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Sommario del 04/10/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai presuli del Brasile: la Chiesa non è in competizione con altre esperienze religiose, il suo unico dovere è annunciare il Vangelo
  • Il Papa ai giovani siciliani, al termine della visita a Palermo: non cedete alle suggestioni della mafia. La sosta a Capaci per l'omaggio a Falcone
  • I commenti di mons. Paolo Romeo e don Giuseppe Livatino, cugino del magistrato ucciso dalla mafia: le parole del Papa incideranno nelle coscienze
  • Benedetto XVI ai consacrati nella cattedrale di Palermo: salvaguardare l'identità del sacerdote
  • La stampa cattolica nell'era digitale: al via in Vaticano il Congresso internazionale organizzato dal dicastero delle Comunicazioni Sociali
  • La Beatificazione a Parma di Madre Teresa Adorni, definita dal Papa "Rosario Vivente"
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • A Barcellona, l'incontro "Uomini e religioni" della Comunità di Sant'Egidio: solo il dialogo schiude ai popoli le porte della pace
  • Il Nobel della medicina a Robert Edwards, pioniere della fecondazione in vitro. Lucio Romano: premiata una tecnica che riduce l'uomo a "prodotto"
  • Assisi commemora San Francesco: protagonista delle celebrazioni 2010 la Regione Trentino Alto Adige–Südtirol
  • Chiesa e Società

  • Conclusa nel ricordo del cardinale Stepinac l’assemblea della Ccee a Zagabria
  • La diocesi di Hong Kong contraria al controllo statale nell'educazione scolastica
  • Emergenza Pakistan: situazione sanitaria in leggero miglioramento
  • Guinea Bissau. L’impegno della diocesi per l'anno pastorale: educare la coscienza morale
  • Il magistero di Giovanni XXIII al centro delle riflessioni dei “Mercoledì del Pime”
  • Al "Laurentianum" di Mestre un insolito percorso tra spiritualità e arte
  • 24 Ore nel Mondo

  • Allarme terrorismo: allerta non solo da Europa e Stati Uniti ma anche dal Giappone
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai presuli del Brasile: la Chiesa non è in competizione con altre esperienze religiose, il suo unico dovere è annunciare il Vangelo

    ◊   Riscoprire la profonda responsabilità di ogni battezzato ad essere annunciatore del Vangelo, piuttosto che limitarsi a studiare nuove metodologie per rendere “attraente” il messaggio di Cristo. E’ il pensiero di fondo con il quale Benedetto XVI si è congedato questa mattina dal gruppo di presuli brasiliani delle Regioni Norte 1 e Noroeste, ricevuti in Vaticano per la loro visita ad Limina. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Uno sguardo acuto sulle problematiche più attuali dell’evangelizzazione, peraltro condotta nel cuore dell’Amazzonia, dove la responsabilità della diffusione della parola di Cristo riguarda un’area di 2 milioni di Km2. In ogni caso, ha osservato Benedetto XVI, anche se “gli uomini possono essere salvati attraverso altre vie, grazie alla misericordia di Dio”, non è possibile pensare di poterci salvare “se per negligenza, paura, vergogna o per seguire false idee” impedisco l’annuncio del vangelo:

    Por vezes deparamos com esta objeção...
    A volte troviamo questa obiezione: imporre una verità, anche se è la verità del Vangelo, imporre una via, anche se è una via di salvezza, non può che essere una violenza alla libertà religiosa. Sono felice di trascrivere la risposta, pertinente e istruttiva, che ha dato il Papa Paolo VI: ‘Sarebbe certo un errore imporre qualcosa alla coscienza dei nostri fratelli. Ma proporre a questa coscienza la verità evangelica e la salvezza in Gesù Cristo con piena chiarezza e nel rispetto assoluto delle libere opzioni (…) lungi dall'essere un attentato alla libertà religiosa, è un omaggio a questa libertà”.

    Del resto, osservava ancora Papa Montini nella Evangelii nuntiandi, “perché solo la menzogna e l'errore, la degradazione e la pornografia avrebbero il diritto di essere proposti e spesso, purtroppo, imposti dalla propaganda distruttiva dei mass media, dalla tolleranza delle leggi, dalla timidezza dei buoni e dalla temerità dei cattivi? Questo modo rispettoso di proporre il Cristo e il suo Regno, più che un diritto, è un dovere dell'evangelizzatore”:

    Conseqüentemente, o chamado à missão...
    Di conseguenza, la chiamata alla missione non è rivolta esclusivamente a un gruppo selezionato di membri della Chiesa, ma un imperativo rivolto a tutti i battezzati, un elemento essenziale della loro vocazione”.

    Ricordando come “uno degli impegni fondamentali” della Conferenza di Aparecida del 2007, sia stato quello di “risvegliare la coscienza dei cristiani discepoli e missionari”, Benedetto XVI ha proposto come modello di attività apostolica lo stile che caratterizzò l’attività pastorale del Beato José de Anchieta, il quale – ha ricordato – “non senza gravi pericoli” diffuse la Parola di Dio tra gli indigeni e i portoghesi e per questo “alla sua morte ricevette l’appellativo di Apostolo del Brasile”:

    Esta não pode ser limitada...
    Tuttavia, le sfide del contesto attuale potrebbero portare ad una visione riduttiva del concetto di missione. Essa non può essere limitata a una semplice ricerca di nuove tecniche e modi per rendere la Chiesa più attraente e in grado di vincere la competizione con altri gruppi religiosi o ideologie relativiste. La Chiesa non funziona per se stessa: è al servizio di Gesù Cristo, esiste per far sì che la Buona Novella sia accessibile a tutte le persone”.

    Tutto ciò, ha asserito il Pontefice, "dovrebbe portare a riflettere sul fatto che l’indebolimento dello spirito missionario non è dovuto tanto a limiti o carenze nelle forme esterne dell’azione missionaria tradizionale, quanto al dimenticare che la missione deve nutrirsi di un nucleo più profondo. Questo nucleo è l'Eucaristia". Anche questo ha insegnato il Beato José de Anchieta, ha detto in conclusione il Papa, che ha affidato alla sua intercessione gli obiettivi pastorali dell’episcopato brasiliano, in modo che, ha auspicato, “il nome di Cristo sia sempre presente nel cuore e sulle labbra di ogni brasiliano”.

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    Il Papa ai giovani siciliani, al termine della visita a Palermo: non cedete alle suggestioni della mafia. La sosta a Capaci per l'omaggio a Falcone

    ◊   Un entusiasmo crescente, che è letteralmente esploso quando ai giovani di Palermo e della Sicilia, Benedetto XVI ha detto di non cedere a non lasciarsi sedurre dalla mafia, ma dai valori cristiani e civili che vogliono davvero il bene della Sicilia. Le immagini da Piazza Politeama e le parole del Papa - che ha pure rivolto un messaggio di cordoglio per la morte di Ivan Viviani, il bambino perito nel rogo della sua casa a Passo di Rigano - hanno fatto il giro del mondo, a conclusione della visita pastorale al capoluogo siciliano. La cronaca del nostro inviato, Salvatore Sabatino:

    Una giornata che rimarrà a lungo nella memoria dei palermitani, che hanno destinato un’accoglienza gioiosa al Santo Padre. Una giornata intensa, conclusa con l’attesissimo incontro con i giovani e le famiglie, in Piazza Politeama. Appuntamento conclusivo, ma centrale di questa ventunesima visita pastorale di Benedetto XVI in Italia, giunto a Palermo proprio in occasione del raduno regionale ecclesiale delle famiglie e dei giovani. E piazza Politeama è esplosa di gioia al suo arrivo. 20 mila i giovani presenti, che hanno voluto abbracciare il successore di Pietro. Nell’indirizzo di saluto, Mons. Mario Russotto, vescovo di Caltanissetta e delegato Cesi per i Giovani e le Famiglia, li definisce “il presente più bello e limpido della Chiesa:

    "Il 'respiro' della Sicilia, la sfida più vera e genuina della nostra società. Essi rappresentano la speranza e la proposta più affascinante nell’ipotesi della nuova civiltà dell’Amore. E ora qui, in questa piazza, noi ci stringiamo con fede e caloroso affetto al Successore di Pietro". (applausi)

    Eppure, quel respiro rischia di essere strozzato dai tanti problemi che rendono più difficile le vite dei giovani siciliani, rispetto a quelle dei loro coetanei di altre realtà. La testimonianza concreta delle difficoltà quotidiane vengono illustrate a Benedetto XVI da due giovani, Giorgia e David: studentessa liceale la prima, studente universitario il secondo. Parlano del desiderio di educazione, della voglia di donarsi a Dio, della necessità di formazione come occasione di riscatto e di rinnovato impegno:

    (Giorgia)
    "Da questa nostra bella isola, dalle aule delle nostre scuole, dai corridoi così densi di vita e di sogni oggi a Lei, Padre carissimo, noi giovanissimi vogliamo dichiarare il nostro desiderio di educazione! Abbiamo bisogno che non si rinunci mai all’importamnza di maestri che siano testimoni veri, a relazioni educative, come al quotidiano confronto e alla trasmissione del sapere".

