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Sommario del 24/11/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Amare con coraggio e sincerità Cristo e la Chiesa: così il Papa all'udienza generale dedicata a santa Caterina da Siena
  • “Maestro di giustizia”: il ricordo del cardinale Urbano Navarrete, nelle parole del Papa ai funerali del porporato in Vaticano
  • Il rammarico del Papa per l’ordinazione di un vescovo in Cina senza mandato apostolico: ferita la comunione ecclesiale
  • Lutto nella famiglia pontificia: muore una laica consacrata al servizio del Santo Padre
  • Nomine
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Il cardinale Tauran in missione in Pakistan per la liberazione di Asia Bibi
  • Rapporto 2010 sulla libertà religiosa: cristiani perseguitati in molti Paesi dell'Asia
  • Presentato il Seminario di studio "Peccato e conversione", un'occasione di riflessione pastorale sulle ferite aperte della Chiesa
  • Riapre al pubblico la Collezione di Vasi etruschi dei Musei Vaticani
  • Chiesa e Società

  • Sud Corea: l’appello dei vescovi per la pace dopo l’attacco nordcoreano
  • Sinodo anglicano: la Regina Elisabetta e Rowan Williams ricordano la recente visita del Papa
  • Cristiani in Iraq: verso una risoluzione unitaria dell'Europarlamento
  • Iraq: artista musulmano canta in difesa dei cristiani
  • Pakistan: anche l’emergenza morbillo per le vittime delle alluvioni
  • Egitto: manifestante cristiano ucciso durante scontri con la polizia
  • Messaggio dei Gesuiti di Africa e Madagascar per la Giornata Mondiale sull'Aids
  • Africa: in 40 anni la popolazione urbana triplicherà
  • Rapporto sulle mine anti-persona: nel mondo in calo uso e produzione
  • I vescovi cileni: “Non esiste speranza senza impegno verso la verità”
  • Turchia: al via la Conferenza internazionale sulla precarietà sociale
  • L'arcivescovo di Dublino invoca un profondo rinnovamento della Chiesa irlandese
  • Francia: clima di fiducia all’incontro tra i leader religiosi del Paese
  • Concluso in Spagna il congresso sul tema “Cattolici e vita pubblica”
  • Terra Santa: si moltiplicano le iniziative dopo il Sinodo per il Medio Oriente
  • Guinea-Bissau: l’aumento dei cattolici richiede una revisione dell’itinerario catechistico
  • La due giorni di Caritas italiana: tanti i temi in agenda, da Haiti all’Abruzzo
  • Premio Internazionale don Puglisi dedicato alle vittime di Srebrenica
  • La Lev pubblica un volume sul cardinale Bernardin Gantin
  • 24 Ore nel Mondo

  • L’Onu tenta il dialogo con la Corea del Nord dopo l’attacco alla Corea del Sud
  • Il Papa e la Santa Sede



    Amare con coraggio e sincerità Cristo e la Chiesa: così il Papa all'udienza generale dedicata a santa Caterina da Siena

    ◊   Il Papa ha dedicato l’udienza generale di stamani, nell’Aula Paolo VI in Vaticano, a santa Caterina da Siena, vergine e dottore della Chiesa, Patrona d’Italia e d’Europa. Si tratta di una donna – ha detto il Papa – che ci insegna ad amare con coraggio Cristo e la Chiesa. Il servizio di Sergio Centofanti:

    Benedetto XVI ricorda come santa Caterina visse durante la travagliata epoca del 14.mo secolo, illuminando un periodo critico “per la vita della Chiesa e dell’intero tessuto sociale in Italia e in Europa”.

    “Anche nei momenti di maggiore difficoltà, il Signore non cessa di benedire il suo Popolo, suscitando Santi e Sante che scuotano le menti e i cuori provocando conversione e rinnovamento”.

    Caterina, terziaria domenicana e semi-analfabeta, era una mistica d’azione, tra estasi e missioni di pace nel continente europeo. E in questo contesto, il Papa rinnova il suo appello all’Europa a non dimenticare le sue radici cristiane. Con le sue energiche esortazioni la Santa riuscì a far tornare i Papi a Roma da Avignone. Nello stesso tempo si dedicava ai più umili, i poveri, i malati, i carcerati. Attorno a Caterina – sottolinea Benedetto XVI – si andò costituendo una vera e propria famiglia spirituale e in molti la chiamavano “mamma”. “Anche oggi – ha aggiunto – la Chiesa riceve un grande beneficio dall’esercizio della maternità spirituale di tante donne, consacrate e laiche, che alimentano nelle anime il pensiero per Dio, rafforzano la fede della gente e orientano la vita cristiana verso vette sempre più elevate”.

    Come tanti Santi soffrì molto, in particolare a causa di diffidenze e incomprensioni nella sua stessa comunità. Durante una visione Gesù le donò un anello, visibile solo a lei, segno della sua intima unione con il Cristo. Successivamente avvenne il mistico scambio del cuore:

    “Il Signore Gesù le apparve con in mano un cuore umano rosso splendente, le aprì il petto, ve lo introdusse e disse: ‘Carissima figliola, come l’altro giorno presi il tuo cuore che tu mi offrivi, ecco che ora ti do il mio, e d’ora innanzi starà al posto che occupava il tuo’. Caterina ha vissuto veramente le parole di san Paolo, ‘… non vivo io, ma Cristo vive in me’ (Gal 2,20)”.

    “Come la santa senese – afferma il Papa - ogni credente sente il bisogno di uniformarsi ai sentimenti del Cuore di Cristo per amare Dio e il prossimo come Cristo stesso ama”. Da questa dimensione cristocentrica – centro vitale di ogni autentica spiritualità – traeva il suo amore per l’Eucaristia, “straordinario dono di amore che Dio ci rinnova continuamente per nutrire il nostro cammino di fede”. Un altro tratto della spiritualità di Caterina - ha poi notato - è legato al dono delle lacrime:

    “Le lacrime esprimono una sensibilità squisita e profonda, capace di commozione e di tenerezza. Non pochi Santi hanno avuto il dono delle lacrime, rinnovando l’emozione di Gesù stesso, che non ha trattenuto e nascosto il suo pianto dinanzi al sepolcro dell’amico Lazzaro e al dolore di Marta e Maria, e alla vista di Gerusalemme, nei suoi ultimi giorni terreni … Secondo Caterina, le lacrime dei Santi si mescolano al Sangue di Cristo”.

    E proprio a partire dal suo amore per l’Eucaristia, “pur consapevole delle manchevolezze umane dei sacerdoti”, ebbe sempre un grandissimo rispetto per essi:

    “Essi dispensano, attraverso i Sacramenti e la Parola, la forza salvifica del Sangue di Cristo. La Santa senese ha invitato sempre i sacri ministri, anche il Papa, che chiamava ‘dolce Cristo in terra’, ad essere fedeli alle loro responsabilità, mossa sempre e solo dal suo amore profondo e costante per la Chiesa”.

    Prima di morire, a 33 anni, Caterina dice: ho avuto la singolarissima grazia di aver consumato e dato la vita nella Chiesa e per la Chiesa Santa:

    “Cari fratelli e sorelle, impariamo da santa Caterina ad amare con coraggio, in modo intenso e sincero, Cristo e la Chiesa”.

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    “Maestro di giustizia”: il ricordo del cardinale Urbano Navarrete, nelle parole del Papa ai funerali del porporato in Vaticano

    ◊   “Confidiamo che il suo nome sia ora scritto nel ‘libro della vita’”: cosi, Benedetto XVI, nella Messa esequiale per il cardinale spagnolo Urbano Navarrete, officiata stamane, nella Basilica vaticana, dal cardinale Angelo Sodano, decano del Collegio cardinalizio. Al termine della celebrazione eucaristica, il Papa ha presieduto il Rito dell’Ultima Commendatio e della Valedictio in omaggio al porporato scomparso, lunedì scorso, all’età di 90 anni. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “Maestro di giustizia”, Urbano Navarrete, figlio spirituale di sant’Ignazio di Loyola, si è spento dopo “un lungo e fecondo pellegrinaggio terreno”, ha ricordato il Papa, “con animo commosso e grato”, tracciando il profilo del “compianto porporato”:

    “Lo studio scrupoloso e l’insegnamento appassionato del diritto canonico hanno rappresentato un elemento centrale della sua vita. Educare specialmente le giovani generazioni alla vera giustizia, quella di Cristo, quella del Vangelo: ecco il ministero che il cardinale Navarrete ha svolto lungo tutto l'arco della sua vita".

    Esperto di diritto matrimoniale, decano della Facoltà di diritto canonico della Pontificia Università Gregoriana, poi rettore del medesimo ateneo, contribuì alla revisione del Codice di Diritto Canonico e fu consultore di vari dicasteri della Curia Romana, attento testimone di storici eventi come il Sinodo diocesano di Roma e il Concilio Vaticano II.

    “Non ho mai dubitato della mia scelta”, aveva dichiarato in una recente intervista riguardo la sua vocazione sacerdotale, maturata in una famiglia pia, dove su sei fratelli, tre erano diventati gesuiti e due religiose.

    Tre principi fondamentali avevano sempre ispirato la sua vita di studioso: molto amore per il passato, sensibilità verso problemi, esigenze e sfide del presente, capacità di guardare e aprirsi al futuro senza timore, ma con speranza, quella che viene dalla fede, ha concluso il Papa:

    “Una visione profondamente cristiana, che ha guidato il suo impegno per Dio, per la Chiesa, per l’uomo nell’insegnamento e nelle opere”.

