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Sommario del 13/11/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • La Chiesa cerchi nuovi linguaggi per comunicare la fede, ma alla fine solo l’amore è credibile: così il Papa alla plenaria della Cultura
  • Altre udienze e nomine
  • Dedicata a Santa Francesca Cabrini, patrona dei migranti, la Stazione centrale di Milano. Il cardinale Bertone: non c'è progresso senza accoglienza
  • Progressi ai colloqui della Commissione bilaterale Santa Sede-Israele
  • Mons. Chullikatt sulle violenze anticristiane in Iraq: un incubo che non finisce
  • Oggi su "LOsservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Myanmar: liberata Aung San Suu Kyi
  • Pakistan: ore di angoscia per la sorte della cristiana Asia Bibi, prima donna condannata a morte per blasfemia
  • Appello dei vescovi del Sudan: sostenere i sud-sudanesi nel referendum per l'autodeterminazione
  • Le Acli a Parigi contro la povertà in Europa
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Messico: indicazioni dei vescovi ai parroci per proteggere i fedeli dalla violenza
  • Giornale arabo: "Cristiani in Medio Oriente essenziali per la sopravvivenza del mondo arabo"
  • L'Onu: il 24 marzo Giornata per il diritto alla verità dedicata a mons. Romero
  • El Salvador: l’Università Centroamericana ricorda i Gesuiti uccisi 21 anni fa
  • Malaysia: messaggio del Papa al Seminario sulla Sacra Scrittura in lingua cinese
  • Conclusa a Nairobi la Conferenza dei teologi africani
  • Kenya: appello dei vescovi per migliorare la Costituzione
  • Asian Human Rights: in India la tribù Mawasi continua a soffrire la fame
  • A rischio in Myanmar il rimpatrio dei rifugiati fuggiti in Thailandia
  • Pakistan: imminente il rimpatrio degli sfollati nel sud Waziristan
  • Giornata Mondiale sul Diabete: il messaggio di Ban Ki-moon
  • Croazia: documento dei vescovi contro la corruzione
  • I Cappuccini hanno celebrato 400 anni della loro presenza in Croazia
  • Milano: il cardinale Tettamanzi inaugura il Centro “Casa Mara” per i senza tetto
  • Messa per i cristiani in Iraq nella parrocchia romana di Sant'Ippolito
  • Le Confraternite d'Italia riunite a Roma: domani in Piazza San Pietro la Messa presieduta dal cardinale Bertone
  • Festa ad Aversa a 20 anni dalla visita di Giovanni Paolo II al Santuario di Casapesenna
  • 24 Ore nel Mondo

  • Vertice Apec in Giappone. Obama critica la politica economica cinese
  • Il Papa e la Santa Sede



    La Chiesa cerchi nuovi linguaggi per comunicare la fede, ma alla fine solo l’amore è credibile: così il Papa alla plenaria della Cultura

    ◊   La Chiesa cerchi nuovi linguaggi per comunicare all’uomo di oggi la bellezza della fede, ma nella consapevolezza che, alla fine, solo la testimonianza vissuta dell’amore "parla senza parole": è quanto ha detto il Papa, stamani, ricevendo in Vaticano i partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura che si è svolta sul tema "Cultura della comunicazione e nuovi linguaggi". Ha rivolto il saluto a Benedetto XVI, il presidente del dicastero, mons. Gianfranco Ravasi, tra i prossimi cardinali, che ha ricordato l'apertura "insolita" della plenaria in Campidoglio per raccogliere la sfida evangelica di comunicare la fede a tutte le genti. Il servizio di Sergio Centofantii:

    La comunicazione è “uno dei nodi cruciali del nostro mondo”: il Papa ha sviluppato il suo discorso da questa convinzione, ricordando che Dio stesso “nella sua bontà e sapienza” ha voluto comunicarsi a noi in Cristo. Compito essenziale del dicastero vaticano per la cultura è “mettersi in ascolto degli uomini e delle donne del nostro tempo, per promuovere nuove occasioni di annuncio del Vangelo” in un clima di “profonda trasformazione culturale” caratterizzato da nuovi linguaggi e nuove forme di comunicazione”:

    “In questo contesto, i Pastori e i fedeli avvertono con preoccupazione alcune difficoltà nella comunicazione del messaggio evangelico e nella trasmissione della fede, all’interno della stessa comunità ecclesiale. Come ho scritto nell’Esortazione apostolica postsinodale Verbum Domini: “tanti cristiani hanno bisogno che sia loro riannunciata in modo persuasivo la Parola di Dio, così da poter sperimentare concretamente la forza del Vangelo” (n. 96). I problemi sembrano talora aumentare quando la Chiesa si rivolge agli uomini e alle donne lontani o indifferenti ad una esperienza di fede, ai quali il messaggio evangelico giunge in maniera poco efficace e coinvolgente”.

    “In un mondo che fa della comunicazione la strategia vincente, la Chiesa – afferma il Papa - non rimane indifferente” ma cerca “di avvalersi con rinnovato impegno creativo” e “con senso critico e attento discernimento” delle nuove modalità comunicative:

    “L’incapacità del linguaggio di comunicare il senso profondo e la bellezza dell’esperienza di fede può contribuire all’indifferenza di tanti, soprattutto giovani; può diventare motivo di allontanamento, come affermava già la Costituzione Gaudium et spes, rilevando che una presentazione inadeguata del messaggio nasconde più che manifestare il genuino volto di Dio e della religione”.

    “La Chiesa vuole dialogare con tutti, nella ricerca della verità – ribadisce il Papa - ma perché il dialogo e la comunicazione siano efficaci e fecondi è necessario sintonizzarsi su una medesima frequenza”. Benedetto XVI si riferisce alla sua proposta di dialogo e incontro con chi è lontano dalla fede, il cosiddetto “Cortile dei Gentili”, che il dicastero per la Cultura sta già realizzando in Europa. C’è poi da contattare in modo creativo il mondo dei giovani, spesso “storditi” dalle nuove tecnologie, che invece di accrescere la comunicazione aumentano “solitudine” e “spaesamento”. Nel “compito, difficile e affascinante” del comunicare la fede – aggiunge il Pontefice - la Chiesa può attingere allo “straordinario patrimonio” di simboli e immagini della sua tradizione:

    “In particolare il ricco e denso simbolismo della liturgia deve splendere in tutta la sua forza come elemento comunicativo, fino a toccare profondamente la coscienza umana, il cuore e l’intelletto. La tradizione cristiana, poi, ha sempre strettamente collegato alla liturgia il linguaggio dell’arte, la cui bellezza ha una sua particolare forza comunicativa”.

    “Tuttavia – ha precisato - più incisiva ancora dell’arte e dell’immagine nella comunicazione del messaggio evangelico è la bellezza della vita cristiana”:

    “Alla fine, solo l’amore è degno di fede e risulta credibile. La vita dei santi, dei martiri, mostra una singolare bellezza che affascina e attira, perché una vita cristiana vissuta in pienezza parla senza parole. Abbiamo bisogno di uomini e donne che parlino con la loro vita, che sappiano comunicare il Vangelo, con chiarezza e coraggio, con la trasparenza delle azioni, con la passione gioiosa della carità”.

    Il Papa auspica infine che tanti nostri contemporanei, davanti alla “forza coinvolgente della testimonianza”, possano dire come i discepoli di Emmaus dopo l’incontro con Gesù risorto: “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via?”

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina anche alcuni presuli della Conferenza episcopale del Brasile (Regione Centro Oeste), in visita "ad Limina"; Francisco Argüello, fondatore del Cammino Neocatecumenale, e seguito; questo pomeriggio riceverà il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi; il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

    Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Bobo-Dioulasso (Burkina Faso), presentata da mons. Anselme Titianma Sanon, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico. Il Papa ha nominato arcivescovo metropolita di Bobo-Dioulasso mons. Paul Yembuado Ouédraogo, finora vescovo di Fada N’Gourma.

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Facatativá (Colombia), presentata da mons. Luis Gabriel Romero Franco, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Luis Antonio Nova Rocha, finora vescovo titolare di Equizeto ed ausiliare dell’arcidiocesi di Barranquilla.

    Sempre in Colombia, il Santo Padre ha nominato arcivescovo metropolita di Barranquilla mons. Jairo Jaramillo Monsalve, finora vescovo di Santa Rosa de Osos.

    Il Papa ha nominato nunzio apostolico in Nepal mons. Salvatore Pennacchio, arcivescovo titolare di Montemarano, nunzio apostolico in India.