    (David)
    "Noi non vogliamo rinunciare al sogno di una Sicilia migliore, fecondata dal sangue di tanti martiri della giustizia e della fede come Falcone, Borsellino, don Pino Puglisi e Rosario Livatino".

    Sicilia che deve diventare modello di legalità e solidarietà, insomma, capace di creare onestamente il futuro dei propri giovani. E Benedetto XVI risponde definendo gli interventi che lo hanno preceduto come una condivisione di fede e di speranza. Ricorda Chiara Badano, il Pontefice, la ragazza morta a 19 anni dopo una terribile malattia nel 1990 e proclamata beata lo scorso 25 settembre. Ricorda la sua storia ai giovani, come testimonianza di fede. Perché ha saputo accogliere la malattia, il dolore, senza mai sentirsi sola; accompagnata da Dio in questo percorso di sofferenza. Accompagnata dai suoi genitori, dalla sua famiglia. “Era ricolma della luce di Dio”, ha detto il Papa. E questa luce, che viene dalla fede e dall’amore, l’hanno accesa loro per primi: il papà e la mamma:

    "Il rapporto tra i genitori e i figli – lo sapete – è fondamentale; ma non solo per una giusta tradizione – so che questa è molto sentita dai siciliani. E’ qualcosa di più, che Gesù stesso ci ha insegnato: è la fiaccola della fede che si trasmette di generazione in generazione".

    La famiglia è fondamentale – aggiunge Benedetto XVI – perché lì germoglia nell’anima umana la prima percezione del senso della vita. Il Papa accenna anche ad altre splendide testimonianze di giovani cresciuti in Sicilia come piante belle, rigogliose, dopo essere germogliate nella famiglia, con la grazia del Signore e la collaborazione umana: la Beata Pina Suriano, le Venerabili Maria Carmelina Leone e Maria Magno, grande educatrice; i Servi di Dio Rosario Livatino, Mario Giuseppe Restivo, e tanti altri giovani. "Spesso la loro azione non fa notizia, perché il male fa più rumore, ma sono la forza, il futuro della Sicilia!".

    (applausi)

    Poi, l’appello più forte di Benedetto XVI, che rivolgendosi ai giovani siciliani, li invita a non avere paura a contrastare il male. E fa riferimento alla figura dell’albero. La Bibbia la usa nei Salmi – afferma il Pontefice. Il Salmo 1 dice: Beato l’uomo che medita la legge del Signore, “è come albero piantato lungo corsi d’acqua, che dà frutto a suo tempo”. Questi “corsi d’acqua” possono essere il “fiume” della tradizione, il “fiume” della fede da cui si attinge la linfa vitale. Cari giovani di Sicilia, siate alberi che affondano le loro radici nel “fiume” del bene:

    "Insieme, sarete come una foresta che cresce, forse silenziosa, ma capace di dare frutto, di portare vita e di rinnovare in modo profondo la vostra terra! Non cedete alle suggestioni della mafia, che è una strada di morte, incompatibile con il Vangelo, come tante volte i nostri Vescovi hanno detto e dicono!".

    L’immagine dell’albero dice che ognuno di noi ha bisogno di un terreno fertile in cui affondare le proprie radici, un terreno ricco di sostanze nutritive che fanno crescere la persona:

    "Sono i valori, ma sono soprattutto l’amore e la fede, la conoscenza del vero volto di Dio, la consapevolezza che Lui ci ama infinitamente, fedelmente, pazientemente, fino a dare la vita per noi. In questo senso la famiglia è 'piccola Chiesa', perché trasmette Dio, trasmette l’amore di Cristo, in forza del sacramento del Matrimonio".

    Il Papa introduce, poi, l’altro passaggio importante di questo incontro con i giovani: la famiglia, per essere “piccola Chiesa” – dice - deve vivere ben inserita nella “grande Chiesa”, cioè nella famiglia di Dio che Cristo è venuto a formare. Anche di questo ci dà testimonianza la Beata Chiara Badano, come tutti i giovani Santi e Beati: insieme con la famiglia di origine, è fondamentale la grande famiglia della Chiesa, incontrata e sperimentata nella comunità parrocchiale, nella diocesi; per la Beata Pina Suriano è stata l’Azione Cattolica - ampiamente presente in questa terra -, per la Beata Chiara Badano il Movimento dei Focolari; infatti, anche i movimenti e le associazioni ecclesiali non servono se stessi, ma Cristo e la Chiesa:

    "Cari amici! Conosco le vostre difficoltà nell’attuale contesto sociale, che sono le difficoltà dei giovani e delle famiglie di oggi, in particolare nel sud d’Italia. E conosco anche l’impegno con cui voi cercate di reagire e di affrontare questi problemi, affiancati dai vostri sacerdoti, che sono per voi autentici padri e fratelli nella fede, come è stato Don Pino Puglisi".

    Ringrazio Dio di avervi incontrato – conclude il Pontefice – perché dove ci sono giovani e famiglie che scelgono la via del Vangelo, c’è speranza. E voi siete segno di speranza non solo per la Sicilia, ma per tutta l’Italia:

    "Coraggio, cari giovani e famiglie di Sicilia! Siate santi! Alla scuola di Maria, nostra Madre, mettetevi a piena disposizione di Dio, lasciatevi plasmare dalla sua Parola e dal suo Spirito, e sarete ancora, e sempre più, sale e luce di questa vostra amata terra".

    (applausi, canto e saluto al Papa)

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    I commenti di mons. Paolo Romeo e don Giuseppe Livatino, cugino del magistrato ucciso dalla mafia: le parole del Papa incideranno nelle coscienze

    ◊   Giovanni Falcone, ma anche don Pino Puglisi. Non sono mancati, nei discorsi ai siciliani, riferimenti a persone ben care al cuore dei palermitani e non solo. Salvatore Sabatino ha domandato all'arcivescovo di Palermo, mons. Paolo Romeo, quali impressioni abbiano suscitato in lui le parole e i gesti compiuti ieri da Benedetto XVI, in particolare la sosta e l'omaggio commosso sul luogo della strage di Capaci:

    R. – Il Santo Padre ha fatto questa sosta a Capaci, ma nell'arco della giornata ha fatto molti riferimenti: ha insistito, parlando con i sacerdoti, sulla figura di don Pino Puglisi e l’ha portata come esempio per i sacerdoti. Poi, nella Piazza del Politeama ha parlato di queste vittime, ha parlato esplicitamente del giudice Falcone. Certamente, dopo le parole, il gesto diventa la testimonianza. Il Santo Padre nel pomeriggio era passato anche nel luogo dove era stato ucciso Dalla Chiesa e ha voluto ricordare il giudice Livatino. Non poteva il Santo Padre fermarsi in tutti questi luoghi che ricordano la tragedia della nostra terra, ma ha voluto con questo gesto rendere omaggio al giudice Falcone. Gli abbiamo indicato la casetta da dove questa mano assassina ha premuto il comando a distanza per far saltare in aria il giudice Falcone, la sua signora e le scorte. Il Papa era commosso nel momento in cui si è raccolto in preghiera e ha lasciato questo omaggio floreale, che vuole essere non soltanto per il giudice Falcone, ma per tutte le vittime: per tutti quelli che con il loro impegno, con la loro professione, non hanno esitato, pur sapendo di esporsi ogni giorno di più ai pericoli.

    D. – Un altro messaggio importante, come diceva lei, il Papa l’ha rivolto ai giovani, in Piazza Politeama, quando ha detto: “La mafia è strada di morte, incompatibile con il Vangelo”. E questo appello è stato accolto da un fragoroso applauso dei giovani, che hanno voluto dare un segnale di cambiamento di questa città, un segnale importante...

