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Sommario del 09/10/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa invita le Chiese orientali cattoliche a promuovere l’identità del proprio rito in comunione con Roma
  • L'integrazione nell'Ue e la situazione dei croati in Bosnia ed Erzegovina al centro dei colloqui tra Benedetto XVI e il presidente della Croazia
  • Altre udienze
  • Comunione e testimonianza: padre Pizzaballa e mons. Eterović sul Sinodo per il Medio Oriente
  • Sinodo: seme di pace. L’editoriale di padre Lombardi
  • Il cardinale Tomko alle celebrazioni per il terzo centenario della cattedrale di Minsk
  • Il cardinale Bertone: riconoscere i diritti delle confessioni religiose nell’Ue
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Afghanistan: uccisi 4 alpini. I vescovi italiani: morti per servire la pace
  • L'associazione Meter contro gli abusi su minori apre una sede a Roma: intervista con don Di Noto
  • La coscienza specchio della verità: la Chiesa celebra oggi il Beato John Henry Newman
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • I vescovi del Costa Rica: no alla revisione della legge sulla fecondazione in vitro
  • Cile: un grande raduno chiude la Settimana nazionale della famiglia
  • Obiezione di coscienza. Mons. Giordano: voto storico per l’Europa
  • Mons. Bercea: il rimpatrio dei Rom non è la soluzione
  • Austria: cattolici e protestanti criticano la durezza delle espulsioni
  • La Chiesa tedesca informa i parlamentari sui cristiani perseguitati in India
  • Myanmar: appello di vescovi cattolici e protestanti perché le elezioni del 7 novembre siano libere
  • Allarme dell’Oms: ogni 9 minuti un neonato muore a causa del tetano
  • La Comunità di Sant'Egidio sigla un'intesa con il Burkina Faso per la registrazione delle nascite
  • Congresso dell’Istituto internazionale di ricerca sul Volto di Cristo sui testimoni del Vangelo
  • 24 Ore nel Mondo

  • Gioia e speranza in Cile: la trivella raggiunge i 33 minatori intrappolati in miniera
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa invita le Chiese orientali cattoliche a promuovere l’identità del proprio rito in comunione con Roma

    ◊   Le Chiese orientali cattoliche sono chiamate “a conservare la propria identità, che è allo stesso tempo orientale e cattolica”: è quanto ha detto il Papa ricevendo, stamani in Vaticano, i partecipanti al Convegno di studio per il 20.mo anniversario della promulgazione del Codice di diritto Canonico Orientale. Ce ne parla Sergio Centofanti.:

    Il Papa rende omaggio all’intuizione di Giovanni Paolo II che volle dotare le Chiese orientali cattoliche di “un Codice completo, comune e adatto ai tempi”: una normativa, distinta da quella latina, per ridare “nuovo vigore apostolico” alle 23 Chiese raggruppate nelle cinque grandi tradizioni orientali: alessandrina, antiochena, armena, caldea e bizantina. Questa ricorrenza ventennale – osserva Benedetto XVI – è un’occasione per verificare in quale misura il Codice sia entrato effettivamente nella vita quotidiana delle Chiese orientali, stimolando i fedeli a vivere la fede secondo le ricchezze del proprio rito. A questo proposito – spiega – i sacri canoni della Chiesa antica, che ispirano l’attuale codificazione orientale, aiutano “tutte le Chiese orientali a conservare la propria identità, che è allo stesso tempo orientale e cattolica”:

    “Nel mantenere la comunione cattolica, le Chiese orientali cattoliche non intendevano affatto rinnegare la fedeltà alla loro tradizione. Come più volte è stato ribadito, la già realizzata unione piena delle Chiese orientali cattoliche con la Chiesa di Roma non deve comportare per esse una diminuzione nella coscienza della propria autenticità ed originalità. Pertanto, compito di tutte le Chiese orientali cattoliche è quello di conservare il comune patrimonio disciplinare e alimentare le tradizioni proprie, ricchezza per tutta la Chiesa”.

    Gli stessi sacri canoni dei primi secoli della Chiesa – ha proseguito il Papa – “costituiscono in larga misura il fondamentale e medesimo patrimonio di disciplina canonica che regola anche le Chiese ortodosse. Pertanto, le Chiese orientali cattoliche possono offrire un peculiare e rilevante contributo al cammino ecumenico” nello spirito della preghiera di Gesù: «Tutti siano una cosa sola…perché il mondo creda…» (Gv 17,21). Nell’attuale “impegno della Chiesa per una nuova evangelizzazione – conclude Benedetto XVI – il diritto canonico, come ordinamento peculiare ed indispensabile della compagine ecclesiale, non mancherà di contribuire efficacemente alla vita e alla missione della Chiesa nel mondo, se tutte le componenti del Popolo di Dio sapranno saggiamente interpretarlo e fedelmente applicarlo”:

    “Esorto perciò, come fece il Venerabile Giovanni Paolo II, tutti i diletti figli orientali 'a osservare i precetti indicati con animo sincero e con umile volontà, non dubitando minimamente che le Chiese orientali provvederanno nel miglior modo possibile al bene delle anime dei fedeli cristiani con una rinnovata disciplina, e che sempre fioriranno e assolveranno il compito loro affidato sotto la protezione della gloriosa e benedetta sempre vergine Maria che con piena verità è chiamata Theothokos e che rifulge come madre eccelsa della Chiesa universale'”.

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    L'integrazione nell'Ue e la situazione dei croati in Bosnia ed Erzegovina al centro dei colloqui tra Benedetto XVI e il presidente della Croazia

    ◊   Questa mattina, Benedetto XVI ha ricevuto in Vaticano il presidente della Repubblica croata, Ivo Josipović: i colloqui, svoltisi in un clima cordiale – riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana – “hanno permesso un fruttuoso scambio di opinioni su temi attinenti all’attuale congiuntura della regione, con uno speciale riferimento alla situazione dei croati nella Bosnia ed Erzegovina. Ci si è poi soffermati su alcuni aspetti della situazione in Croazia, sul contributo della Chiesa allo sviluppo culturale e spirituale, sul cammino del Paese verso la piena integrazione nell’Unione Europea e sull’importanza che essa mantenga la propria identità cristiana”. Dopo l’udienza con il santo Padre, il presidente Josipović ha incontrato il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone e l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati.

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    Altre udienze

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina i vertici della Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti d’America: il cardinale presidente Francis Eugene George, arcivescovo di Chicago; il vicepresidente, mons. Gerald Frederic Kicanas, vescovo di Tucson; il segretario generale, mons. David John Malloy; il segretario generale aggiunto, mons. Ronny Jenkins. Il Santo Padre riceverà questo pomeriggio il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

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    Comunione e testimonianza: padre Pizzaballa e mons. Eterović sul Sinodo per il Medio Oriente

    ◊   Con la celebrazione eucaristica presieduta dal Papa domani mattina, alle 9.30 nella Basilica Vaticana, prenderà il via l’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi. Il tema è: “La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza. La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola». Il sito della nostra emittente (www.radiovaticana.va) dedica all’assise sinodale, che si concluderà il 24 ottobre, una particolare sezione nelle quattro lingue ufficiali del Sinodo - arabo, inglese, francese ed italiano – con l’aggiunta dell’armeno e di una sezione più sintetica in ebraico. Prendono parte all’Assise 185 Padri sinodali chiamati a riflettere sui tanti aspetti religiosi e pastorali della vita delle comunità cristiane in Terra Santa. Una ricchezza di comunità di cui ci parla nell’intervista di Tracy McClure, il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa:

    R. - Una delle sfide principali è quella di manifestare - perché c’è già - una maggiore comunione tra tutte le Chiese, anche perché le Chiese cattoliche sono tante, di tante tradizioni diverse e tutte tendono ad avere una propria vita autonoma. E’ importante, invece, dare non soltanto l’impressione, ma anche la testimonianza, la concreta testimonianza alla comunità cristiana cattolica che siamo un’unica Chiesa e che lavoriamo insieme. E concretamente significa non creare doppie o triple attività che si accavallano, mantenere per esempio una comunione nelle attività delle scuole. Avere diverse Chiese e diversi riti non rappresenta un problema, ma è una tradizione ed una ricchezza propria delle Chiese in Medio Oriente: la Chiesa cattolica latina, la Chiesa melchita o greco-cattolica, maronita, siriaca, caldea, armena, copta e tantissime altre. Sono tantissime le Chiese che sono espressione di una tradizione antichissima che è bene conservare. E’ anche importante, però, manifestare l’unità tra tutte queste Chiese, fatte salve le identità e le tradizioni di ciascuno. Questo deve essere, forse, manifestato ancor di più oggi dal momento che la società è cambiata, i mezzi di comunicazione unificano e creano una maggiore vicinanza. E’ importante che nella vita concreta di queste Chiese si manifesti visibilmente questa vicinanza.