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    Il rammarico del Papa per l’ordinazione di un vescovo in Cina senza mandato apostolico: ferita la comunione ecclesiale

    ◊   Il Santo Padre ha appreso “con profondo rammarico” la notizia dell’ordinazione episcopale del reverendo Giuseppe Guo Jincai, avvenuta sabato 20 novembre a Chengde, nella provincia cinese dell’Hebei. Questa ordinazione, si legge in una nota della Sala Stampa vaticana, è stata “conferita senza il mandato apostolico e, perciò, rappresenta una dolorosa ferita alla comunione ecclesiale e una grave violazione della disciplina cattolica”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    È noto, si legge nel comunicato della Sala Stampa, che, “negli ultimi giorni, diversi vescovi sono stati sottoposti a pressioni e a restrizioni della propria libertà di movimento, allo scopo di forzarli a partecipare e a conferire l’ordinazione episcopale”. Tali costrizioni, compiute da autorità governative e di sicurezza cinesi, viene sottolineato, “costituiscono una grave violazione della libertà di religione e di coscienza”. La Santa Sede si riserva, dunque, di “valutare approfonditamente l’accaduto, tra l’altro sotto il profilo della validità e per quanto riguarda la posizione canonica dei vescovi coinvolti”. In ogni caso, si rileva, ciò si “ripercuote dolorosamente”, in primo luogo, sul reverendo Giuseppe Guo Jincai che, “in forza di tale ordinazione episcopale, si trova in una gravissima condizione canonica di fronte alla Chiesa in Cina e alla Chiesa universale, esponendosi anche alle pesanti sanzioni previste, in particolare, dal canone 1382 del Codice di Diritto Canonico”.

    Tale ordinazione, avverte poi la nota, “non soltanto non aiuta il bene dei cattolici a Chengde, ma li mette in una condizione assai delicata e difficile, anche sotto il profilo canonico, e li umilia, perché le autorità civili cinesi vogliono imporre loro un Pastore che non è in piena comunione, né con il Santo Padre né con gli altri vescovi sparsi nel mondo”. Più volte, durante l’anno corrente, viene ricordato nella nota, “la Santa Sede ha comunicato con chiarezza alle autorità cinesi la propria opposizione all’ordinazione episcopale del reverendo Giuseppe Guo Jincai”. Nonostante ciò, “tali autorità hanno deciso di procedere unilateralmente, a scapito dell’atmosfera di rispetto, faticosamente creata con la Santa Sede e con la Chiesa cattolica attraverso le recenti ordinazioni episcopali”. Tale pretesa di “mettersi al di sopra dei vescovi e di guidare la vita della comunità ecclesiale – si legge ancora – non corrisponde alla dottrina cattolica, offende il Santo Padre, la Chiesa in Cina e la Chiesa universale, e rende più intricate le difficoltà pastorali esistenti”. La Santa Sede, soggiunge la nota, riafferma la disponibilità a dialogare con le autorità cinesi, “al fine di superare le difficoltà e normalizzare i rapporti”, ma “constata con rammarico che le autorità lasciano alla dirigenza dell’Associazione Patriottica Cattolica Cinese, sotto l’influenza del sig. Liu Bainian, assumere atteggiamenti che danneggiano gravemente la Chiesa cattolica e ostacolano” tale dialogo.

    I cattolici di tutto il mondo, conclude la nota, “seguono con particolare attenzione il travagliato cammino della Chiesa in Cina: la solidarietà spirituale, con cui accompagnano le vicende dei fratelli e delle sorelle cinesi, diventa fervida preghiera al Signore della storia, affinché sia loro vicino, accresca la loro speranza e fortezza, e doni loro consolazione nei momenti della prova”.

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    Lutto nella famiglia pontificia: muore una laica consacrata al servizio del Santo Padre

    ◊   Lutto nella famiglia pontificia: è morta, stamani a Roma, la consacrata laica Manuela Camagni, una delle quattro Memores Domini al servizio di Benedetto XVI, nell’appartamento papale. La donna è stata investita ieri sera da un’auto nei pressi della via Nomentana e a nulla sono valsi i tentativi di operarla al Policlinico Umberto I. Il Santo Padre è stato informato del triste evento prima della celebrazione della Santa Messa mattutina e ha elevato per la defunta la sua preghiera di suffragio. Nel libro-intervista “Luce del mondo”, pubblicato ieri, il Papa racconta anche dei momenti di vita quotidiana vissuti con i due segretari particolari e le quattro Memores Domini. Prima di essere al servizio del Pontefice dal 2005, Manuela Camagni – nata nel 1954 a San Piero di Bagno, in Romagna - aveva lavorato nel campo della scuola e dal 1996 al 2001 aveva poi prestato servizio a Tunisi, quando era vescovo mons. Fouad Twal. Tutta la comunità della Radio Vaticana esprime la sua vicinanza ai parenti di Manuela e alla famiglia pontificia colpita da questo grave e improvviso lutto.

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    Nomine

    ◊   In Brasile, Benedetto XVI ha nominato ausiliari dell’arcidiocesi di São Sebastião do Rio de Janeiro, il reverendo Pedro Cunha Cruz, il reverendo Nelson Francelino Ferreira e il reverendo Paulo César Costa. Sempre in Brasile, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Caçador, presentata da mons. Luiz Carlos Eccel, in conformità al canone 401 §2 del Codice di Diritto Canonico. Infine, il Papa ha nominato vescovo di Umuarama, in Brasile, mons. João Mamede Filho.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il cuore di Caterina: all’udienza generale il Papa parla della santa senese.

    Lutto nella famiglia pontificia: la morte di Manuela Camagni, una delle Memores Domini, deceduta all’alba di oggi a Roma in seguito alle gravissime ferite riportate in un incidente stradale.

    In prima pagina, un fondo di Pierluigi Natalia dal titolo “Risposte politiche alla sete dell'Africa”: ad Addis Abeba la terza Settimana dell’acqua.

    Il buon prezzo della gloria: in cultura, Federico Mazzocchi sui mistici francescani del Siglo de oro.

    L’amico della Spagna: Vicente Carcel Orti su Paolo VI e la transizione verso la democrazia.

    Inaugurate, ai Musei Vaticani, le nuove sale della Collezione dei Vasi del Museo Gregoriano Etrusco: Maurizio Sannibale, responsabile del settore, illustra la Grecia classica e la civiltà dell'immagine nell'Etruria di ventisei secoli fa.

    Abidjan città aperta: Luca Pellegrini a colloquio con il regista Mahamat-Saleh Haroun alla vigilia del “Tertio millennio film fest”.

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    Oggi in Primo Piano



    Il cardinale Tauran in missione in Pakistan per la liberazione di Asia Bibi

    ◊   Sarà in Pakistan, domani, per sensibilizzare il governo locale sul caso di Asia Bibi e sul tema dell’abrogazione della legge sulla blasfemia, il presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, il cardinale Jean-Louis Tauran. Intanto, nel Paese asiatico, il ministro per le Minoranze, Shahbaz Bhatti, di fede cristiana, ha rivelato di essere stato minacciato dagli estremisti. Il servizio di Roberta Barbi:

    L’annuncio di un’imminente missione vaticana in Pakistan l’aveva dato ieri il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, a margine dell’inaugurazione dell’anno accademico della Pontificia Università Lateranense, in cui aveva rinnovato l’appello in favore della liberazione di Asia Bibi, la donna cristiana accusata di blasfemia e detenuta in un carcere nei pressi di Lahore. Domani, quindi, il cardinale Tauran sarà in Pakistan, dove incontrerà il ministro delle Minoranze, di fede cristiana. Proprio il ministro ha preparato una relazione dettagliata sul caso per il presidente Zardari, il quale esaminerà nei prossimi giorni la richiesta di grazia della donna. Il cardinale Bertone ha anche ricordato che la Santa Sede, come numerosi altri governi, ha posto il problema dell’abolizione della legge sulla blasfemia vigente in Pakistan, perché “i cittadini e tra questi i credenti cristiani non possono essere accusati di reati che non hanno consistenza”. Nel frattempo i partiti religiosi pakistani hanno fatto sapere di essere fermamente contrari al rilascio di Asia Bibi, minacciando proteste a livello nazionale e organizzando una giornata di mobilitazione contro “qualunque cospirazione per abolire la legge sulla blasfemia”.

    Ma in che cosa consiste la legge sulla blasfemia, in vigore in Pakistan dagli anni ’80? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica e Storia delle Civiltà all’Università Cattolica di Milano:

    R. – E’ una legge paradossale, assurda. E’ nata nella fase di islamizzazione del Pakistan negli anni ’80. Questa legge si sta rivelando un’arma di pressione, di minaccia, di ricatto, di punizione per i cristiani ma non solo, per tutte le minoranze religiose o anche per comunità un po’ in difficoltà. Si tratta di una legge che permette la condanna automaticamente a morte di individui o di gruppi di famiglie responsabili di avere bestemmiato il nome di Allah o del profeta Maometto: basta la testimonianza orale di quattro testimoni, possibilmente maschi musulmani, e la condanna è automatica. Ovviamente tutto ciò diventa un’arma di vendetta personale, diventa un’arma di pressione, di ricatto: “Vuoi vendermi il campo? No, non te lo vendo. Allora io vado da un giudice religioso e gli dico che tu hai bestemmiato”. In questo caso, tu non hai difese, la condanna è certa. Poi - come sempre è avvenuto in passato - il presidente interviene per evitare l’impiccagione; però devi abbandonare il Paese, la tua famiglia viene picchiata, minacciata, tu subisci violenze, sevizie, ci sono attacchi, vengono bruciate le case delle minoranze …

    D. - Professare apertamente la propria religione che non sia l’islam fa ricadere nell’ambito della legge contro la blasfemia o no?

    R. – No. In Pakistan ci sono scuole cattoliche e cristiane, ci sono chiese. Quindi professare la religione non è reato. Quello che è reato - e il confine è molto labile - è il proselitismo. Conosco molto bene le scuole cattoliche pakistane e sono sempre molto attente a non prestare il fianco all’accusa di proselitismo, sancito con la morte dalla sharia: ad esempio, mai prestare una Bibbia, un Vangelo a un musulmano che te la chiede, perché poi ti accusa di aver fatto proselitismo.

