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Sommario del 18/11/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • L'unità dei cristiani non la facciamo noi, la fa Dio: così il Papa alla plenaria del dicastero per l'ecumenismo
  • 50 anni del dicastero per l'unità: interviste con l'arcivescovo Rowan Williams, il metropolita Ioannis e il cardinale Kasper
  • Il Papa: la giustizia sanitaria sia priorità dei governi. Appello a difendere la vita anche controcorrente
  • Altre udienze e nomine
  • Mons. Sarah: l'impegno di Cor Unum ad Haiti e nelle altre emergenze
  • Migrazioni. Mons. Tomasi: necessarie soluzioni umane che rispettino la dignità di ogni persona
  • Santa Sede su ordinazione episcopale illecita in Cina: violazione della libertà di religione e di coscienza
  • Messa di suffragio nella Basilica di San Pietro per le vittime dell'attentato di Baghdad
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Madagascar: negoziati tra golpisti e governo
  • Italia. Maroni: si stringe il cerchio intorno ai latitanti dopo l'arresto del boss della camorra Antonio Iovine
  • Chiesa e Società

  • Speranza tra i cristiani in Pakistan dopo l’appello del Papa per Asia Bibi
  • Leader musulmani del Pakistan: “istituzioni complici del martirio delle minoranze”
  • India: pastore protestante aggredito dalla folla e arrestato dalla polizia
  • Mons. Sako: la pena capitale per Aziz è un gesto di vendetta che non serve alla pace
  • Referendum in Sudan. L’arcivescovo di Juba: sia rispettata la volontà popolare
  • Haiti: i vescovi auspicano una partecipazione di massa alle elezioni
  • Giornata Mondiale per la prevenzione degli abusi e della violenza contro i minori
  • Ban Ki-moon: i giovani africani possono fare molto per il Continente
  • Onu: i progressi in Bangladesh non siano erosi dagli effetti del cambiamento climatico
  • Brasile: il 20 novembre Giornata nazionale della coscienza nera
  • Scozia: no alla legge sul suicidio assistito
  • “Scienza e vita”: fuorviante il messaggio sulla vita della trasmissione Rai “Vieni via con me”
  • Cambogia: il nuovo vicario apostolico di Phnom Penh sulle priorità della Chiesa locale
  • Germania: appello delle Chiese per mettere fine alle espulsioni delle minoranze kosovare
  • Irlanda: mons. Martin presenta "Giovanni Paolo II, apostolo della gioventù"
  • Convegno di Fai e Wwf sul ruolo strategico dell’agricoltura
  • A Milano la conferenza mondiale “Science for Peace”
  • Padre Miró eletto nuovo priore generale degli Agostiniani Recolletti
  • Napoli: iniziative dell’arcidiocesi per il rilancio della città campana
  • Movimento dei Focolari: a Castel Gandolfo un convegno per la fraternità nel sociale
  • La Dottrina sociale della Chiesa al centro della Scuola di formazione Luigi Sturzo
  • 24 Ore nel Mondo

  • Risoluzione d'urgenza all'Europarlamento contro le violenze anticristiane in Iraq
  • Il Papa e la Santa Sede



    L'unità dei cristiani non la facciamo noi, la fa Dio: così il Papa alla plenaria del dicastero per l'ecumenismo

    ◊   Il dialogo ecumenico ha compiuto “molta strada” in 50 anni, ma ha bisogno di ritrovare slancio soprattutto in Occidente, senza dimenticare che l’unità dei cristiani la costruisce Dio e non un’abile capacità di negoziato o di compromesso. Con questi concetti, Benedetto XVI si è rivolto questa mattina in udienza alla plenaria del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, che ieri ha festeggiato i 50 anni di costituzione del dicastero. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    L’unità dei cristiani “non la ‘facciamo noi’, la ‘fa’ Dio”. L’affermazione del Papa è il baricentro di un discorso che, al di là di alcune riflessioni celebrative legate alla storia, inquadra con molta chiarezza lo stato del cammino ecumenico per ciò che riguarda il presente e il futuro prossimo. Le prime parole di Benedetto XVI sono state di riconoscenza per la decisione con cui 50 anni fa il Beato Giovanni XXIII dava vita al Segretariato per la Promozione per l’Unità dei Cristiani, poi trasformato da Giovanni Paolo II, nel 1988, in Pontificio Consiglio:

    “Fu un atto che costituì una pietra miliare per il cammino ecumenico della Chiesa cattolica. Nel corso di cinquant’anni è stata percorsa molta strada (...) Sono cinquant’anni in cui si è acquisita una conoscenza più vera e una stima più grande con le Chiese e le Comunità ecclesiali, superando pregiudizi sedimentati dalla storia; si è cresciuti nel dialogo teologico, ma anche in quello della carità; si sono sviluppate varie forme di collaborazione, tra le quali, oltre a quelle per la difesa della vita, per la salvaguardia del creato e per combattere l’ingiustizia, importante e fruttuosa è stata quella nel campo delle traduzioni ecumeniche della Sacra Scrittura”.

    Lungo l’elenco dei nomi dei titolari del dicastero ringraziati dal Papa per averne retto le sorti in mezzo secolo e, con loro, tutti i membri che a vario titolo ne hanno fatto e ne fanno parte. Quindi, l’attenzione del Pontefice si è spostata al presente, in particolare al lavoro dell’“Harvest Project” col quale – ha detto – si intende “tracciare un primo bilancio dei dialoghi teologici” conseguiti “con le principali Comunità ecclesiali” dal Vaticano II in qua. Con una indicazione ben precisa rispetto “al cammino verso l’unità”:

    “Oggi alcuni pensano che tale cammino, specie in Occidente, abbia perso il suo slancio; si avverte, allora, l’urgenza di ravvivare l’interesse ecumenico e di dare una nuova incisività ai dialoghi. Sfide inedite, poi, si presentano: le nuove interpretazioni antropologiche ed etiche, la formazione ecumenica delle nuove generazioni, l’ulteriore frammentazione dello scenario ecumenico”.

    “È essenziale prendere coscienza di tali cambiamenti”, ha raccomandato Benedetto XVI, ricordando al contempo i punti cruciali toccati oggi con gli ortodossi e con le Antiche Chiese Orientali: con i primi, “il ruolo del Vescovo di Roma nella comunione della Chiesa”, mentre con le altre la constatazione di aver preservato “un prezioso patrimonio comune”, nonostante “secoli di incomprensione e di lontananza”. Proseguire su questa strada è un impegno che resta “fermo” purché, ha osservato schiettamente il Papa, non lo si faccia pensando sia sufficiente solo “l’abilità di negoziare”, né una “maggiore capacità di trovare compromessi”:

    “L’azione ecumenica ha un duplice movimento. Da una parte la ricerca convinta, appassionata e tenace per trovare tutta l’unità nella verità, per escogitare modelli di unità, per illuminare opposizioni e punti oscuri in ordine al raggiungimento dell’unità. E questo nel necessario dialogo teologico, ma soprattutto nella preghiera e nella penitenza, in quell’ecumenismo spirituale che costituisce il cuore pulsante di tutto il cammino: l’unità dei cristiani è e rimane preghiera, abita nella preghiera”.

    Dall’altra parte, ha concluso Benedetto XVI, non deve mai offuscarsi questo semplice assunto:

    “L’unità non la ‘facciamo noi’, la ‘fa’ Dio: viene dall’alto, dall’unità del Padre con il Figlio nel dialogo di amore che è lo Spirito Santo; è un prendere parte all’unità divina. E questo non deve far diminuire il nostro impegno (…) Alla fine, anche nel cammino ecumenico, si tratta di lasciare a Dio quello che è unicamente suo e di esplorare, con serietà, costanza e dedizione, quello che è nostro compito, tenendo conto che al nostro impegno appartengono i binomi di agire e soffrire, di attività e pazienza, di fatica e gioia”.

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    50 anni del dicastero per l'unità: interviste con l'arcivescovo Rowan Williams, il metropolita Ioannis e il cardinale Kasper

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina l’arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana, Rowan Williams, e il metropolita ortodosso di Pergamo, Ioannis (Zizioulas), che ieri hanno partecipato a Roma all’Atto commemorativo pubblico per i 50 anni del dicastero vaticano per l’unità dei cristiani. Philippa Hitchen ha incontrato nell’occasione l’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams chiedendogli quali frutti ecumenici abbia prodotto il viaggio di Benedetto XVI nel Regno Unito:

    R. – I think the ecumenical fruits...
    Penso che i frutti ecumenici siano stati molto convincenti: un paio di settimane dopo la visita, infatti, io e l’arcivescovo Vincent Nichols siamo stati insieme ad altre persone all’incontro delle Black majority Churches a Londra e molte di esse hanno dichiarato quanto la visita del Papa le abbia confermate e quanto abbiano sentito quella visita profondamente significativa per i cristiani di tutto il Paese. Certamente è presente in maniera molto forte nell’arcivescovo Vincent e in me il bisogno di continuare a costruire su quello che abbiamo raggiunto finora. Quindi, credo che i frutti continuino ad essere molto positivi.

    D. – Lei ha compiuto una visita di circa quindici giorni in India e ha parlato con cristiani di differenti denominazioni che hanno subito violenze e discriminazioni. Forse dovremmo guardare a questi Paesi, per trovare un nuovo impulso e un nuovo slancio per il nostro dialogo...

    R. – I couldn’t agree more...
    Non potrei essere più d’accordo. Penso che i cristiani, più che in qualsiasi altra circostanza, si avvicinino quando si trovano ad affrontare una persecuzione. In Iraq, in Pakistan, in Indonesia, in Orissa o Rajasthan, i cristiani, sotto pressione, non si possono concedere il lusso di aspettare di riunirsi finché le cose non si sono risolte. Ho incontrato direttamente un certo numero di persone che hanno subito violenza, fra cui una donna che aveva assistito alla tortura a morte del marito, perché si era rifiutato di abbandonare la sua fede cristiana. Questo è un momento che ti aiuta a capire quali siano le verità fondamentali. (ap)

    Ma quali sono i frutti più importanti di 50 anni di lavoro del dicastero vaticano per l’unità? Philippa Hitchen lo ha chiesto al metropolita di Pergamo, Ioannis:

    R. – Of course, the first and most important fruit is...
    Certo, il primo frutto e il più importante è il rapporto di amore e rispetto che è stato coltivato dal Pontificio Consiglio, in particolare tra cattolici e ortodossi, perché come lei sa, nel passato, nel Secondo Millennio, ci sono stati molti conflitti tra cattolici e ortodossi. Quindi, credo che questo cambiamento, questa inversione di atmosfera sia la cosa più importante. Poi, per me, il dialogo teologico è stata una vera benedizione, frutto del lavoro del Pontificio Consiglio, certamente in cooperazione con gli ortodossi. Ma le persone che hanno iniziato il dialogo, come il cardinale Willebrands, il vescovo Duprey, mons. Fortino e così via, sono stati così entusiasti che ora ci mancano molto. Magari fossero ancora qui! Quindi, quando abbiamo iniziato questo dialogo, c’è stato un periodo di grande entusiasmo, con grandi aspettative. Penso che il momento continui e che il dialogo sia ancora, nonostante le difficoltà, al centro delle nostre relazioni tra cattolici e ortodossi e credo che ci sia un futuro per questo dialogo. (ap)

    All’Atto commemorativo ha preso parte anche il cardinale Walter Kasper, presidente emerito del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Su questo evento ascoltiamo il porporato al microfono di Gabriella Ceraso:

    R. – E’ una grazia di Dio, perché in questi 50 anni si è sviluppata una rete straordinaria con tutte le Chiese, con i loro capi, con i metropoliti ed i patriarchi … Siamo in una situazione nuova ed il frutto si è visto già nella celebrazione del Giubileo del 2000, quando praticamente tutte le Chiese sono state presenti, così come ai funerali di Giovanni Paolo II e alla Messa per l’inizio del Pontificato di Benedetto XVI: mai era avvenuto in tutta la storia della Chiesa! Non abbiamo raggiunto la piena comunione, è vero, e a volte ci sono anche difficoltà, ma c’è fiducia, amicizia, conoscenza vicendevole e la consapevolezza che l’unità sia la volontà di Dio e che è necessaria, oggi, per la santa causa dell’evangelizzazione.

