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Sommario del 02/10/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Udienze e nomine
  • Vigilia della visita del Papa a Palermo, oltre 100 mila persone pronte ad accoglierlo. Interviste con mons. Romeo e mons. Peri
  • Concerto in Aula Paolo VI alla presenza del Papa: la musica, riflesso della grande armonia del cosmo
  • Il 19 giugno 2011 Benedetto XVI visiterà la Repubblica di San Marino
  • Editoriale di padre Lombardi: sono contrario alla pena di morte per chiunque nel mondo, la dignità dell'uomo è più grande
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Elezioni in Brasile, si sceglie il dopo-Lula. I vescovi: favorire chi difende la vita
  • Alla Plenaria del Ccee a Zagabria, l’intervento di Mons. Giordano: l’Europa ha bisogno di una collaborazione tra Chiesa e istituzioni
  • Le pagine shock del Rapporto Onu sulle stragi nella RD Congo dal 1993 al 2003
  • Il commento al Vangelo della domenica di padre Bruno Secondin
  • Chiesa e Società

  • L'Onu per la Giornata internazionale della non violenza
  • Nella Giornata della non violenza, incontro interreligioso a Roma sulla figura di Gandhi
  • I vescovi Usa: contraccezione e sterilizzazione non sono “prevenzione di malattie”
  • Mons. Onaiyekan sul Mend: non accettiamo sia sparso sangue innocente
  • Malaysia: il governo invita i cristiani a usare il termine “Yahveh” invece che “Allah”
  • Hong Kong: i religiosi incontrano i giovani fedeli per promuovere la vita consacrata
  • Presentato a Roma il nuovo Anno pastorale diocesano
  • 24 Ore nel Mondo

  • Torna la calma in Ecuador: il presidente parla di cospirazione e chiama in causa il capo dell’opposizione
  • Il Papa e la Santa Sede



    Udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e un gruppo di presuli della Conferenza episcopale del Brasile (Regione NORTE I - NOROESTE), in Visita ad Limina.

    In Guatemala, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Guatemala, presentata per raggiunti limiti di età dal cardinale Rodolfo Ignacio Quezada Toruño. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Oscar Julio Vian Morales, Salesiano, finora arcivescovo di Los Altos, Quetzaltenango-Totonicapán. Il presule, 52 anni, ha ottenuto la licenza in Liturgia presso il Pontificio Ateneo S. Anselmo. Come sacerdote ha svolto, fra altri, gli incarichi di professore dell’Istituto Teologico Salesiano di Guatemala, direttore del Collegio salesiano "San Miguel" di Tegucigalpa in Honduras, delegato Ispettore della pastorale giovanile, consigliere provinciale, direttore del Centro Giovanile Don Bosco di Managua e direttore del Collegio Don Bosco a Città di Guatemala. Nel 1996 è stato nominato vicario apostolico di El Petén e ha ricevuto la consacrazione episcopale il 1° febbraio del 1997. Nel 2007 è stato trasferito all’Arcidiocesi di Los Altos, Quetzaltenango-Totonicapán.

    Sempre in Guatemala, il Pontefice ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare di Guatemala, presentata per raggiunti limiti di età da mons. José Ramiro Pellecer Samoya e da Mario Enrique Rios Mont. Al loro posto,

    In Italia, Benedetto XVI ha nominato vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca il sacerdote Vito Angiuli, del clero dell’arcidiocesi metropolitana di Bari-Bitonto, finora pro-vicario generale della medesima arcidiocesi. Il neo presule ha 48 anni e ha compiuto gli studi ginnasiali e liceali presso il Seminario Minore di Bari, e quelli filosofico-teologici presso il Seminario Regionale di Molfetta. Si è laureato in Filosofia all’Università degli Studi di Bari e ha ottenuto il Dottorato in Teologia Dommatica alla Pontificia Università Gregoriana. Ordinato sacerdote, è stato vicario parrocchiale, educatore nel Seminario arcivescovile di Bari, padre spirituale e vice-rettore del Seminario regionale di Molfetta, nonché docente presso l’Istituto Teologico Pugliese. Inoltre, fra l’altro, ha svolto gli incarichi di vicario rpiscopale per l’Evangelizzazione e di direttore dell’Ufficio catechistico diocesano. È autore di alcune pubblicazioni concernenti materie filosofico-teologiche e storico-catechetiche.

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    Vigilia della visita del Papa a Palermo, oltre 100 mila persone pronte ad accoglierlo. Interviste con mons. Romeo e mons. Peri

    ◊   E' tutto pronto a Palermo per la visita pastorale che Benedetto XVI compirà domani, in occasione del raduno ecclesiale regionale delle famiglie e dei giovani. Il Papa atterrerà verso le 9.15 all'aeroporto "Falcone e Borsellino" di Punta Raisi quindi si dirigerà in città, al Foro italico, per presiedere la concelebrazione eucaristica e, al termine, la preghiera dell'Angelus. Nel pomeriggio, due i momenti salienti: l’incontro in Cattedrale con i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i seminaristi, quindi quello conclusivo con i giovani, in Piazza Politeama, prima della partenza prevista per le 19.15. Il racconto della vigilia nelle parole del nostro inviato a Palermo, Salvatore Sabatino:

    Si è colorata di bianco e giallo, Palermo, in queste ultime ore, con migliaia di bandiere posizionate lungo le strade, che percorrerà domani Benedetto XVI. Solcherà il cuore antico della città il Papa, accolto dal grande affetto del popolo siciliano, che accorrerà in massa per incontrarlo. Solo per il primo appuntamento, quello al Foro Italico, dove il Pontefice presiederà la concelebrazione eucaristica, è prevista la presenza di 150 mila persone. Gli ultimi dati forniti dalla Questura parlano di almeno 700 autobus, che si immetteranno in marcia, già alle prime luci dell’alba, da tutta la Sicilia. Migliaia invece i giovani che hanno deciso di trascorrere la notte in sacco a pelo, in attesa che il Papa possa incoraggiarli ad andare avanti, a guardare al futuro in maniera diversa.

    Nel pomeriggio, dopo il pranzo in arcivescovado, Benedetto XVI sarà in Cattedrale, dove incontrerà la Chiesa siciliana, per poi dirigersi a Piazza Politeama, dove sarà accolto dall’affetto di migliaia di giovani e famiglie, preparatisi a questo incontro in maniera approfondita. Un lungo percorso, durato tre anni, quello della Pastorale per i giovani e la Pastorale familiare delle diciotto diocesi siciliane, che hanno dato vita negli ultimi due giorni, a Capaci, al Convegno dal titolo “Lo sguardo del coraggio, per una educazione della speranza”: interventi, confronti, prospettive sul futuro della Chiesa siciliana, che deve agire sul territorio, ridando nuova linfa ad una società che ha bisogno di fede. Una presenza sul territorio che si concretizzerà questo pomeriggio, quando i 1300 delegati del raduno si trasferiranno nel centro di Palermo per dar vita alle fontane di luce: 20 Chiese aperte al pubblico per pregare insieme e attendere Benedetto XVI; una sorta di quadrilatero della spiritualità, che accenderà il centro storico della città, in questa notte che già si preannuncia speciale.