    R. – La voce dei vescovi ha trovato la conferma nella voce del successore di Pietro, dopo i molti pronunciamenti, la voce forte di Giovanni Paolo II: una voce che ha voluto far vedere questi toni oscuri della mafia, di questi gruppi che - come ha indicato Giovanni Paolo II - sono lontani da Dio e dalla fede e che nelle violazioni che compiono contro le persone umane, i beni degli altri, mostrano i loro aspetti di ateismo, dell’io, dell’egoismo assoluto. Io credo che Benedetto XVI abbia ripreso questo messaggio con parole diverse: parole che colpiscono i giovani, perché i giovani hanno bisogno di linguaggi nuovi, di espressioni nuove, ma stanno sempre sulla stessa linea.

    D. – Per ben tre volte, il Papa sha accennato alla figura di don Puglisi e per ben tre volte è stato interrotto dall’applauso della gente. Questo vuol dire che anche tra i giovani è presente il messaggio di don Puglisi. Molti giovani che erano in piazza non l’hanno nemmeno conosciuto...

    R. – Il messaggio di don Pino – tre “p”: padre Pino Puglisi – è molto forte ed è molto vivo. I messaggi di santità non conoscono il tarlo del tempo, che li invecchia, ma rimangono sempre giovani. E credo che la semplicità di don Pino, la sua identificazione con il ministero sacerdotale, il suo attaccamento al Vangelo e alla salvezza delle anime lo facciano brillare sempre.

    D. – Eccellenza, l’impressione che abbiamo avuto è stata magnifica: una città che ha accolto Benedetto XVI con grande gioia, con grande senso di responsabilità e soprattutto era una città che aspettava un messaggio dal Papa, un messaggio che è arrivato...

    R. – Io posso dire innanzitutto la reazione che ho visto sul suo volto, un volto pieno di gioia, un volto a momenti commosso. Abbiamo vissuto una giornata di fede, di preghiera. La gente si aspetta da noi questi momenti forti. Il Santo Padre è stato colpito dai tanti bambini, dai tanti giovani: una Sicilia giovane. Questo ci fa vedere che ci sono famiglie che credono, famiglie che rimangono unite, famiglie che vanno controcorrente. In una società che continuamente ci parla di scandali, di violenze intrafamiliari, di uccisioni, di difficoltà, se sia da tenere o no tenere il Crocifisso nei luoghi pubblici, noi abbiamo tenuto Cristo nelle nostre strade, il popolo era lì e questi sono i sentimenti del popolo.

    Sulle parole del Papa ai giovani, Salvatore Sabatino ha raccolto un commento anche da don Giuseppe Livatino, cugino del giudice Rosario Livatino, assassinato dala mafia il 21 settembre di 20 anni fa:

    R. – Io sono convito che queste parole incideranno parecchio nella coscienza di tanti siciliani e soprattutto di tanti giovani siciliani, lì è il futuro. Il “giudice ragazzino”, come veniva chiamato Rosario Livatino, vedeva sempre negli occhi dei giovani le condizioni per un futuro radioso di questa società. Il futuro di questa terra c’è veramente, c’è una possibilità di riscatto, c’è una possibilità anche di sviluppo.

    D. – Il giovane che si è presentato al Papa come rappresentante di “giovani siciliani” ha parlato dei giudici Falcone, Borsellino, di suo cugino... C’è davvero la voglia di rinascere...

    R. – Certamente, però questo attendono i giovani, una testimonianza ferma. Non possiamo dir loro quello che debbono e quello che non debbono fare, ma per primi dobbiamo farlo noi, nell’ambito in cui siamo arrivati ad operare: sia nella Chiesa, sia nelle Istituzioni democratiche, nelle famiglie, così come negli ambienti di lavoro.

    D. – La Chiesa ha sempre un ruolo importante, un faro in questa società. La Chiesa siciliana è stata sempre considerata una Chiesa di frontiera, ancora oggi è così?

    R. – E’ sempre così, certo. Perché una certa cultura diffusa dell’illegalità, radicata a tal punto che veramente occorre una Chiesa che continui ad avere il coraggio profetico di annunciare il Vangelo e di annunciarlo anche là dove possono corrersi dei rischi.

    D. – Gli stessi giovani hanno dimostrato al Papa invece, la voglia che hanno di restare, perché sono profondamente attaccati a questa splendida terra..

    R. – Oggi ci sono problemi ancora più grandi, mentre fino a qualche anno fa, c’era il problema grave, già grave di per sé, la disoccupazione. Adesso c’è un problema di lavoro nero, di lavoro sommerso e la Chiesa in tutto questo deve veramente sviluppare un coraggio profetico ancor maggiore, deve veramente essere a fianco, e là dove è necessario lottare questo tipo di fenomeni.

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    Benedetto XVI ai consacrati nella cattedrale di Palermo: salvaguardare l'identità del sacerdote

    ◊   L’impegno del sacerdote ispirato dalla carità di Cristo e la predicazione “eloquente” anche se in clausura di monaci e monache: di questo ha parlato ieri il Papa incontrando nella Cattedrale di Palermo i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i seminaristi. Ha ricordato Don Puglisi e ha raccomandato l’attenzione per i giovani. Il servizio di Fausta Speranza:

    Mai i giovani trovino le porte della chiesa chiuse! Così Benedetto XVI raccomanda ai sacerdoti “una particolare attenzione per il mondo giovanile”. Ricorda che Giovanni Paolo II in terra siciliana chiese proprio di spalancare le porte delle parrocchie perché i giovani possano aprire le porte del loro cuore a Cristo. Benedetto XVI lo sottolinea con decisione: “Il sacerdote non è per sé”, “il sacerdote è per i suoi fedeli: li anima e li sostiene – afferma – nel cammino di fede, nel coltivare la speranza, nel vivere la carità, l’amore di Cristo”. E poi il Papa sottolinea:

    “Non è il mondo a fissare il nostro statuto, secondo i bisogni e le concezioni dei ruoli sociali. Il prete è segnato dal sigillo del sacerdozio di Cristo, per partecipare alla sua funzione di unico mediatore e redentore”.

    Chi abbraccia il sacerdozio “non può restare lontano dalle preoccupazioni quotidiane del Popolo di Dio”, raccomanda il Papa, ma deve farlo sempre “nella prospettiva della salvezza e del Regno di Dio”:

    “Prostrato davanti a Gesù, qui in mezzo a voi, io ho chiesto di infiammare i vostri cuori con la sua carità, così che siete assimilati a Lui e possiate imitarlo nella più completa e generosa donazione alla Chiesa e ai fratelli”.

    Benedetto XVI sottolinea:

    “E’ essenziale per la Chiesa che l’identità del sacerdote sia salvaguardata, con la sua dimensione verticale”.

    E qui ricorda figure esemplari della Chiesa, in particolare della terra di Sicilia: Sant’Annibale Maria di Francia, il Beato Giacomo Cusmano, il Beato Francesco Spoto. Torna a ricordare don Puglisi, ucciso dalla mafia, per il quale è in corso il processo di Beatificazione. Benedetto XVI ne ricorda “il cuore che ardeva di autentica carità pastorale” e lo “zelante ministero”, sottolineando che “ha dato largo spazio all’educazione dei ragazzi e dei giovani” e si è adoperato“perché ogni famiglia cristiana vivesse la fondamentale vocazione di prima educatrice della fede dei figli”.

    E poi Benedetto XVI si rivolge a chi ha scelto altre forme di consacrazione a Dio e alla Chiesa. Si rivolge a monaci e monache di clausura, iniziando subito con un incoraggiamento estremamente significativo:

    “Cari fratelli e sorelle, continuate a seguire Gesù senza compromessi” .

    Il Papa è estremamente chiaro quando dice: “La vostra esistenza costituisce una predicazione assai eloquente anche se spesso silenziosa”. Parla di “un genere di vita antico e sempre nuovo nonostante la diminuzione del numero e delle forze”:

    “Abbiate fiducia, i nostri tempi non sono quelli di Dio e della sua Provvidenza. E’ necessario pregare e crescere nella santità personale e comunitaria. Il Signore poi provvede”.

    E le sue parole, pur se rivolte direttamente a chi ha consacrato la propria vita, sono preziose per qualunque cristiano, chiunque eserciti “il sacerdozio comune dei battezzati”, secondo una definizione che ricorre in un altro punto del discorso.