    D. – A questo punto ci sono possibilità, sempre attraverso questa legge, per liberare la donna?

    R. – Io ho scritto qualche giorno fa su Avvenire che ero sicuro che la donna non sarebbe stata giustiziata. Il governo e il presidente del Pakistan intervengono sempre per graziare. Ma attenzione: cosa significa la grazia? Non significa che Asia Bibi possa tornare alla sua famiglia, alla sua vita di sempre. Questa donna dovrà abbandonare il Paese. Le sue figlie sono state oggetto di minaccia e anche la sua famiglia dovrà probabilmente abbandonare il Paese. Quando ci sarà la grazia formale - come sempre accade in questi casi - ci saranno probabilmente attacchi da parte di islamisti o di folle incitate dagli islamisti contro case, negozi, chiese, scuole. Avviene sempre così. Asia Bibi sarà comunque una vittima di una macroscopica ingiustizia. Sarà graziata, ma non liberata: dovrà sempre vivere una vita da profuga o da esule. (bf)

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    Rapporto 2010 sulla libertà religiosa: cristiani perseguitati in molti Paesi dell'Asia

    ◊   La libertà di religione in 194 Paesi del mondo viene fotografata nel “Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo 2010”, presentato stamani a Roma, e redatto da “Aiuto alla Chiesa che soffre”. Un Rapporto che prende in considerazione i cinque continenti, le diverse realtà di persecuzione nei confronti di tutte le religioni. Il servizio di Debora Donnini.

    Il 70 per cento della popolazione mondiale vive in Paesi dove ci sono restrizioni o persecuzioni a causa della religione professata. Lo afferma padre Giulio Albanese, missionario comboniano, direttore di “Popoli e missione”, che ha moderato la presentazione del Rapporto. India e Cina, per le loro proporzioni, i Paesi in cui si registrano più casi: alcuni Stati dell’India sono tristemente noti per le aggressioni alle minoranze e per riconversioni forzate all’induismo; in Cina permangono casi di repressioni e arresti per tutte le religioni. Alla presentazione del Rapporto è stato affrontato in particolare il problema della legge contro la blasfemia in Pakistan, con la testimonianza del vescovo di Faisalabad, mons. Joseph Coutts. Una legge che dall’’86 ad oggi ha causato l’incriminazione di 993 persone con l’accusa di avere profanato il Corano o diffamato il profeta Maometto: fra queste, 479 erano musulmani, 340 ahmadi – una setta che il governo non riconosce come musulmana – 120 cristiani, 14 indù e 10 di altre religioni. Non ci sono state condanne a morte, ma “la legge crea uno stato di tensione - dice il vescovo - perché non sappiamo chi sarà accusato domani di blasfemia”. E, tra l’altro, una trentina di persone in Pakistan sono state uccise senza processo dagli estremisti solo per l’accusa. Anche se non c’è una persecuzione ufficiale la situazione è, dunque, molto difficile. Al centro dei riflettori oggi anche la situazione dei cristiani in Iraq con l’intervento di René Guitton, autore del libro “Cristianofobia”: qui le comunità cristiane sono ormai sottoposte ad una sistematica aggressione del terrorismo, che vuole eliminare la loro presenza nel Paese.(ap)

    Al microfono di Paolo Affatato, dell’agenzia Fides, il neo-nominato ambasciatore della Repubblica Italiana presso la Santa Sede, Francesco Greco, si sofferma sulla situazione della libertà di culto nel mondo:

    R. - La libertà di culto e la reciprocità di trattamento da parte degli Stati delle rispettive fedi rappresenta, ovviamente, un tema particolarmente delicato. L’Italia si è sempre pronunciata a favore di un maggiore impegno dell’Unione Europea e comunque dei governi europei in quanto tali, per una maggiore protezione dei cristiani dagli atti di ostilità di cui sono vittime in varie parti del mondo. Questo è un imperativo categorico per tutti i Paesi membri dell’Unione Europea. E’ un imperativo di tipo laico: non si tratta di proteggere qualcuno in quanto cristiano, ma si tratta di proteggere comunque un principio e un diritto inalienabile dell’individuo. Per quanto riguarda la libertà di culto, in alcuni Paesi del Medio Oriente è un argomento particolarmente difficile da poter affrontare, ma in altri Paesi - sempre del Medio Oriente - si sono compiuti dei giganteschi passi avanti e tutte le volte che ce n’è stata la possibilità i governanti italiani si sono pronunciati a favore di tutto questo.

    D. – Recentemente il ministro degli Esteri, italiano, Franco Frattini, si è anche prodigato per una Risoluzione alle Nazioni Unite sulla tutela della libertà di religiosa nel mondo...

    R. - Ciò fa parte di questo stesso spirito non soltanto per i naturali rapporti privilegiati fra la Santa Sede e l’Italia, ma – indipendentemente da questo – c’è una lunga tradizione italiana a favore di questo tema. Il cardinale Silvestrini, nel corso della presentazione di un volume che ripercorreva i negoziati di Helsinki del 1975, ha ricordato che l’ambasciatore della Germania orientale gli chiese: “Voi sareste favorevoli ad accettare tra i principi di Helsinki anche quello della libertà di culto, intendendo con questo anche la libertà di essere atei?”. Il cardinale Silvestrini gli rispose: “Ovviamente sì!”. Anche perché tutto questo era già stato sancito in una precedente Enciclica e c’era già un atteggiamento che consentiva alla Chiesa di accettare la libertà di culto in tutte le sue sfaccettature.

    D. – Quali i rapporti con i Paesi islamici e con il mondo islamico?

    R. – Anche qui è la storia, è la geografica, è il presente, ma anche il passato, che impongono all’Italia questo tipo di riflessione. Basti pensare al dibattito accesissimo che c’è in Italia sul tema dell’immigrazione e basti pensare al fatto che l’immigrazione è in misura molto forte da Paesi di religione musulmana. Quindi, dobbiamo anche fare i conti con il discorso sul rapporto con altre religioni. Il rapporto tra due religioni monoteiste, come il cristianesimo e l’islam, evidentemente è un rapporto che soffre di un’eredità fatta di difficoltà, fatta di momenti particolarmente gravi e dolorosi. Oggi noi lo dobbiamo storicizzare, cercando di coltivarlo in maniera serena ed equilibrata. Le due cose non vanno disgiunte: il rapporto interculturale va di pari passo con il rapporto interreligioso. L’esperienza di cinque anni che ho avuto come ambasciatore in Indonesia, il Paese che ha la più elevata popolazione musulmana, qualcosa mi ha insegnato: il compito di un diplomatico oggi è quello della gestione della diversità.

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    Presentato il Seminario di studio "Peccato e conversione", un'occasione di riflessione pastorale sulle ferite aperte della Chiesa

    ◊   Le ferite aperte della Chiesa, tra cui quelle degli abusi sessuali e della pedofilia, saranno al centro del seminario di studio “Peccato e conversione”, in programma a Fano, nelle Marche, dal 29 novembre al primo dicembre prossimo. L’incontro, promosso dal Centro di Orientamento Pastorale, è stato presentato stamani presso la sede dell’Azione Cattolica Italiana. Si tratta dunque di un appuntamento incentrato sul tema della conversione nella Chiesa, come sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco il vescovo di Palestrina e presidente del Centro di Orientamento Pastorale, mons. Domenico Sigalini:

    R. – Un seminario di studio per affrontare con competenza, passione e riflessione il tema del peccato nella Chiesa, dopo la denuncia che lo ha fatto emergere. Esistono evidentemente altri interventi necessari per non far cadere nel nulla le denunce e lasciare tutto come prima. Non sono utili i giudizi sommari, servono invece riflessioni sul versante psicologico, sul versante culturale, approfondimenti pedagogici. Il nostro compito è di taglio esclusivamente pastorale del problema. In particolare scegliamo l’esperienza cristiana della conversione dei soggetti che si sono caricati di colpe e di tutta la comunità cristiana che ne è stata ferita. Un altro elemento è il farsi carico del male del mondo, anche a partire da posizioni di innocenza. La Chiesa non sarà portata ad una vita buona propria del Vangelo se non ci sarà un’assunzione da parte di tutti del sacrificio, del cambiamento, della santità per le colpe di qualcuno. Noi siamo alla scuola di Gesù che si è caricato le colpe altrui per cambiare il mondo.

    D. – Come passare dal peccato alla conversione?

    R. – La prima cosa da fare è di riconoscere il peccato. Una volta che uno ha veramente consapevolezza del male che c’è, ne ha viste le conseguenze, ha visto quanta sofferenza ha provocato, le vittime, la sua incapacità, la sua fragilità allora comincia a mettere tutta questa sua esistenza, questo suo male davanti a Dio. Ci sono delle cose nella vita che sono irreparabili, però il Signore può continuamente dare la possibilità alla persona di iniziare una sua nuova vita, proprio perché è capace di rinnovare l’esistenza attraverso il suo perdono.

    D. – Vero e autentico strumento di redenzione è la Parola di Dio...

    R. – La Parola di Dio è quella che ti denuda, ti mette davanti a te stesso, ti fa trovare tutte le scusanti che ti sei creato dentro di te perché avevi anche un’abitudine. Ti permette di risalire a quali sono state le cause. Tante volte, la nostra vita va alla deriva non perché ci sono dei progetti malvagi dentro di noi, ma perché lentamente continuiamo ad indebolire lo spirito, ad adattarci a tutto senza una presa di coscienza di quello che sta avvenendo. C’è tutta un’educazione che deve aiutare la persona a costruirsi una coscienza pulita, una coscenza bella e formata. (ma)

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    Riapre al pubblico la Collezione di Vasi etruschi dei Musei Vaticani

    ◊   Riapre di nuovo al pubblico la prestigiosa “Collezione di Vasi” del Museo Gregoriano Etrusco ai Musei Vaticani. Oltre settecento capolavori di ceramografia greca, etrusca ed italiota esposti in sei sale completamente riallestite. Le opere, risalenti ad un periodo che va dal sesto al quarto secolo avanti Cristo, provengono in prevalenza dall’antica Etruria meridionale. Il servizio di Michele Raviart.

