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Sommario del 25/11/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Messa in San Pietro per i cristiani iracheni. Il cardinale Sandri: tutti alzino la voce a difesa dei loro diritti
  • I cardinali Antonelli e Cañizares invitano ad unirsi in preghiera alla Veglia per la vita nascente presieduta dal Papa
  • Rinunce e nomine
  • I vescovi filippini in visita ad Limina: la Chiesa impegnata a difesa della vita e contro la povertà
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Salvare Asia Bibi. Il cardinale Tauran è in Pakistan. Gli estremisti islamici contro la liberazione
  • Haiti verso le presidenziali in piena crisi per l'epidemia di colera: oltre 1500 i morti
  • Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne
  • Pubblicati gli Atti del Convegno di Castel San Giovanni sul cardinale Casaroli
  • Tertio Millennio Film Fest dedicato alle frontiere generazionali
  • Presentato alla Radio Vaticana l'Evangeliario con la nuova traduzione della Bibbia Cei
  • Chiesa e Società

  • Sud Corea: la Chiesa chiede di mantenere viva la speranza di pace con la Nord Corea
  • Egitto. Scontri tra polizia e copti: due i cristiani uccisi
  • Plenaria per i 30 anni della Comece: Chiesa sempre attenta all’Europa
  • Sinodo anglicano: primo sì della Chiesa d'Inghilterra all'Anglican communion covenant
  • Cile: la morte di mons. Valech "voce dei senza voce" nella dittatura di Pinochet
  • Bolivia: solidarietà a mons. Solari che ha denunciato la crescita del narcotraffico nel Chapare
  • Argentina: si celebra oggi la Giornata della libertà religiosa
  • Perù: incontro a Lima per i 25 anni del Movimento di Vita Cristiana
  • Cambogia, centesimo Paese a ratificare il Protocollo contro la discriminazione femminile
  • Congo: mons. Sikuli in difesa delle popolazioni dell’est del Paese
  • Malawi: la nuova diocesi di Karonga è un messaggio di speranza per tutta la Chiesa africana
  • Kenya: costretti a non andare a scuola i bambini sfollati della Mau Forest
  • Il Fiac porterà gruppi di giovani in Terra Santa a sostegno della pace
  • Indonesia: a Java il primo weekend tra studenti cattolici e musulmani
  • Cina: i giovani della diocesi di Xia Men protagonisti della solennità di Cristo Re
  • Guatemala. Nuovo sito web della Caritas: sostenere e difendere i più deboli
  • Messa a Palermo del neo cardinale Romeo: testimoniare il Vangelo con una fede radicale
  • 24 Ore nel Mondo

  • Pyongyang minaccia nuovi attacchi, Seul aumenta la presenza militare nel Mar Giallo
  • Il Papa e la Santa Sede



    Messa in San Pietro per i cristiani iracheni. Il cardinale Sandri: tutti alzino la voce a difesa dei loro diritti

    ◊   Una Messa di suffragio per le vittime dell’attacco del 31 ottobre scorso alla Cattedrale siro-cattolica di Baghdad sarà presieduta oggi alle 17.00 nella Basilica Vaticana dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. Durante l’attacco sono morte 58 persone, tra cui numerosi bambini, donne, anziani e due sacerdoti che stavano celebrando la Messa domenicale. Al microfono di Hèlène Destombes ascoltiamo il cardinale Sandri:

    R. – Noi vogliamo esprimere con questa celebrazione la nostra vicinanza, la nostra fratellanza spirituale, attraverso la preghiera, a tutti questi nostri fratelli siro-cattolici, in particolare ai familiari di quanti sono stati così barbaramente trucidati nella Cattedrale siro-cattolica di Baghdad. Vogliamo che questa vicinanza nella preghiera, nel condividere il loro dolore, sia anche un messaggio, un messaggio per tutti, perché i cristiani in Iraq siano difesi e sia protetto il loro diritto alla libertà religiosa. Vogliamo anche sensibilizzare tutti gli uomini di buona volontà, anche a livello internazionale, perché collaborino, alzino la loro voce e agiscano in maniera concreta a favore di questi nostri fratelli.

    D. – Questa celebrazione testimonia la preoccupazione della Santa Sede per la situazione drammatica dei cristiani in Iraq…

    R. – Certo! Purtroppo, le notizie che vengono dall’Iraq a volte portano perfino ad una assuefazione alla violenza che si verifica tutti i giorni. Non possiamo però entrare in un atteggiamento di conformismo, di passività di fronte a questo. In particolare, noi cattolici e cristiani, dobbiamo mobilitarci nella preghiera, nella solidarietà e nella vicinanza, in modo del tutto particolare e forte, con questi nostri fratelli. Quindi, vogliamo che questa nostra preoccupazione per i fedeli cristiani, che sono praticamente esposti alla persecuzione, alla violenza, alla insicurezza, possa essere superata nella convivenza di tutti, di tutte le religioni, con la presenza anche dei cristiani, come parte integrante dell’identità civile e politica dell’Iraq.(ap)

    La situazione in Iraq resta drammatica. Il governatore di Ninive ha autorizzato i cristiani di Mosul a possedere armi a scopo di difesa. I vescovi caldei, da parte loro, hanno chiesto un intervento ufficiale alle autorità musulmane per chiarire che le violenze anticristiane sono contrarie ai principi della religione islamica. La giornata politica odierna fa tuttavia intravedere uno spiraglio sulla via della pace: il presidente iracheno Talabani, stamani, ha ufficialmente incaricato il premier uscente, lo sciita al Maliki, di formare il nuovo governo. Sulle prospettive nel Paese e sull’iniziativa di preghiera e solidarietà in Vaticano per la comunità cristiana irachena, Sergio Centofanti ha intervistato mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare del Patriarcato caldeo di Baghdad:

    R. – Ringraziamo tutti quelli che ci fanno del bene e che pregano per noi. Ringraziamo Sua Santità, che ci ricorda; ringraziamo il cardinale Bagnasco, e tutta la Cei, che hanno pregato per noi domenica scorsa. Noi gridiamo per la pace e gridiamo “no” alla guerra.

    D. – I cristiani stanno vivendo un momento molto difficile, che dura da tanto tempo, da troppo tempo...

    R. – Certamente! Specialmente in questi ultimi mesi, dopo l’attacco crudele contro la Cattedrale siro-cattolica di Baghdad; per le bombe lanciate nelle case dei cristiani; per le bombe sistemate nelle macchine; per gli assalti nelle case, con l’uccisione di giovani, a Mosul in particolare. Questo mette paura ai giovani e per questo vogliono fuggire. Ammazzano la gente innocente, lasciano i bambini senza genitori. I giovani dicono, quindi, che non c’è speranza e sono disperati a causa di tutti questi attacchi. Che vita può essere questa? Non c’è pace, non c’è sicurezza, non c’è lavoro, non ci sono infrastrutture: come possono vivere? Quindi, purtroppo, il risultato è la fuga.

    D. – Che cosa succederà quando, dall’Iraq, andranno via le forze internazionali?

    R. – Non posso dire niente del futuro. Non so niente. Io semplicemente mi chiedo: perché sono venuti? Sono venuti per darci la pace o per darci la guerra? Sono venuti qui per dare la libertà: non la libertà di uccidere, ma la libertà di vivere insieme, tranquillamente. Sono venuti per darci la pace! Non devono lasciarci, prima che la pace sia stabilita.

    D. – Al Maliki da oggi lavora per formare un nuovo governo. Quali sono le vostre speranze?

    R. – Preghiamo! Abbiamo solo la grande speranza che, se il governo si formerà, se la legge verrà messa in pratica, torneranno la pace e la sicurezza.

    D. – Qualcuno ipotizza la creazione di una provincia cristiana in Iraq…

    R. – Parlo personalmente: non sono d’accordo. Io penso che tutti noi dobbiamo poter vivere ovunque vogliamo. La creazione di una provincia cristiana significherebbe dividere la nazione, separare, causare discordie e questo non va bene. Invece tutti dovrebbero collaborare per costruire un unico Iraq. (ap)

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    I cardinali Antonelli e Cañizares invitano ad unirsi in preghiera alla Veglia per la vita nascente presieduta dal Papa

    ◊   “La famiglia cristiana è stata da sempre la prima via di trasmissione della fede e anche oggi ha grandi possibilità di evangelizzazione”. E’ una delle affermazioni-cardine, ispirate dal Magistero pontificio, con le quali il cardinale Ennio Antonelli ha aperto questa mattina a Roma il Congresso internazionale promosso dal suo dicastero sul tema della famiglia come protagonista di specifiche azioni pasrtorali. Dibattiti e testimonianze si protrarranno fino a sabato prossimo, quando l’ultimo atto del Congresso si terrà nella Basilica Vaticana con la “Veglia della vita nascente” presieduta da Benedetto XVI. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Sessantasei esperienze giunte dai quattro angoli del pianeta per raccontare come oggi la famiglia è e può essere protagonista di una fede che cambia i cuori e la società. Sono quelle, su un totale delle 187 ricevute, che il Pontificio Consiglio per la Famiglia ha selezionato nel corso di un anno, dopo aver chiesto a tutti gli episcopati di raccogliere e di segnalare le più significative. Con questi numeri, il cardinale Antonelli ha introdotto il lavori di un Congresso che – ha affermato davanti alla platea dei 200 partecipanti – nelle intenzioni del dicastero rappresenta “l’inaugurazione ufficiale di un processo permanente di comunicazione delle esperienze e delle testimonianze di pastorale familiare”. “Vorremmo attivare – ha spiegato – un processo continuato nel tempo di raccolta e messa in circolazione, dopo adeguato discernimento, delle esperienze che sono ritenute più rilevanti e più idonee a ispirare e stimolare altre nuove esperienze”. Questo perché, ha soggiunto rievocando un’idea di Benedetto XVI, “le esperienze parlano con il linguaggio dei fatti e sono più persuasive delle idee, perché non indicano solo ciò che si deve fare, ma anche ciò che con l’aiuto di Dio è possibile fare”.

