana, Alessandro Gisotti ha intervistato uno dei promotori dell’evento, l’ambasciatore Usa presso la Santa Sede, Miguel H. Diaz:

    R. – Il nostro progetto più importante sarebbe quello di costruire ponti di speranza condividendo progetti di successo e strategie per le azioni interreligiose. Più o meno un anno fa, il presidente Obama nel suo discorso al Cairo invitò a trasformare il dialogo interreligioso in azione così che i ponti tra le nazioni diventino la via per un futuro migliore.

    D. - Quali sono, secondo lei, oggi, le maggiori difficoltà, le sfide nel costruire ponti tra uomini di diverse fedi?

    R. – Viviamo in un mondo le cui caratteristiche sono la paura dell’altro e della sua diversità. Sfortunatamente voci estremiste e fanatiche approfittano spesso per sabotare gli sforzi che le religioni cercano di costruire. Penso che la nostra più grande sfida sia camminare con gli altri attraverso nuove esperienze umane per scoprire nuove idee, così potremmo unirci nell’azione per il bene comune.

    D. – Recentemente i leader religiosi americani hanno visitato la Casa Bianca e hanno espresso sostegno per l’azione dell’amministrazione Obama in favore della pace in Medio Oriente. Ecco, proprio nei giorni in cui c’è il Sinodo per il Medio Oriente quanto è importante il contributo degli uomini di fede per la pace in Terra Santa?

    R. – Come abbiamo visto nel recente discorso a Westminster Hall, il Papa Benedetto XVI ha difeso il ruolo della religione nella società odierna. Il contributo che la religione può dare al processo di pace in Medio Oriente è indispensabile. Nel profondo di ogni religione c’è la regola d’oro che invita a non fare agli altri quello che non si vuole fare a noi. Questo è il desiderio pratico che potrebbe guidare il processo di pace in Terra Santa.

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    Chiesa e Società



    Bruxelles: seminario della Comece su Cittadinanza e libertà religiosa dei cristiani in Medio Oriente

    ◊   Una situazione “grave” quella vissuta dalla minoranza cristiana in Medio Oriente (appena il 6% della popolazione) che sta perpetuando la tendenza a emigrare: entrambi questi fattori, inoltre, stanno facendo radicare la convinzione psicologica secondo la quale non ci sia più spazio per i cristiani nell’area. A lanciare l’allarme in merito è Andrea Pacini, consultore della Commissione per i Rapporti con i musulmani presso il Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso al seminario promosso ieri a Bruxelles dalla Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece), mentre in Vaticano si svolge il Sinodo per il Medio Oriente. Il tema del seminario, precisa l'agenzia Sir, è stato “La libertà religiosa nel Vicinato europeo: quale ruolo per gli attori religiosi e l’azione esterna dell’Ue?”. Parole forti, in questo contesto, sono state pronunciate anche dal vicepresidente del Parlamento europeo, il vescovo Làszlò Tökés: “L’uomo di Dio non mette in discussione neanche per un momento la libertà di scelta, di coscienza e di religione – ha detto – il diritto alla libertà religiosa è in perfetta sintonia con l’ideale europeo”. Il vicepresidente, inoltre, ha insistito sul ruolo delle personalità religiose pubbliche, che hanno una particolare responsabilità “nel trasformare i valori della democrazia e degli ideali europei di pace sociale nella realtà quotidiana” e ha ricordato che il 75% delle vittime di persecuzioni per motivi religiosi sono cristiani. Anche Pacini, nel suo intervento, ha fatto presente come, nonostante la maggior parte delle Costituzioni degli Stati dell’area mediorientale prevedano la libertà religiosa anche per confessioni minoritarie, questa, di fatto, non sia sempre rispettata, soprattutto in relazione a temi come il matrimonio, la libertà di coscienza e quella di culto. “I cristiani in Medio Oriente vogliono essere dei cittadini, non dei protetti”, ha sostenuto con forza Pacini, che auspica un sempre crescente coinvolgimento della maggioranza islamica su temi che sono “valori fondamentali per la società”. La Comece già la scorsa settimana a Bruxelles si era fatta promotrice di una conferenza sul tema delle persecuzioni contro i cristiani e di un memorandum contenente 11 raccomandazioni indirizzate a Commissione, Parlamento e Consigli d’Europa. Nei prossimi giorni, infine, presenterà alla plenaria dell’Europarlamento una dichiarazione scritta per chiedere che il diritto alla libertà religiosa sia incorporato nelle politiche estere dell’Ue. (R.B.)

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    Sudan. I leader cristiani all’Onu: “rischi di guerra se non verrà rispettata la volontà popolare”

    ◊   “Il popolo del sud Sudan si aspetta che sia rispettato il suo diritto all’autodeterminazione il 9 gennaio 2011. Negare questo diritto significa negare la sua dignità umana” afferma una dichiarazione inviata all'agenzia Fides dal Sudan Council of Churches (Scc), una cui delegazione è in visita alla sede dell’Onu di New York. L’Scc è formato dai leader delle confessioni cristiane presenti in Sudan, tra le quali la Chiesa cattolica. Il 9 gennaio si vota per il referendum sull’indipendenza del sud Sudan, previsto dall’Accordo Inclusivo di Pace (Cpa), firmato a Nairobi (Kenya) nel 2005, che ha messo fine alla guerra ventennale tra nord e sud Sudan. All’approssimarsi della scadenza referendaria è in aumento la tensione tra nord e sud Sudan, al punto che qualcuno ha avanzato l’ipotesi di rimandare il voto. “La cancellazione o il rinvio del referendum, o la percezione che il risultato referendario non rappresenti la volontà popolare, non verranno accettati dalla popolazione e produrranno un pericoloso vuoto che potrebbe essere riempito dalla violenza e persino dal ritorno della guerra. La comunità internazionale deve essere pronta ad affrontare una contestazione del risultato del referendum” affermano i leader cristiani. Il documento ricorda il dovere della comunità internazionale, garante degli accordi, di intervenire: “il riconoscimento del principio di autodeterminazione dove essere il principio guida per evitare la guerra; un ritorno alla guerra rappresenterebbe un fallimento morale da parte di tutti coloro che si sono impegnati a mettere in pratica il Cpa, inclusi i garanti dell’Accordo e la comunità internazionale”. Per quanto riguarda il referendum sull’attribuzione di Abyei (regione contesa tra nord e sud) il comunicato afferma che “è molto in ritardo ed è soggetto a dispute e tentativi di rinegoziare gli accordi raggiunti”. I leader religiosi si dicono infine preoccupati per i sud sudanesi che vivono al nord. “La sicurezza e i diritti umani (compreso il diritto alla libertà di religione) delle persone originari del sud che vivono nel nord del Sudan sono in pericolo prima, durante e dopo il referendum. Vi sono già minacce e intimidazioni e si è creato un clima di paura. Alcuni abitanti del sud desiderano ritornare al sud, ma non hanno le risorse per farlo. Altri vivono al nord da generazioni e per loro sarebbe molto difficile stabilirsi al sud”. (R.P.)

