Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 03/10/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa alla Sicilia: vivi con coraggio la speranza del Vangelo, soccombono coloro che confidano nel potere e nella violenza
  • All’Angelus Benedetto XVI ricorda la Beatificazione a Parma di Anna Maria Adorni, testimone dell’amore di Dio tra le donne carcerate
  • Il popolo di Dio in Sicilia unito nel promuovere la rinascita dell'isola
  • Le religioni siano strumento di pace: così il Papa nel messaggio per l’incontro di Sant’Egidio a Barcellona
  • Oggi in Primo Piano

  • Oggi la Germania festeggia 20 anni di Riunificazione
  • Assisi celebra il Transito di San Francesco. Claudia Koll premiata dai Frati Minori
  • Al Santuario di Pompei, oggi la supplica alla Regina del Santo Rosario
  • Eccezionale trapianto all'ospedale Bambino Gesù: un cuore artificiale a un quindicenne
  • Chiesa e Società

  • Sterminata una famiglia cristiana in Pakistan: uccisi un avvocato, sua moglie e i cinque figli
  • Giornata Mondiale dell'Habitat: l'invito a rendere migliori per tutti le nostre città
  • Meeting di Rimini in trasferta al Cairo: due giorni per parlare di "bellezza"
  • Confraternite italiane a Roma a Novembre per il XIX Cammino Nazionale di Fraternità
  • A Torino il terzo “appuntamento mondiale” dei giovani per la pace
  • Timor Est: i Carmelitani da 11 anni in prima linea negli aiuti alla popolazione locale
  • 24 Ore nel Mondo

  • Due bambini uccisi in Afghanistan. La Nato avverte: sempre più civili tra le vittime
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa alla Sicilia: vivi con coraggio la speranza del Vangelo, soccombono coloro che confidano nel potere e nella violenza

    ◊   Benedetto XVI è giunto questa mattina a Palermo, per il suo 21.mo viaggio pastorale in Italia, in occasione del raduno regionale ecclesiale delle famiglie e dei giovani. Accolto con grande affetto e gioia, il Pontefice ha presieduto la concelebrazione eucaristica sulla spianata del Foro Italico, davanti ad oltre 200mila persone giunte da tutta la Sicilia. Nel pomeriggio, poi, altri due appuntamenti importanti: l’incontro con la Chiesa siciliana in Cattedrale, e quello con i giovani in Piazza Politeama. Il rientro in Vaticano è previsto in serata. Il servizio del nostro inviato a Palermo, Salvatore Sabatino:

    (musica)

    Una città in festa accoglie Benedetto XVI. Una città che lo attendeva con trepidazione, per riporre nelle sue mani le speranze per un futuro migliore. Il Papa, atterrato a Punta Raisi, giunge al Foro Italico tra due ali di folla; qui ad accoglierlo sono in oltre 200mila, assiepati davanti ad un grande palco bianco. Al Papa, innanzitutto, va l’indirizzo di saluto del sindaco di Palermo, Diego Cammarata, che evoca l’antico nome della città Panormos, “tutto porto”, che racchiude lo spirito di diversità, accoglienza ed integrazione in cui affondano le radici di questa città millenaria. Non manca, il primo cittadino, di sottolineare le tante piaghe della città:

    “Certo questa Terra, Santità, vive ancora tante sofferenze, sentite con maggiore intensità dalle fasce più deboli che stentano a condurre una vita dignitosa e tranquilla”.

    “Palermo, però – aggiunge - eredita un patrimonio di fede che, pur in mezzo alle intemperie della contemporaneità, sa infonderle coraggio e speranza. Palermo, che non si è mai rassegnata alla violenza della mafia, crede e non cessa di credere”.

    (applausi e canto)

    Anche l’arcivescovo di Palermo, mons. Paolo Romeo, non manca di sottolineare i tanti problemi che affliggono questa terra: un sempre crescente tasso di disoccupazione, il disagio delle fasce sociali più deboli, il dramma della criminalità organizzata, l’immobilismo sociale e culturale, come pure una gestione politica discontinua e poco attenta alla problematica dell'alta disoccupazione giovanile. Ma la speranza c’è ed è grande…

    “Ma davanti alla Santità Vostra, oggi, sta soprattutto la ricchezza del futuro in mano ai giovani e alle famiglie, che, animati dalla forza della fede, si sentono spinti a testimoniare con rinnovato impegno l’amore di Dio verso tutti gli uomini, specialmente nelle attuali situazioni e congiunture, tanto problematiche e dolorose”.

    (applausi e canto)

    Speranze riposte nella presenza del Pontefice, che durante l’omelia ringrazia per il grande affetto mostrato dalla città. “Sono venuto – afferma - anche per condividere con voi gioie e speranze, fatiche e impegni, ideali e aspirazioni di questa comunità diocesana”. Il mio augurio - aggiunge poi il Pontefice - è che veramente questa Città, ispirandosi ai valori più autentici della sua storia e della sua tradizione, sappia sempre realizzare per i suoi abitanti, come pure per l’intera Nazione, l’auspicio di serenità e di pace sintetizzato nel suo nome. Poi la consapevolezza dei tanti problemi che affliggono l’isola. So che a Palermo – afferma il Papa - come anche in tutta la Sicilia, non mancano difficoltà, problemi e preoccupazioni: penso, in particolare, a quanti vivono concretamente la loro esistenza in condizioni di precarietà, a causa della mancanza del lavoro, dell’incertezza per il futuro, della sofferenza fisica e morale e, come ha ricordato l’arcivescovo, a causa della criminalità organizzata:

    “Oggi sono in mezzo a voi per testimoniare la mia vicinanza ed il mio ricordo nella preghiera. Sono qui per darvi un forte incoraggiamento a non aver paura di testimoniare con chiarezza i valori umani e cristiani, così profondamente radicati nella fede e nella storia di questo territorio e della sua popolazione”.

    (applausi)

    Tutti i testi della liturgia di questa domenica – aggiunge Benedetto XVI - ci parlano della fede, che è il fondamento di tutta la vita cristiana. Gesù ha educato i suoi discepoli a crescere nella fede, a credere e ad affidarsi sempre di più a Lui, per costruire sulla roccia la propria vita. Per questo essi chiedono, “accresci in noi la fede”:

    “I discepoli non chiedono doni materiali, non chiedono privilegi, ma chiedono la grazia della fede, che orienti e illumini tutta la vita; chiedono la grazia di riconoscere Dio e di poter stare in relazione intima con Lui, ricevendo da Lui tutti i suoi doni, anche quelli del coraggio, dell’amore e della speranza”.

    Il Pontefice cita poi l’immagine paradossale a cui ricorre Gesù per esprimere l’incredibile vitalità della fede. Come una leva muove molto più del proprio peso, così la fede, anche un pizzico di fede, è in grado di compiere cose impensabili, straordinarie, come sradicare un grande albero e trapiantarlo nel mare. Benedetto XVI parla quindi della testimonianza del profeta Abacuc nella prima lettura. Egli implora il Signore a partire da una situazione tremenda di violenza, d’iniquità e di oppressione; e proprio in questa situazione difficile e di insicurezza, il profeta introduce una visione che offre uno spaccato del progetto che Dio sta tracciando e sta attuando nella storia:

    “’Soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede’. L’empio, colui che non agisce secondo Dio, confida nel proprio potere, ma si appoggia su una realtà fragile e inconsistente, perciò si piegherà, è destinato a cadere; il giusto, invece, confida in una realtà nascosta ma solida, confida in Dio e per questo avrà la vita”.