    E già questa mattina mamme, papà e figli di varie espressioni ecclesiali, Azione Cattolica, Movimento dei Focolari, Neocatecumenali e altri, si sono alternati al microfono – e lo faranno anche nei prossimi giorni – per raccontare in che modo il cristianesimo ha dato un’anima alla loro famiglia. Educazione dei bambini e degli adolescenti, preparazione dei fidanzati all’amore e al matrimonio, adozioni e volontariato, impegno politico e culturale: l’universo della famiglia cristiana sarà analizzato in ogni aspetto e irrobustito volta per volta dal peso di testimonianze esemplari per “creatività” e fede. E tuttavia, ha precisato il cardinale Antonelli, “non si tratta solo di esemplarità dei buoni cristiani, ma di sacramentalità ecclesiale; non solo di buon uso della libertà umana, ma di accoglienza della grazia divina; non solo di amore cristiano, ma dell’amore stesso di Cristo, accolto, portato e manifestato a tutti”. Per arrivare a questo grado di responsabilità delle famiglie, ha proseguito il porporato, è necessario allora sviluppare una “pastorale della verità”, incentrata sull’importanza e la bellezza dell’annuncio cristiano, una “pastorale della santità”, attinente alla formazione di singoli e di comunità ecclesiali che evitino, ha detto, “di accontentarsi di una vita mediocre, vissuta all’insegna di un’etica minimalista e di una religiosità superficiale”, e di una “pastorale della misericordia”, fatta di apertura al dialogo, promozione dello sviluppo integrale dell’uomo, dei diritti umani, della famiglia, della società bene ordinata, fino all’elaborazione di forme concrete di impegno sociale.

    Nel presiedere questa mattina la Messa d’inizio Congresso, il cardinale Antonelli aveva concluso l’omelia con questa riflessione: “Senza la Messa, almeno quella della Domenica, non c’è Chiesa, non c’è famiglia cristiana ‘piccola Chiesa’, non c’è evangelizzazione, non c’è famiglia cristiana soggetto di evangelizzazione”. E allo stesso cardinale Antonelli si deve la lettera a firma congiunta con il cardinale Antonio Cañizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, con la quale i due porporati invitano tutte le Chiese particolari a unirsi in preghiera all'evento che suggellerà il Congresso: la “Veglia per la vita nascente”, che alle 18 Benedetto XVI presiederà nella Basilica di San Pietro, in coincidenza con i Primi Vespri dell’Avvento.

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    Rinunce e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha accettato la rinuncia all’ufficio di vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Medellín (Colombia), presentata da mons. Jorge Iván Castaño Rubio, per raggiunti limiti di età.

    Il Papa ha nominato vescovo di Civitavecchia-Tarquinia (Italia) mons. Luigi Marrucci, del clero della diocesi di Volterra, attualmente vice assistente Ecclesiastico nazionale dell’Unitalsi. Mons. Luigi Marrucci è nato a Montescudaio, in provincia di Pisa, il 24 marzo 1945. Dopo aver frequentato il Seminario Minore di Volterra, ha compiuto gli studi filosofico-teologici nel Pontificio Seminario Regionale Pio XII di Siena ed ha perfezionato la formazione liturgica a Roma presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 29 giugno 1970, incardinandosi nella diocesi di Volterra. È stato vicario cooperatore della parrocchia di San Giusto a Volterra dal 1972 al 1973; parroco dei Santi Filippo e Giacomo in Jano di Montatone dal 1973 al 1975; parroco di Santa Maria Assunta a Castelnuovo d’Elsa di Castelfiorentino dal 1975 al 1985; assistente diocesano dell’Unitalsi dal 1977 al 1996; dal 1978 al 2001 insegnante presso il Seminario Regionale Pio XII di Siena; dal 1981 al 1983 insegnante presso lo Studio Teologico di Firenze. Dal 1985 al 1997 è stato nominato parroco di San Donato di Terricola; segretario della Commissione Liturgica Regionale Toscana dal 1985 al 2001; dal 1996 al 1998 è stato assistente regionale dell’Unitalsi; dal 1998 al 2001 direttore spirituale del Seminario Regionale Pio XII di Siena e dal 2001 ricopre l’incarico di vice assistente ecclesiastico nazionale dell’Unitalsi. Inoltre, è canonico abate del capitolo della Cattedrale di Volterra e dal 27 maggio 2004 è Cappellano di Sua Santità.

    Il Santo Padre ha nominato arcivescovo coadiutore dell’arcidiocesi di Dhaka (Bangladesh) mons. Patrick D’Rozario, finora vescovo di Chittagong.

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    I vescovi filippini in visita ad Limina: la Chiesa impegnata a difesa della vita e contro la povertà

    ◊   I vescovi filippini hanno iniziato in questi giorni la loro visita ad Limina che si concluderà il prossimo febbraio. Con i suoi 74 milioni di fedeli, le Filippine rappresentano il Paese asiatico con più cattolici. L’episcopato, suddiviso in 16 arcidiocesi e 57 diocesi, ha sempre rappresentato una voce autorevole e rispettata nella società, soprattutto nei momenti difficili della storia recente del Paese. Nell’intervista di Lisa Zengarini, mons. Nereo Odchimar, vescovo di Tandag e presidente della Conferenza episcopale filippina, si sofferma sulle attuali sfide per la Chiesa locale:

    R. - Le sfide della Chiesa filippina oggi sono diverse a seconda delle singole situazioni in cui ci troviamo. In questo momento, la nostra sfida principale è la proposta di legge sulla salute riproduttiva (il Reproductive Health Bill – RH) presentata al Congresso da alcuni politici e che riguarda il controllo artificiale delle nascite. Questo argomento è oggi al centro della nostra attenzione, anche se esistono altri problemi di cui si sta occupando la Chiesa filippina come la corruzione e le questioni della giustizia sociale e della riforma agraria.

    D. - Le Filippine sono un Paese con una grande tradizione cattolica e i vescovi sono sempre stati molto presenti nell’arena pubblica. Questa voce è ancora ascoltata dai leader politici e dalla società filippina nel suo insieme?

    R. - In parte siamo ascoltati, ma ci sono anche persone che, soprattutto attraverso i media, appoggiano la promozione del controllo artificiale delle nascite. La nostra Conferenza episcopale è impegnata a fare conoscere la posizione della Chiesa cattolica. Su questa, come su altre questioni, i vescovi stanno lavorando per intavolare un dialogo con il governo e per fare sentire la propria voce sui media. A questo scopo abbiamo deciso di avvalerci della consulenza di laici competenti e impegnati su questo fronte, perché ci sono campi in cui i vescovi non hanno le competenze necessarie per parlare: come la demografia, l’economia, la medicina, in particolare quando si parla di farmaci abortivi. Ci sono forti lobby economiche che premono sul Congresso per l’approvazione della legga sulla salute riproduttiva, quindi abbiamo promosso una vasta campagna di informazione. Quello che si vuole fare passare è l’idea che la sovrappopolazione sia la causa principale della povertà nelle Filippine. In realtà ci sono altre cause come la corruzione o l’iniqua distribuzione delle risorse. Il nostro è un Paese agricolo e non è stata data abbastanza attenzione alla nostra agricoltura con il risultato di una massiccia emigrazione dalle campagne verso le grandi città come Manila e la conseguente nascita di slum e periferie degradate. Questa immagine drammatica della gente negli slum è stata presentata come la conseguenza della sovrappopolazione. Di fatto, la povertà che affligge tanta parte del popolo filippino potrebbe essere alleviata con una maggiore attenzione alle aree rurali.

    D. - Sappiamo che la Chiesa Filippina è attivamente impegnata per la pace nella provincia di Mindanao: più in generale quali sono i rapporti con la comunità musulmana?

    R. - Nell’insieme ci sono buoni rapporti con la comunità musulmana. A Mindanao è attiva [dal 1996] la Conferenza dei vescovi e degli ulema: ci incontriamo regolarmente per promuovere i valori della pace. Abbiamo poi programmi congiunti che vedono impegnati accademici cristiani e musulmani e in cui cerchiamo di coinvolgere la gente. La nostra Conferenza episcopale ha inoltre una Commissione per il dialogo interreligioso che tiene incontri con altre personalità religiose per promuovere la comprensione reciproca e soprattutto la pace nel nostro Paese.

    D. - Ci sono stati dei frutti concreti dell’Anno Sacerdotale nelle Filippine?

    R. Quest’anno, abbiamo organizzato un ritiro nazionale per il clero filippino e questo ha molto aiutato nella santificazione dei nostri sacerdoti. In alcune diocesi le vocazioni stanno aumentando. Non meno importanti i ritiri organizzati a livello diocesano che sono serviti a sensibilizzare i sacerdoti sul loro ruolo nella santificazione dei fedeli laici e dei religiosi, delle comunità ecclesiali di base.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un fondo di Gabriele Nicolò dal titolo “Se l'Afghanistan vuole ballare da solo": tra autodeterminazione e precarietà politica.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la Spagna nel mirino degli speculatori, mentre il ministro dell'Economia esclude che il Paese possa aver bisogno di un salvataggio internazionale.

    Il dovere della pazienza: in cultura, Ian Ker su John Henry Newman e i concili.

    Alle radici della cultura occidentale: Giuseppe Zecchini ricorda Domenico Musti, storico della Grecia antica.

    Un articolo di Claudio Risé dal titolo "A cosa si pensa quando si dice famiglia": a proposito di un'inchiesta sulla cellula sociale di base.

    Quando uno più uno fa uno: Marcello Filotei sul concerto annuale dell'associazione Résonnance Italia alla Domus Sanctae Marthae in Vaticano.

    Per la libertà religiosa di tutte le minoranze: nell'informazione religiosa, il rapporto di Aiuto alla Chiesa che Soffre mentre la Lega araba lancia un appello a difesa dei cristiani.

    Nell'informazione vaticana, la Messa, nella Basilica di San Pietro, celebrata dal cardinale Leonardo Sandri in suffragio delle vittime dell'attentato, il 31 ottobre, alla cattedrale siro-cattolica di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso a Baghdad.

    Intervista di Nicola Gori all'arcivescovo Joseph William Tobin, segretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica.

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    Oggi in Primo Piano



    Salvare Asia Bibi. Il cardinale Tauran è in Pakistan. Gli estremisti islamici contro la liberazione

    ◊   Al via oggi il viaggio in Pakistan del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso. Una missione già programmata da tempo, ma che avviene ora mentre è in primo piano il drammatico caso di Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte per blasfemia. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “La visita del cardinale Jean-Louis Tauran rappresenta un grande incoraggiamento per i cristiani in Pakistan” e “giunge in un momento critico, in cui si registrano crescenti tensioni sociali e religiose, per il caso di Asia Bibi”: è quanto afferma mons. Lawrence Saldanha, arcivescovo di Lahore, in un’intervista all’agenzia Fides, in occasione della visita in Pakistan del cardinale Tauran. Oggi, riferisce Fides, è in programma l’incontro tra il porporato e le autorità civili, fra le quali il ministro per le Minoranze religiose, Shahbaz Bhatti, e il presidente del Pakistan Asif Ali Zardari. Sempre oggi, riferisce il quotidiano “The Express Tribune”, ripreso dall’Ansa, il ministro Bhatti presenta al presidente un rapporto su Asia Bibi, chiedendo di modificare la legge sulla blasfemia per evitare abusi nei confronti delle minoranze religiose.

