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Sommario del 17/11/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • All'udienza generale appello di Benedetto XVI per Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte in Pakistan
  • Il cardinale Tauran traccia il bilancio dopo l'incontro in Iran: libertà di professare pubblicamente la propria religione
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • I vescovi di Haiti: tutti si mobilitino contro il colera. Il Paese verso le elezioni in un clima di gravi difficoltà
  • in Piazza San Pietro i delegati Caritas-Migrantes per donare al Papa la raccolta di dieci anni di dossier sull'immigrazione italiana
  • Il Convegno del Fai sull'agricoltura italiana: va rivalutata e sollevata dalla crisi che sta attraversando
  • Evangelizzazione e solidarietà, due "mani unite" per l'impegno missionario in Africa delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù
  • Attesa mondiale per "Harry Potter e i doni della morte", film orrorifico e pessimista
  • Chiesa e Società

  • Pakistan: grande campagna di preghiera in tutte le chiese del Paese per Asia Bibi
  • Non si placa la violenza anticristiana in Iraq. Mons. Casmoussa: indaghi l'Onu
  • Afghanistan. Un cristiano in tribunale per la sua fede: il processo il 21 novembre
  • Egitto: il vescovo di Luxor denuncia tentativi di convertire con la forza all'islam ragazze cristiane
  • Arabia Saudita. Appello del gran mufti per l'Hajj: “Rifiutare violenza e terrorismo”
  • I cristiani invitano a pregare il 5 dicembre per il referendum in Sudan
  • Mons. Dolan eletto nuovo presidente della Conferenza episcopale Usa
  • Bolivia. "La fede al servizio del bene comune": così i vescovi al termine della loro Assemblea
  • Costa Rica: nota dei vescovi sulle tensioni per questioni di confine con il Nicaragua
  • La Fao lancia l’allarme sull’aumento record dei costi delle importazioni alimentari
  • Sri Lanka: i pescatori chiedono a mons. Ranjith di mediare per salvare la laguna di Negombo
  • Honduras: nuovo atto di violenza nei confronti dell’etnia Tolupan
  • In due mesi 120 mila sudcoreani conquistati dal docu-film su padre Lee Tae-suk
  • Croazia: la Conferenza episcopale annuncia la visita del Papa per il 4 e 5 giugno 2011
  • Austria: i vescovi incontrano il presidente della Repubblica
  • Albania: all'Assemblea dei vescovi il progetto di un giornale e le celebrazioni per Madre Teresa
  • Regno Unito: quest'anno record di iscrizioni nei seminari di Inghilterra e Galles
  • Genova. Il cardinale Bagnasco: “La fedeltà dell’amarsi per sempre nel matrimonio”
  • I Carmelitani Scalzi espandono la loro missione in Asia
  • Francia: “1000 lettere” di solidarietà ai fratelli iracheni colpiti dal terrorismo
  • Unesco: il ruolo delle comunità religiose nel preservare il patrimonio dell'umanità
  • 24 Ore nel Mondo

  • Il presidente iracheno non firmerà la condanna a morte di Tareq Aziz
  • Il Papa e la Santa Sede



    All'udienza generale appello di Benedetto XVI per Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte in Pakistan

    ◊   Benedetto XVI ha dedicato l’udienza generale a Santa Giuliana di Cornillon, vissuta agli inizi del tredicesimo secolo in Belgio. Ricordando questa Santa – ha detto il Papa – “rinnoviamo anche noi la fede nella presenza reale di Cristo nell’Eucaristia”. La sua vita resta un invito a visitare frequentemente il Signore presente nel Tabernacolo. Al termine dell’udienza generale, il Santo Padre ha poi lanciato un appello in favore dei cristiani del Pakistan “spesso vittime di violenze o di discriminazione”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    La difficile situazione dei cristiani in Pakistan e la donna cristiana condannata a morte nel Paese asiatico per blasfemia sono state ricordate stamani dal Papa in questo accorato appello:

    “In modo particolare oggi esprimo la mia vicinanza spirituale alla sig.ra Asia Bibi e ai suoi familiari, mentre chiedo che, al più presto, le sia restituita la piena libertà. Inoltre prego per quanti si trovano in situazioni analoghe, affinché anche la loro dignità umana ed i loro diritti fondamentali siano pienamente rispettati”.

    Prima di questo appello, il Papa si era soffermato su un’altra figura femminile poco nota a cui la Chiesa deve però “grande riconoscenza” non solo per la sua santità di vita, ma anche perché con il suo grande fervore ha contribuito all’istituzione di una delle solennità liturgiche più importanti dell’anno, la festa del Corpus Domini. Si tratta di Santa Giuliana di Cornillon, a cui Benedetto XVI ha dedicato l’odierna catechesi. Santa Giuliana, rimasta orfana a 5 anni, fu affidata alle cure delle monache agostiniane. Acquisì una notevole cultura mostrando una “propensione particolare per la contemplazione”. A sedici anni ebbe una prima visione, che poi si ripeté più volte nelle sue adorazioni eucaristiche:

    La visione presentava la luna nel suo pieno splendore, con una striscia scura che la attraversava diametralmente. Il Signore le fece comprendere il significato di ciò che le era apparso. La luna simboleggiava la vita della Chiesa sulla terra, la linea opaca rappresentava invece l’assenza di una festa liturgica, per l’istituzione della quale era chiesto a Giuliana di adoperarsi in modo efficace: una festa, cioè, nella quale i credenti avrebbero potuto adorare l’Eucaristia per aumentare la fede, avanzare nella pratica delle virtù e riparare le offese al Santissimo Sacramento.

    Santa Giuliana parlò della visione alle autorità ecclesiastiche ma subì “la dura opposizione di alcuni membri del clero”. Dopo iniziali esitazioni, l’allora vescovo di Liegi, mons. Roberto di Thourotte, accolse la proposta di Giuliana e istituì per la prima volta nella propria diocesi una festa in onore del Santissimo Sacramento. Quello che avvenne a Giuliana di Cornillon – ha spiegato il Papa - si ripete frequentemente nella vita dei Santi:

    “Per avere la conferma che un’ispirazione viene da Dio, occorre sempre immergersi nella preghiera, saper attendere con pazienza, cercare l’amicizia e il confronto con altre anime buone, e sottomettere tutto al giudizio dei Pastori della Chiesa”.

    Alla buona causa della Festa del Corpus Domini – ha detto il Santo Padre – fu conquistato anche Papa Urbano IV, che volle istituirla come Solennità. Benedetto XVI ha quindi ricordato le parole, sempre attuali, della Bolla dell’11 agosto 1264:

    “Sebbene l’Eucaristia ogni giorno venga solennemente celebrata, riteniamo giusto che, almeno una volta l’anno, se ne faccia più onorata e solenne memoria. Le altre cose infatti di cui facciamo memoria, noi le afferriamo con lo spirito e con la mente, ma non otteniamo per questo la loro reale presenza. Invece, in questa sacramentale commemorazione del Cristo, anche se sotto altra forma, Gesù Cristo è presente con noi nella propria sostanza. Mentre stava infatti per ascendere al cielo disse: Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”.

    Papa Urbano IV – ha aggiunto Benedetto XVI chiese poi “ad uno dei più grandi teologi della storia, San Tommaso D’Aquino, di comporre i testi dell’ufficio liturgico” della festa del Corpus Domini:

    Essi, ancor oggi in uso nella Chiesa, sono dei capolavori, in cui si fondono teologia e poesia. Sono testi che fanno vibrare le corde del cuore per esprimere lode e gratitudine al Santissimo Sacramento, mentre l’intelligenza, addentrandosi con stupore nel mistero, riconosce nell’Eucaristia la presenza viva e vera di Gesù, del suo Sacrificio di amore che ci riconcilia con il Padre, e ci dona la salvezza”.

    La festa del Corpus Domini ha conosciuto uno "sviluppo meraviglioso" ed è ancora "molto sentita dal popolo cristiano":

    Vorrei affermare con gioia che oggi nella Chiesa c’è una primavera eucaristica: quante persone sostano silenziose dinanzi al Tabernacolo, per intrattenersi in colloquio d’amore con Gesù! È consolante sapere che non pochi gruppi di giovani hanno riscoperto la bellezza di pregare in adorazione davanti al Santissimo Sacramento. Penso, ad esempio, alla nostra adorazione eucaristica in Hyde Park, a Londra. Prego perché questa primavera eucaristica si diffonda sempre più in tutte le parrocchie, in particolare in Belgio, la patria di santa Giuliana”.

    L’adorazione del Santissimo Sacramento – ha affermato il Papa – porta consolazione e gioia: “Il Signore ci attira verso di sé, dentro il suo mistero, per trasformarci come trasforma il pane e il vino”:

    Cari amici, la fedeltà all’incontro con il Cristo Eucaristico nella Santa Messa domenicale è essenziale per il cammino di fede, ma cerchiamo anche di andare frequentemente a visitare il Signore presente nel Tabernacolo! Guardando in adorazione l’Ostia consacrata, noi incontriamo il dono dell’amore di Dio, incontriamo la Passione e la Croce di Gesù, come pure la sua Risurrezione”.

    Salutando i fedeli della Basilicata convenuti in Piazza San Pietro per il 30.mo anniversario del terremoto che colpì la loro regione, il Papa ha poi ricordato l’opera della Chiesa che ha saputo offrire, “oltre al soccorso materiale, la luce della speranza nel Cristo Risorto” in quel momento “di sconforto e di buio”. Al termine dell'udienza generale, il Pontefice ha infine benedetto la nuova regia mobile del Centro Televisivo Vaticano (Ctv) per riprese televisive in alta definizione, presentata ieri in conferenza stampa. Ad accogliere il Santo Padre, tra gli altri, mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Benedetto XVI ha espresso l'auspicio che questo nuovo mezzo possa dare un importante contributo per la diffusione del Vangelo.