    Il Santo Padre ha nominato membro della Congregazione delle Cause dei Santi il cardinale Antonio Cañizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.

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    Dedicata a Santa Francesca Cabrini, patrona dei migranti, la Stazione centrale di Milano. Il cardinale Bertone: non c'è progresso senza accoglienza

    ◊   “Una grande donna lombarda che con la sua profonda fede e instancabile attività può costituire un’icona del nostro tempo, una testimonianza coerente dei contenuti della Dottrina sociale della Chiesa”: così il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, nel suo discorso per la Dedicazione della Stazione Centrale di Milano a Santa Francesca Saverio Cabrini, patrona dei migranti. Presenti all’evento anche l’arcivescovo del capoluogo lombardo, Dionigi Tettamanzi, mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, e il sindaco della città Letizia Moratti. Il servizio di Cecilia Seppia:

    Una ragazza come tante, figlia di agricoltori, una “maestrina” di Sant’Angelo Lodigiano, che un giorno, fu chiamata dal suo parroco per dirigere una scuola a Codogno, scuola che poco dopo, il 10 novembre del 1880 diventava l’Istituto delle Missionarie del Sacro Cuore. Santa Francesca Saverio Cabrini, dice il cardinale Bertone, può essere considerata “un’icona dei nostri tempi, la testimonianza vivente della Dottrina sociale della Chiesa”. Voleva essere missionaria in Cina, spiega il porporato, poi l’incontro con Leone XIII, le cambiò la vita. Il Papa le disse: “La tua Cina sono gli Stati Uniti, lì vi sono tanti italiani emigrati che hanno bisogno di assistenza”. Ancora una voltà obbedì, lasciò tutto e partì alla volta degli Usa, sostenuta da una fede incrollabile. Qui accade qualcosa di sorprendente. Nel giro di poco tempo fondò scuole, ospedali, orfanatrofi, si dedicò alla cura dei carcerati, poi si spese incessantemente perché i tanti immigrati in quelle terre, poveri ed emarginati, potessero esprimere al meglio la ricchezza di patrimonio culturale e religioso che portavano dall'Italia. Coniugando integrazione e accoglienza afferma il cardinale Bertone - si faceva così ogni giorno “migrante con i migranti”.

    Istancabile viaggiatrice, Francesca, non conosceva sosta né riposo e tante volte, sottolinea il segretario di Stato, questa stazione la vide con le sue valige prendere il treno: da New York a Boston, da Chicago a New Orleans, da Managua e Buenos Aires, poi di nuovo a Codogno. Dovunque c'era bisogno di una testimonianza cristiana, là c’era lei con le sue suore. Dedicarle questo luogo, punto di arrivo e di partenza di correnti migratorie, vuol dire ricordare a quanti si addentreranno tra queste mura e tra questi binari- afferma il porporato - che “non c’è progresso senza accoglienza generosa e disinteressata”. Quindi l'invito a non dimenticare, come ha scritto Benedetto XVI nella sua Caritas in Veritate, la sofferenza vissuta da quanti sono stati costretti a trovare una nuova Patria: quel carico immenso di disagio e aspirazioni che accompagna le migrazioni. Infine, il monito a rispettare i diritti fondamentali del migrante per giungere insieme allo sviluppo dei popoli.

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    Progressi ai colloqui della Commissione bilaterale Santa Sede-Israele

    ◊   La Commissione bilaterale permanente di lavoro tra la Santa Sede e lo Stato di Israele si è incontrata l’11 novembre scorso per continuare il suo lavoro programmato in base all’articolo 10 paragrafo 2 dell’Accordo Fondamentale del 1993, relativo a questioni di proprietà, economiche e fiscali che riguardano in generale la Chiesa cattolica o specifiche comunità o istituzioni cattoliche in Israele. “I colloqui – rende noto un comunicato congiunto - si sono svolti in un’atmosfera cordiale e hanno segnato un progresso verso l’auspicato accordo”. La prossima sessione plenaria della Commissione avrà luogo il 9 dicembre prossimo.

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    Mons. Chullikatt sulle violenze anticristiane in Iraq: un incubo che non finisce

    ◊   Una serata di preghiera solidale con le famiglie delle vittime del feroce attentato avvenuto il 31 ottobre scorso a Baghdad contro la cattedrale siro-cattolica della città (in cui sono morti decine di fedeli, tra cui bambini, donne e due sacerdoti) si è svolta ieri con la celebrazione dei Vespri presso la chiesa della Santa Famiglia a New York, cui hanno preso parte ambasciatori, personale diplomatico delle Nazioni Unite e molti parrocchiani. La preghiera è stata guidata dal vescovo siro-cattolico per gli Stati Uniti e il Canada, Yousif Habash, e dall’osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu a New York, Francis Chullikatt, che ha promosso l'evento e che in passato ha ricoperto la carica di nunzio apostolico in Iraq e Giordania. “Ama i tuoi nemici, prega per coloro che ti perseguitano – l’arcivescovo ha citato le parole del Vangelo di Matteo, particolarmente adatte all’occasione – le preghiere non giovano solo alle vittime e alle loro famiglie, ma anche ai nostri cuori, affinché non crescano nell’aridità e affinché sappiamo costruire insieme un mondo in cui promuovere i valori della riconciliazione, dell’armonia, dell’amore e della pace tra le persone, le nazioni e le religioni”. “Ciò che è accaduto il 31 ottobre è l’incubo peggiore che si possa immaginare – ha aggiunto mons. Chullikatt – e l’incubo non è ancora finito. Alcune famiglie che hanno perso i loro cari, infatti, hanno dovuto subire anche l’assalto alle proprie case. La situazione è intollerabile”.

    Infine l’arcivescovo ha rivolto un pensiero alle persone coinvolte in altri due attacchi: alle moschee in Pakistan e alle sinagoghe a Chicago: “Siamo particolarmente colpiti dall’atrocità di questi atti, specialmente quando vengono perpetrati in nome della religione – ha detto – e quando i nostri fratelli e le nostre sorelle sono uccisi a causa della loro fede. Non è certo questo il modo di esprimere la propria fede in Dio”. Intanto ieri sera sono stati trasferiti in Italia, su invito del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, e accolti al Policlinico Gemelli di Roma, 26 cittadini iracheni feriti nell’attentato. L’università Cattolica del Sacro Cuore si è resa disponibile a ospitare anche i loro 21 accompagnatori e familiari in una struttura di sua proprietà. (R.B.)

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    Oggi su "LOsservatore Romano"

    ◊   Linguaggi nuovi e creativi per dialogare con tutti: il Papa ai partecipanti all’assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura.

    Oggi Maria diviene per noi il cielo che porta Dio: in prima pagina, Manuel Nin sulle domeniche delle Annunciazioni nella tradizione siro-occidentale.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, la liberazione di Aung San Suu Kyi, leader dell’opposizione in Myanmar.

    I giochi che contano si fanno a Pechino: Luca M. Possati analizza le prospettive aperte dal G20 di Seoul.

    Con la disinvoltura di chi nel mistero si sente a casa propria: in cultura, Inos Biffi su liturgia e preghiera personale.

    Giganti a confronto: Timothy Verdon illustra il significato del “Davide” di Michelangelo, concepito come opera sacra destinata alla collettività.

    Una poltrona per due: Marcello Filotei su Helmut Lachenmann, Wolfgang Rihm e l’avanguardia musicale tedesca.

    A quarant’anni dallo scioglimento dei quattro di Liverpool è ancora beatlemania: i contributi di Gaetano Vallini e Giuseppe Fiorentino.

    Una testimonianza coerente della dottrina sociale della Chiesa: nell’informazione religiosa, l’intitolazione - alla presenza del cardinale Tarcisio Bertone - della stazione centrale di Milano a Santa Francesca Cabrini.

    Nell’informazione vaticana, intervista di Mario Ponzi a mons. Joao de Aviz, arcivescovo di Brasilia.