    Fede che deve essere la giusta guida nella quotidianità di ognuno di noi, insomma, la salda roccia su cui edificare la vita. Benedetto XVI non manca di sottolineare che nei secoli passati la Chiesa palermitana è stata arricchita ed animata da una fede fervida, che ha trovato la sua più alta e riuscita espressione nei Santi e nelle Sante. Fa riferimento alla tanto amata Santa Rosalia, patrona della città, ad Agata e Lucia. Esalta il grande senso religioso di questa terra, che ha sempre ispirato e orientato la vita familiare, alimentando valori, quali la capacità di donazione e di solidarietà verso gli altri, specialmente i sofferenti, e l’innato rispetto per la vita, che costituiscono una preziosa eredità da custodire gelosamente e da rilanciare ancor più ai nostri giorni. Benedetto XVI, davanti alla sterminata folla del Foro Italico, parla poi della seconda parte del Vangelo odierno, che presenta un altro insegnamento, un insegnamento di umiltà, che tuttavia è strettamente legato alla fede. Siamo servi di Dio – afferma il Santo Padre - non siamo creditori nei suoi confronti, ma siamo sempre debitori. Accettare e fare la sua volontà è l’atteggiamento da avere ogni giorno, in ogni momento della nostra vita:

    “Davanti a Dio non dobbiamo mai presentarci come chi crede di aver reso un servizio e di meritare una grande ricompensa. Questa è un’illusione che può nascere in tutti, anche nelle persone che lavorano molto al servizio del Signore, nella Chiesa. Dobbiamo, invece, essere consapevoli che, in realtà, non facciamo mai abbastanza per Dio”.

    Cari amici – aggiunge poi il Papa - se faremo ogni giorno la volontà di Dio, con umiltà, senza pretendere nulla da Lui, sarà Gesù stesso a servirci, ad aiutarci, ad incoraggiarci, a donarci forza e serenità.

    (applausi)

    Davanti ai circa 200mila arrivati sul prato del Foro Italico, Benedetto XVI parla poi l’apostolo Paolo, che nella seconda lettura odierna, introduce nuovamente il concetto della fede. L’esempio che porta è quello di Timoteo, invitato ad avere fede e, per mezzo di essa, ad esercitare la carità. Il Pontefice sottolinea che la Sicilia è stata tra le prime regioni d’Italia ad accogliere la fede degli Apostoli, a ricevere l’annunzio della Parola di Dio, ad aderire alla fede in modo così generoso che, anche in mezzo a difficoltà e persecuzioni, è sempre germogliato in essa il fiore della santità:

    “La Sicilia è stata ed è terra di santi, appartenenti ad ogni condizione di vita, che hanno vissuto il Vangelo con semplicità ed integralità. A voi, fedeli laici, ripeto: non abbiate timore di vivere e testimoniare la fede nei vari ambiti della società, nelle molteplici situazioni dell’esistenza umana, soprattutto in quelle difficili!”.

    La fede vi dona la forza di Dio per essere sempre fiduciosi e coraggiosi – ha poi aggiunto il Papa - per andare avanti con nuova decisione, per prendere le iniziative necessarie a dare un volto sempre più bello alla vostra terra. E quando incontrate l’opposizione del mondo, sentite le parole dell’Apostolo: “Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro”.

    “Ci si deve vergognare del male, di ciò che offende Dio, di ciò che offende l’uomo; ci si deve vergognare del male che si arreca alla Comunità civile e religiosa con azioni che non amano venire alla luce! La tentazione dello scoraggiamento, della rassegnazione, viene a chi è debole nella fede, a chi confonde il male con il bene, a chi pensa che davanti al male, spesso profondo, non ci sia nulla da fare. Invece, chi è saldamente fondato sulla fede, chi ha piena fiducia in Dio e vive nella Chiesa, è capace di portare la forza dirompente del Vangelo”.

    Così si sono comportati i Santi e le Sante, fioriti, nel corso dei secoli, a Palermo e in tutta la Sicilia, come pure laici e sacerdoti di oggi a voi ben noti, come, ad esempio, don Pino Puglisi. Siano essi a custodirvi sempre uniti e ad alimentare in ciascuno il desiderio di proclamare, con le parole e con le opere, la presenza e l’amore di Cristo:

    “Popolo di Sicilia, guarda con speranza al tuo futuro! Fa’ emergere in tutta la sua luce il bene che vuoi, che cerchi e che hai! Vivi con coraggio i valori del Vangelo per far risplendere la luce del bene! Con la forza di Dio tutto è possibile!”.

    (applausi e canto)

    inizio pagina

    All’Angelus Benedetto XVI ricorda la Beatificazione a Parma di Anna Maria Adorni, testimone dell’amore di Dio tra le donne carcerate

    ◊   Al termine della Messa il Papa ha guidato la preghiera dell’Angelus, sottolineando la devozione mariana della Sicilia e ricordando la Beatificazione, oggi a Parma, di Anna Maria Adorni, testimone dell’amore di Dio tra le donne carcerate. Il servizio di Sergio Centofanti:

    Il Papa rileva come la Sicilia sia “costellata di Santuari mariani”. “Da questo luogo – ha affermato - mi sento spiritualmente al centro di questa ‘rete’ di devozione, che congiunge tutte le città e tutti i paesi dell’Isola”. E alla Madre di Dio, “modello della vita cristiana”, affida quanti vivono in questa terra:

    “Sostenga le famiglie nell’amore e nell’impegno educativo; renda fecondi i germi di vocazione che Dio semina largamente tra i giovani; infonda coraggio nelle prove, speranza nelle difficoltà, rinnovato slancio nel compiere il bene. La Madonna conforti i malati e tutti i sofferenti, e aiuti le comunità cristiane affinché nessuno in esse sia emarginato o bisognoso, ma ciascuno, specialmente i più piccoli e deboli, si senta accolto e valorizzato”.

    Il Papa ha poi ricordato la Beatificazione, oggi pomeriggio nella Cattedrale Parma, di Anna Maria Adorni, donna esemplare vissuta nel 1800: nata a Fivizzano, in provincia di Massa Carrara, madre di sei figli, di cui cinque morti in tenera età, rimase vedova a soli 39 anni. Nel momento più buio della sua vita, la fede, illuminata dal suo amore per la Madre di Dio e di tutti noi, la spinse ad aiutare le persone più abbandonate e disprezzate del tempo: le donne carcerate, a cui nessuno dava più fiducia e speranza. Non solo le andava a visitare in prigione, vedendo in loro il volto di Cristo rifiutato da tutti, ma una volta uscite dal carcere affittava per esse delle stanze e cercava un lavoro perché si reintegrassero nella società. Per questo scopo fondò due Istituti religiosi. Una fiduciosa preghiera a Maria sosteneva la sua infaticabile attività:

    “Madre Adorni, a motivo della sua costante preghiera, veniva chiamata ‘Rosario vivente’. Mi piace rilevarlo all’inizio del mese dedicato al santo Rosario. La quotidiana meditazione dei misteri di Cristo in unione con Maria, Vergine orante, ci fortifichi tutti nella fede, nella speranza e nella carità”.

    inizio pagina

    Il popolo di Dio in Sicilia unito nel promuovere la rinascita dell'isola

    ◊   Ma quali sono le speranze per questa visita del Papa? Salvatore Sabatino lo ha chiesto al vescovo ausiliare di Palermo, Carmelo Cuttitta:

    R. – Vorremmo che veramente le parole del Papa ci spronassero ad una rinascita e soprattutto ad una prospettiva di speranza, di cui la Sicilia ha molto bisogno.

    D. – La Chiesa siciliana svolge un ruolo importantissimo, perché può essere considerata un faro che i giovani vogliono seguire; e uno dei fari della Chiesa siciliana è stato sicuramente don Puglisi, che lei conosce bene …

    R. – Lo conosco io personalmente, per essere stato un suo chierichetto – si diceva una volta – e poi per avere manifestato a lui l’intenzione, i segni della vocazione che il Signore mi donava; ma lo conoscono tantissimi giovani. E tra i giovani, padre Pino Puglisi è ancora un punto di riferimento. E’ quello che accade ai buoni cristiani, ai buoni presbiteri che non solo hanno predicato il Vangelo, ma sono diventati essi stessi Vangelo vivo. E allora, come il Vangelo è eterno, c’è anche la possibilità di eternarsi per coloro che, accogliendo il Vangelo e predicandolo e testimoniandolo con il sangue, evidentemente accade.