    D. – Quali sono, secondo lei, i traguardi più importanti raggiunti, quelli che ci incoraggiano ad andare avanti?

    R. – Ci sono le Dichiarazioni congiunte con alcuni patriarchi sulla Cristologia, poi la Dichiarazione comune con i luterani ed i metodisti sulla Giustificazione, o ancora il Documento di Ravenna con gli ortodossi, in cui per la prima volta è stata riconosciuta l’esistenza di una Chiesa universale e che è necessario un capo della medesima, e che questi non possa essere altri che il Vescovo di Roma. Questo è già un fondamento comune. Abbiamo fatto grandi passi avanti anche con le Chiese anglicane e protestanti: non voglio nascondere che ci sono nuovi problemi e nuove sfide. Oggi non c’è più quel grande entusiasmo che c’era immediatamente dopo il Concilio, ma d’altra parte tutti sanno che dobbiamo andare avanti …

    D. – La presenza di anglicani e ortodossi dà coraggio: è un segno di speranza e anche di successo di questo cammino compiuto …

    R. – Noi speriamo che questo 50.mo anniversario marchi un nuovo punto di partenza. Il fatto che siano venuti anglicani e ortodossi è un segno, un’indicazione importantissima che esiste la volontà e la voglia di proseguire.

    D. – Lei più volte ha detto: l’unità si basa sui rapporti, sul dialogo. Quanto è lontana questa unità – o quanto è vicina?

    R. – Questo non lo possiamo dire. Siamo riconoscenti per ciò che abbiamo e andiamo avanti. Ma io sono convinto che un giorno Dio ci donerà l’unità, perché l’unità non si può “fare”, non si può “organizzare”: è un dono, una grazia dello Spirito! (gf)

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    Il Papa: la giustizia sanitaria sia priorità dei governi. Appello a difendere la vita anche controcorrente

    ◊   “Il mondo della salute non può sottrarsi alle regole morali che devono governarlo affinché non diventi disumano”: è il forte appello di Benedetto XVI nel messaggio indirizzato ai partecipanti alla XXV Conferenza internazionale del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, apertasi stamani in Vaticano. L’assise che si concluderà domani è incentrata sul tema “Per una cura della salute equa ed umana alla luce dell’Enciclica Caritas in veritate”. Nel messaggio, letto dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, il Pontefice chiede ai governi e alle istituzioni internazionali di favorire l’accesso alle cure sanitarie a tutti, specie ai più bisognosi. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “E’ necessario operare con maggiore impegno a tutti i livelli, affinché il diritto alla salute sia reso effettivo”: è quanto chiede Benedetto XVI che nel suo messaggio agli operatori sanitari incoraggia tutti gli uomini di buona volontà a “dare un volto davvero umano ai sistemi sanitari”. Il Pontefice ribadisce dunque che la giustizia sanitaria “deve essere fra le priorità dei governi”. E ciò perché, anche nel campo della salute, “è importante instaurare una vera giustizia distributiva che garantisca a tutti, sulla base dei bisogni oggettivi, cure adeguate”. Il Messaggio sottolinea che il servizio ai malati e sofferenti è parte integrante della missione del cristiano. “Si promuove la giustizia – afferma il Papa – quando si accoglie la vita dell’altro e ci si assume la responsabilità per lui, rispondendo alle sue attese, perché in lui si coglie il volto stesso del Figlio di Dio”.

    Il Papa mette poi in guardia dal rischio di trasformare la salute in “consumismo farmacologico, medico e chirurgico, diventando quasi un culto per il corpo”, mentre permane la difficoltà per milioni di persone “ad accedere a condizioni di sussistenza minimali e a farmaci indispensabili per curarsi”. Quindi, constata che “accanto a risultati positivi e incoraggianti”, vi sono “opinioni e linee di pensiero” che feriscono la dignità dell’uomo. Il messaggio menziona in particolare le tecniche artificiali di procreazione che comportano la distruzione di embrioni e l’eutanasia legalizzata. Il Papa avverte che “la tutela della vita dal suo concepimento al termine naturale, il rispetto della dignità di ogni essere umano, vanno sostenuti anche controcorrente”. I valori etici fondamentali, ribadisce, “sono patrimonio comune della moralità universale e base della convivenza democratica”.

    Il Papa non manca di rivolgere un pensiero affettuoso ai malati, esprimendo loro vicinanza e chiedendo di vivere la malattia come un’occasione di grazia “per crescere spiritualmente e partecipare alle sofferenze di Cristo per il bene del mondo”. Infine, l’invito ad una “profonda conversione dello sguardo interiore” sul mondo. “Solo se si guarda al mondo con lo sguardo del Creatore, che è sguardo d’amore – scrive il Papa – l’umanità imparerà a stare sulla terra nella pace e nella giustizia”.

    Nel suo intervento d’apertura del Congresso, il presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, Zygmunt Zimowski, ha affermato che bisogna promuovere un’assistenza sanitaria “umanizzata” che rifugga da un atteggiamento tecnicista che finisce per ignorare la persona del malato e la sua dignità. Dal canto suo, il cardinale Tarcisio Bertone ha ribadito l’appello contenuto nel messaggio del Papa affinché l’accesso alle cure sanitarie diventi davvero universale. Alla prima giornata di lavori, sono intervenuti, tra gli altri, il cardinale Peter Turkson, l'arcivescovo Gianfranco Ravasi e l’arcivescovo Angelo Amato. Il presidente di “Giustizia e pace” ha ribadito la necessità di un base etica dello sviluppo economico, specie nell’ambito della sanità. Il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura ha sottolineato che, come ci insegna Gesù nei Vangeli, la malattia non è mai soltanto una questione biologica e che la Chiesa è chiamata a curare gli infermi accanto all’annuncio della Buona Novella. Il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi ha esortato gli operatori pastorali a valorizzare i Sacramenti per i malati, giacché frastornati da una società superficiale, i cristiani rischiano di dimenticare la cura della propria anima. Al Congresso ha preso parte anche il ministro della Salute italiano, Ferruccio Fazio.

    In occasione del Congresso, la "GE Healthcare", la divisione medica di General Electric, ha donato oggi alla Fondazione "Il Buon Samaritano" dieci Vscan. Questi strumenti diagnostici tascabili saranno destinati a 10 ospedali attivi nel Nordest della Repubblica Democratica del Congo. Tali Vscan permetteranno ai dottori di salvare innumerevoli vite umane grazie all'identificazione tempestiva di alcune malattie che potrebbero essere potenzialmente mortali.

    Alla Conferenza si sta riflettendo, dunque, su una salute che sia equa ed umana: ma cosa s'intende con questo concetto? Romilda Ferrauto lo ha chiesto ad uno dei relatori, il dott. Marco Bregna, presidente dell’Associazione Medicina e Persona:

    R. – Prima di tutto, consiste nell’affrontare l’uomo in maniera integrale. Infatti, l’uomo non è solo sintomi e organi malati, ma l’uomo è un insieme profondamente unito di anima e corpo. Affrontare la malattia non può essere, quindi, semplicemente prendere in considerazione gli organi che non funzionano, ma consiste nel prendere in considerazione tutta la persona.

    D. – La Bioetica non riguarda solo le manipolazioni genetiche, ma anche l'equa ripartizione delle medicine…

    R. – Certamente, bioetica è anche occuparsi della distribuzione delle risorse. Non c’è dubbio che comunque, all’origine della non equità nella distribuzione delle risorse c’è una concezione della salute per cui ad alcuni è dovuto tutto e ad altri non è dovuto nulla. La stessa concezione della salute per cui l’uomo si ritiene capace di manipolare se stesso e quindi di fare di se stesso quello che crede è alla base della non equa distribuzione delle risorse nel Terzo Mondo. (gf)

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina anche alcuni presuli della Conferenza Episcopale del Brasile (Regione Centro Oeste), in visita "ad Limina”.

    Il Santo Padre ha nominato membro della Congregazione per i Vescovi il cardinale Paul Josef Cordes, presidente emerito del Pontificio Consiglio "Cor Unum".

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    Mons. Sarah: l'impegno di Cor Unum ad Haiti e nelle altre emergenze

    ◊   “La formazione del cuore”, l’invito contenuto nell’Enciclica di Benedetto XVI “Deus caritas est”, è al centro della missione del Pontificio Consiglio Cor Unum, che coordina l’attività caritativa delle istituzioni caritative della Chiesa nel mondo. Lo ha ribadito il neo-presidente del dicastero vaticano, mons. Robert Sarah - che nel Concistoro di sabato prossimo sarà creato cardinale – il quale ha promosso dal 28 novembre al 3 dicembre, gli esercizi spirituali con i direttori e presidenti delle Caritas di tutta Europa, al Santuario polacco di Czestochowa. Vi parteciperanno 350 delegati di 150 diocesi di 26 Paesi, 5 cardinali che guideranno gli incontri e 50 vescovi. In questo anno Cor Unum è impegnato tra l'altro ad aiutare i terremotati di Haiti per i quali ha destinato 3 milioni di dollari, sostenendo così 900mila persone. Roberto Piermarini ha chiesto a mons. Sarah quali linee intende seguire Cor Unum per le agenzie caritative cattoliche.

    R. – La linea seguita da Cor Unum è quella tracciata dall’Enciclica del Papa “Deus caritas est”, perché Cor Unum deve esprimere il cuore di Dio nei riguardi dei sofferenti, nei riguardi dell’uomo che soffre e per questo cerca di manifestare l’amore di Dio. E’ necessario per questo, come dice il Santo Padre, non soltanto avere delle competenze professionali, ma anche educare il cuore dell’uomo perché quelli che operano nelle organizzazioni caritative devono farlo non soltanto con competenza, ma manifestando anche il cuore di Dio. Il Santo Padre ci chiede quindi di non limitarci ad eseguire in modo abile e competente il nostro lavoro, ma di dedicarci all’altro con l’attenzione del cuore. Per questo, oltre alla preparazione professionale, agli operatori viene data la formazione del cuore per condurli a questo incontro con Dio. L’uomo da solo, infatti, non può fare niente: è Dio che ispira l’uomo a dedicarsi all’altro, a dare tutto se stesso, non solo materialmente, ma anche il suo cuore.