    D. - Un’altra sfida importante è rappresentata dai rapporti tra cristiani, musulmani ed ebrei…

    R. - Questo è un problema antico, ma sempre nuovo e questo perché le società cambiano. Noi, Chiesa di Terra Santa, abbiamo due realtà con le quali fare i conti: la realtà israeliana e la realtà palestinese, che sono due mondi, due realtà completamente diverse e con le quali è necessario fare i conti. Con il mondo musulmano, soprattutto all’interno della società palestinese dei Territori, abbiamo una relazione plurisecolare, che è fatta di coesistenza pacifica, ma anche di tensioni, che dobbiamo cercare di affrontare serenamente. Ci saranno sempre questi due aspetti di coesistenza pacifica ma anche di tensioni di carattere religioso, che non devono essere enfatizzate ma nemmeno non prese in considerazione. Dobbiamo lavorare, quindi, molto su questo. In Israele, credo che come responsabili religiosi dovremmo imparare ad avere una relazione più serena. La società cristiana presente in Israele già lavora con Israele. Nella vita normale, nella vita quotidiana bisogna lavorare, bisogna vivere e quindi queste cose si fanno; ma come responsabili religiosi abbiamo sempre fatto una certa fatica ad avere un rapporto sereno con Israele. Ci sono sicuramente molti problemi che devono essere affrontati, ma è necessario prendere in considerazione il fatto che in Israele esiste una realtà stabile, che resterà sempre e con la quale dobbiamo avere un rapporto costruttivo. Israele non può essere ridotto soltanto alla questione “occupazione”, Israele è anche una società di sei milioni di persone che vivono normalmente, come in tutti i Paesi.

    D. - Alcuni vescovi hanno espresso qualche preoccupazione riguardo la politicizzazione del Sinodo. Lei condivide questo sentimento?

    R. - Il Sinodo è anzitutto un evento ecclesiastico, ecclesiale e religioso. Naturalmente quando si deve parlare dei problemi della comunità cristiana, si devono affrontare anche i problemi di carattere sociale ed anche i problemi di carattere politico, perché noi viviamo in un territorio e non si può evitare di toccare questi temi che saranno, però, secondari rispetto al cuore del problema del Sinodo, che è un problema anzitutto di carattere religioso e pastorale.

    Il Sinodo è un evento importante per la tutta la Chiesa: lo sottolinea, nell’intervista di Romilda Ferrauto, il segretario generale del Sinodo dei Vescovi, mons. Nikola Eterović:

    R. - E’ un evento eccezionale e ognuno di noi deve ringraziare Dio, perché si è potuto realizzare e soprattutto noi della Segreteria Generale che abbiamo lavorato tanto sotto l’illuminata guida del Santo Padre Benedetto XVI. Ringraziamo continuamente Dio per questa felice iniziativa di convocare per la prima volta nella storia tutti i vescovi del Medio Oriente a Roma. Il Santo Padre darà senz’altro indicazioni molto opportune sullo svolgimento dei lavori, proprio perché conosce molto bene la situazione ecclesiale e sociale del Medio Oriente, una regione che ha visitato varie volte ed ha avuto numerosi incontri con i vescovi del Medio Oriente, con a capo i Patriarchi di sei Chiese orientali cattoliche, insieme al Patriarcato Latino di Gerusalemme. E’ quindi soprattutto una grande azione di grazie a Dio per questo evento eccezionale, ma anche per il fatto che i cristiani sono presenti in Terra Santa da oltre Duemila anni, dal mistero glorioso del Signore Gesù, dalla sua nascita alla sua morte, alla venuta dello Spirito Santo e nonostante le tante difficoltà che hanno dovuto superare nell’arco di questi venti secoli. Questo è per noi anche una speranza che i cristiani resteranno nel presente ed anche nel futuro grazie alla solidarietà di tutti i cristiani e del mondo intero e in particolare grazie all’azione dello Spirito Santo.

    D. - Eccellenza, si tratta di un Sinodo che si vuole anzitutto pastorale-ecclesiale e questo è forse importante ricordarlo…

    R. - Senz’altro. Non potremmo ignorare la situazione complicata e delicata dei cristiani in Medio Oriente e più in generale la situazione mediorientale, ma la finalità propria del Sinodo è pastorale, come è sottolineato dal tema stesso, “La Chiesa cattolica nel Medio Oriente. Comunione e Testimonianza”. Secondo il Santo Padre e i padri sinodali, si vuole approfondire soprattutto il concetto e la realtà della comunione a tutti i livelli: quindi la comunione all’interno di ogni Chiesa orientale e cattolica; la comunione tra patriarca e vescovi, tra vescovi e sacerdoti, tra religiosi e religiose e laici; la comunione tra varie Chiese orientali cattoliche del Medio Oriente, che sono ben sei Chiese, venerande e con grande tradizione liturgica, spirituale, culturale ed anche disciplinare. Si cerca di vedere - mantenendo la propria specificità - cosa si può condividere e cosa anzi si deve condividere con gli altri fratelli, soprattutto in campo pastorale, catechetico e in attività caritatevoli. In questa comunione bisogna includere poi ovviamente tutti i cattolici, anche quelli di tradizione latina. La comunione si allarga poi anche ad una dimensione ecumenica: in Medio Oriente sono presenti varie Chiese non cattoliche e comunità ecclesiali. Con loro un dialogo già esiste, ma il Sinodo probabilmente inviterà tutti a rafforzare questo dialogo, che è molto importante per una presenza sempre più efficace ed effettiva dei cristiani in Medio Oriente. Non mancherà anche di mettere in rilievo l’importanza del dialogo con gli ebrei e con i musulmani. Certo è che nello Stato di Israele gli ebrei sono la maggioranza, ma in altri Paesi generalmente la maggioranza dei cittadini sono musulmani.

    D. - Dialogo, appunto, ma anche richiesta di libertà religiosa. Questo sarà presente, immagino…

    R. - E’ un tema che gli stessi padri sinodali hanno sottolineato molto nelle loro risposte nei Lineamenta. Del resto si tratta di un diritto universale che vale per tutto il mondo, per tutti i Paesi. Anche i Paesi del Medio Oriente hanno sottoscritto la Carta dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, che include anche il dovere di promuovere e di permettere la libertà religiosa e di coscienza. E’ una questione oggettiva ed indispensabile soprattutto nella società di oggi e in ogni Paese e quindi anche in tutti i Paesi del Medio Oriente.