    D. – Ancora oggi è difficile predicare il Vangelo in una terra martoriata, purtroppo, dalla violenza …

    R. – Il Vangelo è difficile predicarlo soprattutto quando ci sono grandi difficoltà nella vita; però, se riesce ad entrare nella vita personale, opera meraviglie e queste meraviglie vengono continuamente operate nella nostra realtà. Purtroppo, devo dire che la realtà della malavita o della mafia – ancora peggio – strumentalizza una forma di religiosità devozionale che non ha nulla a che fare né con l’annuncio del Vangelo né con la vita cristiana.

    D. – Noi abbiamo ben presenti le omelie dell’arcivescovo Romeo come quelle del cardinale Pappalardo qualche anno fa: sono sempre state all’insegna della forza, della forza di reazione della popolazione siciliana. Oggi com’è, questa società?

    R. – Io credo che il cardinale Pappalardo in modo particolare - perché ha dovuto celebrare i funerali di tante persone - sia riuscito con la sua voce levata in alto, con i suoi pensieri gridati, a scuotere le coscienze dei siciliani. La Sicilia, da quel momento e adesso, nel corso degli anni, non ha smesso di schierarsi dalla parte del bene e mai dare adito ad una qualche forma di connivenza o di accoglienza di ciò che non è bene.

    D. – Come vede il futuro della Sicilia? Ci sono tanti problemi, in primis la disoccupazione: i giovani purtroppo sono costretti ad andare via …

    R. – Il futuro della Sicilia dipende molto da noi. Io devo dire che in questo momento c’è una sorta di immobilismo, c’è un rimanere invischiati nei meandri della cosiddetta politica; e da questo non si riesce ad uscire. Un esempio per tutti: nell’arco di due anni, il governo regionale è stato rinnovato quattro volte. Non è possibile! Non si va avanti e non si dà un futuro alla Sicilia!

    D. – Forse c’è bisogno di maggiore continuità, anche di maggiore attenzione …

    R. – Ci vuole molta più attenzione e soprattutto ci vuole il guardare al bene comune.

    Ascoltiamo infine, sempre al microfono di Salvatore Sabatino, la testimonianza di una giovane coppia di sposi, Giuseppe e Irene Bonanno, vice-direttori dell’Ufficio della pastorale familiare della diocesi di Caltagirone. Iniziamo da Giuseppe:

    R. – La speranza che ci portiamo a casa è questa: che si possano mettere insieme tutte le forze sane della Sicilia, che sono tantissime, a partire dalle istituzioni, a partire dalla nostra Chiesa; e metterci insieme, affinché attraverso – come dice il Vangelo – i nostri cinque pani e due pesci, che portiamo al Signore, che portiamo anche a chi ci sta intorno, possano dare veramente una mano d’aiuto a questa nostra Sicilia che ha bisogno veramente di alzarsi. E crediamo che la presenza di Benedetto XVI possa diventare lo slancio affinché ciò possa avvenire!

    D. – Irene, voi siete una giovane coppia; avete tre figli: fare i genitori, ovviamente, è il mestiere più difficile del mondo, in particolar modo in determinate zone d’Italia …

    R. – Ci preoccupa questo, soprattutto: il fatto di dare loro speranza. Loro lo vedono: abbiamo le nostre fragilità, le nostre cadute ma cerchiamo, affidandoci a Dio, di rialzarci, comunque di creare quella comunione di cui ha bisogno la nostra famiglia, le altre famiglie. Quindi, è uno sguardo – questo – del coraggio, uno sguardo che si deve trasmettere, uno sguardo di speranza che si deve trasmettere alle generazioni. E come si fa se prima non partiamo da noi? E come, se noi non partiamo prima da Dio?

    inizio pagina

    Le religioni siano strumento di pace: così il Papa nel messaggio per l’incontro di Sant’Egidio a Barcellona

    ◊   Le religioni siano sempre più strumento di promozione della pace e della dignità umana. E’ il richiamo che il Papa ha inviato a Barcellona, con un messaggio a firma del segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone, in occasione dell’apertura del Meeting internazionale per la pace organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, quest’anno dal titolo “Vivere insieme in un tempo di crisi”. Da Barcellona, Francesca Sabatinelli:

    “In un tempo difficile di crisi e conflitti, le religioni sono chiamate a realizzare la loro speciale vocazione di servizio alla pace e alla convivenza”. E’ lo speciale saluto che il Papa invia alla comunità di Sant’Egidio che oggi apre a Barcellona l’edizione 2010 del Meeting internazionale per la Pace. Sono le religioni, scrive nel messaggio Benedetto XVI, ad aiutare “l’intera società a promuovere la dignità inviolabile di ciascun essere umano”. Il Papa rileva come “tutti i popoli, per vivere un’autentica comunità di fratelli e sorelle, hanno bisogno di ispirarsi e appoggiarsi al comune fondamento di valori spirituali ed etici”. A tutti i partecipanti alla Messa di apertura del Meeting, Benedetto XVI ricorda che “il servizio disinteressato alla pace esige da parte di tutti i credenti l’impegno ineludibile e prioritario della preghiera”. Perché è nella preghiera che s’impara “il linguaggio della pace e del rispetto, fortificando quel seme di pace che lo stesso Dio ha seminato nel cuore degli uomini e che costituisce al di là delle differenze di razza, cultura e religione, l’anelito più profondo dell’essere umano”. E’ nella preghiera che si possono “trovare nuove forze spirituali per non lasciarci vincere dalle difficoltà né dalle insidie del male e per non perderci d’animo nella necessaria via del dialogo”. Quel dialogo, conclude il messaggio, “che allontani definitivamente incomprensioni e diffidenze e ci permetta di continuare a costruire come fratelli e membri della stessa famiglia umana la via della convivenza armonica”.

    L'incontro mondiale Uomini e Religioni dal 1987, ogni anno, ripropone lo Spirito di Assisi, sulla scia dello storico incontro di Giovanni Paolo II con i capi delle grandi religioni mondiali. L’appuntamento si è aperto oggi nel capoluogo catalano, con una celebrazione eucaristica nella chiesa di Santa Maria del Mar. Francesca Sabatinelli ha intervistato il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo:

    R. - In questi dieci anni il cammino è stato in salita, perché l’attentato alle Torri Gemelle ha aperto, soprattutto, il discorso dello scontro tra le civiltà, la guerra in Iraq e la guerra in Afghanistan. Abbiamo dovuto, in questi dieci anni, ricostruire un tessuto di dialogo e di amicizia tra i popoli e tra le religioni che sembrava essersi lacerato dopo l’attentato alle Torri Gemelle.

    D. - Un decennio molto faticoso anche per la Comunità di Sant’Egidio?

    R. - Sì, perché quando in questi anni si parlava di pace o di dialogo tra le religioni non c’erano molte voci a sostenere questo cammino, se non quella del Papa, Giovanni Paolo II prima e Benedetto XVI dopo. La cultura corrente, la cultura di questi tempi è stata una cultura più che altro dello scontro. Il nostro cammino ha trovato sostegno soprattutto nella Chiesa e questo ci ha certamente molto incoraggiato a continuare e a credere in un mondo in cui si possa e si debba vivere insieme.

    D. - Marco Impagliazzo, anche quest’anno il mondo si è scontrato con le tragedie, con i fondamentalismi, con la violenza: voi a Barcellona cosa offrirete, quindi?