    D. – E’ in questo spirito che si terranno a fine mese a Czestochowa gli esercizi spirituali per i direttori e presidenti delle Caritas europee?

    R. – Sì. Questi esercizi hanno lo scopo di formare il cuore dell’uomo che opera nelle organizzazioni caritative. Per questo è importante promuovere questi esercizi. Questa iniziativa è alla sua terza edizione: gli esercizi spirituali sono già stati tenuti per l’America Latina e per l’Asia, e ora si terranno – appunto – per i Paesi europei e per l’anno prossimo forse si terranno anche per l’Africa.

    D. – Cosa sta facendo Cor Unum per i terremotati di Haiti e per l’attuale emergenza-colera?

    R. – Cor Unum ha fatto tanto per Haiti. Stiamo programmando una visita per il prossimo mese di gennaio per fare un bilancio ad un anno dal terremoto: il 12 gennaio, infatti, sarà un anno dal terremoto. Vogliamo andare per vedere che cosa possiamo fare: la sofferenza rimane e oggi è drammatica, ci sono tante vittime. Vogliamo sensibilizzare la gente perché c’è da impegnarsi per aiutare Haiti: tanti sono ancora nelle tende, non c’è acqua, mancano le medicine … Andando, a nome del Santo Padre, vogliamo sensibilizzare il mondo ricordando che per Haiti c’è ancora tanto da fare!

    D. – Siete impegnati in altre emergenze nel mondo, come in Pakistan, ad esempio...

    R. – Anche in Pakistan cerchiamo di aiutare; recentemente, ancora in Benin e in Togo, dove ci sono state alluvioni: anche lì abbiamo mandato un po’ di aiuto. Dove c’è sofferenza, Cor Unum è molto attento ad essere vicino … (gf)

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    Migrazioni. Mons. Tomasi: necessarie soluzioni umane che rispettino la dignità di ogni persona

    ◊   “Restituire la dignità, ispirare il cambiamento”. Inaugurati ieri sera a Roma i lavori della Commissione internazionale cattolica per le migrazioni (Icmc). Delegati delle Conferenze episcopali del mondo intero chiamati a dibattere fino a sabato prossimo su come rispondere alle sfide della mobilità umana. Ceata nel 1951 da Pio XII, all’indomani della fine della II Guerra mondiale, la Commissione si appresta a festeggiare 60 anni di attività. Roberta Gisotti ha intervistato l’arcivescovo Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu a Ginevra.

    D. - Eccellenza, gli scenari della mobilità sono certo del tutto cambiati oggi rispetto gli anni di fondazione. Ma pure gli immigrati continuano ad essere soggetti deboli, anche più deboli se irregolari rispetto al passato. Che cosa deve ispirare allora il cambiamento?

    R. – Oggi, secondo i dati delle Nazioni Unite, ci sono almeno 214 milioni di persone che vivono e lavorano in un Paese diverso da quello in cui sono nate. Mentre alla fine della Seconda guerra mondiale la preoccupazione era di trovare una sistemazione per i rifugiati e i profughi, che erano stati le vittime di questo conflitto, adesso si tratta di trovare soluzioni nuove per vedere come gestire queste masse enormi di persone, che si spostano per motivi di lavoro, per motivi di fame, a motivo del clima. Quindi, bisogna fare un salto di qualità in qualche modo: cioè, ispirare i governi e, soprattutto, la comunità internazionale a mettersi d’accordo per convergere su soluzioni umane e rispettose della dignità di queste persone, che portano un grande servizio nei Paesi in cui vanno. Infatti, contribuiscono con la loro intelligenza e il loro lavoro allo sviluppo e, con i soldi che mandano alle famiglie lasciate indietro o ai Paesi di origine, aiutano lo sviluppo anche di questi Paesi. Dobbiamo veramente creare una prospettiva nuova: vedere come si può incanalare questa energia umana e questa energia economica verso il bene comune.

    D. – C’è da dire che nuove forme di immigrazione di oggi, portate dall’Europa allargata dalla globalizzazione dei mercati e dall’emergere delle economie asiatiche, hanno indotto nelle popolazioni dei Paesi ospiti nuove paure, di essere soppiantate nelle proprie sicurezze economiche …

    R. – Però c’è una contraddizione, perché da una parte alcune economie, come le economie europee hanno, di fatto, bisogno di manodopera e dall’altra c’è una opinione popolare contraria che vede nella presenza di costumi, di tradizioni, di culture diverse una minaccia all’identità e alla convivenza. Quindi, c’è da mettere insieme la creatività di tutti i Paesi per trovare una soluzione comune, in modo da rendere costruttivo per tutti l’apporto che danno queste masse di immigrati, senza che venga percepito come una minaccia: per questo c’è un processo di adattamento reciproco che deve maturare. I nuovi arrivati devono accettare alcuni valori base che sono nelle democrazie occidentali: soprattutto, il valore della libertà, dell’uguaglianza della donna, della libertà religiosa e così via, in modo che la convivenza si renda possibile.

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    Santa Sede su ordinazione episcopale illecita in Cina: violazione della libertà di religione e di coscienza

    ◊   “La Santa Sede è rammaricata per le notizie provenienti dalla Cina continentale secondo cui un certo numero di vescovi in comunione con il Papa sono costretti dai funzionari del governo a partecipare ad una ordinazione episcopale illecita a Chengde, nel nord-est dell’Hebei, prevista intorno al 20 novembre”. E’ quanto ha affermato oggi il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi. “Se queste notizie fossero vere – ha rilevato il portavoce vaticano – allora la Santa Sede riterrà queste azioni come gravi violazioni della libertà di religione e della libertà di coscienza. Inoltre – ha proseguito – una tale ordinazione sarà considerata illecita e dannosa per le relazioni costruttive che si sono sviluppate negli ultimi tempi tra la Repubblica Popolare della Cina e la Santa Sede”. Padre Lombardi ha quindi confermato che il sacerdote in questione, “padre Joseph Guo Jincai, non ha ricevuto l’approvazione del Santo Padre ad essere ordinato vescovo della Chiesa cattolica. La Santa Sede – conclude il direttore della Sala Stampa – desiderosa di sviluppare relazioni positive con la Cina, ha contattato le autorità cinesi su tale questione manifestando chiaramente la propria posizione”.

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    Messa di suffragio nella Basilica di San Pietro per le vittime dell'attentato di Baghdad

    ◊   La Segreteria di Stato informa le missioni diplomatiche accreditate presso la Santa Sede che, giovedì 25 novembre, alle ore 17, nella basilica Vaticana, presso l'Altare della Cattedra, su iniziativa della Procura della Chiesa siro-cattolica di Roma, sarà celebrata dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, una Messa di suffragio per i due sacerdoti e i fedeli ferocemente uccisi lo scorso 31 ottobre nella cattedrale di Baghdad.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   L'unità dei cristiani abita nella preghiera: Benedetto XVI ai partecipanti alla plenaria del dicastero per l'ecumenismo nel cinquantesimo di fondazione.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la guerra civile senza fine in Somalia.

    Presentazione, domani, alla Pontificia Università Lateranense, del nuovo Evangeliario, contenente il testo completo dei quattro vangeli nella versione ufficiale della Cei: in cultura, il testo dell'introduzione di Manlio Sodi.

    Porpora e croce: Paolo Vian sull'allocuzione (della quale si riproduce parte del testo) di Pio X tenuta il 27 novembre 1911 per il suo quinto concistoro.

    Un articolo di Raffaele Alessandrini dal titolo "La lettera di Pio XII ai cattolici tedeschi": nel 1943 i vescovi non ritennero prudente diffonderla.

    Agostino o Aristotele? Ecco il dilemma: Luca M. Possati sul dibattito medievale e l'opinione di Teodorico di Freiberg.

    L'intervento del vescovo Mariano Crociata, segretario generale della Cei, alla presentazione del XII Rapporto sulla scuola cattolica.

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    Oggi in Primo Piano



    Madagascar: negoziati tra golpisti e governo

    ◊   I militari che ieri hanno rivendicato la presa del potere in Madagascar starebbero negoziando con le autorità guidate dal presidente di transizione, Rajoelina. Il tentato golpe è giunto nel giorno del referendum costituzionale, che nelle intenzioni dello stesso presidente avrebbe dovuto chiudere la crisi politico-istituzionale nella grande isola dell'Oceano Indiano. Sulla situazione in queste ore in Madagascar, Giada Aquilino ha intervistato don Luca Treglia, direttore di Radio Don Bosco, con sede a Ivato, a 15 km dalla capitale Antananarivo:

    R. – C’è una calma relativa: la gente, dopo il referendum di ieri, è tornata a lavoro. Gli incaricati al conteggio dei voti sono già all’opera. Quindi, sembra tutto normale. Ieri, c’è stato un tentativo di golpe, in un luogo non troppo lontano da dove siamo: un centinaio di metri circa, vicino l’aeroporto internazionale di Ivato, dove c’è una base militare. Alcuni militari sono entrati in questa base e hanno fatto un proclama, dicendo che a partire da quel momento tutte le istituzioni non avrebbero più lavorato e che loro avrebbero preso in mano il comando. Subito dopo, nella zona si sono riunite circa duemila persone provenienti da Antananarivo e hanno cercato di fare alcuni posti di blocco, bruciando pneumatici e legname. Sono stati però poi dispersi qualche minuto dopo.

    D. – I militari golpisti a chi farebbero riferimento?

    R. – Fanno riferimento un po’ a tutti. Tra di loro ci sono quelli che appartenevano a Ratsiraka, a Ravalomanana e ci sono stranamente anche quelli che hanno permesso l’ascesa al potere di Andry Rajoelina, cioè l’attuale presidente di transizione.

    D. – Quindi, in questo momento, nelle mani di chi è il potere?

    R. – E’ comunque nelle mani di Rajoelina e del governo attuale. Sappiamo che in questo momento i militari sono ancora nella base. Si pensa che siano circa venti persone, di cui uno o due generali e gli altri sottufficiali.

    D. – Il Paese è andato alle urne per il referendum. Di cosa si è trattato?

    R. – Il referendum è stato fatto per proporre una nuova Costituzione: prevede una diminuzione del potere nelle mani del presidente e soprattutto rafforza la decentralizzazione, istituendo province autonome. La popolazione non ha avuto molto tempo per studiare questa nuova Costituzione. Soprattutto ci sono stati poi quelli che avversano il potere attuale che hanno fatto una campagna contraria. Secondo le stime che abbiamo attualmente - e che sono stime ancora molto relative - circa il 50 per cento della popolazione è andata al voto.

    D. – Perché è stato boicottato questo referendum dai tre maggiori partiti di opposizione?

    R. – Perché loro dicono ancora che questo processo di normalizzazione del Paese, di ritorno all’ordine costituzionale, è una cosa unilaterale.

    D. – Non è la prima volta che il Madagascar conosce queste tensioni. Nel marzo del 2009 i militari consegnarono il potere a Rajoelina, con un colpo di Stato condannato dalla comunità internazionale. Come vive queste ore la gente del Madagascar?

    R. – La gente le vive con angoscia. Bisognerà adesso aspettare l’evolversi di questa situazione per poter vedere se effettivamente la gente è a favore di questi militari che, tra l’altro, sono stati incitati dalle forze dell’opposizione, tra cui Ravalomanana.