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    Sinodo: seme di pace. L’editoriale di padre Lombardi

    ◊   Sul Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente ascoltiamo il nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    Per due settimane i cattolici del Medio Oriente saranno al centro dell’attenzione della Chiesa intera poiché tutti i loro vescovi saranno riuniti a Roma nel Sinodo. Il Medio Oriente è una regione in cui i cristiani sono minoranza, in alcuni Paesi veramente molto piccola e priva di ogni influsso politico o sociale, e in cui la situazione di guerra o di tensione permanente logora la speranza nell’avvenire e spinge a emigrare. Ma è anche la regione in cui il cristianesimo è nato, dove ha radici e tradizioni antichissime e di straordinaria ricchezza culturale e spirituale. Perciò i problemi delle Chiese nel Medio Oriente ci interessano e ci coinvolgono tutti, e perciò il Papa ha convocato questa assemblea, che per la prima volta è dedicata non a un tema o a un continente o a un singolo Paese, ma a una specifica regione del mondo. “Comunione e testimonianza” è il tema del Sinodo, che ricorda come la prima comunità dei credenti a Gerusalemme “aveva un cuore ed un’anima sola”. Chi non ha potere politico né militare, chi spesso subisce violenza non può che appellarsi alla forza dello spirito e dell’amore, e può elevare un grido e un’invocazione di pace forti e credibili, non legati o mescolati a rivendicazioni o interessi di parte. L’unione più profonda fra le diverse comunità cattoliche sparse nel Medio Oriente, favorita dal sostegno delle tante Chiese di altre parti del mondo che mostrano la loro solidarietà con aiuti spirituali e materiali, favorita soprattutto dalla presenza e dalla partecipazione continua e intensa del Papa – vero fondamento di unione - fanno di questo Sinodo una voce, un segno e un seme di speranza e pace.

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    Il cardinale Tomko alle celebrazioni per il terzo centenario della cattedrale di Minsk

    ◊   È stato celebrato oggi a Minsk, capitale della Bielorussia, il terzo centenario della consacrazione della Cattedrale della città. A officiare la cerimonia l’inviato speciale del Santo Padre, cardinale Jozef Tomko, prefetto emerito della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Il servizio di Roberta Barbi:

    Anche se Dio è presente in cielo, sulla terra e in ogni luogo, la chiesa è la casa a lui riservata e consacrata come luogo privilegiato in cui possiamo incontrarlo singolarmente o in comunità. L’inviato del Papa pone l’accento sulla chiesa come casa di Dio, in cui Egli ci aspetta nei momenti più importanti della nostra vita: dai battesimi alle prime comunioni, dalle cresime ai matrimoni sino ai funerali. Un luogo preposto alle confessioni, alle preghiere più devote, ma anche al silenzio, al raccoglimento e all’adorazione, perché oltre a essere la casa del Signore, è un luogo che serve ai fedeli che si mettono alla ricerca di Dio. Riferendosi alla Cattedrale di Minsk, la cui storia, particolarmente tormentata, somiglia a un romanzo, il porporato ha ricordato il Concilio Vaticano II, che definì il vescovo “sacerdote del suo gregge, dal quale deriva e dipende la vita dei suoi fedeli in Cristo”. La Cattedrale di Minsk fu consacrata nel 1710, poi con l’erezione della diocesi, divenne Cattedrale della città nel 1798. Nel corso di tre secoli la diocesi ha attraversato momenti molto difficili, è stata più volte soppressa e reinstituita, fino al 1997, anno in cui fu riconsacrata e rinnovata con la Sacra immagine dell’Immacolata Madre di Dio, il nuovo altare e l’organo. Anche le chiese più belle del mondo, però, servono in realtà a uno scopo più alto, conclude l’inviato del Santo Padre, un luogo visibile e materiale che facilita l’edificazione del tempio di Dio nei cuori di tutti.

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    Il cardinale Bertone: riconoscere i diritti delle confessioni religiose nell’Ue

    ◊   Il dialogo tra Stato e Chiesa, il bene integrale della persona umana e il diritto delle confessioni religiose a essere riconosciute nell’ambito dell’Unione Europea, come nei singoli Paesi. Questo il contenuto del messaggio inviato dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone a Giorgio Feliciani, presidente del Centro studi sugli enti ecclesiastici (Cesen) che ha organizzato a Roma il convegno “Diritto dell’Unione Europea e status delle confessioni religiose”. Ce ne parla Roberta Barbi:

    Un rapporto, quello tra Chiesa e Stato, che si è ormai arricchito di un nuovo importante interlocutore: l’Unione Europea. Il segretario di Stato ha voluto sottolineare il contributo che la Chiesa cattolica, attraverso i suoi membri, ha offerto alla costruzione dell’Europa unita e auspica che da questa istituzione sovranazionale, come dai singoli Paesi, venga il giusto riconoscimento dei diritti delle confessioni religiose e del ruolo che esse rivestono nella sfera pubblica. A questo proposito il cardinale Bertone ha ricordato le parole di Benedetto XVI nel suo recente viaggio nel Regno Unito, in cui ha ribadito come la religione non possa e non debba essere mai negata o emarginata dalle istituzioni e quanto il suo apporto sia vitale per la convivenza civile. A volte terreno fertile di collaborazione, altre volte motivo di contrasto tra la comunità ecclesiale e quella civile, è il bene integrale della persona umana, che il porporato ha voluto evidenziare scorrendo i vari argomenti trattati nel convegno: l’educazione, il matrimonio, la famiglia, il regime fiscale. L’interesse del mondo accademico per lo studio dei rapporti tra comunità civile e confessioni religiose, infatti, secondo la Santa Sede offrirà alla società e alle Chiese un valido aiuto per cogliere le nuove sfide, ma anche le nuove opportunità del processo d’integrazione europea. Uno dei compiti della ricerca scientifica, infine, è proprio essere attenta ai mutamenti della realtà e vedere lo sviluppo del presente, in modo da dirigersi verso il futuro con maggiore sicurezza.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Fioriscano le Chiese orientali cattoliche: Benedetto XVI ai partecipanti al convegno di studio promosso dal Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi.

    Su etica e innovazioni, in prima pagina un fondo di Lucetta Scaraffia dal titolo “Lo slittamento morale”.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, l’Afghanistan, dove stamane quattro soldati italiani sono rimasti uccisi in un attacco della guerriglia.

    Un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo “Se la marea nera tocca la Casa Bianca”: pubblicato il rapporto su disastro nel Golfo del Messico.

    Tempo da lupi per i diritti in Europa: in cultura, Marta Cartabia sulle esasperazioni dell’individualismo.

    Nel romanzo totale convivono utopia e sconfitta: Claudio Toscani sugli eroi di Mario Vargas Llosa.

    Quei bravi (ex) ragazzi: Giuseppe Fiorentino e Gaetano Vallini sul concerto degli U2 allo stadio Olimpico di Roma.

    Un articolo di Timothy Verdon dal titolo “L’obiettivo è guardarlo negli occhi”: in un quadro del Cinquecento la sintesi della vocazione umana della contemplazione.

    Due aste in un fine settimana per Tintin.

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    Oggi in Primo Piano



    Afghanistan: uccisi 4 alpini. I vescovi italiani: morti per servire la pace

    ◊   In Afghanistan, 4 soldati italiani sono rimasti uccisi ed un altro è rimasto ferito. L’attacco è avvenuto nella provincia di Farah, nella parte occidentale del Paese. I talebani hanno rivendicato due attentati compiuti ieri sera contro militari statunitensi e afghani nella stessa zona in cui sono stati uccisi stamani i 4 soldati italiani. Il ministero degli Esteri britannico ha reso noto intanto che è stata uccisa una donna inglese rapita lo scorso 26 settembre. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    L’imboscata è stata scandita prima dall’esplosione di un ordigno e poi da un attacco a colpi di arma da fuoco. I soldati rimasti uccisi stavano scortando un’autocolonna composta da una settantina di mezzi con materiali per l’allestimento di una base che servirà per il controllo dell’intera zona. Il presidente italiano Giorgio Napolitano si è fatto interprete, in una nota, “del profondo cordoglio del Paese” e il Quirinale, in segno di cordoglio, ha annullato il preannunciato concerto, previsto per domani, in occasione del Cambio della Guardia d'onore. Il presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, ha espresso vicinanza alle famiglie delle vittime e ribadito “la propria gratitudine ai soldati italiani che, nelle diverse missioni in tante parti del mondo,consentono all’Italia di mantenere i suoi impegni internazionali contro il terrorismo”. Il ministro della Difesa italiano, Ignazio La Russa, ha aggiunto che, nella prospettiva del ritiro dei soldati italiani previsto nel 2011, deve proseguire “l’addestramento dei militari afghani”. Il ministro degli Esteri Frattini ha parlato di una necessaria accelerazione della fase di transizione. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, ha chiesto al governo di aprire una riflessione sulla strategia in Afganistan. “La situazione sul campo – ha detto è difficile” e le prospettive sono “incerte”. Dal 2004 sono 34 i soldati italiani rimasti uccisi nel Paese. Dall’inizio della missione internazionale il 2010 è l’anno più cruento. L’ultima drammatica notizia, diffusa oggi dal ministero degli Esteri britannico, è quella di un’inglese, sequestrata lo scorso 26 settembre e uccisa ieri sera dai suoi rapitori durante un’operazione di salvataggio.