    Achille e Aiace si sfidano a dadi quasi a continuare nel gioco la disputa per stabilire chi sia il guerriero acheo più forte sotto le mura di Troia. I due eroi omerici furono ritratti così dal pittore greco Exechias in un’anfora che è probabilmente l’opera più celebre tra quelle esposte nella collezione di vasi del Museo Gregoriano Etrusco ai Musei Vaticani, che riapre al pubblico dopo cinque anni di chiusura. Ceramiche attiche a figure nere e rosse, vasi corinzi e opere della produzione etrusco italica dalle linee liquide ed espanse, perlopiù provenienti dalle metropoli di Vulci e Cerveteri. Una variazione non solo di stili ma anche di temi che dimostrano profonde connessioni tra la cultura etrusca e quella greca. Maurizio Sannibale, responsabile del reparto per le antichità etrusco-italiche dei Musei Vaticani:

    “Abbiamo miti, dei, eroi, scene di vita quotidiana, rappresentazioni di donne che attingono l’acqua alle fontane, di un commerciante di olio che invoca Zeus affinché lo renda ricco. Questi vasi – creduti, fino al ‘700, etruschi, anche se erano di produzione greca, proprio in virtù della loro sola provenienza - documentano la capacità degli etruschi di acquisire elementi culturali della civiltà greca”.

    I lavori hanno coinvolto l’intero complesso cinquecentesco che ospita il Museo Etrusco con una nuova pavimentazione marmorea e la riapertura di finestre precedentemente oscurate. L’ordine di esposizione rigorosamente cronologico permette ora di avere una chiara percezione dell’evoluzione della ceramografia classica. Un allestimento non minimale che mira ad esporre più opere possibile senza peraltro appesantire il visitatore per un museo non da consultare come una Biblioteca, ma da percorrere e vivere. Il commento del professor Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani.

    “Questo Museo Gregoriano Etrusco viene inaugurato il 2 febbraio dell’anno 1837. Adesso, l’ultimo direttore ha voluto dare una sistemazione, almeno per ora definitiva, all’importantissima sezione dei vasi antichi. Una collezione di quasi mille pezzi che meritava una presentazione e uno studio e anche tanti particolari restauri, che sono stati compiuti in questa occasione. Credo che il primo dovere di un grande museo internazionale come questo sia quello di produrre ricerca, produrre restauri, produrre approfondimenti specialistici. Noi abbiamo gli uomini, le donne, i saperi, i mestieri, la tradizione per riuscirci e oggi lo dimostriamo”.

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    Chiesa e Società



    Sud Corea: l’appello dei vescovi per la pace dopo l’attacco nordcoreano

    ◊   La guerra “è un’eventualità che dobbiamo cercare di evitare in tutti i modi”. Così il presidente della Conferenza episcopale della Corea del sud e vescovo di Cheju, Peter Kang U-il, ha commentato all’agenzia Fides l’attacco di ieri da parte delle forze di Pyongyang, in Corea del nord, all’isola sudcoreana di Yeonpyeong. L’agenzia, inoltre, fornisce un aggiornamento sul bilancio dei morti: oltre ai due militari sudcoreani, infatti, sarebbero rimasti uccisi anche due civili. “Viviamo un momento di grande disorientamento e di paura”, ha detto il presule, lanciando un appello ai governi del sud e del nord affinché s’incontrino alla ricerca di un dialogo. E comunque “urge un convinto intervento della comunità internazionale, che non può chiudere gli occhi di fronte a questa situazione”. “Oggi il governo del sud non conosce ancora le ragioni dell’attacco – spiega ancora il vescovo – sembrano ragioni di tattica politica o forse è un modo per distogliere l’attenzione dai drammatici problemi interni. Dalle informazioni che abbiamo, infatti, la situazione economica del nord è molto difficile, vi sono fame e miseria”. Infine, il presule chiede alla Chiesa universale un sostegno per la pace attraverso la preghiera: “La pace non è solo frutto della volontà degli uomini o di azioni diplomatiche, ma anche dell’aiuto di Dio – ha concluso – al Santo Padre chiediamo di pregare per noi e per il bene del popolo coreano”. (R.B.)

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    Sinodo anglicano: la Regina Elisabetta e Rowan Williams ricordano la recente visita del Papa

    ◊   Sono stati la Regina Elisabetta e l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, ad aprire ieri pomeriggio nella Church House a Westminster il Sinodo generale della Chiesa di Inghilterra ed entrambi nei loro discorsi inaugurali - riferisce l'agenzia Sir - hanno ricordato con riconoscenza la recente visita di Benedetto XVI nel Regno Unito. “In un tempo di profonda crisi finanziaria – ha detto Williams – la Chiesa è chiamata ad essere una presenza cristiana nel mondo e a lavorare per il bene comune”. E a questo proposito, ha aggiunto: “Stiamo ancora esplorando le conseguenze positive di questa visita rispetto alla testimonianza del Vangelo in questo Paese”. Nel dare il via ufficiale ai lavori del Sinodo, la Regina ha aggiunto: “nella nostra società secolarizzata il ruolo della religione è divenuto questione centrale. E’ ormai riconosciuto il fatto che le genti di fede sono veicolo di valori e che la prosperità di una nazione dipende anche dal contributo di individui e gruppi di tutte le religioni. La recente visita di Sua Santità il Papa ci ha ricordato che le Chiese cristiane e le grandi tradizioni religiose hanno la grande potenzialità di ispirare sentimenti di grande entusiasmo, di lealtà e la preoccupazione per il lavoro per il bene comune”. Poi facendo riferimento alle “importanti decisioni” che dovrà prendere il Sinodo, la Regina ha augurato “saggezza” per “equilibrare il cambiamento con la continuità”. Tra le questioni messe in programma per le discussioni sinodali figura la “Anglican communion covenant”, il documento allo studio ormai da 7 anni che cerca di stabilire un “patto” all’interno della Comunione anglicana per mantenere vivo il dialogo tra le diverse province che la compongono, su questioni come le unioni tra gay e l’ordinazione di sacerdoti omosessuali. "E' un'illusione pensare – ha detto in proposito l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams nel suo intervento di apertura - che senza alcuni cambiamenti, la Comunione possa procedere come al solito, ed è una illusione ancora più grande pensare che la Chiesa d'Inghilterra possa in qualche modo eludere l'intero processo. Il fatto è che certe decisioni, prese in qualche provincia, riguardano tutti. Possiamo pensare che non dovrebbe accadere, ma invece semplicemente accade. Se ignoriamo questo, ignoriamo che siamo già in un pericolo reale, la dissoluzione pezzo per pezzo della Comunione”. Williams ha quindi ricordato come il Covenant sia un testo al quale hanno lavorato “teologi” di diverse visioni, “tra cui anche molti del Nord America”. Il testo – ha tenuto a precisare l’arcivescovo di Canterbury – “non inventa una nuova ortodossia o un nuovo sistema di politica dottrinale o un'autorità centralizzata”. “Non intende ignorare alcuna autonomia prevista in modo canonico ad ogni provincia”. Non è quindi “uno strumento di esclusione e di tirannia". E’ piuttosto un “patto” con il quale le Province promettono di consultarsi prima di approvare sviluppi teologici o dottrinali che potrebbero provocare l’opposizione di altre province. E “riconosce che, anche dopo la consultazione, si può rimanere in disaccordo” ma si assume la responsabilità che “tale disaccordo potrebbe causare la rottura di alcuni aspetti della comunione, e che questo necessita di essere gestito con cura e con ordine”. (R.P.)

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    Cristiani in Iraq: verso una risoluzione unitaria dell'Europarlamento

    ◊   I gruppi politici al Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo sulla risoluzione d’urgenza che verrà votata domani in emiciclo e che riguarda due “argomenti non sovrapponibili”: la pena di morte in Iraq, e in particolare il caso della condanna di Tarek Aziz, e le violenze contro le comunità cristiane nel Paese mediorientale: i due temi sono stati riuniti in un unico testo - riferisce l'agenzia Sir - per ragioni tecniche, in quanto in una tornata di voto non possono comparire più di tre risoluzioni d’urgenza e ne erano già previste altre. “Le azioni violente contro i cristiani in Iraq hanno raggiunto numeri e proporzioni impressionanti”, spiega il deputato Mario Mauro, che ha promosso l’iniziativa. “Non è una questione identitaria, ma una battaglia per la difesa della libertà religiosa ovunque nel mondo, la quale è fondamento delle altre libertà fondamentali”. Mauro elenca le persecuzioni cui sono sottoposti i cristiani, i delitti, le violenze contro le famiglie, costrette alla fuga. “Sono già un milione le persone di fede cristiana che hanno dovuto fuggire dalle loro case e rifugiarsi in Siria e Giordania. Ora è tempo che l’Ue faccia sentire la sua voce”, anche in vista della definizione del prossimo accordo economico-commerciale con l’Iraq, che sarà definito nei prossimi mesi. (R.P.)

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    Iraq: artista musulmano canta in difesa dei cristiani

    ◊   Una canzone per invitare all’unità nel Paese. A comporla è Hussam Al-Rassam, uno dei più popolari cantanti iracheni che davanti alle gravissime violenze che nelle ultime settimane hanno colpito i cristiani del suo Paese ha deciso che, da musulmano, non poteva rimanere indifferente. Ne è nata così una canzone, - riferisce l'agenzia Sir - scritta insieme al poeta Ali Adiwani, nella quale chiama Muhammad e Issa - il Profeta del Corano e Gesù nella tradizione islamica - a venire in soccorso del popolo iracheno per sconfiggere i violenti che attaccano moschee e chiese. Secondo quanto riferisce il sito Missionline.org, che riporta la notizia, il brano è diventato un video, che sta circolando su You Tube, associato alle immagini delle violenze compiute contro i cristiani nelle scorse settimane. Che la canzone di Hussam Al-Rassam sia un gesto coraggioso lo testimonia il fatto che sulla pagina di YouTube tra i commenti ce ne sono diversi che sono stati rimossi, perché ritenuti offensivi. Evidentemente a qualcuno questo messaggio non è piaciuto. Intanto si intensificano le iniziative di preghiera e solidarietà per i cristiani iracheni. L’Acs (Aiuto alla Chiesa che Soffre, opera di diritto pontificio) ha iniziato il 21 novembre una novena di preghiera a Maria, Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, cui è dedicata la chiesa di Baghdad dove terroristi di Al Qaeda hanno compiuto una strage lo scorso 31 ottobre. (R.P.)