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    La stampa cattolica nell'era digitale: al via in Vaticano il Congresso internazionale organizzato dal dicastero delle Comunicazioni Sociali

    ◊   “Analizzare il contributo della stampa cattolica nell’attuale contesto mondiale fortemente influenzato e marcato dalle nuove tecnologie che spingono verso la multimedialità”. Questo l’obiettivo del Congresso della stampa cattolica organizzato dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, da oggi fino a giovedì. A spiegarlo è stato il presidente del dicastero vaticano, l'arcivescovo Claudio Maria Celli, che ha aperto stamani i lavori. Partecipano oltre 200 giornalisti ed esponenti dei media di 85 Paesi: dall’Europa all’Africa, ma anche dall’Asia, tra cui esperti dello Sri Lanka e della Giordania. Mons Celli ha sottolineato che “in una società sempre più multiculturale e multireligiosa il servizio reso dalla stampa cattolica deve svolgersi nel contesto di un articolato, serio e rispettoso dialogo culturale, dove emergono ‘le verità degli altri’ e, in pari tempo, risplende senza timore la verità integrale sull’uomo”. Si è poi soffermato sulle “note e dolorose vicende degli scandali sessuali cui la stampa ha dato ampia eco”, affermando: “Da questi fatti e da questi episodi difficili e dolorosi deve emergere in tutta la comunità credente una maggior decisione di seguire il Signore e di porsi a servizio dell’uomo con una ancora più forte testimonianza di vita”. Luca Collodi ha chiesto al presule in che modo la stampa cattolica possa seguire al meglio il dibattito pubblico, politico, sociale:

    R. – Io penso che innanzitutto dobbiamo domandarci chi è il cattolico, nel mondo di oggi. Perché? Perché poi la stampa obbedirà esattamente anche a questa domanda iniziale. Direi che è colui che ha nel suo cuore questa fedeltà e questa appartenenza a Gesù Cristo, colui che condivide con altri uomini il cammino sulle stesse strade e che, tuttavia, deve sentire molto più profondamente l’amore per la città, per la polis. Per noi ciò è importante, perché oggi la stampa cattolica può aiutare a vedere, ad analizzare, a comprendere i problemi che gli uomini di oggi devono affrontare quotidianamente e, nello stesso tempo, perché li affronta anche alla luce di un messaggio evangelico. Quindi, direi che il nostro problema non è tanto quello di lasciarci assorbire – quindi quasi "diluirsi", scomparire nel tessuto sociale – ma, in questo tessuto sociale, apportare la grande competenza professionale, un’attenzione profonda ai vari problemi: però letti, vissuti, partecipati, condivisi con questa profonda ispirazione cristiana, evangelica. E questo, per me, è fondamentale, oggi.

    D. – Eccellenza, spesso si dice – in ambienti giornalistici e almeno in Italia, in Europa – che spesso la stampa cattolica evita argomenti controversi su cui c’è polemica, non ne parla, cerca in qualche modo di abbassare lo sguardo. Lei cosa ne pensa?

    R. – Uno dei temi del nostro Congresso sarà proprio “La stampa cattolica e la problematica delle controversie esistenti oggi sul tappeto”. Io penso che a volte noi manchiamo di una certa dimensione profetica, o alle volte è alquanto debole, e questo è innegabile. Ci sono non pochi problemi sul tappeto. E credo che a volte non sia così facile percepire quale sia il ruolo, il punto di riferimento per noi. Però, io credo che la stampa cattolica debba essere una voce onesta, precisa, che sappia parlare con tutti. Credo che noi, qui, dobbiamo anche recuperare la dimensione di un dialogo aperto a tutti nel rispetto, con una capacità profonda di saper dialogare con le verità degli altri. E qui credo che proprio la stampa cattolica debba svolgere una sua funzione di mediazione, proprio perché viviamo una realtà sociale sempre più multiculturale e multireligiosa. Ritengo allora che la stampa cattolica non debba rivolgersi soltanto alla comunità, ma debba avere una sua dimensione di apertura, di attenzione, di ascolto. Che sappia dialogare nel rispetto con tutti, ma facendo sempre emergere quello che è il punto di riferimento per noi, della comunità cattolica, nel cammino della vita. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

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    La Beatificazione a Parma di Madre Teresa Adorni, definita dal Papa "Rosario Vivente"

    ◊   È il ritratto di una donna esemplare nell’esercizio della virtù dell’umiltà, che seppe illuminare con la fede il periodo più brutto della sua vita, quello di Anna Maria Adorni, la cui cerimonia di Beatificazione è stata celebrata ieri pomeriggio nella cattedrale di Parma. Anche Benedetto XVI ha voluto ricordarla nell’Angelus, con il nome con cui veniva chiamata: “Rosario Vivente”, proprio all’inizio del mese dedicato al Santo Rosario. Il servizio è di Roberta Barbi:

    Una perla di Parma, città che racchiude in sé “oltre alle sue gemme artistiche come la Cattedrale e il Battistero”, anche “capolavori di santità”. Così ha esordito mons. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, alla cerimonia di Beatificazione di Anna Maria Adorni, madre che conobbe il dolore della perdita di cinque dei sei figli, e che, rimasta vedova, si consacrò come religiosa. Una vita dedicata all’aiuto del prossimo, in particolare delle donne detenute, nelle quali Madre Adorni - che univa a fede, fortezza e carità l’esercizio dell’umiltà - riusciva a vedere il volto di Gesù:

    “Morto il marito nel 1844, Anna Maria si consacrò al Signore in un apostolato di riabilitazione delle detenute, allora emarginate dalla società. A questa urgenza ella venne incontro con l’aiuto di altre signore, che formarono il primo nucleo del suo Istituto. Sorse così l’Istituto del Buon Pastore, e poi la fondazione della Congregazione delle Ancelle di Maria Immacolata, il cui carisma è proprio l’aiuto alle carcerate e alle ex detenute”.

    Una donna che guardava al bene da fare, non al bene fatto, generosa nell’arte del dono. Molti ammiravano la sua povertà eroica e la consultavano, perché bastava avvicinarla per sentirsi rinnovati. L’incontro con Madre Adorni contagia tutti nella santità e sprona alla virtù: è un incontro di grazia che trasmette il desiderio di essere migliori. “I Santi hanno spesso quel compito provvidenziale di individuare e di venire incontro con immediatezza alle carenze umane e spirituali di persone e istituzioni”, ricorda mons. Amato:

    “Ancora una volta la santità di un battezzato ha una ricaduta positiva nel sociale. La nostra Beata si è curvata ad assistere le detenute e ad aiutarle ad inserirsi nella società. Trasmette il desiderio di essere attenti alle esigenze del prossimo bisognoso. Per esempio, per le Ancelle la Beatificazione è un segno divino sul loro prezioso apostolato di carità. Fedeli al carisma della Madre, esse continuano ad assistere ragazze e giovani donne, italiane e straniere, in situazioni di difficoltà”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La Sicilia che respira: in prima pagina, un editoriale del direttore sulla visita di Benedetto XVI a Palermo.

    La missione non è ricerca di nuove tecniche ma servizio al Vangelo di Cristo: il Papa ai vescovi della regione Norte I e Noroeste della Conferenza episcopale brasiliana.

    Dimensione comunitaria dei diritti umani: nell'informazione internazionale, intervento della Santa Sede, a Ginevra, sulla libertà religiosa.

    Tra il Sahara e Spello con la libertà di un bambino: in cultura, nel centenario della nascita di Carlo Carretto, l'articolo di Piersandro Vanzan appena uscito su "La Civiltà Cattolica".

    Il rosario, preghiera per la società moderna: nell'informazione religiosa, il cardinale Giovanni Battista Re a Pompei per la supplica alla Vergine.

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    Oggi in Primo Piano



    A Barcellona, l'incontro "Uomini e religioni" della Comunità di Sant'Egidio: solo il dialogo schiude ai popoli le porte della pace

    ◊   Medio Oriente, Africa, Europa. I tre punti fondamentali sui quali ruota l’edizione 2010 dell’incontro internazionale per la pace organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio e in corso a Barcellona. Nel messaggio di apertura, il fondatore di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, ha ribadito come quel dialogo, apparso come una pericolosa ingenuità dopo gli attentati del 2001, oggi si dimostra necessario per un mondo che altrimenti sarebbe peggiore. Da Barcellona, Francesca Sabatinelli.