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    Oggi in Primo Piano



    Myanmar: liberata Aung San Suu Kyi

    ◊   La comunità internazionale festeggia oggi la liberazione della dissidente birmana Aung San Suu Kyi, avvenuta stamattina dopo 15 anni di arresti domiciliari. La donna ha rivolto poche parole alla folla che l’acclamava davanti alla sua abitazione di Rangoon, chiedendo loro di tornare domani al quartier generale del partito per ascoltare il suo primo discorso ufficiale. La cronaca nel servizio di Eugenio Bonanata:

    Lavorare assieme per superare le divisioni all’interno dell’opposizione birmana. Questa l’indicazione data da una commossa e raggiante Aung San Suu Kyi che si è affacciata all’esterno della sua abitazione subito dopo la liberazione chiedendo di fare fronte comune contro la giunta militare al potere. Il riferimento è alla fazione scissionista del suo Partito, la Lega Nazionale per la Democrazia, che ha scelto di partecipare alle controverse elezioni, boicottate invece dal resto del movimento politico e ampiamente criticate dalla comunità internazionale. Dai militari nessun commento, mentre dalle cancellerie di tutto il mondo si susseguono le reazioni positive. Il presidente statunitense Barak Obama ha parlato di Aung San Suu Kyi come della “sua eroina” e ha chiesto il rilascio di tutti gli altri oppositori politici nel Paese. A guardare al futuro anche il capo dell’Eliseo, Sarkozy, che ha messo in guardia le autorità del Myanmar contro “qualsiasi restrizione della libertà di movimento o di espressione” della Premio Nobel della Pace. Da Londra, infine, il premier britannico Cameron ha definito tardiva la liberazione, ricordando che “è diventata una parodia destinata soltanto a ridurre al silenzio il popolo birmano”.

    Ma per sapere quali sono state le reazioni del popolo birmano dopo la liberazione di Aung San Suu Kyi, Eugenio Bonanata ha intervistato il giornalista Stefano Vecchia, esperto di questioni asiatiche:

    R. – E’, appunto, una liberazione attesa, con un crescendo spasmodico fin da ieri pomeriggio. In questo momento, evidentemente, oltre alla gioia dei suoi sostenitori, la Birmania si interroga ancora di più sul proprio futuro. Teniamo presente che viene liberata nel momento in cui il Paese si trova a subire le conseguenze delle elezioni di domenica scorsa, guidate dal regime; di conseguenza Aung San Suu Kyi, che ha già detto che si impegnerà ancora per tenere alte le aspettative democratiche del suo Paese, dovrà comunque fare delle scelte.

    D. – Aung San Suu Kyi, adesso che è tornata in libertà, troverà un panorama politico decisamente molto diverso: non è più, infatti, la sola voce dell’opposizione birmana …

    R. – In un certo senso, sì: formalmente non lo è più; anzi, formalmente si trova a guidare dal punto di vista di leader carismatico, un partito che è stato sciolto dal potere proprio perché non potesse partecipare alle elezioni; hanno invece partecipato fazioni dissidenti del suo partito e altri movimenti che hanno vinto pochissimi seggi, però hanno comunque una presenza in Parlamento. A questo punto, il suo ruolo diventerà quello di raccordo tra un'opposizione più dura, in parte in esilio e in parte nell’illegalità formale, e un'opposizione che ha comunque una presenza minima in Parlamento; e ci sono poi da considerare anche le minoranze etniche e tribali che anche loro hanno alzato la voce in questi giorni, lamentandosi di brogli e lamentandosi del fatto che i propri candidati, che avevano vinto nei seggi dedicati alle minoranze, di fatto poi sono stati esautorati da questo voto. Quindi la loro vittoria è stata in parte cancellata.

    D. – C’è da segnalare il silenzio totale delle autorità birmane che, in qualche modo, ha segnato la vigilia di questa liberazione: un silenzio che preoccupa non poco la comunità internazionale. Perché?

    R. – La liberazione era attesa ieri, in realtà. Poi, forse è stata bloccata perché probabilmente le autorità birmane hanno cercato fino all’ultimo di barattare la sua libertà con delle concessioni, probabilmente cercando di impedirle – in sostanza – una libertà di movimento successiva alla liberazione. Si vedrà soltanto nelle prossime ore e nei prossimi giorni se questo tentativo ha avuto successo o se la volontà di Aung San Suu Kyi, che si è fortemente opposta a qualsiasi limitazione della propria attività, rimarrà sotto le pressioni del regime.(gf)

    Per tracciare un profilo politico di Aung San Suu Kyi e per conoscere meglio le tappe della sua vita, ascoltiamo questo servizio di Salvatore Sabatino:

    “Daw” vuol dire "signora". I birmani la chiamano così, con rispettoso affetto: quella piccola grande donna, divenuta il simbolo vivente delle aspirazioni democratiche di un intero popolo. Aung San Suu Kyi, leader della Lega Nazionale per la Democrazia, trascorre gli ultimi 15 anni agli arresti domiciliari; i primi in completo isolamento, assistita da due governanti e trascorrendo gran parte del suo tempo da sola, leggendo, studiando il francese e il giapponese e suonando il pianoforte. 65 anni, è figlia del generale Aung San, eroe dell'indipendenza birmana, assassinato dai suoi avversari nel 1947, sei mesi prima della fine del dominio coloniale britannico. Dopo essere stata in India e in Gran Bretagna, dove sposa un accademico inglese, nel 1988 torna in patria per assistere la madre gravemente ammalata, mentre nel Paese studenti e monaci buddisti scendono in strada per chiedere la democrazia, annullata da un colpo di Stato militare, nel 1962. Ispirandosi all’esempio della protesta pacifica del Mahatma Gandhi, padre spirituale dell’indipendenza indiana, Suu Kyi assume presto la guida del movimento, ma i militari rispondono con la legge marziale e la protesta è repressa con brutalità. Più volte arrestata e rilasciata, è insignita del premio Nobel per la pace nel 1991, un anno dopo aver vinto le elezioni, poi annullate dai militari. Una lotta non violenta, la sua, non condivisa da tutti gli esponenti della sua Lega, tanto che un gruppo dissidente ha formato un nuovo partito, presente alle elezioni di domenica scorsa, alle quali Aung San Suu Kyi non ha invece potuto partecipare; elezioni stravinte dall’Usdp, la formazione politica dei militari.

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    Pakistan: ore di angoscia per la sorte della cristiana Asia Bibi, prima donna condannata a morte per blasfemia

    ◊   Si moltiplicano le iniziative in difesa di Asia Bibi, la prima donna condannata a morte in Pakistan per blasfemia. La Chiesa del Paese asiatico chiede alla comunità internazionale di fare pressione per revocare la condanna. Ma quali sono le reali motivazioni che hanno portato Asia Bibi ad essere condannata alla pena capitale? Risponde al microfono di Amedeo Lomonaco una donna cristiana raggiunta telefonicamente a Rawalpindi che, per motivi di sicurezza, ha chiesto di mantenere l’anonimato:

    R. - Asia Bibi è stata condannata perché ha avuto un litigio durante la distribuzione dell’acqua: forse l’acqua spettava a lei e non agli altri… Ha avuto un litigio: gli altri erano musulmani e lei era cristiana … Lei ha avuto una reazione forte e questo ha suscitato la rabbia fra i musulmani. Tante volte, in Pakistan succedono queste cose, si attuano anche vendette personali per via di terreni, per cose piccole, per motivi futili…. Poi va a finire che assumono il colore della religione ...

    D. - Dunque in questo caso, come in molti altri, la religione viene strumentalizzata?

    R. - Dalle due parti, molte volte, c’è tanta ignoranza. Non si va a fondo, non si va a capire cosa sia successo… Si lascia libero sfogo a sentimenti religiosi! Questa legge sulla blasfemia viene usata non solo contro i cristiani, ma anche dai musulmani stessi tra di loro, e spesso semplicemente perché c’è una contrarietà o si vuole attuare una vendetta. Molte volte viene strumentalizzato il fatto religioso; ogni giorno succedono fatti del genere fra tanti musulmani e di questo tutto il popolo ne soffre.

    D. - Quali sono oggi le piaghe che affliggono il Pakistan?

    R. - Qui c’è molto analfabetismo e la giustizia è corrotta. Di questa situazione soffre tutto il Paese, non soltanto i cristiani.

    D. - Qual è in Pakistan l’attuale situazione dei cristiani?

    R. - Adesso ci sono delle difficoltà, così come succede in qualsiasi parte del mondo dove sia presente una minoranza. In genere i cristiani vivono bene, c’è la libertà di religione, ma purtroppo sono pochi! E conoscendo la situazione in Pakistan, i cristiani si trovano a dover assumere comportamenti prudenti.

    D. - Torniamo al caso di Asia Bibi: chi può revocare la condanna a morte?

    R. - Il governo dovrebbe revocarla, ma è possibile che al momento non decidano di farlo, perché c'è tutto un villaggio in subbuglio … E’ meglio, forse, che prima si calmino un po’ le acque … dopo un po’, può darsi che venga revocata.