    D. – Qual è l’auspicio della Chiesa locale?

    R. – La Chiesa auspica un dialogo, ma soprattutto auspica la ricerca di una strada secondo giustizia e verità, consigliando al popolo una vera riconciliazione, un ritorno alla pace e un ritorno al dialogo. (ap)

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    Italia. Maroni: si stringe il cerchio intorno ai latitanti dopo l'arresto del boss della camorra Antonio Iovine

    ◊   Per il ministro dell’Interno Roberto Maroni, “l’infiltrazione della criminalità organizzata nelle regioni del Nord è una realtà purtroppo evidente”. Dopo l’arresto di ieri, in Campania, del superboss dei Casalesi, Antonio Iovine "il cerchio - ha detto il ministro - si sta stringendo" attorno ai latitanti Denaro e Zagaria. Nel pomeriggio, Maroni e il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, incontreranno a Napoli i funzionari del Servizio centrale operativo e della Questura di Napoli e Caserta, proprio per congratularsi per l’arresto di Iovine. Alessandro Guarasci ha sentito il rappresentate di Libera in Campania, Geppino Fiorenza:

    R. – Sicuramente, è un grande risultato e noi in questo momento diciamo una semplice parola, come “Libera”, sia al procuratore che al questore: complimenti e grazie. Grazie per il lavoro costante delle forze dell’ordine e della magistratura. Non bisogna abbassare la guardia ma continuare in questa direzione. E’ evidente che Iovine, se è stato arrestato nella sua città, come succede per tutti i boss, vuol dire che c’era una rete di protezione molto forte, oltre all’elemento di paura per la popolazione. Avere sgominato anche questa rete di protezione è estremamente significativo.

    D. – Questa rete di protezione non si basa solo sulla paura, ma anche sulla capacità di dare ricchezza e benessere …

    R. – C’è sicuramente un elemento di paura nel territorio specifico, ma è anche evidente che la grande potenza economica che loro sono riusciti a mettere insieme ha permesso di avere un esercito a disposizione e quindi anche una rete di connivenze: questo è evidente! Perciò bisogna colpirli nelle loro ricchezze: questo è assolutamente indispensabile.

    D. – E forse anche indagare sui rapporti con la politica?

    R. – Non bisogna generalizzare. Certo che le mafie non avrebbero il potere che hanno se non ci fossero connivenze di carattere politico. E’ evidente che le mafie più pericolose sono quelle che non si vedono: non solo quando c’è sangue, ma quando invece c’è l’investimento del capitale accumulato illecitamente nel mercato legale… E allora, anche per quanto riguarda l’allarme che è stato lanciato parlando del Nord, è sbagliato generalizzare, però è evidente che i territori di governo, magari, sono nelle aree del Sud; ma i territori di investimento sono sicuramente al Nord e all’estero!

    D. – E’ necessario anche incidere sul mercato del lavoro e dunque, in qualche modo, andare ad intervenire sullo sfruttamento della manodopera immigrata?

    R. – E’ assolutamente indispensabile! Perciò io rinnego alcune contraddizioni che trovo anche nella politica di governo: mentre c’è un forte, innegabile impegno sul piano del contrasto diretto, manca la tutela di segmenti positivi di immigrazione, cioè di gente che viene qua per lavorare e poi finisce magari per essere resa schiava e finire nelle maglie della criminalità organizzata. E con i ragazzi delle fasce a rischio delle aree più disagiate, invece, c’è un lavoro difficilissimo da fare: bisogna spiegare che è vero che dalle mafie potrebbero ricevere prestigio e ricchezza per un po’ di tempo, ma poi andranno a morire sotto i colpi dei clan avversari. E questo lavoro è molto sotterraneo e qui mi permetto di dire a Maroni: le parole significative servono molto, insieme all’azione repressiva della polizia e dei carabinieri. (gf)

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    Chiesa e Società



    Speranza tra i cristiani in Pakistan dopo l’appello del Papa per Asia Bibi

    ◊   Hanno ricevuto vasta eco in Pakistan, tra la comunità cristiana, le parole pronunciate ieri dal Papa, al termine dell’udienza generale, sulla vicenda della donna cristiana condannata alla pena capitale. Il vescovo di Islamabad - Rawalpindi, mons. Anthony Rufin, sottolinea al Sir che la condanna a morte “può essere fermata perché il governo pachistano sa di avere l’attenzione della comunità internazionale”. A questa risonanza internazionale si aggiunge anche l’appello di Benedetto XVI: “In modo particolare – ha detto ieri il Santo Padre - esprimo la mia vicinanza spirituale alla sig.ra Asia Bibi e ai suoi familiari, mentre chiedo che, al più presto, le sia restituita la piena libertà”. Ricordando la vicenda di Asia Bibi, mons. Anthony Rufin spiega poi che in Pakistan non sono rari litigi e discussioni tra musulmani e persone appartenenti a minoranze religiose. Soprattutto nei villaggi – osserva il presule – “le persone sono povere e meno istruite e non sanno come rispondere o tacere di fronte ai provocatori”. Nell’appello lanciato ieri dal Papa viene inoltre ricordata la difficile situazione dei cristiani in Pakistan, “spesso vittime di violenze o di discriminazione”. Il Santo Padre ha pregato, in particolare, “per quanti si trovano in situazioni analoghe, affinché anche la loro dignità umana ed i loro diritti fondamentali siano pienamente rispettati”. “La comunità cristiana pachistana – ricorda Elly Xenou di Caritas International – è molto esposta alle discriminazioni”. “Molti cristiani – aggiunge – sono poveri perché il sistema delle caste si è trasformato in un sistema di classi sociali, quasi feudale”. “Purtroppo in Pakistan il livello dell’educazione è molto basso, così si possono creare molti fraintendimenti riguardo alla religione”. Ma la gente “è molto calorosa e accogliente e il fondamentalismo non appartiene alla loro cultura”. Le diverse comunità del Paese – conclude Elly Xenou – “possono vivere insieme pacificamente e sostenersi reciprocamente, come dimostra la storia antica del Pakistan”. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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    Leader musulmani del Pakistan: “istituzioni complici del martirio delle minoranze”

    ◊   Ali Jinnah, il padre della patria e l’estensore della Costituzione del Pakistan “avrebbe sposato la campagna per salvare Asia Bibi e per abrogare la legge sulla blasfemia”. Se le istituzioni non proteggono le minoranze religiose, “diventano complici del loro martirio”. E’ quanto dicono all’agenzia Fides autorevoli esponenti musulmani del “Jinnah Institute” di Islamabad, istituto indipendente che lavora per la costruzione dello Stato di diritto e della democrazia in Pakistan. Si moltiplicano le voci nella società civile del Pakistan per la salvezza di Asia Bibi e l’abolizione della controversa legge sulla blasfemia. Sono voci di intellettuali, opinion leader e organizzazioni musulmane, che “danno fiato alle speranze dei cristiani”, dice una fonte locale della Fides. L’impegno dei musulmani moderati è essenziale per creare un vasto movimento di opinione, che possa sfociare nell’abolizione della legge in Parlamento. L’abrogazione, infatti, fino ad oggi è stata un “tabù”, data la protesta dei settori islamici fondamentalisti che ne hanno avversato ogni tentativo di revisione. Sia il generale Pervez Musharraf, sia la leader assassinata Benazhir Bhutto in passato ci hanno provato ma hanno dovuto desistere per l’opposizione di leader religiosi come la Conferenza degli “Jamiat Ulema del Pakistan”, che rappresenta oltre 30 partiti religiosi. “Siamo felici dell’appello del Papa e delle pressioni della comunità internazionale. Ma il passo decisivo è il sostegno e la convinzione dell’opinione pubblica pakistana”, sottolinea una fonte di Fides nella Chiesa locale. Sherry Rehman, intellettuale musulmano, eletta in Parlamento nelle file del “Pakistan People party”, membro della Commissione Nazionale sulla condizione della Donna, è Preside del prestigioso “Jinnah Istitute”, che si ispira all’opera di Ali Jinnah. Rehman dice che “è chiaro che Asia Bibi è un’altra vittima del pregiudizio che pervade le nostre istituzioni. Se tutte le istituzioni dello Stato, inclusa la magistratura e il sistema giudiziario, non sono in grado di proteggere le minoranze dagli abusi, è una questione grave, che le rende complici del loro martirio. Da oltre vent’anni la legge sulla blasfemia viene manipolata e usata come strumento di dominio sulle comunità più deboli. Il tempo è maturo per rimuoverla”. Ali Dayan Hasan, ricercatore musulmano e membro dell’Istituto, afferma che “il caso di Asia Bibi deve servire come ‘sveglia’ alla società pakistana per la tutela dei diritti umani; come richiamo al sistema giudiziario, che deve liberarsi di incompetenza e bigottismo; come invito pressante al governo perché trovi la volontà politica di abrogare la legge sulla blasfemia”. (R.P.)

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    India: pastore protestante aggredito dalla folla e arrestato dalla polizia

    ◊   I crescenti attacchi contro i cristiani stanno diventano un problema molto serio per l'immagine laica dell'India. Lo ha detto ad AsiaNews George Sajan, presidente del Consiglio dei cristiani dell'India. Sajan si riferisce all'arresto, compiuto dalla polizia, del pastore protestante Peter Paul Muthyalan nella città di Islampura, vicino a Bangalore, nello Stato del Karnataka. Negli ultimi cinque anni il pastore ha diretto servizi di preghiera, con un seguito di circa 30 persone. Un collega della scuola biblica un giorno gli ha dato alcune bibbie in urdu e testi evangelici. Alcuni studenti hanno visto questo materiale e gli hanno chiesto ripetutamente di mostrarglielo. Alcuni di loro hanno chiesto e ottenuto qualche depliant. Lo scorso 26 ottobre radicali islamici hanno fatto irruzione in casa sua accusandolo di “conversioni forzate”. Alcune bibbie sono state strappate ed oggetti e mobili sono stati danneggiati. “Per quasi un’ora – ha detto il pastore - hanno saccheggiato la casa e mi hanno trascinato a scuola, picchiandomi lungo il percorso. A scuola hanno chiesto del preside per protestare contro la mia attività”. Gli agenti arrivati sul posto lo hanno poi arrestato. E’ stato fermato in base alla legge che punisce “chi in maniera maliziosa e deliberata, ferisce i sentimenti religiosi degli altri”. Il pastore è stato infine rilasciato su cauzione il 30 ottobre e insieme con la sua famiglia è stato trasferito in un luogo sicuro, con l’aiuto del Consiglio delle chiese cristiane. Ha ricevuto anche minacce di morte. (A.L.)