    Attesa per un incontro che mancava da anni, aspettative che possano rilanciare la vita ecclesiale e non solo. C'è tutto questo nei sentimenti dei tanti palermitani, e dei tanti siciliani, che si stanno mobilitando per trascorrere con Benedetto XVI la giornata di domani. Salvatore Sabatino ne ha parlato con l'arcivescovo di Palermo, mons. Paolo Romeo:

    R. - C’è una grande attesa per la visita del Santo Padre che si svolge, sì, a Palermo, ma che vuole abbracciare tutta l’Isola. L’incontro con il Papa rappresenta, da una parte, l’essere confermati nel lavoro di fede che stiamo facendo con tante famiglie e con tanti giovani, ma dall’altra - allo stesso tempo - vuole essere un momento di sprone, di presa di coscienza e di impegno maggiore, perché i bisogni della società di oggi sono immensi.

    D. - Lei più volte ha parlato durante le sue omelie del degrado morale che deturpa l’uomo e ne abbassa la dignità. Eppure, lei dice che è possibile scegliere Dio sempre: in che modo?

    R. - Io credo che la scelta di Dio debba avvenire anzitutto a livello personale e il miglioramento di ciascuno di noi sarà poi un miglioramento comunitario, sarà poi un impegno comunitario. Don Pino Puglisi, questo prete che ha servito la Chiesa con amore e con dedizione fino alla fine, che ha testimoniato col suo sangue la fedeltà a Cristo e alla Chiesa, diceva: “E se ognuno fa qualcosa…”. Tante volte io dico che i nostri politici, i nostri amministratori sulla "carta" sono tutti cattolici: come mai, allora, produciamo delle legislazioni che poco hanno a che fare con la Dottrina sociale della Chiesa e soprattutto con quei valori evangelici della giustizia sociale e dell’equa ripartizione? Dobbiamo costruire un mondo solidale che vive nella sussidiarietà e dove ognuno, quindi, deve dare il suo contributo.

    D. - L’immagine che Palermo offre soprattutto attraverso i media è quella di una città complessa, piena di contraddizioni. Eppure la realtà può essere ben diversa: oggi Palermo che città è realmente?

    R. - E’ una città che ha bisogno di essere redenta. E’ una città che si è degradata nelle beghe politiche, che sta subendo molto forte l’impatto della crisi economica. La crisi economica colpisce a tutti i livelli, ma certamente diventa più disastrosa per i livelli a rischio e chi perde il posto di lavoro, in una famiglia a monoreddito, cade nello scoramento più grande. Ciò rappresenta una grande responsabilità per la società, perché - secondo il vecchio detto “L’ozio è il padre dei vizi” - quando non vengono date prospettive ai giovani, prospettive alle famiglie, i più volenterosi prendono il treno, prendono l’areo o la nave e se ne vanno, ma coloro che sono più fragili rimangono e possono cadere in preda a tutti questi fenomeni di illegalità che affliggono la nostra società. Io credo veramente che la nostra città di Palermo e la nostra isola abbiano bisogno di un sussulto.

    In una terra come la Sicilia, dove resistono antiche sacche di disagio sociale che condizionano ancora oggi la vita di molte persone, la Chiesa persegue con grande cura l'educazione dei giovani, intesa come strada maestra per costruire un presente e un futuro sano per tutta la regione. Lo afferma, al microfono di Salvatore Sabatino, il vescovo di Caltagirone, mons. Calogero Peri:

    R. – Penso che tutti, oggi, abbiamo un compito, che è quello di metterci all’ascolto delle domande vere che gli uomini si pongono, perché a volte ho l’impressione che un po’ tutti abbiamo risposte preparate, preconfezionate ma non alle domande vere degli uomini. Ritengo che i giovani, oggi, abbiano bisogno che ci sia la Chiesa come luogo in cui il loro disagio, piuttosto che essere giudicato, possa trovare un religioso atteggiamento di ascolto.

    D. – Padre Puglisi diceva: “Ognuno di noi ha una responsabilità. Se ognuno di noi riuscisse a cambiare qualcosa, evidentemente si potrebbe cambiare la società”. E’ un messaggio che è ancora attuale?

    R. – Andando un po’ più addentro a questo discorso della responsabilità, che da parte mia non ho mai considerato nella sua dimensione o di aggettivo o di avverbio, perché noi normalmente lo utilizziamo sempre così: persona “responsabile”… Io normalmente lo utilizzo come sostantivo: l’uomo è resposabillità. Il che significa: è risposta, fondamentalmente. Ma è risposta ad una domanda. Già è una risposta alla domanda di vita che il Creatore gli ha dato; la nostra esistenza è una risposta. Ed è una risposta al fatto che ci fa interlocutori del suo dialogo di salvezza e di amore, e oggi noi dobbiamo avere questa coscienza e soprattutto dobbiamo trasmetterla e coltivarla.

    D. – Lei lavora in un territorio particolare, dove ci sono ovviamente infiltrazioni mafiose. Si può dire che la Chiesa oggi ancora opera in un territorio di confine? O qualcosa sta cambiando, anche da questo punto di vista?

    R. – E’ chiaro che quel fenomeno originario, un po’ da camaleonte, ora è cambiato. Oggi, la Chiesa deve avere questa capacità di sapere dove intervenire. Deve intervenire nella formazione dei ragazzi, dei giovani, dando esempio di estrema legalità, attenzione … Dunque, abbiamo un ruolo veramente importante anche perché il nostro agire non è semplicemente un agire come quello degli altri: il nostro agire è simbolico. Quello che fa un prete, quello che fa la Chiesa acquista una rilevanza molto più ampia, una risonanza molto più profonda dell’agire semplicemente di altri cittadini. Per questo, ritengo che se tu prendi le nuove generazioni e le guidi per mano e dai loro quelle regole come valore e non semplicemente come esperienza di un’associazione passiva, allora questo sì che nel tempo potrà portare a un cambiamento. La storia ci insegna che la repressione è stata fallimentare. Io ricordo anni fa l'Operazione "Vespri siciliani", per il contrasto alla mafia. Io dissi semplicemente: se invece di dare quello stipendio a questi 5-6 mila soldati, l’avessero dato a 5-6 mila giovani, dando loro un segno di speranza, dando loro la possibilità di sposarsi, di assumersi una responsabilità nella società e non di lasciarli all’emigrazione, avremmo risolto un tantino di più, perché questo è un fenomeno che si sviluppa sulla difficoltà sociale che soprattutto tanti giovani incontrano.

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    Concerto in Aula Paolo VI alla presenza del Papa: la musica, riflesso della grande armonia del cosmo

    ◊   “In mezzo alle forze vitali della natura che sono intorno e dentro l’uomo, la fede è una forza diversa che risponde a una parola profonda uscita dal silenzio”. Lo ha detto il Papa nel breve discorso di ieri sera al termine del concerto in suo onore offerto dall’Eni, nell’Aula Paolo VI, in occasione dei restauri della Basilica di san Pietro. Ad interpretare la musica sinfonica di F. J. Haydn, l’inno al martirio di Santa Cecilia di Arvo Part e la Fantasia corale di L.V. Beethoven, l’Orchestra e il Coro dell’Accademia di Santa Cecilia, diretti dalla bacchetta estone, Neeme Jarvi, e da Ciro Visco. Al pianoforte, Andrea Lucchesini. All’evento ha assistito anche un gruppo di poveri, ospiti della Caritas diocesana. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    (musica)

    Gli effetti a sorpresa, la piacevole arguzia, la freschezza inventiva di un’esemplare sinfonia londinese, la numero 94, di Frances Joseph Haydn, affidata alla bacchetta dell’estone Neeme Jarvi, hanno aperto la serata di ieri in una gremita e assorta Aula Paolo VI, facendo risuonare, come ha poi sottolineato il Papa in una breve riflessione, insieme alla atipica fantasia corale di Ludwig Van Beethoven, tutta la ricchezza e la potenza della musica sinfonica classico-romantica.