    Dal canto suo, mons. Saldanha sottolinea che la Chiesa locale è particolarmente preoccupata “per il clima di crescente intolleranza”. La tensione è salita, rileva il presidente dell’episcopato pakistano, e “si susseguono manifestazioni e appelli dei gruppi islamici radicali che intendono acuire la polarizzazione sociale e religiosa”. Di qui, l’auspicio che la missione del cardinale Tauran serva “a rasserenare gli animi e contribuire alla soluzione del caso di Asia Bibi”. Per mons. Saldanha, “la modalità più giusta per la soluzione definitiva del caso” sarebbe “una nuova indagine” e “la celebrazione del processo davanti all’Alta Corte, per accertare in modo inequivocabile la sua innocenza”. L’agenzia Fides osserva, infatti, che la grazia presidenziale permetterebbe la liberazione di Asia Bibi, ma ne ammetterebbe la colpevolezza. E ciò susciterebbe una rivolta dei gruppi islamisti. Movimenti integralisti islamici, del resto, hanno già annunciato in questi giorni manifestazioni contro il presidente Zardari e hanno lanciato minacce al ministro Bhatthi, che si è prodigato per risolvere il caso.

    Intanto, secondo l’agenzia AsiaNews, il marito di Asia Bibi e i suoi 5 figli sarebbero stati costretti a lasciare la propria casa nel distretto di Sheikupura, per il timore di ritorsioni da parte dei fondamentalisti islamici, e si sarebbero trasferiti in una località segreta. La dolorosa vicenda ha ridato forza alle proposte di revisione della Legge sulla blasfemia. In particolare, si punta ad assegnare le indagini per i reati di blasfemia all’Alta Corte, in modo da superare i giudizi sommari che caratterizzano i processi in primo grado, sovente condizionati da pressioni esterne.

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    Haiti verso le presidenziali in piena crisi per l'epidemia di colera: oltre 1500 i morti

    ◊   In piena epidemia di colera, con un bilancio delle vittime in vertiginoso aumento – si parla al momento di oltre 1500 morti – Haiti si appresta ad andare, domenica prossima, al voto per la scelta del prossimo presidente. La situazione è caotica, con una previsione di oltre 400 mila contagiati. La stessa Commissione elettorale esorta l’ampia partecipazione di osservatori e giornalisti locali e stranieri, per evitare frodi e brogli. Favoriti nella corsa alla più alta carica del Paese, la signora Mirlande Manigat, 70 anni, moglie di un ex presidente deposto nel 1988, e Jude Celestin, pupillo dell’attuale capo dello Stato, Reneè Preval. Ma in questa situazione si può parlare di regolarità del voto? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Maurizio Chierici, esperto di America Latina:

    R. – Io non so come si possa votare perché ogni giorno muoiono circa 40 persone di colera. L’epidemia è già passata a Cap Haitien e a Santo Domingo. Come si può votare? Parte dei registri elettorali è stata perduta e alcuni sono stati riscritti. Gli osservatori delle Nazioni Unite, dell’Europa, degli Stati Uniti, dell’America Latina, non sanno dove guardare. Mi sembra una forzatura molto grossa.

    D. – C’è il rischio che le elezioni in questo clima possano essere gestite in maniera autoritaria, in maniera non democratica?

    R. – La tradizione di Haiti la conosciamo, fatta eccezione per la parentesi di "père Aristide" e del suo partito Lavalas, che rappresentava le favelas. Ora Préval - il presidente attuale e che non si può ricandidare - vuole gestire, come tutti, i capitali che stanno arrivando per la ricostruzione. Devo dire che Haiti è stata dimenticata: se non ci fossero le organizzazioni religiose e le organizzazioni umanitarie, Haiti sarebbe ancora com’era prima. Gran parte di tutto quello che è stato messo in moto è stato messo in moto dal volontariato e i capitali per la sopravvivenza arrivano in maniera disordinata. E’ una cattiva regia, una brutta figura che ha fatto l’Occidente. Ce li siamo dimenticati, è inutile nasconderlo. Un Paese in ginocchio, colpito dalla fame, dal colera e dall’uragano, perché in mezzo c’è stato un uragano che ha ri-distrutto tutto quel poco che si era ricostruito … ecco che arrivano i capitali, ed è giusto che vengano gestiti bene, ma la situazione è molto complicata.

    D. – Per quale motivo, la Comunità internazionale dopo l’impegno iniziale ha abbandonato Haiti?

    R. – Prima di tutto non è un Paese appetibile perché il colonialismo ha distrutto tutte le foreste. E’ un Paese arido. Ma c’è un altro problema che vorrei sottolineare, che è molto, molto grave: il commercio dei bambini. Si tratta di un commercio inarrestabile: ogni giorno passano 30, 40 bambini che vengono venduti, forse anche dagli stessi genitori disperati che sperano di farli adottare. Ma poi, come vengono usati?

    D. – Tra queste difficoltà come sta procedendo la campagna elettorale?

    R. – Mirlande Manigat è la favorita. Ma Jude Celestin è convinto di vincere e ha già annunciato cosa farà per quanto riguarda la ricostruzione e tutto il resto. La "torta" che sta arrivando è grossa! Proprio per questo già succedono strane cose: per esempio, il pullman elettorale di Jude Celestin è stato aggredito, assaltato. Poi, anche le voci che vengono diffuse per far credere che il colera non deriva dal fallimento del governo che non ha assunto alcuna prevenzione, ma che è colpa dei caschi blu dell’Onu che dai loro Paesi hanno portato questa epidemia. La situazione è estremamente intricata. Vediamo cosa succederà. (bf)

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    Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne

    ◊   “Nelle abitazioni, nelle scuole e in ufficio, nei campi di rifugiati e nelle situazioni di conflitto, il settore delle imprese può contribuire a impedire il perpetrarsi delle diverse forme di violenza a cui donne e ragazze continuano a essere esposte”. Con queste parole, il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, nel suo messaggio per l’odierna Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, sottolinea l’importanza del ruolo delle imprese nell’impegno per debellare un fenomeno ancora troppo diffuso. Nella ricorrenza odierna, Fondazione Pangea Onlus lancia la campagna di denuncia e sensibilizzazione “Proteggiamo il presente. Progettiamo il futuro delle donne”, puntando l’attenzione sullo stupro come arma di guerra. Tale campagna, il 30 novembre verrà affiancata dalla presentazione al Parlamento italiano del rapporto “Donne, pace e sicurezza. A dieci anni dalla risoluzione Onu 1325, una prospettiva italiana”. Sui motivi che hanno spinto Fondazione Pangea ad esaminare la più atroce delle violenze contro le donne, Giada Aquilino ha intervistato Simona Lanzoni, direttrice progetti della Onlus:

    R. - Ultimamente stanno sempre più aumentando gli atti rispetto a quel terribile metodo che viene utilizzato nelle guerre contro le donne e, soprattutto, perché Fondazione Pangea vuole puntare l’attenzione su una particolare celebrazione: sono 10 anni dalla risoluzione 1325 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che definisce proprio il ruolo delle donne nelle situazioni di conflitto. Ruolo non solo di vittime - e quindi non solo vittime dello stupro come pulizia etnica, come punizione, come violazione continua e perpetrata del corpo delle donne - ma anche le donne viste come motore di ricostruzione e di pace. Questo è un’informazione importantissima, ma che molto spesso non viene presa in considerazione.

    D. - La risoluzione 1325 dell’Onu esorta ad una maggiore protezione della donna dalla violenza nei Paesi in conflitto. Come e quanto è stato applicato tale documento?

    R. - Purtroppo - parlo in particolare per l’Italia - al momento ancora non c’è stata alcuna applicazione. C’è, invece, tutta una serie di Paesi in Europa e nel mondo che hanno creato un piano di azione nazionale. Questo è proprio ciò che viene richiesto con forza da Fondazione Pangea nel rapporto che - insieme ad ActionAid – verrà presentato il 30 novembre e che costituisce una serie di linee guida su come intervenire in favore delle donne non solo durante ma anche prima e dopo il conflitto, affinché non siano solo curate come vittime, ma facciano parte pure della ricostruzione e dei tavoli di negoziazione e di pace. Perché noi parliamo di questo? Perché Fondazione Pangea lavora moltissimo in Afghanistan e ultimamente le notizie dicono che le donne sono continuamente escluse: c’è tutto il discorso dei talebani, dell’introduzione di una serie di comportamenti, che sono già esistenti, ma che si vogliono istituzionalizzare a livello legislativo. Questo non permetterebbe alle donne di essere maggiormente presenti in Afghanistan nei tavoli di negoziazione come anche nel Parlamento e nelle istituzioni pubbliche.

    D. - In base all’esperienza di Pangea, ci sono degli altri Paesi per i quali si ha notizia di casi di violenza?

    R. - La Repubblica Democratica del Congo, dove sappiamo che lo stupro viene utilizzato in maniera continuativa contro le donne. Ma non solo: pensiamo anche alle guerre in Bosnia e in Kosovo. Noi di Fondazione Pangea abbiamo lavorato pure in Nepal, dove - e solitamente questo non si conosce - continua ad esserci un conflitto in atto. La violenza praticata sulle donne è terribile, è amplissima. Non esistono statistiche semplicemente perché questi fenomeni non vengono studiati molto spesso.

    D. - Pangea ha avviato progetti di microcredito per le donne di Paesi in difficoltà; il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, nel suo messaggio per la ricorrenza ha sottolineato l’impegno delle imprese nel contribuire ad impedire il perpetrarsi delle diverse forme di violenza contro le donne. Come può avvenire questo contributo?

    R. - Anzitutto coinvolgendo le donne ed è quello che fa Fondazione Pangea. Se la donna acquisisce un ruolo decisionale, così come di rispetto e di esempio per il resto della comunità, è chiaro che questo è a detrimento di azioni di violenza contro di loro. (mg)

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    Pubblicati gli Atti del Convegno di Castel San Giovanni sul cardinale Casaroli

    ◊   “Agostino Casaroli. Il diplomatico e il sacerdote”: con questo titolo sono stati pubblicati, dall’Università delle Tre Età, gli Atti del Convegno del 31 maggio del 2008, organizzato a Castel San Giovanni nel decimo anniversario della scomparsa del cardinale Agostino Casaroli. La presentazione - per la quale il cardinale segretario di stato Tarcisio Bertone ha espresso apprezzamento in un telegramma - si è svolta ieri a Roma all’Istituto Maria Santissima Bambina. C’era per noi Tiziana Campisi:

    Cardinale Casaroli, padre Agostino, eminenza e don: sono i due volti che il segretario di Stato di Giovanni Paolo II conservò dal 1979 al 1990. Impegnato nella politica verso l’Est - che strategica e innovativa, d’apertura e di dialogo, prese il nome di Ostpolitik -, nella revisione del Concordato fra Italia e Santa Sede e al fianco dei ragazzi del carcere minorile di Casal del Marmo e dei giovani della casa famiglia Villa Agnese, il porporato mantenne sempre la sua affabilità, che lo rendeva simpatico, arguto e ironico. E’ quanto emerge dagli Atti del Convegno ospitato due anni fa nella città natale del cardinal Casaroli. Ma quale il posto occupato nella Chiesa dal porporato? Lo abbiamo chiesto allo storico Giovanni Barberini, studioso del suo archivio:

    R. – Nella storia della Chiesa io penso che occupi un posto fondamentale. Possiamo dire che la Chiesa, dopo il Concilio Vaticano II, si apriva alla modernità e doveva incontrare e affrontare situazioni, come quella dei regimi comunisti, che soltanto quella che fu chiamata la “politica del dialogo” di Paolo VI e di Casaroli potevano incontrare e, sotto certi profili, potevano in qualche modo dominare. Questo ha caratterizzato Casaroli: il coraggio anche di affrontare quelle situazioni che erano difficilissime, perché dall’esterno, non conoscendole, evidentemente erano un grande mistero. Lui, uomo di fede profonda – bisogna dire – affrontò tutto con coraggio, sostenuto naturalmente da Paolo VI: formarono una coppia invincibile.