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    Mons. Sako: la pena capitale per Aziz è un gesto di vendetta che non serve alla pace

    ◊   Cancellare la pena capitale dal nuovo Iraq per permettere al Paese un vero sviluppo. All’indomani del rifiuto del presidente iracheno, Jalal Talabani, di firmare la condanna a morte di Tareq Aziz, l’arcivescovo caldeo di Kirkuk, mons. Louis Sako, ribadisce la necessità di fermare questi “gesti di vendetta che non servono alla pace”. “La condanna a morte rappresenta un’offesa alla persona umana”, sottolinea il presule all'agenzia Sir. Un’offesa – aggiunge mons. Sako – non perché l’ex vice presidente iracheno Tareq Aziz è cristiano, ma perché la sentenza capitale è un’assurdità. “La comunità internazionale – sottolinea il presule le cui parole sono state riprese da AsiaNews - ha il dovere di chiedere a tutti i governi la sua soppressione”. Ieri si è aperto uno spiraglio di speranza per il 74.enne Tareq Aziz, condannato a morte tre settimane fa dall’Alta corte di Baghdad. Il presidente Jalal Talabani, da sempre contrario alla pena capitale, ha ribadito che non firmerà l'ordine di esecuzione. Mons. Sako spiega che “tutti in Iraq sanno che Aziz e gli altri funzionari del governo non potevano opporsi all’ex presidente Saddam Hussein. Coloro che osavano dare un parere diverso dal suo venivano uccisi. Essere membro di un governo autoritario è una trappola!”. Il presule ribadisce poi l’importanza di un reale progresso in senso democratico dell’Iraq: “Abbiamo fatto passi, seppur lenti, verso la democrazia. Elezioni, libertà d’espressione, mezzi di comunicazione, viaggi all’estero, ora bisogna cancellare la pena capitale. Questo aiuterà il cammino verso la democrazia e la riconciliazione, soprattutto perché Aziz e alcun altri non rappresentano un pericolo per la sicurezza nazionale. Possono rimanere semplicemente in carcere”. “Le condanne capitali – conclude mons. Sako - sono atti di vendetta, il segno di debolezza di uno Stato, un’iniziativa non degna del nuovo Iraq. Prego e spero che queste condanne non saranno eseguite”. (A.L.)

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    Referendum in Sudan. L’arcivescovo di Juba: sia rispettata la volontà popolare

    ◊   L'esito della votazione del Sud Sudan per l'autodeterminazione è una chiara manifestazione della volontà di Dio e deve essere rispettato come tale, ha affermato mons. Paulino Lukudu Loro,arcivescovo di Juba (sud Sudan) durante un incontro con una delegazione delle Nazioni Unite in visita a Juba. Padre Martin Ochaya Lino, segretario generale dell'arcidiocesi di Juba, ha detto a Sudan Catholic Radio Network News, che una delegazione di otto persone guidata da tre membri del gruppo di esperti delle Nazioni Unite per il Sudan, ha incontrato l'arcivescovo per conoscere come valuta l’umore della popolazione in vista del referendum del gennaio 2011 sull’indipendenza del sud Sudan. Mons. Lukudu ha detto che la sensazione generale è che i sud sudanesi vogliano l’indipendenza. L’arcivescovo di Juba ha aggiunto che c'è un forte senso del dialogo tra le diverse tradizioni cristiane e con i musulmani, perché le famiglie del sud sono multi-religiose. Secondo mons. Lukudu questo è un momento molto importante nella storia del Sudan ed ha esortato i fedeli a pregare prima della votazione per comprendere cosa Dio vuole da loro. L’arcivescovo di Juba ha sottolineato che il referendum è volto a ripartire il territorio ma non a dividere le persone e non vi è alcun bisogno di tornare alla guerra. Mons. Lukudu ha infine aggiunto che la divisione del Paese non dovrebbe incidere sui diritti individuali dei cittadini che vivono su entrambi i lati del confine. (R.P.)

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    Haiti: i vescovi auspicano una partecipazione di massa alle elezioni

    ◊   “Alzatevi per andare a votare. Andate e partecipate alle elezioni nel rispetto reciproco. Non scoraggiatevi, fate sentire la vostra voce, in maniera responsabile, pensando al futuro del Paese”. E’ uno dei passaggi cruciali del messaggio dei vescovi di Haiti rivolto alla popolazione in vista delle elezioni generali del 28 novembre. Padre Hans Alexandre, segretario della Conferenza episcopale nazionale (Ceh), spiega alla Misna che i presuli haitiani sottolineano come “il Paese non possa scendere più in basso”. Sono diversi infatti i drammi che Haiti ha dovuto affrontare nell’ultimo anno. Tra questi il tragico terremoto dello scorso 12 gennaio, l’epidemia di colera ed il passaggio di tempeste e uragani. I vescovi chiedono ai candidati al governo, alla comunità internazionale e ai cittadini di assumere ognuno le proprie responsabilità per condurre il Paese fuori dalla povertà, verso lo sviluppo nella stabilità. “Lavoriamo tutti insieme, riflettiamo tutti insieme, dimostriamo che siamo capaci di lavorare per il bene di tutti gli haitiani” hanno scritto i presuli ai 19 candidati per le presidenziali. Ai candidati è stata anche inviata una copia dell’enciclica ‘Caritas in veritate’, invitando a trarne utili insegnamenti. Agli aventi diritto, i vescovi haitiani hanno raccomandato di non farsi strumentalizzare da politici senza scrupoli che potrebbero tentare di comprare i voti. Hanno poi ricordato che le elezioni coinvolgono l’intero Paese e il futuro di tutta la nazione. Tra meno di due settimane gli haitiani saranno chiamati al primo turno delle presidenziali. Secondo l’ufficio per l’identificazione nazionale, incaricato di fornire documenti necessari per le elezioni, devono ancora essere prodotte e distribuite circa 90.000 carte d’identità. (A.L.)

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    Giornata Mondiale per la prevenzione degli abusi e della violenza contro i minori

    ◊   In occasione del XX anniversario dell’entrata in vigore della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, ricorre domani la Giornata Mondiale per la prevenzione degli abusi e della violenza contro i minori. Oggi, secondo i dati Unicef, 250 mila bambini sono coinvolti in conflitti in tutto il mondo e usati come combattenti, messaggeri, spie, ed oltre 1 miliardo di bambini vivono in 42 Paesi colpiti, tra il 2002 ad oggi, da questi conflitti. Secondo i dati raccolti dall’Unesco, circa 150 milioni di ragazze e 73 milioni di ragazzi sono vittime di violenza; 126 milioni di bambini sono implicati in lavori pericolosi; più di 50.000 minori l’anno muoiono uccisi. In questa occasione - riferisce l'agenzia Fides - ricorrerà anche il 10° anniversario dei due Protocolli alla Convenzione, adottati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2000, specificatamente il Protocollo Opzionale sul coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati ed il Protocollo Opzionale sulla vendita, la prostituzione e la pornografia infantile. La Convenzione è un Trattato Internazionale di fondamentale importanza ratificato da 193 Stati, tra cui compaiono tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite, con le sole eccezioni di Stati Uniti e Somalia sollecitate dal Presidente del Comitato sui diritti dell’infanzia, Yanghee Lee, affinché si apprestino a ratificarla. Il Presidente ha anche incitato, tutti quei Paesi che non avessero ancora provveduto, a ratificare i due Protocolli Opzionali alla Convenzione. Per questa giornata sono state organizzate una serie di attività, al fine di creare una cultura di prevenzione per la diffusione di programmi di prevenzione e la creazione di una rete di partenariato mondiale che consenta una maggiore presa di coscienza di tutto ciò che succede attorno a noi, spingendo la società civile ad agire. (R.P.)

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    Ban Ki-moon: i giovani africani possono fare molto per il Continente

    ◊   I giovani africani possono essere protagonisti dello sviluppo futuro del continente. E’ quanto ha affermato il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, in occasione di un simposio internazionale, svoltosi in Benin. Oltre il 60% della popolazione africana, circa 1 miliardo, – ha ricordato Ban Ki-moon - ha meno di 25 anni. “Se, da un lato, vengono fatte enormi promesse circa le prospettive occupazionali e di reddito, questa forza lavoro energetica, creativa e vibrante può fare molto per migliorare gli standard di vita dell’Africa, a condizione che abbia gli strumenti per farlo. L’impressionante crescita economica africana dell’ultimo decennio dimostra che questo è possibile. La sfida – sottolinea il segretario generale delle Nazioni Unite - consiste nel tradurre la crescita in un concreto miglioramento del sistema sociale, per il benessere della popolazione ed il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio”. Le altre sfide cui il Continente deve far fronte, secondo quanto affermato dal Segretario Generale, riguardano anche il cambio climatico, la desertificazione e la perdita dei valori democratici, ma anche i conflitti armati e la violenza sessuale contro le donne. Allo stesso tempo, Ban Ki-moon ha espresso soddisfazione per i progressi compiuti dai Paesi africani e gli sforzi fatti per migliorare la situazione politica ed economica nel Continente. “L’Africa – ha affermato - si è fatta carico della prevenzione e risoluzione dei suoi conflitti, e della promozione dello sviluppo sociale ed economico della sua popolazione”. Attraverso istituzioni africane, come l’Unione Africana, il Continente è diventato meno dipendente dall’aiuto della comunità internazionale. L’Onu – ha concluso Ban Ki-moon - continuerà ad offrire il proprio supporto all’Africa per assicurarne la stabilità ed il progresso. (A.L.)

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    Onu: i progressi in Bangladesh non siano erosi dagli effetti del cambiamento climatico

    ◊   I progressi compiuti dal Bangladesh nella riduzione della povertà, come previsto dagli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, devono essere protetti dagli effetti negativi del cambiamento climatico. Lo ha affermato il funzionario Onu Helen Clark, amministratrice del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (Undp). “Sugli Obiettivi del Millennio - ha detto la Clark, in visita nel Paese - il Bangladesh ha molto di cui poter essere orgoglioso”. “Ora dobbiamo assicurarci che i risultati raggiunti non siano erosi dagli effetti del cambiamento climatico”. La vulnerabilità del Paese al cambiamento climatico è stata al centro delle discussioni tra Helen Clark, il primo Ministro del Bangladesh, Sheikh Hasina, e altri politici d’alto livello. I temi discussi comprendono l’innalzamento del livello dei mari, l’incremento del tasso di salinità delle acque e i programmi nazionali d’adattamento al cambiamento climatico. Helen Clark ha anche visitato l’isola remota di Char Kukri-Mukri, dove il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite sta collaborando con il Ministro per l’Ambiente e le Foreste del Bangladesh, all’implementazione di un progetto innovativo centrato sull’utilizzo della mangrovia per combattere le erosioni del suolo e ridurre le emissioni di anidride carbonica. “Lo Undp – ha concluso - ha lavorato intensamente per la compilazione delle liste elettorali in occasione delle elezioni generali del 2008, utilizzando, per questo processo, tecnologie molto avanzate. Ciò costituisce la premessa per futuri lavori finalizzati al censimento della popolazione, alla registrazione computerizzata delle terre e al miglioramento dell’efficienza dell’amministrazione pubblica locale”. (A.L.)