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    Pakistan: anche l’emergenza morbillo per le vittime delle alluvioni

    ◊   Continua la preoccupazione in Pakistan per le emergenze sanitarie. Dopo malaria, tifo, dengue, colera, ora una grave epidemia di morbillo ha già fatto registrare 11 vittime tra i bambini del distretto di Dadu, nella provincia del Sindh meridionale. In molte zone rurali dove mancano le strutture sanitarie, le ostetriche sono impegnate a prestare anche i servizi sanitari di base. Gli operatori della salute di Dadu hanno ordinato l'apertura di altri centri di vaccinazione negli ospedali oltre all'allestimento di campi dove poterne effettuare altre e raggiungere un maggior numero di contagiati. La situazione sembra essere sotto controllo. Secondo le autorità sanitarie locali - riferisce l'agenzia Fides - nelle ultime due settimane sono stati vaccinati circa 4 mila bambini. Inoltre tra gli sfollati la copertura del morbillo è del 95%. Questa malattia ha ucciso fino a 58 bambini al giorno e le epidemie continuano a registrarsi in diverse parti del Paese. Secondo l'Oms ogni anno i bambini contagiati sono 2.1 milioni, mentre i decessi dovuti a complicazioni sono circa 21 mila. Secondo fonti di Islamabad, i mezzi migliori per prevenire il morbillo sono le vaccinazioni oltre ad una sana alimentazione e alla somministrazione di vitamina A, per migliorare le difese immunitarie. In particolare, in situazioni come questa attuale del Pakistan in cui la popolazione, a causa delle inondazioni, è costretta a vivere a strettissimo contatto gli uni con gli altri nei campi, i livelli igienici e la scarsa alimentazione favoriscono la diffusione e il contagio della malattia. Secondo l'Oms, oltre ai morti registrati nel distretto di Dadu, sono stati riportati otto casi a Ghotki, altri 20 a Dadu, 11 a Kashmore e 3 a Naushero Feroze tutti nella provincia del Sindh. Al di fuori della provincia è stato registrato finora un unico caso in quella settentrionale di Khyber-Pakhtoonkh'wa. (R.P.)

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    Egitto: manifestante cristiano ucciso durante scontri con la polizia

    ◊   Uno studente di 19 anni, Makarius Gad Shakia, è rimasto ucciso oggi negli scontri tra manifestanti copti e polizia, riaccesisi questa mattina a Giza, Il Cairo. A riferire la notizia, l’agenzia egiziana Mena, che traccia anche un bilancio che ammonta a 23 feriti tra gli agenti delle forze dell’ordine, tra cui il responsabile della sicurezza dell’area e il suo vice. I tafferugli odierni, che hanno visto come protagonisti 200 copti del quartiere Talibiya, seguono quelli di domenica scorsa davanti alla chiesa dei Santi Maria e Michele, alla quale per essere inaugurata, mancano solo alcune rifiniture. La polizia però, - secondo fonti locali - come già tentato in precedenza, vuole fermare i lavori: “La chiesa ha tutti i permessi necessari – ha affermato il presidente dell’Unione egiziana dei Diritti umani, Naguib Ghobrial – con il suo comportamento il capo delle autorità locali sta incoraggiando i radicali islamici a combattere contro i cristiani a causa della costruzione della chiesa e facendo ciò, incoraggia la sedizione”. Le violenze sono cominciate all’inizio di novembre nella zona dove vivono, senza una chiesa, un milione di copti, che rappresentano tra il 6 e il 10% della popolazione totale e lamentano discriminazioni, nonché una non adeguata rappresentanza nelle istituzioni del Paese. (R.B.)

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    Messaggio dei Gesuiti di Africa e Madagascar per la Giornata Mondiale sull'Aids

    ◊   Quest'anno, la Giornata mondiale dell'Aids, che si celebre in tutto il mondo il 1° dicembre, si inquadra in uno scenario preoccupante: quello del calo dell'impegno internazionale nella lotta contro la pandemia, che si riflette nella mancanza di fondi per i farmaci salvavita della terapia antiretrovirale (Art). Secondo quanto si legge nel messaggio del Jesam (Organizzazione dei Superiori Gesuiti di Africa e Madagascar), diffuso dall'African Jesuit Aids Network (Rete dei gesuiti africani contro l'Aids), questa pandemia non è più percepita come emergenza. Tuttavia nel 2008, nell'Africa subsahariana sono stati registrati 1.9 milioni di nuovi contagi e 1.4 milioni di decessi a causa di complicazioni dovute all'Aids. La maggior parte dei Paesi - riferisce l'agenzia Fides - dipende ancora dagli aiuti esterni per i trattamenti sanitari e negli ultimi anni i finanziamenti non sono stati adeguati. L'invito dei Gesuiti è di approfittare di questa Giornata per riflettere sulla realtà agghiacciante di questa pandemia e di raddoppiare gli sforzi per arginare la diffusione della pandemia e per sostenere i malati. In un contesto apostolico molto ampio, che vede coinvolte parrocchie, scuole e università, centri sociali, ospedali, i gesuiti e i laici offrono sostegno e assistenza alle persone sieropositive e alle loro famiglie, e si sforzano di reperire mezzi per la prevenzione. La ricerca e la riflessione teologica offrono informazioni e approfondimenti che consentono a questo ministero di essere condotto in modo ancora più efficace. (R.P.)

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    Africa: in 40 anni la popolazione urbana triplicherà

    ◊   Il rapido aumento della popolazione urbana e un tendenziale calo del numero delle persone che vivono in baraccopoli prive di servizi sono gli elementi centrali di un rapporto sull’Africa presentato a Bamako dall’ente delle Nazioni Unite Un Habitat. Nello studio - riferisce l'agenzia Misna - si sostiene che in Africa nell’arco di 40 anni la popolazione urbana dovrebbe aumentare di tre volte, passando dagli attuali 395 milioni a un miliardo e 230 milioni. “L’urbanizzazione non si arresterà e nei prossimi decenni gli africani vivranno per lo più nelle città” ha sottolineato di fronte a ministri ed esperti di molti paesi Joan Clos, il direttore esecutivo di Un Habitat. Nel rapporto si forniscono cifre, ma soprattutto si rilevano tendenze. A sottolinearlo sono gli stessi esperti dell’Onu, evidenziando la difficoltà di calcolare il numero degli abitanti delle baraccopoli. Pesa la crescente “mobilità” di milioni di poveri accalcati nelle periferie urbane, che conservano legami con le regioni di origine e si spostano più volte nel corso di uno stesso anno per motivi economici e di lavoro. Al di là dei problemi statistici, comunque, secondo Un Habitat le baraccopoli cominciano a far meno paura. Il numero degli abitanti di Kibera, sterminato slum di Nairobi, si è ridotto in pochi anni da mezzo milione a 400mila. Dal 1990 la percentuale della popolazione che vive nelle baraccopoli della Nigeria è calata dal 77 al 61,9%, mentre in Sudafrica si è passati dal 46,2 al 28,7%. A incoraggiare è anche la possibilità che la crescita delle metropoli africane favorisca l’emergere di “corridoi economici” e, in prospettiva, lo sviluppo sociale. Per capire il futuro, suggeriscono gli esperti di Un Habitat, si dovrà guardare a Lagos, un gigante nigeriano dove nel 2015 dovrebbero vivere 12 milioni e mezzo di persone; o a Kinshasa, dove nei prossimi 10 anni la popolazione potrebbe aumentare del 46%. (R.P.)

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    Rapporto sulle mine anti-persona: nel mondo in calo uso e produzione

    ◊   Meno vittime, in calo anche uso e produzione di mine: sono i dati, positivi, che emergono dal Rapporto annuale sulle mine (‘Landmine monitor report 2010’) diffuso oggi dalla Campagna internazionale per la messa al bando delle mine. Secondo i dati del documento, che fanno riferimento al 2009, le vittime a causa dell’esplosione di mine e ordigni ‘dimenticati’ sono state 3956, la cifra più bassa da quando si sono cominciate a tenere le statistiche. Si riduce anche il numero dei Paesi produttori di mine, rimasti una dozzina: l’ultimo ad aver raggiunto il gruppo dei Paesi virtuosi è il Nepal, continuano invece a produrre in quell’area Pakistan e India. L’unico produttore e contemporaneamente utilizzatore di mine - riferisce l'agenzia Misna - è il Myanmar. “I progressi fatti nell’ultimo anno indicano il buon funzionamento del Trattato contro le mine” ha detto Mark Hiznay, uno dei curatori del rapporto. “Mantenere attiva l’azione di governi e società civile, oltre che i finanziamenti – ha aggiunto – è la chiave per garantire il proseguimento di questi progressi fino alla definitiva scomparsa delle mine”. (R.P.)