    D. - Per chi è accusato di blasfemia il timore non è soltanto quello della condanna a morte, ma anche della giustizia sommaria?

    R. - Tante volte il governo mette in prigione queste persone accusate di blasfemia, perché la polizia preferisce tenere queste persone in un posto sicuro, senza dire dove si trovano e questo per la loro stessa sicurezza: altrimenti il rischio è che uscendo, la gente si faccia giustizia da sé! (mg)

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    Appello dei vescovi del Sudan: sostenere i sud-sudanesi nel referendum per l'autodeterminazione

    ◊   “Un appello a sostenere la giusta causa degli abitanti del Sud Sudan in vista del referendum per l’autodeterminazione della regione”: a lanciarlo la Conferenza episcopale sudanese, al Secam (il Simposio delle Conferenze di Africa e Madagascar) e all’Amecea (l’Associazione di membri delle Conferenze episcopali in Africa orientale) chiedendo che siano rispettati gli accordi di pace del 2005. I presuli, riuniti a Rumbek fino a domani, ribadiscono in primis la necessità di assicurare alla popolazione un’identità nazionale stabile per mettere fine ad ogni forma di violenza. Quale il clima che si respira in questi giorni nel Sud Sudan? Lo abbiamo chiesto a mons. Cesare Mazzolari, vescovo di Rumbek:

    R. - La Conferenza episcopale del Sudan si sente sostenuta dal profondo spirito di solidarietà e dalla Lettera che ci hanno scritto le due conferenze del Secam e dell’Amecea, in cui affermano di volerci appoggiare facendo conoscere la situazione in Sudan, sostenendoci nel referendum e soprattutto con la loro presenza fattiva perché il post-referendum sia un periodo tranquillo, di serenità.

    D. – Voi avete lanciato un appello in cui esprimete preoccupazione per quello che avverrà dopo il referendum, che di fatto apre una fase nuova?

    R. – E’ una situazione che sta cambiando. I vescovi, a luglio, hanno detto: il Sudan non sarà più uguale nel futuro. Oggi aggiungiamo: anche la Chiesa del Sudan, dopo questo referendum, non sarà più la stessa. Le preoccupazioni nel cuore dei vescovi del Sudan, ma ancor più profondamente nella vita dei nostri fedeli, riguardano un senso di apprensione pensando a quale potrà essere la realtà della Chiesa nel Sudan, soprattutto al Nord, dopo il referendum.

    D. – Voi avete anche invitato i governi a rispettare l’esito del voto che dovrà svolgersi secondo le vostre richieste, in un clima pacifico. Ma come sta vivendo la popolazione queste, che sono ore di attesa?

    R. - Al momento si sta verificando un contro-esodo abbastanza importante dei nostri fedeli del Sud Sudan che ritornano da Khartoum, da El Obeid, dal Kosti, verso la loro terra nativa del Sud; questo ritorno non è facile: è impedito e ostacolato dal governo di Khartoum che non permette loro di vendere le loro proprietà, di vendere la loro terra e quindi di avere i mezzi per riportare la famiglia al Sud. (bf)

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    Le Acli a Parigi contro la povertà in Europa

    ◊   Contro la povertà serve una rete di protezione europea. Riunite a Parigi, le Acli (Associazioni cristiane lavoratori italiani) avanzano proposte per contrastare povertà e impoverimento nel continente, dove ottantaquattro milioni sono le persone a rischio di povertà. Particolarmente vulnerabili gli immigrati o chi si sposta per studio. Alessandro Guarasci:

    Il 16 per cento degli europei ha difficoltà a soddisfare i bisogni primari. Siamo nell’anno dedicato alla lotta contro la povertà e l’esclusione sociale, e queste cifre dicono che è necessario rafforzare gli strumenti per dare maggiore assistenza. Nel continente, i bambini a rischio indigenza sono ben 19 milioni, il 19 per cento di tutti i piccoli della Ue. Stessa percentuale per gli anziani. Le donne sono il 17 per cento, una percentuale che sale al 25 per cento per coloro che non sono sposate. “La crisi internazionale - spiega il presidente delle Acli, Andrea Olivero - costringe a ripensare le forme di tutela e inclusione sociale ma anche l'economia di mercato e il modello di sviluppo”. Il presidente Olivero cita l'ultima Enciclica di Benedetto XVI, "Caritas in Veritate", e afferma che “occorre riportare l'etica nell'economia, lanciare una 'Opa etica' nel mondo dei mercati, delle banche, delle multinazionali”. A rischio povertà anche gli italiani che negli anni sono stati costretti a emigrare. E pensare che nel 2011 sono previsti tagli del 20 per cento rispetto al 2010 per i fondi destinati alla loro assistenza e integrazione. Un fatto grave per Andrea Olivero:

    R. - Oggi, non tutti costoro vivono in condizioni particolarmente felici: in questi anni si erano costruiti progetti, tra l’altro poco costosi, che servivano per aiutare a dare quel minimo di assistenza sanitaria integrativa che era indispensabile. I tagli ai fondi di quest’anno - un ulteriore 20 per cento - diventano, in realtà, la fine di questo processo, segnano una ulteriore divisione tra gli italiani d’Italia e quelli del mondo. Questo rappresenta anche la rottura di un patto di solidarietà che - bisogna riconoscere - gli italiani nel mondo hanno mantenuto.

    D. - La metà degli espatriati ha meno di 40 anni, ma senza fondi non si riescono nemmeno a fare progetti di ricerca in cui gli italiani, in qualche modo, possono poi essere decisivi all’estero…

    R. - Noi stiamo iniziando a seguire le nuove generazioni che stanno viaggiando, che stanno girando con sensibilità diverse rispetto a quelle degli anni passati, ma con grandissime potenzialità. C’è bisogno, però, di assistere; c’è bisogno, però, di avere delle risorse per fare dei progetti comuni e per sostenerli in una integrazione efficace, che faccia sì che gli italiani possano diventare protagonisti anche nelle diverse società in cui vanno ad operare. E tutto questo a grande beneficio dell’Italia, del suo export, ma anche del suo buon nome che diventa poi la principale modalità per essere apprezzati e per poter essere riconosciuti, per poter giocare quindi un ruolo rilevante all’interno dello scacchiere internazionale.(mg)

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa 33.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il passo del Vangelo in cui, mentre alcuni parlano delle belle pietre che ornano il Tempio di Gerusalemme, Gesù parla della fine dei tempi caratterizzati da calamità naturali, segni terrificanti dal cielo e persecuzioni. Ma avverte di non lasciarsi ingannare da quanti diffondono profezie catastrofiste sulla fine del mondo. Poi, riguardo ai suoi discepoli, Gesù dice:

    "Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita".

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Siamo davanti alla grandezza del Tempio: Gesù avverte che non saranno le pietre a salvare le nostre vite, ma ben altro. È un linguaggio apocalittico, cioè intende parlare degli eventi futuri, conclusivi della storia, e con parole tipiche della mentalità ebraica di fronte al futuro: immaginato con tanta fantasia e con simbologie di catastrofi cosmiche. Però Gesù non vuole incutere paura, ma scuotere le coscienze, perché si viva con atteggiamento di impegno e speranza, di vigilanza e fedeltà. Dio certamente irrompe dal futuro, ma non per annientare furiosamente ogni cosa, ma per accogliere nel suo Regno tutti coloro che lo hanno amato e servito con cuore generoso e hanno creduto nella forza trasformatrice dell’amore e della solidarietà. A questo servono le parole di Gesù: incoraggiare ad andare incontro a Dio che viene, con fiducia e passione per il Regno atteso. Certi gruppi spirituali, frenetici nel sognare catastrofi e nell’alimentare ansie e paure, non hanno capito niente con le loro pseudoprofezie. Sono dei ciarlatani. Eppure tanti abboccano, nonostante che Gesù ci abbia fin da allora avvertiti. Ma perché ci sono tanti ingenui in giro che abboccano a queste fantasie malate?