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    Brasile: il 20 novembre Giornata nazionale della coscienza nera

    ◊   Un evento di orientamento commemorativo ma al tempo stesso un'occasione privilegiata di promozione interculturale quanto mai attuale per far fronte a pericolose ventate di qualunquismo xenofobo e razzista”. Con queste parole padre Ari Antônio dos Reis, responsabile per la pastorale afro-brasiliana della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile illustra il senso della Giornata nazionale della coscienza nera che si celebrerà, il 20 novembre prossimo, in tutto il Brasile. Secondo il religioso, l'annuale appuntamento mira soprattutto a sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni politiche sui diritti inalienabili legati all'appartenenza etnica, una consapevolezza che deve poter divenire appunto «coscienza» di condividere, nel rispetto e nella fratellanza, la condizione di essere tutti persone, cittadini del mondo latori di diritti inalienabili. La Giornata ricorda la data dell'assassinio di Zumbi dos Palmares, leader e simbolo della lotta contro la schiavitù in Brasile. Padre Dos Reis, pur evidenziando i progressi nel cammino di affermazione dei diritti degli afro-brasiliani, ha sottolineato il nascere, nel tempo, di “nuove forme di oppressione e di negazione del diritto alla cittadinanza ai neri, attraverso meccanismi di esclusione che hanno mano a mano acquisito volti diversi”. Tra queste “nuove forme” di esclusione, specialmente nel XIX secolo, il religioso ha ricordato il non accesso dei neri all'istruzione, al lavoro e l'impossibilità di avere un alloggio decente. In particolare la celebrazione eucaristica — sottolinea il religioso — è «la più ricca espressione di gratitudine a Dio per il rafforzamento dei vincoli della comunione ecclesiale e della fraternità. Il responsabile della pastorale afro-brasiliana conclude riaffermando la centralità del mistero eucaristico nella vita della Chiesa e del cristiano. «Per i cattolici la santa Eucaristia è considerata la forma di preghiera più importante e sublime. Durante la celebrazione eucaristica i cattolici condividono il corpo e il sangue di Gesù nelle specie del pane e del vino. La morte di Cristo sulla croce, compiuta una volta per sempre, fu sufficiente — sottolinea padre Ari Antônio dos Reis — ad espiare tutti i nostri peccati. Colui che ci ha donato il pane della vita per la nostra salvezza è il simbolo vivente dell'accoglienza, dell'inclusione di tutta l'umanità nella via, nella verità e nella vita. Questo fulgido, incomparabile modello deve poter essere incarnato anche nella vita quotidiana, nell'organizzazione civile e politica dove nessuna persona più essere esclusa».(C.P)

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    Scozia: no alla legge sul suicidio assistito

    ◊   Il gruppo “Care not killing”, che fa parte del Movimento per la vita britannico, ha accolto con soddisfazione la notizia che il comitato parlamentare scozzese, che ha esaminato negli scorsi mesi la proposta di legge a favore del suicidio assistito, ha deciso di rifiutarla e dire no al tentativo di legalizzare l’eutanasia. “E’ una vera vittoria per i più vulnerabili nella nostra società. E’ molto incoraggiante che il comitato riconosca che un modo chiave per preservare la dignità negli ultimi stadi di vita sia la qualità delle cure disponibili e il rispetto dovuto a chi sta per morire”, ha detto Gordon MacDonald, il portavoce di “Care not killing”. Il comitato, composto da sei membri, ha investigato la legge, che si chiama “End of life assistance bill”, negli ultimi dieci mesi e ha identificato molti pericoli nella legislazione proposta da Margo MacDonald, una parlamentare indipendente che soffre del morbo di Parkinson e che ha dichiarato di voler morire una volta che la legge lo consenta. Tra i pericoli identificati - riferisce l'agenzia Sir - vi è l’allargamento della nozione di autonomia personale. La legislazione, sempre secondo il comitato parlamentare scozzese, non dà garanzie sufficienti per proteggere la vita umana e potrebbe spingere le persone vulnerabili a togliersi la vita, da sole oppure con l’aiuto di altri. (R.P.)

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    “Scienza e vita”: fuorviante il messaggio sulla vita della trasmissione Rai “Vieni via con me”

    ◊   E’ stato “fuorviante e fortemente diseducativo a livello sociale” il messaggio lanciato lunedì sera durante la trasmissione “Vieni via con me”, presentata dal conduttore Fabio Fazio e dallo scrittore Roberto Saviano. E’ quanto afferma all’agenzia Sir il copresidente di “Scienza e Vita”, Lucio Romano, commentando la trattazione, durante il programma andato in onda su Rai 3, dei casi di Pier Giorgio Welby ed Eluana Englaro. Le loro drammatiche storie, che sono anche un’esortazione a riflettere sul diritto alla vita di ogni essere umano, non possono prescindere da alcune precise domande. È lecito staccare il respiratore artificiale ad un malato di sclerosi laterale amiotrofica, completamente paralizzato, ma capace di manifestare la propria volontà, e di dare il consenso informato? È lecito sospendere alimentazione ed idratazione ad un paziente in stato vegetativo? Le risposte date a queste ed altre domande attraverso le testimonianze della vedova di Pier Giorgio Welby e del padre di Eluana Englaro durante la trasmissione “Vieni via con me” hanno scatenato la “reazione negativa” di diverse associazioni di familiari di persone gravemente disabili o in stato vegetativo. “Si è utilizzata una terminologia errata – spiega Lucio Romano – confondendo lo stato vegetativo con lo stato di coma. Sotto il profilo bioetico – aggiunge – sappiamo come il ricorso all’emotivismo non porti ad alcun risultato di crescita, ma suggestioni l’interlocutore al punto da far ritenere che la scelta da assumere sia giusta solo in funzione dell’espressione di una volontà emotiva del soggetto”. “Mentre Pier Giorgio Welby – precisa inoltre Lucio Romano - è stato in grado di esprimere la propria volontà, nel caso di Eluana si è trattato di una volontà presunta, ossia ricostruita”. E’ stato poi molto grave – sottolinea quindi il copresidente di “Scienza e Vita” – “l’aver parlato di eutanasia in modo sottilmente ipocrita senza mai usarne il termine”. Questo indica “la volontà di introdurla a livello sociale e culturale, pur senza richiamarla esplicitamente”. E’ una procedura scorretta – fa notare Lucio Romano – “per fuorviare i telespettatori ai quali le due vicende sono state presentate come casi di accanimento terapeutico. Far passare l’eutanasia come un procedimento che rispetta la dignità della persona e presentare come non degna la vita di persone con gravi disabilità – aggiunge - è inaccettabile dal punto di vista dei contenuti e della comunicazione della cultura”. Ad indignare – afferma ancora Lucio Romano – è che sia proprio “chi parla di dignità delle persone a livello civile, sociale e politico a cancellare poi il fondamento di questa dignità”. A cancellare un così alto valore che caratterizza ogni essere umano, “soprattutto nelle situazioni di massima disabilità e disagio”. “La vita di ognuno – conclude – è un bene comune” e ciascuno è “responsabile di quella dell’altro e deve prendersene cura”. Questo costituisce “il fondamento del vivere civile in una società autenticamente democratica”. (A.L.)

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    Cambogia: il nuovo vicario apostolico di Phnom Penh sulle priorità della Chiesa locale

    ◊   Ricostruire la Chiesa cambogiana puntando sulla buona formazione di un clero autoctono. Queste le priorità pastorali della Chiesa nel Paese confermate da mons. Olivier Schmitthaeusler, insediatosi nei giorni scorsi come nuovo vicario apostolico di Phnom Penh. La Chiesa del Paese, una comunità di poco più di 20mila fedeli in una società per il 95% buddista, sta progressivamente rinascendo dalle ceneri lasciate venti anni fa dal regime dei Khmer rossi e dalla guerra civile. Una ripresa lenta, ma solida, come ha riferito all’agenzia Eglises d’Asie padre Bruno Cosme, sacerdote delle missioni Estere di Parigi. La sfida principale, ha detto il sacerdote che è stato fino al 2006 responsabile del Servizio per le vocazioni e che ha assistito ai primi passi della Chiesa cambogiana dopo la fine della guerra, resta proprio quella della indigenizzazione della Chiesa locale. Basti pensare che dei 20 sacerdoti attivi nel vicariato apostolico di Phnom Penh, solo due sono cambogiani. “Per formare questi sacerdoti bisogna calcolare un periodo di dieci anni, senza contare che prima della formazione c’è un lavoro di promozione vocazionale”, spiega padre Cosme. Questa crescita lenta, ma appoggiata su una formazione solida e su una fede profonda, deve a volte fare i conti con il proselitismo più aggressivo delle numerose comunità protestanti che crescono ad un ritmo esponenziale in Cambogia e i cui metodi suscitano crescenti malumori tra i buddisti. “La nostra missione e le nostre prospettive sono diverse”, ammette padre Cosme. “La Chiesa cattolica in Cambogia ha sempre mostrato il massimo rispetto verso la lingua e la cultura locale e verso il buddismo”. Un orientamento che ha dato i suoi frutti: i rapporti con le autorità e la società cambogiane sono oggi sostanzialmente buoni dopo lunghi anni di tensione e sospetti anche all’opera svolta dalla Chiesa nel campo dell’istruzione, della sanità e dello sviluppo. Un segno tangibile di questi buoni rapporti è stata la presenza alla cerimonia della presa di possesso di mons. Schmitthaeusler del Ministro cambogiano dei culti e delle religioni Min Khin.(L.Z.)

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    Germania: appello delle Chiese per mettere fine alle espulsioni delle minoranze kosovare

    ◊   “Fermare le espulsioni”: questo l’imperativo manifestato ieri dalle Chiese tedesche per garantire un approccio umanitario con le minoranze del Kosovo. Mons. Norbert Trelle, presidente della Commissione per l’immigrazione della Conferenza episcopale tedesca e Volker Jung, presidente della Camera per l’immigrazione e l’integrazione della Chiesa evangelica tedesca, si sono detti “preoccupati per la minacciata espulsione di famigliari di minoranze e di gruppi di persone particolarmente deboli”. Trelle e Jung si sono così espressi a margine della Conferenza dei ministri degli interni dei Länder tedeschi. I rappresentanti delle Chiese - riferisce l'agenzia Sir - hanno sottolineato in particolare la situazione dei Rom e degli Ashkali. Il problema interessa soprattutto bambini e giovani nati e cresciuti in Germania e che in caso di rientro in Kosovo sono spesso costretti a interrompere gli studi. “Rimandare i bambini ad una situazione senza prospettive è incompatibile con la nostra idea di procedura responsabile e umanitaria", ha detto Trelle, aggiungendo che "l'espulsione può avvenire solo se per le persone coinvolte sia possibile garantire un rientro sicuro e dignitoso. Da parte sua, Jung ha affermato che “non si devono espellere gruppi particolarmente indifesi, come anziani, ammalati e traumatizzati, madri single". (R.P.)