    D. – Cardinale, segretario di Stato, ma anche un sacerdote che si dedicava a tante attività…

    R. – Sì, infatti si applicava ad attività pastorali in un campo difficilissimo, quale quello dei minori detenuti, e gli archivi conservano molte lettere che questi ragazzi recuperati gli scrivevano: erano toccati dalla figura di quest’uomo, che sapeva lasciare gli onori, le vesti rosse e così via, per accostarsi con profonda umanità a ragazzi che avevano bisogno di essere redenti.

    Chi ha conosciuto bene il cardinal Casaroli non può che sottolinearne lo straordinario impegno diplomatico, come il cardinale Achille Silvestrini, uno dei suoi più stretti collaboratori soprattutto nella politica di distensione verso i regimi comunisti dell'Europa orientale:

    R. - Lui ha fatto l’Ostpolitik, ha negoziato per tanto tempo.

    D. - Che lezione ha lasciato alla storia?

    R. – La fiducia, la fede che la Provvidenza non fa mai mancare alla sua Chiesa, l’aiuto e anche la novità per la libertà della Chiesa.

    D. - Un suo ricordo personale …

    R. – Un grande maestro!

    “L’amore, l’affetto e le sue poche, ma belle parole che ci diceva – scrissero in una lettera i ragazzi di Casal del Marmo all’indomani della sua scomparsa, il 9 giugno del ‘98 – rimarranno sempre nei nostri cuori”.

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    Tertio Millennio Film Fest dedicato alle frontiere generazionali

    ◊   E' dedicata alle "Frontiere generazionali" la XIV edizione del Tertio Millennio Film Fest organizzato dalla Fondazione Ente dello Spettacolo e diretto da mons. Dario E. Viganò insieme a Marina Sanna. Una pre-inaugurazione con un Convegno il primo dicembre sul tema “Padri e e figli” organizzato insieme ai Pontifici Consigli della Cultura e delle Comunicazioni Sociali, mentre dal 7 al 12 dicembre si susseguono anteprime di film d’altissimo spessore artistico e culturale. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Un ponte verso la cultura e il cinema; una Chiesa impegnata a creare dialogo, a instillare l’interesse profondo e cosciente per la dimensione spirituale attraverso la quale, con le immagini e sullo schermo, esprimere valori, visioni e contenuti. Il Tertio Millennio Film Fest si accredita come uno degli appuntamenti più originali e sperimentali nel mondo del cinema, spesso distratto e teso soltanto alla spettacolarità e al profitto. Per questo è coinvolto in prima persona il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, il cardinale Gianfranco Ravasi, il quale afferma di voler impegnare il dicastero in un ancora maggiore riflessione sul rapporto cultura e cinema, interpellando realtà diverse, anche lontane dal vissuto della fede. Per approdare a quale riva, eminenza?

    R. - L’approdo dovrebbe essere almeno su due sponde. La prima sponda è sicuramente quella del ritrovare ancora la possibilità di far conoscere il grande cinema del passato, che - con figure come Dreher, come Bresson, come Tarkovsky, come Bergman, ma anche come Olmi - cercava in qualche modo di interrogarsi sui grandi temi e cercava di farlo attraverso narrazioni di straordinaria intensità ed incisività. Dall’altra parte, l’altro approdo è su un’altra sponda, quella del tentare in qualche modo di far sì che le nuove espressioni cinematografiche abbiano ancora al loro interno i grandi simboli, i grandi temi, le grandi narrazioni, i grandi orizzonti.

    D. - Lei cita nomi immortali dell’arte cinematografica. Ma oggi non ritiene che figure di così alto profilo siano inesistenti?

    R. - Il secondo approdo - direi - è proprio quello di tentare, magari con linguaggi più nuovi, che sono anche differenti dal punto di vista delle cifre e delle grammatiche stilistiche, una nuova espressione della spiritualità, della fede, dei grandi temi culturali con una nuova espressività. E’ un po’ questa la sfida da costruire. Credo, per esempio, che il Festival del Tertio Millennio così come altri esperimenti che si stanno facendo vadano in questa linea.

    Il Festival ha assunto un tema davvero interessante su cui riflettere attraverso il cinema: “Frontiere generazionali”. Il direttore della manifestazione, mons. Dario E. Viganò, spiega le ragioni di questa scelta:

    “Diciamo che il cinema ci aiuta a riflettere su come le generazioni abbiano problemi diversi, abbiano modalità diverse per affrontare gli stessi problemi: quindi ci sono le generazioni dei padri e le generazioni dei figli con problemi diversi, che si sono presentati nelle loro culture, e con gli stessi problemi affrontati in modo diverso”.

    Tra le proposte, generazioni di cineasti a confronto; sei mediometraggi del regista russo Sokurov sulla Russia post-sovietica; documentari e anteprime italiane. Insomma, un Festival che tende a creare dialogo e rapporti tra tutti i protagonisti e i fruitori del cinema, tra credenti e non. Ancora mons. Viganò:

    “Credo proprio di sì. Il nostro lavoro che in fondo viene inaugurato da Giovanni Paolo II, perché ricordo che è proprio lui che ha voluto e che ha inaugurato il Festival Tertio Millennio, è proprio quello di creare quella rete di relazioni di buoni rapporti, di simpatia reciproca che può condurre poi anche ad una amicizia profonda e a prendere sul serio le ragioni dell’altro”.

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    Presentato alla Radio Vaticana l'Evangeliario con la nuova traduzione della Bibbia Cei

    ◊   Presentato ieri, nella sede della nostra emittente, un nuovo Evangeliario a cura delle “Edizioni Messaggero Padova”. L’opera, realizzata con la collaborazione della Conferenza Episcopale Piemontese è il primo Evangeliario espressamente pensato per la Liturgia con la nuova traduzione della Bibbia Cei approvata nel 2007. Un’occasione anche per riflettere sull’importanza di “vedere” la Parola di Dio durante le celebrazioni sacre. Michele Raviart ne ha parlato con Enzo Bianchi, priore della Comunità Monastica di Bose.

    R. – Già la Bibbia ci testimonia quest’espressione: “Il popolo vide la Parola” e “Il profeta vide la Parola”; perché non c’è solo una ricezione acustica della Parola di Dio come potrebbe sembrare, ma c’è anche una ricezione visiva, che deve essere poi presente anche nella Chiesa, soprattutto a livello della liturgia. L’aprire le Scritture - come ci dice il Vangelo - il portare il rotolo delle Scritture sull’ambone sono operazioni che si facevano nella liturgia sinagogale, che si continuano a fare nella Chiesa e che hanno una capacità sacramentale, simbolica.

    D. – Quando cominciano ad apparire i primi Evangeliari?

    R. – L’Evangeliario è sempre stato presente nella Chiesa: lo incontriamo, in una forma solenne, con il Concilio di Efeso, quando fu inaugurato. Nel Concilio Vaticano I e nel Concilio Vaticano II, ogni sessione conciliare è inaugurata attraverso questa intronizzazione della Parola di Dio. Quindi, nelle liturgie papali, nelle liturgie delle cattedrali, in quelle monastiche, la Parola di Dio, che è sul trono, che è sul leggio, che viene mostrata e con la quale si benedice il popolo di Dio, ha un chiaro valore anche per il popolo, per la gente che capisce una presenza del Signore e una sua Parola, contenuta proprio nella Scrittura.

    D. – Una tradizione portata avanti anche da Giovanni Paolo II, durante il Giubileo del Duemila...

    R. – Credo sia stato molto importante che in quella liturgia dell’apertura dell’Anno Santo e della Porta, il Papa non sia entrato semplicemente, ma sia entrato portando e mostrando l’Evangeliario. Questo mostra come l’Evangelo sia passato da millennio a millennio e come anche il Papa sia stato al seguito di quel Vangelo nell’entrare.

    D. – Alla luce di questo, che valore hanno le parole di Benedetto XVI sulla sacramentalità della Parola?

    R. – Straordinarie! Benedetto XVI con l'ultima esortazione apostolica postsinodale ha portato ad un vero accrescimento della dottrina della Parola di Dio, anche rispetto alla Dei Verbum del Concilio Vaticano II. E di questo dobbiamo ringraziarlo. Perché parlare di sacramentalità della Parola significa dire che la Parola va inscritta all’interno dell’economia sacramentale, in cui c’è un libro, c’è una scrittura, ma che contiene veramente la Parola di Dio. (ap)

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    Chiesa e Società



    Sud Corea: la Chiesa chiede di mantenere viva la speranza di pace con la Nord Corea

    ◊   “Oggi nella società coreana parole come riconciliazione e pace sembrano più lontane. Anche fra i cristiani circolano delusione e indignazione. Ora occorre far calmare le acque e riprendere, gradualmente, forme di mediazione e dialogo”: è quanto dichiara all’agenzia Fides un sacerdote sudcoreano, che chiede l’anonimato, commentando l’attuale situazione di tensione nella penisola coreana, all’indomani del bombardamento della Nord Corea all’isola di Yeonpyeong. Sulle ragioni dell’attacco, il sacerdote spiega che : “l’attacco potrebbe essere legato alla successione del potere in corso in Corea del Nord: il successore designato Kim Jong-un (terzo figlio di Kim Jong Il) nominato generale, anche senza una carriera militare alle spalle, ha forse voluto affermare, in questo modo violento, la sua leadership in Corea e sulla scena mondiale. Ma non credo vi sarà una guerra, che non è interesse di nessuno. Certo – continua la fonte di Fides – ora bisognerà attendere. Anche il governo di Seul è molto irritato e sarà difficile cooperare o tenere aperti i canali degli aiuti umanitari verso il Nord. L’effetto sciagurato di questa crisi è l’isolamento ulteriore della Corea del Nord e la sofferenza della popolazione nordcoreana, affetta dalla carestia e da una crisi umanitaria molto grave. Nel Nord non vi sono diritti umani, giustizia, attenzione alla vita umana e il popolo soffre per la mancanza di questi valori. Ai cristiani – conclude – spetta il compito di pregare e di mantenere viva la speranza della pace e di un domani migliore, nonostante la crisi presente”. (R.P.)