    La Conferenza episcopale italiana ha espresso, in un comunicato, “profondo dolore” per la “tragica scomparsa” dei “quattro giovani militari italiani mentre compivano con dedizione e professionalità il loro quotidiano lavoro a servizio della pace in Afghanistan”. Ma ascoltiamo l’arcivescovo Vincenzo Pelvi, ordinario militare per l’Italia intervistato da Luca Collodi:

    R. - La sofferenza del cuore è immensa, credo, e indescrivibile. Siamo veramente confusi e direi inquieti. Circolano queste voci in questi attimi: "è proprio possibile che non si metta fine alla guerra, al disagio di tante famiglie in situazioni di emarginazione?". In questi momenti credo dobbiamo essere lucidi nella mente e nel cuore e pensare che i nostri militari sono al servizio della sicurezza internazionale, anche perché dalla sicurezza internazionale dipende la concordia. Direi che i nostri militari che muoiono in missione internazionale di sicurezza sono un invito palpitante per gli uomini e le donne italiane, perché ci sia veramente intesa e cammino per un bene comune.

    D. – Secondo lei, c’è la consapevolezza nei leader mondiali, nei politici dei vari Stati nel mondo, di quello che si sta facendo in Afghanistan?

    R. – C’è consapevolezza. La consapevolezza ha bisogno anche di essere più esplicita, di essere veicolata, per cui i popoli e le nazioni devono avvertire che hanno un fondamento, un sostegno che è quella armonia di menti che fanno sì che ci sia costruzione di un’umanità più unita e più serena. Ecco, quindi direi che la strategia va rispettata: è una strategia che crea intese e mai frammentazioni, che innalza ponti e mai divisioni, perché tutti stiano nella pace del cuore, ma soprattutto, e anche, nel benessere sobrio della vita quotidiana.

    Su questo nuovo, drammatico episodio del conflitto in Afghanistan si sofferma, al microfono di Amedeo Lomonaco, anche il prof. Marco Lombardi, responsabile dei progetti educativi in Afghanistan dell’università cattolica del Sacro Cuore di Milano:

    D. – Si tratta dell’anno più cruento dall’inizio della missione internazionale nel 2001. A quali fattori è legato questo dato?

    R. – Era qualcosa di atteso, purtroppo. Perché? Perché sta migliorando la situazione civile in Afghanistan e a questo punto le truppe più radicali ed estremiste devono tentare il tutto per tutto. Dobbiamo attenderci una recrudescenza in questo periodo, fra l’altro, perché arriva l’inverno e le cose cambiano: in questo periodo bisogna in ogni caso rallentare la dinamica militare. Quindi, aspettiamoci ancora qualche difficoltà.

    D. – Cosa può realisticamente fare la comunità internazionale per ridurre la distanza tra il conflitto e la pace?

    R. – Quello che sta facendo, cioè dare sicurezza alle zone per renderle vivibili. E gli afghani dei villaggi, quelli in cui in questo momento sono accaduti questi fatti di guerra pesantissimi, sono i primi che chiedono ai soldati italiani di vivere lì, di stare lì con loro. E’ quello che gli italiani fanno, perché la loro quotidianità sia possibile.

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    L'associazione Meter contro gli abusi su minori apre una sede a Roma: intervista con don Di Noto

    ◊   Educare alla responsabilità e prevenire con responsabilità ogni forma di abuso. È l’obiettivo del settimo corso di formazione Meter, sui diritti e sulla tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, tenutosi oggi presso la Parrocchia di San Romano Martire, a Roma, in vista dell’istituzione della nuova sede dell’associazione nella capitale. Una possibilità in più per stare accanto alle piccole vittime e alle loro famiglie, sottolinea don Fortunato Di Noto, fondatore di Meter, da sempre in prima linea nella lotta agli abusi, che ha parlato di questo corso di formazione al microfono di Linda Giannattasio:

    R. - L’intenzione è quella di formare i nostri volontari - che sono romani, ma provengono anche da altre città italiane - per la sede romana, per essere così un punto di riferimento ecclesiale, ma anche sociale e civile per le esigenze e i bisogni dei bambini deprivati e quindi, di conseguenza, anche abusati. Mons. Mariano Crociata ci ha inviato una Lettera della Conferenza episcopale italiana, in cui ci incoraggia e riconosce nell’Associazione Meter una funzione educativa e soprattutto di contrasto coraggioso a queste forme definite - anche dal cardinale Bagnasco - “inqualificabili crimini”. Abbiamo fatto un incontro generale di lettura educativa, antropologica e sociologica sul fenomeno, partendo anche dai documenti della Chiesa che si è attivata egregiamente per contrastare questo fenomeno tra il clero. Ci sarà poi l’aspetto legale e giuridico, ma anche l’aspetto psicologico, che ci permetterà di affrontare i casi di emergenza. Ovviamente, per noi, Roma diventa una cosa importante: stiamo cercando una sede fisica, perché abbiamo già decine di volontari e credo che possa dare anche una grande risposta di speranza e di fiducia nei confronti delle famiglie, nei confronti delle vittime.

    D. - Quali sono gli obiettivi principali di questo progetto?

    R. - Educare non solo alla responsabilità, ma anche prevenire con responsabilità gli abusi. E’ necessaria questa formazione, perché ci permette di aiutare a togliere i veli che non permettono di guardare la situazione dell’infanzia oggi, che a volte è in famiglia, che a volte è anche nelle realtà educative. Avere uomini e donne capaci di poter agire con determinazione, creando anche una profonda rete di aiuto e di sostegno appoggiata e sostenuta anche da molti vescovi, ci permette di far rientrare in una cosiddetta pastorale ordinaria della Chiesa l’attenzione - che già c’è - per i bambini, soprattutto in uno specifico settore che è quello dell’abuso e non soltanto sessuale, ma proveniente anche da altre situazioni di grande povertà. La Chiesa nella sua pastorale ordinaria è dalla parte dei bambini, è dalla parte delle famiglie ed è contro gli abusi.

    D. - Lei ha parlato della necessità di una pastorale di prossimità al dolore delle vittime di abusi…

    R. - Stare accanto alle vittime è fondamentale. Noi non possiamo stare a guardare, ma anzi il guardare ci permette di operare così come diceva Benedetto XVI: l’operatività non è un’operatività sensazionalista né tantomeno scandalistica, ma un’operatività corretta, silenziosa, puntuale, professionale, educativa e - perché no? - soprattutto evangelica.