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    I vescovi cileni: “Non esiste speranza senza impegno verso la verità”

    ◊   Ieri mons. Ricardo Ezzati, arcivescovo di Concepciòn e nuovo presidente della conferenza episcopale cilena ha illustrato alla stampa una breve dichiarazione conclusiva della 100.ma Assemblea plenaria intitolata “Lo attendiamo con perseveranza” (Rom 8,25). I presuli, dopo aver ricordato che nella prima parte della plenaria hanno voluto scambiare idee e opinioni con vescovi emeriti, sacerdoti, esperti e laici, hanno manifestato l’intenzione di indicare anzitutto “i tanti motivi di speranza che sostengono” il cammino che percorre sia la comunità ecclesiale sia quella nazionale. In particolare fanno riferimento alla forza con la quale si è superato il dolore delle vittime e delle devastazioni del terremoto; la gioia con quale è stato celebrato il Bicentenario dell’indipendenza; la fede con la quale il Paese ha vissuto la vicenda dei 33 minatori e l’allegria per la sua felice conclusione; infine, gli aneliti del popolo mapuche, desideroso di partecipare a pieno nella vita della nazione. Allargando lo sguardo sulla realtà odierna, i vescovi ricordano che “che non esiste speranza senza impegno in favore della verità e senza l’onestà nel dialogo con le persone che la pensano diversamente; non esiste speranza senza la fatica di comprendere ciò che accade all’altro, in particolare a ciò che accade a coloro che ricevono la parte peggiore della vita”, che sono poveri, emarginati ed esclusi. “Il nostro desiderio – spiegano - è quello di essere testimoni della speranza e perciò, al tempo stesso, desideriamo trasmetterla ai governanti, agli agenti sociali, agli educatori, ai lavoratori, ai poveri, ai giovani e agli anziani. Una speranza che ci renda attori di solidarietà nella nostra vita e ci consenta anche di superare lo scoraggiamento e la frustrazione”. I vescovi, come nei documenti precedenti, tornano a riflettere sul “discepolo missionario di Gesù” e chiamano ogni cristiano a “fare della speranza il punto di partenza per una nuova storia del Cile. Il nostro presente e il nostro futuro saranno diversi se il sentiero da intraprendere e vivere avrà come orizzonte Gesù”. Infine, i vescovi ricordano l’Avvento: il tempo liturgico più opportuno per “scoprire la speranza” che il Signore pone nelle nostre vite. (A cura di Luis Badilla)

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    Turchia: al via la Conferenza internazionale sulla precarietà sociale

    ◊   Si aprirà domani, per chiudersi sabato 27, la Conferenza internazionale sulla precarietà sociale, che si svolgerà alla Middle East Technical University di Ankara, in Turchia. A promuovere l’incontro, la rete europea Supi, creata dall’istituto di ricerca italiano Eurispes e dalla Freie Universitaet di Berlino, specializzata nell’analisi e valutazione dei processi di precarizzazione. Come riferisce l'agenzia Sir, nel corso dei lavori sarà elaborato un memorandum di proposte per uno sviluppo equilibrato e sostenibile, in cui consisterà il contributo della conferenza all’Anno europeo 2010 per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale. “Il processo di precarizzazione delle nostre società è giunto a un livello di guardia – sono le questioni che verranno trattate nella tre giorni – la precarietà come elemento strutturale del nostro vivere civile e degli aggiustamenti dei sistemi economici e produttivi”. Tra i relatori che interverranno alla conferenza, il segretario generale dell’Eurispes, Marco Ricceri; Rolf Hepp, docente alla Freie Universitaet; Peter Herrmann della Cork University in Irlanda e il direttorew del Dipartimento di sociologia dell’università di Metu, ad Ankara, Sibel Kayciouglu. (R.B.)

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    L'arcivescovo di Dublino invoca un profondo rinnovamento della Chiesa irlandese

    ◊   Le difficoltà di una comunità che «ha perso la sua strada» e la necessità di un profondo rinnovamento: sono le questioni affrontate dal vice presidente della Irish Catholic Bishops' Conference, l'arcivescovo di Dublino e primate d'Irlanda, Diarmuid Martin, nell'omelia della messa per la commemorazione del servo di Dio e fondatore della Legione di Maria, Frank Duff, celebrata presso la Saint Mary's pro-cathedral, a Dublino. «Ci sono molte indicazioni - ha osservato l'arcivescovo ripreso da L'Osservatore Romano - sul fatto che la comunità ecclesiale in Irlanda abbia perso la sua strada». La società e la cultura religiosa, ha spiegato il presule, sono cambiate e la pratica religiosa ha subito un calo. «Molti - ha puntualizzato - hanno optato per una deriva verso una visione più secolarizzata della propria vita e molti sono diventati indifferenti, come se Dio non esistesse». In particolare, ha sottolineato l'arcivescovo, «gli scandali che sono stati rivelati su alcuni aspetti della vita della Chiesa, hanno aperto i nostri occhi non soltanto sugli orrori degli abusi sui minori e sull'inadeguata risposta a essi, ma hanno aperto gli occhi su una crisi molto più profonda all'interno della comunità ecclesiale». Pertanto, «la necessità di rinnovamento della Chiesa in Irlanda è particolarmente urgente in questo momento». Tuttavia, ha specificato il presule richiamandosi al carisma del fondatore della Legione di Maria, il rinnovamento deve anzitutto concretizzarsi all'interno della comunità stessa, attraverso la preghiera e il servizio cristiano quotidiani e non basarsi soltanto su strategie e riforme strutturali ispirate dall'esterno. «Il rinnovamento della Chiesa in Irlanda — ha affermato — sarà doloroso. C'è qualcosa di radicale riguardo l'impegno che Gesù ci chiede». La Chiesa, ha ribadito, «non sarà mai riformata dall'esterno». Il rinnovamento e la riforma «arriveranno soltanto dall'interno della Chiesa, da una comunità di uomini e donne che ascoltano la parola di Dio, che si riuniscono per pregare, che celebrano l'Eucaristia e sono chiamati a condividere la stessa vita di Cristo». La Chiesa, ha concluso, «non è una vaga agenzia di moralizzazione nella società e non esiste solo per fornire una sorta di luogo di conforto spirituale per tutti coloro che si avvicinano a essa. È la Chiesa di Gesù Cristo, è comunione. È formata dalla parola di Dio e attraverso la nostra comunione con Cristo ed è vissuta da uomini e donne che permettono alla Parola di trasformarli». (R.P.)

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    Francia: clima di fiducia all’incontro tra i leader religiosi del Paese

    ◊   Si è svolto ieri presso la sede della Federazione protestante di Francia il primo incontro di tutti i leader religiosi del Paese, finalizzato a “contribuire a sviluppare nel Paese un clima di fiducia”. Lo scambio di esperienze ha prodotto un documento, nel quale i leader si sono trovati concordi nell’affermare che “coloro che pretendono di usare lo spirito religioso per fini di dominio o, peggio ancora, per legittimare la violenza, tradiscono questo spirito – riferisce l’agenzia Sir – nella nostra società le religioni devono promuovere un dialogo attivo nel rispetto reciproco, fondandosi sulla libertà e sulla giustizia che sono le basi del vivere comune”. All’incontro hanno partecipato il presidente della Conferenza episcopale francese, cardinale André Vingt-Trois; il vicepresidente mons. Laurent Ulrich; il presidente della Federazione protestante, pastore Claude Baty; il Gran Rabbino di Francia, Moshé Lewin; il presidente dell’Assemblea dei vescovi ortodossi, Metropolita Emmanuel; il presidente del Consiglio francese del culto musulmano, Mohammed Moussaoui; il presidente dell’Unione buddista di Francia, reverendo Olivier Wang-Genh. (R.B.)

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    Concluso in Spagna il congresso sul tema “Cattolici e vita pubblica”

    ◊   Si è concluso domenica scorsa a Madrid il XII Congresso annuale “Cattolici e vita pubblica”, organizzato dalla Fondazione San Pablo-Ceu, che ogni anno riunisce rappresentanti del mondo cattolico europeo per dibattere questioni legate alla presenza del cristianesimo nella società. Il tema dell’edizione di quest’anno, cui hanno partecipato circa 1300 persone, ricorda l’agenzia Zenit, è “Radicati in Cristo: saldi nella fede e nella missione” e ha consentito di riflettere soprattutto sul tema della laicità in Europa e sulla necessità di una nuova evangelizzazione nel tessuto sociale del Vecchio continente. A questo riguardo l’ex portavoce della Santa Sede, Joaquín Navarro-Valls, nel suo intervento ha invocato un ampio “cambiamento di prospettiva” dei cristiani “di fronte alle sfide del nostro tempo”. “Il cristianesimo non deve essere visto come una tradizione da salvaguardare – ha spiegato – ma come la prospettiva di una vita futura che occorre ricreare. La domanda che deve interpellare i credenti non è se il cristianesimo saprà sopravvivere, ma se saprà espandersi di nuovo”. Nel contesto attuale, dominato dal relativismo, c’è la “tendenza a costruire la propria certezza al margine della verità”, mentre la forza principale del cristiano deve essere “l’irradiamento attraverso il suo pensiero e il suo agire del suo incontro personale con Cristo. Quando il cristiano si comporta come cristiano, convince sempre”. Ciò era stato affermato anche in apertura del congresso dal nunzio in Spagna, mons. Renzo Frattini, che aveva sostenuto con forza che i cristiani non cercano l’egemonia politica e culturale. Il presidente del Ceu, Alfredo Dagnino, ha affermato, inoltre, che la laicità “non può essere ostile nei confronti della religione, ma deve partire dal riconoscimento del valore positivo del cristianesimo per il bene comune”. Il tema della laicità, contemporaneamente, è stato anche al centro di una tavola rotonda in ambito europeo, in cui ci si è concentrati sulla distinzione tra laicismo militante e la neutralità dei poteri pubblici nei confronti delle varie religioni. La seconda è il modello lodato anche da Benedetto XVI durante la visita Pastorale negli Stati Uniti nel 2008: nella Costituzione Usa, infatti, la separazione tra religione e Stato si realizza per ottenere convivenza pacifica e libertà di culto. (R.B.)

