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Sommario del 05/10/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Presentata la Gmg 2011: iscrizioni a migliaia, web e sobrietà per il raduno di Madrid, vero "laboratorio della fede"
  • Il Papa nomina i membri del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente
  • Congresso della stampa cattolica nel mondo: rilanciare identità e vitalità nell'apertura al dialogo e al confronto
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • La pace non è retorica: chiusura a Barcellona dell'Incontro "Uomini e Religioni"
  • Sempre più grave la crisi politica in Belgio, da 4 mesi senza governo
  • L'emergenza Pakistan non è finita: 20 milioni gli alluvionati
  • Cina: nuovo round di colloqui sui cambiamenti climatici. Appello dell'Onu ad agire in fretta
  • Il Cir lancia un progetto per il ricongiungimento familiare di 300 rifugiati
  • Macerata: grande successo di pubblico alla mostra "Sulle orme di Matteo Ricci"
  • Chiesa e Società

  • Perplessità di mons. Carrasco de Paula sul Nobel ad Edwards. La Federazione dei medici cattolici: sminuita la dignità dell’essere umano
  • La denuncia dell’arcivescovo di Kirkuk: cristiani in Iraq a rischio estinzione
  • La fine dell’embargo Onu sulle armi in Sierra Leone tra applausi e timori
  • Termina in Cile lo sciopero della fame degli indios Mapuche
  • Congresso mondiale delle donne cattoliche a Gerusalemme
  • In Cambogia rischio tubercolosi e Hiv per i detenuti nelle carceri sovraffollate
  • Incontro di preghiera ecumenico in Nigeria, dopo il sanguinoso attentato nella capitale
  • Attesa domani in Sudan missione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu
  • Premio Nobel per la Fisica assegnato a due scienziati russi per la scoperta del grafene
  • Cresce il numero, ben 700, dei missionari coreani nel mondo
  • 24 Ore nel Mondo

  • Cina-Giappone: segnali di distensione tra i due Paesi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Presentata la Gmg 2011: iscrizioni a migliaia, web e sobrietà per il raduno di Madrid, vero "laboratorio della fede"

    ◊   Un’“intuizione profetica” di Papa Wojtyla, che da 25 anni “continua a stupire il mondo”. Ha definito con queste parole il “fenomeno” Gmg il cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, che questa mattina ha aperto in Sala Stampa vaticana gli interventi di presentazione della Giornata mondiale della gioventù di Madrid 2011. Con lui, tra gli altri, il cardinale arcivescovo della capitale spagnola, Antonio Maria Rouco Varela, e l’ausiliare di Madrid, mons. César Franco Martínez, coordinatore generale della Gmg. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Una Gmg “austera” nel tempo della crisi. La Gmg dell’era dei social network, che già vive sui “muri” del web dove si incontrano i giovani. La Gmg che sfida il relativismo con il porre Cristo al centro della sua riflessione. Sono alcune delle caratteristiche principali che i massimi responsabili del prossimo raduno mondiale dei giovani di Madrid 2011 hanno messo in risalto al cospetto dei giornalisti presenti in Sala Stampa. La Gmg spagnola, hanno spiegato, promette di essere tra le più affollate fra quelle tenutesi in Europa, dove il record di presenze spetta a Roma 2000 (2.100.000), seguita da Colonia 2005 (1.700.000). Al momento, le iscrizioni per la Gmg di Madrid inaugurate a luglio su web contengono i nomi di 170 mila giovani e si pensa arriveranno a 600 mila, anche se gli organizzatori sanno bene che a iscriversi di norma è solo il 25-30% dei ragazzi che dall’11 al 21 agosto 2011 saranno effettivamente presenti in Spagna. Ma caratteristiche e dimensioni della prossima Giornata mondiale della gioventù offrono anche e soprattutto la conferma della vitalità di un “fenomeno straordinario”, che ha permesso alla Chiesa del Terzo millennio di “ritrovare il suo volto giovane”, come ha detto il cardinale Rylko, ricordando i benefici che da 25 anni milioni di giovani hanno sperimentato grazie all’intuizione di Giovanni Paolo II:

    “Quanti cambiamenti di vita ne sono seguiti! Quali importanti e decisive scoperte per la vita dei giovani! La scoperta di Cristo, Via, Verità e Vita; la scoperta della Chiesa come madre e maestra e come ‘compagnia di amici’ (Benedetto XVI) che sostiene nel cammino dell’esistenza; la scoperta del Successore di Pietro come guida sicura e come amico di cui fidarsi. Per tanti giovani la Gmg è diventata una specie di ‘laboratorio della fede’”.

    Le Gmg, ha proseguito il cardinale Rylko, sono “una fotografia di una gioventù molto diversa dal cliché diffuso dai media, ci mostrano una gioventù assetata di valori autentici”, una minoranza, sì, ma una “minoranza creativa”, che sta molto a cuore anche a Benedetto XVI:

    “Il Papa insiste molto sul fatto che la Gmg non è riducibile soltanto ad un momento di festa. La preparazione di questo grande evento e il seguito che bisogna dare nella pastorale ordinaria ne costituiscono una parte integrante e decisiva. La festa, l’evento in sè agiscono come una sorta di catalizzatore che facilita un processo educativo già in corso. In tal senso, Papa Benedetto XVI vede nelle GMG una risposta profetica all’emergenza educativa del mondo post-moderno”.

    Il cardinale Rouco Varela, che già accolse i giovani confluiti su Santiago de Compostela nel 1989, ha sottolineato come per la prima volta la Gmg ritorni in un Paese dove era già stata, anche se la fisionomia dei giovani del 2010, ha detto, è completamente differente da quella di 20 anni fa. E tuttavia, ha osservato, in particolare dall’esperienza di Santiago...

    “...los jovenes que...
    ...i giovani partecipanti alla Giornata mondiale della gioventù si chiamano pellegrini e la categoria del pellegrinaggio marca da sempre l’esperienza della Giornata mondiale della gioventù. I giovani vanno in pellegrinaggio nel luogo dove si trova il Papa per incontrarsi lì con il Signore. Di nuovo cammino, verità e vita”.

    Tra i “numeri” dell’evento, presentati in particolare dal vescovo ausiliare di Madrid, César Franco Martínez, spiccano quello dei 350 presuli che terranno le catechesi preparatorie, delle 100 mila famiglie che apriranno le loro porte ai pellegrini, o i 10 euro del “Fondo di solidarietà” richiesto a chi si iscrive e che finanzierà la partecipazione di gruppi provenienti in particolare da Paesi in via di sviluppo. Nessun contributo di denaro pubblico è stato chiesto per l’organizzazione, anche se il governo ha disposto tutta una serie di corsie preferenziali per garantire il buon funzionamento logistico della Gmg. Compresi degli speciali permessi per consentire l’ingresso in Spagna a tutti quei gruppi di giovani provenienti dai Paesi di immigrazione, ovvero dall'America Latina e dall'Africa. Tutto il programma, ha precisato mons. Martínez, sarà intriso di cultura locale:

    “La jornada quiere ser...
    La Giornata vuole essere, e così deve essere, secondo l’orientamento del Pontificio Consiglio dei Laici, ‘spagnola’. E’ radicata nella cultura e nella storia millenaria della Chiesa di Spagna, che non si intende se non nel Vangelo di Cristo e pertanto avrà questo tocco spagnolo, che apparirà chiaramente nella Via Crucis, perché abbiamo chiesto sculture del patrimonio storico e artistico spagnolo, le migliori sculture che vengono portate in processione durante la Settimana Santa spagnola. Sarà spagnola anche perché la sera e la notte si approfitterà per incontri ludici e festosi con i giovani”.