    “Con essa, il genio umano gareggia in creatività con la natura, dà vita ad armonie varie e multiformi, dove anche la voce umana partecipa di questo linguaggio, che è come un riflesso della grande sinfonia cosmica”.

    Incastonata tra le due pagine sinfoniche è l’opera sacra contemporanea di Arvo Part, che narra il martirio di Cecilia, vergine romana. Pur avvalendosi anch’essa, spiega il Papa, di uno strumento simile ad un’orchestra sinfonica e ad un coro, vuole dare voce ad un’altra realtà che non appartiene al mondo naturale:

    “Dà voce alla testimonianza della fede in Cristo, che in una parola si dice ‘martirio’. E’ interessante che questa testimonianza sia improntata proprio da Santa Cecilia, una martire che è anche la patrona della musica e del bel canto”.

    Bisogna, dunque, congratularsi con chi ha ideato il programma del concerto, afferma Benedetto XVI, perché l’accostamento del lavoro su Santa Cecilia alle opere di Haydn e Beethoven offre un contrasto ricco di significato, che invita a riflettere. Il testo del martirio e lo stile musicale che lo interpreta, spiega Benedetto XVI, sembrano, infatti, rappresentare il posto e il compito della fede nell’Universo:

    “In mezzo alle forze vitali della natura, che sono intorno all’uomo e anche dentro di lui, la fede è una forza diversa, che risponde ad una parola profonda uscita dal silenzio, come direbbe Sant’Ignazio di Antiochia. La parola della fede ha bisogno di un grande silenzio interiore, per ascoltare e obbedire ad una voce che è oltre il visibile e il tangibile”.

    La fede, dunque, segue questa voce profonda laddove l’arte stessa da sola non può arrivare.

    “La segue nella via della testimonianza, dell’offerta di se stessi per amore, come ha fatto Cecilia. Allora, l’opera d’arte più bella, il capolavoro dell’essere umano è ogni suo atto di amore autentico, dal più piccolo nel martirio quotidiano, fino all’estremo sacrificio. Qui la vita stessa si fa canto, un anticipo di quella sinfonia che canteremo insieme in Paradiso”.

    (musica)

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    Il 19 giugno 2011 Benedetto XVI visiterà la Repubblica di San Marino

    ◊   Poco prima della prossima estate, Benedetto XVI sarà in visita pastorale nella Repubblica di San Marino. La conferma è stata data dalla Sala Stampa della Santa Sede. Il Papa trascorrerà a San Marino la giornata di domenica 19 giugno, portando di nuovo la presenza di un Pontefice in quei luoghi dopo 29 anni, dalla visita di Giovanni Paolo II del 29 agosto 1982.

    Dal canto suo, il vescovo di San Marino-Montefeltro, mons. Luigi Negri, ha ringraziato il Papa che - scrive in un messaggio ai fedeli - “viene ad incontrare una Chiesa che sta facendo un cammino significativo per recuperare la tradizione di un popolo cristiano e di una società che vivono un momento difficile della loro vita sociale”. Tutta la comunità cristiana e civile della Repubblica di San Marino e del Montefeltro, prosegue mons. Negri, si stringerà con calore e affetto attorno al Papa per ascoltare dalla sua voce “parole di incoraggiamento” di fede e speranza.

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    Editoriale di padre Lombardi: sono contrario alla pena di morte per chiunque nel mondo, la dignità dell'uomo è più grande

    ◊   “Sono contrario alla pena di morte” perché “cerco una giustizia più grande”. Con un testo in prima persona, diretto ed efficace, e sullo sfondo di recenti avvenimenti internazionali, il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, prende una netta posizione contro le esecuzioni capitali, in qualsiasi parte del mondo esse avvengano e per qualsiasi tipo di reato siano comminate. Ascoltiamolo in questo editoriale per Octava dies, il settimanale del Centro Televisivo Vaticano:

    Sono contrario al ricorso alla pena di morte.
    Non la voglio né in Cina, né in Iran, né negli Stati Uniti, né in India, né in Indonesia, né in Arabia Saudita, né in nessuna parte del mondo.
    Non la voglio per lapidazione, né per fucilazione, né per decapitazione, né per impiccagione, né per scossa elettrica, né per iniezione letale. Non la voglio dolorosa, né indolore. Non la voglio in pubblico, né in segreto.
    Non la voglio per le donne, né per gli uomini; non per gli handicappati, né per i sani.
    Non la voglio per i civili, né per i militari; non la voglio né in pace, né in guerra.
    Non la voglio per chi può essere innocente, ma non la voglio neppure per i rei confessi.
    Non la voglio per gli omosessuali. Non la voglio per le adultere. Non la voglio per nessuno.
    Non la voglio neppure per gli assassini, per i mafiosi, per i traditori e per i tiranni.
    Non la voglio per vendetta, non per liberarci di prigionieri scomodi o costosi, e neppure per presunta misericordia.
    Perché cerco una giustizia più grande. Ed è bene camminare per questa strada per affermare sempre di più, a vantaggio di tutti, la dignità della persona e della vita umana, di cui non siamo noi a disporre. Come dice il Catechismo della Chiesa cattolica citando Giovanni Paolo II, oggi per gli Stati, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo per renderlo inoffensivo “sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti” (n.2267). Rendiamoli inesistenti. E’ meglio.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La fede è una forza diversa: il Papa al termine del concerto dell'orchestra e del coro dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia.

    Alla vigilia della visita di Benedetto XVI a Palermo, in prima pagina, un fondo di Franco La Cecla e, nell'informazione vaticana, un'intervista di Mario Ponzi all'arcivescovo Paolo Romeo.

    In prima pagina, la notizia del primo cuore artificiale permanente impiantato all'ospedale pediatrico Bambino Gesù.

    Demografia e immigrazione in Italia: nell'informazione internazionale, Pierluigi Natalia su un articolo del gesuita Gian Paolo Salvini, direttore de “La Civiltà Cattolica”.

    Giuseppe Fiorentino sulle presidenziali, domani, in Brasile.

    Dal terzo secolo i morti parlano dei vivi: in cultura, Fabrizio Bisconti sulle memorie archeologiche della prima evangelizzazione di Palermo.

    Fragili appigli di normalità: Gaetano Vallini recensisce “La pecora nera” di Ascanio Celestini che dal teatro al grande schermo non perde intensità.

    L'idea di una società civile riflesso dell’ordine cosmico: Alfredo Valvo sull'incontro tra il cristianesimo primitivo e la paideia greca secondo, Werner Jaeger.

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    Oggi in Primo Piano



    Elezioni in Brasile, si sceglie il dopo-Lula. I vescovi: favorire chi difende la vita

    ◊   Vigilia elettorale in Brasile: 134 milioni di elettori sono chiamati a scegliere i deputati, i governatori dei 26 Stati e soprattutto il successore del presidente Lula, che, dopo due mandati consecutivi, non può partecipare alla tornata. Forte di un gradimento dell’85 per cento, il capo dello Stato sostiene l’elezione della candidata del suo Partito dei lavoratori, Dilma Roussèff, data per certa dagli ultimi sondaggi. Sull’appuntamento, Eugenio Bonanata ha raccolto la riflessione di mons. Bruno Pedron, vescovo di Ji-Paranà, in questi giorni in Vaticano per la visita ad Limina di un gruppo di presuli brasiliani:

    R. - Noi vescovi siamo molto preoccupati, perché le persone che andranno a essere elette molte volte non la pensano come noi, alla luce del Vangelo, alla luce dei veri principi e valori cristiani che noi cerchiamo di mettere da molto tempo nella società.