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    Terra Santa: si moltiplicano le iniziative dopo il Sinodo per il Medio Oriente

    ◊   “Una gran bella fame di Sinodo attraversa la nostra comunità, Deo gratias. Segno che il Sinodo corrispondeva a un bisogno e deve dimostrasi capace di saziare questa fame”: è l’affermazione di mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo, vicario patriarcale latino per Israele, di fronte alle svariate iniziative che stanno coinvolgendo in Terra Santa quanti hanno preso parte al Sinodo per il Medio Oriente lo scorso ottobre. Come si legge sul sito ww.lpj.org, l’Unione delle Religiose di Terra Santa, sezione Israele, ha dedicato le due sessioni della riunione mensile svoltasi nei giorni scorsi all’ascolto e alla riflessione sul Sinodo. Un centinaio i partecipanti all’incontro che si è svolto al Centro Don Guanella di Nazareth e durante il quale mons. Marcuzzo ha sottolineato qual è il significato del Sinodo evidenziando poi lo spirito di comunione nella diversità, di ascolto e proposta, di scambio e collaborazione dimostrato dall’insieme dei vescovi e soprattutto dal Papa. Raccomandando quindi la lettura personale, comunitaria e ecclesiale dei documenti, del messaggio e delle proposte scaturiti dal Sinodo, il vicario patriarcale latino per Israele ha suggerito alle religiose di soffermarsi sulla necessità di conversione, l’esigenza della croce, la priorità della formazione e la vita consacrata, apostolica e contemplativa. “L’Annunciation Family Club di Nazareth” ha invece organizzato una serata dedicata soprattutto ai laici e ha proposto una conferenza sulle “Sfide dei cristiani in Terra Santa e il Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente”. Vi hanno partecipato circa 200 persone di Nazareth e dintorni che si sono incontrate al Centro pastorale S. Antonio. Durante la conferenza è stata proposta un’analisi delle sfide maggiori dei cristiani in Terra Santa e del modo in cui il Sinodo si è posto dinanzi a: comunione interna, ecumenismo, dialogo con musulmani-ebrei-drusi, emigrazione e immigrazione, ruolo dei cristiani nella vita pubblica e dottrina sociale della Chiesa, unità delle feste, diritti della persona e dei popoli, giustizia, pace e terra. Quindi sono stati anche illustrati alcuni temi specifici: la missione dei laici, la donna, la famiglia, i giovani, i media, la cultura araba, pellegrinaggi, cercando di inquadrarli alla luce della Comunione e della Testimonianza. Infine, la scorsa settimana, sempre a Nazaret, nel monastero delle clarisse, si sono date appuntamento le superiore delle comunità contemplative, che trattando del Sinodo, hanno riflettuto su vita consacrata, accoglienza delle nuove comunità, liturgia, vocazioni monastiche locali, conversione interna, opera di santificazione e formazione. (T.C.)

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    Guinea-Bissau: l’aumento dei cattolici richiede una revisione dell’itinerario catechistico

    ◊   “Negli ultimi anni assistiamo ad una ‘corsa’ per ricevere i sacramenti e pensiamo che sia necessario rivedere il cammino catechistico” afferma suor Maria Auxiliadora Queiroz Motta, missionaria dell’Immacolata, responsabile della Commissione Inter-diocesana della catechesi in Guinea-Bissau. Secondo le informazioni inviate all’agenzia Fides dalla Curia di Bissau, nei giorni scorsi i rappresentanti delle diocesi di Bissau e Bafata si sono riuniti presso il Centro di spiritualità di Ndame, per concludere la stesura di un Documento che riguarda il cammino dell’iniziazione cristiana in Guinea Bissau. La religiosa, nel Paese da 18 anni e da 5 responsabile della catechesi, ritiene che l'evangelizzazione nel Paese abbia radici poco profonde, tipiche di un periodo storico in cui le preoccupazioni della missione erano altre. Negli ultimi tempi, con il maggiore afflusso di giovani al catecumenato, ogni missionario ha fatto ricorso alla sua esperienza originaria. Questo ha naturalmente generato disparità di metodi e di itinerari, e ha confuso i fedeli che chiedono un orientamento alle comunità. Per questo motivo nel 2007 è stato redatto un Direttorio, pubblicato ad experimentum, che fornisce gli orientamenti generali da seguire. Il Direttorio delinea anche il profilo del catechista, rilevando in particolare che la sua formazione è fondamentale. Cesar Ignacio Viera, catechista della parrocchia di Nostra Signora del Soccorso, a Bissau, che svolge questo servizio da 24 anni, condivide l’impressione che la comunità cattolica stia attraversando un buon momento: il fatto che le persone vadano alla ricerca della Chiesa è una cosa molto buona, che non avveniva 20 anni fa. Per lui quindi "se sapremo accogliere, potremo anche raccogliere buoni frutti, per questo lavoriamo". In tutte le parrocchie il numero delle persone iscritte alla catechesi è elevato, circa tre cattolici su quattro frequentano la catechesi. La sfida è di far sì che le persone, dopo aver ricevuto i sacramenti, continuino a riceverli di frequente e facciano crescere la loro vita di fede e la loro testimonianza cristiana. (R.P.)

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    La due giorni di Caritas italiana: tanti i temi in agenda, da Haiti all’Abruzzo

    ◊   Sono stati tanti i temi affrontati nella due giorni della presidenza e del Consiglio nazionale di Caritas italiana, riuniti a Roma sotto la guida del presidente, mons. Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi. Nell’occasione è stato accolto anche il nuovo membro di presidenza, mons. Donato Negro, arcivescovo di Otranto. Tra i temi più importanti, la situazione dei cristiani in Medio Oriente: il Consiglio nazionale si è unito alla preghiera del Santo Padre per i cristiani perseguitati, soprattutto in Iraq, dove Caritas italiana è presente da anni a sostegno della Caritas locale e accanto alla popolazione. Molti, riferisce il Sir, anche i richiami alla situazione in Europa, alla crisi e alla disoccupazione, ma anche al tema delle radici cristiane del continente: nel dibattito sono emerse le questioni dell’integrazione, della solidarietà, dell’immigrazione e delle difficoltà economiche che quotidianamente le famiglie devono affrontare. “C’è stato poi un cenno alla recente Settimana sociale dei cattolici italiani, con il tema del sud e il riferimento al federalismo – ha detto mons. Merisi – che ha sempre bisogno della cifra della solidarietà accanto a quella della sussidiarietà, altrimenti si rischia che i territori non siano messi in condizione di dare il loro apporto costruttivo”. Il presule ha espresso anche l’esigenza di rilanciare, a livello diocesano, l’iniziativa del Prestito della Speranza a sostegno delle famiglie. Sul fronte estero, si è parlato dell’emergenza ad Haiti, dove si è verificata un’epidemia di colera e dove Caritas ha investito già oltre 8 milioni di euro, e del Pakistan piegato dalle alluvioni, per il quale è stato stanziato un altro milione. Il punto è stato fatto, infine, anche sulla ricostruzione dell’Abruzzo, per la quale sono stati impegnati finora 20 milioni di euro. L’anno prossimo Caritas italiana compirà 40 anni e festeggerà questo importante traguardo con il 35.mo convegno nazionale delle Caritas diocesane sul tema “La Chiesa che serve ed educa alla carità”. (R.B.)

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    Premio Internazionale don Puglisi dedicato alle vittime di Srebrenica

    ◊   Lottare per l’affermazione dei diritti umani in ogni parte del mondo, facendo il proprio dovere. È lo spirito del Premio internazionale don Pino Puglisi, giunto alla sua sesta edizione e dedicato quest’anno ai bambini e alle donne di Srebrenica in Bosnia, che nel luglio 1995 persero i fratelli, i padri, i nonni, i mariti, oltre diecimila uomini strappati alle famiglie dall’esercito serbo e mai più ritrovati. La cerimonia di premiazione si svolgerà al Teatro Politeama del capoluogo siciliano, il 29 novembre alle 21. I premiati dell’edizione 2010 sono Mario Affronti, responsabile del servizio di Medicina delle Migrazioni del Policlinico di Palermo e del Centro diocesano per la Pastorale delle Migrazioni di Palermo) e la moglie Lorella; Giuseppe Caruso, prefetto di Palermo; Gian Carlo Caselli, procuratore capo della Repubblica di Torino; Hajra Catic, presidente dell’associazione Donne di Srebrenica; Giorgio Gallo, professore dell’Università di Pisa; Antonio Preziosi, direttore di Radio Uno; Giovanni Tedesco, ex calciatore e dirigente del Palermo Calcio; la Squadra mobile di Palermo, alla memoria di Mario Bignone, capo della Catturandi. “Il premio internazionale – spiega don Antonio Garau, presidente della commissione giudicante - premia chi, facendo bene il proprio dovere, promuove la dignità degli uomini e quei siciliani che si sono contraddistinti nel loro lavoro, promuovendo positivamente l’immagine della Sicilia”. Il successo della manifestazione viene garantito dalla testimonianza stessa di don Pino Puglisi che viene ormai presentato in tutto il mondo come modello per le giovani generazioni e sicuro punto di riferimento della Chiesa universale. “Inoltre – conclude - ai riconoscimenti corrispondono sempre atti concreti di solidarietà come quelli realizzati dall’Iscos in Cina e dalla Fondazione Giglio San Raffaele di Cefalù in Burundi”. (Da Palermo, Alessandra Zaffiro)

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    La Lev pubblica un volume sul cardinale Bernardin Gantin

    ◊   Ieri, in occasione della presentazione, presso la Libreria Internazionale Paolo VI, di un volume edito dalla Libreria Editrice Vaticana a cura di Giulio Cerchietti, Gianfranco Grieco e Luigi Lalloni, è stata ricordata la figura del cardinale Bernardin Gantin, "missionario africano a Roma e missionario romano in Africa". Il porporato, di origine beninese, è morto a Parigi il 13 maggio del 2008. Nell’opera in questione, si ripercorre la grande passione missionaria e apostolica che hanno caratterizzato la figura del porporato. A ricordarlo insieme sono stati il presidente del Pontificio Consiglio Cor unum, cardinale Robert Sarah; il segretario del Pontificio Consiglio della Cultura, mons. Barthélémy Adoukonou; il capo ufficio del Pontificio Consiglio per la Famiglia, Gianfranco Grieco, e il giornalista di Avvenire, Gianni Cardinale. (R.B.)