    Nel 1989, con la fine della Guerra fredda, la pace sembrò a portata di mano. L’11 settembre di 12 anni dopo “rivelò l’abisso di violenza su cui scorreva la storia”. Il mondo del nuovo millennio “si scopriva frammentato in tante identità, si volevano arruolare le religioni sotto le bandiere del conflitto”. La comunità di Sant’Egidio si stringe attorno alle parole del suo fondatore Andrea Riccardi, in apertura di questo appuntamento di preghiera e dialogo organizzato dalla Comunità che 24 anni fa ha scelto di prendere il testimone lasciato da Giovanni Paolo II con l’incontro ad Assisi di tutte le religioni mondiali. La domanda posta da Riccardi ai presenti, rappresentanti della Chiese cristiane e delle grandi religioni, esponenti del mondo della cultura e della politica internazionale, ha sempre accompagnato gli appuntamenti di Sant’Egidio: dove porta la cultura della guerra? “Fallita, anche quando voleva portare la pace”, è la risposta. In questi anni si è seminato odio, fanatismo, “molte vite sono state sprecate, non si è lottato contro le grandi povertà”. Si praticano ancora violenza e terrorismo.

    Di qui, l’appello a tutti, soprattutto agli uomini di religione, a non cedere alla “rassegnazione che significa ripiegamento sul proprio interesse individuale, di gruppo”. Occorre ricostruire la famiglia di civiltà e religioni diverse, affermare la dignità delle differenze che non si devono mai drammatizzare, perché può divenire un “gioco pericoloso per il clima dei Paesi, anche se elettoralmente può sembrare redditizio”. Ecco che quindi, insiste Riccardi, i rom non sono “una minaccia, ma un problema da affrontare con pazienza e impegno”, e “l’integrazione degli immigrati è un compito epocale da svolgere con intelligenza”. Bisogna avere il coraggio di forzare un tempo nuovo, è la conclusione, capace di fondare in senso spirituale una stagione di pace: e questo perché ''con la forza debole della fede si può costruire con coraggio un mondo che sia famiglia di popoli”.

    L’appuntamento con Sant’Egidio ieri si era aperto negli stretti vicoli di Barcellona, con una Santa Messa celebrata nella basilica di Santa Maria del Mar, dal'arcivescovo della Città, il cardinale Lluís Martínez Sistach. Accanto a lui, sull’altare, il metropolita ortodosso russo Filaret, esarca di Bielorussia. Per loro, così come si legge nel messaggio del Papa, il dialogo e la fede sono la risposta alle difficoltà di un mondo contemporaneo in cui prevalgono conflitto e scetticismo. Francesca Sabatinelli ne parla nell'intervista al cardinale Sistach.

    R. - Il dialogo è l’unica strada per arrivare all’autentica pace, a un buon rapporto tra i popoli e tutte le persone. C’è la tentazione di lasciare o dimenticare il dialogo; pare che non sia efficiente, efficace, ma è l’unica strada, perché le altre strade non portano alla pace, portano soltanto all’interesse dei gruppi, delle parti. Credo che dobbiamo lavorare molto in questo senso e la Comunità di Sant’Egidio lo sta facendo con lo spirito di Assisi, lo stesso con il quale Giovanni Paolo II nel 1986 ha convocato tutti i leader delle religioni più importanti del mondo. Credo che dobbiamo seguire questa strada, perché penso che nella Chiesa e nel mondo siano molte di più le cose che non si vedono che quelle che si vedono: ci sono tante cose buone che non si vedono. Penso che questi 25 incontri abbiano dato molti frutti: alcuni, molti, li vediamo, ma ce ne sono anche molti che non vediamo ma che ci sono.

    D. - Questo appuntamento qui a Barcellona, eminenza, è molto importante anche per il dialogo ecumenico, come tutti gli appuntamenti di Sant’Egidio. Sull’altare con lei c'era un esponente del Patriarcato di Mosca…

    R. - E’ stato un momento molto commovente, certamente. Abbiamo condiviso l'omelia e poi ci siamo dati un abbraccio: l’abbraccio del cuore, l’abbraccio dell’amore, l’abbraccio della fraternità. Arriveremo un giorno anche all’abbraccio per l’Eucaristia, della piena comunione, siamo sulla buona strada. C’è in tutta l’Europa una grande e grave crisi di speranza ed di questa risente maggiormente la gioventù. Credo che il cristianesimo e tutte le altre religioni debbano alimentare la speranza. Però, è anche necessario che ci sia un posto, un luogo per le religioni in ambito pubblico perché oggi un certo laicismo culturale non lascia posto alle religioni, e una società democratica ha bisogno anche delle religioni.

    L’appello del Papa ai giovani a non cedere alle suggestioni della mafia ha avuto vasta eco anche a Barcellona, al Meeting organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. Presente all'appuntamento nella città catalana anche l’arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe, il cui impegno pastorale ha contemplato da sempre il contrasto alla criminalità organizzata. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:

    R. - Sappiamo come tutte le forme mafiose - camorra, ecc. - cerchino in qualche maniera non solo di sostituirsi a quella che è la legalità di una società, di una comunità che vuole crescere, ma di dare anche l’insegnamento opposto, contrario a quello che è il Vangelo. Tra poco, pubblicheremo la guida per la disciplina dei Sacramenti, dove dico che è proibito per loro fare da padrini, proibito per loro partecipare a tutte quelle che sono le funzioni anche sacramentali, perché è la dottrina opposta all’anima del Vangelo, che è fondata sulla giustizia e sulla carità. In loro, invece, c’è solo sopraffazione, schiavitù. Allora, bisogna trovare insieme tutte quelle sinergie che possano contrastare metodi che tendono a rompere la società attraverso un’offerta che, in un primo momento, può apparire un’offerta di lavoro, ma che poi si rivela per ciò che è: un lavoro di morte. Dobbiamo battere su questa realtà e soprattutto, evitare che i giovani possano essere presi da questa rete che soffoca e uccide.

    D. - Le parole del Papa a Palermo hanno entusiasmato proprio i giovani e, spesso, molto spesso, anche quando lei parla e dice cose analoghe, si rivolge ai giovani che accolgono sempre con molta apertura…

    R. - Vedo che c’è tanto entusiasmo. Ci chiedono che li si accompagni, che si stia vicini, che nei momenti difficili ci si possa veramente aprire e, soprattutto, che si diano dei segni concreti. Perché basta con le parole, basta con le chiacchiere, basta con i progetti campati in aria. Nell'arcidiocesi, per esempio, abbiamo realizzato un progetto microcredito per i giovani: prestiamo 20 mila euro senza interessi perché realizzino dei progetti. Abbiamo fatto la casa per le donne e i bambini abbandonati, per tenerli insieme. Sono tanti piccoli segni. Abbiamo fatto dei centri informatici nelle parrocchie. Ogni anno 50, 60 giovani vengono recuperati; riusciamo a integrarli e a fargli percorrere una strada di legalità e di civiltà.

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    Il Nobel della medicina a Robert Edwards, pioniere della fecondazione in vitro. Lucio Romano: premiata una tecnica che riduce l'uomo a "prodotto"

    ◊   “Un’assegnazione che disattende tutte le problematiche di ordine etico e che rimarca che l’uomo può essere ridotto da soggetto ad oggetto”. Così il presidente dell’Associazione Scienza e Vita, Lucio Romano, ha commentato l’assegnazione oggi del Nobel per la medicina all’inglese Robert Edwards ''per lo sviluppo della fecondazione artificiale''. Il prof. Romano sottolinea anche l’inaccettabilità delle tecniche di fecondazione in vitro, che comportano la “selezione e soppressione di esseri umani allo stato biologico di embrioni”. Massimiliano Menichetti lo ha intervistato.

    R. - Teniamo conto che Edwards segna la storia, perché pratica il passaggio delle tecniche dal mondo degli animali - vale a dire dove, nell’applicazione degli allevamenti, venivano già da tempo messe in essere tecniche di fecondazione artificiale - all’ambito umano. Ma questo non significa assolutamente che ciò, nel suo complesso, rappresenti un progresso dell’uomo nella sua visione globale. E’ un Premio Nobel che deve essere assolutamente preso in considerazione in ragione di un’analisi anche di ordine etico, che a me sembra, attraverso un’assegnazione così decisa del premio stesso, venga a disattendere tutte le problematiche di ordine etico ad esse connesse.