    R. - Barcellona è carica di simboli. Anzitutto quello della Sagrada Familia, che sarà inaugurata dal Santo Padre il prossimo novembre, ed è per questo che abbiamo voluto intitolare il nostro incontro anche “Famiglia dei popoli, famiglia di Dio”. Oggi c’è bisogno di più famiglia, c’è bisogno di far crescere la famiglia, non solo difendendo le ragioni della famiglia in Europa e in Occidente, ma anche della famiglia dei popoli, affinché si ricordi di essere famiglia di Dio. Quindi è forte anche il tema della fraternità universale. Vorrei dire anche che il nostro incontro ha inizio proprio il giorno in cui si ricordano i 20 anni della riunificazione della Germania. Ricordare questi vent’anni è importante, proprio perché la Germania è diventata un Paese cardine dell’Europa, della pace e dell’unità europea. Ma anche le nuove speranze di pace per la Terra Santa: non per niente il nostro incontro vedrà proprio un dibattito tra un ministro palestinese ed uno israeliano per cercare di incoraggiare il cammino di pace che è stato intrapreso negli Stati Uniti.

    D. - A Barcellona ci sarà molto altro: ci saranno significative presenze ecumeniche, come il Patriarcato di Mosca, il Consiglio ecumenico delle Chiese…

    R. - Sì, siamo molto contenti di questa importantissima presenza della Chiesa russa ortodossa. Vorrei fare un cenno anche alla presenza di importanti rappresentanti del mondo ebraico e tanti altri amici ebrei che ci seguono in questo nostro cammino, ed un cenno anche all’Islam, che quest’anno vede presenze significative non soltanto dal mondo arabo, ma anche dall’Islam asiatico, dal Pakistan, dalla Malaysia e dall’Indonesia.

    D. - Se la Comunità dovesse puntualizzare alcune sue preoccupazioni in questo periodo, di cosa parlerebbe?

    R. - Ci preoccupa quello che preoccupa anche il Santo e cioè l’allontanamento del continente europeo dalle sue radici cristiane, da questa linfa vitale che è stato e che è il cristianesimo per il nostro continente. Oggi vediamo tanti fenomeni di violenza, di separatismo, di razzismo, di antigitanismo in Europa: sono tutti segnali, questi, problematici di un allontanamento da quelle radici cristiane che hanno fatto del nostro continente il continente del diritto, ma direi anche della pietà, della solidarietà. Abbiamo voluto intitolare una delle tavole rotonde proprio all’Europa, “Un futuro con più Europa”. Noi crediamo che l’Europa possa giocare nel contesto internazionale un ruolo migliore di quello che ha giocato finora. Anche i popoli europei, però, devono risvegliarsi e ritrovare le loro radici.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Oggi la Germania festeggia 20 anni di Riunificazione

    ◊   Giornata di celebrazioni oggi Germania in occasione del 20.mo anniversario della Riunificazione. Diversi gli appuntamenti in programma in tutto il Paese e anche a Bruxelles, dove giovedì ci sarà una manifestazione nella sede del Parlamento Europeo. Nonostante i progressi compiuti fino ad ora - ha detto la cancelliera tedesca Merkel, in questi giorni - il cammino di riunificazione non è ancora terminato. Ma qual è il valore di questo appuntamento? Eugenio Bonanata lo ha chiesto ad Angelo Paoluzi per anni in Germania come corrispondente del quotidiano Avvenire.

    R. – Questi 20 anni hanno permesso, intanto, la riunificazione di un Paese la cui divisione era sempre un rischio per l’Europa e per il mondo. E poi hanno permesso anche una crescita di natura economica, con tutti i limiti che si possono attribuire ad un evento traumatico come la riunificazione.

    D. – Resta ancora una certa distanza tra l’Est e l’Ovest?

    R. – Certamente, ci sono delle sacche di resistenza laddove il processo di unificazione non è stato completato anche nelle sue strutture economiche, specialmente all’Est, dove però in alcune zone, intorno a Jena, a Dresda, a Rostock, a Berlino, ci sono dei punti di eccellenza economica. Ora, si tratterà di colmare lo iato di 40 anni di due regimi diversi, specialmente di un regime, come quello comunista dell’Est, fallimentare dal punto di vista economico.

    D. – Tuttavia, secondo gli ultimi dati economici, la Germania è tornata ad essere la locomotiva d’Europa?

    R. – Sì, la Germania tira, anche perché c’è l’Europa. E’ tutto il sistema di libera circolazione delle merci e dei capitali che permette ai tedeschi le esportazioni, che sono circa l’80 per cento del complesso, all’interno dell’Europa. Per questo i tedeschi, di fronte alle voci che dicono “Domani potrebbero fare da soli”, continuano a ripetere “No, no, no”. Sono convinti che uniti – e vogliono dire l’Europa – si vince, da soli si perde. Ricordiamoci, poi, che sono condizionati dal fatto che ci sono altri 26 Paesi che li controllano. Ci sono tutta una serie di relazioni: per esempio il patto franco-tedesco, l’Ocse, l’Alleanza Atlantica, c’è tutta una serie di filtri dai quali non possono prescindere. La Germania sa benissimo di essere essenziale all’Europa, ma sa benissimo che l’Europa è essenziale per lei.

    D. – Secondo lei, dunque, è difficile pensare ad un allontanamento della Germania da Bruxelles?

    R. – I tedeschi, come soci fondatori dell’Unione Europea, hanno tutto l’interesse affinché questa Europa si sviluppi, magari con una loro egemonia, data anche dal fatto che sono il Paese più popolato d’Europa: 80 milioni di abitanti, quindi un quinto della popolazione europea. Già questo fatto demografico li avvantaggia, però non credo ci siano delle velleità separatiste.

    D. – Quali sono le sfide per la Chiesa nel Paese?

    R. – Le sfide, specialmente per la parte dell’Est, sono gravi, perché la Germania Est è in qualche modo territorio di missione, dopo 56 anni di due successive dittature atee –nazista prima e comunista dopo – che certamente hanno lasciato tracce nel costume e nella mancanza di pratica religiosa, anche se sembra da qualche elemento che ci siano dei segnali di ripresa.

    inizio pagina

    Assisi celebra il Transito di San Francesco. Claudia Koll premiata dai Frati Minori

    ◊   E’ la sera del 3 ottobre 1226: dopo aver lodato Dio per sorella morte, completando così il Cantico delle creature, Francesco d’Assisi muore deposto sulla nuda terra nei pressi della Porziuncola. Come ogni anno i frati minori della Basilica Papale di Santa Maria degli Angeli ricordano quel momento nella commemorazione nazionale del Transito del Santo, Patrono d’Italia, dalla vita terrena a quella celeste. Questa mattina la celebrazione eucaristica presieduta da padre Bruno Ottavi, ministro provinciale dei Frati minori di Assisi; in serata i primi vespri con i vescovi del Trentino Alto Adige, regione che quest’anno ha offerto l’olio per la lampada sulla tomba del santo. Ma cosa dice all’uomo contemporaneo la contemplazione del transito di san Francesco? Paolo Ondarza lo ha chiesto a padre Fabrizio Migliasso, custode del convento di santa Maria degli Angeli.

    R. – Con questa giornata del 3 ottobre apriamo i festeggiamenti per il patrono San Francesco che muore la sera del 3 ottobre; essendo di sabato, quindi, già nella giornata di festa della domenica.

    D. – La Chiesa è invitata a contemplare il transito di Francesco dalla vita terrena a quella eterna. Questa riflessione cosa dice all’uomo contemporaneo?

    R. – Credo che oggi l’attualizzazione di questo momento sia innanzitutto il coraggio di vivere intensamente la vita. Francesco arriva a cantare “sorella morte” perché ha vissuto intensamente la vita e, oggi, dove a volte la morte diventa una fuga o a volte la morte viene banalizzata, credo che Francesco ci richiami proprio alla sacralizzazione di questo momento. Quindi, ci riporta a chiederci le motivazioni per cui noi viviamo. Nella misura in cui noi riusciremo a dare senso alla nostra vita, allora riusciremo anche ad affrontare la morte in modo sereno. Quella “perfetta letizia” di cui parlava sempre Francesco, che nasce appunto da questa profonda conoscenza del Signore Gesù morto e risorto per noi.