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    24 Ore nel Mondo



    L’Onu tenta il dialogo con la Corea del Nord dopo l’attacco alla Corea del Sud

    ◊   Le forze Onu in Corea del Sud, sotto il comando americano, hanno annunciato oggi di aver chiesto colloqui con la Corea del Nord per allentare le tensioni dopo il bombardamento da parte di Pyongyang di un'isola sudcoreana. Il presidente Usa Obama si dice indignato. Oggi c’è stato il ritrovamento di due corpi di civili anche se Seul parla di 4 morti e dichiarazioni non rassicuranti. Il servizio di Fausta Speranza:

    La Corea del Nord, che ha bombardato, pronuncia oggi la parola guerra ma afferma che sono le azioni di Seul che stanno conducendo la penisola “sulla soglia del conflitto”. Pyongyang accusa Seul di “continue provocazioni”, di aver sospeso l'aiuto umanitario e di aver “rovinato” la possibilità di nuovi passi per il ricongiungimento delle famiglie divise dalla guerra del 1950-53. La Croce Rossa nordcoreana pertanto ha annullato un incontro sul ricongiungimento previsto per domani. Ma c’è poi il pronunciamento di Seul: il premier sudcoreano Kim Hwang-sik in un discorso al Parlamento denuncia un attacco lanciato per rafforzare le credenziali militari del prossimo leader nordcoreano Kim Jong-un, il figlio del leader supremo Kim Jong-il formalmente indicato come successore del padre alla testa del regime nordcoreano in un congresso tenuto in settembre. Dunque Seul denuncia “una provocazione premeditata e meticolosamente studiata” per rafforzare l'unità interna. Fin qui le posizioni dei protagonisti, il resto a livello internazionale è preoccupazione: dopo la condanna ieri dell’attacco da parte dell'Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’UE, Catherine Asthon, oggi la delegazione di Bruxelles in missione a Pyongyang annuncia che terminerà in anticipo la sua missione in Corea del Nord. Da Washington, dopo l’indignazione del presidente, arriva la nota del Pentagono che considera l'attacco portato dalla Corea del Nord nei confronti della Corea del Sud una violazione dell'armistizio tra le due Coree firmato nel 1953. E afferma che Washington e Seul daranno “una risposta coordinata” all'azione di Pyongyang. Anche se Obama da parte sua precisa che al momento non si sta pensando ad un intervento militare. Dopo ore di fibrillazione al Palazzo di Vetro, l’Onu tenta la via del dialogo con la Corea del Nord.

    Dublino vara il piano anti-crisi
    Il piano quadriennale per il risanamento dell'economia irlandese attraverso 15 miliardi di euro di risparmi verrà pubblicato alle 14, ora di Dublino, le 15 in Italia, ha fatto sapere il Ministero delle Finanze irlandese. I tagli dovrebbero ammontare a circa 10 miliardi con altri 5 miliardi ricavabili attraverso nuove tasse. Per quanto riguarda gli aiuti da chiedere a UE e FMI il premier irlandese Cowen ha parlato stamane in Parlamento di 85 miliardi. Nelle stesse ore dal Bundestag di Berlino la cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha detto che il governo tedesco accoglierà favorevolmente la richiesta di aiuti da parte dell'Irlanda, ma Dublino dovrà accettare condizioni che permettano al Paese di "ritornare sul cammino della stabilità". Ieri la Merkel aveva parlato di una situazione “eccezionalmente seria” per la moneta europea e subito dopo le quotazioni già deboli della divisa unica erano scese. Intanto a Dublino le difficoltà economiche si sommano alla incertezza politica: il governo barcolla sull'orlo delle dimissioni.

    Borse europee e euro all’insegna della volatilità
    Crisi in Irlanda e scenario inquietante tra le due Coree: la combinazione di questi due fattori sembra aver pesato sulle Borse mondiali e sulla caduta dell’euro. Dopo una mattinata trascorsa ad oscillare attorno ai minimi delle ultime sei settimane, la seduta delle borse europee continua all'insegna della volatilità.

    Yemen: attentato ad una processione sciita
    Dopo l’allarme terrorismo dei due pacchi bomba a bordo degli aerei di tre settimane fa, in Yemen oggi un attentato contro una processione sciita ha causato 15 morti e trenta feriti. Mohammed Abdulsalam, portavoce dei ribelli sciiti, ha dichiarato che gli sciiti oggetto dell'attentato si stavano preparando a festeggiare l'Al-Ghadeer, ricorrenza della successione di Ali, una delle figure più importanti della loro fede, dopo Maometto. L'anniversario è sempre stato fonte di contrasti fra le comunità sunnita e sciita.

    In Somalia 10 morti per gli scontri tra due gruppi ribelli
    Ancora sangue nel centro della Somalia: 10 i morti per gli scontri avvenuti vicino al villaggio di Wardhumale, tra il gruppo di ribelli Ahlu Sunna e gli integralisti islamici Al Shabaab. Nel fine settimana altre battaglie si erano verificate sempre nelle zone centrali del Paese. Va ricordato che dal 2008 Ahlu Sunna, formazione islamica moderata, combatte contro i due principali gruppi di integralisti islamici che controllano larga parte del Paese: Hizbul Islam e Al Shabaab, il braccio armato somalo di Al Qaida. Ieri un incidente a Mogadiscio ha provocato la morte di due civili: un convoglio di caschi verdi dopo avere lasciato l'aeroporto ha aperto il fuoco ''per errore'' contro un gruppo di civili uccidendone due e ferendone altre sette, nei pressi del campo delle Nazioni Unite.

    Afghanistan: attesa per i risultati finali delle elezioni
    Il portavoce della Commissione elettorale indipendente (Iec) afghana ha confermato oggi che è imminente l'annuncio dei risultati finali delle elezioni per il rinnovo della Wolesi Jirga (Camera bassa), mentre per l'ennesima volta un gruppo di candidati esclusi e di loro sostenitori sono scesi in piazza per protestare contro irregolarità commesse ai loro danni. Il voto si è svolto il 18 settembre scorso e da allora gli organismi elettorali sono stati impegnati in una laboriosa attività di verifica che ha portato all'annullamento di oltre un quarto dei voti espressi. In dichiarazioni alla stampa, il portavoce della Iec, Noor Muhammad Noor, ha avvertito ieri sera che “vi potrebbero essere importanti novità nella lista finale dei 249 deputati eletti rispetto a quella preliminare pubblicata il 20 ottobre scorso”. La Commissione per i reclami elettorali (Ecc), infatti, potrebbe avere escluso addirittura un decimo dei nomi presenti nella prima lista, trattandosi di candidati che avrebbero ottenuto il risultato con brogli, e che per questo sono anche stati denunciati alla Procura generale.

    Pakistan: partiti religiosi contrari alla liberazione di Asia Bibi
    Partiti religiosi del Pakistan hanno ribadito di essere contrari alla liberazione di Asia Bibi, la donna cattolica condannata a morte perché accusata di blasfemia, ed hanno avvertito il Partito del popolo del Pakistan (Ppp) del presidente Asif Ali Zardari ed il governatore della provincia del Punjab, Salman Taseer, che se la donna venisse rilasciata, realizzeranno proteste a livello nazionale. Nelle ultime ore sono circolate in Pakistan notizie contrastanti su una decisione già presa di liberare la donna, ma il ministro delle Minoranze pachistano, Shakbaz Bhatti, ha detto all'ambasciatore d'Italia, Vincenzo Prati, che “ci vorranno alcuni giorni prima che il presidente Zardari possa esaminare la richiesta di grazia”.

    Nigeria: le presidenziali slittano da gennaio a aprile 2011
    Le elezioni presidenziali in Nigeria, inizialmente previste nel gennaio del 2011, si terranno il 9 aprile del 2011. Lo ha comunicato la Commissione elettorale nazionale indipendente (Inec) che ha pubblicato il calendario degli altri appuntamenti elettorali che si terranno l'anno prossimo nel più popoloso Paese africano. “Le presidenziali si svolgeranno il 9 aprile del 2011 e saranno precedute il 2 aprile dalle elezioni legislative, mentre il 16 aprile i nigeriani torneranno alle urne per eleggere i rappresentanti degli enti locali (i governatori dei 36 Stati, ndr)”.

    Lutto nazionale in Nuova Zelanda per la morte di 29 minatori
    La Nuova Zelanda è in lutto per la morte ormai data per certa di 29 minatori intrappolati da cinque giorni dopo un'esplosione in profondità in una miniera di carbone presso Greymouth, nel sud del Paese. Una seconda esplosione verificatasi oggi, molto più forte della prima, ha tolto ogni speranza alle famiglie e ai soccorritori, ripetutamente trattenuti dall'entrare in azione per la presenza di gas velenosi e dell'alto rischio di incendi e esplosioni nel sottosuolo. Il premier John Key in una conferenza stampa ha descritto gli eventi come “una tragedia nazionale”. Domani le bandiere sventoleranno a mezz'asta e nei prossimi giorni si terrà una cerimonia funebre nazionale. Il premier ha avuto parole di elogio per i soccorritori che hanno cercato di raggiungere i minatori, ma ha detto anche che vi sono domande cui si dovrà rispondere, su come una tale tragedia sia potuta accadere, preannunciando una commissione ufficiale di inchiesta sul disastro. Le vittime avevano un'età fra i 17 e i 62 anni. Subito dopo la prima esplosione, due minatori erano riusciti ad uscire dalla miniera ed a mettersi in salvo.

    Haiti verso le elezioni ma l'emergenza colera non è finita
    A pochi giorni dalle elezioni di domenica, il clima si fa teso ad Haiti, sempre più sconvolta dal colera. Ancora due persone sono morte durante scontri tra sostenitori di diversi candidati, mentre il bilancio ufficiale dei morti per l'epidemia è salito a 1.415. E la situazione si fa insostenibile nei campi di terremotati che da gennaio sono ammassati alla periferia di Port au Prince. Da Haiti, Sara Milanese:

    Sotto il sole dei Caraibi le "tende" dei campi profughi diventano dei forni: dentro si può al massimo dormire, tutto il resto – cucinare, lavarsi e mangiare – si fa fuori. Nelle "tende" - pochi metri quadrati coperti da teli di plastica sorretti da pali - si mescolano ogni tanto le tende vere e proprie donate dalle organizzazioni internazionali. In uno solo dei campi più grandi di Port-au-Prince ci vivono qualche migliaio di persone e la maggior parte non se ne vuole andare; qui hanno visto per la prima volta un medico, si organizzano lezioni per i bambini, si distribuisce gratis acqua potabile. Ma questo, come gli altri campi, va smantellato al più presto. Le condizioni di igiene sono ancora più precarie che nelle bidonville: si vive tutti a stretto contatto, con poche latrine e nessuna fognatura e il colera è già arrivato. Nessuno di loro andrà a votare domenica: “I politici - dicono – non hanno fatto niente per noi e noi non faremo niente per loro”. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 328

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