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    Chiesa e Società



    Messico: indicazioni dei vescovi ai parroci per proteggere i fedeli dalla violenza

    ◊   La Conferenza episcopale messicana (Cem) ha autorizzato i sacerdoti delle zone più colpite dalla violenza che affligge il Paese a sospendere le celebrazioni o a spostare l'orario delle Messe, al fine di "proteggere la popolazione", hanno detto fonti della Cem. "Dobbiamo prevenire situazioni che possono verificarsi, per evitare il pericolo, e prendere delle misure appropriate per proteggere la popolazione" ha detto all’agenzia Efe padre Manuel Corral, responsabile delle Pubbliche relazioni della Cem. Il Segretario generale della Conferenza episcopale e vescovo di Texcoco, mons. Victor Rene Rodriguez, ha annunciato durante la 90.a Assemblea plenaria della Cem che ogni parroco può spostare gli orari delle Messe, dei corsi e delle altre attività pastorali pomeridiane, se necessario, ma in nessun caso debbono abbandonare il loro posto. Solo in questo anno 2010 la lotta tra clan per il traffico della droga ha causato in Messico circa 10.000 morti violente secondo i dati riportati dalla stampa. In linea di principio questa disposizione riguarda gli Stati del nord, come Tamaulipas, Nuevo Leon e Sinaloa, ha detto padre Corral, anche se la situazione in alcune parrocchie di altri settori come Michoacán, Veracruz e la parte alta (Sierra) di Puebla, ha già indotto alcuni parroci a modificare l'orario della Messa o addirittura ad annullare una celebrazione per prevenire atti di violenza. Fonti locali dell’agenzia Fides, che per motivi di sicurezza non possono essere citate, rilevano che molti sacerdoti sono ricattati o minacciati perché aiutano la gente più bisognosa, mentre altri sacerdoti devono tacere davanti alla loro comunità quando sono minacciati da persone sospette o apertamente aderenti a clan o bande. “Non è sempre facile dire di no al battesimo di un bambino di una famiglia che collabora con queste bande, o continuare a celebrare la Messa quando riconosci diversi elementi non graditi alle autorità che entrano in chiesa in quel momento, o benedire una casa o un’autovettura di una persona che sembra molto corretta ma che tuttavia appartiene a questi gruppi pericolosi della società” sottolinea la fonte della Fides. (R.P.)

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    Giornale arabo: "Cristiani in Medio Oriente essenziali per la sopravvivenza del mondo arabo"

    ◊   “I cristiani sono una parte essenziale del Medio Oriente. Lo stesso Gesù è nato in Palestina e si è fatto battezzare sulle rive del Giordano. I popoli arabi dovrebbero coesistere con loro e difenderli”. E’ quanto afferma Mshari Al -Zaydi, giornalista saudita ed esperto di Islam dell’Asharq Al-Awsat, giornale arabo con sede a Londra. In un articolo dal titolo “Ai nostri cittadini arabi cristiani” pubblicato oggi e ripreso dall'agenzia AsiaNews, Mshari analizza la drammatica situazione dei cristiani in Medio oriente, partendo dal recente attentato contro la chiesa di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso di Baghdad. “Il sanguinoso assalto di Baghdad – afferma - ha aperto le porte sulla grande questione dei cittadini cristiani nei Paesi del Medio Oriente e la loro futura presenza nella regione, ma ha anche aperto una ferita nel mondo arabo e islamico e ora dobbiamo comprendere quali sono le ragioni di questa crisi”. Mashari sottolinea che quanto accaduto in Iraq è solo l’ultimo capitolo di una campagna di sangue che ha come obiettivo tutti i cristiani iracheni, da Mosul a Baghdad. “Quello che sta accadendo in Iraq – continua – non può essere imputato solo alla diminuzione di sicurezza dovuta allo stallo politico. Non si può nemmeno dire che gli attacchi contro i cristiani sono il risultato della presenza americana nella regione o un piano segreto per mettere l’uno contro l’altro gli iracheni”. Il giornalista cita oltre al caso iracheno, altre situazioni di attacchi e di intolleranza contro i cristiani e altre minoranze, in Egitto, Libano, Yemen e altri Paesi a maggioranza musulmana. Citando l’intellettuale libanese Radwan al-Sayyd, Mshari fa notare che la situazione vissuta dai cristiani non dipende solo dalla crescita dell’estremismo islamico e della sua retorica contro l’occidente. Egli sottolinea che anche la crisi economica contribuisce all’esodo dei cristiani ed è spesso il reale pretesto degli attacchi contro le minoranze. Mshari sottolinea che i cristiani hanno partecipato a fianco dei musulmani nella costruzione delle varie Nazioni arabe. “Le idee di quegli anni – dice – sono servite e continuano a servire come categorie di identità politica, che hanno raccolto molti intellettuali arabi, cristiani e musulmani, in movimenti moderati e non settari”. Per il giornalista è necessario riconsiderare la natura del mondo arabo a partire da quelle idee che in passato erano riuscite ad allontanare l’influenza dell’estremismo religioso, prendendo il meglio dalle varie fedi. “Se la presenza cristiana viene completamente rimossa dal mondo arabo – continua - questa regione sarà caratterizzata esclusivamente da musulmani e perderà la sua identità araba”. “Il pluralismo – afferma ancora Mshari – è la miglior protezione contro l’ignoranza e l’intolleranza”. (R.P.)

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    L'Onu: il 24 marzo Giornata per il diritto alla verità dedicata a mons. Romero

    ◊   L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha deciso che il 24 marzo sarà la Giornata internazionale per il diritto alle verità, dedicata al vescovo salvadoregno mons. Oscar Romero, che proprio in questo giorno, nel 1980, venne ucciso mentre celebrava la Messa. La motivazione di questa dedica sta nelle volontà di rendere un giusto tributo al vescovo di El Salvador, instancabile difensore dei diritti umani fino al suo martirio: il giorno in cui fu trafitto con un colpo alla giugulare mentre elevava l’ostia dell’Eucaristia, infatti, il vescovo aveva pronunciato un’omelia in cui accusava il governo del Paese, di sacrificare bambini innocenti per aggiornare le mappe dei campi minati. Il suo assassino è un sicario pagato probabilmente dall’estrema destra del Paese: secondo le indagini di una commissione interna dell’Onu, probabile mandante dell’omicidio fu il Maggiore dell’esercito e fondatore del partito d’opposizione Alleanza Repubblicana nazionalista (Arena), Roberto D’Abuisson. La decisione di dedicare la Giornata a mons. Romero, è stata appoggiata da 45 Paesi membri dell’Onu: la prima mozione presentata alle Nazioni Unite in questa direzione, è stata quella del presidente salvadoregno Mauricio Funes per il 30.mo anniversario della morte del vescovo, occasione in cui il capo dello Stato chiese perdono alla nazione e alla Chiesa cattolica per il crimine che ha commosso il mondo. (R.B.)

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    El Salvador: l’Università Centroamericana ricorda i Gesuiti uccisi 21 anni fa

    ◊   I salvadoregni renderanno tributo ai Gesuiti uccisi 21 anni fa per mano dei militari con una serie di attività culturali e il corteo storico tradizionale delle "Piccole lanterne" (farolitos). "Durante tutta la giornata di domani, ci saranno gruppi e intere comunità che disegneranno dei tappeti con il sale in tutta la Universidad Centroamericana (UCA)" ha detto ai giornalisti il vice direttore del “Centro monsignor Romero”, Rafael de Sivatte, che ha inoltre dato notizia della marcia dei "farolitos", della celebrazione di una Messa e di una veglia. Secondo Rafael de Sivatte - riferisce l'agenzia Fides - si aspettano durante tutta la giornata circa 10mila persone, gente "da tutte le parti del Paese, contadini e intellettuali", così come visitatori provenienti dagli Stati Uniti, dalla Spagna e da altri paesi della America centrale. Infatti cinque dei Gesuiti uccisi erano spagnoli. Durante la veglia verranno lette alcune poesie e si eseguiranno canti e danze locali. “Con queste attività si cerca di mantenere viva la loro memoria e la loro presenza. La loro scelta cristiana in favore dei poveri è ancora viva, non è morta” ha detto ancora de Sivatte spiegando che “il 16 novembre ci sarà un atto più sobrio, un atto accademico universitario”, di solito viene anche celebrata una Messa alla quale partecipano circa 1.200 persone. Le attività commemorative sono iniziate la settimana scorsa, con una mostra bibliografica in memoria dei martiri Gesuiti presso la Biblioteca della Uca. Fra gli atti culturali c’è anche la partecipazione della Pontificia Università Javeriana di Bogotà, in Colombia, con un documentario dal titolo “Chile”. I 6 Gesuiti assassinati il 16 novembre 1989 erano 5 spagnoli e un salvadoregno, fu uccisa anche la loro cuoca e la figlia di questa. Il massacro fu una vendetta contro la posizione critica dei sacerdoti da parte del gruppo Atlacatl dell’esercito salvadoregno, quando si combatteva contro il Frente Farabundo Marti de Liberacion Nacional. Questa organizzazione diventò poi partito politico e da giugno governa il Paese. (R.P.)