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    Irlanda: mons. Martin presenta "Giovanni Paolo II, apostolo della gioventù"

    ◊   L’arcivescovo di Dublino Diarmuid Martin, primate d’Irlanda e vicepresidente della Conferenza episcopale irlandese, ieri pomeriggio ha voluto ricordare il grande Papa Giovanni Paolo II, maggior apostolo della gioventù dei nostri tempi. Il presule ha poi presentato il senso dell’iniziativa: “Oggi è più che mai urgente presentare ai giovani esperienze positive ma soprattutto testimonianze forti di chi ha trovato nella fede cristiana una proposta avvincente per vivere in maniera autentica” . Dopo la presentazione del premio “Il Pope John Paul II Award” alla Mansion House - riferisce L'Osservatore Romano - è stato lo stesso arcivescovo di Dublino, Diarmuid Martin ad esprimere l’urgente necessità di rinnovare il sistema educativo, l’organizzazione delle parrocchie e soprattutto valorizzare la generosità e la idealità dei nostro giovani, come parte integrante di questo rinnovamento. Il riconoscimento dedicato al compianto Pontefice, ideatore delle Giornate Mondiali della Gioventù, può anche diventare — si è augurato l'arcivescovo — un “forte punto di partenza per superare le difficoltà del tempo presente, legate soprattutto alla secolarizzazione, ma anche alle note vicende relative agli scandali e abusi compiuti da rappresentanti del clero”. L'iniziativa, sorta grazie alla collaborazione tra l'associazione Catholic Youth Care e l'ufficio per l'Evangelizzazione dell'arcidiocesi di Dublino, si rivolge ai giovani, tra i 16 e i 18 anni, impegnati attivamente nelle parrocchie e nelle opere di servizio sociale e di volontariato, che sapranno presentare una valida riflessione sulla loro esperienza di fede. “Come vescovo, una delle mie maggiori preoccupazioni — ha detto Martin — è la mancanza di interazione tra la Chiesa e i giovani. In particolare, la mancanza di contatti tra i giovani e loro parrocchie. Anche l'Irlanda, uno dei Paesi a più forte tradizione cattolica, sta subendo l'influsso potente della secolarizzazione. E questo, nonostante la considerevole presenza di scuole cattoliche. La risposta alla questione del dialogo tra i giovani e la Chiesa deve cominciare con l'ascolto dei giovani, mostrando loro che la Chiesa vuole che essi si assumano la responsabilità della loro fede e della loro formazione e che la Chiesa in questo è pronta ad aiutarli”. (C.P)

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    Convegno di Fai e Wwf sul ruolo strategico dell’agricoltura

    ◊   C’è la necessità di nuovi e diversi interventi, visto lo stato di crisi del settore agricolo, la riduzione di terreni coltivati a favore della cementificazione e l’incuria del territorio che rischia di distruggere il paesaggio. Questa la sfida lanciata dal convegno “Sos Agricoltura”, organizzato a Bologna da Fai, Wwf e Associazione per l’Agricoltura Biodinamica. “Questo incontro” ha ricordato Giulia Maria Mozzoni Crespi, presidente onorario del Fai, “è stato organizzato per rendere consapevoli le persone, soprattutto quelle che hanno le redini del potere, dei problemi legati all’agricoltura. La situazione agricola sta continuamente peggiorando e tanti agricoltori, i più onesti, ridotti alla fame, sono costretti a chiudere (i dati parlano di 189 stalle chiuse)”. All’Angelus – ha poi ricordato Maria Mazzoni Crespi - Benedetto XVI ha sottolineato la grande importanza dell’agricoltura come risorsa indispensabile per il futuro. Il Papa ha ricordato che “occorre puntare su un nuovo equilibrio tra agricoltura, industria e servizi, perché lo sviluppo sia sostenibile, a nessuno manchino il pane e il lavoro, e l’aria, l’acqua e le altre risorse primarie siano preservate come beni universali”. “Di queste parole - ha detto la presidente - lo ringraziamo”. Nel suo intervento, la presidente onorario del Fai ha poi rilanciato il tema della filiera corta ovvero l’incentivo a consumare i cibi provenienti da vicino risparmiando tra l’altro carburante per il trasporto delle derrate alimentari e spandendo meno anidride carbonica nell’aria. “Quando chiesero a San Francesco - ha concluso - quale fosse la sua chiesa egli rispose: la mia Chiesa è la mia terra, sono gli ulivi, le foreste, i fiumi e i laghi. Questa è la mia terra. Per questa terra dobbiamo lottare e lavorare”. Una delle priorità emerse dal convegno è quella di aiutare gli agricoltori ad affrontare la sfida dell’agricoltura sostenibile premiando coloro che apportano all’ambiente quei benefici che la nostra società ritiene di fondamentale importanza. Con una sorta di contratto tra la società e gli agricoltori che preveda incentivi per coloro che apportano benefici ambientali e assumano fino in fondo il ruolo di custodi della natura. (Da Bologna, Stefano Andrini)

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    A Milano la conferenza mondiale “Science for Peace”

    ◊   Oggi si apre a Milano la seconda conferenza mondiale “Science for Peace”, promossa dallo stesso comitato creato nel 2009 dalla Fondazione Umberto Veronesi, e dall'Università Bocconi che lo ospita, durante la quale verrà lanciata una proposta economica scaturita da uno studio della Bocconi. A sintetizzarla è lo stesso Veronesi : “Il taglio del 5% delle spese militari nella Ue che permetterebbe un risparmio di 4 miliardi reinvestibili in occupazione, ricerca e istruzione. Qualunque guerra non è altro che una forma di assassinio collettivo e non dobbiamo stancarci di dirlo, di batterci per la pace – prosegue l’oncologo -. Io sono profondamente laico ma condivido quanto già l'enciclica Pacem in Terris di Giovanni XXIII diceva, ossia che non esistono guerre giuste” . Di qui la mobilitazione cui hanno già aderito 21 premi Nobel (medici, fisici, biologi) perché “la scienza è un linguaggio universale, senza barriere politiche, etniche, religiose, quindi è lo strumento principale per promuovere la pace”. Il progetto - rende noto l’agenzia Sir - si prefigge di realizzare due grandi obiettivi: la diffusione di una cultura di pace e la progressiva riduzione degli ordigni nucleari e delle spese militari a favore di maggiori investimenti in ricerca e sviluppo. Domani la lectio magistrale sarà tenuta da Brian Wood, coordinatore Amnesty International per le attività sul controllo delle armi (Regno Unito). Attesi per l’occasione il premio nobel per la fisica Claude Cohen- Tannoudji, il commissario straordinario della Croce Rossa italiana Francesco Rocca e la dissidente iraniana e Premio Nobel per la pace Shirin Ebadi. Alla sessione dedicata al dialogo interreligioso interverranno tra gli altri mons. Marcelo Sanchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle scienze; Giuseppe Laras, presidente emerito dell'Assemblea rabbinica italiana; Frans Goehtghebeur, presidente dell'Unione Europea buddista. A chiudere i lavori domani sera, il concerto gratuito per la pace nel quale canteranno insieme l’israeliana Noa e l’araba cristiano-palestinese Mira Awad.( C.P)

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    Padre Miró eletto nuovo priore generale degli Agostiniani Recolletti

    ◊   E' stato appena eletto nuovo Priore Generale dell'Ordine degli Agostiniani Recolletti per i prossimi 6 anni, Miguel Miró Miró, unico religioso catalano dei 1136 che compongono l’Ordine. L'elezione si è svolta a Monachil (Granada, Spagna). L’agenzia Sir ha comunicato che il nuovo priore generale e il suo consiglio, composto da sei persone di Spagna, Messico, Filippine e Colombia, avranno la responsabilità di mettere in pratica le direttrici proposte dal Capitolo Generale per il sessennio. Padre Miró succede nell'incarico a Javier Guerra Ayala, che ha guidato l'istituzione negli ultimi dodici anni. Nato a Vinebre (Tarragona) nel 1975 ha professato i primi voti, e tre anni dopo ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale a Lodosa (Navarra). Dopo essersi laureato in Teologia Spirituale presso l'Università Gregoriana di Roma. Per quasi tutta la vita si è dedicato a compiti di formazione e governo. Dall'ultimo Capitolo generale risiedeva a Roma svolgendo l'incarico di Vicario Generale. Ha svolto poi il suo lavoro come formatore in varie località spagnole. Dal 1978 al 1982 ha educato i bambini e i giovani del seminario minore di Lodosa, dov'è stato ordinato sacerdote. Nel 1995 è stato destinato a Roma per approfondire lo studio della Teologia Spirituale all'Università Gregoriana, dove si è laureato. Eletto dai suoi fratelli della provincia di San Nicola da Tolentino priore provinciale per i successivi tre anni, nel 2000 è stato rieletto per occupare lo stesso incarico fino al 2003, quando è tornato come superiore alla comunità di Marcilla. Nel Capitolo generale del 2004, celebrato a Roma, è stato nominato Vicario generale. L’ordine degli Agostiniani Recolletti affonda le sue radici nella riforma vissuta dalla Chiesa nel 1588. Attualmente gli Agostiniani Recolletti sono organizzati in otto province religiose presenti in 19 Paesi, con 195 comunità. L'Ordine ha ora 1.136 religiosi in tutto il mondo, soprattutto in Spagna, nelle Filippine e nel continente americano. Collaborano con le parrocchie e sono presenti in una cinquantina di centri educativi e universitari e in otto territori di missione in Africa, America e Asia. La comunità agostiniana recolletta ha tra i suoi religiosi 20 vescovi.(C.P)

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    Napoli: iniziative dell’arcidiocesi per il rilancio della città campana

    ◊   “Siamo alla vigilia del periodo di Avvento che ci prepara al Natale. E’ tempo, dunque, di attesa del grande evento e, quindi, di preparazione, ma anche di riflessione, di ascolto e di penitenza espressa attraverso la solidarietà, che è attenzione all’altro, al fratello più debole e indigente, al diverso da capire e accogliere”. Lo ha detto ieri il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, presentando in conferenza stampa le prossime iniziative messe in campo dalla diocesi partenopea. Innanzitutto, riprendono “I dialoghi con la città”, che si terranno in luoghi-simbolo con illustri ospiti, “riflettendo su brani del Vangelo”. Si incomincerà lunedì 22 novembre, nella basilica di San Francesco di Paola in piazza del Plebiscito, dove, insieme con l’attore Luca De Filippo e lo storico Paolo Macry, il porporato parlerà di “sfide ed emergenze”. Lunedì 29 novembre, al Museo diocesano in largo Donnaregina, il dialogo si avvarrà degli interventi del presidente emerito della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, e del rettore dell’Università “Suor Orsola Benincasa”, Francesco De Sanctis, per discutere di “diritto e giustizia”. Si arriverà, quindi, al terzo “dialogo” di lunedì 6 dicembre, ore 18.30, nella Galleria Umberto I, dove con la cantante israeliana Noà e Lida Viganoni, rettore dell’Università “L’Orientale”, si svilupperà il tema “la bellezza ci salverà”. “Il tradizionale appuntamento dell’8 dicembre in piazza del Gesù, in occasione della festa dell’Immacolata – ha spiegato il cardinale Sepe - ci permetterà di parlare ancora alla città, come sempre, per annunciare un’iniziativa forte e nuova che chiuderà ‘i dialoghi 2010”. Giovedì 16 dicembre – ricorda infine l'agenzia Sir - verrà indetto per la prima volta un Giubileo per Napoli e si inizierà a riflettere, con Richard Samson Odingo Premio Nobel 2007 per l’ambiente, e con lo storico Lucien Jaume, “su una complessiva e articolata proposta per la città, fatta di idee-guida da offrire come contributo al governo e al rilancio di Napoli”. (A.L.)