    D. - Non bello, non sapiente e per scelta non ricco. Francesco conquistò e continua ancora a conquistare tanti fratelli e sorelle lontani da Dio …

    R. - Sempre di più i pellegrini che vengono, vengono con questo spirito di fede. C’è questa ricerca, questa ricerca di un esempio, di una testimonianza. Quello che ci colpisce, soprattutto, nei pellegrini che incontriamo un po’ tutto l’anno, durante il santuario, è proprio questo: rimanere colpiti dalla radicalità di Francesco. Io dico sempre che si viene ad Assisi da turista ma si parte da pellegrino.

    D. - La testimonianza di Francesco è come rimasta impressa nei luoghi in cui lui ha vissuto, sul suolo che egli ha calcato. Assisi parla anche all’uomo contemporaneo del Vangelo di Gesù…

    R. - La ricchezza dei santuari è proprio questa: le pietre parlano. Parlano di un Vangelo che è ancora possibile vivere e questo, in fondo, è il messaggio di Francesco. Francesco proprio qui dalla Porziuncola ascoltando quel Vangelo risponde: questo io voglio, questo io bramo, questo io farò. Da quel momento fino alla fine, appunto, al transito, lui è un uomo che si è messo in gioco totalmente. Ed è questo anche l’aspetto che permette di fare di Francesco un uomo di dialogo e di comunione, anche con altre religioni, con il mondo ateo, laico, ugualmente.

    D. – Francesco patrono d’Italia, Paese unito da 150 anni ma ancora attraversato da divisioni e criticità. Come il “poverello” può illuminare questo momento storico?

    R. – Francesco, sia all’interno dell’Europa - pensiamo agli incontri che faceva con i poveri, prima di tutto, ma sapeva parlare anche con i potenti - con ognuno sapeva mettersi in ascolto e in dialogo. Fino all’estremo, forse, più grande, più bello: i suoi viaggi - chiamiamoli “apostolici” - in Egitto, in Terra Santa; l’incontro con il sultano. La capacità di saper ascoltare e di avere una chiara identità. Perché noi riusciremo a dialogare nella misura in cui noi siamo convinti di quello che siamo, senza pretendere di cambiare l’altro. Credo che in questo momento forse dovremmo imparare di nuovo, come Francesco, a saper dialogare e anche a riconciliarci.

    Quando Francesco morì aveva accanto, oltre ai frati, anche la nobildonna romana Jacopa De Settesoli. Quest’ultima da sempre si era mostrata attenta ai bisogni del Poverello e dei suoi compagni. A lei i frati minori di Assisi hanno intitolato il premio “Rosa d’Argento Frate Jacopa” dedicato alle donne del nostro tempo, testimoni di fede, speranza e carità. Il riconoscimento è andato quest’anno all’attrice Claudia Koll: l’incontro con Dio ha trasformato la sua vita fino all’istituzione della Onlus “Le Opere del Padre” con progetti di sostegno agli ultimi in tutto il mondo. Al microfono di Paolo Ondarza l’attrice racconta la sua conversione:

    R. - Quella radicalità che ho messo nel ritornare a Dio, nel cercare di vivere secondo il cuore di Dio e facendo quello che a Lui è gradito, nasce dall’aver capito che all’infuori di Dio non c’è altro bene. Il momento in cui ho incontrato il Signore è stato in preghiera, nella mia stanza, quando gridavo a Lui “Aiuto!” e stavo pregando il Padre Nostro: in quel momento afferrai un Crocifisso, che mi aveva regalato da pochi giorno un amico, ed era proprio il Crocifisso di fronte al quale Francesco ha ascoltato la voce del Signore che gli diceva “Va’ Francesco e ripara la mia casa” e cioè la Croce di San Damiano.

    D. - Quindi c’è un legame particolare con Francesco d’Assisi che si rinnova nell’essere accostata a questa donna, Jacopa de' Settesoli, una donna molto concreta e vicina al “poverello” di Assisi fino al punto di morte…

    R. - Probabilmente lui l’avrà diretta spiritualmente, l’avrà anche sostenuta, così come “Frate Jacopa”, avrà sostenuto Francesco anche nei suoi bisogni materiali ed anche in questa tenerezza di fare questi dolci che a lui erano molto graditi.

    D. - Signora Koll, dopo l’incontro con Dio si fanno le stesse cose di prima, ma con un cuore diverso. Lei ha continuato infatti a fare l’attrice…

    R. - Anzitutto il Signore ha modificato e trasformato il mio cuore. Quindi oggi ho una ricchezza diversa, un’umanità diversa, un’umanità che cerco di vivere anzitutto nella mia vita. la differenza è questa: prima il mio lavoro regnava nella mia vita ed era quasi il padrone della mia vita, perché tutto era in funzione del mio lavoro; oggi non è più così, perché ho capito che la vita è più importante. L’esperienza della trasformazione ed anche del modo di lavorare, la porto oggi in un’accademia, che si chiama la “Star Rose Academy”, fondata sulla Lettera agli Artisti di Giovanni Paolo II, della quale ho la direzione e nella quale insegno recitazione. Lavoro molto meno anche perché oggi sono impegnata con una associazione che opera con i più poveri.

    D. - E proprio a questo volevo arrivare: l’incontro con Dio produce frutti e da quell’incontro è nata anche questa Associaizone Onlus “Le Opere del Padre”…

    R. - Sì, dedicata al Padre che pregavo quel giorno nella mia stanza e le opere sono quelle di cercare di consolare, così come io sono stata consolata dal Signore, chi è in difficoltà, chi è sofferente e soprattutto chi è povero.

    inizio pagina

    Al Santuario di Pompei, oggi la supplica alla Regina del Santo Rosario

    ◊   Oggi al Santuario di Pompei, a mezzogiorno, è stata recitata la Supplica alla Regina del Santo Rosario. La pia pratica, che richiama migliaia di pellegrini, si ripete ogni anno la prima domenica di ottobre e l’8 maggio. Una solenne celebrazione eucaristica è stata presieduta nella mattinata dal cardinale Giovanni Battista Re, prefetto emerito della Congregazione per i Vescovi, che nella sua omelia ha definito il Rosario una preghiera che alimenta la spiritualità, che fa “crescere come cristiani, perché, mediante Maria, porta ad una conoscenza più profonda dei misteri di Cristo”, che “ aiuta ad avere fiducia in Dio e ad abbandonarsi a lui”. “Al giorno d’oggi – ha detto il porporato – c’è la moda di imparare tecniche yoga per rilassarsi, ripetendo in continuazione uno stesso ‘mantra’ cha aiuta a centrarsi su se stessi e a trovare la propria energia … questi segreti li avevamo già in tasca – ha aggiunto il cardinal Re – bastava prendere in mano una corona del rosario”. Ma com’è nata la tradizione della Supplica alla Madonna di Pompei? Tiziana Campisi lo ha chiesto a mons. Carlo Liberati, arcivescovo-prelato e delegato pontificio del Santuario di Pompei:

    R. - Il Santuario della Madonna di Pompei è un miracolo sorto nel deserto, nell’abbandono e nel silenzio della Campania, quando il Beato Bartolo Longo, mentre attraversa la campagna di Pompei, dove era venuto come amministratore, ha sentito una voce che gli ha detto: “Recita il Rosario e sarai salvo. Chiunque reciterà il Rosario non si perderà”. Questo fatto non solo ha cambiato la sua vita, ma ha fatto sorgere il Santuario di Pompei, le opere di carità intorno al Santuario e poi è sorta la città intorno al Santuario e alla devozione alla Madonna in modo particolare. Qui a Pompei sono poi scoppiati i miracoli e, quindi, c’è stata la benedizione di Dio sull’opera meravigliosa di quest’uomo. La supplica nasce nel settembre del 1883, quando Bartolo Longo vide sorgere l’Enciclica del Papa Leone XIII “Supremi Apostolatus Officio”, in cui il Papa parla del Santo Rosario.