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    Il cardinale Tauran traccia il bilancio dopo l'incontro in Iran: libertà di professare pubblicamente la propria religione

    ◊   La Santa Sede e l’Iran condividono il medesimo punto di vista sul ruolo pubblico e sociale della religione. E’ quanto è emerso dal settimo Colloquio bilaterale organizzato dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e dal Centro per il Dialogo interreligioso dell’Organizzazione per la cultura e le relazioni islamiche di Teheran. L’incontro – svoltosi la scorsa settimana e intitolato “Religione e società oggi: prosepettive cristiane e musulmane” – ha visto il cardinale Jean Louis Tauran, presidente del dicastero pontificio, guidare la delegazione vaticana a Teheran. Al suo rientro, la collega della redazione francese della nostra emittente, Helene Destombes, lo ha intervistato per tracciare un bilancio della missione:

    R. – Deux choses m’ont frappé: d’abord, l’extrême gentillesse et courtoisie, mais …
    Due cose mi hanno colpito: prima di tutto, l’estrema gentilezza e cortesia, che sono nella tradizione del popolo iraniano, e l’aspetto concreto. Sappiamo che il Papa ha proposto la creazione di una commissione bilaterale. Io mi sono recato a Qom, dove la nostra delegazione ha avuto contatti con diverse università: gli atenei desiderano una collaborazione accademica con scambi di professori e con il desiderio, al contempo, di approfondire la collaborazione e di renderla anche più concreta. Questa è in realtà la nota caratterizzante questa visita.

    D. – Lei ha parlato della creazione di una Commissione bilaterale per trattare le questioni di interesse comune, tra cui quella che riguarda lo statuto giuridico della Chiesa cattolica in Iran. E’ stato affrontato questo punto specifico?

    R. – Non, parce-que ça – je dirais – c’est une chose de la Seconde Section, ...
    No, perché questo è di competenza della Seconda Sessione, quella per le Relazioni con gli Stati. Io non tratto queste cose, la persona competente in materia è mons. Mamberti. Ma la volta precedente, nove anni fa, quando ero in Segreteria di Stato, avevamo già trattato questo problema.

    D. – Quali sono stati i temi affrontati nel corso della visita?

    R. – La liberté de religion: nous avons évidemment exprimé notre position …
    La libertà di religione, intanto, e noi abbiamo chiaramente espresso la nostra posizione. E’ necessario passare dalla libertà di culto alla libertà di religione, cioè alla possibilità riconosciuta ai credenti delle diverse religioni di partecipare al dialogo pubblico. Poi abbiamo parlato anche del dialogo interreligioso, che deve proseguire e un po’ della situazione internazionale.

    D. – Qual è stata l’accoglienza riservata dal presidente iraniano alla Lettera inviatagli da Benedetto XVI?

    R. – Il a été d’une grande courtoisie et il m’a dit qu’il ferait examiner avec la plus …
    E’ stato molto cortese e mi ha detto che avrebbe fatto esaminare con la maggiore benevolenza possibile le domande del Papa, quelle riguardanti appunto la costituzione di una Commissione bilaterale per risolvere i problemi comuni che causano difficoltà alla vita quotidiana della nostra comunità. E questa comunità cattolica, io l’ho incontrata: è una gran bella comunità di stranieri – molti africani, in particolare – senza dimenticare la comunità locale dai diversi riti, l'armeno, il siro-cattolico... E’ una bella comunità con belle famiglie e una volta c’erano anche le scuole che sfortunatamente sono state confiscate. Certo, è una piccolissima minoranza ma che, come non mi stanco di ripetere, una minoranza che conta.

    D. – Nel corso del Sinodo per il Medio Oriente, si sono potute ascoltare testimonianze che raccontano delle difficoltà che i cristiani incontrano in Iran. Lei ha percepito queste difficoltà?

    R. – Il y a des difficultés, mais je pense que c’est mieux de résoudre ces …
    Ci sono difficoltà, ma io penso che sia meglio risolvere questi problemi nella discrezione piuttosto che sulla pubblica piazza. Le soluzioni sono nell’amicizia, e se anche a volte capita l’incomprensione non bisogna mai fermarsi: bisogna sempre continuare. Io ho insistito molto su questo terrorismo "colorato" di religione: ovviamente, non si può dire che questi atti avvengano “in nome della religione”, perché nessuna religione e nessun capo religioso può giustificare simili azioni, e su questo tutti sono d’accordo. Ho ripetutamente citato una frase dal messaggio dei Padri Sinodali al popolo di Dio, alla fine dell'ultimo Sinodo: “Il ricorso alla religione deve condurre ogni uomo a riconoscere il volto di Dio nell’altro ed a trattarlo secondo i suoi comandamenti, e cioè secondo la bontà di Dio, la sua giustizia, la sua misericordia ed il suo amore per noi”. Credo che in questo risiedano la soluzione e la chiave di tutto. (gf)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Libertà per Asia Bibi: all'udienza generale l'appello del Papa per i cristiani e per tutte le vittime di violenze o discriminazioni in Pakistan.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, l'economia: l'Ecofin cerca una strategia comune per salvare l'euro.

    In cultura, un articolo di Maria Antonietta Crippa dal titolo "Intersezione di pietra nel cuore del senza-tempo": nella Sagrada Familia di Gaudi una festa di fede e di liturgia.

    De Gaulle europeista suo malgrado: Angelo Paoluzi illustra luci e ombre di un uomo di Stato.

    Un articolo di Gaetano Vallini dal titolo "Tormenti creativi di un giovane rocker": i tre anni che portarono Bruce Springsteen all'album "Darkness on the Edge of Town".

    Dalla distruzione dei tabù all'odio di sé": Francesco M. Petrone sulle ambigue liberazioni del progresso secondo Theodor Adorno.

    Se un prete biblista parla in sinagoga: Cristiana Dobner su Michel Rémaud, premiato a Parigi dall'Amitié Judéo-Chrétienne.

    Nell'informazione religiosa, la nomina dell'arcivescovo di New York, Timothy Michael Dolan, a presidente dell'episcopato degli Stati Uniti.

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    Oggi in Primo Piano



    I vescovi di Haiti: tutti si mobilitino contro il colera. Il Paese verso le elezioni in un clima di gravi difficoltà

    ◊   “Mobilitiamoci, uniamo i nostri sforzi per frenare la rapida diffusione del colera: autorità alla guida del Paese, medici, operatori sanitari, società civile, giornalisti, educatori, capi religiosi: diffondiamo messaggi, attraverso le radio, le televisioni, per favorire la prevenzione, in particolare per le zone più a rischio, nei campi dei terremotati e nelle bidonville”. Lo chiedono i vescovi di Haiti, in un appello diffuso in queste ore - ripreso dall'agenzia Misna - all’indomani di una riunione della Conferenza episcopale. Intanto, l’epidemia di colera, che ha già causato oltre mille morti e 17 mila ricoveri, sta preoccupando anche la comunità internazionale per le ricadute sociali e politiche che potrebbe avere sul Paese caraibico. La situazione, già grave per il terremoto del gennaio scorso, sta anche creando forti tensioni nella popolazione ed è a ridosso delle elezioni presidenziali e legislative, in programma il 28 novembre prossimo. Sulla possibilità di andare a breve alle urne in questo difficile scenario, Giancarlo La Vella ha intervistato Marco Bello, giornalista rientrato da qualche mese da Haiti:

    R. - Tecnicamente - e forse anche politicamente - non ci sarebbero le condizioni per fare le elezioni. Il problema è anche che la gente è stanca di come il governo sta gestendo la ricostruzione e, quindi, è necessario un cambiamento. La situazione è molto difficile: sono stati registrati quattro milioni di elettori ma, di fatto, non sia sa ancora chi abbia la carta elettorale.

    D. – Quindi, una stabilità istituzionale potrebbe invece favorire una pur lenta ricostruzione e un’uscita da questa epidemia di colera che sta devastando la popolazione…

    R. – Sicuramente, la gente vorrebbe un cambiamento e, probabilmente, una stabilità istituzionale. Questo governo, di fatto, ha escluso completamente la società civile nel processo di analisi dei bisogni e nel processo di ricostruzione, facendo gestire tutto a livello internazionale. Di fatto, poi, la gestione avviene in modo caotico, perché interviene come vuole e questo governo non è in grado di fissare dei paletti su come le ong internazionali o le Nazioni Unite possano intervenire. Questo vuol dire che, a 10 mesi dal sisma, praticamente nessuno è riuscito a rientrare a casa propria e la gente si trova ancora nelle tendopoli o, addirittura, in ripari di fortuna. E’ chiaro che il colera si innesta in questo processo come fenomeno che poteva anche essere arginato.

    D. - In particolare, di chi sono le responsabilità delle inefficienze in questa doppia emergenza haitiana, terremoto più colera?

    R. – In primo luogo, sono del governo che non è riuscito a sollecitare e a mobilitare la società civile, la società haitiana. In secondo luogo, sono della comunità internazionale che non è stata coordinata. Un cambiamento al governo - fare un governo di unione nazionale - e iniziare a coinvolgere anche gli altri strati della società haitiana e, magari, mettere qualche paletto, potrebbe forse aiutare pian piano a venir fuori dal caos, perché, comunque, in questo momento c’è un caos totale. (bf)

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    in Piazza San Pietro i delegati Caritas-Migrantes per donare al Papa la raccolta di dieci anni di dossier sull'immigrazione italiana

    ◊   Una folta delegazione di Caritas italiana-Migrantes ha partecipato questa mattina all’udienza generale di Benedetto XVI in Piazza San Pietro e, al termine, ha salutato e consegnato al Papa una raccolta di dossier statistici sull’immigrazione. In particolare - in occasione della 20.ma edizione del dossier - al Pontefice sono stati donati i volumi pubblicati dai due organismi tra il 2000 e il 2010, periodo in cui la presenza degli immigrati regolari è arrivata a sfiorare in Italia i 5 milioni di persone. Fabio Colagrande ne ha parlato con mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes:

    R. - Abbiamo consegnato i dossier di questi anni di lavoro di ricerca, attraverso una delegazione di 50 persone, di ricercatori che da anni cercano di fare verità attorno ai dati delle migrazioni, in modo tale che il lavoro culturale, il lavoro sociale e il lavoro politico partano realmente dalla situazione dell’immigrazione italiana e non creino pregiudiziali, non partano da visioni ideologiche, ma da una situazione di fatto di questo settore. E’ stato un momento importante, che dice anche come la Chiesa sia vicina a questo lavoro di ricerca e di verità.

    D. - Come Fondazione della Chiesa italiana, nel vostro lavoro vi sentite sostenuti anche dal Magistero di Benedetto XVI?

    R. - Certamente. Le pagine bellissime della Caritas in veritate ci dicono come il Papa stia leggendo in maniera molto intelligente anche il fenomeno dell’immigrazione e come inviti a coniugare, in maniera stretta, verità e carità per riuscire a fare del fenomeno dell’immigrazione un nuovo “segno dei tempi” su cui costruire una città nuova. Questa volontà c’è anche nella Giornata delle Migrazioni, che si terrà a gennaio e avrà come tema la famiglia umana.