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    La coscienza specchio della verità: la Chiesa celebra oggi il Beato John Henry Newman

    ◊   La Chiesa celebra oggi per la prima volta la Festa del Beato John Henry Newman, elevato all’onore degli altari da Benedetto XVI lo scorso 19 settembre a Birmingham. Nel suo storico viaggio nel Regno Unito, il Papa ha più volte sottolineato l’attualità del pensiero del grande pastore e teologo inglese del XIX secolo. In particolare, il Pontefice ha messo l’accento sul binomio coscienza-verità nell’opera e nella vita di Newman. Proprio su questo aspetto si sofferma padre Herman Geissler, direttore del “Centro internazionale degli amici di Newman”, nell’intervista di Alessandro Gisotti:

    R. – A differenza di tanti nostri contemporanei, Newman intende con coscienza non la mera opinione personale, e ancora di meno l’arbitrio. La coscienza è per lui - ed è un’espressione famosa – “il vicario originario di Cristo”. La coscienza, per Newman, è quel santuario in cui ogni uomo può sentire l’eco della voce di Dio, e questa è una voce che lo chiama, lo corregge, lo conduce; una voce che sotto l’influsso dello Spirito, apre il suo cuore ad accogliere la Parola di Dio: la Verità in persona. Questa verità, da parte sua, illumina poi la coscienza perché sia una coscienza retta, una coscienza formata e perché l’uomo possa trovare la pace vera e duratura. Newman ci mostra, così, in sintesi, che la coscienza – di fondamentale importanza per l’uomo moderno – non sia in contrasto con la verità; al contrario: nella coscienza, Dio tocca ciascuno di noi in modo personale…

    D. – Il Papa, parlando ai giovani nella Veglia ad Hyde Park, li ha invitati ad essere come Newman: appassionati della verità anche se questo può avere un costo molto alto…

    R. – Vorrei ricordare che Newman ha sempre denunciato il cosiddetto “liberalismo religioso”. Una simile concezione della religione è errata; anzi, secondo Newman, è il nemico più grande dell’uomo. Infatti, se non esiste una verità su Dio, su me stesso, sul mondo, sul bene e sul male, manca ogni punto di riferimento per l’uomo. Tutto ciò dimostra che il liberalismo religioso o, come diciamo oggi, il relativismo, distrugge l’uomo e ci fa comprendere, tutto questo, nuovamente, che la verità è un gran bene, da cercare con umiltà, da vivere con coerenza e da annunciare e da difendere con forza, seguendo l’esempio luminoso del Beato John Henry Newman, anche se questo può avere un costo alto. Ma ricordiamo: tutti i discepoli del Signore partecipano non solo alle gioie del loro Maestro, ma anche alle sue sofferenze.

    D. – Alla Messa di Beatificazione a Birmingham il Papa ha fatto suo l’appello di Newman per un laicato non arrogante, preparato; un laicato che sa in cosa credere. Ecco, sul ruolo dei laici della Chiesa il nuovo Beato fu davvero profetico…

    R. – E’ verissimo! Newman si è sempre impegnato, da anglicano e poi anche da cattolico, per una buona formazione dei laici. Senza mettere in discussione il compito dei pastori, ha evidenziato il ruolo specifico che hanno i fedeli laici nel Corpo della Chiesa. Essi, in quanto battezzati e cresimati, fanno parte a pieno titolo dell’organismo della Chiesa e svolgono una missione importante e insostituibile. Newman ha sottolineato che tutti i membri della Chiesa, e in modo particolare anche i laici, sono chiamati ad essere testimoni. Newman ci invita tutti ad essere testimoni autentici e gioiosi della verità che ci libera e ci salva.

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa 28.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il passo del Vangelo in cui Gesù guarisce dieci lebbrosi. Ma solo uno di essi, un samaritano, lo ringrazierà. Il Signore dice:

    “Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!»”.

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    “Gesù pone un legame evidente fra salute e salvezza, in risposta al lebbroso samaritano che è tornato a ringraziarlo. E molti dei cristiani di oggi potrebbero pensare che dove c’è salute, c’è anche benedizione di Dio e dove non c’è salute Dio si è allontanato. Ma non è proprio così. La salute non è affatto tutto, come invece si dice: perché come persone umane non possiamo sempre stare in salute. E anche la malattia può essere scuola di umanità e di maturità, se è vissuta come esperienza naturale della nostra fragilità costitutiva. La pienezza di vita promessa e donata da Cristo riguarda l’uomo globale e non solo il benessere psicofisico. E anche la salute del corpo non è fine a se stessa, ma richiama la sorgente di ogni vita e di ogni benessere: per amare e servire Colui che ci ha dato la vita e per la nostra salute eterna si è fatto fragile ed è morto in croce. Per questo dobbiamo ringraziare. Il ringraziamento forse scarseggia oggi nello stile sociale: perché ognuno pensa a se stesso e pretende molto come suo diritto. Avessimo un cuore meno egoista e più grato, sarebbe meno acido il convivere. E si capirebbe anche meglio come il ringraziare faccia parte essenziale della fede cristiana.

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    Chiesa e Società



    I vescovi del Costa Rica: no alla revisione della legge sulla fecondazione in vitro

    ◊   I vescovi del Costa Rica, con una dichiarazione firmata dal presidente della Conferenza episcopale, l’arcivescovo di San José, mons. Hugo Barrantes Ureña, sono tornati a richiamare l’attenzione dei poteri pubblici e della società sulla delicata questione della fecondazione in vitro, attualmente vietata dalla legislazione del Paese centroamericano. Il governo locale, infatti, sta ora valutando una richiesta della Commissione interamericana dei diritti umani dipendente dall’Osa (Organizzazione degli Stati Americani) che vorrebbe la revisione di questo divieto. I presuli sottolineano quanto sia urgente ricordare “che la fecondazione in vitro viene presentata frequentemente come l’ultima opportunità per le donne sterili, occultando che tale tecnica consente che degli esseri umani, nel loro stadio di vita più debole e meno difeso, siano selezionati, abbandonati, uccisi o utilizzati come semplice materiale biologico”. I vescovi ricordano inoltre che già la Corte costituzionale del Paese ha dichiarato come la “fecondazione in vitro e il trasferimento di embrioni costituisca una manipolazione” non autorizzata dalla legge poiché si tratta di una tecnica, rilevano i vescovi, che “prima tenta di innescare il processo biologico della vita e poi, con un intervento umano, procede alla selezione e alla morte”. La stessa Corte, nel suo verdetto ha richiamato proprio il testo della Convenzione Americana sui diritti umani, che afferma: “Ogni persona ha diritto a vedere rispettata la sua vita. Questo diritto deve essere protetto dalla legge, fin dal concepimento. Nessuno può essere privato dalla propria vita arbitrariamente”. Secondo i vescovi, questi testi giuridici nazionali e internazionali dimostrano che la difesa della vita non è un tema esclusivamente religioso come alcuni vorrebbero. La revisione che la Commissione interamericana chiede oggi al governo del Costa Rica, per i presuli viola dunque due principi fondamentali: il primo riguarda “l’interesse superiore del più debole”, secondo il quale in caso di conflitto tra un nascituro e un adulto deve sempre prevalere la difesa del primo”, questione che secondo i vescovi si pone appunto nel caso della fecondazione in vitro. L’altro principio violato “è quello del ‘In Dubio Pro Vida’, vale a dire: in caso di dubbio scientifico ragionevole si deve optare per la via che favorisca il bene comune della vita, come stabilito dalla legislazione del Costa Rica”. L’episcopato locale ricorda infine che la richiesta della Commissione Interamericana ha al momento solo carattere di “raccomandazione” e sottolinea come tale proposito debba essere rifiutato senza tentennamenti. “La Commissione deve sapere, è l’esortazione finale dei presuli, che la Costituzione del Costa Rica recita: “la vita umana è inviolabile” e ciò è in totale armonia e rispetto sia con il verdetto della Corte Costituzionale sia con la convinzione profonda della stragrande maggioranza del Paese che ritiene “un bene supremo la vita, anche quella di colui che ancora deve nascere”. (L. B.)