    Il costo dell’iscrizione, è stato spiegato ancora, è stato diminuito del 20% rispetto alla Gmg di Sydney, con l’obiettivo di arrivare a un costo finale inferiore ai 54 milioni di euro spesi nel 2008. E ancora, ha aggiunto Maria de Jareguizar, direttore del Compartimento di comunicazione della Gmg:

    “Serà una jornada mondial...
    Sarà una Giornata mondiale della gioventù basata su Internet, che è il luogo dove ora si incontrano i giovani. Tutte le informazioni e tutto il materiale promozionale si può incontrare nella pagina ufficiale, nell’interazione delle reti sociali, come anche i video su youtube. Sono più di 200 mila i giovani che già ci ‘ammirano’, come si dice fra i giovani. Le reti sociali ammirano la Giornata mondiale della gioventù e ci permettono di stare su Facebook, dando la testimonianza di amici, giovani e familiari, dando la loro testimonianza di fede”.

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    Il Papa nomina i membri del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente

    ◊   Benedetto XVI ha nominato membri dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, che avrà luogo dal 10 al 24 ottobre 2010, sul tema «La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza. "La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola" (At 4, 32)»: il cardinale Angelo Sodano, decano del Collegio Cardinalizio; il cardinale Lubomyr Husar, dei Monaci Studiti Ucraini, arcivescovo maggiore di Kyiv-Haly; il cardinale Walter Kasper, presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani; il cardinale John Patrick Foley, Gran Maestro dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme; Sua Beatitudine Michel Sabbah, patriarca emerito di Gerusalemme dei Latini; Sua Beatitudine Baselios Cleemis Thottunkal, arcivescovo maggiore di Trivandrum dei Siro-Malankaresi (India); mons. Edmond Farhat, arcivescovo titolare di Biblo, nunzio apostolico; mons. Riccardo Fontana, arcivescovo di Arezzo-Cortona-San Sepolcro, mons. Mounged El-Achem, arcivescovo titolare di Darni, nunzio apostolico (Libano); mons. Cyril Vasil’, arcivescovo titolare di Tolemaide di Libia, segretario della Congregazione per le Chiese Orientali; mons. Virgil Bercea, vescovo di Oradea Mare, Gran Varadino dei Romeni; mons. Bohdan Dzyurakh, vescovo titolare di Vagada, vescovo di Curia di Kyiv-Halyč; mons. Dimitrios Salachas, vescovo titolare di Carcabia, esarca apostolico per i cattolici di rito bizantino residenti in Grecia; mons. Bosco Puthur, vescovo titolare di Foratiana, vescovo di Curia di Ernakulam-Angamaly dei Siro-Malabaresi (India); mons. Archimandrita Robert L. Stern, segretario generale del «Catholic Near East Welfare Association» - C.N.E.W.A. (Stati Uniti d’America); mons. Mikael Antoine Mouradian, vicario patriarcale per l’Istituto del Clero Patriarcale di Bzommar (Libano); padre David Neuhaus, di Gerusalemme dei Latini per la pastorale dei cattolici di lingua ebraica. Il segretario generale del Sinodo dei Vescovi, con l’approvazione del Sommo Pontefice, ha nominato gli esperti e gli uditori.

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    Congresso della stampa cattolica nel mondo: rilanciare identità e vitalità nell'apertura al dialogo e al confronto

    ◊   Prosegue a Roma, organizzato dal Pontificio Consiglio per le Comunicazioni sociali, il Congresso della stampa cattolica nel mondo, migliaia di testate, dai giornali nazionali, alle riviste diocesane, ai fogli locali nelle parrocchie. Oltre 200 i delegati giornalisti ed esperti di media giunti da ogni continente, chiamati a confrontare esperienze e progetti, e a rilanciare il ruolo dei giornali scritti nell’era digitale. Oggi seconda giornata dei lavori. Il servizio di Roberta Gisotti.

    Rilanciare l’identità e la vitalità dei giornali cattolici, raccogliendo le sfide della globalizzazione informatica. Il dibattito stamane si è articolato intorno all’interrogativo: “In che modo la stampa cattolica sta contribuendo al dibattito pubblico? Alla ‘diaconia della cultura’? Alla vita della Chiesa?”. Gian Maria Vian, direttore de “L’Osservatore Romano”:

    R. – I media cattolici devono informare e formare, senza restare chiusi nel proprio ambito, ma mantenendo quella che Guardini chiamava la visione cattolica, cioè un respiro universale in coerenza con la tradizione cristiana, secondo la Chiesa di Roma.

    D. – Lei è stato definito un professionista coraggioso alla guida dell’Osservatore Romano, per non avere avuto paura di affrontare anche tematiche controverse. Questo è uno dei temi di questo Convegno...

    R. – Sì, per la verità non è stato molto difficile, perché la tradizione del giornale, che sta per compiere 150 anni, è una tradizione altissima, che ha avuto dei momenti addirittura gloriosi. Del resto, la Radio Vaticana condivide questa storia importante. Grazie proprio a questa tradizione abbiamo toccato, stiamo toccando e toccheremo, temi che pensiamo possano interessare non solo i cattolici, non solo i cristiani, non solo i credenti, ma tutti, dando spazio al dibattito e al confronto.

    Dal Vaticano alla Thailandia. C’è una stampa di riferimento per la comunità cattolica thailandese? Padre Paradorn Unchatturaporn, già studente di comunicazione alla Pontificia Università Salesiana, oggi al lavoro nella Conferenza episcopale del suo Paese:

    R. – Sì, c'è, però ormai in Thailandia sono pochi i cattolici. Quindi, la presenza della stampa cattolica è quella di un aprirsi agli altri. Cerchiamo di allargare il numero dei lettori.

    D. – L’ambiente digitale, Internet, vi sta aiutando?

    R. – Sì, ci sta aiutando pian piano. Abbiamo dei website, una pagina Facebook (udornsarnfanclub) che si chiama “Piccola comunità" per i lettori della settimana della stampa cattolica.

    D. – Quindi, ci sono fedeli thailandesi che possono, attraverso Facebook, partecipare alle iniziative...

    R. – Anche loro offrono una testimonianza viva su Facebbok. E, ci sono anche i non cattolici che vengono per partecipare alle attività di questa comunità.

    Di certo manca però una mappatura della stampa cattolica nel mondo. Angelo Paoluzi, già direttore di Avvenire e docente di Giornalismo all’Università Lumsa:

    R. – Questo Convegno è un’importante presa di coscienza del problema. Si cominciano a tirare le fila dell’esistenza dell’unica Internazionale dei media che esista, che è quella dei media cattolici, che è una rete che non viene sfruttata nel modo adeguato e che merita invece di esserlo, anche perché il suo messaggio è universale. Questo Convegno è un punto di partenza essenziale per sapere chi, dove, come e quanti siamo; chi, dove, come e cosa scriviamo; a chi e dove viene diretto il messaggio.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Le preoccupazioni di Voltaire: in prima pagina, un fondo di Ettore Gotti Tedeschi su tradizione e credibilità.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, l'economia: la Cina esclude variazioni del cambio dello yuan.

    Abbraccio sponsale: in cultura, Inos Biffi su Cristo e la Chiesa nell'azione liturgica.

    Perchè è in crisi la musica sacra: un articolo di Uwe Michael Lang.

    Gli altri volti della guerra: l'introduzione di Antonio Paolucci al catalogo della mostra "1861. I pittori del Risorgimento" alle Scuderie del Quirinale.

    Capitalismo della gratuità: Luca Possati sull'economia secondo Muhammad Yunus.

    Le domande vanno fatte con la D maiuscola: Andrea Monda a colloquio con lo scrittore canadese Michael O'Brien.

    Nell'informazione religiosa, il congresso internazionale della stampa cattolica a Roma.