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    Egitto. Scontri tra polizia e copti: due i cristiani uccisi

    ◊   Si aggiorna verso l’alto il bilancio delle vittime degli scontri di ieri tra polizia e appartenenti alla comunità copta che manifestavano per il blocco dei lavori che le autorità vogliono imporre alla chiesa di Talbiya. Sono due i giovani cristiani rimasti uccisi nelle violenze, una cinquantina i feriti, tra i quali 7 ufficiali e 11 agenti di polizia, come ha riferito all'agenzia AsiaNews il procuratore generale Abdel Meguid Mahmud. Il culmine degli scontri è avvenuto quando circa duemila manifestanti hanno circondato il governatorato di Giza: l’ultima ragione addotta dalle istituzioni locali per il blocco della chiesa, infatti, è che le autorizzazioni non facevano riferimento a un luogo di culto, bensì a un centro sociale. Nella regione i copti, che rappresentano circa il 10% della popolazione egiziana totale, sono oltre un milione, non hanno una chiesa in cui pregare e lamentano frequenti discriminazioni. Nei giorni scorsi si è verificato un incendio doloso nell’area, in cui sono andate distrutte 20 case di copti: l’episodio è stato archiviato dagli inquirenti come “un atto del caso”. (R.B.)

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    Plenaria per i 30 anni della Comece: Chiesa sempre attenta all’Europa

    ◊   Si è aperta ieri pomeriggio a Bruxelles l’assemblea plenaria autunnale della Commissione episcopati della comunità europea (Comece), di cui quest’anno ricorre il 30.mo anniversario dalla fondazione. Nel suo intervento introduttivo, del quale alcuni stralci sono riportati dal Sir, il presidente della Comece e vescovo di Rotterdam, mons. Adrianus van Luyn, ha richiamato il discorso sulla missione della Chiesa all’interno dell’Europa, pronunciato nelle scorse settimane da Benedetto XVI in Spagna. “La vera solidarietà è assunzione di responsabilità – ha detto il presule – le nostre società sono diventate più dure e in alcuni casi meno tolleranti”. I riferimenti più immediati sono due: le espulsioni di centinaia di rom dalla Francia e i cattolici uccisi recentemente in Iraq. La prima questione, nell’estate scorsa, motivata dal governo francese con la “sicurezza interna”, ha acceso un dibattito tra la Commissione europea e il presidente Sarkozy e ha suscitato le reazioni della Conferenza episcopale locale: “La gestione della questione rom riguarda tutta l’Europa – ha aggiunto mons. van Luyn – perché i rom sono cittadini Ue, con gli stessi diritti e doveri”. Sulla questione dei cattolici uccisi e feriti a Baghdad, ha precisato: “Le persecuzioni dei cristiani per motivi religiosi non sono limitate a quel Paese e costituiscono il 70% di tali persecuzioni nel mondo”. “Il cristianesimo sopravvivrà solo se i cristiani avranno la volontà di svolgere un ruolo attivo in Europa”, ha concluso il presidente della Comece, che ha indicato come obiettivo da raggiungere, “pervenire a una società umana e umanizzante, all’interno della quale persone di diverse origini culturali e religiose possano convivere pacificamente in Europa”. La Comece ha poi promosso anche la tavola rotonda “Condividere l’Unione europea del domani”, nel corso della quale mons. Rino Fisichella, presidente del neo Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, ha parlato del contributo del cristianesimo all’Europa: “Se l’Europa avrà vergogna di se stessa, delle sue radici e della sua identità cristiana, non avrà futuro – ha detto – e avanzerà inesorabilmente verso il suo declino”. Al tempo stesso il presule ha sottolineato la volontà dei cristiani di dare il proprio contributo nel rispondere alla sfida di “creare un nuovo umanesimo che sappia fare sintesi tra ciò che abbiamo ricevuto dalla nostra storia e la sensibilità di oggi”. Mons. Fisichella ha poi messo in guardia dal rischio di marginalizzare in Europa i cristiani: “L’Europa non potrà essere mai realmente unita se deciderà di tagliare con il suo passato; non le sarà possibile imporre a cittadini così differenti un sentimento di appartenenza a una realtà senza radici e senza anima”. Un altro rischio consiste nella presenza nel Vecchio continente di una “neutralità tentata di anticristianesimo”: “Senza la presenza significativa dei cattolici l’Europa s’impoverisce – ha ammonito – ecco perché vogliamo essere ascoltati e messi alla prova, perché possa apparire ancora una volta la ricchezza della nostra fede di fronte al progresso autentico della società”. Solo con una “identità forte e condivisa da tutti – ha concluso – l’Europa sarà capace di vincere ogni forma di fondamentalismo ed estremismo che minaccia i nostri Paesi”. Dal canto suo l'ex presidente della Commissione Ue negli anni '80-'90, ha detto che “solo se la dimensione spirituale non verrà posta al di fuori delle riflessioni culturali e politiche l’Europa avrà un futuro, potrà rispondere cioè alla vocazione di ‘casa comune’ e di testimonianza di democrazia e di pace nel mondo: l’Europa ha sempre più bisogno di un’anima.” (A cura di Roberta Barbi)

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    Sinodo anglicano: primo sì della Chiesa d'Inghilterra all'Anglican communion covenant

    ◊   La Chiesa di Inghilterra, la chiesa madre della Comunione anglicana, ha espresso ieri un primo voto positivo nei confronti dell’Anglican communion covenant, il patto che la stessa Comunione ha pensato per mantenere il dialogo al proprio interno su questioni che la dividono come le unioni tra gay e l’ordinazione di sacerdoti omosessuali. L’Anglican communion covenant - riporta l'agenzia Sir - sarà adesso inviato alle diverse diocesi della “Chiesa di Inghilterra”. Se verrà approvato da oltre metà delle diocesi e, all’interno di ciascuna, da oltre il 50% dei voti, il patto tornerà al Sinodo che potrebbe approvarlo in forma definitiva nel 2012. Prima non è possibile. L’unica altra Chiesa all’interno della Comunione anglicana ad avere approvato il Patto è la Chiesa Episcopale del Messico. L’idea di un “Patto della Comunione anglicana” era stata proposta per la prima volta nel “Rapporto Windsor” del 2004 all’indomani dell’ordinazione, da parte della Chiesa episcopaliana americana, di Gene Robinson, un pastore dichiaratamente gay, a vescovo del New Hampshire. Quella ordinazione divise la Comunione tra Chiese più liberali disposte ad aprire all’ordinazione dei gay e Chiese più tradizionaliste, per lo più in Asia e Africa. Quest’ultime diedero vita, nel giugno 2008 alla “Gafcon”, una coalizione che si riunì per la prima volta a Gerusalemme. E mentre in Inghilterra, il Sinodo generale approvava ieri L’Anglican communion covenant. i vescovi più tradizionalisti della Gafcon hanno pubblicato un comunicato nel quale affermano: “mentre riconosciamo che gli sforzi per risanare le nostre rotture attraverso l’introduzione dell’Anglican covenant erano bene intenzionati, siamo giunti alla conclusione che il testo attuale e’ fatalmente difettoso e il nostro sostegno a questa iniziativa non è più appropriato”. La dichiarazione è firmata dagli arcivescovi dell’Africa occidentale Rwanda, Tanzania, Nigeria, Uganda, Kenya, Australia e dalla Chiesa anglicana del nord America, un gruppo che si è staccato dalla Chiesa episcopale. (R.P.)

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    Cile: la morte di mons. Valech "voce dei senza voce" nella dittatura di Pinochet

    ◊   “Un esempio di vita semplice, molto povera, senza volere nulla per se stesso, un esempio di cileno; per la riconciliazione della nostra patria è stato sempre a disposizione”: così il cardinale Francisco Javier Errázuriz, arcivescovo di Santiago, ha ricordato mons. Sergio Valech Aldunate, vescovo ausiliare emerito della capitale, deceduto ieri a 83 anni nella casa sacerdotale Santo Cura de Ars di Providencia. Noto anche a livello internazionale - riferisce l'agenzia Misna - per aver essere stato un simbolo della Chiesa cilena che si oppose al regime di Augusto Pinochet (1973-1990), mons. Valech “è stato la voce dei senza voce durante l’oscura notte della dittatura” ha detto l’ex-presidente Michelle Bachelet, sopravvissuta agli anni bui della repressione. “Si trasformò in un difensore dei diritti umani – ha aggiunto - un uomo del bene che salvò la vita di molti”. Per Lorena Pizarro, presidente dell’associazione dei familiari dei ‘detenidos-desaparecidos’, “tutto quello che fece durante la dittatura lo fece con forza e coraggio impegnandosi per la causa”. L’intero mondo politico ha reso omaggio “a una delle figure più importanti che la causa dei diritti umani ebbe durante il regime militare”, si legge nell’edizione on-line del quotidiano ‘La Nación’, in particolare per il suo ruolo al ‘Vicariato della Solidarietà’ tra il 1988 e il 1992, l’organismo pastorale ideato dal cardinale Raúl Silva Henríquez a difesa delle vittime dei militari. L’impegno di mons. Valech a favore dei diritti umani lo portò nel 2000 a partecipare al ‘tavolo del Dialogo’ e dal 2003 alla Commissione nazionale sulla prigione politica e la tortura, istituita dal presidente Ricardo Lagos, e nota come ‘Commissione Valech’ che lo stesso presule presiedette. La Commissione ebbe “un grande impatto, non solo per il contesto in cui nacque - i 30 anni dal golpe dell’11 settembre 1973 – ma per le rivelazioni delle oltre 30.000 persone che accorsero a dare la loro testimonianza” si legge ancora su ‘La Nación’. Alcune fonti di stampa cilene ricordano anche la “vita austera” che mons. Valech condusse da quando fu ordinato sacerdote nel giugno 1953, rispetto alle sue origini e all’eredità ricevuta dal padre, imprenditore immobiliare. Nel 2006 fu “il privato che più contribuì all’istruzione cilena, ma lo fece in silenzio, seguendo la filosofia di vita che difendeva con fervore” scrive ‘El Mercurio’. I funerali sono previsti domani nella cattedrale metropolitana di Santiago dove fu consacrato il 18 ottobre 1973 dal cardinale Silva e dove riposano ora le spoglie del porporato. (R.P.)