    D. - Quali sono le sfide principali per il Paese?

    R. - Il Paese sta vivendo un momento di corruzione: c’è una mancanza di sicurezza, mancanza piani governativi in tema di salute. La gente non ci crede neanche più nella politica: sento che alcuni – soprattutto il popolo – hanno paura di perdere i benefici che ricevono, mentre altri – i ceti più abbienti – la paura che si instauri un governo dittatoriale.

    D. - Voi avete dato indicazioni sul voto?

    R. - Noi siamo stati ben chiari: abbiamo orientato i nostri fedeli perchè votino i candidati che promuovono i principi morali giusti. La mia diocesi di Ji-Paraná, per esempio, si è unita alla Conferenza episcopale del Brasile in una grande promozione che si basa sull’affermazione: il tuo voto vale una vita. Allora, per difendere la vita, dobbiamo sapere che le persone a cui diamo la nostra preferenza devono difendere la vita in tutti i modi e in tutte le situazioni. Questo è molto importante per la Chiesa e per lo sviluppo del popolo brasiliano. Perché se noi difendiamo, per esempio, l’aborto, le unioni omosessuali, cose che non sono proprie dell'annuncio del Vangelo, come possiamo dire alla nostra gente che siamo corretti? Noi dobbiamo orientare la nostra gente, perché si votino persone che guardino alla vita. E pare che molti politici si siano anche preoccupati perché la Chiesa ha una certa forza in Brasile.

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    Alla Plenaria del Ccee a Zagabria, l’intervento di Mons. Giordano: l’Europa ha bisogno di una collaborazione tra Chiesa e istituzioni

    ◊   Prosegue a Zagabria la Plenaria del Ccee, il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, incentrata sul tema “Demografia e Famiglia in Europa. Stamani, il discorso di mons. Aldo Giordano, che ha messo l’accento sulle possibilità di dialogo e collaborazione tra Chiesa e Istituzioni europee. Intervistato da Alessandro Gisotti, l’osservatore vaticano presso il Consiglio d’Europa si sofferma sul tema del suo intervento:

    R. - La nostra preoccupazione di fondo è sempre quella di lavorare per la dignità umana, per difendere la persona umana. Quindi, vogliamo essere promotori della dignità umana. Difendere la persona umana significa anche preoccuparci della libertà religiosa, perché siamo convinti che il diritto della libertà religiosa è quello che permette - in qualche modo - il compimento di tutti gli altri diritti, proprio perché apre la visione dell’uomo sulla trascendenza, apre il tema della dignità umana su un fondamento veramente unico. Permette inoltre di dare un contenuto - contenuto che per noi viene dalla luce del Vangelo - alla dignità della persona umana, ma che permette anche una presenza critica per le posizioni che ci sembrano, invece, non rispettose di questa dignità umana.

    D. - Nel recente e storico viaggio nel Regno Unito, il Papa ha sottolineato che una vera democrazia non deve oscurare la fede dalla spazio pubblico. Questo è un grande messaggio per tutta l’Europa di oggi e non solo ovviamente per la società britannica…

    R. - Giustamente. Un vero concetto di laicità non vuol dire creare spazi vuoti, ma creare degli spazi aperti, degli spazi capaci di ricevere tutti i contributi positivi per la società, per il bene comune. Come cristiani, siamo convinti che abbiamo un contributo da dare e pensiamo alla visione dell’uomo, alla visione della libertà, alla visione della società. Proprio per questo contributo, noi sentiamo di avere il dovere, di avere la responsabilità di poterlo dire. In maniera molto alta, anche il Papa - sia in Inghilterra, sia nella recente Enciclica Caritas in Veritate - ha usato un’espressione: “Dio stesso deve avere uno spazio, un luogo, una presenza nell’ambito pubblico”.

    D. - Tema centrale della Plenaria di Zagabria è la famiglia, in particolare alle prese con la denatalità, il cosiddetto “inverno demografico”. Cosa può fare la Chiesa e cosa possono fare gli episcopati europei per favorire una inversione di tendenza, anche culturale?

    R. - Abbiamo sofferto e soffriamo ancora per un certo oblio del tema della famiglia anche nell’opinione pubblica e presso le istituzioni. Da parte della Chiesa e delle Conferenze episcopali, credo che il primo elemento sia quello di mettere in luce la ricchezza dell’esperienza-famiglia e, quindi, cominciare dalla ricchezza del rapporto uomo-donna, che è la prima distinzione dell’umano ed è, quindi, il primo contributo e la prima ricchezza che dobbiamo vivere. E’ necessario rivalutare e rilanciare, poi, il tema della vita, della ricchezza del miracolo della vita. C’è bisogno di un lavoro culturale, c’è un bisogno di un lavoro educativo e c’è bisogno di un lavoro anche politico. Cerchiamo, quindi, di lavorare anche presso le istituzioni, affinché la ricchezza della famiglia sia presente e sia in qualche maniera anche riscoperta. Chiediamo interventi politici, chiediamo interventi legislativi che vadano dai contribuiti a livello economico, per sostenere la maternità e la paternità, alla protezione legislativa e alla valorizzazione culturale di questo aspetto.

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    Le pagine shock del Rapporto Onu sulle stragi nella RD Congo dal 1993 al 2003

    ◊   E’ stato presentato ieri a Ginevra il Rapporto Onu sui massacri compiuti nella Repubblica Democratica del Congo dalle truppe governative o straniere e dai gruppi ribelli, tra il 1993 e il 2003. Un documento di 500 pagine che descrive oltre 617 gravi violazioni a danno della popolazione civile. L'Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni unite, Navi Pillay, ha definito scioccanti i dati emersi: si tratta - ha detto - di un primo passo verso il doloroso ma essenziale processo di denuncia della verità dopo un violento conflitto. Sul piede di guerra alcuni dei Paesi chiamati in causa, tra cui Rwanda e Uganda che parlano di notizie non vere e pericolose. Il servizio di Cecilia Seppia:

    Massacrati, torturati, stuprati: sono morti così in Congo decine di migliaia di civili i cui corpi dopo numerose indagini, sono emersi dal silenzio delle fosse comuni. L’Onu parla di crimini contro l’umanità perpetrati negli anni 1993-2003 dalle truppe militari, c’è chi l’ha definita la "Guerra mondiale africana" per il numero degli individui coinvolti: di certo il capitolo più tragico della recente storia di questo Paese, troppe volte ignorato. Loretta Bondi, portavoce dell'Alto Commissariato Onu per i diritti umani:

    “L’obiettivo fondamentale del rapporto era spezzare questo clima di impunità e aiutare la Repubblica Democratica del Congo a mettere in atto quei sistemi che riescano a rendere giustizia alle vittime e a identificare chi ha commesso tali violazioni. E’ un clima di impunità che continua a generare un circolo vizioso di attacchi e di contrattacchi in cui poi alla fine è la popolazione civile a soffrire”.

    Il Congo plaude ai risultati raggiunti e invoca giustizia per le vittime, ma i governi di Rwanda, Uganda, Burundi e Angola non ci stanno e chiedono alle Nazioni Unite di ritirare il documento che tra le righe li ritiene responsabili di genocidio. Ancora Loretta Bondi:

    “Le reazioni del Rwanda sono state immediate quando c’è stata una fuga di notizie che andrà accertata. Noi abbiamo semplicemente evidenziato il fatto - sulla base del mandato di questa indagine - che la natura dei crimini e la loro sistematicità potrebbero ammontare a crimini contro l’umanità, crimini di guerra e perfino genocidio. La documentazione che è fornita dal Rapporto dovrà essere esaminata, se sarà opportuno e necessario, da una Corte competente per stabilire la natura vera e propria dei crimini ma mi preme moltissimo sottolineare che qui il focus non è sul Rwanda, non è su l’Uganda, è sulla Repubblica Democratica del Congo, che ha sofferto questa storia devastante”.