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    Oggi in Primo Piano



    La pace non è retorica: chiusura a Barcellona dell'Incontro "Uomini e Religioni"

    ◊   La forza della preghiera per la pace, le migrazioni e il dialogo interreligioso sono stati tra i temi forti della giornata conclusiva dell’incontro “Uomini e Religioni” di Barcellona, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio. All’evento è intervenuto anche l’arcivescovo latino di Baghdad, mons. Jean B. Sleiman, che ha portato la testimonianza della vita dei cristiani in Iraq. Dal canto suo, il cardinale arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe, ha auspicato una sinergia nello spirito della pace nell’area del Mediterraneo. Barcellona ha dunque mostrato che non c’è contraddizione tra società laica e secolare, modernità e impegno religioso. La Comunità di Sant’Egidio ha dunque tratteggiato i risultati della 24.ma edizione dell’incontro internazionale di pace. Nella conferenza stampa conclusiva, si è ripetuto come le religioni, per decenni additate quale causa di conflitti, ora siano la vera chance di cambiamento. Di qui il messaggio fondamentale: chi usa il nome di Dio per giustificare la violenza lo tradisce. Stasera la cerimonia finale, con la firma dell’appello di pace di tutti i leader religiosi. Da Barcellona, Francesca Sabatinelli:

    Dialogo non è una parola retorica, e Barcellona ha dimostrato la concretezza del dialogo maturata anche nell’approccio spirituale. Marco Impagliazzo, presidente di Sant’Egidio, delinea in conferenza stampa il risultato di questi tre giorni di lavoro. In questo momento di crisi economica, in cui la violenza ancora dilaga, il dialogo è di grande utilità. Occorre capire che bisogna andare avanti senza ripiegarsi su se stessi, spiega Impagliazzo riprendendo le parole di apertura del fondatore della Comunità, Andrea Riccardi. L’uomo europeo è diventato più duro ma meno forte, la forza sembra che la trovi più dalla contrapposizione che dalla riflessione, Sant’Egidio crede di dovergli dare quella forza che arriverà dalla riscoperta delle proprie radici. Qui a Barcellona, continua Impagliazzo, si è venuti per capire meglio non solo chi siamo, ma anche come vivere con gli altri. E per ribadire che c’è bisogno di luoghi vivibili dove il dialogo si manifesti, perché all’uomo europeo manca la passione del dialogo. Sant’Egidio vuole mantenere alta questa passione esattamente come ha fatto in questi 24 anni, creando una carovana di uomini e donne di fede e cultura, è la conclusione, che ogni anno si ingrossa.

    Sul valore degli Incontri “Uomini e religioni” della Comunità Sant’Egidio in un mondo spesso sordo alle voci per il dialogo, Francesca Sabatinelli ha intervistato il cardinale Geraldo Majella Agnelo, arcivescovo di San Salvador di Bahia:

    R. – Noi pensiamo che l’egoismo, oggi, sia troppo forte, ovunque. I mezzi di comunicazione che abbiamo per operare collegamenti con ogni parte del mondo, sono meravigliosi, ma siamo lontani gli uni dagli altri. E per questo si deve lavorare, tutte le persone di buona volontà: come noi facciamo qui, in questo evento promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, dove si incontrano tutte le credenze religiose, quindi ci si incontra tra ebrei e musulmani e si può parlare … Questa è una cosa bella! Dobbiamo incominciare dalle cose piccole, non dalle cose grandi …

    D. – In questi anni abbiamo visto come comunque il mondo sia andato sempre più contro il dialogo …

    R. – Noi abbiamo la tendenza a parlare con una voce soltanto, e gli altri devono ascoltare. Ma la Comunità di Sant’Egidio promuove il contrario …

    D. – Un pensiero sulle elezioni in Brasile: non hanno ancora dato un vincitore definitivo; si è arrivati ad un ballottaggio: si tratta comunque di un momento di passaggio per il suo Paese. La Chiesa brasiliana che cosa chiede al nuovo presidente?

    R. – L’istruzione, la sanità, l’assistenza alle persone anziane che sono sempre più abbandonate alla loro sorte. Noi non abbiamo detto: il nostro candidato è questo. No. Ma le nostre esigenze, questo sì!

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    Sempre più grave la crisi politica in Belgio, da 4 mesi senza governo

    ◊   “Considero chiuso il negoziato con altri 6 partiti per trovare un accordo di governo, respingo gli atteggiamenti infantili”: così, il leader dei nazionalisti fiamminghi, Bart De Wever, vincitore con il suo N-Va delle elezioni dello scorso 13 giugno. Una situazione di crisi politica che si aggrava, dunque, per il Belgio, che detiene la presidenza di turno dell'Unione europea ed è senza governo da 4 mesi. Ma come si è arrivati a questa situazione di impasse? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto alla collega belga Hedwig Zeedijk:

    R. – Dopo mesi di trattative dalle elezioni di giugno, vinte dai fiamminghi di Bart De Wever e dal partito socialista di Vallonia di Elio Di Rupo, sono rimaste posizioni diverse nonostante tentativi di accordo. Alla fine De Wever, dei fiamminghi, ha affermato che non si poteva più andare avanti e che si sarebbe dovuto riavviare l’iter politico.

    D. – Si può dire che l’ipotesi di una scissione tra regioni francofone e fiamminghe comincia a non essere più tanto remota?

    R. – No. De Wever ha detto che vogliono cercare sempre un accordo ma è chiaro che devono trovare un’intesa prima che abbia inizio qualsiasi nuovo governo. Altre ipotesi sono un governo tecnico o nuove elezioni. Quest’ultima opzione sembra che nessuno la voglia, in Belgio, perché tutte le previsioni dicono che nuove consultazioni avrebbero soltanto confermato, ancora di più, lo scenario politico attuale.

    D. – Questa crisi politica così lunga e difficile ha avuto anche ripercussioni economiche pesanti sul Belgio?

    R. – Questo è l’argomento toccato sempre da Elio Di Rupo. Questi afferma che non possono perdere altro tempo, perché ogni mese senza governo e senza politica è un mese perso. D’altronde, Bart De Wever dice anche che sono loro a far perdere tempo, perché da parte sua ci sono state tantissime proposte. Proposte che sono, secondo loro, ragionevoli. Sembra però che il partito socialista cambi posizione e quindi ad ogni intesa segue poi un disaccordo politico.

    D. – La crisi politica giunge mentre il Belgio detiene la presidenza di turno dell’Unione Europea. Il Paese non rischia di uscire indebolito, anche a livello europeo?

    R. – Non credo che adesso si preoccupino dell’immagine del Belgio all’estero. Questi sono problemi interni che sono già presenti da anni. Tutte le parti vorrebbero affrontarli nel modo migliore ma è chiaro che le stesse parti hanno anche un’ idea diversa su come risolverli.

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    L'emergenza Pakistan non è finita: 20 milioni gli alluvionati

    ◊   Secondo l’ultimo Rapporto Unicef sulle alluvioni che hanno colpito il Pakistan, l'emergenza nel Paese non è affatto terminata e l'impatto delle inondazioni si faranno sentire ancora per anni, addirittura per decenni. 20 milioni in totale le persone colpite, distrutti molti terreni agricoli e coltivazioni. In alcune aree è iniziato il rientro degli sfollati nelle proprie case, ma le necessità restano altissime. Sulla situazione Giovanni Crocè ha sentito Diana Bassani, operatrice umanitaria del Cesvi al lavoro ad Islamabad.

    R. – Attualmente il numero delle persone colpite dall’alluvione ha raggiunto la soglia dei 20 milioni, considerando 78 distretti in tutto il Pakistan. Molti, adesso, stanno ritornando verso le proprie case. Inizialmente si erano rifugiati presso familiari, parenti, amici oppure nelle scuole o negli edifici pubblici. Adesso possiamo dire che 692 mila persone si sono rifugiate in circa tremila edifici scolastici. Le scuole sono state interrotte, l’anno scolastico è stato posticipato proprio per una difficoltà di organizzazione. Ovviamente l’alluvione è iniziata a luglio ed ha colpito inizialmente la parte nord del Paese e poi si è spostata verso il sud, quindi il Punjab ed il Sindh. In queste due regioni le popolazioni stanno ritornando adesso verso le proprie abitazioni e verso i propri villaggi, mentre continuano ancora le operazioni di soccorso, perché l’acqua è ancora presente, c’è l’acqua alta.