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    Bolivia: solidarietà a mons. Solari che ha denunciato la crescita del narcotraffico nel Chapare

    ◊   La Conferenza episcopale della Bolivia si è schierata in difesa dell’arcivescovo di Cochabamba, mons. Tito Solari, oggetto di “attacchi ingiusti e falsi”, dopo che, il 18 novembre scorso, ha denunciato la crescita del microtraffico di cocaina nella regione agricola del Chapare, dove operano i cosiddetti “cocaleros”. Il fenomeno del traffico di droga nell’area è relativamente nuovo e molto preoccupante. “Le ricorrenti notizie su sequestri o scoperte di fabbriche di droga in diversi luoghi del Paese, così come la gravità del narcotraffico stesso - si legge nel comunicato - sono realtà riconosciute dal Presidente” boliviano, Evo Morales. Inoltre, osservano i vescovi, le denunce di mons. Solari non sono nuove: “Diverse inchieste giornalistiche, infatti, hanno svelato il traffico di droga che coinvolge non solo persone adulte, ma anche minorenni”. I presuli esprimono pieno sostegno e solidarietà a mons. Tito Solari, “vescovo che s’identifica con il suo popolo e conosce bene i mali che colpiscono la gente. Egli, giorno dopo giorno, nel corso di molte decadi di servizio pastorale ha alzato la sua voce”, consapevole che “è in gioco l’integrità fisica e spirituale di molti bambini e giovani”. D’altra parte, i vescovi boliviani ricordano quanto la popolazione della diocesi, credenti e non, conosca molto bene l’opera di questo pastore non solo nell’ambito del magistero, ma anche nella realtà concreta come, ad esempio, la sua attività nelle carceri, fra i bambini di strada, nelle delicate questioni dell’acqua potabile e altro. “Sono azioni - rileva il documento - che danno a mons. Solari la sufficiente autorità morale per parlare su tali questioni”. Con le sue denunce, il vescovo ha voluto richiamare l’attenzione di tutti, genitori, educatori e autorità, nonché famiglie e giovani, “sulla minaccia del narcotraffico nel Chapare”, dove, com’è ben noto, si coltiva la foglia di coca per usi tradizionali e medicinali, ma dove storicamente non si era mai passati alla fase successiva dell’elaborazione della pasta di costa, materia prima della cocaina. “Esprimere questa preoccupazione come pastore, in conformità con la propria esperienza” e in base “alle testimonianze della popolazione, non implica il dover presentare prove, anche perché questo è compito delle autorità”. Il presule ha il dovere di denunciare ogni situazione che offenda la vita e il bene comune e dunque nessuno, non volendo prendere sul serio quanto si denuncia, può pretendere di screditare il pastore perché non offre prove da tribunale. “Le parole di mons. Solari non possono ferire nessuno” perché “hanno un solo scopo: difendere l’integrità e la dignità delle persone, soprattutto dei giovani. Tutte le reazioni esagerate, le posizioni intransigenti e intolleranti, non portano alla ricerca serena di soluzioni profonde e vere del problema. Le parole dei vescovi, in quanto pastori, devono essere accolte con umiltà e con il desiderio di vivere nella verità, evitando ogni violenza”. (A cura di Luis Badilla)

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    Argentina: si celebra oggi la Giornata della libertà religiosa

    ◊   Oggi il Consiglio argentino per la libertà religiosa (Calir), sotto gli auspici della Direzione generale per gli Affari religiosi del governo della Città di Buenos Aires, celebra la "Giornata della libertà religiosa", durante una cerimonia che si terrà nella Piazza San Martín e alla quale sono stati invitati tutti i cittadini di Buenos Aires. Il Calir fu costituito nel maggio 2000, quando il Dipartimento di Culto convocò un gruppo consultivo di avvocati e persone di riconosciuta esperienza in materia di libertà religiosa e appartenenti a diverse fedi e tradizioni religiose, ma senza dare loro una configurazione istituzionale. Costoro decisero, all'unanimità, di istituire il Consiglio argentino per la libertà religiosa, al fine di continuare a lavorare con lo stesso spirito, con dedizione e interesse, su questioni così importanti per il Paese. Il primo obiettivo del Consiglio è molto chiaro: promuovere la libertà religiosa e di coscienza in tutte le sue espressioni, individuali e collettive. Da allora il Calir ha promosso una serie di attività molto ricca, a livello della società e presso molti centri universitari. Il 3 novembre scorso, nel contesto delle celebrazioni del Bicentenario, è stata organizzata una sessione accademica sul "Percorso storico della diversità religiosa a Buenos Aires" alla quale ha partecipato un gran numero di studenti e professori di diverse università. La celebrazione della Giornata della libertà religiosa in Argentina ha avuto inizio nel 2004, per ricordare il 25 novembre 1981, quando le Nazioni Unite approvarono la “Dichiarazione sull'eliminazione di ogni forma di intolleranza e di discriminazione fondata sulla religione o sulle convinzioni”. (R.P.)

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    Perù: incontro a Lima per i 25 anni del Movimento di Vita Cristiana

    ◊   Quest’anno si festeggia il 25° anniversario della fondazione del Movimento di Vita Cristiana (Mvc), e migliaia di persone si riuniranno sabato prossimo nel Collegio di La Recoleta a Lima, capitale del Perù. L'incontro, che ha per tema "Con gratitudine e speranza", vedrà la partecipazione di rappresentanti delle province del Perù e di membri del Mvc dei diversi paesi. Come riferisce all’agenzia Fides il coordinatore generale del Mvc, Eduardo Regal, con questo incontro "si vuole rendere grazie a Dio per tutte le benedizioni ricevute durante questo tempo, rinnovare l'identità del Mvc ed impegnarci nella missione che il Signore ci ha affidato: trasformare la realtà come ha fatto il Signore Gesù, con la speranza propria dei figli di Dio”. Il Mvc è uno spazio comunitario per incontrare il Signore Gesù, nel quale si cerca di vivere una vita cristiana autentica ed impegnata. Impegnandosi ad accogliere la grazia che lo Spirito riversa nei nostri cuori, i membri scoprono l'invito ad incontrare il Signore Gesù, per annunciare e proclamare il Vangelo della riconciliazione nel mondo, dice la nota inviata a Fides dagli organizzatori del Movimento. L'incontro del 27 novembre sarà caratterizzato anche dall’esibizione di gruppi musicali del folklore cattolico latinoamericano. Il Mvc è stato fondato nel 1985 dal laico peruviano Luis Fernando Figari. Nel 1994 la Santa Sede lo ha approvato come Associazione di Diritto Pontificio. Il Movimento di Vita Cristiana è un movimento ecclesiale con una spiritualità e uno stile proprio nella comunione della Chiesa, e che fa parte della Famiglia Sodalite. (R.P.)

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    Cambogia, centesimo Paese a ratificare il Protocollo contro la discriminazione femminile

    ◊   La Cambogia è il 100° Paese a ratificare il Protocollo facoltativo della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne. Tale protocollo delle Nazioni Unite è un trattato internazionale che consente alle donne che vivono in Paesi che negano loro i diritti fondamentali, di presentare istanza diretta alla Commissione di esperti indipendenti in seno all’Onu. È, però, molto importante che questi Paesi “individuino soluzioni non solo a livello nazionale, ma anche internazionale” per contrastare le discriminazioni, ricorda il direttore del Gruppo di lavoro sulla Comunicazione del Protocollo facoltativo, Cees Flinterman. La ratifica del Protocollo permette, inoltre, alla Commissione dell’Onu di svolgere indagini sulle presunte violazioni della Convenzione. Nonostante questo, rileva Flinterman, “le donne continuano a far fronte a numerosi ostacoli nell’accesso alla giustizia, quali la scarsa accessibilità dei servizi di supporto legale, la limitata conoscenza in materia di diritti e la possibilità di rivendicarli. Quanto affermato – ha concluso – è ampiamente dimostrato dal numero relativamente basso di casi denunciati finora”. (R.B.)

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    Congo: mons. Sikuli in difesa delle popolazioni dell’est del Paese

    ◊   Si fa sentire mons. Melchisedech Sikuli Paluku, vescovo di Butembo-Beni, dopo gli innumerevoli episodi di violenze sulle strade, nell’est della Repubblica Democratica del Congo. A conclusione di una novena di preghiera per la pace, organizzata in tutte le parrocchie diocesane in seguito all’assassinio del sacerdote Christian Mbusa Bakulene lo scorso 8 novembre, il presule ha letto un messaggio intitolato “Guai a te, che uccidi gli innocenti e i profeti”. L’obiettivo della pace e della sicurezza è per tutti, ha ribadito il governo in occasioni ufficiali, tuttavia il presule sottolinea che “le popolazioni dell’est sono tuttora sottoposte a un regime di terrore crescente: insicurezza, violenze, uccisioni e assassinii che avvengono tutti i giorni”. A essere colpite, secondo Sikuli, sono tutte le categorie sociali e nello stesso tempo “si assiste a nuove pressioni per l’introduzione forzata di popolazioni di Masis verso il territorio di Lubero, dopo il rimpatrio di profughi ruandesi del 1994”. Nella nota dell’agenzia Misna si legge che le popolazioni locali hanno chiesto un dispiegamento delle truppe militari, ottenendo per tutta risposta “l’indifferenza delle autorità competenti”. Il messaggio del presule è stato firmato da 11 parroci decani in rappresentanza del clero locale e da sette esponenti di congregazioni o istituti missionari (Comboniani, Agostiniani dell’Assunzione, Crocigeri, Francescani, Sacro Cuore, Carmelitani, Benedettini silvestrini), in rappresentanza dell’Assemblea dei superiori maggiori del Paese. Ieri, dopo la celebrazione eucaristica a Kanyabayonga, sul posto è stata issata una grande croce, non distante dal luogo in cui padre Bakulene è stato assassinato. (C.P.)