    Un Rapporto scioccante sotto tanti aspetti che denuncia tra l’altro l'uso ''sistematico'' dello stupro e di aggressioni sessuali, da parte di tutte le forze combattenti, anche nelle loro forme più brutali ed orrende, tra cui le mutilazioni genitali e il cannibalismo. Vere e proprie campagne del terrore che hanno sterminato intere etnie. Un capitolo a parte è quello che riguarda i bambini, oltre 30 mila quelli reclutati dall’esercito e costretti ad impugnare le armi durante la guerra civile, migliaia i piccoli abusati e privati ogni giorno di tutti i loro diritti.

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    Il commento al Vangelo della domenica di padre Bruno Secondin

    ◊   Nella 27.ma domenica del Tempo ordinario, il Vangelo presenta il brano del Vangelo di Luca nel quale Gesù, rispondendo agli Apostoli che gli chiedono di aumentare la loro fede, dice:

    “Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: ‘Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe”.

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del carmelitano, padre Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Se davvero di fede ne bastasse quanto un “granello di senape” per spostare alberi e montagne, allora la nostra è ancor meno che questo granello, visto che non spostiamo né alberi né montagne, ma neanche noi stessi dai nostri vizi e ambizioni. Eppure ci sentiamo a posto con i doveri religiosi, ci sembra di stare a modo cristiano in chiesa e fuori, e collaboriamo con la parrocchia e altre organizzazioni. Sarà un problema di conti in regola, di doveri e diritti ben catalogati, o sarà un problema di cuore?

    La fede non è un problema di calcoli tenuti sott’occhio, ma di cuore che ama, che si affida e confida, senza crucciarsi troppo se i suoi desideri non sono esauditi subito. Ce lo insegna oggi anche il profeta Abacuc, invitando a stare di sentinella, non per paura ma per amore e fiducia. Chi ama e si sente amato non perderà la fiducia che Dio gli è vicino, che Dio lotta con lui contro ogni delusione amara.

    Avere fede non è la stessa cosa che invocare miracoli e grazie ad ogni pie’ sospinto. Il dialogo con Dio è falso quando si fa con i conti in mano e con l’aria di costringerlo. La fede è un granello che va coltivato, una fiammella che va ravvivata: un dono che va custodito con amore e fiducia.

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    Chiesa e Società



    L'Onu per la Giornata internazionale della non violenza

    ◊   “Noi alle Nazioni Unite cerchiamo di sfruttare il potere della non violenza per superare il pregiudizio, porre fine ai conflitti, e coltivare il rispetto reciproco e la comprensione tra i popoli e i Paesi”. Cosi il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, scrive nel suo messaggio per la Giornata internazionale della non violenza, che ricorre oggi, sabato 2 ottobre, data di nascita di una delle voci guida di questa dottrina, Mahatma Gandhi. “La non violenza”, disse Gandhi, “è la più grande forza a disposizione dell’umanità”. Nel testo, il segretario dell’Onu sottolinea che “il credo della non violenza echeggia per mezzo della Carta delle Nazioni Unite: Praticare la tolleranza e vivere insieme in pace come buoni vicini, assicurare… che non venga impiegata la forza armata, salvo che nell’interesse comune”. “Lavoriamo ogni giorno per animare questi nobili principi – spiega Ban Ki-moon facciamo questo promuovendo i diritti umani, cercando di risolvere i conflitti attraverso mezzi pacifici, promuovendo campagne per eliminare la violenza contro le donne, lavorando per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, e costruendo ponti tra le culture e contrastando ovunque l’odio e l’estremismo”. Il primo responsabile delle Nazioni Unite esorta quindi a non lasciare questo lavoro solo ai governi o alle organizzazioni internazionali: “La pace può essere ottenuta attorno al tavolo dei negoziati, ma viene perseguita attorno ai tavoli delle comunità. La pace inizia con le persone, essa fluisce dai cuori di uomini e donne che vi sono dediti. Le comunità, le famiglie, e gli individui hanno tutti un ruolo cruciale da giocare per sconfiggere la violenza e creare una cultura della pace”. “In questa giornata internazionale della non violenza – conclude Ban Ki-moon - lavoriamo insieme per usare la grande forza della non violenza per costruire delle società pacifiche e giuste per noi stessi e per i nostri figli”. (M.G.)

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    Nella Giornata della non violenza, incontro interreligioso a Roma sulla figura di Gandhi

    ◊   “Contributo delle spiritualità nella ricerca di sicurezza condivisa in un mondo in rapida trasformazione: è ancora attuale il messaggio di Gandhi?”. È questo il tema scelto per l’incontro interreligioso in programma per oggi, a Roma, nella Giornata internazionale della non violenza proclamata dalle Nazioni Unite. La non violenza, ricordano gli organizzatori dell'incontro all'agenzia Zenit, va ricordata "ogni anno come 'buona pratica' che è stata capace di portare l’India all’indipendenza e di ispirare movimenti per i diritti civili e per la libertà in tutto il mondo". All’iniziativa che prenderà il via alle 17 presso il Monastero delle Benedettine di Santa Cecilia nel quartiere Trastevere interverranno Valentina Savelli, dell'Unione induista Italiana, Rav Vittorio Della Rocca, della Comunità ebraica di Roma, Maria Angela Falà, segretario generale dell'Unione Buddhista Italiana, Cenap Aydn Mustafa, presidente dell'Istituto Tevere/pro dialogo, Tania Gupta, lettrice di Hindi presso l’Università “La Sapienza” di Roma, e padre George Nelljanil, monaco camaldolese, priore dell'ashram Shantivanam (Tamil Nadu, India). Gli interventi saranno preceduti e scanditi dalle note del sitar, su sonorità care al Mahatma Gandhi. (M.G.)

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    I vescovi Usa: contraccezione e sterilizzazione non sono “prevenzione di malattie”