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    Cile: un grande raduno chiude la Settimana nazionale della famiglia

    ◊   Con un grande raduno nel Parco O’Higgins, il più grande di Santiago del Cile, si chiude oggi pomeriggio la Settimana nazionale della famiglia. L’incontro ecclesiale sul tema “Sempre la mia famiglia, una mensa per tutti”, per il quale si prevede una massiccia partecipazione di tutte le diocesi del Paese sudamericano, si concluderà con un discorso del cardinale Francisco Javier Errázuriz. L’arcivescovo di Santiago compirà un bilancio delle molteplici iniziative tenutesi nel corso della Settimana, anche in vista del VI Incontro mondiale delle famiglie in programma dal 30 maggio al 3 giugno 2011 a Milano. La Settimana è stata organizzata dal Vicariato per la famiglia, dall’arcidiocesi della capitale e dalla Rete “Vita e famiglia”, che hanno animato per sette giorni dibattiti, momenti di preghiera, tavole rotonde e campagne di sensibilizzazione sul tema centrale della famiglia e sulla sua enorme rilevanza per il futuro della società cilena. Fra i momenti più attesi dalle famiglie, che stanno raggiungendo il grande Parco da diversi luoghi del Paese, c’è la proiezione di alcuni filmati che raccontano il V Incontro mondiale di Valencia, in Spagna, chiuso da Benedetto XVI l’8 luglio del 2006. La festa di oggi si svolgerà contemporaneamente in numerose altre diocesi del Cile, dall’estremo nord di Antofagasta, sino al profondo sud di Punta Arenas. “La festa è un’opportunità per condividere l’amore per la vita e per dire a tutti che la famiglia è il patrimonio più grande della nazione”, ha sottolineato padre Marek Burzawa, vicario per la famiglia dell’arcidiocesi di Santiago. Il raduno cileno si svolge nel medesimo spirito che Benedetto XVI ha voluto animasse l’Incontro di Milano, dal tema "La famiglia: il lavoro e la festa". Gli organizzatori inviteranno i presenti a riflettere sul contenuto della lettera del Papa, nella quale si sottolinea che “ai nostri giorni, purtroppo, l’organizzazione del lavoro pensata e attuata in funzione della concorrenza di mercato e del massimo profitto e la concezione della festa come occasione di evasione e di consumo contribuiscono a disgregare la famiglia e la comunità e a diffondere uno stile di vita individualistico”. “Occorre perciò – si legge nel testo - promuovere una riflessione e un impegno volti a conciliare le esigenze e i tempi del lavoro con quelli della famiglia e a recuperare il senso vero della festa, specialmente della Domenica, Pasqua settimanale, giorno del Signore e giorno dell’uomo, giorno della famiglia, della comunità e della solidarietà”. “Il prossimo Incontro Mondiale delle Famiglie – prosegue la lettera - costituisce un’occasione privilegiata per ripensare il lavoro e la festa nella prospettiva di una famiglia unita e aperta alla vita, ben inserita nella società e nella Chiesa, attenta alla qualità delle relazioni oltre che all’economia dello stesso nucleo familiare. L’evento – si legge infine - per essere davvero fruttuoso non dovrebbe rimanere isolato ma inserirsi in un adeguato percorso di preparazione ecclesiale e culturale”. (A cura di Luis Badilla)

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    Obiezione di coscienza. Mons. Giordano: voto storico per l’Europa

    ◊   “E’ il segnale che in Europa c’è ancora speranza per la vita. L’auspicio è che questa Europa sia in grado di continuare a far sentire la propria voce”. Così mons. Aldo Giordano, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d'Europa, commenta al Sir la risoluzione discussa giovedì scorso dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (CdE) che ha stabilito la tutela dell’obiezione di coscienza dei medici in caso di interruzione volontaria di gravidanza. “Ritengo molto significativo – ha detto mons. Giordano - che un testo nato per limitare il diritto all’obiezione di coscienza per facilitare l’accesso all’aborto, sia diventato una raccomandazione totalmente a favore e a sostegno dell’obiezione di coscienza. E questo è un evento che ha qualcosa di storico”. A portare al ribaltamento delle posizioni è stato – ad avviso di mons. Giordano – “un lavoro di informazione abbastanza esteso”. “C’è stata – spiega - una reazione trasversale a livello politico con l’impegno di gruppi e rappresentanti di vari gruppi politici che non hanno voluto che l’Assemblea Parlamentare ritornasse sui suoi passi circa le libertà che nei decenni passati abbiamo conquistato. C’è stata anche una reazione trasversale a livello culturale con persone di diverse culture che si sono espresse a favore della libertà di coscienza”. “Significativa – prosegue l’osservatore permanente della Santa Sede - è stata la reazione anche del personale medico, delle associazioni mediche e del personale degli organismi sanitari che hanno parlato in maniera autorevole perché la questione li toccava direttamente. Anche sui media c’è stata una reazione importante. Altro elemento è stato l’impegno di tante persone, l’impegno di parlamentari, di organismi non governativi che hanno raccolto firme, realizzato addirittura un seminario a Strasburgo, e in questo impegno ci sono anche le Chiese. E poi un fatto nascosto ma presente è la rete di preghiera perché ci fosse la luce per i parlamentari”. Che segnale dà il Consiglio d’Europa? “E’ il segnale – conclude mons. Giordano - che l’Europa è capace di posizione critica e che la tendenza di tipo più radicale e laicista non è una tendenza sempre vincente come qualcuno poteva pensare. E’ il segnale che esiste un’altra Europa, un’Europa che intravede che certi capitoli sono ormai vecchi e superati e che la novità sta piuttosto nel sostenere certi valori come il valore della vita, il valore vero della libertà, il valore vero della coscienza, il valore vero della solidarietà ovunque c’è l’esistenza umana”.

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    Mons. Bercea: il rimpatrio dei Rom non è la soluzione

    ◊   ”Smantellare i campi dei Rom e offrire loro denaro perché rientrino in Romania non è la soluzione, perché tanto ritorneranno presto. La sola vera soluzione è aiutare i Paesi dell’Est e in particolare la Romania a far funzionare la loro economia e ad integrare queste persone così che non dovranno cercare fortuna all’estero”. Ad affermarlo è mons. Virgil Bercea, vescovo greco-cattolico di Oradea-Mare, in un’intervista rilasciata all’agenzia Apic a margine della recente assemblea generale del Ccee a Zagabria, in cui ha parlato anche delle espulsioni dei Rom dalla Francia. Secondo l’ultimo censimento del 2001 sarebbero 700mila i gitani in Romania, ma in realtà – afferma mons. Bercea - sono molti di più, forse addirittura 2,5 milioni. La maggioranza sono probabilmente ortodossi, ma - ha precisato il presule - non esistono dati certi neanche sulla loro appartenenza religiosa. La Chiesa greco-cattolica segue con sollecitudine questa comunità e non da oggi. “Già ai tempi di mons. Ioan Suciu – dice mons. Bercea – la Chiesa si occupava di loro. Alla fine degli anni Trenta il vescovo (morto nelle carceri comuniste nel 1953) aveva avviato un programma di catechesi per i gitani e celebrava Messe per loro. Dopo l’epoca comunista abbiamo continuato questa attività pastorale. A Blaj, ad esempio, ci sono cinque o sei sacerdoti di origine gitana che lavorano con i Rom”. (L.Z.)

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    Austria: cattolici e protestanti criticano la durezza delle espulsioni

    ◊   L’Azione Cattolica austriaca (Kaö) ha criticato aspramente l’arresto e la successiva espulsione di un kosovaro che viveva da sei anni in Austria, insieme alle sue due bambine di otto anni. “In uno Stato come l’Austria, vincolato al rispetto dei diritti umani, non può accadere una cosa simile”, ha deplorato la presidente Luitgard Derschmidt in un’intervista con l’agenzia di stampa cattolica austriaca Kathpress e rilanciata dal Sir. Secondo la legale della famiglia, Karin Klaric, l’uomo non ha potuto neanche fare i bagagli. “Non è stato concesso il diritto di permanenza ad una famiglia senza macchie e perfettamente integrata”, ha denunciato Klaric. Dermschmidt ha sottolineato anche il fatto che in questa vicenda i diritti dei bambini “sono stati rozzamente ignorati”. Dura reazione anche da parte dell’organizzazione evangelica Diakonie. “ È preoccupante l’eccessiva durezza con cui si procede ora nelle espulsioni”, ha detto Michael Chalupka, direttore di Diakonie. “Non va bene parlare dei valori ‘famiglia’ e amore cristiano per il prossimo’ predicati ovunque nei discorsi della domenica, negandoli però a persone che si trovano in stato di bisogno. I tanto citati ‘valori cristiani dell’Occidente’ devono valere per tutti”, ha ammonito.