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    Malawi: la nuova diocesi di Karonga è un messaggio di speranza per tutta la Chiesa africana

    ◊   “La nuova diocesi è un atto di coraggio pastorale, perché è formata da solo cinque missioni sparse sulle montagne che si ergono lungo l'ansa nord del lago Malawi. La diocesi si trova all’estremità nord del Paese, dove il Malawi confina con la Tanzania a est e lo Zambia a ovest”. Padre Piergiorgio Gamba, missionario monfortano, descrive così all’agenzia Fides, la neonata diocesi di Karonga, in Malawi. “Si tratta di un territorio vastissimo, con una popolazione meno numerosa rispetto al sud del Malawi. Per anni ha fatto parte della diocesi di Mzuzu responsabile dell’evangelizzazione delle diverse tribù del nord che parlano una miriade di lingue tra le quali la più famosa è il Chitumbuka”. Il 20 novembre si è svolta la liturgia di consacrazione del vescovo di Karonga, mons. Martin Anwel Mtumbuka. “Alla celebrazione hanno partecipato migliaia di fedeli venuti anche da Tanzania e Zambia. A oltre seicento chilometri dalla capitale Lilongwe, sono venuti tutti i vescovi del Malawi” racconta padre Gamba. “Ha presieduto la liturgia di consacrazione il nunzio apostolico, mons. Nicola Girasoli, con i vescovi del Malawi e l'arcivescovo di Blantyre, mons. Tarcicius Ziyaye. Il saluto e il benvenuto sono stati rivolti dal vescovo di Mzuzu in inglese, chitumbuka e chichewa, per rendere partecipi tutti della cerimonia”. Il compito di mons. Mtumbuka è impegnativo perché la nuova diocesi ha diverse necessità, aggravate dai danni provocati dal terremoto del dicembre 2009 che ha colpito l’area di Karonga. “Oltre al vescovo vi sono nove preti e diverse comunità religiose di suore e fratelli molto dediti all'educazione e all’assistenza sanitaria. Una diocesi che inizia da quello che potrebbe essere definito il Ground Zero. La chiesa che dovrebbe diventare la cattedrale è ancora inagibile dopo il terremoto che ha causato molti danni e perdite di vite. Rimane tutto da ricostruire” afferma padre Gamba. Ma questo non affievolisce l’entusiasmo del missionario, che vede nell’erezione della nuova diocesi un messaggio di speranza e di rinnovamento per la Chiesa africana: “la Chiesa d'Africa sta diventando adulta e lancia un messaggio forte per tutta la comunità cristiana”. (R.P.)

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    Kenya: costretti a non andare a scuola i bambini sfollati della Mau Forest

    ◊   Centinaia di bambini che vivono nella regione Mau Forest della Rift Valley sono costretti a non andare a scuola poichè vivono sfollati con le rispettive famiglie in campi profughi temporanei, dopo essere stati evacuati dalla foresta. Queste famiglie - riferisce l'agenzia Fides - stanno lottando alla ricerca di mezzi di sussistenza alternativi. Il complesso della regione rappresenta il più importante bacino di raccolta di acque di molti laghi e fiumi del Kenya, e gli abitanti lavoravano quasi tutti come agricoltori. Ora sono impegnati in lavori occasionali mentre il governo cerca di riabilitare il territorio dopo decenni di sfruttamento per miniere, agricoltura e altre attività. Nel campo profughi, uno dei più numerosi lungo il confine con la foresta, la frequenza scolastica sporadica è comune. Nonostante l'educazione scolastica primaria sia ufficialmente gratuita nel Paese, l'affluenza dei bambini sfollati ha portato a una carenza di personale e così i genitori hanno dovuto sostenere i costi per pagare insegnanti supplementari. Nella scuola di Kapkoi, frequentata da oltre un centinaio di bambini provenienti dal campo di Kapkembu, ci sono solo 11 insegnanti assunti dal governo, troppo pochi considerando gli oltre mille studenti divisi in 21 classi. Nel campo profughi risiedono circa 600 persone. La scuola ha assunto sei insegnanti privati, tutti a carico della famiglia del bambino che frequenta e gli importi da sostenere sono molto alti considerando che queste famiglie hanno difficoltà economiche anche per acquistare il cibo. In questo momento è difficile perfino trovare lavori occasionali. Nel Paese il mais è ancora verde e di conseguenza non ci sono possibilità di raccolta nè semina. La situazione non è diversa nel vicino campo di Tirigoi, che ospita oltre 380 persone e dove la priorità è guadagnare qualcosa per poter comprare cibo. Questo trasforma l'istruzione scolastica dei bambini in un lusso. Spesso capita che gli stessi bambini seguano i genitori alla ricerca di lavori occasionali, per contribuire ai guadagni familiari o per avere cibo gratuito. Secondo il Segretariato della regione, ci sono altre 7 mila famiglie in attesa di essere sfollate. (R.P.)

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    Il Fiac porterà gruppi di giovani in Terra Santa a sostegno della pace

    ◊   Il Coordinamento giovani del Forum Internazionale di Azione Cattolica (Fiac) in collaborazione con il Patriarcato latino di Gerusalemme e la Custodia di Terra Santa, ha organizzato un’iniziativa di formazione residenziale e itinerante in Terra Santa rivolta ai giovani, “Insieme nel cuore del mondo”. “Itinerari di giovani nella terra di Gesù” è il tema dell’iniziativa, nella quale saranno coinvolti partecipanti provenienti da Italia, Romania, Burundi, Argentina, Myanmar otre che da Palestina, Israele e Giordania. Dal sabato al 13 dicembre, i giovani si ritroveranno tutti a Nazareth e a Betlemme, sedi del progetto. L’agenzia Sir rende noto l’intervento di Chiara Finocchietti, responsabile Fiac e vicepresidente per il Settore giovani di Azione Cattolica italiana: “Gli obiettivi della proposta sono di incentivare formazione ed educazione delle persone e delle comunità locali, con riferimento specifico ai temi della cittadinanza e dell’impegno per la pace e il dialogo e creare una rete di sostegno internazionale per le necessità della Terra Santa e promuovere un metodo di pellegrinaggi, gemellaggi, e contatti diretti da avviare o continuare con le realtà di Terra Santa”. Gli approfondimenti saranno curati dallo Studio biblico francescano e sono previsti interventi anche da parte del mons. William Shomali, vescovo ausiliare del Patriarcato latino di Gerusalemme e di mons. Giacinto Marcuzzo, vicario patriarcale per Israele. (C.P.)

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    Indonesia: a Java il primo weekend tra studenti cattolici e musulmani

    ◊   “È stato concepito come un punto di partenza dove i giovani cattolici possono costruire reciproco rispetto e comprensione con i loro colleghi delle comunità musulmane”. Padre Aloysius Budi Purnomo, una delle figure più attive della diocesi indonesiana di Semarang, a capo della Commissione interreligiosa interna, racconta così all'agenzia Asianews l’Interfaith Gathering Weekend, un incontro interreligioso tra studenti universitari, che si è svolto nel santuario della Madonna di Gua Kerep, ad Ambarawa a Java. Vi hanno preso parte 65 ragazzi provenienti da diversi atenei cattolici: “L’incontro è stato un buon esempio di come i giovani cattolici siano educati ad avere una mentalità aperta rispetto al fatto che l’Indonesia è uno Stato multietnico e multireligioso dove la maggioranza musulmana ha avuto una forte influenza – ha aggiunto il sacerdote – impiantando il seme della tolleranza, della comprensione reciproca e della buona conoscenza dell’Islam, i giovani cattolici devono avere un forte rispetto dei loro concittadini islamici”. Anche la diocesi di Purwokerto è molto attenta a queste tematiche: “Il dialogo interreligioso è vitale per noi – ha affermato il vescovo, mons. Julianus Sunarko – la presenza di musulmani moderati nella regione è di fondamentale importanza”. (R.B.)

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    Cina: i giovani della diocesi di Xia Men protagonisti della solennità di Cristo Re

    ◊   I tre gruppi giovanili della diocesi di Xia Men, nella provincia sud orientale cinese del Fu Jian, sono stati protagonisti della celebrazione diocesana della solennità di Cristo Re dell’universo, domenica scorsa. Sotto la guida del vescovo diocesano, mons. Cai Bing Rui, che è stato consacrato lo scorso 8 maggio con l’approvazione della Santa Sede, i giovani hanno condiviso la loro esperienza di fede e la testimonianza di vita sotto il tema “Unione di Amore” per “unire i cuori che amano Dio, per seminare l’affetto che nutrono per Cristo”. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, mons. Cai ha presieduto la solenne Eucaristia in onore di Cristo Re ed anche l’incontro con i giovani. Infine ha detto a tutti: “abbiamo concluso l’incontro di oggi, ma è segno di un nuovo inizio della vita cristiana. Voi giovani siete la speranza e il futuro della Chiesa. Guardando voi vediamo la speranza. Tocca a voi trasmettere l’Amore di Cristo alle persone che incontrate”. I tre gruppi parrocchiali che hanno partecipato alla celebrazione diocesana, sono composti da giovani cattolici universitari, lavoratori, impiegati. Grazie all’impegno ed all’accompagnamento spirituale dei sacerdoti e delle religiose, oggi costituiscono una realtà luminosa dell’evangelizzazione e della vita diocesana. (R.P.)

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    Guatemala. Nuovo sito web della Caritas: sostenere e difendere i più deboli

    ◊   La Caritas Guatemala annuncia con gioia ed entusiasmo l’apertura del suo nuovo sito web: www.caritasguatemala.org. La pagina presenta diversi cambiamenti dovuti alle variazioni registrate nel gruppo di lavoro durante questo anno. Si legge nella lettera inviata all'agenzia Fides: “Sappiamo che non è la perfezione, ma abbiamo fatto grandi sforzi per fare queste modifiche in base alle esigenze di comunicazione e di aggiornamento necessarie per condividere con tutti e ciascuno di voi ciò che succede nel nostro amato Guatemala”. Tutto questo lavoro è stato possibile grazie al sostegno finanziario di Caritas Norvegia, segnala la lettera: “abbiamo fatto grandi sforzi per l'acquisto di attrezzature professionali che ci permettano di rimanere aggiornati nel campo tecnologico; tuttavia anche contando sul personale, le attrezzature e altri apparecchiature, senza il supporto di Caritas Norvegia questo sogno non si poteva avverare”. Il testo conclude ricordando la piena disponibilità per tutti i visitatori del sito: “Sicuramente il futuro richiederà cambiamenti, che saranno trattati a suo tempo, oggi siamo al vostro servizio con il nostro nuovo sito Internet, che sarà a disposizione di ciascuno di voi, a livello nazionale o internazionale”. Nel sito, che si presenta molto chiaro e facile da gestire, si possono trovare le ultime notizie ecclesiali del paese e i diversi progetti che la Caritas ha in programma. Da sottolineare 3 nuove sezioni: una dedicata all’ambiente, la sezione del Piano strategico nazionale della Caritas (con la presentazione di mons. Alvaro Leonel Ramazzini Imeri, vescovo di San Marcos e presidente della Commissione episcopale della pastorale sociale), e la sezione dedicata alla Camexpa, cioè il gruppo formato dalle Caritas di Nicaragua, Costa Rica, Messico, Honduras, Guatemala, Panama e El Salvador. La Camexpa è impegnata in particolare a promuovere e difendere i diritti umani soprattutto dei gruppi più vulnerabili, tra cui donne e migranti. (R.P.)