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    Movimento dei Focolari: a Castel Gandolfo un convegno per la fraternità nel sociale

    ◊   Fraternità nel sociale. A Castel Gandolfo il convegno annuale dei responsabili dei “Volontari di Dio” e del Movimento “Umanità Nuova”. I “Volontari”, principali animatori del Movimento Umanità Nuova (espressione sociale dei Focolari), sono donne e uomini impegnati ad attuare le parole del Vangelo nei più vari ambiti sociali, culturali, economici e politici, per offrire delle risposte concrete alle sfide della società contemporanea. Da oggi al 21 novembre, i cinquecento partecipanti di molteplici provenienze avranno modo di approfondire particolari aspetti della spiritualità dell'unità, per poi aprirsi a un dialogo fecondo su come “declinare” i valori proposti dall'ideale della fraternità nell'azione sociale. Non mancheranno - riferisce l'agenzia Sir - momenti di approfondimento culturale, come quello dedicato all'attualità della dottrina sociale della Chiesa, e testimonianze di vita da varie parti del mondo. Momento centrale del convegno sarà il dialogo con Maria Voce, previsto per domani. La presidente dei Focolari, rispondendo a diverse domande, offrirà uno sguardo particolare sull'attualità dell'azione sociale del Movimento, per individuare così le priorità di impegno nelle diverse aree del pianeta. (R.P.)

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    La Dottrina sociale della Chiesa al centro della Scuola di formazione Luigi Sturzo

    ◊   Il Centro Tocqueville-Acton e la Rubbettino Editore hanno pubblicato il programma della Scuola di Formazione “Luigi Sturzo” per l’anno 2010/2011. Le lezioni, al via il 13 gennaio prossimo, si divideranno in due parti: una sezione di teoria intitolata “La Dottrina Sociale come Scienza Sociale” e una sezione policy sul tema “Le politiche pubbliche per l’interesse nazionale e il bene comune”. Il corso si concluderà il 9 giugno con una tavola rotonda a cura dell’economista della Lateranense, Flavio Felice, sul tema “Il cattolicesimo liberale come dottrina di governo”. Tra i relatori del corso di seminari, il teologo don Massimo Serretti, i sociologi Luca Diotallevi e Maurizio Serio, il filosofo Dario Antiseri e il filosofo della politica, Rocco Pezzimenti. (A.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Risoluzione d'urgenza all'Europarlamento contro le violenze anticristiane in Iraq

    ◊   Una Risoluzione d'urgenza sugli attacchi ai cristiani in Iraq sarà messa al voto la prossima settimana alla plenaria del Parlamento Europeo, a Strasburgo. La Risoluzione è stata accolta oggi e inserita all’ordine del giorno della prossima Plenaria, dopo la gravissima escalation di attacchi subiti dai cristiani in Iraq negli ultimi mesi e in particolare nelle ultime settimane. Il servizio di Fausta Speranza

    La Risoluzione prevede un piano concreto di azione e dovrebbe far sentire forte la voce dell'Europa in difesa della comunità cristiana del Medio Oriente. È quanto afferma Mario Mauro, presidente dei Deputati del PDL al Parlamento europeo e rappresentante speciale OSCE per la lotta alle discriminazioni contro i cristiani, che ha presentato la Risoluzione. Mauro afferma che "l'Unione europea non può rimanere inerme davanti alla carneficina quotidiana perpetrata ai danni della comunità cristiana di Baghdad e di tutto l'Iraq e che l'Europa, la comunità internazionale ed il Governo iracheno devono mettere in campo azioni concrete fin da subito” contro quella che definisce “una caccia casa per casa a chi non si professa musulmano”. Primo punto della risoluzione: le autorità irachene garantiscano l'incolumità personale, l'integrità e la sicurezza della minoranza cristiana in territorio iracheno fin da subito. Passo successivo: l'organizzazione di una missione d'inchiesta da parte della comunità internazionale. Poi l’obiettivo deve essere far tornare ad una "vita normale" e sicura i componenti della comunità cristiana: in un primo momento gli iracheni che fuggono dalle violenze devono essere accolti ma una volta ristabilite le condizioni da parte delle autorità irachene, deve essere attuato un rapido piano di rientro in Iraq con la garanzia della restituzione dei rispettivi beni ai legittimi proprietari". La Risoluzione inoltre chiede che venga promossa in Iraq una conferenza internazionale con l'obiettivo di favorire il dialogo tra le diverse comunità religiose del Paese, per andare oltre le logiche di violenza che strumentalizzano la religione.

    Iraq: si discute sull’assetto del Consiglio Nazionale
    Crescono le polemiche tra il premier 'in pectore’ iracheno Nuri al-Maliki e Iyad Allawi sull'assetto del Consiglio Nazionale iracheno per le politiche strategiche, il nuovo organismo frutto dell'intesa per il governo raggiunta dai leader politici lo scorso 11 novembre. Il Consiglio, fortemente voluto dagli Usa per controbilanciare i poteri in materia di sicurezza del primo ministro Maliki, in base agli accordi dovrebbe essere presieduto dal capo di Iraqiya, Allawi. Hassan Sinaid, esponente della coalizione Stato di diritto guidata da Maliki, ha annunciato che lo statuto del nuovo organismo è pronto. "Il Consiglio - ha spiegato Sinaid - avrà competenza in materia di politiche della sicurezza" ma con poteri soltanto consultivi. Una decisione che ha suscitato polemiche all'interno dello schieramento di Iraqiya, che lamenta la rottura degli accordi stabiliti l'11 novembre. Allawi, in particolare, ha già annunciato che rifiuterà di presiedere il Consiglio se questo non disporrà di poteri esecutivi.

    Afghanistan: uccisi due soldati Isaf
    Due soldati della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf, sotto comando Nato) sono morti ieri in altrettanti incidenti nell'Afghanistan meridionale. Lo ha riferito la stessa Isaf a Kabul. In un comunicato si precisa che il primo decesso è stato causato dallo scoppio di un ordigno rudimentale (ied) ed il secondo da un attacco degli insorti. Le vittime militari straniere sono ora 652 dall'inizio dell'anno (521 in tutto il 2009) e 41 dall'1 novembre 2010.

    Ahmadinejad parla di minacce dalle potenze mondiali
    Le potenze mondiali dovrebbero smettere di minacciare l'Iran se vogliono ottenere risultati dai colloqui sul programma nucleare iraniano. Lo ha detto il presidente Mahmoud Ahmadinejad durante la visita che sta compiendo in Azerbaigian. Nel corso di una conferenza stampa Ahmadinejad non ha detto se i colloqui previsti per il mese prossimo tra Teheran e le sei potenze mondiali (Russia, Cina, Usa, Gran Bretagna, Francia e Germania) andranno davvero avanti. “Dovrebbero modificare i loro vecchi metodi - ha continuato il presidente iraniano - in caso contrario i risultati saranno gli stessi: nessun embargo può cambiare il popolo iraniano”.

    Allarme terrorismo in Germania
    Un sospetto ordigno è stato confiscato tra i bagagli in partenza dalla Namibia con un volo della compagnia aerea 'Air Berlin', diretto da Windhoek a Monaco di Baviera. Secondo quanto reso noto dalla polizia tedesca, si tratta di una valigia contenente un detonatore e un congegno ad orologeria, collegati a un oggetto sospetto. Non è chiaro però se la presunta bomba fosse in grado di esplodere. La scoperta risale a ieri, durante le operazioni di carico nella stiva dell'aereo, proprio nel giorno in cui la Germania ha deciso di inasprire le misure di sicurezza. Proprio ieri, il ministro dell'Interno tedesco, Thomas de Meziere, aveva messo in guardia contro possibili attentati terroristici in Germania nel mese di novembre sulla base di informazioni ricevute da servizi di intelligence esteri.

    Irlanda: il ministro delle Finanze annuncia possibili richieste di aiuti
    L'Irlanda potrebbe chiedere interventi di assistenza finanziaria per le banche del Paese una volta conclusi i negoziati con l'Unione europea e il Fondo monetario internazionale. Lo ha detto il ministro delle Finanze irlandese, Brian Lenihan, nel corso dell'audizione in Parlamento, precisando che sono ancora al vaglio varie opzioni. Lenihan - riferisce l'agenzia Bloomberg - ha spiegato che una buona soluzione potrebbe prevedere che i fondi siano messi a disposizione senza tuttavia implicarne il necessario utilizzo da parte di Dublino e ha sottolineato come i colloqui siano mirati ad individuare una soluzione ''duratura'' ai problemi delle banche irlandesi.

    Ocse: ripresa in corso ma con riserve
    Secondo l'ultimo Outlook dell’Ocse, che sottolinea la debolezza dei conti pubblici in alcuni Paesi europei, le economie dell'area Ocse e dell'eurozona cresceranno più del previsto quest'anno e meno il prossimo. La ripresa è in corso in molti Paesi anche se la preoccupazione maggiore resta l'alto tasso di disoccupazione. La crescita, prosegue l'Ocse, è più accentuata nelle economie emergenti e resta fragile e ineguale in molti Stati dell'area e recentemente ha perso colpi. I mercati finanziari, si legge ancora nel rapporto d'autunno, continuano a "normalizzarsi" e le famiglie e le aziende stanno riducendo il proprio indebitamento. Di conseguenza la crescita si dovrebbe rafforzare nel 2011 e 2012. La vera sfida, spiega il rapporto, sarà quella di guidare la transizione da una ripresa sostenuta dagli aiuti pubblici a una crescita autonoma. A seguito del ritiro delle politiche di stimolo, la politica dovrà realizzare una struttura credibile di medio-periodo, in cui vi sia compreso il settore finanziario, per stabilizzare le aspettative e rafforzare la fiducia. L'Ocse evidenzia anche come siano necessarie la politiche di consolidamento fiscale per una sostenibilità del debito. Allo stesso tempo è importante realizzare riforme strutturali per "rafforzare la crescita". Anche nei prossimi anni la Germania sarà la locomotiva d'Europa. Bene anche la Francia e la Gran Bretagna.

    Usa: Sarah Palin parla della possibilità di candidarsi alle presidenziali nel 2012
    L'ex candidata alla vice-presidenza Usa, Sarah Palin, è convinta di poter battere il presidente Barack Obama qualora si candidasse alle presidenziali del 2012. L'esponente del Tea Party, in un'intervista con la Tv Abc, ha detto di stare seriamente considerando la possibilità di una candidatura alle prossime elezioni.

    Thailandia e Usa in tensione con la Russia per il caso Bout
    Si aggrava la crisi diplomatica innescata dall'estradizione dalla Thailandia agli Stati Uniti del trafficante d'armi russo Viktor Bout, eseguita martedì. Il premier thailandese, Abhisit Vejjajiva, ha annullato una visita in Russia dopo le durissime proteste di Mosca mentre i russi accusano Washington di aver fatto pressioni su Bout per convincerlo a dichiararsi colpevole in tribunale. Abhisit ha assicurato che la rinuncia a partecipare al summit di quattro giorni sulla protezione delle tigri che si apre domenica a San Pietroburgo non è legata alla querelle, ma a impegni politici in patria. I rapporti con la Russia sono comunque tesi e il premier thailandese ha auspicato che “non siano influenzati da una singola questione”. Sull'estradizione, Abhisit ha negato di aver ceduto alle pressioni Usa e ha rimproverato a Mosca di non aver presentato prove a discarico del “mercante di morte”, come è soprannominato Bout. Davanti a un tribunale di New York, Bout si è dichiarato non colpevole per le accuse di cospirazione per uccidere cittadini statunitensi, di acquistare missili anti-aerei e di sostenere gruppi terroristici. Il 43enne ex ufficiale dell'aviazione sovietica è stato incarcerato senza possibilità di rilascio su cauzione e comparirà di nuovo davanti ai giudici il 10 gennaio. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 322

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