    ◊   “La gravidanza non è una malattia”. Lo affermano i vescovi statunitensi di fronte alla decisione del Dipartimento per i Servizi sanitari Usa di includere i servizi di contraccezione e sterilizzazione come misura di prevenzione di malattie, nella copertura della "Patient Protection and Affordable Care Act". In una lettera datata 17 settembre, sia la Conferenza episcopale, sia l'avvocato Anthony Picarillo e l'associato Michael Moses hanno espresso “particolare preoccupazione” per la proposta. “Evitare la gravidanza non è evitare una malattia”, inizia con l'affermare il testo, citato dalla Zenit. “La contraccezione e la sterilizzazione presentano i propri, unici e seri rischi per la salute del paziente”. La lettera segnala che questi “servizi” sono anche “moralmente problematici per molte parti interessate, inclusi gli affiliati ai servizi sanitari”, così come per “le comunità religiose, i prestatori di servizi e le compagnie assicurative”. “Secondo il nostro punto di vista”, affermano ancora i vescovi, “anticoncezionali con ricetta e sterilizzazione chimica e chirurgica sono servizi particolarmente inappropriati nel concetto di 'servizi preventivi' per tutti i piani sanitari”. Nel testo, i presuli sostengono che questa definizione non può condividere il significato o la proposta di servizi preventivi come la misura della pressione arteriosa, dei livelli di colesterolo, della pressione, del diabete, dell'ipersensibilità o delle malattie a trasmissione sessuale. Questi sono servizi ai quali bisogna prestare attenzione, hanno sottolineato, “perché possono prevenire serie malattie”, ma la stessa logica “non può applicarsi alla contraccezione o alla sterilizzazione”. Nella loro lettera, i vescovi riconoscono che “in varie epoche la donna può avere serie ragioni personali per voler evitare o rimandare una gravidanza”. Ad ogni modo, aggiungono, “queste ragioni personali non si trasformano in una condizione temporanea o permanente di infertilità, un requisito previo per la salute”. Il testo chiarisce che la contraccezione “è quasi sempre percepita come una ragione personale o uno stile di vita”, il che “presenta i propri rischi e gli effetti secondari”. “L'uso della prescrizione contraccettiva attualmente aumenta il rischio per le donne di sviluppare alcune delle condizioni che i 'servizi preventivi' enumerano nel Regolamento di Provvedimento finale”. Non si può neanche chiamare anticoncezionale “preventivo” l'aborto, aggiungono i vescovi, perché “l'aborto non è in sé una condizione della malattia, ma un procedimento a parte che si realizza solo per l'accordo tra una donna e un professionista sanitario”. Per i presuli, “gli studi hanno dimostrato che la percentuale delle gravidanze non desiderate che terminano in aborti è più alta rispetto a quella delle gravidanze che avvengono mentre si fa uso di anticoncezionali”. I vescovi hanno infine espresso la propria preoccupazione per il fatto che questa legge possa “costituire un fatto senza precedenti che minaccia i diritti di coscienza degli impiegati che applicano le proprie credenze religiose” e altri che per la loro morale o le obiezioni religiose si rifiutano di effettuare queste procedure. Con questo tipo di misure, avvertono, si possono promuovere “riforme che sarebbero vuote promesse”. (M.G.)

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    Mons. Onaiyekan sul Mend: non accettiamo sia sparso sangue innocente

    ◊   “Siamo tristi per la perdita di dieci vite umane e allo stesso tempo preoccupati perché siamo di fronte ad un fatto nuovo, mai verificatasi prima nella nostra storia, di un duplice attentato nella capitale federale” dice all’agenzia Fides, mons. John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, capitale della Nigeria, dove ieri, 1 ottobre, due autobomba sono esplose a pochi metri dal luogo dove si svolgeva la parata militare per celebrare i 50 anni dell’indipendenza nazionale. Sulla stampa nigeriana circola anche l’ipotesi che vi sia la mano di Al Qaida dietro il duplice attentato”, dice mons. Onaiyekan. “Se fosse confermata questa pista sarebbe un fatto preoccupante perché introdurrebbe la dimensione religiosa in una situazione già complessa. Nel caso invece che la rivendicazione del Mend venisse ritenuta credibile delle autorità, mi chiedo allora cosa questo gruppo voglia ottenere uccidendo degli innocenti”. Il Mend afferma di lottare per vedere riconosciuti i diritti delle popolazioni del Delta del Niger, che non solo non traggono profitto dal petrolio estratto nella regione, ma subiscono pure i danni ambientali. “Esprimiamo simpatia a coloro che chiedono un’equa distribuzione dei proventi del petrolio, ma non possiamo, in nessun caso, accettare lo spargimento di sangue innocente”, afferma ancora mons. Onaiyekan. “La Conferenza episcopale pubblicherà al più presto un comunicato sulla violenza in Nigeria, nel quale si parlerà anche dell’attentato di ieri. Prima, però, vogliamo attendere gli esiti delle indagini preliminari da parte delle autorità di sicurezza”, conclude l’arcivescovo di Abuja. (M.G.)

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    Malaysia: il governo invita i cristiani a usare il termine “Yahveh” invece che “Allah”

    ◊   Alcuni rappresentanti e inviati del governo malaysiano, come il ministro Idris Jala, di fede cristiana, stanno girando per le comunità cristiane della Malaysia, tentando di convincere i cittadini cristiani ad abbandonare il termine “Allah” e a utilizzare “Yahveh” nei testi, nella liturgia, nelle pubblicazioni. Il tentativo si inserisce nel quadro della controversia sull’uso del termine “Allah”, ancora in corso, fra la comunità cristiana e quella musulmana, sfociata nei mesi scorsi in un procedimento legale intentato dal settimanale cattolico “Herald”. Con la sentenza del 31 dicembre 2009, l'Alta Corte di Giustizia ha affermato il diritto del settimanale “Herald” di usare il termine “Allah” per riferirsi al proprio Dio. Il termine “Allah”, infatti, è l’unica parola esistente in lingua “Bahasha Malaysia” per indicare Dio. La comunità cristiana attualmente non sembra voler accettare la proposta di usare il termine ebraico “Yahveh”. Il reverendo Thomas Philips, leader cristiano a capo del “Malaysian Consultative Council of Buddhism, Christianity, Hinduism, Sikhism and Taoism”, organismo impegnato nel dialogo interreligioso, ha spiegato a Fides: “I fedeli continueranno a usare il termine Allah: è un sacrosanto diritto che tocca la libertà di espressione”. “Ogni persona che parla una lingua – spiega ancora il religioso – ha il diritto di usare tutte le parole di quella lingua, senza imposizioni o limitazioni”. Il reverendo Thomas Philips ha poi garantito che la questione sarà discussa in modo positivo nel Comitato interreligioso formato dal governo: “Siamo ai primi passi del Comitato e stiamo lavorando con lo spirito di comprendersi e trovare giuste soluzioni alle questioni che toccano la sfera religiosa. Questo vale anche per la controversia sull’uso del termine Allah. Siamo fiduciosi che si possa giungere a una soluzione condivisa, per il bene della nazione e della gente di ogni fede religiosa”. (M.G.)

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    Hong Kong: i religiosi incontrano i giovani fedeli per promuovere la vita consacrata

    ◊   “Mettere la vita nell’amore”, è titolo dell’iniziativa organizzata dalla Commissione diocesana per le vocazioni di Hong Kong per promuovere la vita consacrata tra i giovani attraverso i testimoni di quattro Congregazioni. Secondo quanto riferisce il bollettino diocesano “Kong Ko Bao”, l’incontro si è svolto nella parrocchia di S. Tommaso Apostolo, dove un monaco trappista, un missionario del Pime, una suora delle Missionarie Francescane di Maria, un membro dei Fratelli Maristi insieme con un sacerdote diocesano hanno offerto la loro testimonianza sulla vita consacrata ad un gruppo di una cinquantina di giovani. Le testimonianze, riprese dalla Fides, sono state rese attraverso una rappresentazione teatrale, più accessibile per i giovani, al fine di presentare uno spaccato della vita consacrata come è vissuta concretamente e quotidianamente. Padre Giles Chong ha sottolineato che “la vita contemplativa non impedisce di progredire secondo i segni dei tempi”. In monastero – ha detto il religioso – “usiamo anche le nuove tecnologie per lanciare la vita monastica”; padre Luigi Cantoni del Pime ha affermato che “anche la diocesi soffre la carenza di clero, ma comunque ha sempre il dovere di mandare i missionari all’estero”. Suor Lucia Mak, FMM, ha spiegato come è la vita secondo i tre voti di povertà, obbedienza e castità, mentre fratel John Chong ha sottolineato che anche rimanere senza l’ordinazione sacerdotale è obbedienza alla volontа di Dio. Da parte sua, don Joseph Liu Ah Lun, sacerdote diocesano di Hong Kong, ha presentato la storia del celibato. Infine, hanno condiviso l’esperienza del pellegrinaggio in Francia, nell’Anno Sacerdotale, incoraggiando i giovani presenti a rispondere alla chiamata del Signore con coraggio. L’incontro si è concluso con la preghiera e l’adorazione. (M.G.)