    D. - Qual è il bilancio di questi 20 anni di lavoro della redazione del “Dossier statistico Immigrazione Caritas Migrantes”?

    R. - Il bilancio è positivo perché ha visto crescere giovani ricercatori. E’ un incontro di ricerca fra ricercatori italiani e stranieri. Ha visto la presentazione, in migliaia di scuole, del fenomeno dell’immigrazione e ha visto crescere maggiormente anche la tematica della regionalizzazione dell’emigrazione. Ecco, questi sono tutti temi importanti che riguardano il nostro lavoro, un lavoro anche sociale ed ecclesiale.

    D. - Nell’opinione pubblica italiana resta però sempre la diffidenza verso il migrante…

    R. - Sì, il tema dell’immigrazione è un tema di conflittualità e, al tempo stesso, occorre creare una cultura che sappia leggere in maniera corretta anche questa nuova civiltà che sta nascendo dall’incontro con persone di 198 nazionalità diverse su un territorio che ieri vedeva semplicemente persone che erano nate, cresciute e vissute in una stessa cultura, in una stessa città. (vv)

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    Il Convegno del Fai sull'agricoltura italiana: va rivalutata e sollevata dalla crisi che sta attraversando

    ◊   Come rilanciare l’agricoltura in Italia? Su questo obiettivo si terrà domani a Bologna il Convegno nazionale del Fondo Ambiente Italiano (Fai). Verranno evidenziate cause e dati sensibili riguardo la crisi del settore primario in Italia, che attualmente vive la peggior crisi dal Dopoguerra, con un’incidenza sul Pil sceso dal 2,5% del 2000 all’1,6% del 2009. Giovanni Crocè ne ha parlato con Giulia Maria Crespi, presidente onorario del Fai:

    Il Convegno del Fai: “S.O.S. Agricoltura, Paesaggio, Ambiente: destino comune” avrà l’intento di indicare una volta di più lo stato delle cose alle forze politiche nazionali e regionali e ai giovani, avvalendosi della partecipazione di esponenti del mondo politico, accademico e giornalistico. Le cause di questo momento nero per l’agricoltura in Italia sono dovute a fattori come l’eccessivo sfruttamento del terreno tramite monocoltura, che non rispetta la biodiversità, proprio come evidenziato dal Papa all’Angelus di domenica scorsa. Benedetto XVI ha criticato l’eccessiva volontà da parte dei Paesi più ricchi di “rincorrere alleanze vantaggiose che tuttavia possono risultare gravose per altri Stati più poveri, prosciugando le risorse naturali della Terra”. Da queste considerazioni parte la presidente onoraria del Fai, Giulia Maria Crespi, che ricorda alcune delle pecche più evidenti della gestione agricola in Italia:

    “Noi vogliamo mettere in rilievo l’importanza dell’agricoltura, che in questo momento non è presa in considerazione: deve esserci un rinnovamento dell’agricoltura a livello economico globale. L’agricoltura ha perso di importanza e va rivalutata non in senso nostalgico, ma come risorsa indispensabile per il futuro. Promuovere la biodiversità è proprio uno dei compiti principali di un’agricoltura sana che adopera pochi veleni e poche sostanze inquinanti. “Agricoltura” vuol dire anche diminuire il dissesto idrogeologico, che in questo momento sta flagellando il nostro Paese”.

    Ma come si potrebbe sfruttare il settore primario, permettendo anche al settore turistico di trarne ampi benefici nel medio periodo? Ascoltiamo ancora Giulia Maria Crespi.

    “Attraverso circuiti, attraverso il nostro meraviglioso cibo italiano, attraverso la visione per il turista di agrumeti, di vigneti, di campi di grano, che attirino il visitatore”.(ap)

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    Evangelizzazione e solidarietà, due "mani unite" per l'impegno missionario in Africa delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù

    ◊   L’impegno di evangelizzazione e di promozione umana della Chiesa si esprime in una vasta rete di azioni educative, pastorali e missionarie. Attività che, soprattutto in Africa, accompagnano percorsi di vita segnati anche da malattia e povertà. E’ quanto sottolinea suor Mariangela Piazza, superiora del Distretto Africa delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù, che ricorda, al microfono di padre Richard Mjigwa, la sua lunga esperienza missionaria in diversi Paesi del continente, tra cui la Repubblica Centrafricana:

    R. – Noi sentiamo che abbiamo una forza che ci sostiene e che ci aiuta a continuare la nostra missione. In tutti questi anni, abbiamo passato anche tante vicende dolorose, nove rivolte armate, ma c’è sempre il desiderio di ritornare perché l’Africa è la nostra casa, è la nostra terra. La gente africana è entrata nella nostra vita. Io sono in Africa da quasi 40 anni e mi sembra di ringiovanire, anche se gli acciacchi della vecchiaia cominciano a farsi sentire. Voglio ringraziare quanti ci hanno aiutato, in particolare, per la costruzione della casa dei laici a Bangui, nella Repubblica Centrafricana. Anche molti giovani italiani chiedevano di venire a darci una mano per fare un’esperienza accanto a noi e quest'opera ci offre anche un prezioso aiuto nell’educazione dei bambini, nell’accoglienza e nelle cure che richiedono ogni giorno.

    D. – Cosa volete dire a quanti sostengono la vostra missione?

    R. – Altri aiuti verranno e siamo contenti di poter dire un grazie sentito da parte anche delle altre sorelle che operano nell’Africa centrale e negli altri Paesi africani. Tutte, in questi giorni, stanno pregando per quelli che ci stanno aiutando, in una comunione di intenti, perché noi siamo la mano che dà, ma c’è una mano che mette nella nostra mano quello che noi diamo. Quindi, noi siamo là per dare e se voi non mettete nella nostra mano, purtroppo possiamo dare poco. Insieme, invece, siamo le due mani che costruiscono un mondo migliore. Vi assicuro che quel poco che facciamo, lo facciamo con grande amore e con questo vi dico un grande “grazie”! (bf)

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    Attesa mondiale per "Harry Potter e i doni della morte", film orrorifico e pessimista

    ◊   Esce venerdì prossimo, in Italia e nel mondo, l’attesa prima parte del settimo e ultimo capitolo della saga di Harry Potter e le sue magie: “Harry Potter e i doni della morte” è un film cupo, buio, nel quale i tre giovani protagonisti si trovano soli e impauriti ad affrontare nemici, inganni e pericoli d’ogni sorta. Il servizio di Luca Pellegrini:

    “Che c’è che non va?
    Che non va? Non c’è niente che non va. Non secondo te, comunque.
    Senti, se hai qualcosa da dire non essere timido. Sputa fuori.
    D’accordo, sputerò fuori, ma non aspettarti la mia gratitudine solo perché ora c’è un’altra dannata cosa da trovare!
    Credevo sapessi a cosa andavi incontro...
    Sì, lo credevo anch'io”.

    Loro credevano: Harry, Hermione e Ron. Credevano che la battaglia contro il nemico malefico, il signore della morte, Lord Voldemort, non li obbligasse a dover percorrere strade così impervie, insicure, infide. L'ultimo capitolo cinematografico della saga magica - che tanto successo e tanti incassi ha prodotto nel mondo del cinema, della letteratura e dell'intrattenimento - suddiviso in due parti, per eccesso di materiali e di fantasia (la prossima in uscita a luglio), è attraversato da venature di un profondissimo pessimismo, da un fitto buio dell'umore. Non ci sono giochi, non c'è cameratismo, non gioioso stupore. Anche la magia non assicura più la vittoria e la protezione, nulla può contro la cattiveria, il tradimento, l'odio, il desiderio di distruzione dell'avversario e di ciò che rappresenta. Sembra sia necessario il recupero di sentimenti e virtù più in sintonia col cuore umano, sia necessario riporre fiducia più in se stessi e nelle proprie qualità, piuttosto che nella sola efficacia di una bacchetta magica o misteriose pozioni. Questa volta il percorso dei tre eroi, cresciuti e perturbati, è frastagliato, disseminato di pericoli. Per questo non solo devono fronteggiare gli avversari, in scene che distillano paure e inquietudini poco consone al pubblico infantile, ma anche devono combattere in se stessi le tentazioni, le divisioni, le insicurezze. Sì, litigano e si dividono, i tre maghetti, e non sanno più dove andare e a chi chiedere aiuto. Sono in continua fuga, soli, abbandonati, inseguiti.

    Questo senso di isolamento, di frustrazione, di perduta meta, è insieme il pregio drammatico e il difetto cinematografico del film, che non riesce a trovare un costante equilibrio nella sceneggiatura e nella regia di David Yates: il pellegrinaggio alla scoperta degli strumenti con i quali distruggere il perfido nemico - e si scoprirà che sono addirittura i cosiddetti "doni della morte" - è un percorso non sempre vivace, stringato, avvincente, drammaticamente persuasivo. Molti dei personaggi che hanno illuminato le precedenti puntate grazie all'interpretazione di splendidi attori anglosassoni, ora sono confinati a poche battute, fugaci apparizioni. Mentre tensioni, inaspettati misteri e magie, sono diluiti come se tutti gli elementi della Rowling, che in un libro trovano misura e compendio, dovessero per forza entrare sul set, appesantendo però il risultato. Capitolo preparatorio, si dirà, verso lo scontro finale e verso l'ultimo film dedicato a Potter, col ripianto annunciato dei fan e degli studios, già a caccia di nuove, magiche avventure, che sarà, comunque, difficile eguagliare.