    D. - Quando si parla di fecondazione "in vitro" non si può non parlare del destino degli embrioni. Che cosa gli accade?

    R. - Sia per quanto riguarda la selezione, il congelamento e lo scongelamento, evidentemente vanno incontro a morte. Stiamo parlando di vite umane, di esseri umani allo stato biologico di embrione che vengono soppressi per una procedura che è sicuramente selettiva. In altre nazioni, viene preso in notevole considerazione il ricorso anche alla cosiddetta diagnosi genetica preimpianto, con ulteriore selezione degli embrioni, secondo caratteristiche preordinate, non soltanto di ordine biologico, ma anche di ordine sociale e culturale.

    D. - Un Premio Nobel di questo tipo sembra andare sempre di più verso una deriva, dove l’uomo è un oggetto e non è più un essere umano...

    R. - Sì, di un uomo che diventa non più un essere umano frutto di una procreazione, ma viene edificato come “prodotto del concepimento”: e sappiamo benissimo come questo tipo di termine, “prodotto del concepimento”, ufficializzi - così come viene usato nella prevalenza dei casi, in ambito ginecologico, in ambito biomedico - quella del riduzionismo antropologico di nuovo da soggetto a oggetto.

    D. - Questo, ad esempio, come ricade su problematiche come aborto ed eutanasia?

    R. - Quando si considera la vita di un essere umano non più come vita appartenente ad un soggetto, ma come vita della quale si può disporre, è evidente che si aprono tutti gli altri campi che non riconoscono la dignità della vita, della quale invece si può disporre in qualsiasi momento.

    D. - Edwards ha avuto il Nobel; non l’ha ottenuto Yamanaka sulle cellule staminali adulte, una ricerca che invece va verso la vita..

    R. - La ricerca di Yamanaka risponde a criteri di scientificità e di rigore etico, ma il segnale che ci perviene attraverso l’assegnazione del Premio Nobel indica una sorta di accettazione di tecniche che noi sappiamo essere caratterizzate e gravate da una molteplicità di problemi di ordine etico che possiamo definire insormontabile.

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    Assisi commemora San Francesco: protagonista delle celebrazioni 2010 la Regione Trentino Alto Adige–Südtirol

    ◊   Come ogni anno, Assisi per un giorno diviene cuore dell’Italia: la cittadina umbra commemora San Francesco, dal 1939 patrono della nazione. Ad offrire l’olio per la lampada dei Comuni italiani, che arde accanto alla tomba del Santo, quest’anno è il Trentino Alto Adige–Südtirol. Per l’occasione, presso il Museo della Porziuncola è stata allestita la mostra “Il poverello d’Assisi nell’arte trentina”. Questa mattina la solenne concelebrazione eucaristica nella Basilica Papale di San Francesco presieduta da mons. Luigi Bressan, arcivescovo metropolita di Trento. Al microfono di Paolo Ondarza, il presule spiega il valore della presenza ad Assisi dei vescovi del Trentino Alto Adige:

    R. – E’ anche un onore poter essere in rappresentanza di tutta l’Italia in questo momento anche tanto delicato, complesso, in cui si trova la situazione del nostro Paese: pensiamo ai travagli politici, ma pensiamo soprattutto alla sofferenza di tanti disoccupati e al tema dell’integrazione fra i popoli, di persone che arrivano da altre terre, da altri continenti.

    D. – Qual è il suo augurio all’Italia in questa ricorrenza?

    R. – I valori cristiani, i valori umani ma nutriti – appunto – della fede. Mi auguro che il valore della speranza, del coraggio, il valore del servizio al bene comune siano veramente i valori-guida per tutte le amministrazioni pubbliche, ma anche per i nostri fedeli, perché ciascuno di noi è chiamato ad assumere responsabilità anche di fronte agli eventi politici.

    D. – Potrebbe essere questa la risposta, oggi, a quel “Va e ripara la mia casa” che il Crocifisso di San Damiano suggerì al Poverello di Assisi?

    R. – Certamente. Cos’è la Casa di Dio? Siamo tutti noi e tutta l’umanità! E allora, ciascuno è chiamato ad andare, a non fermarsi. Ogni battezzato ha una responsabilità sia per la comunità cristiana ma, attraverso la comunità cristiana, per la società tutta intera.

    D. – A 150 anni dall’Unità d’Italia, perché è importante che tutto il Paese si stringa attorno a San Francesco d’Assisi?

    R. – San Francesco si dice il più italiano dei Santi e il più santo degli italiani: è perché ci dice un modello di vita, un modello di servizio totale, anche, verso gli altri; un modello che certamente non è ripiegato su di sé perché ha Cristo nel cuore. Sono dunque quei fondamenti della fede che egli ci aiuta a riscoprire per poi ripartire: “Va, prendi cura della mia casa, riparala!” Quindi, come San Francesco siamo inviati anche noi a collaborare per una società migliore, più fraterna, più vicina a quell’ideale che il Vangelo ci presenta.

    D. – Mons. Bressan, qual è la presenza francescana nella vostra terra?

    R. – Abbiamo vari monasteri: i Cappuccini, i Minori conventuali… Già ai tempi di San Francesco le Clarisse sono venute qui… Qui abbiamo una delle tre Regole delle Suore Clarisse che sono ancora preservate. Ed è stato un vescovo di origine trentina, mons. Nicolini, che nel 1939 ha ottenuto dal Santo Padre che San Francesco fosse dichiarato – appunto – Patrono di tutta la nostra nazione.

    D. – Ciò che colpisce chi visita la vostra regione e gode delle bellezze delle vostre montagne, è la presenza costante di simboli religiosi: colpisce perché altrove questi simboli vengono banditi o rimossi. Il vostro può essere dunque un esempio di società laica, ma nel contempo attaccata alle proprie radici cristiane?

    R. – Noi vorremmo soprattutto rafforzare la nostra fede nell’intimo dei nostri cuori, come del resto faceva San Francesco. Contribuire, sì, anche attraverso la magnificenza di quanto ci circonda. Già la natura ci parla di Dio. Poi, lungo i nostri sentieri, ci sono vari simboli: da una semplice croce, un piccolo capitello, una cappellina, le nostre chiese e i nostri paesi sono tutti marcati da campanili e – monumento principale, anche sotto l’aspetto artistico, normalmente – dall’edificio sacro, la chiesa.

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    Chiesa e Società



    Conclusa nel ricordo del cardinale Stepinac l’assemblea della Ccee a Zagabria

    ◊   Si è conclusa nel ricordo del Beato Alojzije Stepinac, a 12 anni dalla Beatificazione e a 50 dalla morte, l’Assemblea dei presidenti delle Conferenze episcopali europee (Ccee) riuniti a Zagabria. Il presidente della Ccee, cardinale Peter Erdö, nel citare la figura del porporato incarcerato per cinque anni a causa della sua fedeltà a Dio e uno dei membri della Chiesa che fu vittima del comunismo, come il cardinale Josef Mindszenty e il cardinale Stefano Wyszynski, ne ha sottolineato l’ “essere fedele fino al martirio, fino alla morte”. È “in tempi difficili e complessi come gli attuali che i Santi portano la luce di Cristo – ha detto il cardinale Erdö – sono nostri esempi e nostri patroni celesti. Noialtri cattolici possiamo rendere testimonianza di questa riconciliazione che può diventare una forza creatrice anche a livello sociale”. Infine, come riporta il Sir, il porporato ha espresso preoccupazione per l’epoca presente: "Nel mondo occidentale si manifestano segni preoccupanti di debolezza nel ragionamento intellettuale e di difficoltà nel prendere decisioni esistenziali come la scelta della professione, della vocazione sacerdotale o religiosa, del matrimonio" e si colgono anche "elementi di un relativismo che minaccia di privare la libertà del suo contenuto positivo e renderla un principio solamente formale". (R.B.)