    D. – Come si sta muovendo il governo pakistano per la ricostruzione del Paese?

    R. – Ha messo a disposizione mezzi alle Ong, alle agenzie internazionali, mezzi come elicotteri ed imbarcazioni per raggiungere le popolazioni nelle zone più remote. Forniscono anche il supporto per la sicurezza. Ovviamente si può sempre fare di più ed anche gli aiuti dagli altri Paesi sono sempre non sufficienti.

    D. – Quale sarà lo scenario futuro in Pakistan?

    R. – Lo scenario pakistano è che nei prossimi mesi - se non addirittura anche l’anno prossimo - si dovrà lavorare tantissimo per ristabilire le attività economiche, soprattutto l’agricoltura. Parlo appunto di raccolti, di ettari di campi coltivati che sono andati distrutti e questo pesa tantissimo sul sistema economico pakistano, che è basato principalmente sull’agricoltura e l’allevamento.

    D. – Quali sono i generi di prima necessità richiesti dalla popolazione?

    R. – In un primo momento erano acqua potabile e cibo. Adesso la necessità è la ripulitura delle strade e delle abitazioni, che sono completamente o distrutte o immerse nel fango. Altre necessità impellenti sono i kit igienici e quindi pastiglie per la purificazione dell’acqua, sapone. Questo è importantissimo perché previene la diffusione di malattie.

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    Cina: nuovo round di colloqui sui cambiamenti climatici. Appello dell'Onu ad agire in fretta

    ◊   Prosegue in Cina il nuovo round di colloqui sui cambiamenti climatici apertosi ieri a Tanjin. Si tratta dell’ultimo appuntamento fissato dalle Nazioni Unite prima del vertice di fine anno a Cancùn, in Messico. Durante la riunione, che si concluderà il prossimo 9 ottobre, saranno analizzate azioni tese alla riduzione di emissioni di gas serra. Christiana Figueres, segretario esecutivo della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, ha esortato le nazioni ad aumentare il loro impegno per trovare un terreno comune e raggiungere un risultato concreto durante la prossima conferenza di Cancùn. In particolare, secondo la responsabile Onu, occorre lanciare nuovi strumenti per velocizzare il trasferimento di tecnologia nei Paesi in via di sviluppo, istituendo altresì un nuovo conto per la sovrintendenza dei fondi raccolti a favore dei Paesi più poveri colpiti dai cambiamenti del clima. “Il punto è che non è interesse di nessuno temporeggiare” - conclude la Figueres - al contrario è invece nell’interesse di tutti agire in fretta per minimizzare l’impatto negativo su tutti noi”. Ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, il prof. Antonio Ballarin Denti, docente di fisica dell’ambiente all’Università cattolica di Brescia:

    R. – Per poter arrestare l’aumento medio di temperature del nostro pianeta a due gradi, che è considerata la soglia di sicurezza, dovremmo abbattere le emissioni derivanti da combustibili fossili di almeno il 50 per cento per il 2050. Questo è un obiettivo sicuramente molto impegnativo. L’Europa è quella che si è spinta più in avanti e propone di abbattere il 30 per cento per il 2020, ma non ha ancora affrontato il problema del 2050. E’ chiaro che di fronte al fatto che i più grandi emettitori di questi gas ad effetto serra sono Cina e Stati Uniti, quasi allo stesso livello, questi due Paesi dovranno impegnarsi decisamente molto più che in passato, per un traguardo temporale ragionevole.

    D. – Quali passi in concreto devono fare questi Paesi per arrivare ad un traguardo così ambizioso?

    R. – Gli Stati Uniti, con la nuova amministrazione Obama, si sono spinti sicuramente molto più in avanti rispetto all’impasse degli anni precedenti e stanno prendendo impegni, però non ancora quantificati né in termini temporali né in termini di quantità di abbattimento delle emissioni, anche se hanno indubbiamente dato vita a delle iniziative relative anche a delle prassi interne ai loro Stati di controllo di queste emissioni. La Cina ha sottoscritto degli impegni di principio importanti, ma sono solo impegni di principio. Di fatto la Cina è tra le massime potenze industriali del mondo, e con essa anche l’India o il Brasile, per cui queste nazioni non possono più sottrarsi a dei doveri di solidarietà internazionale in questo campo.

    D. – E poi non possono sottrarsi ad azioni che, come ha più volte affermato anche la Chiesa, non devono prescindere dal rapporto inscindibile tra tutela del Creato e sviluppo...

    R. – Certamente, perché quello di cui tutti devono essere consapevoli, a livello internazionale - come il Magistero del Santo Padre ha più volte richiamato con forza – è che il Nord e il Sud del mondo sono vincolati ad un dovere di solidarietà, derivante dal fatto che le conseguenze, gli impatti di questo cambiamento climatico, colpirebbero in modo più drammatico ed economicamente più disastroso proprio i Paesi più poveri, come si è anche visto, del resto, con quello che è accaduto negli ultimi mesi: dalle alluvioni tremende in Pakistan alla siccità e agli incendi che hanno danneggiato seriamente l’agricoltura russa. Quindi, il pianeta ha un destino comune. Il pianeta alterato nel suo equilibrio danneggia più i Paesi poveri. Quindi, la difesa del Creato si accompagna ad un dovere di solidarietà e di aiuto reciproco per le attuali generazioni innanzitutto e ovviamente per le future generazioni.

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    Il Cir lancia un progetto per il ricongiungimento familiare di 300 rifugiati

    ◊   “Ritrovarsi per ricostruire” è il nome del progetto presentato a Roma destinato a favorire il ricongiungimento familiare di 300 tra rifugiati e persone con protezione sussidiaria. Finanziato con una parte del fondo dell’8 per mille il progetto è curato dal Cir, il Consiglio Italiano per i Rifugiati. Si tratta del più importante intervento mai finanziato in Italia sul ricongiungimento familiare dei rifugiati in sei regioni italiane. Ricongiungersi ai familiari - è stato sottolineato dal Cir - ha un valore particolare per i rifugiati e per il loro progetto di integrazione e di costruzione di una nuova vita. Sulle difficoltà legate a questo fenomeno in perenne movimento sentiamo Christopher Hein, direttore del Consiglio Italiano per i Rifugiati intervistato da Stefano Leszczynski.

    R. - In questi giorni è stato pubblicato un rapporto dell’Agenzia dell’Unione Europea per il controllo delle frontiere esterne (Frontex) che dimostra molto chiaramente anche una diminuzione degli arrivi di immigrati, richiedenti asilo e rifugiati, non solo nel Mar Mediterraneo ma anche nell’Europa dell’Est e perfino nel mare tra la Grecia e la Turchia. Quindi c’è una tendenza più generale, più persone cercano anche le rotte verso il Sud, vanno verso i Paesi del Golfo.

    D. - Quando parliamo di ricongiungimento familiare, parliamo di qualcosa di molto complesso, difficile da realizzare. Quali sono i problemi e gli ostacoli che bisogna superare in Italia ma ovviamente, poi, anche in tutta l’Unione Europea?

    R. - I problemi sono sempre gli stessi: lavoro e casa, come condizioni anche per procedere al ricongiungimento famigliare. Lavoro e casa significa che questo progetto intende affrontare contemporaneamente le due questioni che sono legate tra di loro: chi non ha casa non trova lavoro e chi non ha lavoro non può pagare la casa. Quindi, le due cose vanno intimamente insieme e devono essere affrontate contemporaneamente. Cosa vuol dire? Noi vediamo nella quotidianità le grandi difficoltà, nelle aree metropolitane come Milano, Roma, Napoli, etc.; anche i rifugiati che hanno pieno titolo di soggiorno e permesso di lavoro non riescono a trovare un alloggio, non solo per un motivo economico, ma spesso anche per un motivo di semplice razzismo.

    D. - A livello internazionale, ad esempio, per quei nuclei famigliari che sono rimasti smembrati da guerre o da catastrofi, quali sono le difficoltà per rintracciare le persone che sono rimaste fuori?