    D. - Quali preoccupazioni del mondo contemporaneo affidare oggi a Maria?

    R. - Oggi c’è il problema della famiglia. Ci sono coniugi separati, divisi, divorziati e la percentuale sta salendo ogni anno di più. I giovani non desiderano più come ideale di vita il matrimonio e quindi la famiglia. Restano a casa del loro papà e della loro mamma, più o meno mantenuti, fino a 40 anni e dopo si trovano scarichi, vuoti, dispersi; hanno sprecato la vita, la giovinezza, l’amore. L’amore lo hanno preso, lo hanno comprato, non sanno cos’è. Non sanno cos’è il sacrificio o che scopo abbia la vita. I giovani non desiderano - almeno in gran parte, siamo nell’ordine del 20 per cento - realizzare come sogno della loro esistenza il matrimonio. Questo sarebbe la fine della società civile oltre che di quella religiosa. La Supplica va allora oggi applicata a questo mondo giovanile, va applicata alla famiglia e prima ancora ai fidanzati e poi ai poveri, ai poveri del mondo, agli abbandonati, ai miseri, agli anziani.

    D. - In media quanti pellegrini accoglie il Santuario di Pompei la prima domenica di ottobre e cosa vengono a cercare queste persone?

    R. – Dai 40mila ai 60 mila. Che cosa vengono a cercare? La misericordia, il perdono, la conversione dell’intelligenza, della coscienza e del cuore, rivolgendosi a Dio e riempiendo con la grazia il vuoto della loro coscienza e della loro sensibilità, sentendosi amati dal Signore. Qui vengono quattro milioni di pellegrini in un anno.

    D. - Quale messaggio vuol dare oggi Maria ai fedeli?

    R. - Che noi fratelli e sorelle di questo mondo contemporaneo possiamo essere in pace soltanto se ci lasciamo prendere da Dio, dalla tenerezza di Gesù Cristo, dalla sua misericordia, dal suo perdono e lasciamo entrare in noi lo Spirito di Gesù e del Padre, lo Spirito Santo.

    inizio pagina

    Eccezionale trapianto all'ospedale Bambino Gesù: un cuore artificiale a un quindicenne

    ◊   E’ avvenuto per la prima volta al mondo all’ospedale Bambino Gesù di Roma il trapianto di cuore artificiale permanente su un ragazzo di 15 anni. L’intervento, durato 10 ore è stato effettuato giovedì scorso con successo dall’equipe del Dipartimento Medico Chirurgico di Cardiologia Pediatrica. Secondo il direttore del reparto, Giacomo Pongiglione, “si tratta di un importante traguardo della scienza medica che apre nuove prospettive di speranza e di vita per tutti quei pazienti per i quali resta essenziale la scelta del trapianto”. Apprezzamento e soddisfazione sono stati espressi dal ministro della Salute Fazio. Cecilia Seppia ha intervistato il prof. Antonio Amodeo a capo dell’equipe medica che ha eseguito l’intervento.

    R. – In un’era dove le donazioni di organi sono sempre inferiori, è necessario affidarsi alle nuove tecnologie. Queste nuove tecnologie permettono di avere a disposizione macchine che sono sostitutive del cuore. Quella che abbiamo inserito è una macchina che sostituisce una parte del cuore, un cuore molto affaticato di un bambino di 15 anni. Speriamo che permetta una qualità di vita e un’aspettativa di vita buona per questo bambino.

    D. – Professore, un intervento unico soprattutto per il tipo di tecnologia impiegata, come diceva lei: in cosa consiste?

    R. – Si tratta, praticamente, di una turbina che viene inserita all’interno del ventricolo sinistro; la turbina aspira il sangue dal cuore e lo immette nell’aorta. La novità assoluta è che questa turbina è stata inserita per la prima volta in un bambino di 15 anni e l’alimentazione di questa turbina avviene tramite un jack posizionato nel cranio: questo per ridurre al minimo i rischi di infezione. Questo, ovviamente, è il primo passo di un progetto che parte molto da lontano e nel quale noi siamo coinvolti per lo sviluppo di cuori miniaturizzati. Questo è il cuore più grande che esiste, ma noi siamo ormai nella fase sperimentale avanzata di cuori ancora più piccoli, ultra-miniaturizzati, per permettere di posizionarli in bambini molto piccoli: dai neonati fino a bambini di età anche maggiore.

    D. – Possiamo spiegare perché questo tipo di trapianto viene definito “trapianto permanente di cuore artificiale”?

    R. – “Permanente” perché locato all’interno del torace. Il bambino non avrebbe potuto eseguire un trapianto cardiaco convenzionale per una malattia oltre a quella cardiaca. Aveva, quindi, un’aspettativa di vita molto breve. Il cuore, nello specifico di questo bambino, è un cuore che resterà a vita.

    inizio pagina

    Chiesa e Società



    Sterminata una famiglia cristiana in Pakistan: uccisi un avvocato, sua moglie e i cinque figli

    ◊   È l’ennesimo colpo al cuore per la comunità cristiana del Pakistan: martedì scorso – riferisce il quotidiano Avvenire - un avvocato cristiano evangelico, Edwin Paul, la moglie e i loro cinque figli sono stati uccisi nella loro casa di Haripur, nella parte nord-occidentale del Paese. Non è la prima vittima, e forse non sarà neppure l’ultima. In un Pakistan piegato dall’emergenza umanitaria del post alluvione, infatti, i cristiani continuano a morire per mano degli estremisti islamici. Una strage silenziosa che si consuma nell’incapacità del governo di garantire quei diritti delle minoranze che pur sono sanciti dalla Costituzione. La violenza è avallata da una cultura dell’impunità e dalla cosiddetta “legge antiblasfemia” che consente di accusare, imprigionare e magari condannare i cristiani per motivi pretestuosi. Per Edwin Paul e per la sua famiglia (la moglie e i cinque figli minorenni sono stati trovati morti in casa, insieme con lui, la mattina del 28 settembre scorso), non c’è stato nulla da fare: la sua “colpa” era quella di aver dato assistenza legale a un fratello cristiano, un tassista che rischiava di perdere tutto perché si era affidato a un usuraio locale, Noor Khan, che era arrivato a chiedergli interessi del 500 per cento. L’avvocato Paul non si era fatto intimidire e aveva denunciato il fatto, ma già la polizia l’aveva avvertito: non avrebbero trovato nessuno disposto a testimoniare contro Noor Khan. Lunedì scorso erano seguite le minacce e l’invito a lasciare la città entro 24 ore. Parole esplicite pronunciate da un gruppo armato e riferite da alcuni testimoni: “Non sappiamo come togliere di mezzo i cristiani e non permetteremo a uno solo di voi di vivere qui. Vi impiccheremo tutti per strada in modo che nessun cristiano oserà più entrare nella terra degli hazara”. Il giorno dopo, quei colpi di arma da fuoco, al mattino presto, e la macabra scoperta dei sette cadaveri, nella loro casa del quartiere Sher Khan. (A cura di Roberta Barbi)

    inizio pagina

    Giornata Mondiale dell'Habitat: l'invito a rendere migliori per tutti le nostre città