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    Presentato a Roma il nuovo Anno pastorale diocesano

    ◊   “Il nostro Cortile dei gentili quotidiano è l’Università, il quartiere dove viviamo, la nostra casa a volte. Noi siamo chiamati da Cristo ad evangelizzare. E la Messa domenicale deve rappresentare il nostro punto di partenza e la nostra forza”. Lo ha detto padre Mauro Oliva, cappellano dell’Università di Tor Vergata di Roma, questa mattina nella capitale, durante il Convegno diocesano per gli operatori di Pastorale Universitaria, ha spiegato il tema del nuovo anno 2010-2011 “Ite missa est: nel cortile dei gentili. Dalla messa alla missione”. “L’Università – ha continuato il cappellano – è il luogo privilegiato d’incontro tra fede e ragione e il nostro compito è quello di aprire il cammino e favorire il dialogo”. E tanti sono gli appuntamenti che attendono gli universitari durante questo percorso pastorale. Tra gli altri, dal 24 al 30 ottobre si svolge la Settimana dell’accoglienza delle matricole con una serie di convegni e appuntamenti, mentre il 20 novembre si tiene il pellegrinaggio degli universitari a Pompei e il 16 dicembre, come da tradizione, l’incontro natalizio degli universitari con Benedetto XVI. “In questo nuovo anno – ha concluso mons. Lorenzo Leuzzi direttore dell’Ufficio di pastorale universitaria – cercheremo di far riscoprire agli universitari l’importanza della domenica. L’Eucaristia domenicale diventa un momento vivo e personale d’incontro con il Risorto. Con Lui comincia la nuova settimana, da vivere con tutti i suoi eventi non in maniera passiva ma da veri protagonisti della nostra storia”. (A cura di Marina Tomarro)

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    24 Ore nel Mondo



    Torna la calma in Ecuador: il presidente parla di cospirazione e chiama in causa il capo dell’opposizione

    ◊   Torna la calma a Quito, in Ecuador, dopo il fallito colpo di Stato degli scorsi giorni. Diramati i primi bilanci del blitz, che ha liberato il presidente Correa dall’ospedale in cui si era rifugiato: sarebbero otto i morti, tra cui due poliziotti, mentre i feriti sarebbero circa 274. Il presidente Correa ha annunciato l’apertura di inchieste che facciano luce sulla vicenda e già sono apparsi i nomi di tre generali ritenuti tra i maggiori responsabili dell’accaduto: si tratta di Manuel Rivadeneira, Julio Cesar Cueva e Marcelo Echeverria che compariranno oggi dinanzi ai giudici con l’accusa di “tentato omicidio del capo di Stato”. Anche il capo della polizia nazionale ha annunciato le proprie dimissioni proprio mentre il procuratore generale ha aperto un’inchiesta ipotizzando una cospirazione ordita dall'esterno degli ambienti istituzionali, annunciando un "repulisti" nella Policia Nacional. "Non è stata una protesta per la riduzione dei benefici salariali, ma un chiaro esempio di cospirazione", ha detto Correa in un comunicato stampa in cui ha accusato il leader dell'opposizione, Lucio Gutierrez, di essere legato agli uomini che hanno fatto irruzione nel palazzo presidenziale e nelle sale della TV nazionale. Di fronte al tentato colpo di Stato, il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha telefonato al presidente Correa per manifestare l'appoggio degli Stati Uniti.

    Condannati a Lima i responsabili della dittatura di Fujimori
    Terminato in Perù il maxi processo contro alcuni esponenti della dittatura di Fujimori: grande la soddisfazione dei gruppi per la tutela dei diritti umani e delle associazioni dei familiari delle vittime. Il servizio di Marco Onali:

    La magistratura peruviana ha inflitto oggi pene detentive contro una ventina di militari per i massacri e le sparizioni di civili effettuate nel Paese sud americano durante la dittatura tra il 1990 e il 2000. Tra questi il braccio destro dell’ex presidente Fujimori, Vladimiro Montesinos, che è stato condannato a 25 anni di carcere, condanna che si somma alle precedenti per traffico d’armi e corruzione. Tutti i condannati erano legati al gruppo “Colina”, uno squadrone della morte protagonista della guerra occulta condotta dallo Stato contro i guerriglieri di estrema sinistra di Sendero Luminoso e del Movimento rivoluzionario Tupac Amaru. Gli altri militari, tra cui il capo dell’esercito, Julio Salazar Monroe, sono stati condannati a detenzioni comprese tra i 15 e i 25 anni. Il maxi processo è stato aperto per far luce su tre casi distinti: il massacro del 1991 di Barrio Altos, nei pressi di Lima, quando un commando di uomini mascherati aprì il fuoco in una festa privata, uccidendo 15 persone, fra cui donne e un bambino, la scomparsa di nove contadini a El Santa, nel nord del Perù, e quella del giornalista Pedro Yauri avvenuta nel 1992. Termina dopo sei anni, con la condanna dei maggiori esponenti del regime del presidente peruviano Fujimori. Grande la soddisfazione dei parenti delle vittime, che considerano adeguata la condanna annunciando che continuerà la loro ricerca della verità e dei corpi delle vittime. La principale radio del Paese definisce la condanna “esemplare per la storia giudiziale del Perù”.

    Ancora scontri in Afghanistan: uccisi 7 soldati della coalizione internazionale
    Ancora scontri in Afghanistan dove le violenze non sembrano cessare. Una duplice esplosione ha ucciso complessivamente 7 soldati della coalizione internazionale. Nella notte poi uno scontro armato tra miliziani e forze di pace ha ferito due militari italiani, mentre nel corso di una battaglia nel Sud del Paese 5 miliziani sono stati uccisi e due attentatori, sorpresi a piazzare ordigni, catturati.

    In Pakistan ucciso uno studioso anti talebani
    Il vice rettore dell'Università islamica di Swat, nel nord del Pakistan, è stato assassinato oggi insieme a un suo assistente. Il professore Farooq Khan è morto in seguito a una sparatoria avvenuta a Mardan, a ovest di Islamabad. Lo studioso era conosciuto come un oppositore dei talebani che considerava come “fanatici” e seguaci di un'ideologia che non corrisponde a quella dell'Islam. Intanto continuano le tensioni in Pakistan, dove nella notte droni, gli aerei americani senza pilota, hanno lanciato missili nella regione del Waziristan, nel nord del Paese, uccidendo 13 persone. Contemporaneamente, nella frontiera meridionale del Paese, per il terzo giorno consecutivo continua il blocco dei convogli Nato destinati al rifornimento in Afghanistan: l’ambasciatore pakistano negli Stati Uniti promette che riprenderà il traffico con l’Afghanistan non appena la situazione sarà più sicura e verranno chiarite le questioni in sospeso con la Nato. È, infatti, è cominciata l’indagine congiunta della Nato con le autorità pakistane per verificare le eventuali responsabilità dell’attacco dei giorni scorsi effettuato dalle truppe alleate in territorio pakistano. Il generale Petraeus, comandante della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf) in Afghanistan, ha personalmente manifestato rammarico al presidente pakistano per la morte dei tre militari.