    R. - Il problema nasce nel momento dell’atto burocratico. Uno deve dimostrare con documenti originali, del Paese di origine - atto di matrimonio, atto di nascita - e nelle situazioni di fuga è molto difficile reperire questi documenti. Quindi, il problema non è tanto di rintracciare fisicamente le persone ma di procurarsi la documentazione. Le persone si disperdono a causa del conflitto nel Paese di origine, della guerra, etc... Molto spesso si perdono durante il tragitto, durante la fuga, durante il viaggio o non possono imbarcarsi tutti insieme e qualcuno rimane nel Paese di transito e poi disperatamente cerca di raggiungere i famigliari. Noi stiamo seguendo casi di questa natura, che sono i più drammatici, in un certo modo, perché l’altro membro della famiglia non si trova neanche nel Paese di origine ma in un Paese sconosciuto del quale magari neanche parla la lingua.

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    Macerata: grande successo di pubblico alla mostra "Sulle orme di Matteo Ricci"

    ◊   Grande successo di pubblico e critica al Museo di palazzo Buonaccorsi a Macerata per la mostra “Inopera 2010 - Sulle Orme di Padre Matteo Ricci”. La rassegna, prorogata fino al 24 ottobre, si inserisce nell’ambito delle celebrazioni del IV centenario della morte del padre gesuita apostolo della Cina. Esposte oltre 100 opere di artisti contemporanei ispirate dal trattato “Dell’amicizia” redatto in lingua mandarina da padre Matteo Ricci e selezionate da un comitato scientifico presieduto dal direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci. Sulle finalità di questa iniziativa Paolo Ondarza ha intervistato Paola Balessi, una delle curatrici.

    R. – L’iniziativa vuole essere un’attualizzazione del pensiero di padre Matteo Ricci, del suo grande apostolato, tra l’altro fondato, appunto, sull’amicizia. Questa mostra non è costituita solo di pitture, sculture ma anche di grafiche, di installazioni, di fotografie, di video.

    D. – Cosa è nato dal confronto tra i cento artisti e il “De Amicitia” di padre Matteo Ricci?

    R. – Una serie di espressioni figurative estremamente interessante. Una prima proposta è il ritratto a padre Matteo Ricci, quindi un omaggio all’autore del “De Amicitia”, ora riscritto con tecniche tradizionali, per altro raffinatissime, quindi con la tecnica dell’incisione antica, ora rivisitata, invece, con le nuove tecnologie: l’effetto è veramente sorprendente. Una seconda sezione riguarda la relazione “io-tu” su cui si fonda appunto l’amicizia. Una terza sezione, invece, mette in evidenza la distanza e l’estraneità, quando invece non passa questo sentimento empatico.

    D. – Il comitato scientifico ha premiato alcuni artisti e tra questi non si può non notare un nome orientale: Kei Nakamura. Vuole raccontarci un paio di queste opere?

    R. – Mi piace descrivere l’opera di Nakamura perché è solamente un pezzo di marmo rosa che descrive un sorriso che emerge appena dal marmo. Poi tra i giovani, Francesca Gentili rappresenta un volto che però è diviso in due: da una parte la fisionomia occidentale e dall’altra l’orientale ma insieme costituiscono un volto nella sua identità che è sintesi di culture diverse.

    D. – Il messaggio della Mostra?

    R. – Sulle orme di padre Matteo Ricci continuano appunto a germogliare ancora i semi dell’amicizia. Credo che tutto questo sia il viatico per una prospettiva nel futuro, non dico rosea, comunque confortata da grandi insegnamenti e da grandi stelle polari come quella di padre Matteo Ricci.

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    Chiesa e Società



    Perplessità di mons. Carrasco de Paula sul Nobel ad Edwards. La Federazione dei medici cattolici: sminuita la dignità dell’essere umano

    ◊   Tante perplessità oltre i consensi: così, in sintesi mons. Ignazio Carrasco de Paula, presidente della Pontificia Accademia per la Vita sull’attribuzione del premio Nobel per la Medicina allo scienziato britannico Robert Edwards, per le ricerche sulla fecondazione in vitro. “Personalmente – ha sottolineato - avrei votato altri candidati come McCullock e Till, scopritori delle cellule staminali, oppure Yamanaka, il primo a creare una cellula pluripotente indotta (iPS). Tuttavia la scelta di Edwards – prosegue mons. Carrasco de Paula - non mi sembra completamente fuori luogo; da una parte, rientra nella logica perseguita dal Comitato che assegna il Nobel, dall'altra lo scienziato britannico non è un personaggio che si possa sottovalutare: ha inaugurato un capitolo nuovo e importante nel campo della riproduzione umana, i cui risultati migliori sono visibili a tutti, a cominciare da Louise Brown la prima bambina nata dalla Fivet, ormai trentenne e a sua volta mamma – in modo assolutamente naturale – di un bambino. Le perplessità? Tante – afferma il presidente della Pontificia Accademia per la Vita - senza Edwards non ci sarebbe il mercato di ovociti; senza Edwards non ci sarebbero congelatori pieni di embrioni in attesa di essere trasferiti in utero o, più probabilmente, di essere usati per la ricerca oppure di morire abbandonati e dimenticati da tutti. Edwards ha inaugurato una casa ma ha aperto la porta sbagliata dal momento che ha puntato tutto sulla fecondazione in vitro consentendo implicitamente il ricorso a donazioni e a compra-vendite che coinvolgono esseri umani. Così non ha modificato minimamente né il quadro patologico né il quadro epidemiologico dell'infertilità. La soluzione a questo grave problema – conclude mons. Carrasco de Paula - verrà da un’altra strada meno costosa e ormai in avanzato corso di elaborazione. Bisogna pazientare e aver fiducia nei nostri ricercatori e nei nostri clinici”.

    Dal canto suo, la Federazione Internazionale dei Medici Cattolici si dice “sgomenta” per l’assegnazione del Nobel allo scienziato britannico. In un comunicato a firma del presidente José María Simón Castellví, si sottolinea che “nonostante la fecondazione in vitro abbia portato felicità a molte coppie” ciò “è avvenuto ad un costo enorme”: “l’indebolimento della dignità della persona umana”. Molti milioni di embrioni, si legge nella nota, “sono stati creati e scartati durante il processo della fecondazione in vitro”. Ciò ha portato alla distruzione di “essere umani” nel loro stadio iniziale. Inoltre, ha anche favorito una cultura che vede gli esseri umani “trattati come prodotti, piuttosto che come preziosi individui umani quali sono in realtà”. Come medici cattolici, conclude la nota, “riconosciamo il dolore che l’infertilità porta in una coppia, ma allo stesso tempo crediamo che la ricerca” per far fronte a questo problema “deve essere condotta su una base etica che rispetta la speciale dignità di un embrione umano, che non è differente da quella di un adulto”.