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    Pakistan: le Ong denunciano clientelismo e corruzione per la “tessera del profugo”

    ◊   Le Ong e gli operatori umanitari attivi in Pakistan denunciano irregolarità e discriminazioni nel rilascio delle cosiddette “tessere del profugo” o “Watan card”, assegnate dal governo agli sfollati. La scheda nasce da un accordo tra il governo e la United Bank Limited e permette al beneficiario un prelievo di 20mila rupie per far fronte alle prime spese di ricostruzione della propria casa o di bonifica della terra dopo le alluvioni che hanno messo in ginocchio il Paese. I volontari riportano all'agenzia Fides, però, le proteste degli sfollati nel sud del Punjab e nel Sindh sulla scarsa trasparenza nell’assegnazione: molti dei nomi nelle liste, infatti, sono di persone morte oppure non colpite dal disastro o perfino di carcerati. Ciò desta il sospetto che si tratti di un escamotage per dirottare a parenti e amici dei funzionari governativi le tessere mai ritirate. I funzionari, inoltre, sono accusati da più parti di pretendere tangenti dai profughi cui rilasciano le tessere: “Tutto il procedimento di consegna oggi viene sfruttato per fini politici, per ingraziarsi consenso elettorale o per attaccare il governo”, afferma Mehdi Hasan, presidente della Human Rights Commissiono of Pakistan, che ha chiesto alle autorità di indagare. Tra i sospetti c’è anche quello che vengano perpetrate discriminazioni ai danni delle minoranze religiose, come quella indù, molto consistente nel Sindh: “La tessera deve essere destinata a tutti i profughi che si trovano in aree predeterminate, che siano musulmani, cristiani o indù”, ha ribadito Anila Gill, segretario esecutivo di Caritas Pakistan. (R.B.)

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    Zimbabwe: insicurezza alimentare per oltre 1,3 milioni di persone

    ◊   Secondo fonti ufficiali del governo, oltre 1,3 milioni di persone dello Zimbabwe avranno bisogno di aiuti alimentari a partire da gennaio 2011. In occasione del progetto Promoting Recovery in Zimbabwe recentemente promosso ad Harare, il vice ministro degli affari sociali e del lavoro, Tracy Mutinhiri, - riferisce l'agenzia Fides - ha dichiarato che lo Zimbabwe continua a registrare livelli molto alti di malnutrizione cronica in zone alimentari tradizionalmente sicure. Secondo il National Nutrition Survey, un recente studio sulla nutrizione nazionale, il 36% dei bambini con meno di cinque anni di età sono cronicamente malnutriti. Urge, dunque, un approccio olistico alla sicurezza alimentare nazionale e delle famiglie, oltre al rafforzamento della partnership tra Stato e Ong per migliorare la produttività agricola e la sicurezza alimentare. In una dichiarazione di Paul Townsend, portavoce locale del Catholic Relief Services, la Caritas degli Stati Uniti, si legge che una famiglia può considerarsi al sicuro da un punto di vista nutrizionale se ha accesso fisico ed economico a cibo sufficiente che gli permetta di condurre una vita sana e produttiva. Promoting Recovery in Zimbabwe si concentra sugli interventi strategici che dovranno trasformare la vita di circa 90 mila famiglie in otto distretti. I contadini verranno formati all'adozione di tecniche agricole per la produzione animale. L'obiettivo è quello di impartire loro il know-how della produzione alimentare. (R.P.)

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    Costa d'Avorio: l’arcivescovo di Abidjan esorta i cattolici a votare candidati capaci e onesti

    ◊   Prepararsi anche spiritualmente per potere scegliere candidati “competenti, autentici e dotati” di un minimo di cultura politica, ma soprattutto desiderosi di promuovere lo sviluppo della Costa d’Avorio, e distinguere le promesse realistiche dai discorsi “vuoti”. È l’appello rivolto dall’arcivescovo di Abidjan, mons. Jean-Pierre Kutwa, in un messaggio pastorale pubblicato in vista delle elezioni presidenziali del prossimo 31 ottobre, attese dal 2005. Chi sceglierà scientemente “una persona non all’altezza del compito che le sarà affidato” si renderà responsabile “di un’operazione che rischia di fare rimanere indietro il Paese”, ammonisce il messaggio ripreso dall’agenzia Apic. “Se invece parteciperete all’elezione di un candidato valido, capace di condurre il nostro Paese verso il pieno sviluppo delle sue potenzialità, contribuirete alla creazione delle condizioni che favoriscono la promozione della Nazione”. Dedizione, spirito servizio, prudenza e soprattutto onestà: queste sono, secondo mons. Kutwa, le qualità morali che gli elettori dovranno ricercare nei candidati, criteri di scelta – afferma - che sono “l’esatto contrario di quelli facili, egoisti e pericolosi della famiglia, della tribù, del denaro e della religione” di appartenenza. Con il suo voto - afferma ancora il testo - il cittadino dimostra che non è un “elemento passivo di una massa” informe, ma “un membro attivo, un anello essenziale, vivo e libero” di un popolo che sceglie i propri dirigenti. L’arcivescovo di Abidjan ricorda quindi che “i partiti non sono un fine in sé, ma degli strumenti creati ed organizzati per servire il popolo attraverso l’esercizio del potere nella gestione degli affari politici”. Nessun partito dirà mai di volersi mettere al servizio della menzogna, ma, osserva mons. Kutwa, “quelli che vogliono conservare o conquistare il potere, si rendono presto conto che saranno tentati da compromessi, da leggi demagogiche per raccogliere consensi”. Di qui, in conclusione, il rinnovato appello alla coscienza degli elettori, poiché – afferma - il voto “è un atto carico di conseguenze che deve essere compiuto in piena libertà e verità”. Quello di mons. Kutwa è il secondo messaggio sulle elezioni. In quello precedente egli aveva invitato i cattolici a partecipare numerosi al voto e a non farsi tentare dall’astensione. In questi giorni, il presule sta effettuando una visita pastorale in tutte le parrocchie della capitale per esortare i fedeli alla pace e condividere la convinzione che essa è ormai a portata di mano, dopo otto anni di instabilità e violenze. Il Paese - lo ricordiamo – è stato sconvolto da una grave crisi politica che ha paralizzato le istituzioni dal 2002 ed è sfociata in diversi tentativi di colpi di Stato. (L.Z.)