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    Malaysia: messaggio del Papa al Seminario sulla Sacra Scrittura in lingua cinese

    ◊   Benedetto XVI incoraggia i partecipanti al IX Seminario della Sacra Scrittura in lingua cinese a promuovere la lettura della Bibbia. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese ripreso dall'agenzia Fides), nel messaggio firmato dal Segretario di Stato, cardinale Tarciso Bertone, il Papa auspica che “il Seminario diventi occasione di incontro e di rinnovamento nel Signore per tutti. Inoltre il Santo Padre invoca l’intercessione di Maria, Stella dell’Evangelizzazione, inviando la sua Benedizione Apostolica come pegno della grazia divina”. Circa 120 delegati prevenuti dall’Asia, dall’Europa e dall’Oceania prendono parte al IX Seminario della Sacra Scrittura in lingua cinese, organizzato dalla “Federation of Chinese Catholic Biblical Association”, che si svolge a Kuala Lumpur, in Malaysia, fino al 15 novembre. In coincidenza con i lavori del Seminario, che ha per tema “Vivere la Parola di Dio e sviluppare il Regno di Dio”, è stata pubblicata l’Esortazione apostolica postsinodale “Verbum Domini” che ribadisce la necessità di “riscoprire sempre più l’urgenza e la bellezza di annunciare la Parola, per l’avvento del Regno di Dio, predicato da Cristo stesso”. Durante i lavori del Seminario i partecipanti hanno fatto riferimento anche al Messaggio finale del Sinodo “al popolo di Dio”. (R.P.)

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    Conclusa a Nairobi la Conferenza dei teologi africani

    ◊   Si è conclusa ieri a Nairobi, in Kenya, la Conferenza panafricana dei teologi del continente. Nel corso dell’ultima giornata di lavori, si è parlato di come i testimoni del Regno di Dio in Africa, debbano confrontarsi con le gravi sfide ecologiche: la teologia s’interroga da tempo su queste sfide e si propone di tornare ai valori africani tradizionali che ci aiutano a proteggere e rispettare la natura. La Chiesa, quindi, in Africa deve vigilare affinché all’interno delle società locali il Vangelo di Cristo sia annunciato in modo preciso e questo messaggio possa arrivare a tutti e aiutare, così, l’Africa ad andare avanti. Il continente, infatti, hanno sostenuto alcune delle personalità intervenute, non è veramente indipendente, nonostante lo sia sulla carta da oltre 50 anni, ma è diretto da lontano da poteri esterni a esso, che lo controllano e lo sfruttano soprattutto dal punto di vista economico. L’Africa, infine, deve aprirsi al mondo con i propri valori e può farlo attraverso l’ecumenismo, il dialogo con l’Islam e con le altre religioni, la liturgia e tutte le attività proprie della vita della Chiesa.

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    Kenya: appello dei vescovi per migliorare la Costituzione

    ◊   I vescovi del Kenya riaffermano la loro contrarietà a quelle parti della nuova Costituzione che pongono una minaccia “alla vita, alla famiglia, al matrimonio, all’uguaglianza o ai valori tradizionali cristiani”, ma si dichiarano disposti a partecipare al processo di attuazione e messa a punto della Carta fondamentale. Lo si afferma nel documento conclusivo, inviato all'agenzia Fides, della Assemblea plenaria della Conferenza episcopale del Kenya, tenutasi nei giorni scorsi a Malindi. “Riconosciamo che la nuova Costituzione è stata approvata (tramite il referendum del 4 agosto 2010). Di conseguenza, tutti i keniani devono ora essere coinvolti nella sua attuazione e affinazione” scrivono i vescovi keniani. “Questo processo deve procedere con cura, tenendo conto dei desideri e delle aspirazioni di tutti i keniani. Esprimiamo la nostra disponibilità a partecipare a questo processo. Questa è la nostra vocazione spirituale, fatte salve le nostre forti riserve riguardo ad alcune sezioni importanti della Carta”. Le chiese cristiane avevano preso una posizione contraria al nuovo testo costituzionale per la presenza di un articolo che apre la strada alla legalizzazione dell'aborto. I presuli si dichiarano “perplessi per la confusione e l’esistenza di vizi profondamente radicati nell’attuale leadership del Kenya. Regolamento di conti, concentrazione del dibattito politico solo sulle elezione nel 2012, saccheggio continuo delle ricchezze del Paese, non fanno ben sperare per un futuro felice e prospero del Kenya. Facciamo appello alla classe politica di ogni colore e convinzioni perché compia il lavoro per il quale è stata eletta”. Sul piano pastorale i vescovi chiedono ai fedeli di “rinnovare e approfondire la fede” attraverso la preghiera individuale e collettiva, i pellegrinaggi e la vita sacramentale, e lanciano un appello ad abbandonare il tribalismo: “l’approfondimento della nostra fede non lascia spazio al tribalismo perché siamo tutti keniani, non solo a parole ma agli occhi di Dio Onnipotente”. (R.P.)

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    Asian Human Rights: in India la tribù Mawasi continua a soffrire la fame

    ◊   In India nel villaggio di Kirahaipukhri, i bambini continuano a morire di fame: è l’appello dall’Asian Human Rights Commission (Ahrc), che denuncia la negligenza del governo dinanzi ai piccoli della tribù di Mawasi che sono morti per malnutrizione tra il 2008 e il 2009. Secondo alcune testimonianze degli abitanti del luogo, ci sarebbe una netta discriminazione basata sulle caste e il feudalesimo in vigore. Tale situazione, pertanto, ha causato una forte discriminazione nei confronti dei Mawasi da parte di coloro che lavorano nei dipartimenti forestali. Gli ufficiali sono soliti andare nei villaggi e distruggere i territori coltivati dai Mawasi, la cui popolazione è sempre sotto minaccia. L’agenzia Fides riporta un dato essenziale: la maggior parte delle famiglie è in possesso di una carta sociale, Belw the Poverty Line (Bpl). Si ha così diritto a 20 chili di cereali a prezzi agevolati, 15 chili di grano e 5 di riso, che durano al massimo una settimana a famiglia. Tuttavia, l’Ordine della Corte Suprema sul diritto al cibo, prevede la distribuzione di 35 chili di grano. I giovani Mawasi sono costretti a emigrare verso l’Uttar Pradesh o Hyderabad. (C.P.)

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    A rischio in Myanmar il rimpatrio dei rifugiati fuggiti in Thailandia

    ◊   La maggior parte dei 15mila rifugiati del Myanmar fuggiti in Thailandia all’inizio di questa settimana hanno già fatto ritorno in patria. I campi che si trovano nella provincia di Tak, Thailandia settentrionale, sono ormai vuoti da mercoledì scorso e ieri i 3mila rifugiati che si trovavano più a sud, a Sanghklaburi, sono tutti ripartiti. Molti di loro sono tornati in Myanmar, mentre altri sono rimasti sul lato thailandese del confine. Altri ancora, dopo essere tornati in Myanmar, hanno riattraversato il confine con la Thailandia dopo la ripresa dei violenti scontri in alcune aree del Paese. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) sta collaborando con le Ong e le autorità locali nel tentativo di raggiungere questi gruppi isolati di persone al fine di verificare le loro necessità. Tutto questo sta avvenendo dopo il via libera del Royal Thai Army al rimpatrio dei rifugiati. Alla luce del fatto che la situazione rimane ancora confusa e che la sicurezza è ancora a rischio, l’Unhcr sta chiedendo al governo reale della Thailandia di dare più tempo ai rifugiati prima di spingerli a fare ritorno a casa. C’è forte preoccupazione per la sicurezza di alcune persone tornate da Sanghklaburi il 10 e l’11 novembre, visto che gli scontri sono ripresi dopo il loro rientro. Al momento l’Unhcr non è in condizione di verificare la natura volontaria dei rimpatri. Nel complesso la collaborazione tra Unhcr, Ong e autorità thailandesi nel fornire aiuti ai rifugiati si sta dimostrando positiva. Benché la permanenza dei rifugiati in Thailandia sia stata estremamente breve, nei tre siti principali (Mae Sot, Pho Phra e Sanghklaburi) tutte le parti si sono coordinate bene ed è stata prestata l’assistenza necessaria. (R.P.)