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    La denuncia dell’arcivescovo di Kirkuk: cristiani in Iraq a rischio estinzione

    ◊   Un appello alla comunità internazionale affinché protegga i cristiani in Iraq “a rischio estinzione”. A lanciarlo questa mattina da Bruxelles è stato mons. Louis Sako, arcivescovo caldeo di Kirkuk, in Iraq. Intervenendo alla conferenza “Persecuzione contro i cristiani”, promossa dalla Comece (Commissione degli Episcopati dell’Unione Europea), e dai Gruppi dei conservatori e riformisti europei e del Partito popolare europeo all’Europarlamento, in collaborazione con Kirche in Not e Open Doors International presso la sede del Parlamento europeo, mons. Sako ha affermato: “In Iraq il numero dei cristiani continua a diminuire. Forse essi scompariranno a causa delle continue persecuzioni, minacce e violenze”. “Dall’invasione Usa del 2003” ad oggi, ha reso noto, “sono state assalite 51 chiese; rapiti e uccisi un vescovo e tre preti; circa 900 cristiani innocenti uccisi e centinaia di migliaia obbligati a lasciare le proprie case in cerca di un luogo sicuro”. “Da 6 mesi, inoltre, i politici iracheni non riescono a formare un governo. In Iraq, ed anche in altri Paesi, c’è il rischio che la comunità cristiana si estingua”. La guerra, prosegue l’arcivescovo di Kirkuk, “per queste famiglie è stata un disastro”. Ora gli americani “non dovrebbero ritirarsi dall’Iraq senza tenere conto”. A preoccupare il presule è soprattutto “la mancanza di un piano” mentre sono due le prospettive per i cristiani in Iraq e nel Medio Oriente: “emigrare o accettare di vivere come cittadini di seconda classe tra mille difficoltà e paure”. Di qui l’appello: “Abbiamo bisogno di un sostegno più forte da parte di tutti, con una chiara visione ‘politica’ e piani precisi non solo per proteggere e incoraggiare i cristiani a rimanere in patria, ma anche per promuovere la riconciliazione tra gli iracheni”. Per mons. Sako “la comunità internazionale si deve assumere le proprie responsabilità” e arrivare “ad un accordo comune con le autorità locali” per garantire pari protezione e uguaglianza a tutti i cittadini. Essa dovrebbe inoltre “aiutare gli emigrati a ritornare” o, dove ciò non sia possibile, sostenere il loro attuale insediamento altrove. Dall’arcivescovo l’auspicio che il Sinodo per il Medio Oriente, che si terrà a Roma dal 10 al 24 ottobre, “susciti attenzione ai nostri problemi”. Esso “può essere un’opportunità per rivedere tutta la situazione dei cristiani in Medio Oriente”. Speriamo, conclude “che sia altamente produttivo”.

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    La fine dell’embargo Onu sulle armi in Sierra Leone tra applausi e timori

    ◊   Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha deciso di ritirare l’embargo sulle armi in Sierra Leone, come segnale di fiducia sul pieno controllo del territorio da parte delle istituzioni del Paese africano. La fine dell’embargo - che durava dal 2002, anno in cui è terminata la sanguinosa guerra, cominciata nel 1991, per il controllo dei diamanti - è stata accolta tuttavia con scetticismo dagli abitanti del Paese. A commentare la notizia all’Agenzia Fides è stato padre Caglioni, missionario in Sierra Leone, il quale, pur riconoscendo i progressi fatti dallo Stato nel corso degli anni, ha chiesto alla comunità internazionale di seguire e incoraggiare il governo. A sostenere questo punto di vista mons. Edward Tamba Charles, arcivescovo di Freetown e Bo, che punta il dito sui troppi indicatori sociali negativi, che rischiano di far precipitare la situazione, rendendo vano il processo di pacificazione. Troppo alto tasso di disoccupazione giovanile mentre la crisi economica registra una riduzione delle rimesse degli emigrati, principale fonte di sostegno per massima parte delle famiglie; il Paese è inoltre diventato un nodo di smistamento della cocaina; infine la politica di valorizzazione delle riserve di ferro, petrolio, rutenio e bauxite potrebbe attirare operatori economici privi di scrupoli. È stato quindi lanciato un appello alle diverse confessioni religiose affinché continuino a svolgere quel ruolo di agenti sociali di integrazione, che la politica sta lentamente abbandonando. (M.O.)

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    Termina in Cile lo sciopero della fame degli indios Mapuche

    ◊   La Conferenza episcopale del Cile ha annunciato la fine dello sciopero della fame degli indios mapuche, detenuti nelle carceri di Concepciòn, Lepu e Temuco. Gli Indios, che avevano cominciato lo sciopero 82 giorni fa, chiedevano al governo di Santiago di non essere giudicati secondo la legge anti-terrorismo, varata dal governo Pinochet, che prevede tra le altre misure un doppio processo, militare e civile. Sono, infatti, responsabili di una serie di reati messi in atto per rivendicare i diritti politici e territoriali della comunità indigena. A riferire l’accaduto è stata l’agenzia Fides che ha sottolineato il ruolo fondamentale della Chiesa cattolica nel dialogo istituzionale, testimoniato dalla presenza di mons. Ricardo Ezzati, arcivescovo di Concepiòn, alle diverse fasi della negoziazione. Una decina di indios, tuttavia, continuano a non accettare gli accordi. Per questo la Chiesa non cessa la sua mediazione. (M.O.)

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    Congresso mondiale delle donne cattoliche a Gerusalemme

    ◊   Al via oggi oggi a Gerusalemme, in Israele, l’Assemblea mondiale delle organizzazioni femminili cattoliche (Umofc). L’istituzione, che compie quest’anno il suo centenario, raccoglie più di 5 milioni di donne, appartenenti a circa 100 organizzazioni di donne cattoliche, che agiscono in oltre 60 Paesi, ed è riconosciuta dalle Conferenze episcopali di diversi Paesi. Tema della riunione - riporta l’agenzia Zenit - è “Sarete Testimoni”, con l’obiettivo di promuovere la presenza, la partecipazione e la corresponsabilità delle donne cattoliche nella Chiesa e nella società. Ad aprire la riunione sarà una Messa officiata da mons. Fouad Twal, Patriarca latino di Gerusalemme. Il calendario degli incontri, che si concluderanno l’11 ottobre, prevede numerosi riunioni, tavole rotonde e seminari a cui prenderanno parte donne di spicco della società civile e del mondo cattolico. Tra le altre Marguerite Peeters, giornalista e fondatrice dell’Institute for Intercultural Dialogue, che presenterà “Come essere testimone di Cristo nel mondo globalizzato”, Ana Cristina Villa Betancourt, responsabile della Sezione Donne del Pontificio Consiglio per i Laici, che terrà un seminario intitolato:”Gesù e le donne: incontrarlo, seguirlo, essere testimoni”. (M.O.)

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    In Cambogia rischio tubercolosi e Hiv per i detenuti nelle carceri sovraffollate

    ◊   È allarmante la situazione delle carceri in Cambogia. Secondo un dossier redatto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, (OMS) in collaborazione con le autorità governative cambogiane è molto alto il rischio di contagio nei penitenziari del Paese. Su un campione di 1783 detenuti - riporta AsiaNews - il 4 per cento è malato di tubercolosi e il 7 per cento è sieropositivo, superando di molto la media nazionale, che si attesta rispettivamente su 0,68 e 0,7 per cento. Secondo fonti governative, le responsabilità andrebbero individuate nel sovraffollamento dei penitenziari: le strutture potrebbero contenere al massimo 8 mila detenuti ma arrivano a contenerne fino a 14 mila, assistiti da soli 96 operatori. Uno sforzo per risolvere il problema è stato fatto all’inizio del 2010 attraverso lo stanziamento di fondi destinati ai sussidi sanitari delle carceri, ma a beneficiarne sono stati solo 7 istituti e tutt’ora non sono completamente attrezzati. (M.O.)

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    Incontro di preghiera ecumenico in Nigeria, dopo il sanguinoso attentato nella capitale

    ◊   Si è tenuto lo scorso 3 ottobre ad Abuja, capitale della Nigeria, un incontro ecumenico di preghiera. Ad ospitare la celebrazione il Centro ecumenico nazionale. L’incontro, organizzato da tempo per i 50 anni dell’indipendenza del Paese, si è poi trasformato in una Veglia di preghiera per le vittime dell’attentato, che ha insanguinato le parate organizzate per l’anniversario. A riferirlo all’agenzia Fides lo stesso mons. John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, il quale ha sottolineato come, per la prima volta nel Paese, ad una Veglia di preghiera, oltre ai leader della Christian Association of Nigeria, (CAN), abbiano preso parte anche esponenti del mondo politico, tra cui il presidente Goodluck Jonathan. Severa la condanna del presule nei confronti dell’attentato: “Attendiamo gli esiti delle indagini. Vogliamo capire quello che è successo”, ”speriamo - ha aggiunto - che vi sia un’indagine seria e che non rimangano zone d’ombra su questo attentato" e "che questo episodio, pur doloroso non comprometta la pace nazionale”. Il presidente Jonathan ha intanto accusato dell’esplosione, che ha provocato 12 vittime, un piccolo gruppo residente fuori la Nigeria che è stato però pagato da qualcuno all’interno del Paese, smentendo l’appartenenza degli attentatori al gruppo dei ribelli per l’emancipazione del delta del Niger, meglio noti come Mend. Secondo il capo di Stato, infatti, gli attentatori avrebbero usato il nome Mend solo per nascondersi. (M.O.)