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    Chiesa e Società



    Pakistan: grande campagna di preghiera in tutte le chiese del Paese per Asia Bibi

    ◊   Mons Andrew Francis, vescovo di Multan, in Punjab, ha annunciato all'agenzia Fides “una grande campagna di preghiera, che si tiene in tutte le chiese per la vita di Asia Bibi. I fedeli - ha detto - si riuniscono in Adorazione davanti al Santissimo Sacramento e pregare per la sua liberazione, affidando al Signore le sue sofferenze. Il caso di Asia Bibi è molto triste. Siamo davvero indignati e sconcertati per l’abuso continuo di questa legge sulla blasfemia. Asia - sottolinea il presule - è madre di 4 bambini, uno dei quali è un disabile. E’una grande e ingiusta sofferenza inflitta a questa famiglia”. Mons Francis ricorda di aver tradotto in urdu il documento “Dominus Iesus”, e di averlo distribuito a molti musulmani: “In quel testo, dell’allora cardinale Ratzinger, si ribadisce l’importanza della libertà di coscienza e di fede, che continuiamo a promuovere con convinzione nella società pakistana". In un’intervista alla Fides, Nasir Saeed, cristiano pakistano, coordinatore di un Centro che fornisce assistenza legale gratuita e supporto concreto ai cristiani perseguitati in Pakistan, afferma che “discriminazioni e persecuzioni sui cristiani aumentano. E’ tempo - afferma Saeed - che il governo prenda in seria considerazione la questione del rispetto dei diritti umani. Onu e Unione Europea facciano pressioni”. Il Centro ha la sede centrale a Londra e una sede operativa in Pakistan, dove agiscono numerosi avvocati che difendono i cristiani accusati di blasfemia o bisognosi di assistenza legale. Inoltre, in due giorni oltre 1300 persone hanno aderito alla campagna dell'agenzia AsiaNews per salvare la vita alla donna pakistana. Centinaia i messaggi provenienti da Spagna e America Latina, ma anche da Vietnam, Cina e Malaysia. (R.P.)

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    Non si placa la violenza anticristiana in Iraq. Mons. Casmoussa: indaghi l'Onu

    ◊   Cristiani senza pace in Iraq. Dopo l’attentato alla chiesa di Baghdad costato la vita di 55 persone, e la dichiarazione di Al Qaeda secondo cui i cristiani sono “obiettivi legittimi”, lo scorso 15 novembre, a Mossul, altri due uomini sono stati uccisi nelle loro case. Secondo le dichiarazioni della polizia, alcuni sconosciuti hanno fatto irruzione nelle abitazioni e li hanno freddati con armi automatiche prima di fuggire. Le vittime si chiamavano Nabil Ghanem e Nashwan Khoder, entrambi 36 anni. Il primo, siro-cattolico, era dipendente delle unità provinciali delle organizzazioni di lotta contro la corruzione, il secondo, un falegname d’origine armena. Mons. Basile George Casmoussa, arcivescovo siro-cattolico di Mossul, ha detto ad AsiaNews che questi ultimi attacchi sembrano essere indice di un cambiamento di strategia nella persecuzione dei cristiani: “La novità è che i terroristi ora attaccano direttamente nelle case”. Secondo il presule, molte famiglie cristiane “lasciano o vorrebbero lasciare le grandi città, Baghdad e Mossul in particolare. Il primo passo è stato quello di lasciare le loro case. Ma alcuni di loro cercheranno di andare all’estero”. Mons. Casmoussa ha quindi chiesto alle Nazioni Unite “di discutere seriamente il problema dei cristiani iracheni. Di mandare una vera commissione d’inchiesta. Di fare pressioni sul governo iracheno, affinché garantisca un’attenzione e una sicurezza più alte alle chiese e ai villaggi cristiani. E di perseguire gli omicidi, fino in fondo”. (M.G.)

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    Afghanistan. Un cristiano in tribunale per la sua fede: il processo il 21 novembre

    ◊   Un cittadino afghano, che è in prigione sin dal maggio scorso per la sua fede, sarà giudicato domenica prossima, ma non potrà godere dell’assistenza legale. Fonti locali dicono che non si conosce nemmeno quale sia l’accusa per cui si troverà di fronte al giudice. Le autorità hanno arrestato Said Musa, un uomo di 45 anni, il 31 maggio scorso, qualche giorno dopo che televisione locale “Noorin” aveva trasmesso immagini di cristiani in preghiera dopo essere stati battezzati. In quel periodo - riferisce l'agenzia AsiaNews - ci sono stati altri arresti di cristiani, in quella che le fonti locali descrivono come una caccia all’uomo che ha fatto seguito alla trasmissione televisiva. Ma Said Musa sembra l’unico cristiano che si trovi a fronteggiare un processo. Passare dall’islam a un’altra religione è un delitto passibile di pena capitale secondo la legge islamica ancora in vigore in Afghanistan, nonostante che nel 2001 la guida del Paese sia stata tolta ai fondamentalisti talebani. In giugno le autorità obbligarono Musa ad abiurare pubblicamente la sua fede cristiana in televisione, ma hanno continuato a tenerlo in prigione, senza rivelare quali accuse ci fossero contro di lui. Fonti locali affermano che durante la detenzione Musa ha detto apertamente di essere un seguace di Gesù. Il mese scorso Musa è riuscito a far giungere una sua lettera indirizzata alle Chiese in tutto il mondo, al presidente Barack Obama e ai capi delle forze Nato in Afghanistan. Nel messaggio diceva di essere stato “maltrattato fisicamente e verbalmente” dagli agenti e dagli altri detenuti nella prigione di Ouliat. Inoltre parlava della mancanza di giustizia nei suoi confronti, e di come i suoi accusatori oltre a inviare al giudice un rapporto falso su di lui, avevano cercato di estorcergli del denaro. I cristiani locali, e gli osservatori dei diritti umani e religiosi temono che Musa possa essere utilizzato come un esempio: dimostrare che non sono gli accordi internazionali in vigore in Afghanistan, ma la Sha’ria. (R.P.)

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    Egitto: il vescovo di Luxor denuncia tentativi di convertire con la forza all'islam ragazze cristiane

    ◊   “Si è trattato di un episodio tra due giovani che viene enfatizzato per mettere in cattiva luce i cristiani” dice all'agenzia Fides mons. Joannes Zakaria, vescovo dei Copti cattolici di Luxor, nella cui diocesi rientra il villaggio di al-Nawahid in Qena, nella provincia di Qena, nell'Egitto meridionale, dove estremisti musulmani hanno bruciato case e attività commerciali di cristiani copti dopo che si erano diffuse voci di un flirt tra un cristiano e una ragazza musulmana. “Per fortuna, in questo caso, la polizia è intervenuta con rapidità ed ha imposto subito il coprifuoco, impedendo che gli incidenti provocassero danni più gravi” dice mons. Zakaria. “Una vicenda tra ragazzi che è stata trasformata in un pretesto per colpire i cristiani. Abbiamo motivo di credere invece che vi sia un disegno per convertire a forza i cristiani, specialmente le ragazze, che sono le più deboli” continua Mons. Zakaria. “Siamo a conoscenza di diversi episodi di ragazzi musulmani che adocchiano ragazze cristiane e cercano di rapirle per convertirle a forza all’islam” dice il Vescovo di Luxor. “Episodi simili si sono verificati da Alessandria fino ad Assuan”. “Come cristiani d’Egitto ci sentiamo molto vicini ai nostri fratelli di fede perseguitati in Iraq. Domenica 14 novembre, ho celebrato qui a Luxor una Messa di suffragio per le persone morte il 31 ottobre nell’assalto alla chiesa siro-cattolica di Nostra Signora della Salvezza di Baghdad, alla quale hanno partecipato numerosi fedeli” dice Mons. Zakaria. “È la nostra croce che portiamo con serenità, pur nel dolore del nostro cuore, perché ci permette di condividere le sofferenze di Cristo Redentore” conclude il Vescovo di Luxor. (R.P.)

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    Arabia Saudita. Appello del gran mufti per l'Hajj: “Rifiutare violenza e terrorismo”

    ◊   “Una delle caratteristiche più importanti dell'islam è la moderazione, tanto nella pratica della religione quanto nel comportamento dei suoi fedeli; altro aspetto essenziale è l'esistenza di un equilibrio fra le domande dell'anima, il corpo e la mente”. Suona come un monito il sermone pronunciato lunedì dal gran mufti dell'Arabia Saudita, nella moschea di Namira, ai piedi del monte Arafat, davanti ad almeno due milioni di pellegrini assiepati dentro e soprattutto fuori l’edificio di culto, situato a circa venti chilometri a sud-est di La Mecca. L’autorità religiosa ha poi chiesto espressamente di rifiutare la violenza e il terrorismo in tutte le loro forme; “chiunque compia tali azioni sta infatti tradendo i principi dell'islam, una religione che vuole e chiede la pace”. Si è trattato di un richiamo alla moderazione religiosa destinato soprattutto a coloro che, nascondendosi dietro alla bandiera dell'islam, usano metodi violenti per difendere la loro fede. La marea umana si estendeva fino al monte Arafat, il luogo dove il profeta Maometto fece il suo ultimo discorso e dove il fedele musulmano, nel secondo giorno dell'Hajj, si raccoglie in preghiera e presenta le sue lodi e il suo pentimento a Dio, rimanendo lì fino al tramonto, vestito del solo ihram (un abito composto da due pezzi di stoffa bianca senza cuciture). Il gran mufti saudita — riferisce l'agenzia Efe ripresa dall’Osservatore Romano — ha quindi chiesto ai musulmani di unirsi per lottare contro l'apostasia e contro quelli che vogliono il male del popolo islamico, “specialmente in Iraq, in Sudan e in Afghanistan”. L'appello è in linea con i continui richiami fatti negli ultimi anni dalla massima autorità religiosa del regno e caratterizzati da dure critiche nei confronti dei gruppi radicali islamici e delle azioni terroristiche suicide: chi lavora per diffondere il caos e l'anarchia nel mondo, chi predica la violenza e porta sulla cattiva strada i giovani, agisce contro gli insegnamenti dell'islam. Nel suo sermone, Sheikh Abdul Aziz ha denunciato inoltre la discriminazione tra gli esseri umani, così come quella esistente “tra le popolazioni del Terzo mondo da una parte e dei Paesi più sviluppati dall'altra”. E rivolgendosi direttamente ai fedeli musulmani, ha chiesto di sostenersi reciprocamente in un momento storico dove le sfide concrete si chiamano anche disoccupazione e innalzamento dei prezzi. Ieri i pellegrini si sono riuniti tra Mina e Muzdalifa per il rito del lancio di sette pietre contro tre colonne che simbolizzano le tentazioni di Satana. Si sono portati poi a La Mecca dove gireranno sette volte attorno alla Kaaba. Quindi si taglieranno i capelli prima di immolare a Dio un agnello, dando inizio alla “festa del sacrificio” che segna la fine dei principali riti dell'Hajj. (M.G.)