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    La Guinea Conakry verso il voto: si fa strada l’ipotesi di un governo di unità nazionale

    ◊   La Guinea verso un governo di unità nazionale che consenta al Paese di consolidare la pacificazione sociale duramente raggiunta dopo gli scontri tra i sostenitori dei due candidati alle presidenziali e in attesa che maturino le condizioni per un dialogo politico tra una maggioranza e un’opposizione. L’agenzia Fides riferisce dell’annuncio, avvenuto ieri sera da parte dei due contendenti, Alpha Condé e Cellou Dalein Diallo durante un dibattito televisivo, che qualunque risultato uscirà dalle urne del ballottaggio previsto per il 24 ottobre, daranno vita a un governo di unità nazionale perché è ciò di cui ha bisogno il Paese in questo momento. La proposta in merito era stata avanzata loro dal presidente Sekouba Konaté e finora la questione è stata gestita dal Consiglio nazionale di transizione. Il secondo turno delle elezioni doveva svolgersi il 19 settembre, ma poi è stato rinviato a causa di problemi organizzativi dai quali sono scaturite violenze che hanno avuto luogo nella capitale Conakry. Dal primo turno, il 27 giugno, era uscito vincitore Diallo con il 43.69 per cento dei voti, contro il 18.25 di Condé. (R.B.)

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    Aiuti del Senegal ad Haiti, che intanto aspetta i fondi internazionali promessi

    ◊   La capitale senegalese Dakar attende in questi giorni 160 studenti universitari di Haiti che ospiterà per consentire loro il proseguimento degli studi. A prendere questa decisione, precisa l'agenzia Misna, è stato il governo senegalese, particolarmente legato al popolo haitiano, tanto che all’indomani del terremoto del 12 gennaio 2010, il presidente Abdoulaye Wade aveva offerto asilo in Senegal agli sfollati, ricordando che gli haitiani sono originari dell’Africa e, quindi, fratelli. Intanto nell’isola la situazione umanitaria resta grave, con oltre un milione di sfollati a Port-au-Prince, anche se pare che nei giorni scorsi qualcosa si sia mosso nell’erogazione dei fondi promessi dalla comunità internazionale. Sembra, infatti, che nelle ultime sei settimane circa il 30% degli aiuti promessi, più o meno 11 milioni di dollari, sia stato sbloccato e siano stati approvati 18 progetti di ricostruzione. Ad Haiti, ricorda l’agenzia, si svolgeranno le elezioni parlamentari e presidenziali il 28 novembre prossimo. (R.B.)

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    Bolivia: perplessità dei vescovi sulla legge antirazzismo

    ◊   Nonostante le numerose proteste in ambito nazionale e internazionale, è stata approvata in Bolivia la 045 contro il razzismo e la discriminazione, che include due articoli (il 16 e il 23) ritenuti da più parti inaccettabili in un Paese democratico. Oltre allo sciopero della fame che 13 giornalisti mantengono da due settimane in difesa della libertà di espressione, di critica e di opinione, e della lettera di condanna fatta pervenire al governo boliviano dalla potente Società interamericana della stampa (Sip), in rappresentanza di oltre 1500 testate del continente, anche la Chiesa cattolica ha rinnovato le sue perplessità. In merito ad alcuni contenuti della legge, i vescovi avevano già espresso un’opinione e avevano chiesto qualche modifica, in particolare sugli articoli che mettono a repentaglio la libertà di stampa. Mentre è in corso una raccolta di firme per arrivare a un referendum abrogativo, mons. Braulio Sáez, vescovo ausiliare di Santa Cruz, ha chiesto al governo una revisione del provvedimento, ricordando che “non si possono far tacere le idee”. “Occorre dare ascolto alle proteste - ha detto il presule - non è possibile accettare la manipolazione con cui vengono approvate determinate leggi, in particolare questa sul razzismo e la discriminazione”. Questo, inoltre, il commento di mons. Cristóbal Bialasik, vescovo di Oruro: “Se ci tolgono la libertà di espressione, non c’è democrazia” e ciò è “in contraddizione con la Costituzione, come lo sono gli articoli 16 e 23 della legge”. Se da un lato, legiferare contro ogni forma di razzismo e discriminazione, in particolare di tipo sociale, è una necessità urgente in Bolivia, sulla quale nessuno dissente; d’altra parte, lasciare alla discrezionalità dei funzionari statali la formulazione di eventuali accuse, appare a gran parte dell’opinione pubblica un meccanismo arbitrario e pericoloso, come già tempo fa avevano protestato i vescovi boliviani. I due articoli controversi stabiliscono punizioni molto severe contro le testate e i giornalisti ritenuti di fomentare condotte razziste o discriminatorie e, in alcuni casi, prevedono che si arrivi fino alla chiusura delle testate, ma non si precisa la forma dell’eventuale “reato” e si lascia la definizione della materia a un futuro “regolamento”. Lo scorso 27 settembre, in risposta alla richiesta delle autorità che avevano sollecitato i vescovi della Bolivia a esprimere le proprie considerazioni, i vescovi hanno ricordato quanto, da sempre e in ogni circostanza, la Chiesa cattolica sia contraria a qualsiasi forma di discriminazione e di razzismo. I presuli, poi, hanno tenuto a sottolineare le proprie posizioni: "Lo Stato democratico deve garantire ai suoi abitanti l'esercizio pieno dei propri diritti e la sicurezza giuridica di poter esprimere liberamente le proprie opinioni, senza colpire i diritti degli altri”. “Nessuno – ribadiscono - sarà giudicato per fatti non chiaramente definiti, né tantomeno sarà perseguitato senza una giusta causa. È una condizione indispensabile per consentire una convivenza pacifica e armonica: condizioni necessarie a ogni società organizzata". I vescovi ritengono che “la forma in cui è scritto il progetto di legge dia luogo a uno stato di insicurezza giuridica sia degli individui, sia della collettività, poiché non esistono parametri chiari per definire e precisare quando si tratta di condotte che possono essere giudicate discriminatorie". Tra l'altro, osserva la nota, questi parametri sono "fondamentali per regolare la condotta di un popolo". Perché si parla di "insicurezza giuridica"? Perché, rispondono i vescovi, "si lascia all'interpretazione dell’autorità pubblica" la facoltà di definire una condotta discriminatoria, razzista o meno e ciò "apre la possibilità a forme che possono mettere a rischio i diritti delle persone e violare l'indispensabile sicurezza giuridica di cui, in uno Stato di diritto, ogni cittadino gode". I vescovi concludono affermando che senza le correzioni necessarie e i dovuti chiarimenti concettuali, il progetto, approvato in questa forma, "metterebbe a rischio l'esercizio democratico della libera espressione e della critica". (A cura di Luis Badilla)