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    Attesa domani in Sudan missione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu

    ◊   A circa tre mesi dai referendum sull'autodeterminazione in Sudan, una missione dell'Onu giungerà domani nel Paese africano. Non sono però previsti incontri con il presidente Omar Al Bashir, colpito da un mandato di cattura internazionale con l'accusa di genocidio. La delegazione è composta dai rappresentanti dei cinque Paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza: Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina. Hanno assicurato la loro presenza l'americana Susan Rice ed il britannico Mark Lyall-Grant. Il referendum per l'annessione della regione di Abyei alla parte Nord o Sud dello Stato africano ha implicazioni nazionali di rilievo, perché è in calendario contestualmente al voto sull'indipendenza del Sudan meridionale, oltre ad aver costituito uno dei punti chiave dell'accordo di pace che nel 2005 ha messo fine alla decennale guerra civile. (R.G.)

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    Premio Nobel per la Fisica assegnato a due scienziati russi per la scoperta del grafene

    ◊   Il Nobel per la Fisica è stato assegnato stamane ai russi Andre Geim, 57 anni, e Kostantin Novoselov, 36 anni, entrambi dell’Università di Manchester in Gran Bretagna. I due fisici sono stati insigniti dell’importante riconoscimento per la scoperta, pubblicata nel 2005 sulla rivista Science, della struttura di uno dei materiali più innovativi e rivoluzionari: il grafene. Il materiale è composto da carbonio, ma presenta una struttura diversa: è infatti bidimensionale e simile ad un nido d’ape. Queste caratteristiche, del tutto anomale, permettono al materiale di evadere le leggi della fisica tradizionale ed obbedire a quelle della fisica quantistica. I due fisici hanno estratto il grafene dalla più comune grafite, il materiale di cui sono fatte le matite, manipolandolo fino ad ottenere uno strato sottile come un atomo ma tuttavia stabile: un millimetro di grafite è infatti composto da circa tre milioni di strati di grafene. La scoperta di questo nuovo elemento si presta poi alla realizzazione di touch screen, pannelli luminosi e celle solari, oltre a poter essere utilizzato nella costruzione di computer quantistici. (M.O.)

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    Cresce il numero, ben 700, dei missionari coreani nel mondo

    ◊   Grande successo per la Chiesa coreana che può vantare la presenza di circa 700 missionari in tutto il mondo. A riferirlo in questo mese di ottobre, tradizionalmente dedicato a ravvivare la coscienza e l’impegno missionario dei fedeli, è stata l'agenzia AsiaNews, pubblicando l’indagine delle Pontificie Opere Missionarie della Corea. I dati riportati parlano di 690 missionari coreani, tra laici, religiosi e diocesani: di questi 313 sono in Asia, 165 in Europa, 72 in Africa e 22 in Oceania. Il 1 ottobre si è poi tenuta nella Cappella adiacente alla cattedrale di Myong Dong, a Seul, la riunione di 80 missionari rientrati in patria per studiare strategie di potenziamento del lavoro di evangelizzazione. Nel corso dell’incontro è emerso che “quanto più una Chiesa dona per le missioni, tanto più si arricchirà insieme con la grazia che riceve, ma soprattutto che la missione è una scelta logica, gioiosa e naturale per un cristiano che crede all’amore di Dio”. All’incontro, organizzato dalla Conferenza episcopale coreana, dalla Conferenza coreana dei Superiori maggiori degli Istituti religiosi e delle Società di vita apostolica e dalla Conferenza coreana delle Superiori maggiori degli Istituti religiosi femminili, è intervenuto anche mons. Vincenzo Lee Byouong Ho, vescovo responsabile della Commissione per la cura pastorale dei coreani abitanti all’estero. Il presule, riprendendo l’enciclica di Pio XII “Fidei Donum”, ha ricordato come alla base della Missione ci sia la Parola di Dio, senza la quale “tutto crolla e tutto risulta una perdita di tempo”. Ha poi sottolineato il ruolo della semplicità nelle missioni: “prima di diventare missionari, bisogna incontrare veramente Gesù, solo così si potrà testimoniare con la gioia che ci sgorga dal cuore senza bisogno delle spiegazioni umane e sofisticate”. É poi intervenuto padre Agostino Kim Myoung Dong, presidente della Società missionaria coreana, che, dopo aver tracciato un breve bilancio, rilancia il ruolo della formazione per i missionari manifestando il desiderio di istituire una scuola annuale di preparazione che sostituisca l’attuale corso mensile. Padre Dong riconosce poi la necessità di un punto di riferimento unico che coordini le varie iniziative missionarie sotto l’egida della Chiesa Cattolica coreana, che da beneficiaria degli aiuti dei missionari esteri vorrebbe ora contribuire alle missioni all’estero. (M.O.)

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    24 Ore nel Mondo



    Cina-Giappone: segnali di distensione tra i due Paesi

    ◊   I leader di Giappone e Cina tornano a parlarsi direttamente, dopo la crisi di inizio settembre innescata dalla collisione tra un peschereccio di Pechino e due motovedette giapponesi al largo delle Senkaku, Isole in pieno Mar Cinese orientale controllate da Tokyo, ma rivendicate da Cina e Taiwan. Il contenzioso sul tratto di mare aveva portato all’arresto del capitano del peschereccio cinese, liberato dopo 16 giorni. Ieri a Bruxelles, i premier dei due Paesi, Naoto Kan e Wen Jiabao, si sono incontrati a margine del vertice Asia-Europa, concordando sulla ''necessità di rafforzare le relazioni bilaterali'' e riavviare colloqui ai livelli più alti. Si può dunque dire che la crisi tra Cina e Giappone stia rientrando? Giada Aquilino lo ha chiesto a Francesco Sisci, editorialista del quotidiano La Stampa da Pechino:

    R. – C’è un forte interesse di entrambi perché la crisi rientri. Soltanto questa volontà è già sufficiente da una parte per dire che la crisi sta rientrando, dall’altra, però, ci sono problemi oggettivi che sono alla base di questa impasse. Uno è quello territoriale, che riguarda le Isole Senkaku, e l’altro è legato alla relativa crescita della Cina e alla decrescita del Giappone, col conseguente cambiamento degli equilibri strategici all’interno dell’asse fra le due Nazioni.

    D. – Perché le Isole Senkaku sono al centro di un così lungo contenzioso?

    R. – Intorno alle Isole Senkaku c’è un grande giacimento di gas e petrolio, la cui definizione territoriale non è assolutamente chiara. Prima, i due Paesi non erano interessati a questi che sono poco più che scogli, visto che non avevano grande importanza strategica. Dopo la scoperta del gas e del petrolio, invece, è cambiato tutto.

    D. – I due Paesi erano arrivati a ritorsioni politiche e commerciali. Anche in vista del prossimo vertice dell’Apec in novembre, che si terrà in Giappone, cosa c’è da aspettarsi?

    R. – Credo che entrambi i Paesi, adesso, siano interessati a rallentare la tensione. Non c’è alcun vantaggio vero a continuare la crisi se non quello di alimentare le rispettive aree nazionaliste ed antigovernative, sia in Giappone sia in Cina. Tutti e due i governi hanno quindi un forte interesse a raffreddare il clima. Certo, però, che i problemi sottostanti rimangono e dovranno essere in qualche modo risolti.