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    I cristiani invitano a pregare il 5 dicembre per il referendum in Sudan

    ◊   Per il pastore Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese (Coe), e il pastore Geoff Tunnicliffe, direttore e segretario generale dell’Alleanza evangelica mondiale (Aem), i responsabili religiosi e politici d’Africa e del mondo intero dovranno vegliare perché il referendum del 9 gennaio del prossimo anno in Sudan si svolga nella trasparenza e perché tutte le parti si conformino ai risultati. I sudanesi dovranno decidere se il Sud-Sudan dovrà rendersi indipendente o meno, secondo quanto stabilito nell’Accordo globale di pace di Naivasha firmato il 9 gennaio 2005 tra il governo centrale di Khartoum e l’Armata/Movimento popolare di liberazione del Sudan che ha posto fine agli oltre venti anni di guerra civile tra il nord e il sud del Paese. Il pastore Tunnicliffe, riferisce il sito www.oikoumene.org, ha annunciato che l’Aem chiederà per il 5 dicembre una giornata di preghiera per il Sudan e il pastore Tveit ha raccomandato alle Chiese del Coe di aderire all’iniziativa. “Il popolo del Sudan ha sofferto molto e deve avere il diritto di determinare, attraverso mezzi democratici, il proprio destino” ha dichiarato il segretario generale del Coe che ha esortato inoltre a non considerare il referendum come un punto di tensione fra cristianesimo e islam. E sostegno incondizionato al referendum ha offerto il segretario generale dell’Aem, che insieme al pastore Tveit ha fatto appello alle Chiese e ai leader musulmani perché il voto sia regolare. Il Consiglio delle Chiese del Sudan ha chiesto all’Aem di nominare osservatori perché vigilino sulla convocazione alle urne, mentre il pastore Samuel Kobia, già segretario generale del Coe, è stato designato come inviato speciale ecumenico per il Sudan. Il pastore Kobia è attualmente impegnato con le Chiese sudanesi, il governo locale, i responsabili musulmani e cristiani, l’Unione Africana e gli esponenti dell’Autorità intergovernativa per lo sviluppo perché le operazioni referendarie si svolgano correttamente nella data prevista. (T.C.)

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    Mons. Dolan eletto nuovo presidente della Conferenza episcopale Usa

    ◊   L'arcivescovo di New York, mons. Timothy M. Dolan, è stato eletto ieri nuovo presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti. Lo hanno eletto i vescovi americani riuniti a Baltimora, in Maryland, per la loro conferenza annuale. Alla terza votazione, Dolan ha ricevuto 128 consensi, il 53% dei voti, contro i 111 ricevuti da mons. Gerald Kicanas, vescovo di Tucson. Vicepresidente è stato eletto mons. Joseph Kurtz, vescovo di Louisville. L'arcivescovo Dolan prende il posto del cardinale di Chicago Francis Eugene George, il cui mandato triennale è scaduto. Tra i numerosi temi che i presuli statunitensi stanno dibattendo a Baltimora: l’accordo congiunto tra la Conferenza episcopale e quattro Chiese della Riforma sul riconoscimento reciproco del Battesimo e la richiesta ai vescovi del Comitato Pro-Life di iniziare a redigere una breve dichiarazione normativa contro il suicidio medicalmente assistito. In un altro momento dei lavori, i vescovi accoglieranno il nuovo presidente dell’Università Cattolica dell’America, prof. John H. Garvey, in quella che sarà la sua presentazione ufficiale davanti al collegio episcopale. Altre relazioni si soffermeranno sulla risposta ecclesiale al terremoto in Haiti e sul rinnovamento della campagna cattolica per lo Sviluppo Umano. Non mancheranno comunicazioni riguardanti l’attività del Comitato ad hoc per la difesa del matrimonio, l’aggiornamento sulla preparazione della Gmg di Madrid 2011, le necessità dell’Ordinariato Militare, l’integrazione dei nuovi media nelle strutture diocesane di comunicazione. (M.G.)

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    Bolivia. "La fede al servizio del bene comune": così i vescovi al termine della loro Assemblea

    ◊   Al termine, ieri, della loro 90.ma Assemblea plenaria i vescovi della Bolivia, in una dichiarazione, informano i fedeli di aver riflettuto a lungo – nel corso di tre giorni di lavori - sulla realtà del Paese così come sulla Missione permanente, sulla pastorale delle vocazioni e sull’Esortazione post-sinodale Verbum Domini. In particolare i presuli rilevano la grande importanza di rapportare la Missione permanente con l’ascolto dello Spirito Santo, poiché “essere chiesa-comunione” significa “essere capaci di vivere con intensità ed entusiasmo l’incontro personale con Cristo, che fa di ogni credente un suo discepolo missionario”. “Ciò comporta, aggiungono, essere chiamati a pensare, amare e vivere come Gesù”. Secondo i presuli è proprio l’unione con Gesù Cristo che consente alla Chiesa di “non rimanere rinchiusa nei templi”; anzi, la Chiesa è chiamata a “servire il bene comune della società nel suo insieme”. Per la Chiesa, osservano i vescovi boliviani, “il bene sociale” è centrale così come il suo diritto e dovere di “criticare le strutture che la circondano, non per arrivare allo scontro bensì per proclamare il sacro valore della vita e della dignità della persona umana”. Citando il compendio della Dottrina sociale della Chiesa i presuli ricordano dunque che la Chiesa non è indifferente alle cose dell’uomo e della società e ciò, precisano testualmente, “non significa che la Chiesa sia alla ricerca d’interessi ideologici o pragmatici”. La Chiesa, assicurano, è chiamata a “illuminare le realtà politiche, economiche e sociali con i criteri del Vangelo e della Tradizione”. In questo contesto il documento episcopale esprime, ancora una volta forti preoccupazioni per fenomeni come la povertà estrema, il narcotraffico, il carovita, la democrazia troppo formale e poco partecipativa e il deterioramento dell’ambiente. I vescovi della Bolivia chiedono ai cristiani di superare la passività e dunque vivere pienamente il battessimo e invitano a tutti i credenti in Dio a confrontare permanente la propria vita con quella del Maestro. D’altra parte i vescovi ricordano ai genitori il loro dovere di accompagnare i propri figli nella formazione e dell’educazione, procurando che essi arrivino alla maturità umana e affettiva con discernimento evangelico. I presuli auspicano una nuova generazione di cattolici impegnati nella politica, laici che desiderano testimoniare la fede nella costruzione del bene comune. “In politica, osservano, non devono essere coloro che accettano tutto senza animo critico” o che patiscono “un complesso d’inferiorità”. I cattolici in politica devono “collaborare alla costruzione di una patria per tutti, promovendo lo sviluppo integrale che favorisca la vita dal suo concepimento sino alla morte naturale”. Infine, i presuli si congedano con parole della 'Caritas in veritate' e dunque esortano ad essere consapevoli che “abbiamo bisogno di cristiani coscienti che lo sviluppo autentico è un dono di Dio e nasce dall’amore pieno di verità”. (A cura di Luis Badilla)

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    Costa Rica: nota dei vescovi sulle tensioni per questioni di confine con il Nicaragua

    ◊   In merito allo scontro che per questioni di confine, in questi ultimi mesi, ha fatto crescere le tensioni tra il Costa Rica e il Nicaragua, e dopo alcuni incidenti pericolosi nell’area in discussione fra i due Paesi centroamericani, ieri i vescovi costaricense hanno espresso “preoccupazione e angoscia” ricordando che si tratta di due popoli fratelli che, oltre ai confini, condividono anche “storie e aneliti”. I presuli circa la controversia sulla sovranità del fiume San Juan parlano della presenza di militari nicaraguensi nell’isolotto di Calero e sostengono le azioni del governo del Paese che ha chiesto una soluzione diplomatica della questione tramite organismi internazionali come l’Osa (Organizzazione degli Stati americani). In questo senso, i vescovi sostengono anche la dichiarazione dell’Osa che, giorni fa, ha chiesto “ai governi di riprendere subito le conversazioni sulle questioni vincolate alla definizione dei confini in conformità con i trattati e gli arbitraggi”. La Conferenza episcopale incoraggia il governo del Costa Rica a continuare sul sentiero del dialogo diplomatico “fedele alle tradizioni civiche del Paese e dunque convinto che la risoluzione dei conflitti si raggiunge usando la via diplomatica, il dialogo e il rispetto del diritto internazionale”. Auspicando una condotta simile da parte dei governanti del Nicaragua, i presuli, si rivolgono ai cittadini fratelli di questa nazione, ospiti del Costa Rica, “affinché diano un contributo fraterno al raggiungimento del bene comune per gli abitanti delle due nazioni”. I vescovi sono convinti che questi cittadini, costarricensi e nicaraguensi, condividono gli stessi aneliti di “pace, di convivenza civica, fratellanza e rispetto per la vita”. Ricordando la 'Pacem in terris' di Giovanni XXIII ribadiscono: “La violenza non fa altro che distruggere; la violenza non edifica, anzi accende le passioni; accumula odio e macerie e non consente la fraternità fra le persone”. Mons. Hugo Barrantes Ureña, arcivescovo di San Jsé e presidente dell’episcopato, che firma il documento insieme a mons. Ángel San Casimiro Fernández vescovo di Alajuela, responsabile della pastorale sociale/Caritas, conclude invitando tutti a riconoscere, come discepoli del principe della pace Gesù Cristo, il bisogno di pregare intensamente in un’ora come questa. A pregare, soprattutto, si legge “perché i governanti, mossi dalla giustizia e dalla verità, siano capaci di raggiungere gli accordi necessari che mettano fine al conflitto e ristabiliscano i rapporti cordiali che i due popoli si attendono”. (L.B.)