    ◊   “Migliore la Città, Migliore la Vita”. È il tema scelto dalle Nazioni Unite per la Giornata Mondiale dell'Habitat che si celebra domani, lunedì 4 ottobre. Il messaggio diffuso dal segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, spiega che la ricorrenza di quest’anno “pone in luce azioni e politiche in grado di migliorare il benessere di miliardi di persone che vivono in baraccopoli o in altre situazioni precarie e disagiate nel mondo”. “Mentre il nostro mondo continua a crescere in maniera prevalentemente urbana – si legge nel testo - la Giornata Mondiale dell’Habitat ci fornisce ogni anno l’opportunità per riflettere su come si possano rendere migliori per tutti le nostre città”. Il segretario dell’Onu fornisce quindi una fotografia della condizione dei poveri urbani: “Vivono generalmente nei Paesi in via di sviluppo, senza prerogative, emarginati, di solito hanno meno di 25 anni: sono troppo spesso condannati a una vita priva di diritti e della speranza di ricevere un'educazione e un lavoro decenti. La mancanza di un’adeguata disponibilità di acqua, elettricità, servizi igienici e assistenza sanitaria provoca privazioni che sono assai di frequente alla radice di disordini sociali. Soggetti a sfruttamento e corruzione, i poveri urbani meritano città migliori e una vita migliore”. “Le sfide della povertà urbana – prosegue Ban Ki-moon - dall’inquinamento alla cultura delle bande criminali, non sono insormontabili. Molte città stanno trovando soluzioni soddisfacenti, che valorizzano buona capacità di governo, servizi urbani accessibili per tutti, strade e luoghi pubblici dove donne e bambini si sentono sicuri. Queste riconoscono inoltre che una migliore città può contribuire ad attenuare le sfide globali, quali il cambiamento climatico, per promuovere risparmio energetico e sostenibilità ambientale”. In conclusione, il segretario generale delle Nazioni Unite sostiene che “la creazione di centri urbani migliori richiede lo sforzo congiunto di governi nazionali e locali, società civile e settore privato, sostenuti in maniera decisiva dal sistema delle Nazioni Unite”. “In occasione della Giornata Mondiale dell’Habitat – esorta infine Ban Ki-moon - impegnamoci a creare città migliori e rendere quindi migliore la vita di ognuno di noi”. (M.G.)

    inizio pagina

    Meeting di Rimini in trasferta al Cairo: due giorni per parlare di "bellezza"

    ◊   “La bellezza, lo spazio per il dialogo” è questo il titolo dell’“edizione egiziana” del Meeting di Rimini che si terrà al Cairo i prossimi 28 e 29 ottobre. Nella capitale egiziana si confronteranno autorità istituzionali e del mondo della cultura, della giustizia e dell’informazione egiziana, tra cui ben quattro ministri del Governo egiziano. L’iniziativa, promossa dalla Fondazione Meeting insieme al Centro Culturale Ta’Wassul de Il Cairo e il Centro Culturale Sakakini di Alessandria, si terrà in alcuni dei luoghi più importanti dell’Egitto: la sala dell’università, dove il presidente Usa, Barack Obama, lanciò qualche mese fa il suo messaggio all’Islam, l’Opera House e la Cittadella di Saladino. Ad aprire la due giorni sarà il ministro della Cultura Farouq Hosni, con Hosam Kamil, Rettore dell’università de Il Cairo, Tahani al-Jibaly, vice presidente della Suprema Corte Costituzionale e presidente del Comitato organizzativo. Commentando al Sir l’evento di cui è responsabile, Wael Farouq, docente di lingua araba all’American University del Cairo, ha detto di aver “imparato molte cose dal Meeting di Rimini. La più importante è che la base del dialogo c'è la differenza. Essa è la base della conoscenza e il dialogo è uno degli strumenti per conseguirla, perché l’eliminazione della differenza per dialogare con l’altro non è meno aberrante dell’eliminazione dell’altro a causa della differenza”. (M.G.)

    inizio pagina

    Confraternite italiane a Roma a Novembre per il XIX Cammino Nazionale di Fraternità

    ◊   L’appuntamento nazionale a Roma il 13 e 14 novembre chiamato “XIX Cammino Nazionale di Fraternità” e l’avvio di due progetti sui giovani e l’educazione, oltre che sulla comunicazione: sono questi i temi al centro dei lavori del consiglio direttivo della Confederazione delle Confraternite delle Diocesi d’Italia, che si è riunito a Roma nei giorni 24 e 25 settembre scorso, presso il Seminario Maggiore, a San Giovanni in Laterano. Secondo quanto riferisce il Sir, la riunione preparatoria dell'incontro di novembre è stata presieduta dal presidente incaricato Francesco Antonetti alla presenza di mons. Armando Brambilla, vescovo ausiliare della Diocesi di Roma e assistente ecclesiastico della Confederazione. In Italia le confraternite sono oltre 10 mila, con circa 2 milioni di aderenti. Alcune di esse risalgono a più di sette-otto secoli fa e nacquero come forma di servizio per i poveri, i moribondi, gli ammalati, i carcerati verso i quali i “confratelli” svolgevano azione di sostegno. Ancor oggi numerose confraternite sono impegnate nel campo della carità, altre in quello del culto e animazione liturgico-spirituale. L’impegno sui giovani prevede approfondimenti sul tema proposto per il prossimo decennio dalla Cei con gli Orientamenti pastorali. Il raduno nazionale di novembre terminerà con una messa in piazza S. Pietro presieduta dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone e con il saluto del Papa. (M.G.)

    inizio pagina

    A Torino il terzo “appuntamento mondiale” dei giovani per la pace

    ◊   C’è attesa a Torino per terzo il “Appuntamento mondiale giovani della pace” organizzato dal Sermig per il prossimo 16 ottobre. L’incontro, che ha come tema “Una buona notizia: il mondo si può cambiare”, non è “un concerto né uno spettacolo, ma un momento di vita - spiegano gli organizzatori al Sir -. A parlare non saranno presentatori né attori, ma giovani e testimoni. Si tratterà di un nuovo momento forte di quel cammino di formazione permanente alla solidarietà, alla pace ed alla cittadinanza responsabile nel quale siamo entrati da oltre un anno, attraverso la scelta di un nuovo stile di vita”. “La buona notizia” dello slogan, proseguono gli organizzatori, “è la vita di tanti giovani che dicono ‘Io ci sto’, ci metto la faccia”. Il programma dell’iniziativa prevede l’accoglienza dei partecipanti da parte di rappresentanti delle Università piemontesi alle ore 14 in Piazza San Carlo. Seguirà l’incontro “Una buona notizia: Il mondo si può cambiare”. Al termine dell’anno di preparazione e della giornata del 16 ottobre, sarà redatto un documento che verrà consegnato alle autorità civili e religiose in Italia e all’estero, e diventerà il progetto di lavoro dei giovani della pace per i prossimi anni. Per il lancio dell’evento è stato realizzato uno spot scaricabile dal sito www.mondialedeigiovani.org. (M.G.)

    inizio pagina

    Timor Est: i Carmelitani da 11 anni in prima linea negli aiuti alla popolazione locale

    ◊   Un contributo di pace, salute e istruzione alla società. Tutto è rappresentato dalla missione dei Carmelitani presso la comunità cristiana di Timor Est. I frati e le suore Carmelitane sono presenti nella piccola isola dell’arcipelago indonesiano dal 1999 e operano soprattutto con i giovani, che d’altronde costituiscono la larga maggioranza della società timorese. La situazione sociale ed economica di Timor Est, notano i Carmelitani in un messaggio inviato all’agenzia Fides, è molto difficile: si tratta di uno dei Paesi più poveri dell’Asia, una nazione dove l’80% della popolazione è disoccupata, solo il 15% della gente ha accesso all’acqua potabile, il 46% della popolazione non ha mai frequentato una scuola. Inoltre la speranza di vita è di soli 57 anni e un bambino su due muore prima dell’età di 5 anni. I religiosi intendono portare l’annuncio del Vangelo e testimoniare la loro attenzione e vicinanza alla comunità timorese, per aiutarne la promozione e lo sviluppo umano. I Carmelitani operano attualmente in due città, Dili e Zumalai. A Dili, capitale di Timor Est, vi sono due comunità che accolgono 36 giovani in formazione, fra studenti e novizi, fatto che testimonia la fioritura vocazionale e la presa del carisma del Carmelo fra i giovani timoresi. Nella parte opposta dell’isola, a Zumalai, i frati e le suore hanno la responsabilità di una parrocchia che include 26 villaggi, per un totale di circa 14mila persone. In ogni villaggio i religiosi celebrano i sacramenti e si prendono cura della comunità. A Zumalai gestiscono inoltre una piccola scuola elementare, una clinica e dei laboratori di formazione professionale dedicati ai giovani. (M.G.)

    inizio pagina

    24 Ore nel Mondo



    Due bambini uccisi in Afghanistan. La Nato avverte: sempre più civili tra le vittime

    ◊   Il conflitto in corso in Afghanistan continua a mietere vittime civili, fra cui anche minori. nelle ultime ore due bambini sono rimasti uccisi: uno per lo scoppio di un rudimentale ordigno collocato dai talebani; un altro in uno scontro a fuoco di un reparto militare con gli insorti nella provincia meridionale di Kandahar. Nel suo ultimo rapporto semestrale (gennaio-giugno 2010) la Missione dell'Onu di assistenza in Afghanistan (Unama) ha sostenuto che le vittime civili sono state 1.271, con un forte aumento della quota dei minori. Al riguardo il responsabile dell'Unama, Staffa de Mistura, ha sostenuto che “i bambini e le donne afghani sostengono sempre di più il peso di questo conflitto. Vengono uccisi nelle loro case e nelle loro comunità in dimensioni sempre più grandi di prima”. Resta da dire che nelle ultime ore nel sud e nel nord dell'Afghanistan sono morti anche due soldati della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza Isaf, sotto comando Nato.