    Scontri in Kashmir: 8 militanti dal Pakistan e un poliziotto indiano sono morti
    Otto militanti infiltratisi apparentemente dal Pakistan e un agente di polizia indiano sono morti oggi in due scontri avvenuti nel Kashmir. Lo riferisce l'agenzia di stampa indiana Ians. Nel primo incidente, un reparto dell'esercito che presidiava la linea di controllo (LoC) alla frontiera indo-pachistana nel settore di Machil del distretto di Kupwara ha localizzato un commando che era penetrato nella zona e che ha rifiutato di arrendersi. Nel secondo incidente invece i militari indiani si sono scontrati con armi da fuoco per un’intera giornata nel villaggio di Akhal (distretto di Ganderbal), con un bilancio di tre militanti ed un agente morti. C’è da dire che il direttore della Cia, Leon E. Panetta è in India dove ha discusso con il ministro dell'Interno indiano Chidambaram questioni legate alla sicurezza regionale, alla vigilia fra l'altro dell'inaugurazione dei Giochi del Commonwealth in corso fino al 14 ottobre.

    L’Iraq da 209 giorni senza governo: batte un record mondiale
    Non accenna a risolversi l’impasse politica che paralizza l’Iraq dal 7 marzo scorso, giorno delle elezioni. Dopo 209 giorni il parlamento non è stato ancora in grado di trovare un capo di governo in grado di accontentare tutte le forze politiche presenti nell’assemblea, stabilendo un nuovo record. Il primato spettava, infatti, al parlamento olandese che, nel 1977, impiegò 208 giorni per trovare un accordo sul governo. Ma le previsioni non sono positive dato che né il blocco laico Iraqiya guidato dall'ex primo ministro Iyad Allawi, la cui alleanza che ha vinto di un soffio le elezioni con 91 seggi, né il primo ministro in carica, Nuri Al Maliki, la cui colazione si è piazzata seconda con due seggi in meno, hanno saputo mettere insieme un'alleanza sufficiente a formare una maggioranza di governo. Mentre nel Paese continuano le consultazioni il Fondo monetario internazionale ha stanziato 741 milioni di dollari visti i buoni progressi compiuti da Baghdad nella ricostruzione dell'economia del Paese.

    Incontro a Teheran tra i presidenti di Siria e Iran
    È arrivato nella mattinata a Teheran il presidente siriano Bashar al Assad per una serie di incontri: con il presidente iraniano, Ahmanidejad, la guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, e altri dirigenti governativi. Per i capi di Stato si tratta del secondo incontro dallo scorso settembre, quando si incontrarono all’aeroporto di Damasco. I colloqui precedono la visita di Stato che Ahmanidejad compierà in Libano il prossimo 13 ottobre per parlare di Libano e Medio Oriente.

    La Francia nuovamente in piazza contro la riforma delle pensioni
    Nuova giornata di scioperi e manifestazioni in Francia dove si terranno circa 229 cortei di protesta per dire no al piano di riforma delle pensioni voluto dal governo. Si tratta della terza mobilitazione nazionale per opporsi al provvedimento voluto dal premier Sarkozy che innalzerebbe l’età pensionabile da 60 a 62 anni entro il 2018. Alle manifestazioni prenderanno parte, oltre ai rappresentanti sindacali, anche le organizzazioni familiari e studentesche. Si stima che circa il 70 per cento dei francesi sia contro la riforma, e, secondo le stime degli organizzatori nelle prime due manifestazioni, tenutesi a settembre, hanno partecipato circa tre milioni di francesi, un milione secondo i dati governativi.

    In Bosnia, a 15 anni dalla fine della guerra, domani si vota
    Domani la Bosnia alle urne: oltre 3 milioni di elettori sono chiamati a eleggere i propri rappresentanti che, a 15 anni dalla fine della guerra, dovranno riavviare il processo di riforme e riportare il Paese sulla via dell'integrazione euro-atlantica. Il servizio di Giuseppe D’Amato:

    Nazionalismo dilagante e delusione diffusa tra la popolazione e generica paura per il futuro: ecco la Bosnia Erzegovina che domani sceglierà i suoi rappresentanti, federali e locali. Assai complesso il sistema di voto: tre i presidenti federali da eleggere per ognuna delle entità etniche – bosniaca, croata e serba – e due i parlamenti. A prevederli è l’Accordo di Dayton del 1995 che pose fine a tre anni e mezzo di guerra con oltre 100 mila morti. I sondaggi della vigilia non prevedono grossi sconvolgimenti; i partiti nazionalisti dovrebbero confermare la loro forza, anche in virtù di un ampio tasso di astensionismo. Secondo gli esperti, possibili politiche per il superamento delle attuali divisioni tra le etnie e per il rilancio economico della Repubblica non paiono possibili. Tra i serbi bosniaci, ad esempio, il favorito come presidente è Milorad Dodik che definisce la Bosnia Erzegovina “un errore della storia” e prevede la sua scomparsa nell’arco di qualche anno.

    La svolta di Cuba sull’iniziativa privata: il cardinale Ortega intravede positivi sbocchi occupazionali
    A Cuba il cardinale Jaime Lucas Ortega y Alamino, arcivescovo dell'Avana, ha definito “svolta positiva” la decisione del governo di Raul Castro di ampliare l’iniziativa privata, con la possibilità di creare piccole imprese. Il progetto vuole agevolare la ricollocazione di mezzo milione di lavoratori statali, che saranno licenziati entro sei mesi.

    In Guatemala l’eco delle scuse degli Usa per i “criminosi” esperimenti sanitari tra il 1946 e il 1948
    “Sono crimini contro l'umanità che fanno rabbrividire”: così il presidente del Guatemala, Alvaro Colom, ha definito oggi gli esperimenti fatti dagli Stati Uniti tra il 1946 e il 1948 nel Paese centroamericano, dove Washington portò avanti un programma che ha intenzionalmente infettato cittadini guatemaltechi con i virus della sifilide e della gonorrea. Della vicenda si è parlato oggi in Guatemala dopo le scuse giunte dagli Usa da parte del segretario di Stato Hillary Clinton. “Siamo molto dispiaciuti”, ha commentato la Clinton rivolgendo le scuse dell'amministrazione Usa “a tutte le persone colpite”. Nell'annunciare “un'indagine approfondita” sugli esperimenti eseguiti su piu' di 1.500 guatemaltechi, Colom ha precisato che il suo governo sta d'altra parte studiando la possibilità di chiedere un risarcimento agli Usa, riconoscendo nel contempo l'importanza delle scuse giunte da Washington.

    Continua lo scambio di note tra Cina e Giappone
    Continuano a essere alti i toni tra Giappone e Cina nonostante i diversi inviti a mantenere la calma. Non accennano, infatti, a terminare le polemiche tra i due Paesi dopo che il ministero del turismo cinese ha allertato i turisti che si recano in Giappone a valutare attentamente la sicurezza del viaggio. Pechino ha, infatti, diramato l’allerta dopo che un gruppo di turisti cinesi è stato vittima di attacchi da parte di nazionalisti giapponesi. Tokyo ha dichiarato tuttavia che l’episodio non è da ritenere significativo mentre lancia invece un nuovo appello affinché la Cina si comporti “da attore responsabile” della comunità internazionale. Le autorità nipponiche continuano a chiedere il rilascio del giapponese arrestato in Cina per aver filmato zone militari, di cui era vietato far riprese e invita Pechino a cercare una soluzione efficace alla questione delle isole Senkaku, rivendicate da entrambi i Paesi e alla base della recente querelle diplomatica. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Marco Onali)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 275

    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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