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    La Chiesa tedesca informa i parlamentari sui cristiani perseguitati in India

    ◊   La Conferenza episcopale tedesca (Dbk) prosegue l’impegno a favore dei cristiani perseguitati in India: a tal fine, alcuni rappresentanti della Chiesa cattolica hanno incontrato giovedì scorso numerosi parlamentari del Bundestag per informarli sulla situazione. Lo riferisce il Sir. “L’aggressione contro i cristiani non è un fenomeno di tutta l’India”, ha riferito mons. Ludwig Schick, presidente della Commissione per la Chiesa universale della Dbk, sottolineando tuttavia la loro situazione “precaria” in alcune parti del Paese. “Il crescente odio nazionalistico degli indù non è rivolto solo ai cristiani”, ha spiegato Schick, ricordando atti di violenza contro i musulmani commessi nel 2002. All’incontro era presente anche Klaus Krämer, presidente dell’organizzazione internazionale Missio. Nel corso di un convegno tenuto presso l’Accademia Cattolica di Berlino, i rappresentanti della Chiesa e attivisti per i diritti umani hanno poi illustrato il crescente rischio della minoranza cristiana, con 1.000 atti di violenza contro i cristiani negli ultimi due anni. Il tema è stato affrontato anche durante l’ultima plenaria dei vescovi svoltasi a Fulda a settembre, che avevano presentato un documento di solidarietà con i cristiani perseguitati nel Paese.

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    Myanmar: appello di vescovi cattolici e protestanti perché le elezioni del 7 novembre siano libere

    ◊   In una nota indirizzata al capo della giunta militare birmana il generale Than Shwe, i vescovi cattolici e protestanti del Myanmar, ex Birmania, hanno espresso l’auspicio che le elezioni del prossimo 7 novembre, le prime in venti anni, possano svolgersi “in piena libertà e trasparenza”. La dichiarazione, ripresa dall’agenzia Eglises d’Asie delle Missioni Estere di Parigi (EdA) e dall’agenzia Apic, reca la firma di mons. John Hsane Hgyi, vescovo di Pathein e presidente della Conferenza episcopale della Birmania (CBCOM) e dal vescovo Dawn Yin Yin Maw, presidente del Consiglio delle Chiese protestanti della Birmania (MCC). Le due istituzioni che rappresentano la maggioranza dei cristiani nel Paese - il 5 per cento della popolazione in netta maggioranza buddista Theravāda - non sono nuove a iniziative congiunte di questo genere. Dal 2003, ad esempio esse organizzano una settimana di preghiera per la pace dal 28 settembre al 4 ottobre. Nell’edizione di quest’anno hanno invitato i fedeli a pregare per poter “fare una buona scelta” votando per candidati che “possano lavorare per la giustizia, la pace, l’unità e lo sviluppo del Paese”. La speranza di elezioni realmente libere – secondo gli esperti - potrebbe rivelarsi anche questa volta vana. Come è noto, alle ultime elezioni nel Paese nel 1990 i risultati del voto che avevano assegnato la vittoria al partito del Premio Nobel Aung San Suu Kyi, la Lega Nazionale per la Democrazia (LDN) furono subito annullati dai militari.

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    Allarme dell’Oms: ogni 9 minuti un neonato muore a causa del tetano

    ◊   Il tetano neonatale è tra le maggiori cause di mortalità infantile in molti Paesi in via di sviluppo. Ancora oggi infatti sono a rischio 170 milioni di donne e i loro bambini che vivono per la maggior parte in aree difficili da raggiungere e che non hanno accesso alle cure sanitarie di base. Secondo i più recenti dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, questa malattia è responsabile della morte di 59 mila neonati ogni anno. Si tratta di un killer silenzioso – riferisce la Fides - anche se è una malattia facilmente prevenibile. Purtroppo però, molte donne e bambini che ne sono affetti vivono in condizioni difficili da raggiungere, dove l’assistenza sanitaria di base è quasi impossibile. Per far fronte a questa emergenza è stata appena lanciata in Italia, da Dash e Unicef, la campagna "Insieme contro il tetano neonatale". Avviata nel 2006, questa partnership a livello mondiale ha permesso la vaccinazione di oltre 100 milioni di mamme e dei loro bambini, riducendo notevolmente il numero di Paesi in cui vi è ancora bisogno di intervento urgente, portandolo da 58 a 40. Il tetano neonatale, malattia debellata da decenni nei Paesi sviluppati, viene contratto durante il parto quando questo avviene in condizioni di scarsa igiene e colpisce il neonato. La prevenzione è semplice, bastano due vaccinazioni per proteggere sia la madre sia il bambino al momento della nascita e per i primi tre anni di vita. Ma servono nuove risorse per fornire e somministrare il vaccino e sensibilizzare milioni di madri, la maggior parte delle volte ignare del rischio.

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    La Comunità di Sant'Egidio sigla un'intesa con il Burkina Faso per la registrazione delle nascite

    ◊   In Burkina Faso, su proposta della Comunità di Sant'Egidio, il governo ha accettato di lanciare una campagna di registrazione delle nascite su tutto il territorio nazionale. Oggi a Roma la firma del Protocollo d’intesa alla presenza del ministro dell’Interno burkinabè. Il memorandum è frutto della collaborazione che si è instaurata da anni tra il governo del Burkina Faso e la Comunità di Sant’Egidio nell’ambito del Programma BRAVO! (Birth Registration for All Versus Oblivion) promosso dalla Comunità nel 2008 per garantire la registrazione dei bambini al momento della nascita, sanando inoltre la mancata registrazione attraverso le procedure di iscrizione tardiva. Il Programma sensibilizza genitori e figli sull’importanza dei documenti di identità, promuove lo sviluppo dei sistemi di registrazione anagrafica e, attraverso la formazione degli agenti di stato civile e la programmazione delle esigenze a livello centrale e periferico, contribuisce alla creazione di una struttura durevole e sostenibile dello stato civile nei diversi Paesi. In Burkina Faso, su proposta della Comunità di Sant'Egidio, il governo ha accettato di lanciare una campagna di registrazione delle nascite su tutto il territorio nazionale, rendendo completamente gratuita la procedura di registrazione tardiva delle nascite, che ha raggiunto nel primo anno di lavoro più di 3 milioni di persone. Il Protocollo d’intesa prevede una stretta collaborazione nelle Province e nei Comuni, con corsi di formazione periodici per gli ufficiali di stato civile e campagne di sensibilizzazione della popolazione e per rendere stabile e duraturo il sistema della registrazione delle nascite. Dopo il Convegno Internazionale tenutosi a Ouagadougou il 28 giugno “Aiutami ad esistere” al quale hanno partecipato ministri e rappresentanti di 11 Paesi africani e il corso di formazione per gli ufficiali di stato civile, il memorandum vuole essere un’altra tappa di questo cammino congiunto tra la Comunità di Sant’Egidio e il governo del Burkina Faso.

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    Congresso dell’Istituto internazionale di ricerca sul Volto di Cristo sui testimoni del Vangelo

    ◊   Congresso, oggi e domani alla Pontificia Università Urbaniana di Roma, promosso dall’Istituto internazionale di ricerca sul Volto di Cristo: durante l’incontro vengono presentate note figure ecclesiali e laicali, dalle quali è scaturita una luminosa testimonianza del Volto di Cristo riflesso nel fratello più debole. Un’impronta lasciata nel proprio ambito di vita, da una cattedra universitaria, da un pulpito, da un seggio parlamentare o da una cella conventuale: le 23 relazioni renderanno omaggio ad altrettanti cristiani - docenti, sacerdoti, politici, medici, religiosi - vissuti nel secolo scorso in diversi Paesi d’Europa, o, come Santa Giuseppina Bakhita, di origine africana. Dopo l’introduzione del cardinale Fiorenzo Angelini, la relazione d’apertura dell’arcivescovo Cyril Vasil’, segretario della Congregazione per la Chiese Orientali, dedicata al cardinale gesuita Tomáš Špidlík, venuto di recente a mancare. Sulla Santa sudanese Giuseppina Bakhita si sofferma mons. Fortunatus Nwachukwu, capo del Protocollo della Segreteria di Stato. Nel corso dei lavori, il generale Giovanni Narici, già vicecomandante generale dell’Arma dei Carabinieri, tratteggerà la figura di Salvo D’Acquisto, mentre il padre monfortano Stefano De Fiores, richiamerà il legato spirituale di Sr. Lucia, la veggente di Fatima. Non mancano contributi a testimoni fedeli al Vangelo fino all’effusione del sangue: il Beato Francesco Spoto, evocato da mons. Vincenzo Bertolone, vescovo di Cassano allo Jonio e il Beato Jerzy Popiełuszko, al centro della riflessione di mons. Krzysztof Nykiel, officiale della Congregazione per la Dottrina della Fede. (M.V.)