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    Messa a Palermo del neo cardinale Romeo: testimoniare il Vangelo con una fede radicale

    ◊   “Da cardinale di Santa Romana Chiesa sono chiamato a identificarmi sempre più nei tratti del Buon Pastore che dà la vita per le sue pecore”. Sono le parole del neo cardinale e arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo, nel corso dell’omelia pronunciata ieri pomeriggio nella cattedrale, in occasione del suo ingresso in diocesi dopo i giorni del Concistoro. Prima della cerimonia solenne, il neoporporato, visibilmente emozionato, è stato accolto dalle autorità e dalla gente comune che gli hanno espresso stima, affetto e calore davanti alla sede del Parlamento siciliano, per poi raggiungere tutti insieme, a piedi, tra i canti di un gruppo di neocatecumenali e gli applausi, la vicina cattedrale. Una cattedrale gremita di fedeli, sacerdoti e seminaristi che hanno partecipato al rito concelebrato dal cardinale Salvatore De Giorgi e da numerosi vescovi della chiesa siciliana. Dopo avere espresso riconoscenza al Papa, il cardinale Romeo ha aggiunto: “La decisione del Santo Padre mi sembra quasi provvidenzialmente seguire la sua recente visita a Palermo. Il messaggio, pur passando dalla mia povera persona, mi pare sia lo stesso e giunge a tutti: la nostra fede ha bisogno di una radicalità nella testimonianza, di una profondità che le consenta di manifestare al mondo il Vangelo, fino a pagare di persona il prezzo delle scelte che discendono da essa”. Nel corso della celebrazione, il vescovo ausiliare di Palermo, monsignor Carmelo Cuttitta, ha espresso la gioia della comunità ecclesiale per la nomina a cardinale dell’arcivescovo Romeo, ricordando la missione di testimonianza dell’amore di Dio per gli uomini che è propria della dignità cardinalizia e della Chiesa in ogni parte del mondo, “senza eludere il rischio di non essere compresi, di essere rifiutati, di andare incontro a difficoltà, persecuzioni, fino all’estrema testimonianza, come fece don Pino Puglisi”. Due le iniziative di solidarietà annunciate da mons. Cuttitta per celebrare la nomina a cardinale di Sua Eminenza Paolo Romeo: la raccolta per realizzare nuove chiese, ricordando che ancora in città ci sono comunità che si riuniscono in prefabbricati e garage, e la colletta della Messa di ieri destinata alla missione Speranza e Carità di Biagio Conte, associazione ecclesiastica creata da Romeo alla vigilia della visita del Papa. (Da Palerno, Alessandra Zaffiro)

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    24 Ore nel Mondo



    Pyongyang minaccia nuovi attacchi, Seul aumenta la presenza militare nel Mar Giallo

    ◊   Resta altissima la tensione nella penisola coreana, dopo l’attacco di Pyongyang contro l'isola della Corea del Sud che ha provocato la morte di due soldati e due civili e il ferimento di altre 18 persone. Oggi, il regime del nord ha minacciato altri attacchi in vista delle annunciate manovre militari congiunte Usa-Corea del Sud nel Mar Giallo. Il servizio di Marco Guerra:

    Le armi tacciono ma non sembra aprirsi nessun spiraglio di dialogo tra le due Coree. Oggi. il regime di Pyongyang ha accusato Seul e Washington di essere responsabili dello scambio di colpi d'artiglieria di martedì scorso e si è detto pronto ad “affrontare senza esitazioni” ulteriori attacchi di rappresaglia”. I vertici del Nord hanno inoltre respinto la proposta avanzata dal comando delle Nazioni Unite di intavolare colloqui tra militari di alto grado sullo scontro. Non resta a guardare la Corea del Sud, che annuncia il rafforzamento della propria presenza militare nel Mar Giallo e la modifica delle regole di ingaggio per rispondere con più forza a eventuali futuri attacchi. “Dobbiamo tenerci pronti alla possibilità di una nuova provocazione”, ha spiegato il presidente, Lee Myung Bak, ordinando che vengano aumentate le armi in dotazione ai militari dislocati su cinque isole. Altre misure diplomatiche riguarderanno un riesame degli aiuti al Nord da gruppi privati e uno sforzo per coinvolgere la comunità internazionale, e in particolare la Cina, nelle pressioni su Pyongyang. Intanto, si registrano anche le dimissioni del ministro delle Difesa sudcoreano, fortemente criticato da tutta l’opinione pubblica per la “debole” risposta data all'attacco di martedì. Pechino dal canto suo, unico alleato delle Corea del Nord, si dice “preoccupata” per le esercitazioni navali che Seul e Washington terranno a partire da domenica. Per mantenere la stabilità nell’area, la Cina è in invece tornata a insistere sulla ripresa dei colloqui sul programma nucleare nordcoreano.

    Crisi irlandese
    Nel pieno della crisi economica irlandese, il governo di Dublino ha varato ieri il piano d'austerity da 15 miliardi per riportare, da qui al 2014, i conti pubblici sotto controllo. Fra le misure più significative spiccano i 2,8 miliardi di tagli alla spesa sociale, l’eliminazione di 25 mila posti nel settore pubblico, l’aumento dell'Iva dal 21% al 23% ed entrate extra per 1,9 miliardi da imposte sui redditi. Occhi putnati da parte di tutta l’Europa e in particolare dalla Germania, che si aspetta “un accordo” su alcuni punti del piano di salvataggio dell’Irlanda che Unione Europea e Fondo monetario internazionale (Fmi) dovrebbero mettere a punto all’inizio di dicembre. L'esposizione delle banche tedesche nei confronti dell'Irlanda ammonta a circa 25 miliardi di euro. Intanto, la Bce ha garantito che il salvataggio dell’Irlanda non avrà ripercussioni sulla strategia di uscita dalle misure di stimolo varate per rilanciare la ripresa nell'Eurozona. Rassicurazioni anche da Klaus Regling, presidente del meccanismo di stabilizzazione finanziaria europeo (Efsf) creato nel maggio scorso, secondo il quale fondo di salvataggio è "abbastanza grande per tutto il mondo". In un'intervista al quotidiano tedesco "Bild", Regling dice poi di "non credere in alcun caso" che la Francia e l'Italia siano a rischio.

    Afghanistan
    Proteste in tutto l’Afghanistan da ieri per i risultati delle elezioni parlamentari del 18 settembre scorso. Oggi, la Procura generale della Repubblica afghana ha emesso ordini di cattura per tre funzionari della Commissione elettorale indipendente (Iec) con l'accusa di brogli che sarebbero stati realizzati nell'ambito del processo di voto. Ieri, la Commissione elettorale indipendente aveva annunciato una lista ufficiale di 238 deputati eletti su 249 complessivi, precisando che gli 11 deputati della provincia di Ghazni saranno ufficializzati ''fra una settimana''. Ventisette candidati considerati provvisoriamente vincitori il 20 ottobre sono stati esclusi invece dalla lista finale per sospetti brogli. Sempre ieri, il procuratore generale della Repubblica, Muhammad Ishaq Alkoh, aveva criticato la decisione della Iec di annunciare i risultati delle legislative del 18 settembre prima che il suo ufficio finisse di indagare su 150 denunce di irregolarità, ricevute nelle scorse settimane.

    Russia
    Sette persone sono morte dopo che l'elicottero sul quale viaggiavano si è schiantato stamani nella regione siberiana di Omsk. Tre i sopravvissuti alla sciagura. In base alle prime indagini, il velivolo era diretto ai pozzi petroliferi della zona, ma è precipitato poco prima di arrivare a destinazione per cause ancora da accertare.

    Il Pentagono teme nuova fuga di notizie riservate
    Il Pentagono teme una nuova fuga di notizie sul sito Wikileaks. Secondo indiscrezioni, si tratta in gran parte di materiale riservato del Dipartimento di Stato Usa con accuse di corruzione nei confronti di diversi capi di Stato e di governo e ministri di Paesi amici degli Stati Uniti. Non ha nascosto preoccupazione il portavoce del Dipartimento di Stato, Philip Crowley: “Quelle rivelazioni creeranno tensioni nelle relazioni con i nostri diplomatici e i nostri amici nel mondo”. “Ci prepariamo per lo scenario peggiore", ha poi affermato Crowley, ipotizzando che i documenti possano "toccare un'ampia gamma di questioni e di Paesi”. Wikileaks definisce le prese di posizione della Difesa Usa delle ultime ore “nuove iperventilazioni causate dalla paura”.

    Italia: proteste degli universitari
    Cortei di studenti si sono organizzati in tutta Italia contro la riforma dell’Università. Davanti a Montecitorio, dove si sta discutendo il disegno di legge, stazionano migliaia di ragazzi che hanno acceso fumogeni e intonato cori contro il governo chiedendone le dimissioni. Ieri l'assalto di un gruppo di studenti al Senato, oggi la breve "occupazione" del Colosseo a Roma e i blitz sulla Mole Antonelliana a Torino e sulla Torre di Pisa. In mattinata, la maggioranza in parlamento è stata battuta su un emendamento proposto dai finiani, e il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, ha detto che se la riforma sarà stravolta sua intenzione è ritirarla. Per la Gelmini, gli studenti sono solidali con i baroni universitari. Alessandro Guarasci ha sentito il presidente degli universitari cattolici della Fuci, Alberto Ratti:

    R. - Noi stigmatizziamo anche i comportamenti di alcune frange di studenti. Quello che è successo ieri davanti alle aule del Senato crediamo sia di una gravità inaudita: un rispetto delle istituzioni, un’educazione civica, crediamo che debba essere mantenuta sempre. Non condividiamo quanto il ministro dice, perché comunque la volontà di cambiare l’università, dove la gente studia e dove studiamo tutti, c’è anche da parte nostra. Lei dice che a volte gli studenti usano slogan vecchi, ma mi verrebbe da dire che anche lei ultimamente continua ad usare sempre le stesse critiche.

    D. - Secondo il presidente della Crui, la Conferenza dei rettori delle università italiane, i soldi sono stati trovati: ci sono quindi risorse sufficienti. Voi siete d’accordo o l’università comunque sconta vecchie arretratezze?

    R. - Finché non verranno approvate, sia la legge di bilancio sia la legge di stabilità - e quindi finché non verrà stabilito quanti soldi il bilancio dello Stato destina all'università - non sapremo effettivamente quanto sarà proposto nel disegno di legge all’esame del parlamento e se sarà effettivamente coperto finanziariamente.

    D. - Secondo voi, c’è comunque un problema di selezione, di migliore selezione del personale docente all’interno dell’università?

    R. - La riforma del ministro Gelmini va sicuramente nella giusta direzione quando sottolinea che deve esserci più meritocrazia e che devono essere premiate le università che - anche se il termine non mi piace - “producono di più”. Il rischio, però, è che con questi tagli lineari non si vadano a premiare le università migliori, ma in realtà si vada a penalizzare un po’ tutti. (mg) (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 329

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