    Asem, la Cina manterrà stabili i tassi di cambio
    Nonostante le pressioni di Usa e Ue al Forum di dialogo tra Unione europea e Asia (Asem), in corso a Bruxelles, la Cina non rivaluterà la propria moneta nazionale, lo yuan, e manterrà tassi di cambio “relativamente stabili”, come annunciato dal premier cinese, Wen Jiabao. Stati Uniti ed Europa accusano la Cina di tenere artificialmente basso il valore della moneta nazionale per favorire le proprie esportazioni ai danni delle altre. Le tensioni sulla moneta cinese sono peggiorate, dopo che la settimana scorsa in Usa è stata presentata una proposta di legge che permette all’amministrazione americana di imporre sanzioni commerciali alla Cina per lo yuan sottovalutato.

    Elezioni in Bosnia-Erzegovina: vincono i musulmani moderati
    Probabile cambio al vertice del membro musulmano della presidenza tripartitica bosniaca: lo scrutinio delle schede del voto di domenica scorsa in Bosnia-Erzegovina non è ancora definitivo, ma sembra che sarà Bakir Izetbegovic a sostituire il membro uscente Silajdic. Il servizio di Roberta Barbi:

    Un’affermazione delle forze musulmane moderate: sembra essere questo - a scrutinio delle schede quasi concluso - l’esito delle elezioni generali svoltesi domenica scorsa in Bosnia-Erzegovina. Izetbegovic jr, figlio del padre dell’indipendenza bosniaca e fautore del dialogo con i serbo-bosniaci, Alija, e il suo Partito d’azione democratica, sono in testa con il 34 per cento delle preferenze. Con molta probabilità, dunque, sarà lui il nuovo membro musulmano alla presidenza tripartitica del Paese, e andrà a sostituire il membro uscente, Haris Silajdic. “La nuova presidenza funzionerà meglio della precedente”, ha commentato oggi Bakir Izetbegovic, che si dice pronto a tendere la mano ai suoi colleghi e ad abbandonare la “politica della ripicca”. Le urne hanno registrato, però, anche un successo nella fila ultranazionaliste serbe e una conferma in campo croato. Nella Repubblica Srpska (Rs) - una delle due entità in cui la Bosnia è stata divisa dall’accordo di pace di Dayton nel 1995 - è stata riconfermata la leadership nazionalista e radicale. Le speranze della comunità internazionale tendono ora alla riapertura del dialogo fra le tre componenti etniche di un Paese ancora profondamente diviso al suo interno, e perciò bloccato nel processo di riforme previsto dall’Accordo di stabilizzazione e associazione all’Unione Europea. Riforme che sono indispensabili per l’avvio di un percorso di integrazione in Europa.

    Vittime per una fuga di fango tossico in Ungheria
    Almeno quattro persone, tra cui un bambino, sono morte, 120 sono i feriti, una ventina dei quali ustionati in modo grave, e sette persone risultano scomparse. È questo il bilancio, provvisorio, di quello che si delinea come un vero e proprio disastro ambientale per l’Ungheria: la fuoriuscita di 700 mila metri cubi di fango altamente corrosivo da uno stabilimento per la lavorazione dell’alluminio nei pressi di Ajka, nell’ovest del Paese. Centinaia di case in tre Comuni sono state travolte dall’ondata tossica e le abitazioni in un’area di 40 km quadrati sono state evacuate dalle autorità, che hanno decretato lo stato d’emergenza. Intanto il fango sta per raggiungere il fiume Marcal, vicino al confine austriaco e slovacco, e i tecnici stanno tentando di neutralizzarlo con il gesso. Sono state avviate le indagini per l’accertamento delle responsabilità: la prima ipotesi è che la fuga sia stata causata dalla rottura dell’argine di un contenitore all’aperto.

    Ulster, bomba davanti a centro commerciale
    Un’autobomba è esplosa poco dopo la mezzanotte davanti a un centro commerciale di Londonderry, nell’Irlanda del Nord. Un’ora prima dello scoppio, un avvertimento anonimo era arrivato alla polizia che aveva provveduto a evacuare e transennare la zona, così non ci sono state vittime, ma i danni registrati sono ingenti. L’attentato non è ancora stato rivendicato.

    Terrorismo, si rafforza pista islamico-tedesca
    Mentre l’allarme terrorismo in Europa resta alto, soprattutto a Parigi, Londra e Berlino, si fa strada come più accreditata l’ipotesi che dietro le minacce ci sarebbe un gruppo di terroristi islamici tedeschi, pronti a colpire simultaneamente in varie parti del continente. Il gruppo, ribattezzato “cellula di Amburgo”, sembra che sia guidato da un franco-algerino che conosceva uno dei kamikaze dell’11 settembre.

    Francia, arrestati 12 presunti terroristi
    Dodici persone sospettate di avere legami con il terrorismo di matrice islamica sono state arrestate oggi dalla polizia francese nelle regioni di Marsiglia e Bordeaux. In un’altra operazione, inoltre, altre nove persone sono state fermate per traffico d’armi ed esplosivo destinati a gruppi di estremisti islamici. Sequestrate pistole e munizioni.

    Maltempo Italia, tre vittime a Prato
    Tre donne di origine cinese che viaggiavano a bordo di un’auto, sono morte questa mattina intorno alle 5 nel sottopassaggio ferroviario di via Lucci, a Prato, allagato a causa delle forti piogge della notte scorsa. Una seconda auto, fortunatamente vuota, è stata ritrovata nell’area. La Procura ha disposto il sequestro del sottopasso e ha avviato le indagini per stabilire la dinamica in cui si sono svolti i fatti: l’ipotesi per ora più probabile è quella di un malfunzionamento delle pompe di drenaggio dell’acqua.

    Cile, vicino il salvataggio dei minatori
    Buone notizie per i 33 minatori cileni intrappolati da mesi a 700 metri di profondità: le operazioni di soccorso iniziate ad agosto stanno procedendo più velocemente del previsto e gli uomini potrebbero essere liberati già alla fine della settimana. La notizia, annunciata dal presidente Sebastian Pinera, è stata confermata alla Bbc dal coordinatore delle operazioni di soccorso, Pedro Buttazzoni.

    Accordo Egitto-Iran per riprendere voli
    Storico accordo raggiunto da Egitto e Iran, che riprenderanno voli diretti tra le due capitali, anche se, avvertono gli esperti, è ancora prematuro parlare di disgelo a livello politico. Le relazioni tra i due Stati si sono interrotte nel 1980, in seguito alla rivoluzione islamica a Teheran del 1979 e alla pace firmata tra Egitto e Israele.

    Iran, i figli di Sakineh chiedono asilo all’Italia
    I figli di Sakineh, la donna iraniana condannata a morte, temono di essere arrestati e perciò hanno chiesto asilo politico all’Italia e al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Un portavoce del Ministero degli Esteri italiano ha fatto sapere che la richiesta verrà valutata.

    India, rimossi i posti di blocco nel Kashmir
    Si distende la situazione nello Stato indiano del Kashmir, a maggioranza musulmana, sconvolto da una rivolta dei separatisti durata tre mesi. Il governo ha deciso per la rimozione di 16 posti di blocco nella città di Srinagar e il rilascio di un centinaio di dimostranti arrestati durante le proteste.

    Thailandia, prorogato di tre mesi lo stato d’emergenza
    Le autorità thailandesi hanno esteso ad altri tre mesi lo stato d’emergenza per la capitale Bangkok e tre province attigue, deciso in seguito alle violenze delle “Camicie rosse” della primavera scorsa. Lo stato d’emergenza garantisce alle forze di sicurezza maggiori poteri di polizia.

    Corea del Nord, ripresa attività in centrale nucleare
    La centrale nucleare di Yongbyon, in Corea del Nord, ha ripreso a funzionare: la conferma arriva dalla Corea del Sud, grazie alle immagini riprese via satellite dall’Istituto americano per la scienza e la sicurezza internazionale. Tuttavia, nonostante i movimenti registrati, non ci sono prove che si stiano svolgendo attività specifiche. (Panoramica internazionale a cura di Roberta Barbi)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 278

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