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    Pakistan: imminente il rimpatrio degli sfollati nel sud Waziristan

    ◊   L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) si sta preparando per prestare assistenza al rimpatrio volontario degli sfollati in 13 villaggi del Sud Waziristan che avrà inizio il prossimo mese. Questo anche a seguito di un sondaggio condotto tra gli sfollati da quale è emerso che circa l’85% di loro vorrebbero rientrare nelle proprie case. L’Unhcr e le Ong partner hanno svolto il sondaggio su 2mila famiglie sfollate attualmente residenti nei distretti di Dera Ismail Khan e Tank, nella provincia del Khyber Pakhtunkwa, dove erano fuggite dopo un’offensiva dell’esercito pakistano contro i miliziani nell’ottobre del 2009. Si tratta di un quarto della popolazione totale di sfollati del Waziristan meridionale, che attualmente è stimata intorno alle 8mila famiglie o 56mila persone. Tra gli intervistati che hanno detto di voler tornare a casa, il 44% ha affermato di voler fare ritorno subito mentre il 26% si è dato sei mesi di tempo. Le ragioni che spingono gli sfollati a voler rientrare subito sono le migliori condizioni di sicurezza, la necessità di riprendere a coltivare i campi e di mandare i figli a scuola. Il 10% di loro ha affermato che, da quando erano fuggiti, un membro della famiglia aveva già fatto ritorno a casa.Le principali motivazioni date da coloro che ancora non si sentono pronti a tornare sono la paura per la mancanza di sicurezza, le abitazioni danneggiate, l’insufficienza di mezzi di sostentamento, di elettricità, di cibo e di strutture per l’istruzione. L’Unhcr sta assistendo i rimpatriati fornendo loro mezzi di trasporto, tende, ripari e beni di prima necessità per la casa. Sta distribuendo materiali edili per aiutare la ricostruzione delle case danneggiate. Nel Pakistan nord-occidentale, circa 700mila persone originarie delle aree tribali sono ancora sfollate dopo essere fuggite a causa di varie ondate di scontri dall’agosto 2008. Gli sfollati più recenti sono quelli provenienti dall’agenzia di Orakzai, fuggiti nel gennaio di quest’anno. La maggior parte degli sfollati vive presso le comunità di Kohat, Hangu e Peshawar in affitto o ospitati da parenti. In 97mila circa vivono nel campo di Jalozai, nel distretto di Nowshera, e tra loro ce ne sono migliaia originari dell’agenzia di Bajaur che stanno per affrontare il loro terzo inverno nel campo. (R.P.)

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    Giornata Mondiale sul Diabete: il messaggio di Ban Ki-moon

    ◊   Si celebrerà domani la Giornata mondiale sul Diabete, il cui obiettivo principale, ricorda l’agenzia Sir, è “educare le persone a rischio o quanti ne sono affetti in modo da evitare complicazioni dovute a fattori quali il fumo, e capire come gestire la propria condizione”. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, tra il 2005 e il 2030 le morti dovute a questa malattia metabolica potrebbero addirittura raddoppiare e l’80% dei casi registrati si concentra nei Paesi a basso e medio reddito. “Oggi oltre 220 milioni di persone sono affette da diabete – ha ricordato il Segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon nel suo messaggio in occasione della Giornata – e non esiste Paese che sia immune da questa malattia. La promozione di stili di vita sani può avere un impatto positivo sull’ambiente, attraverso la diminuzione del consumo di cibi ad alta lavorazione e l’aumento di attività motorie. “È inaccettabile che i malati di diabete muoiano per mancanza d’informazione, di trattamenti o di accesso ai farmaci salvavita come l’insulina – ha aggiunto il segretario generale – i governi devono fare tutto il possibile per colmare tali lacune, così che i diabetici possano recuperare ed evitare i danni che il male causa a cuore, reni e nervi”. Infine, Ban Ki-moon ha ricordato che l’Assemblea generale dell’Onu convocherà nel settembre 2011 un incontro di alto livello sul tema della prevenzione e del controllo delle malattie non trasmissibili tra cui, appunto, il diabete. (R.B.)

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    Croazia: documento dei vescovi contro la corruzione

    ◊   I vescovi croati scendono in campo contro il fenomeno dilagante della corruzione, con un documento pubblicato l’8 novembre scorso dal presidente della Commissione Justitia et Pax dell’episcopato locale, mons. Vlado Košić. L’argomento, ricorda l’agenzia Sir, era già stato evidenziato come prioritario nel corso della plenaria dei vescovi a Lovran il 21 ottobre. “Nel nostro Paese sentiamo spesso che l’Europa curerà molte delle nostre malattie, come la corruzione – scrive il presule riferendosi all’ingresso della Croazia nell’Unione europea, sempre più vicino – ma non si deve presumere che ciò comporti l’accesso a una società perfetta e senza problemi, che esistono, ma vanno affrontati e combattuti”. Mons. Košić ha poi citato il mito del capro espiatorio, “una soluzione facile a tutti i problemi sociali, particolarmente quelli difficili – ha aggiunto – troviamo dei colpevoli, li sacrifichiamo e ci comportiamo come se il problema fosse risolto, ma i problemi non si eliminano in questo modo, bensì si moltiplicano ed è quello che sta accadendo oggi nella lotta alla corruzione”. L’approccio del capro espiatorio, inoltre, “diffonde l’insicurezza a livello politico, giuridico ed economico e l’incertezza origina diffidenza. Notiamo, infatti, nella società, una diminuzione costante della fiducia nelle istituzioni sociali anche fra i croati”. Secondo il presule, infine, la guerra alla corruzione si può vincere “lavorando su leggi buone e giuste, migliorando la competenza dei dipendenti pubblici e istruendo i cittadini affinché siano in grado di assumersi responsabilità anche per decisioni difficili e rischiose”. (R.B.)

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    I Cappuccini hanno celebrato 400 anni della loro presenza in Croazia

    ◊   I Frati Minori Cappuccini della Croazia hanno celebrato 400 anni della loro presenza in quella terra. Il Ministro generale, fr. Mauro Jöhri, è stato presente alle celebrazioni con due suoi Consiglieri, invitando i Religiosi a rimanere fedeli agli ideali del carisma francescano-cappuccino e ad aprirsi alla collaborazione con i frati delle Province vicine. A conclusione della giornata fr. Željko Cestar e fr. Antonio Lovrić, hanno emesso la loro professione perpetua nelle mani del Ministro Generale. In Croazia i Cappuccini arrivarono sia dall’Austria attraverso la Slovenia, che dall’Italia. Il primo convento fu costruito a Rijeka/Fiume nel 1610, mentre nel 1618 veniva aperto quello di Zagabria. Primo cappuccino croato è stato fr. Andrea (Benedetto) Bare, morto martire nel 1635. Oggi la Provincia Croata, che ha come suo patrono San Leopoldo Bogdan Mandić, conta 50 Religiosi distribuiti in 8 fraternità. (A cura di padre Egidio Picucci)

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    Milano: il cardinale Tettamanzi inaugura il Centro “Casa Mara” per i senza tetto

    ◊   Sarà inaugurato questo pomeriggio alle 16.30 il nuovo centro di accoglienza per senza tetto che aprirà nel quartiere di Villapizzone a Milano, con la benedizione dell’arcivescovo della città, cardinale Dionigi Tettamanzi. Il Centro si chiamerà “Casa Mara”. All’inaugurazione saranno presenti anche il vicepresidente della Fondazione Cariplo, Mariella Enoc e il vicedirettore di Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti. A gestire il Centro e ad aiutare gli ospiti ad abbandonare definitivamente la vita di strada sarà un’equipe di operatori e volontari, composta da 15 persone dell’associazione Cast (Centro di assistenza sociale territoriale) che hanno seguito un corso di formazione presso la Caritas ambrosiana. Notevoli, per la realizzazione del Centro, sono stati l’apporto finanziario della Fondazione Cariplo e il contributo parrocchiale. La nuova struttura “Casa Mara” rientra nel progetto “Emergenza e dimora” della Fondazione Cariplo. Il progetto prevede che i senza dimora possano essere ospitati anche in altre due strutture messe a disposizione della parrocchia in zone limitrofe. (C.P.)

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    Messa per i cristiani in Iraq nella parrocchia romana di Sant'Ippolito

    ◊   Una Santa messa per i cristiani dell’Iraq, vittime del tragico attentato del 31 ottobre alla cattedrale siro-cattolica di Baghdad, sarà celebrata domani alle ore 19 nella parrocchia romana di sant’Ippolito in viale delle Province. L’iniziativa è promossa dall’Ufficio per la Pastorale delle Migrazioni, dal Centro missionario diocesano e all’Ufficio catechistico della diocesi di Roma. Ad officiare la celebrazione eucaristica sarà mons. Jules Mikhael Al- jamil, arcivescovo di Takrit dei Siri e Tagritum, procuratore a Roma del Patriarcato di Antiochia dei Siri. La Messa sarà animata dalle comunità cattoliche egiziana copta e libanese maronita presenti a Roma, oltre che dalla parrocchia stessa. È prevista un’ampia partecipazione soprattutto di sacerdoti e suore irachene. (C.P.)