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    La Fao lancia l’allarme sull’aumento record dei costi delle importazioni alimentari

    ◊   Nel 2010 i prezzi delle importazioni alimentari potrebbero raggiungere la cifra record di 1000 miliardi. È quanto emerge dal rapporto semestrale Food Outlook della Fao, presentato oggi, che lancia l'allarme sulla necessità di aumentare la produzione agricola entro il 2011. Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, un'imprevista riduzione dell'offerta, dovuta a condizioni meteorologiche sfavorevoli, porterà nel 2010 a un’impennata del costo totale delle importazioni alimentari, con i prezzi della maggior parte delle derrate in brusco rialzo rispetto al 2009. La Fao stima in particolare che il costo delle importazioni alimentari aumenti dell'11% per i Paesi più poveri e del 20% per i Paesi a basso reddito con deficit alimentare. Ad allarmare è soprattutto la produzione di cereali che si ridurrà del 2% piuttosto che espandersi dell'1,2%, come anticipato in giugno. “Date queste previsioni di calo delle scorte mondiali, il volume della produzione del prossimo anno sarà cruciale per la stabilità dei mercati internazionali”, sottolinea ancora la Fao, secondo cui i cereali potrebbero però non essere le sole colture che si cercherà di produrre di più, dal momento che l'aumento di prezzi ha reso attraenti anche altre derrate - dai semi di soia, allo zucchero, al cotone - che potrebbero essere insufficienti per allentare la ristrettezza del mercato. (A cura di Marco Guerra)

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    Sri Lanka: i pescatori chiedono a mons. Ranjith di mediare per salvare la laguna di Negombo

    ◊   L’alleanza per la protezione della laguna di Negombo, situata circa 40 km a nord della capitale, invita mons. Malcolm Ranjith, arcivescovo di Colombo a “mediare con il governo” per bloccare il progetto di sviluppo della zona, che prevede la realizzazione di una base per decollo e atterraggio di idrovolanti. L’appello è contenuto in una lettera consegnata lunedì scorso al presule – che sarà nominato cardinale al concistoro di sabato prossimo - e illustrata in una conferenza stampa tenuta nel Centro per le attività sociali e religiose. I pescatori, la maggior parte di fede cattolica, sperano che ci sia una piena attenzione e la mediazione dell’arcivescovo, dopo le promesse disattese del governo. Sulla questione è intervenuto anche Herman Kumara, segretario generale del World Forum for Fisher people(WFFP), che parla di “una popolazione che si aspetta la fine immediata delle opere di scavo”. Egli aggiunge che le persone “si sentono prese in giro dai politici” perché attendevano una soluzione, dopo le rassicurazioni del viceministro sull’interruzione del progetto che riguardava la laguna di Negombo. Le promesse dell’esecutivo sono state disattese, ma non è mancata la solidarietà dei leader cattolici verso i lavoratori. Padre Patrick Perera, vicario generale di North Colombo, ha confermato che “la Chiesa cattolica è dalla parte dei pescatori, la maggioranza dei quali sono cattolici”. Diversi sacerdoti e suore della parrocchia dell’area della laguna hanno partecipato alla riunione dei pescatori, in segno di solidarietà. Subashini Kamalanathan e Milina Kumari, attiviste per i diritti delle donne, riferiscono all’agenzia AsiaNews di nutrire fiducia nell’arcivescovo Ranjith, perché saprà mediare col governo e trovare una soluzione per i pescatori. (C.P)

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    Honduras: nuovo atto di violenza nei confronti dell’etnia Tolupan

    ◊   Ancora un altro grave atto di violenza ha colpito la comunità indigena Tolupan in Honduras: centinaia di persone che lottano per mantenere la proprietà della terra dalle mire di latifondisti e allevatori locali. Il 9 novembre scorso, 3 giovani sono stati uccisi a colpi di mitragliatrici in una imboscata sulla via di ritorno dopo una breve visita alla famiglia nella comunità di Mango Seco-Tribù Candelaria. I tre sono, rispettivamente, il figlio, la fidanzata e il nipote di Maria Magdalena Perez Vieda, indigena Tolupan, rifugiata politica in Italia dal febbraio 2007. La giovane è dovuta fuggire nel 2007, lasciando i suoi figli alle cure della sorella , dopo le minacce di morte ricevute per non aver voluto firmare un documento di cessione di una terra. Intorno a lei si è creata, a Roma e in Italia, una rete di solidarietà di diverse associazioni, riunite nel Comitato italiano di solidarietà con il popolo Toloupan dell’Hounduras, che oggi denuncia i fatti e chiede di “offrire un contributo economico per le spese necessarie a seppellire i morti di questa ennesima strage e a trasferire, almeno temporaneamente, la famiglia Perez Vieda in un luogo sicuro”. L’agenzia Sir annota che i membri del Comitato Italiano di solidarietà con il popolo Tolupan dell’Hounduras, chiedono alle autorità di “investigare a fondo i fatti denunciati, ora e nel passato, e le persone indicate nelle denunce quali responsabili e mandanti, di garantire la sicurezza della famiglia della signora Maria Magdalena Perez Vieda e dell’intera popolazione della tribù Candelaria e di fare tutto il necessario per aprire percorsi di soluzione pacifica alla drammatica situazione di violenza che da anni soffrono il popolo Tolupan, i popoli indigeni e larga parte della popolazione dell’Hounduras”. (C.P)

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    In due mesi 120 mila sudcoreani conquistati dal docu-film su padre Lee Tae-suk

    ◊   Dalla prima proiezione, nel settembre scorso, ha attirato oltre 120mila spettatori, facendo registrare un record assoluto per le sale cinematografiche della Corea del Sud. Il successo registrato dal film-documentario "Don't cry for me Sudan", dedicato alla vita del missionario John Lee Tae-suk, ha saputo riscuotere i consensi di critica e pubblico pur senza una massiccia campagna promozionale e pubblicitaria. A dispetto di fede religiosa, età e sesso, decine di migliaia di persone hanno voluto assistere alle proiezioni e condividere le emozioni suscitate all'esterno dei cinema e nei forum dedicati su internet. Nel mese di novembre il film ha varcato i confini sud-coreani per raggiungere le sale statunitensi (a Los Angeles, la patria del cinema Usa) e tedesche, dove verrà trasmesso in occasione della 61ma edizione del Berlin International Film Festival, in calendario dal 10 al 20 febbraio 2011. "Don't cry for me Sudan" racconta la storia di padre John Lee Tae-suk, missionario sud-coreano, che ha esercitato la professione medica prima di fare il suo ingresso fra i Salesiani, scomparso il 14 gennaio scorso all'età di 48 anni per un cancro al colon. Dopo l'ordinazione sacerdotale nel 2001, egli ha iniziato l'opera missionaria a Tonj, una cittadina nel sud del Sudan martoriata dalla guerra. Negli anni ha saputo essere sacerdote, medico, insegnante, musicista, sapendo donare affetto a tutti. Ha inoltre fondato un ospedale e una scuola, oltre a dar vita a un movimento giovanile. Sul letto di morte, il religioso ha invocato la figura di San Giovanni Bosco e ha sospirato: "Non abbiate timori. Tutto è bene". Grazie al documentario, moltissimi non-cattolici hanno potuto conoscere e apprezzare le figura del sacerdote, che ha già prodotto un piccolo miracolo per la Sudan Youth Education Foundation, che si occupa dei giovani sudanesi: le offerte dei donatori sono aumentate in modo esponenziale dopo la proiezione del film, passando da 3mila a oltre 10mila. Oggi le scorte di medicine e apparecchiature sono garantite, nuovi edifici fra cui scuole e ospedali sono in costruzione e i giovani possono scorgere un futuro di speranza davanti a sé. Perché, come spiegano in molti, "i semi che padre Lee ha sparso nella terra di Tonj, porteranno frutti in abbondanza". (R.P.)

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    Croazia: la Conferenza episcopale annuncia la visita del Papa per il 4 e 5 giugno 2011

    ◊   “Il Santo Padre Benedetto XVI ha benevolmente accettato l’invito a fare una Visita Pastorale in Croazia, sabato 4 e domenica 5 giugno 2011”. E’ quanto annuncia con grande “gioia” con una nota diffusa ieri il Consiglio permanente della Conferenza episcopale croata, d’accordo con il Presidente della Repubblica di Croazia e del Governo croato. Secondo il comunicato, il Pontefice sarà a Zagabria in occasione della Giornata nazionale delle Famiglie Cattoliche Croate e per pregare presso la tomba del Beato Luigi Stepinac. L’incontro nazionale delle famiglie cattoliche croate e la visita del Papa si svolgeranno sotto il motto “Insieme in Cristo”. (M.G.)

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    Austria: i vescovi incontrano il presidente della Repubblica

    ◊   I vescovi austriaci, attualmente riuniti in Assemblea plenaria, hanno incontrato ieri il presidente federale Heinz Fischer presso la Hofburg, il palazzo imperiale di Vienna. Accanto ai temi dell’impegno per i diritti umani e dei casi di abuso - riporta l’agenzia Sir – l’incontro è stato espressione di una “reciproca riconoscenza per il buon rapporto tra Stato e Chiesa”, ha riferito all'agenzia di stampa cattolica austriaca Kathpress il cardinale Christoph Schönborn, presidente della Conferenza episcopale. Salutando Fischer, il cardinale aveva auspicato una "maggiore veridicità" da parte della politica e ha illustrato gli sforzi compiuti per affrontare il problema degli abusi. Da parte sua, il Presidente ha riconosciuto l’impegno della Chiesa, sottolineando l’impegno comune a favore dei diritti umani. Relativamente alla politica sull’asilo, Fischer ha ribadito l’auspicio per un diritto di soggiorno per motivi umanitari: “Nell’ambito dello Stato di diritto, anche i punti di vista umanitari devono avere il loro peso, così come anche la legge lo prevede”. Al riguardo, Fischer ha ringraziato i vescovi e i rappresentanti di altre religioni per “molti contributi importanti alla discussione” e per “le posizioni chiare su queste questioni attuali”. (R.P.)