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    Vietnam: appello della Chiesa per le vittime delle piogge torrenziali che hanno colpito il Paese

    ◊   I vescovi e la Caritas del Vietnam hanno rivolto un accorato appello a tutti i fedeli vietnamiti ad aiutare le vittime delle alluvioni che hanno colpito il centro del Paese nei giorni scorsi. Le piogge torrenziali hanno causato 52 vittime, di cui 42 nella sola provincia di Quang Binh, 21 dispersi e diversi feriti, oltre a ingenti danni materiali a strutture e raccolti, per un valore complessivo di circa 65 milioni di dollari. Mons. Paul Nguyen Thai Hop, vescovo della diocesi Vinh, che copre i territori delle due province più colpite di Quang Binh e Nghe An, ha riferito all’agenzia Ucan che le acque si sono ora ritirate, ma che la popolazione è rimasta senza nulla ed è a rischio fame. Agli aiuti di emergenza sta provvedendo la Caritas locale e altre organizzazioni cattoliche, ma il presule ha chiesto la solidarietà di tutti i fedeli del Paese. Un appello al quale si sono uniti il cardinale Jean-Baptiste Pham Minh Man, arcivescovo di Ho Chi Minh Ville e il presidente della Conferenza episcopale vietnamita, mons. Pierre Nguyen Van Nhon, arcivescovo di Hanoi, che ha invitato tutti i fedeli a offrire aiuto spirituale e materiale ai sinistrati. Per il 24 ottobre è stata intanto indetta una giornata di preghiera per le vittime. (L.Z.)

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    Asia del sud: allarme per la febbre emorragica dengue

    ◊   La febbre emorragica dengue continua ad allarmare il Paese: a Karachi sono stati trovati positivi al virus 700 pazienti. Secondo il Dengue Surveillance Cell Sindh (Dscs), 696 persone sono state contagiate da questa malattia mortale dal mese di agosto 2010. Il Dscs riporta che 83 pazienti sono attualmente in cura in vari ospedali della città. La situazione può peggiorare - riferisce l'agenzia Fides - visto che il virus si sta diffondendo rapidamente anche nella provincia interna di Sindh quella che sembra essere la più colpita. Al National Institute of Blood Diseases (Nibd) sono state somministrate un totale di circa 200 sacche per le trasfusioni di mega piastrine, a differenza delle 100 dello scorso anno. Allarme anche a Islamabad dove a causa di questa malattia sono morte cinque persone e sono stati confermati oltre 500 casi. In India sono 2.5 milioni le persone a rischio principalmente a causa delle alte temperature dovute ai cambiamenti climatici e all'incremento della popolazione. Secondo le stime dell'Oms, il maggior numero di casi riportati in Asia quest'anno ad agosto sono in Indonesia (80.065) seguita da Tailandia (57.948) e Sri Lanka (27.142). Purtroppo la malattia si sta diffondendo anche in altre aree come Bhutan e Nepal oltre ad essere endemica nella maggior parte del sudest asiatico e Timor est. In India, gli ospedali del governo di New Delhi sono sovraffollati, 50 persone sono morte e 12 mila i casi registrati. (R.P.)

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    Il Brasile celebra oggi la festa della patrona del Paese, la Madonna di Aparecida

    ◊   Doppia festa oggi in Brasile: oltre ad essere la Giornata dei bambini, infatti, con cinque messe, una marcia e una processione, i fedeli ricordano Nostra Signora di Aparecida de Bauru, nel santuario che Giovanni Paolo II, nel 1980, visitò conferendogli il titolo di Basilica. Un altro Papa, Pio XI, invece, nel 1930 aveva proclamato Nostra Signora di Aparecida patrona del Brasile. Quest’anno saranno milioni i fedeli che potranno partecipare via internet ai festeggiamenti, sia grazie a un blog approntato dai Missionari Redentoristi che guidano il Santuario, sia attraverso Twitter o Facebook. Nelle pagine del blog vengono messe a disposizione riflessioni sulla Parola scelta per la novena, la diretta della processione e dell’intronizzazione, dell’arrivo dei pellegrini e delle coreografie dei gruppi di ballo che si esibiranno. Inoltre, in occasione dell’anniversario, saranno lanciati tre progetti: “Casa do pequeno” per i bambini, “Lar Nossa Senhora Aparecida” per l’accoglienza degli anziani soli, “Participando da vida comunidade”, diretto ai poveri e agli emarginati. L’agenzia Fides ricorda, inoltre, la storia di fondazione dell’attuale Basilica, che partì con una chiesa consacrata nel 1745: nel 1717 tre pescatori usciti in mare, tirarono su nelle loro reti un’immagine rotta in terracotta della Vergine della Concezione; da allora la pesca, che era stata scarsa, divenne così abbondante che dovettero rientrare. (R.B.)