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    La diocesi di Hong Kong contraria al controllo statale nell'educazione scolastica

    ◊   Nel prossimo dicembre, la Corte suprema di Hong Kong dovrà esprimersi sulla richiesta di revisione della legge sugli organi di gestione dell’educazione, varata nel 2004. Il ricorso in appello è stato avanzato dalla diocesi locale, che non ha mai accettato la legge che limita la proposta educativa dei gestori delle scuole, perché ritenuta incostituzionale e lesiva della libertà di educazione. In vista del pronunciamento, mons. John Tong, vescovo di Hong Kong, ha chiesto a tutti i fedeli di pregare di continuo per i politici che operano nel campo educativo. L’intenzione – riportata nel settimanale Sunday Examiner e ripresa da AsiaNews – è che essi “possano avere saggezza, visioni senza paraocchi, menti aperte, perché siano capaci di rispettare e apprezzare il credo e la morale alla base dell’educazione fra i diversi gestori – anche detti sponsoring bodies - e accolgano modi diversi di organizzare le scuole”. La nuova riforma scolastica – voluta dal governo dal 2002 e varata nel 2004 – prevede che in ogni scuola sovvenzionata da denaro statale vi sia un nuovo organismo, l’"Incorporate management committee" (Imc), nel quale vi sono rappresentanti eletti dei genitori e degli ex alunni, oltre a figure nominate dal governo. Essi sono gli ultimi responsabili dell’organizzazione della scuola. Sebbene il 60% dei rappresentanti dovrebbe essere scelto dagli sponsoring bodies (Sb), le Chiese cristiane temono che in questo modo la proposta educativa venga politicizzata: che il governo prima o poi venga a determinare i contenuti educativi e che infine gli Sb vengano emarginati. Per questo, cattolici, anglicani e metodisti pensano che la nuova riforma tenda a togliere responsabilità ai gestori della scuola (sponsoring bodies) limitando o eliminando la loro proposta educativa. Finora, solo metà delle 850 scuole finanziate dal governo hanno accettato di attuare l’Imc. (M.G.)

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    Emergenza Pakistan: situazione sanitaria in leggero miglioramento

    ◊   Continua l’impegno in prima linea della Caritas nel Pakistan devastato dalle alluvioni. Nonostante molti profughi restino sfollati nei campi, esclusi dagli aiuti ed esposti alle malattie, “nel campo dell’assistenza medica la situazione va lentamente migliorando”, come testimonia all’agenzia Fides Anila Gill, segretario esecutivo della Caritas Pakistan, che si occupa di oltre cinquemila famiglie in sette diocesi del Paese. Un aiuto decisivo viene dalle suore, centinaia, che lavorano al fianco dei medici. Da un punto di vista sanitario, le epidemie che seguono disastri come quello del Pakistan che ha coinvolto 20 milioni di persone, sono “inevitabili”, ma il lavoro dei professionisti e dei volontari ha evitato finora, nel Punjab, la diffusione della malaria e del colera, riducendo nel contempo i casi di scabbia e gastroenterite. Allo sforzo partecipa anche l’esercito, attivo con 40 campi medici che ospitano cinquemila pazienti a settimana e con veterinari che hanno somministrato vaccini a 65 milioni di capi di bestiame nel sud della regione. (R.B.)

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    Guinea Bissau. L’impegno della diocesi per l'anno pastorale: educare la coscienza morale

    ◊   Fedeli ignoranti “in materia di coscienza morale” e nuove generazioni che rischiano di crescere senza valori: sono queste le principali preoccupazioni espresse dal vescovo di Bissau, mons. José Camnate na Bissign, nel suo messaggio per il prossimo anno pastorale che sarà inaugurato con la Giornata missionaria mondiale, dedicata proprio alla formazione della coscienza morale. “Un buon numero di famiglie e la maggior parte delle scuole offre educazione agli alunni, ma non dà formazione; si insegna a guadagnare denaro, ma non come acquisire virtù”, esprime la sua apprensione il presule all’agenzia Fides. Mons. Na Bissign ha citato tra i pericoli della modernità la mentalità materialista e relativista, il crollo dei valori dell’educazione tradizionale africana a vantaggio di quelli della società moderna, i rischi connessi con il fenomeno della droga e quello dell’aborto, laddove viene inteso come strumento di pianificazione familiare. Il vescovo ha rivolto, quindi, un invito a tutta la diocesi ad approfondire nelle comunità il tema della formazione della coscienza morale, in modo da offrire una testimonianza cristiana più credibile e, a tal proposito, indica mezzi concreti come la lettura e la meditazione della Parola di Dio, l’esame di coscienza quotidiano, la preghiera e l’invocazione dei doni dello Spirito Santo, il recupero dell’autentico insegnamento della Chiesa. Tutti questi, infine, sono strumenti utili per affrontare le sfide che la società guineiana si trova davanti: politica, socioeconomica ed ecclesiale. (R.B.)

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    Il magistero di Giovanni XXIII al centro delle riflessioni dei “Mercoledì del Pime”

    ◊   “E venne un uomo. I punti forti del magistero di Giovanni XXIII a dieci anni della Beatificazione”, è il tema scelto per il ciclo d’incontri i “Mercoledì del Pime”, che si apriranno dopodomani al Centro Pime di Milano e scandiranno tutto il mese missionario. “Non poco di quell'evento e di quel Papa – spiega al Sir padre Massimo Casaro, promotore dell’iniziativa – è rimasto ad animare la Chiesa, invitandola a mantenere con il mondo, le sue culture, le sue religioni un rapporto di franca e coraggiosa solidarietà”. Per questo, continua, “in questo ottobre missionario e in occasione del decimo anniversario della Beatificazione di Papa Giovanni XXIII, vorremmo riprendere in mano il Concilio partendo dagli elementi caratteristici del Pontificato giovanneo, in particolare l’ecumenismo, il dialogo con il mondo ebraico e la carità verso i sofferenti e i poveri”. Ad inaugurare i Mercoledì, il 6 ottobre alle 21, sarà lo storico Alberto Melloni che parlerà della “Gaudet mater Ecclesia”. Il 13 ottobre, Giuseppe Laras, presidente del Tribunale Rabbinico del Centro-Nord Italia, interverrà sulle radici ebraiche nel cristianesimo. A seguire (20 ottobre), il pastore valdese Paolo Ricca offrirà una riflessione sulla diversità come ricchezza e sulla “collaborazione con il mondo protestante”. Infine, il 27 ottobre il filosofo Giuseppe Grampa affronterà il tema del “rapporto di franca e coraggiosa solidarietà con il mondo”. (M.G.)

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    Al "Laurentianum" di Mestre un insolito percorso tra spiritualità e arte

    ◊   Quattro incontri all’insegna del connubio tra fede e arte, prenderanno il via domani, e per i tre martedì successivi, all’Istituto di cultura Laurentianum di Mestre, Venezia. Il percorso artistico-spirituale, intitolato “Angeli e patroni per la vita buona della città” condurrà i partecipanti per mano alla scoperta di Caravaggio, Giotto, San Michele e San Francesco, un ritorno alle “radici della convivenza urbana raccontata dall’arte”, scrive il Sir. A fare da guida lo storico dell’arte e curatore di mostre, Roberto Filippetti, che racconterà in modo originale anche Van Gogh, Leopardi, Manzoni, Pascoli, Montale, Pirandello e Ungaretti e in compagnia del quale saranno toccati temi importanti, come le scelte fatte dall’arte per raffigurare la città “buona”, quella che si richiama a Dio, e quella “cattiva”, ma anche i concetti di “patria, patrono e patrimonio”. Il 25 ottobre, infine, serata conclusiva con mons. Timothy Verdon, insigne esperto, canonico della cattedrale di Firenze e direttore dell’Ufficio diocesano per la Catechesi attraverso l’arte. (R.B.)

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    24 Ore nel Mondo



    Allarme terrorismo: allerta non solo da Europa e Stati Uniti ma anche dal Giappone

    ◊   Resta alto l’allarme terrorismo per gli stranieri in Europa. Dopo gli Stati Uniti anche il Giappone oggi ha diramato l’allerta rivolto ai suoi concittadini. Il pericolo maggiore, secondo l’intelligence americana, sarebbe a Parigi e Berlino, ma anche le altre capitali europee non sarebbero al sicuro da eventuali attacchi. La lista dei possibili obiettivi, che comprende luoghi turistici e mezzi di trasporto pubblici, sarebbe stata resa nota da un cittadino tedesco-pachistano detenuto nel carcere di Bàgram, in Afghanistan. Attenzione massima a Parigi, Berlino e Londra ma nessuna misura straordinaria sul fronte della sicurezza. Su questa nuova minaccia Stefano Leszczynski ha intervistato Emanuele Schibotto, coordinatore della rivista di Geopolitica e Relazioni Internazionali Equilibri.net:

    R. - Negli ultimi 10 anni effettivamente la minaccia terroristica ha preso più forza, chiaramente dopo l’11 settembre ma c’erano segnali ben precedenti all’11 settembre. Ma c’è anche un grande interesse mediatico, se vogliamo, quindi anche una sovraesposizione mediatica al fenomeno del terrorismo.