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    Albania: all'Assemblea dei vescovi il progetto di un giornale e le celebrazioni per Madre Teresa

    ◊   Un piano pastorale triennale a servizio della nuova evangelizzazione, il progetto di un giornale, la traduzione del Messale Romano, le celebrazioni del centennario della nascita di Madre Teresa. Questi i principali temi al centro dell’assemblea plenaria della Confereza episcopale albanese (Cea) riunita ieri ed oggi a Tirana. Ad informare sui lavori dell’assemblea una nota diffusa oggi dall’Ufficio stampa della Cea, ripresa dall'agenzia Sir. L’incontro, si legge, si è aperto con la prolusione di mons. Rrok Mirdita, presidente della Conferenza episcopale, che “ha ricordato le attività svolte in quest’anno secondo il programma stabilito e le decisioni prese nella plenaria di un anno fa. In modo particolare il presidente si è soffermato sulle varie iniziative per il centennario della nascita della Beata Madre Teresa di Calcutta”. Successivamente, prosegue la nota, “mons. Lucjan Avgustini, vescovo di Sapë, ha presentato un piano pastorale triennale a servizio della nuova evangelizzazione. In questo progetto l’accento viene posto in modo particolare sull’evangelizzazione permanente, sull’attenzione alla famiglia, sulla formazione dei giovani, sulla promozione dei valori che, di giorno in giorno, stanno diventando estranei alla società (vita, famiglia, sessualità). Tutto ciò attraverso un attento studio e una precisa proposizione della Sacra Scrittura e del Catechismo della Chiesa cattolica”. Tra le altre questioni trattate dai vescovi albanesi durante l’assemblea: “Il progetto del giornale della Conferenza episcopale che sarà un organo che presenterà il pensiero della Chiesa non solo sugli avvenimenti ecclesiali ma anche su questioni sociali e politiche che hanno rilevanza nella società albanese partendo sempre dalla dottrina sociale e dal pensiero della Chiesa”. I vescovi, informa l’Ufficio stampa, hanno anche lavorato sulla traduzione del Messale Romano in albanese e su un testo del catechismo “contestualizzato ai luoghi, alla lingua e alle fasce di età”. Inoltre, è stata creata “una Comissione, presieduta dal presidente della Cea, che lavorerà con una Commissione del governo per la questione delle prorietà ecclesiastiche”. I vescovi, poi, hanno deciso di “rivolgere una lettera di ringraziamento al governo albanese nella persona del primo ministro per l’impegno nelle celebrazioni del centennario della nascita di Madre Teresa”. Nel testo, i vescovi ricordano, tra l’altro, che la Beata, “figlia del nostro popolo, è per noi albanesi non solo un motivo di orgoglio, ma anche un esempio che ispira nella difesa di quei valori sui quali si costruisce la società umana e, in modo particolare, quella europea, quali la fede in Dio, il valore della vita, la famiglia, l’armonia, la pace e l’attenzione verso i più bisognosi”. (R.P.)

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    Regno Unito: quest'anno record di iscrizioni nei seminari di Inghilterra e Galles

    ◊   Continuano a crescere le vocazioni al sacerdozio in Inghilterra e Galles: un trend emerso negli ultimi anni e confermato dai dati più recenti. Lo scorso mese di settembre infatti – riferisce l’agenzia Ccn - hanno fatto il loro ingresso in seminario ben 56 nuovi aspiranti sacerdoti, il numero più alto registrato nell’ultimo decennio nel Regno Unito. I nuovi dati sono stati al centro del recente incontro annuale dei direttori per le vocazioni sacerdotali delle diocesi dell’Inghilterra e del Galles, ospitato dall’Oscott College di Birmingham, in cui sono stati esaminati i fattori che hanno contribuito a tale crescita. Tra questi è stata segnalata in particolare la promozione in sempre più diocesi e congregazioni religiose in Gran Bretagna di gruppi di discernimento vocazionale. I frutti di questo tipo di iniziative - ha sottolineato il direttore dell’Ufficio nazionale per le vocazioni, padre Christopher Jamison - dimostrano che quando “tutti nella Chiesa prendono seriamente l’intuizione di Newman che ‘Dio mi ha creato per renderGli un determinato servizio’, cresce il numero di persone che scoprono la propria vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata”. I delegati hanno inoltre discusso di come promuovere una cultura della vocazione. A questo proposito è stata ricordata la buona riuscita, lo scorso luglio a Birmingham, del primo Festival “Invocation” dedicato a giovani interessati al sacerdozio o alla vita religiosa. L’evento ha avuto un tale successo che verrà riproposto l’estate prossima. Alla riunione si è poi parlato dell’impegno delle scuole cattoliche britanniche che stanno promuovendo la diffusione di materiale informativo di qualità sul sacerdozio e la vita consacrata e di una pastorale giovanile più mirata. A questo proposito è stata evidenziata l’importanza delle Giornate Mondiali della Gioventù che per diversi giovani si sono rivelate un’occasione per scoprire la propria vocazione. Secondo il coordinatore nazionale dei direttori diocesani per le vocazioni padre Stephen Langridge, l’accresciuto interesse per il sacerdozio potrebbe ricevere un’ulteriore spinta dalla recente visita nel Regno Unito di Benedetto XVI. (L.Z.)

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    Genova. Il cardinale Bagnasco: “La fedeltà dell’amarsi per sempre nel matrimonio”

    ◊   L’arcivescovo di Genova e presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco ieri pomeriggio, nella cattedrale di San Lorenzo ha celebrato una messa in occasione dell’iniziativa “50 anni insieme” organizzata dal Comune di Genova per le coppie che nel 2010 festeggiano la ricorrenza dei 50 anni di matrimonio. Incisivo il suo intervento ripreso dall'agenzia Sir: “La cultura odierna vuole far credere a tutti, ma in particolare ai giovani, che non è possibile assumere impegni definitivi. Se dal pensare comune si vuole bandire e demonizzare tutto quello che sa di fatica e sacrificio - ha aggiunto il porporato - allora eliminiamo tutti i valori che contano, come il dovere, il lavoro, la parola data, l’amicizia, le responsabilità. La vita è vita perché alla base c’è il dono di sé agli altri e, prima di tutto, a coloro che scegliamo e decidiamo di amare per sempre”. Il presidente della Cei ha anche affermato che la famiglia, anche in questa situazione contingente che stiamo vivendo, si rivela come il punto di riferimento principale, di sicurezza e di garanzia anche di tipo economico. Per questo - ha detto - le nuove generazioni hanno bisogno di vedere che è possibile e bello stare insieme nel vincolo familiare per tutta la vita, nonostante i sacrifici, gli ostacoli e le prove”. A conclusione del suo intervento, rivolgendosi ai presenti, il presidente Cei ha inviato a custodire la tradizione della storia e soprattutto a non aver paura di parlare ai giovani perché soprattutto gli adolescenti hanno bisogno di sicurezza. (C.P).

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    I Carmelitani Scalzi espandono la loro missione in Asia

    ◊   I Carmelitani scalzi intendono espandere la missione e la presenza in Asia nei prossimi tre anni, incentivando il “dialogo spirituale” con il buddismo: è quanto è emerso da un recente incontro dei Carmelitani scalzi della provincia dell’Asia orientale e Oceania, tenutosi a Singapore. Il Superiore generale della congregazione, padre Saverio Cannistrà ha sottolineato che, prendendo le mosse dalla fondatrice, santa Teresa d’Avila, i religiosi devono essere “contemplativi e missionari”. La Provincia ha appena contribuito ad aprire una nuova comunità in Thailandia e vi sono intenzioni di aprire comunità in Malaysia e Timor Est. “Anche la Cina resta una speranza per l’ordine”, ha detto padre Cannistrà, affermando che “i Carmelitani potrebbero dare uno specifico e originale contributo alla vita spirituale e alla crescita della Chiesa in Cina”. I Carmelitani - riferisce l'agenzia Fides - puntano anche a impegnarsi nello scambio, a livello interreligioso, in special modo con il buddismo, tramite uno specifico Istituto di spiritualità: “Fra buddismo e spiritualità carmelitana possono ritrovarsi parallelismi e similitudini che possono aiutare a promuovere il dialogo”, ha detto, ricordando di aver vissuto egli stesso un’esperienza di dieci giorni in un monastero buddista. La missione nei prossimi tre anni sarà in preparazione al quinto centenario della nascita della fondatrice, nel 2015. Il carisma e gli scritti di Santa Teresa saranno approfonditi nelle parrocchie, nei monasteri e nei centri carmelitani asiatici, grazie anche al coinvolgimento dei Carmelitani secolari, specialmente nelle Filippine e in Corea. (R.P.)

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    Francia: “1000 lettere” di solidarietà ai fratelli iracheni colpiti dal terrorismo

    ◊   Spedire lettere di solidarietà e di sostegno che siano al tempo stesso degli impegni di preghiera per i cristiani iracheni. È l’obiettivo del sito “1000 lettres pour nos frères d'Orient” , creato da tre studenti di Lione, i quali hanno raccolto l’appello dei vescovi iracheni che, all’indomani dell’attentato alla chiesa siro-cattolica di Baghdad, si sono rivolti ai loro confratelli francesi riuniti a Lourdes per la loro Assemblea plenaria, chiedendo “di restare accanto a loro con la preghiera e il sostegno fraterno e morale”. Destinatario delle missive l’arcivescovado latino di Baghdad. Il testo della lettera - di cui riferisce il Sir - scaricabile dal sito è il seguente: “Cari fratelli cristiani, abbiamo sentito la vostra chiamata e abbiamo seguito con grande tristezza il dramma che si è svolto nella cattedrale Sayidat al-Nejat in Baghdad. Dal profondo del nostro cuore, vi assicuriamo la nostra amicizia, il nostro sostegno e le nostre preghiere in unione con i nostri fratelli musulmani. Ci mobilitiamo affinché i media s’interessino a voi e che una presa di coscienza, la più ampia possibile, permetta di far condannare fermamente questi attentati. Siete un membro della Chiesa che soffre e per mezzo della comunione dei santi, soffriamo anche noi. Forza fratelli d’Oriente! La vostra forza e la vostra speranza è una grandissima testimonianza per ciascuno di noi. Siate forti nella fede, “voi siete infatti la nostra gloria e gioia (1Tes 2, 20)”. Le lettere potranno essere firmate da singoli, gruppi di persone, da associazioni, magari corredate da disegni realizzati da bambini e spedite all’indirizzo: Archevêché latin - P.O. Box 35130 - Hay Al-Wahda, Mahallat 904, rue 8, Imm. 44, 12906 Baghdad, Iraq. (M.G.)