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    Messico: è tutto pronto per il Congresso Missionario delle Pom

    ◊   Dal 21 al 24 ottobre prossimi, a Ciudad Làzaro Càrdemas, in Messico, si svolgerà il Congresso missionario nazionale, organizzato ogni cinque anni dalle Pontificie Opere Missionarie (Pom), fin dal 1942. L’iniziativa si inserisce nell’ambito di un ricco programma per celebrare come si deve il mese missionario nelle varie diocesi, riferisce il direttore delle Pom, padre Guillermo Morales Martinez, all’agenzia Fides, anche in vista della Giornata missionaria mondiale, fissata per domenica 24 ottobre. A Nuevo Laredo, per esempio, è stato organizzato un congresso con mille bambini dell’Infanzia e Adolescenza missionaria (Iam); a Chilpancingo Chilapa un incontro con 650 partecipanti; nelle 91 diocesi del Paese, inoltre, hanno avuto luogo 25mila riunioni di catechesi su temi missionari con la presentazione di statistiche, la preghiera del rosario missionario e informazioni sul lavoro delle Pom. Al Congresso nazionale, per il quale è stato preparato un sussidio speciale, sono attese, invece, quattromila persone da tutto il Messico. Per l’occasione sono stati anche realizzati 30mila dvd con immagini e foto missionarie sulla guida del messaggio del Papa; stampati 60mila manifesti e realizzate visite a scuole cattoliche per bambini e adolescenti di tutto il Paese. (R.B.)

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    Isole Salomone: le Salesiane aprono una nuova casa di accoglienza per ragazze

    ◊   Prestare una speciale attenzione alle ragazze e alla condizione femminile nelle Isole Salomone: con questo spirito le Figlie di Maria Ausiliatrice, religiose del carisma salesiano, hanno aperto una nuova casa di accoglienza per ragazze a Henderson, località non distante dalla capitale Honiara. La struttura - riferisce l'agenzia Fides - accoglie 21 ragazze che studiano al Don Bosco Technical Institute, centro di formazione professionale gestito dai Salesiani, che accompagna i giovani in un cammino di formazione propedeutico all’inserimento nel mondo del lavoro. Le suore, presenti nelle Isole Salomone dal 2007, si dedicano in special modo dall’educazione delle giovani: “Aiutiamo le ragazze nel cammino di sviluppo umano, proponendo un percorso di arricchimento spirituale, alla scoperta dei doni di Dio nella loro vita”, spiega suor Anna Maria Gervasoni, una delle tre religiose impegnate nella casa. Le ragazze condividono la vita delle suore per cinque giorni alle settimana e nel week-end tornano nelle loro famiglie, che hanno espresso tutta la loro gratitudine alle religiose per l’opera di accompagnamento delle ragazze. (R.P.)

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    Sri Lanka: giornata del Rosario per i bambini

    ◊   Una giornata per pregare insieme il Rosario, proprio nel mese che tradizionalmente la Chiesa cattolica dedica a questa preghiera: è quello che hanno vissuto sabato scorso, 350 bambini della parrocchia di Muudukatuwa, diocesi di Chilaw, in Sri Lanka, che si sono riuniti nella chiesa della Madonna di Fatima a Marawila. La giornata, riferisce l'agenzia AsiaNews, si è aperta con una riflessione sui peccati capitali, poi la confessione e la benedizione da parte dei sacerdoti che hanno guidato la preghiera e hanno insegnato ai ragazzi il mistero glorioso e la storia del Rosario. L’incontro, ideato da Tony Nishantha come gesto di gratitudine verso la Vergine alla quale è molto devoto, è ormai diventato una tradizione locale, nel corso della quale vengono distribuiti oltre mille coroncine del rosario ai bambini che non la possiedono. L’anno scorso, la giornata di preghiera si svolse nella parrocchia di Thoduwawa. (R.B.)

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    Cina: l'impegno della diocesi di Wen Zhou nella catechesi per i sordomuti

    ◊   Grande festa, il 3 ottobre scorso, nella diocesi cinese di Wen Zhou, dove si sono ritrovati in cattedrale 150 tra neobattezzati e catecumeni sordomuti, sacerdoti, religiose, catechisti e due esperti nel linguaggio dei segni. La diocesi, specifica l’agenzia Fides, da anni è in prima linea nella catechesi rivolta ai sordomuti per portare l’amore di Dio a tutti: finora una quarantina sono stati i frequentatori del catechismo, 23 i battezzati dei quali 7 hanno partecipato all’incontro, nel corso del quale, tra l’altro, tre suore hanno pronunciato i voti perpetui e 26 li hanno rinnovati davanti ai fedeli, proprio nella festa di Santa Teresa del Bambino Gesù, patrona della loro congregazione e delle missioni. “La fede mi ha portato pace e felicità; la Chiesa è come una famiglia unita in cui ci amiamo reciprocamente”: è la testimonianza, una per tutte, di uno dei sordomuti neobattezzati, espressa con il linguaggio dei segni. (R.B.)

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    Germania: mons. Zollitsch chiede ai musulmani maggiori sforzi per l'integrazione

    ◊   Maggiori sforzi per l’integrazione: è quanto ha chiesto ai musulmani in Germania mons. Robert Zollitsch, presidente della Conferenza episcopale tedesca (Dbk). In un’intervista pubblicata ieri dall’edizione domenicale del quotidiano "Die Welt", ripresa dall'agenzia Sir, mons. Zollitsch ha affermato che "i musulmani vivono tra noi e appartengono a noi. Ma allo stesso tempo, molti di loro ci sono spesso estranei e la loro integrazione è ancora da compiere per molti aspetti, anche per quanto concerne la loro dimestichezza con la tradizione ebraico-cristiana e i suoi valori”. Puntualizzando su una recente frase del Presidente della Repubblica Christian Wulff, che aveva affermato che l’Islam appartiene alla Germania, mons. Zollitsch ha sottolineato che quando l'Islam in Germania "pone come propria base la Costituzione e rispetta la dignità umana e la libertà di religione, fa parte della nostra società”. Al contempo, il vescovo ha evidenziato il “significato particolare del Cristianesimo per la cultura tedesca ed europea. L’Islam non influenza la società tedesca come il Cristianesimo. Sarebbe storicamente falso ritenere che l'Ebraismo, il Cristianesimo e l'Islam sono radici della nostra società allo stesso modo". (R.P.)