    D. - Ecco, tuttavia, l’allarme arriva in una forma molto attendibile e viene anche presa molto sul serio dai governi europei …

    R. - La minaccia è seria. È seria perché il terrorismo cerca di colpire l’Europa perché, evidentemente, può essere un bersaglio più facile, se vogliamo, rispetto agli Stati Uniti; può essere più facile perché le misure di sicurezza sono certamente molto elevate ma l’Europa non è un’entità unica. Ad esempio, non esiste ancora una banca dati completa sul terrorismo.

    D. - A rendere un po’ indefinita la minaccia c’è anche il fatto che è cambiata un pò la dislocazione geografica delle centrali del terrore …

    R. - Senz’altro. Rimane l’Afghanistan, chiaramente, c’è anche il Pakistan che sempre più, purtroppo, viene definito dagli studiosi come uno Stato che non controlla totalmente o anche parzialmente il proprio territorio. In poche parole, si avvia ad essere un Paese senza un dominio di imperio da parte dello Stato. È molto preoccupante perché il confine molto poroso tra l’Afghanistan e il Pakistan è uno dei centri del terrorismo.

    D. - Spesso, però, le cellule operative sono composte da persone che risiedono già in Occidente da molto tempo …

    R. – Ci sono pareri contrastanti, chiaramente. C’è chi punta il dito alla fallita integrazione. C’è chi invece sostiene che sia un problema legato al senso di cittadinanza, all’importanza legata ai valori dello Stato da parte del cittadino e anche dell’immigrato, di conseguenza. Quindi, molto probabilmente c’è un problema alla base in Europa.

    Nato Pakistan
    Appello del segretario generale della Nato Rasmussen al Pakistan per consentire il transito dei convogli della missione Isaf verso l’Afghanistan. Islamabad ha ordinato la chiusura dei valichi nei giorni scorsi dopo un incidente alla frontiera che ha provocato la morte di tre soldati pakistani. Rasmussen si è detto dispiaciuto per l’accaduto. Intanto i talebani hanno rivendicato il duplice assalto ai camion di rifornimento della Nato, avvenuto tra ieri e venerdì nella zona della capitale pakistana.

    Afghanistan
    Sul versante afghano le forze internazionali proseguono la lotta contro la guerriglia. Sono 21 i leader dei talebani catturati nell’ultimo mese nell’ambito dell’operazione denominata ‘Cooperazionè lanciata nella zona di Kandahar. I dati sono stati diffusi stamattina a Kabul dai vertici Isaf, secondo i quali i ribelli stanno perdendo la propria forza nel sud del Paese.

    Medio Oriente
    Sale la tensione in Medio Oriente. La notte scorsa è stata incendiata una moschea a sud di Betlemme. La stampa palestinese punta il dito contro i coloni israeliani che in questo modo vorrebbero spingere i vertici dello Stato Ebraico a non estendere la moratoria sugli insediamenti in Cisgiordania. Dal canto suo l’Autorità nazionale palestinese ha condannato l’assalto, parlando di escalation contro il popolo arabo.

    Siria-Libano
    La Siria ha spiccato 33 mandati di cattura contro esponenti politici, ufficiali delle forze di sicurezza e giornalisti libanesi e di altri Paesi arabi per “falsa testimonianza” nell’inchiesta sull’assassinio dell’ex premier libanese Rafiq Hariri, avvenuto nel 2005. L’indagine, condotta da una commissione Onu, punta il dito contro alti funzionari siriani e libanesi, tuttavia Damasco ha sempre negato ogni coinvolgimento nel crimine. Secondo gli analisti questa decisione rischia di alimentare le tensioni con Beirut.

    Brasile elezioni
    In Brasile sarà il ballottaggio - in programma il 31 ottobre - a decidere il nome del prossimo presidente del Paese. La candidata del Partito dei Lavoratori, Dilma Roussèf, ha vinto con il 46 per cento dei voti che però non le consente di evitare il secondo turno. Affronterà il social democratico Josè Serra, che ha conquistato il 33% delle preferenze. Il servizio è di Francesca Ambrogetti:

    “Affronteremo con molta energia questa nuova battaglia”, ha affermato l’ex guerrigliera nel commentare i risultati. Poi ha ribadito il suo programma: sostenere la crescita economica intensificando gli interventi sociali, per un Brasile con meno poveri. Ma i riflettori sono ora puntati su un’altra donna, Marina Silva, la candidata del partito verde, che ha ottenuto a sorpresa il 20 percento dei voti. Ha annunciato che i verdi faranno un’attenta valutazione dei programmi dei due candidati in lizza. Il suo partito, sostengono alcuni osservatori, potrà avere un goal importante per la protezione dell’ambiente, in un Brasile che si prepara ad affrontare nuove sfide, lo sfruttamento del petrolio nelle piattaforme sottomarine e le infrastrutture per i mondiali e le Olimpiadi. Anche l’antipolitica ha avuto il suo successo, il più votato dei candidati al Parlamento è stato un clown, popolarissimo alla televisione, e due noti calciatori, campioni del mondo del ’94, che hanno vinto nelle circoscrizioni dove si sono presentati.

    Bosnia Elezioni
    Importante tornata elettorale ieri anche in Bosnia, per la scelta dei presidenti delle tre entità del Paese. I dati non sono ancora definitivi tuttavia segnalano il vantaggio di Izetbegovic su Silàjdzic fra i musulmani, mentre si avviano a essere riconfermati gli altri due membri uscenti della presidenza tripartita, il croato Komsic e il serbo Radmanovic.

    Somalia-scontri
    Nuovi scontri a Mogadiscio, la capitale della Somalia, tra i ribelli Shabaab e le truppe regolari. Almeno 14 morti e decine di feriti, secondo media locali. I combattimenti, scoppiati ieri sera, quando i miliziani hanno attaccato postazioni dei militari, si sono intensificati in mattinata soprattutto nel distretto di Hodan.

    Nigeria
    In Nigeria i servizi segreti hanno annunciato l’arresto di nove persone in relazione agli attentati di sabato ad Abuja che hanno provocato 12 morti durante le celebrazioni per i 50 dell’indipendenza. Secondo il presidente Jonathan, i ribelli del Mend non hanno alcuna responsabilità negli attacchi. Anche un ex membro del gruppo, arrestato in Sudafrica e che oggi sarà sentito dai giudici, ha negato qualsiasi coinvolgimento. Sul tragico episodio è intervenuto l’arcivescovo di Abuja, mons. Onaiyekan, che si è detto “preoccupato” per un fatto mai “verificatosi prima nella storia della capitale”.

    Immigrazione-Italia-Libia-Ue
    Sbarco di clandestini all’alba sul litorale di Latina. Si tratta di 70 persone, di nazionalità egiziana e tunisina, giunte sulla costa a bordo di un gommone e di un barcone di 20 metri. Le forze dell’ordine sono alla ricerca di alcuni immigrati che si sarebbero dileguati nell’entroterra dopo l’arrivo. Intanto, proprio il tema dell’immigrazione è al centro dell’odierna missione in Libia di due commissari Europei, Fule e Malstrom, attesi a Tripoli nel quadro dei colloqui in vista della firma di un Accordo quadro di cooperazione.

    Economia Ue-Asia
    Al via oggi a Bruxelles il vertice Asem tra i Paesi Ue e quelli asiatici, che riunirà i rappresentanti di oltre 40 Paesi dei due continenti, tra cui Cina, India e Russia. In cima all’agenda le relazioni commerciali, ma anche le questioni ambientali, la stabilità monetaria e la riforma del Fondo monetario internazionale in cui i Paesi emergenti dell’Asia vorrebbero essere adeguatamente rappresentati.

    Spagna disoccupazione
    A settembre la disoccupazione in Spagna è cresciuta dell’1,2 per cento rispetto al mese di agosto. Lo ha fatto sapere il ministero del Lavoro di Madrid, precisando che i disoccupati nel Paese hanno superato quota 4 milioni. Si tratta del secondo mese consecutivo di crescita del dato, aumentato su base annua dell’8 e 3 per cento.

    Cina-diritti umani
    Apertura della Cina nel campo dei diritti Umani. Il primo ministro Wen Jabao, in un’intervista alla Cnn, ha dichiarato che la “libertà d’espressione è indispensabile in ogni Paese”. Secondo Jabao la Cina sta facendo enormi progressi e “il desiderio di democrazia e libertà da parte del popolo è irrefrenabile”. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 277

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