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    Unesco: il ruolo delle comunità religiose nel preservare il patrimonio dell'umanità

    ◊   Stabilire un dialogo e incoraggiare una collaborazione fra tutte le parti interessate, utile alla salvaguardia delle cose religiose appartenenti al patrimonio dell'umanità e dei valori spirituali a esse legati: è quanto hanno deciso i partecipanti al seminario internazionale dal titolo «The role of religious communities in managing the objects of world heritage», svoltosi nei giorni scorsi a Kiev sotto l'egida dell'Unesco. Al termine dei lavori - riferisce il Religious information service of Ukraine ripreso da L'Osservatore Romano - è stata pubblicata una risoluzione nella quale vengono coinvolti nel progetto istituzioni statali, esperti del settore, proprietari di opere d'arte, organizzazioni caritatevoli. Un progetto che riguarda soprattutto i luoghi santi: le comunità religiose sono invitate a una continua formazione e ad aiutarsi vicendevolmente affinché tale patrimonio venga mantenuto intatto. I partecipanti hanno ribadito il ruolo vitale dei credenti nel custodire, esprimere e difendere l'identità spirituale, il senso e lo scopo della vita, in un mondo ormai globalizzato alle prese con gravi problemi. «Il reciproco riconoscimento e rispetto — si legge nella risoluzione — offrirà ulteriori prospettive per i comuni valori culturali e spirituali. Il carattere del patrimonio religioso esige dialogo e comprensione tra le comunità religiose e tutte le altre parti interessate». Esse, superando fraintendimenti, tensioni e stereotipi, «dovrebbero lavorare insieme per preservare il significato dei vari oggetti eterogenei, naturali e culturali, legati a quelli religiosi». (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Il presidente iracheno non firmerà la condanna a morte di Tareq Aziz

    ◊   Il presidente iracheno Jalal Talabani ha detto, in un'intervista rilasciata alla tv francese France 24, che non firmerà l'ordine di esecuzione per Tareq Aziz, ex numero due del regime di Saddam Hussein condannato a morte il mese scorso. “Sono dalla parte di Tareq Aziz perché è un cristiano iracheno - ha detto Talabani - e in più è un anziano signore di oltre 70 anni”.

    Ancora morti in Somalia
    Almeno sette persone sono rimaste uccise e una dozzina ferite a Mogadiscio a causa di recenti combattimenti tra i ribelli al Shabaab e i soldati del governo di transizione somalo (Tfg) con il supporto dei peacekeeper Amisom dell'Unione africana (Ua). Lo riportano oggi le emittenti locali. Secondo alcuni testimoni citati da Radio Garowe gli scontri sono scoppiati lunedì scorso nei quartieri settentrionali della capitale somala. Le vittime sono soprattutto uomini.

    La Serbia parla di progressi nelle ricerche dei criminali di guerra
    Il procuratore serbo per i crimini di guerra, Vladimir Vukcevic, ha parlato di progressi e di “nuove piste” nelle ricerche di Ratko Mladic e Goran Hadzic, gli ultimi due criminali di guerra serbi richiesti dalla giustizia internazionale. Il procuratore ha aggiunto che “informazioni importanti” sono affluite agli inquirenti da quando nelle scorse settimane il governo serbo ha deciso di elevare la taglia sui due fuggitivi, portandola da uno a dieci milioni di euro per Mladic e da 250 mila a un milione di euro per Hadzic. Vukcevic si è quindi detto soddisfatto dei colloqui avuti nei giorni scorsi a Belgrado con il procuratore capo del Tribunale penale internazionale dell'Aja (Tpi) Serge Brammertz, affermando di ritenere che il nuovo rapporto che Brammertz presenterà all'Onu il 6 dicembre sulla collaborazione di Belgrado con il Tpi sarà “corretto” e positivo.

    Sarkozy promette di impegnarsi per un nuovo sistema monetario
    Il presidente francese Sarkozy ha ribadito la sua volontà di definire le basi di un nuovo sistema monetario internazionale per la guida francese del G20. Il Capo dell’Eliseo, durante un’intervista in diretta televisiva, ha anche spiegato le ragioni del rimpasto di governo che ha confermato il premier Fillon e la maggior parte dei ministri chiave. Da Parigi, Francesca Pierantozzi:

    “Sarkozy ha sottolineato di aver voluto privilegiare solidità e stabilità in un periodo di grave crisi. Più combattivo, invece, sulla questione dei rom e la politica di espulsione inaugurata quest’estate, che la Commissaria europea ai Diritti Umani, Viviane Reding, aveva paragonato alle deportazioni della Seconda Guerra Mondiale. “Sono state dichiarazioni vergognose e ingiuriose”, ha detto Sarkozy, accusando i media di aver dato molto spazio alle accuse della Reding ma di aver liquidato in poche righe l’assoluzione della Commissione, che alla fine non ha avviato nessuna procedura contro la Francia. Per il 2011 Sarkozy ha promesso una riforma per aiutare gli anziani, una nuova tassa sul patrimonio e lotta contro la disoccupazione.

    In Italia il 14 dicembre il Parlamento voterà la fiducia al governo
    Si vanno delineando in Italia le tappe della crisi politica causata dall’uscita dei finiani dal governo. L’esecutivo verificherà la fiducia del Parlamento il 14 dicembre prossimo. È quanto hanno concordato ieri sera, nel corso di un vertice al Quirinale, il capo dello Stato Napolitano e i presidenti di Senato e Camera Schifani e Fini. Soddisfatto il premier Berlusconi, mentre per l'opposizione il governo “cerca di prendere tempo”. Salvatore Sabatino ha intervistato l’editorialista Domenico Rosati, già presidente delle Acli:

    R. – Abbiamo corso il rischio di uno sdoppiamento tra Camera e Senato, sdoppiamento di valenza delle decisioni. Quindi, il presidente della Repubblica ha fatto bene, almeno dal punto di vista procedurale, a riportare le cose, un pò salomonicamente, su un binario di apparente razionalità. Poi ci sarà il voto delle Camere e se non ci sarà la fiducia, almeno in una Camera, il presidente del Consiglio dovrà dimettersi. Quindi si vedrà. La crisi prenderà il suo corso fisiologico.

    D. – Una delle preoccupazioni maggiori è che questa crisi abbia una ricaduta concreta sull’economia del Paese ...

    R. – Certamente, le cose che preoccupano di più sono i dati sulla povertà - e mi riferisco all’ultimo Rapporto della Caritas italiana - e i dati sul lavoro e sulla disoccupazione, soprattutto quest’ultim. Essere disoccupati adesso come giovani significa non avere futuro. Che futuro avranno questi ragazzi che hanno solo uno sbocco precario? Non voglio dire pensione, perché è stato già certificato che la pensione non l’avranno o quasi. Queste sono le cose a cui bisognerebbe pensare prima di affrontare la questione dal punto di vista delle posizioni di potere o della competizione tra le forze politiche.(ap)

    In Italia dopo la manifestazione di malati di Sla le promesse del governo
    Dopo la manifestazione organizzata ieri a Roma da famiglie e malati di Sla, sclerosi laterale amiotrofica, davanti al ministero dell’Economia e delle Finanze italiano, per chiedere un aiuto concreto per la costosa assistenza, una delegazione è stata ricevuta da Italo Volpe dell’Ufficio legislativo del ministero. Al termine dell’incontro con un comunicato il ministero ha fatto sapere che il governo si impegna a presentare un emendamento alla Legge di Stabilità, in discussione alla Camera, che preveda la finalizzazione di spesa destinata ai malati di Sla. La delegazione era composta da due malati e dal presidente dell’Associazione Viva la Vita Onlus, Mauro Pichezzi.

    In Argentina ergastolo per tre responsabili militari durante la dittatura
    Tre responsabili militari durante la dittatura in Argentina riconosciuti colpevoli di violazioni dei diritti umani sono stati condannati all'ergastolo, mentre altri dieci a condanne tra gli 8 e i 20 anni di carcere. Sconteranno il carcere a vita Anibal Guevara Molina e due ex ufficiali di polizia, Raul Ruiz Soppe e Juan Labarta Sanchez, per le azioni commesse nella provincia di Mendoza. Tra le pene minori, 20 anni sono stati inflitti all'ex colonnello Nestor Greppi ed altri 4 ufficiali per le loro responsabilità negli abusi e nelle torture nel centro di detenzione di La Pampa. Circa 300.000 persone sono scomparse durante la dittatura militare in Argentina (1976-1983): fino ad oggi, 783 militari sono stati messi sotto accusa, e 131 condannati.

    Pubblicati i risultati ufficiali delle elezioni in ex Birmania
    Un Parlamento nelle mani del partito di regime "Unione solidarietà e sviluppo" (Usdp), con altri 20 movimenti a fare da contorno con pochi seggi l'uno: i risultati definitivi delle elezioni birmane del 7 novembre, pubblicati oggi dalla Commissione elettorale, confermano l'atteso trionfo della giunta militare, garantendo una minima base parlamentare al partito staccatosi da quello di Aung San Suu Kyi dopo il boicottaggio deciso alla leader dell'opposizione, rimessa in libertà il 13 novembre dopo sette anni agli arresti domiciliari. L'Usdp ha ottenuto il 76,67 per cento dei voti in palio nel Parlamento bicamerale e nei 14 consigli regionali: un "bottino" che si va ad aggiungere al 25 per cento di seggi che la Costituzione assegna a militari in servizio in ogni Camera, garantendo una maggioranza blindata all'attuale giunta militare. Molti osservatori, raccogliendo le denunce del movimento democratico, danno per scontati brogli su larga scala specialmente nel voto anticipato, cui è stata costretta l'intera macchina statale. La "Forza democratica nazionale", movimento nato da una costola della "Lega nazionale per la democrazia" (Nld) guidata da Suu Kyi, è riuscita a strappare solo 12 seggi complessivi nelle due Camere del Parlamento nazionale. I leader del partito, dopo la liberazione del premio Nobel per la Pace, hanno già detto che sono pronti a lavorare con "la Signora". Per la legge birmana, tuttavia, a causa del boicottaggio l'Nld è ormai un'organizzazione illegale.

    Il premier cinese annuncia misure contro l’inflazione
    Il premier cinese Wen Jiabao ha annunciato che il suo governo prenderà delle misure per contenere l'inflazione ma non ha precisato se si tratterà di un innalzamento del tasso d'interesse. La dichiarazione di Wen, pubblicata la notte scorsa sul sito web del governo, ha provocato un forte calo della Borsa di Shanghai. “Grande attenzione deve essere rivolta ai prezzi di offerta e di domanda di mercato perchè essi hanno un rapporto con gli interessi fondamentali dei cittadini”, ha sottolineato il premier. Il governo, ha proseguito Wen, “sta elaborando delle misure per contenere i prezzi”. Secondo le statistiche i prezzi hanno toccato un picco in ottobre, con un aumento su base annua del 4,4%, anche se la stampa cinese afferma che il reale aumento di alcuni generi alimentari è in realtà molto più consistente. I timori di inflazione si sono acuiti in Cina dopo che la banca centrale americana, la Federal Reserve (Fed), ha annunciato che immetterà sul mercato 600 miliardi di dollari per sostenere l'economia. Secondo il giornale China Securities News, le misure potrebbero includere la fissazione di un tetto per i prezzi di alcuni generi di prima necessità. Il mese scorso le autorità cinesi hanno decretato il primo aumento del tasso d'interesse dopo quello del 2007. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 321

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