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    Svezia: nelle scuole tornerà preminente l’insegnamento del cristianesimo

    ◊   Nelle scuole svedesi, per lo meno nelle nove classi obbligatorie per legge, si tornerà a preferire il cristianesimo nell’ora di insegnamento della religione a partire dal prossimo anno scolastico. Questa la prima decisione presa dal nuovo governo svedese, guidato dal conservatore Fredrik Reinfeldt, ed espressa dal ministro dell’Istruzione, Jan Björklund. Finora, riporta il quotidiano Avvenire, l’insegnamento della religione “sarebbe dovuto servire ad aprire un dialogo riguardante la fede e la concezione della vita, destando curiosità e interesse per la religione”. Il ministro ha motivato la propria decisione, cui sono seguite diverse polemiche soprattutto da parte della comunità islamica presente nel Paese, con l’indiscusso ruolo che il cristianesimo ha svolto per lo sviluppo storico e civile della Svezia e l’innegabile influsso che esercita sulla nazione e sull’Europa. Secondo un sondaggio condotto dalla stampa locale, infine, il 76% degli svedesi è favorevole alla decisione. (R.B.)

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    Mani Tese scende in 100 piazze italiane per lanciare la campagna “Food for world”

    ◊   Il prossimo fine settimana, 16 e 17 ottobre, l’Organizzazione non governativa Mani Tese, dal 1964 impegnata contro la fame e gli squilibri tra nord e sud del mondo, scenderà in 100 piazze italiane per il lancio della nuova campagna “Food for world” per un “consumo intelligente contro la fame”. Si tratta di un progetto triennale di sensibilizzazione della popolazione per creare “consumatori informati” che comprendano appieno il legame tra le scelte alimentari personali e l’impatto che queste hanno sull’ambiente, sulla società e sulle economie in via di sviluppo. Come alternativa, saranno dunque proposti “stili alimentari sostenibili”, come i farmer market, i mercatini, gli aperitivi solidali, le cene a km 0, alcune dimostrazioni di arte culinaria, laboratori gastronomici, banchetti realizzati con prodotti bio. Oltre a un kit informativo sul tema, si offrirà ai partecipanti uno scambio tra il vecchio sacchetto di plastica per la spesa e una nuova borsina di cotone da riempire con acquisti “più consapevoli”. (R.B.)

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    Presentato il Dvd "Benedetto XVI Pellegrino in Terra Santa"

    ◊   Domenica pomeriggio, nel giorno d'apertura del Sinodo speciale per il Medio Oriente, è stato proiettato a Roma il documentario "Benedetto XVI, pellegrino in Terra Santa". Alla presentazione, riferisce l’agenzia Zenit, che faceva parte di una serie di iniziative coordinate dall'Azione Cattolica, hanno partecipato tra gli altri: il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal; il segretario generale del Sinodo, l'arcivescovo Nikola Eterovic; il direttore del Centro Televisivo Vaticano, della Radio Vaticana e della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, e padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa. L'opera, prodotta dal Centro Televisivo Vaticano e dal Franciscan Media Center - Custodia di Terra Santa, ripercorre con immagini inedite lo storico viaggio del Santo Padre in Israele, Giordania e Territori palestinesi. Una copia del documentario sarà consegnata a tutti i partecipanti al Sinodo. L'opera è disponibile in tre lingue, italiano, inglese e arabo, ed è proposta in esclusiva su internet dall'editore HDH Communications, distributore esclusivo del Centro Televisivo Vaticano, sul sito www.Vaticanum.com.

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    24 Ore nel Mondo



    Gremita la Basilica di Santa Maria degli Angeli per i funerali dei quattro alpini morti in Afghanistan

    ◊   Nella Basilica romana di Santa Maria degli Angeli, gremita di militari, autorità, ma anche di gente comune si sono svolti stamani i funerali solenni per i quattro alpini uccisi in Afghanistan. Il rito è stato celebrato dall'ordinario militare, monsignor Vincenzo Pelvi. Il capo dello Stato Giorgio Napolitano, ha avvicinato commosso i familiari dei militari caduti. “Dobbiamo a questi ragazzi infinita riconoscenza – ha detto – per aver sacrificato le loro giovani vite servendo con altruismo e coraggio una causa giusta e facendo onore nel modo più alto al loro e nostro Paese, all'Italia”. Il servizio di Fausta Speranza:

    Hanno testimoniato l'amore nel servizio ai più deboli ed emarginati, non rivendicando diritti ma rispondendo ai bisogni”. Così l'ordinario militare, monsignor Pelvi, ricorda nell'omelia i quattro alpini uccisi in Afghanistan, profeti del bene comune. “Erano in Afghanistan - aggiunge - per difendere, aiutare, addestrare:

    “Cari genitori, proprio voi, avete insegnato quell’amore gratuito, disinteressato, generoso, che si è manifestato poi nella professione militare di Marco, Francesco, Gianmarco, Sebastiano. Educati da voi, genitori, a quegli slanci militari di solidarietà creativa, capace di allargare il cuore verso le necessità dei deboli e fare quanto concretamente possibile per venire loro in soccorso”.

    Ricorda che compito dei militari italiani in quella martoriata terra è il mantenimento della sicurezza, la formazione dell'esercito e della polizia afghani, la realizzazione di progetti civili come ponti, scuole, ambulatori e pozzi”. Poi aggiunge: “I nostri militari si nutrono anche della forza delle nostre convinzioni e della consapevolezza di una strategia chiara e armonica, che le nazioni mettono in campo per un progetto di convivenza mondiale ordinata”. “Dinanzi a tale responsabilità - sottolinea - nessuno può restare neutrale o affidarsi a giochi di sensibilità variabili, che indeboliscono la tenuta di un impegno così delicato per la sicurezza dei popoli”. Sulla strage dei militari italiani in Afghanistan di sabato scorso, il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, riferirà mercoledì alle 13 in Senato e alle 12.30 alla Camera. A proposito dell'ipotesi, di cui si parla in queste ore, di armare gli aerei italiani presenti in Afghanistan La Russa sottolinea che ogni decisione sarà presa solo se ci sarà una larga condivisione”. Delle 47 nazioni che contribuiscono alla missione Isaf in Afghanistan, per un totale di circa 110 mila uomini, alcune mettono a disposizione aerei da combattimento muniti di bombe. Come siano attrezzati i soldati fa parte delle informazioni riservate, ma si sa che l'Italia, che ha la responsabilità del Comando regionale ovest (Herat), ha scelto di non armare con bombe i propri cacciabombardieri. Si sa anche che Italia, Germania, Spagna e altri Paesi non consentono ai propri contingenti di condurre azioni prettamente offensive. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, in un’intervista al quotidiano La Repubblica afferma che il contingente italiano inizierà gradualmente a lasciare l'Afghanistan nell’estate 2011 per completare il ritiro nel 2014. In totale coordinamento con gli alleati”.