    Tensione a Gerusalemme dopo l’uccisione di un palestinese nella zona est
    Torna la tensione a Gerusalemme est dopo l'uccisione, all'alba di oggi, di un manovale palestinese da parte di un agente della Guardia di frontiera israeliana. Secondo le prime informazioni, il manovale - un uomo di 38 anni, padre di sei figli, originario di Hebron (Cisgiordania) - è stato sorpreso mentre, assieme con alcuni compagni, aveva superato la barriera di separazione nel rione di a-Zaim per entrare a Gerusalemme, diretto ad un cantiere edile. La radio militare ha riferito che l'agente ha cercato di bloccarlo e che ne è seguita una violenta colluttazione durante la quale il palestinese è stato colpito da un colpo di arma da fuoco. Nelle settimane passate a Gerusalemme est si sono verificati ripetuti incidenti dopo la uccisione di un palestinese da parte di una guardia privata nel rione di Silwan, alle pendici della Città vecchia.

    Prosegue intenso il calendario di incontri per i negoziati israelo-palestinesi
    L'inviato di Washington per il Medio Oriente George Mitchell ha avuto un incontro questa mattina con il presidente egiziano Hosni Mubarak nell'ambito delle sue consultazioni per tentare di mantenere in piedi il negoziato diretto di pace tra israeliani e palestinesi. Mitchell nella serata di ieri ha anche incontrato il ministro degli Esteri egiziano Abul Gheit, e il capo dei servizi Omar Soleiman, responsabile del dossier palestinese. L'inviato di Washington, nella sua missione egiziana ha anche avuto un colloquio con il segretario generale della Lega araba Amr Mussa. Mitchell ripartirà quindi per Amman per continuare i suoi contatti diplomatici. I ministri degli Esteri della Lega araba del Comitato che segue l'evolversi del negoziato di pace con Israele si riuniranno venerdì prossimo, 8 ottobre, a Sirte in Libia, e ascolteranno il presidente palestinese Abu Mazen.

    Comprensibili le manifestazioni anticrisi in UE: così il presidente della Commissione Europea Barroso
    "Penso che sia pienamente giustificata questa rabbia che sentiamo scorrere nelle strade di tutta Europa. Sono i più vulnerabili quelli più colpiti dalla crisi e non sono loro quelli che hanno creato questo problema". E' quanto ha dichiarato il presidente della Commissione Europea, Jose Manuel Barroso, intervistato dalla Bbc: "è terribile vedere massicci bonus per le persone che lavoravano nel settore finanziario e persone che ora devono fare i conti con la disoccupazione".

    Urne aperte in Bosnia per il rinnovo delle cariche a livello centrale e regionale
    In Bosnia-Erzegovina si sono aperte stamane alle 7 le urne per le elezioni generali, con le quali saranno rinnovate tutte le istanze del potere a livello centrale e regionale. Si tratta della sesta consultazione elettorale dalla fine della guerra nel 1995, quando la Bosnia - con gli accordi di Dayton - fu strutturata in due entità, la Republika Srpska (Rs, a maggioranza serba, con il 49% del territorio) e la Federazione Bh (a maggioranza croato-musulmana, con il 51% del territorio). Un assetto su base etnica che, se fu in grado allora di porre fine al conflitto armato, ha segnato pesantemente il cammino europeo della Bosnia, bloccata dagli interessi contrapposti delle tre differenti etnie. I 3,1 milioni di elettori, su una popolazione complessiva di 3,9 milioni di abitanti, sono chiamati a scegliere i tre componenti della presidenza tripartita (un musulmano, un serbo e un croato), i deputati al parlamento centrale e a quelli delle due entità, il presidente e due vicepresidenti della Republika Srpska, i consigli dei dieci cantoni della Federazione Bh. L'Europa e il resto della comunità internazionale guardano con interesse al voto in Bosnia, nella speranza che il responso delle urne premi le forze favorevoli alle riforme necessarie a far avanzare il paese balcanico verso l'integrazione nell'Unione europea e nella Nato. Da troppo tempo, infatti, la Bosnia è ostaggio degli opposti nazionalismi che hanno causato una impasse politico e forti ritardi nel processo di integrazione europea. Apertesi alle 7, le urne si chiuderanno alle 19, con i primi risultati significativi che saranno disponibili entro la mezzanotte.

    Al voto anche il Brasile
    Si sono aperti in Brasile i seggi nella piccola isola di Fernando de Noronha, nell'Atlantico, per le elezioni che dovranno decretare il successore del presidente Inacio Lula da Silva. Le operazioni di voto si concluderanno alle 22:00 ora italiana (le 20:00 gmt). I brasiliani hanno cominciato a votare alle 10:00 gmt (mezzogiorno in Italia) ma la maggior parte dei seggi apriranno alle 11:00 gmt (le 13:00 italiane) poiché il Brasile conta più fusi orari.

    Nelle Figi arrestato l’ex premier ora leader dell’opposizione
    Il regime militare delle isole Figi ha arrestato il leader dell'opposizione ed ex primo ministro Mahendra Chaudhry, accusato d'aver organizzato incontri pubblici vietati dal regime. Lo riportano oggi i media dell'arcipelago dell'Oceania. Chaudhry è stato incarcerato con altre cinque persone e comparirà davanti alla giustizia domani, spiegano l'emittente pubblica Radio Fiji ed il sito web d'informazione Fijivillage.

    Sequestrati turisti messicani ad Acapulco
    Sequestrati ormai da giorni, da un commando armato, probabilmente una delle mille gang del narcotraffico locale: è la situazione nella quale si trovano almeno 22 turisti messicani rapiti giovedì ad Acapulco, la località simbolo del turismo del Messico che era stata scelta dal gruppo per trascorrere alcuni giorni di vacanza. Il rapimento nel paradiso delle vacanze è stato reso noto proprio mentre si è avuto un altro sanguinoso rigurgito - con 14 morti - della guerra fra bande rivali di narcotrafficanti messicani. A confermare il rapimento è stata la procura generale di Città del Messico, precisando che “almeno 22 turisti sono stati portati via da sconosciuti mentre si trovavano a bordo di quattro veicoli”. A quanto pare, il sequestro è avvenuto mentre il gruppo era alla ricerca di un albergo in città dove passare la notte. Le persone rapite venivano tutte dalla città di Morelia, a Michoacan vicino a Guerrero, due stati dove sono molto presenti i sicari di 'La Familià, uno dei cartelli dei narcos più pericolosi del paese, ricordano i media locali. Così come tante altre città messicane, Acapulco è ormai da tempo scenario di scontri e regolamenti di conti tra le diverse gang del narcotraffico, il cui obiettivo è quello di controllare i territori da dove passano i carichi della droga verso gli Stati Uniti e altri mercati. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 276

    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    inizio pagina