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    24 Ore nel Mondo



    Gioia e speranza in Cile: la trivella raggiunge i 33 minatori intrappolati in miniera

    ◊   In Cile è stata completata la perforazione del pozzo per raggiungere, a 700 metri di profondità, il luogo dove si trovano intrappolati da due mesi 33 minatori cileni. La notizia è stata segnata dagli applausi dei tecnici che hanno alzato le braccia in segno di vittoria ed è risuonata la sirena del campo. I minatori hanno accolto l'evento con gioia ma anche con serenità. Gli ingegneri hanno spiegato di aver perforato con estrema cautela gli ultimi 4 metri di roccia per evitare il crollo del tunnel. Il ministro delle Risorse minerarie cileno, Lawrence Globorne, ha affermato che quello di oggi è un risultato fondamentale ma che il “lavoro sarà finito solo quando vedremo l'ultimo dei 33 minatori uscire fuori dal giacimento''. Ora si devono decidere gli ultimi passi. La decisione sull'eventuale rivestimento con tubi d'acciaio del pozzo non dovrebbe richiedere molto tempo. Il 'Campamento Esperanza' fuori della miniera è ormai quasi una cittadina con i suoi 1.500 'abitanti', tra i familiari dei 33 minatori, tecnici e autorità impegnati nei soccorsi, e i giornalisti di tutto il mondo, circa 500 di 159 media. Ricordiamo che il 5 agosto scorso un crollo aveva chiuso l'accesso della miniera di oro e rame a San José, nell'estremo nord del Cile, dove erano rimasti bloccati i 33 minatori, tutti cileni tranne un boliviano.

    Cina: la comunità internazionale chiede la liberazione di Liu Xiaobo
    La Cina protesta e paventa possibili conseguenze sulle relazioni bilaterali con la Norvegia dopo l’assegnazione del Nobel per la pace 2010 allo scrittore dissidente cinese Liu Xiaobo, che sta scontando 11 anni di reclusione in un carcere nel nordest del Paese. Diverse le reazioni da parte della comunità internazionale: il presidente americano Obama e il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon hanno chiesto la sua liberazione, felicitazioni da parte dell’Unione Europea. I media cinesi hanno, invece, completamente ignorato la notizia e secondo un avvocato impegnato nella difesa dei diritti umani, decine di persone che volevano celebrare l'assegnazione del premio a Liu Xiaobo, sono state fermate dalla polizia cinese. Notizie contrastanti arrivano poi in merito alla moglie del dissidente. Dissidenti e amici della coppia affermano che oggi non sono stati in grado di parlare con la donna che nell'ultimo sms inviato a Radio Free Asia la notte scorsa, aveva detto che stava ''preparando la valigia'' per recarsi accompagnata dalla polizia a Jinzhou, dove è detenuto il dissidente e vincitore del Nobel. Altre fonti affermano che la donna domani incontrerà il marito insieme ad altri familiari.

    Liberato giapponese in Cina: si allenta la tensione con Tokyo
    Si allenata la tensione nelle relazioni tra Cina e Giappone. È stato, infatti, liberato il quarto e ultimo giapponese detenuto da Pechino per aver filmato zone militari: Sadamu Takahashi, questo è il nome del tecnico che ha potuto far rientro a casa ma solo dopo aver sottoscritto una “dichiarazione di pentimento”. I quattro erano al lavoro per bonificare alcuni territori cinesi dalle armi chimiche lasciate nella seconda guerra mondiale dal Giappone ed erano stati fermati nelle settimane di tensione fra Pechino e Tokyo per la vicenda del capitano del peschereccio cinese incarcerato dai giapponesi.

    Medio Oriente
    Duro colpo da parte israeliana contro il braccio armato di Hamas con l'uccisione avvenuta vicino ad Hebron di due leader delle brigate Ezzedin al Qassam. Una situazione che accresce ulteriormente la tensione in tutta la regione dopo lo stallo nelle trattative israelo-palestinesi, arenatesi sulla fine della moratoria alle costruzioni nelle colonie di Cisgiordania. Argomento quest’ultimo, che è stato al centro del summit di ieri in Libia dei ministri degli Esteri della Lega Araba, che hanno deciso di sostenere la scelta dell'Autorità Nazionale Palestinese di sospendere i colloqui e di concedere un altro mese a Washington per dare nuovo slancio ai negoziati diretti tra israeliani e palestinesi, prima che vengano assunte altre decisioni.

    In Pakistan nuovo attacchi ai mezzi della Nato
    In Pakistan proseguono gli attacchi contro i mezzi di rifornimento delle truppe Nato diretti in Afghanistan: nella notte 29 autobotti provenienti da Karachi e diretti a Kandahar sono state incendiate. “Tra i 15 e i 20 aggressori”, ha dichiarato l'amministratore civile del distretto, Abdul Mateen, “hanno raggiunto l'hotel Sarawan dove erano parcheggiati i camion e hanno aperto il fuoco, lanciando razzi contro i veicoli”. E non accennano a fermarsi anche i raid missilistici statunitensi contro le roccaforti talebane: almeno nove sospetti militanti islamici sono stati uccisi nella notte da un velivolo senza pilota americano nella regione nord occidentale del Waziristan.

    In Ungheria rischio di una nuova fuoriuscita di fanghi
    Ancora critica la situazione in Ungheria dopo la fuoriuscita di fanghi tossici da uno stabilimento di smaltimento di alluminio lo scorso 5 ottobre. Un comunicato ufficiale del governo ha, infatti, annunciato la presenza di crepe su un muro di contenimento dello stabilimento che potrebbero cedere, riversando ulteriori quantità di fanghiglia tossica. Il premier ha poi dichiarato che la tragedia, che ha già provocato sette vittime e distrutto l’ecosistema della zona circostante, “poteva essere evitata e saranno, pertanto, presi i più seri provvedimenti”, ma che comunque al momento non è a rischio l’ecosistema del Danubio, in cui si sono riversati i fanghi, dissolvendosi. Il WWF, che avverte della potenziale pericolosità di altri siti di smaltimento che versano nelle stesse condizioni, aveva individuato già tre mesi fa delle crepe nella diga di contenimento dei fanghi e chiesto un intervento tempestivo.

    Fmi
    Le decisioni della Cina in merito alla rivalutazione dello yuan restano al centro del dibattito economico mondiale. Oggi la questione del tasso dei cambi è affrontata a Washington dalla riunione degli Stati membri del Fondo Monetario Internazionale. Si cerca una posizione comune, anche alla luce delle misure protezioniste varate in questi giorni dagli Stati Uniti.

    Francia
    In Francia il Senato ha dato il suo via libera all’innalzamento dell’età pensionabile, da 60 a 62 anni. Il testo dovrebbe essere approvato entro fine mese. Dura opposizione da parte dei sindacati che hanno proclamato uno sciopero generale per martedì prossimo e una nuova manifestazione di piazza per il 16 ottobre.

    Sparatoria in una scuola elementare americana: due i bambini feriti
    Nuovo episodio di violenza in una scuola negli Stati Uniti. A Carlsbad, in California, due uomini hanno fatto irruzione in una scuola elementare alzando il fuoco contro gli scolari: due i bambini feriti. L’istituto è stato evacuato mentre i 450 genitori sono stati accolti in un giardino vicino alla struttura. Lo sceriffo di San Diego ha riferito che è stato chiesto l'intervento degli artificieri dopo il ritrovamento di un pacco sospetto, tuttavia ancora sconosciute le cause del gesto, nonostante l’arresto di uno dei due uomini. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Marco Onali)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 282

    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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