    Israele deve garantire i diritti di tutti i cittadini: così l'Alto rappresentante della Ue
    Israele deve garantire i diritti di tutti i cittadini: lo ha affermato la portavoce dell'Alto Rappresentante della Ue, Catherine Ashton, interpellata sulla decisione del governo israeliano di approvare un emendamento alla legge sulla cittadinanza, che include per i non ebrei un giuramento di fedeltà allo Stato di Israele in quanto “ebraico e democratico”.

    Area Ocse: 45 milioni e mezzo di persone senza lavoro
    Nei Paesi Ocse sono senza lavoro 45,5 milioni di persone, 13,4 milioni in più rispetto a luglio 2008, ovvero prima della crisi economica. Lo rileva l'Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa, riferendosi ai dati di agosto 2010. Il tasso di disoccupazione medio nei Paesi Ocse ad agosto era all'8,5%, con un picco in Spagna (20,5%) e nella Repubblica Slovacca (14,6%), mentre i livelli più bassi si riscontrano in Corea (3,4%), in Austria (4,3%) e in Olanda (4,5%). Nell'Unione Europea il tasso di disoccupazione è al 9,6% (0,4 punti percentuali in più rispetto ad agosto 2009), mentre nell'area euro è al 10,1% (0,4 punti in più rispetto ad agosto 2009). L'Italia segna un tasso di disoccupazione dell'8,2%, in calo di 0,2 punti percentuali rispetto all'8,4% registrato a luglio. Il tasso di disoccupazione medio annuo nel 2007 nei Paesi Ocse era al 5,8%, passato poi al 6,1% nel 2008 e all'8,3% nel 2009. In Italia si è passati dal 6,2% di senza lavoro nel 2007 al 6,8% nel 2008 e il 7,8% nel 2009.

    Francia, sciopero contro l’innalzamento dell’età pensionabile da 60 a 62 anni
    La Francia si ferma contro la riforma che vuole alzare da 60 a 62 anni l'età per la pensione minima e da 65 a 67 quella per la massima. È il momento cruciale del braccio di ferro fra il sindacato, che minaccia di prorogare a oltranza da questa sera gli scioperi nei trasporti e nelle raffinerie, e il governo, per ora irremovibile. La riforma che il presidente, Nicolas Sarkozy, considera fondamentale per i suoi cinque anni di presidenza, ha messo in cantiere proprio ieri sera l'approvazione in Senato dell'articolo che innalza da 65 a 67 l'età per smettere di lavorare e ottenere una pensione completa se si hanno il massimo dei contributi. Entro fine mese, il governo di Francois Fillon punta all'approvazione definitiva della riforma, ma dovrà fare i conti con un'opinione decisamente contraria dei francesi (7 contro 3) e con i sindacati. Perturbazioni, ritardi e annullamenti si registrano in tutta la rete di trasporti, se si eccettuano gli Eurostar per Londra e la rete di autobus di Parigi, alle prese però con ingorghi pesantissimi. Il traffico aereo registra un annullamento del 50% dei voli all'aeroporto di Orly e del 30% a Roissy, i due aeroporti parigini. Nel pomeriggio, 244 cortei sfileranno in altrettante città, dove si punta a superare il record delle precedenti quattro giornate di manifestazioni (tre milioni per i sindacati, 900 mila per la questura).

    In Portogallo le presidenziali si terranno il 23 gennaio
    Le elezioni presidenziali si terranno in Portogallo il 23 gennaio: lo ha annunciato il capo dello Stato, Anibal Cavaco Silva. Quattro candidature sono già state presentate per l'elezione del successore dell'attuale capo dello Stato: si presentano il socialista Manuel Alegre, appoggiato dal Ps del premier Josè Socrates e dal partito post-trozkista Bloco de Esquerda, Francisco Lopes per il partito comunista Pcp, e gli indipendenti Fernando Nobre e Defensor de Moura. Cavaco Silva, ex premier ed ex leader del partito conservatore Psd, per ora non ha fatto sapere se intenda candidarsi o meno. Ma diversi analisti considerano una sua ricandidatura probabile.

    Terza rivolta in 11 giorni in un Centro di prima accoglienza a Cagliari
    È tornata presto alla normalità la situazione all’aeroporto di Cagliari, dopo che ieri nel pomeriggio alcuni spazi erano stati interessati dai disordini dovuti alla fuga di un centinaio di immigrati da un Centro di prima accoglienza realizzato nell'area militare dello scalo. Alcuni di loro, nordafricani, hanno raggiunto la pista facendo scattare l’allarme. Dopo l’intervento della polizia, tutti sono stati raggiunti: 10 gli arresti. Ma nel Centro la situazione resta difficile. Si tratta, infatti, della terza rivolta in 11 giorni. Gabriella Ceraso ha parlato con il direttore della Caritas di Cagliari, Don Marco Lai:

    R. – Alla base di questi episodi c’è questa situazione: un centro di primo soccorso, con un primo screening sanitario, in cui dopo quattro, massimo cinque giorni, gli ospiti del centro dovrebbero partire per la penisola, andando o a Roma o a Gorizia. Di fatto, questo gruppo di 103 algerini si trova nel centro da più di 40 giorni. Quindi, questo stato di incertezza e la percezione di disinteresse dopo un lungo viaggio sono i motivi di questa escalation di violenza. Il centro è in grado di ospitare 220 persone. Gli ospiti in questo momento, di fatto, sono 103, e credo si tratti di una prima accoglienza, che dura oltre ogni limite.

    Il Ministero degli Esteri cinese: Nobel per la pace assegnato a un criminale
    Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Ma Zhaoxu, è intervenuto in conferenza stampa a Pechino sul Premio Nobel per la pace 2010 affermando che sia stato assegnato a un “criminale”. La decisione di premiare il dissidente Liu Xiaobo, in carcere per “istigazione alla sovversione” – ha detto – è una “mancanza di rispetto nei confronti del sistema giudiziario cinese”. “Se stanno cercando di cambiare il sistema politico cinese hanno chiaramente sbagliato i calcoli”, ha aggiunto il portavoce. Da Bruxelles, l'Alto rappresentante della politica estera della Ue, Catherine Ashton, chiede che il Premio Nobel per la pace 2010 Liu Xiaobo sia rilasciato e possa ritirare personalmente il proprio premio a Stoccolma e che alla moglie Liu Xia siano tolti subito gli arresti domiciliari, per i quali ''non c'è alcuna base legale''. Intanto, gli avvocati del Premio Nobel per la pace Liu Xiaobo fanno sapere di voler chiedere un nuovo processo per il loro cliente, condannato ad 11 anni. Secondo l’avvocato, Shang Baojun, Liu ha il diritto di chiedere di essere giudicato una seconda volta dall'Alta Corte di Pechino e non vi è “alcun fondamento giuridico” nella residenza sorvegliata nella quale è stato posto il dissidente. La moglie di Liu Xiaobo spera di poter ritirare il Premio a nome del marito nella cerimonia che si terrà il 10 dicembre a Oslo, in Norvegia. La donna, Liu Xia, ha espresso la sua speranza in una conversazione telefonica con un gruppo umanitario di Hong Kong, che è riuscito a tenersi in contatto con lei nonostante la stretta vigilanza esercitata dalla polizia politica cinese, che ha cercato di isolarla completamente dal resto del mondo da venerdì sera. Un portavoce del Ministero degli esteri cinese ha affermato di “non conoscere” la donna.

    Domani a New York primo processo negli Usa a un ex detenuto di Guantanamo
    Dopo una serie di rinvii e di sospensioni di udienza, si aprirà domani a Manhattan, ma senza un testimone chiave, il primo processo sul suolo americano che vede imputato un ex detenuto del carcere di Guantanamo. Sul banco degli imputati salirà il presunto militante di al Qaeda, Ahmed Ghailani, 36 anni, un cittadino della Tanzania accusato di essere responsabile di due attacchi contro ambasciate Usa in Africa, con oltre 200 vittime. L'uomo si proclama innocente, ammettendo di aver fornito l’esplosivo ma affermando di non sapere l’uso che se ne sarebbe fatto. Riconosce anche di avere avuto incontri con leader di al Qaeda come Osama Bin Laden e Khalid Shaikh Mohammed. Ghailani sarà il primo, ma forse anche l'ultimo prigioniero di Guantanamo a finire di fronte ad un tribunale americano dopo che gli Stati Uniti, viste le critiche sollevate e le difficoltà per chiudere il carcere cubano, hanno rinunciato a trasferire a New York elementi di spicco come Khalid Shaikh Mohammed, considerato il cervello degli attacchi dell'11 settembre. Se Ghailani è il primo detenuto del carcere cubano ad essere processato negli Usa da una Corte non militare, l'uomo è in realtà il secondo terrorista da quando è presidente Usa Barack Obama a finire di fronte a un tribunale Usa, dopo Ali Saleh Kahlah al-Marri, che però era in carcere in South Carolina. L'uomo è accusato di avere procurato il materiale e l'esplosivo per i due attentati.

    Tensione al confine tra Israele e Libano
    Sale la tensione al confine fra Israele e Libano in attesa della visita del presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejad, nel Libano meridionale, probabilmente nella giornata di giovedì. Oggi, una esplosione ha fatto sobbalzare gli abitanti della cittadina israeliana di Metulla, alcune centinaia di metri a sud della linea di confine con il Libano. In un primo momento, gli abitanti hanno pensato all'esplosione di un razzo katiuscia sparato dal territorio libanese, ma dopo breve tempo le autorità militari hanno escluso si sia verificato alcun attacco. A quanto risulta, durante la visita nel Libano meridionale, il presidente iraniano intende spingersi fino al confine con Israele. “Quando arriverà lanceremo in aria duemila palloncini bianchi e azzurri (i colori nazionali di Israele, ndr), uno per ogni di Diaspora dal popolo ebraico”, ha anticipato il deputato del Likud Ayub Kara, un membro della minoranza drusa. “Vogliamo dire al popolo libanese che noi siamo interessati alla pace ed esprimere la nostra solidarietà a quella parte dei libanesi che si sollevano contro il dittatore iraniano”. Secondo la stampa israeliana, la polizia e i servizi medici della alta Galilea hanno elevato lo stato di allerta per far fronte a disordini che potrebbero accompagnare la visita di Ahmadinejad nelle roccaforti Hezbollah a ridosso del confine.

    In Ucraina almeno 37 morti per la collisione tra treno e pulmann
    È salito ad almeno 37 morti il bilancio di una collisione fra un treno e un pullman, avvenuto questa mattina in Ucraina. Lo dice la polizia stradale ucraina, aggiornando un primo bilancio precedente che parlava di almeno 10 morti.

    Sri Lanka, annullati 300 matrimoni di minori
    L'Authority cingalese di protezione dei bambini ha ordinato l'annullamento di almeno 300 matrimoni contratti da persone minori di 18 anni. I matrimoni di adolescenti, e a volte anche di bambini, sono comuni in Asia meridionale e in Sri Lanka. Sono organizzati dalle famiglie e spesso sono oggetto di importanti transazioni economiche. Comunque, dopo aver esaminato centinaia di dossier, l'Authority cingalese di protezione dei bambini, spiega un quotidiano, ha deciso di disporre l'annullamento di 300 matrimoni, soprattutto nei distretti di Badulla e Polonnaruwa, perchè celebrati in assenza dell'età minima richiesta per essi. La presidente dell'organismo, Anoma Dissanayake, ha comunque detto che molte coppie alle quali è stato annullato il matrimonio hanno raggiunto nel frattempo il 18.mo anno di età, per cui ora sono in grado di far registrare normalmente i documenti matrimoniali. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 284

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