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    Le Confraternite d'Italia riunite a Roma: domani in Piazza San Pietro la Messa presieduta dal cardinale Bertone

    ◊   Al via oggi a Roma, il XIX Cammino di fraternità delle Confraternite d’Italia, promosso dalla Confederazione nazionale delle Confraternite diocesane, eretta dalla Conferenza episcopale italiana nell’anno 2000. Lo svolgimento della due giorni di preghiera e riflessione prevede per oggi, al Seminario Maggiore, l’incontro tra i Primiceri, gli Assistenti ecclesiastici e i Padri Spirituali delle Confraternite con il vescovo mons. Armando Brambilla, assistente ecclesiastico della Confederazione. Seguirà il convegno: “ I Giovani e le Confraternite”, al quale interverranno Francesco Antonetti, presidente della Confederazione, il vescovo Brambilla e l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione. Domani i membri dei sodalizi si raduneranno in Piazza S. Pietro per partecipare alla Santa Messa presieduta dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone e alla preghiera mariana dell’Angelus di Benedetto XVI. (M.V.)

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    Festa ad Aversa a 20 anni dalla visita di Giovanni Paolo II al Santuario di Casapesenna

    ◊   Festa, domani, nella diocesi di Aversa, per il 20.mo anniversario della visita di Giovanni Paolo II al Santuario Mia Madonna e Mia Salvezza a Casapesenna, che si trova in provincia di Caserta. Le celebrazioni inizieranno alle 17.30 con una Messa solenne presieduta da mons. Mario Milano, vescovo di Aversa, al termine della quale sarà benedetta ed esposta una gigantografia del Pontefice insieme alla preghiera che pronunciò durante la visita pastorale. A seguire, il programma prevede una conferenza di presentazione del nuovo sito web del Santuario, della rivista speciale e del libro biografico a cura di don Salvatore Vitale, fondatore della comunità religiosa locale “La piccola casetta di Nazareth”, alla presenza dei giornalisti Franco Musto, Domenico Falco, vicepresidente dell’Ordine della Campania, e Antonio Chilà, caporedattore dell’Osservatore Romano. (R.B.)

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    24 Ore nel Mondo



    Vertice Apec in Giappone. Obama critica la politica economica cinese

    ◊   Dopo le aspettative deluse del vertice G 20 di Seul, continua il dibattito internazionale sull’economia. Sullo sfondo sempre la crisi, che, in varia misura, ha colpito tutti Paesi. Stamani si è ufficialmente aperto a Yokohama, in Giappone, il vertice economico Apec, al quale partecipano i Paesi della regione Asia-Pacifico. Tra i protagonisti, Stati Uniti, Cina, Russia e Giappone. Il presidente americano, Obama, ha ribadito il ruolo primario dell’economia del suo Paese ed ha nuovamente criticato la politica cinese, basata su una moneta debole che favorisca esclusivamente le esportazioni. In evidenza anche il confronto tra Mosca e Tokyo sull’annosa vicenda del possesso delle contese Isole Kurili. Il premier nipponico Kan ha criticato il presidente russo Medvedev per la recente visita nell’arcipelago. Stesso atteggiamento di Tokyo nei confronti della Cina, per la sovranità delle isole del Mar della Cina, amministrate dal Giappone, ma rivendicate da Pechino.

    Irlanda
    L'Irlanda non e' la Grecia ed e' in grado di gestire bene i suoi problemi di bilancio. Lo ha sottolineato il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, Dominique Strauss-Kahn, a margine del vertice Apec in corso in Giappone. Tuttavia, se necessario - ha aggiunto - il Fondo è pronto ad aiutare Dublino. L'Irlanda finora ha detto di non aver chiesto formalmente aiuto all'Unione europea anche se alcune fonti riferiscono che sono in corso colloqui.

    Bce, Trichet
    Per il presidente della Banca Centrale europea Trichet le proposte di riforma del patto Ue non sono sufficienti. Il numero uno dell’istituto di Francoforte ha precisato che l'Unione europea ha bisogno di “procedure più snelle in caso di deficit eccessivo, in modo che l'azione correttiva venga presa nei tempi giusti”.

    Afghanistan
    In Afganistan due attacchi della guerriglia . Almeno otto vittime – sei civili e due poliziotti - per una motocicletta bomba esplosa in un mercato di Kunduz, nel nord del Paese. In precedenza, i talebani avevano assaltato l’aeroporto di Jalalabad e la vicina base Nato. Otto i ribelli rimasti uccisi durante gli scontri con le forze di sicurezza locali e internazionali intervenuti prontamente.

    Iraq
    Soddisfazione della Comunità internazionale per l’accordo raggiunto tra i partiti iracheni per la formazione del nuovo governo. L’ultimo a complimentarsi con i vertici di Bagdad è stato il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che in una nota ha parlato di “un grande passo avanti nel processo democratico del Paese”.

    Arabia Saudita
    In Arabia Saudita. Il Re Abdullah, messo a riposo dai medici per problemi di salute, ha incaricato il secondo vicepremier di supervisionare il pellegrinaggio annuale alla Mecca (Haj), per il quale fino a due milioni di persone sono attese in questi giorni ai luoghi santi dell'Islam.

    Egitto
    In Egitto sgominata nei giorni scorsi una cellula terroristica attiva nella penisola del Sinai, composta da una ventina di estremisti islamici di nazionalità egiziana e palestinese. Il gruppo mirava a colpire i turisti israeliani presenti nelle località terroristiche della zona.

    Italia
    Sono ore decisive per il futuro della legislatura. Pd e Italia dei valori hanno presentato alla Camera la mozione di sfiducia contro il Governo. L’Udc intende concertare una decisione insieme ai finiani di Futuro e Libertà; mentre il Pdl ha presentato in Senato una mozione di sostegno al Governo. Intanto il premier Berlusconi è tornato dal G20 di Seul deciso a non dimettersi. Servizio di Giampiero Guadagni:

    Prima l’approvazione della Finanziaria, che ha avuto questa mattina il via libera della Commissione Bilancio della Camera e che viene considerata una priorità dal capo dello Stato e da tutte le forze politiche. Subito dopo ci sarà il chiarimento in Parlamento sulla situazione politica. Chiarimento che avverrà a colpi di mozioni contrapposte tra maggioranza e opposizione; con i finiani intenzionati ad una mozione propria, forse comune con i centristi. E intanto già lunedì Futuro e Libertà potrebbe ritirare la propria delegazione dal Governo. Il presidente della Camera, dopo l’incontro di giovedì scorso con Bossi, aspetta una risposta dal premier alle sue richieste: dimissioni di Berlusconi e allargamento della maggioranza all’Udc. Su quest’ultima ipotesi c’è l’apertura del Pdl, ma resiste il no della Lega. Quanto alle dimissioni, il premier non è intenzionato a pensarci e il Pdl ribadisce che l’unica alternativa ad un Governo guidato da Berlusconi sono le elezioni anticipate. Ipotesi che peraltro allarma le parti sociali, preoccupate per le conseguenze sulla situazione economica e sociale. Berlusconi comunque sfida Fini a sfiduciarlo in Parlamento. Il presidente della Camera esclude di voler attuare ribaltoni politici e spiega di voler rimanere nel perimetro del centrodestra. Ma il segretario del Pd Bersani lo invita alla coerenza, a votare dunque la mozione di sfiducia e a lavorare per un governo di transizione, che affronti legge elettorale ed emergenza economica. Poco fa è intervenuto anche il presidente del Senato Schifani, per il quale chi ha vinto le elezioni ha il dovere di governare. E intanto botta e risposta tra Fini e il quotidiano Avvenire, che nei giorni scorsi aveva criticato alcune prese di posizione sul tema della famiglia. “Non voglio parificare matrimonio e unioni di fatto, specie quelle omosessuali - scrive oggi la terza carica dello Stato - ma fare incontrare diverse concezioni etiche presenti nella nostra società”. Replica il direttore di Avvenire Tarquinio: è una strada scivolosa, c’è il rischio di finire nel burrone giuridico di matrimoni di serie B. Tarquinio ricorda che l’idea di famiglia che i cattolici considerano un valore non negoziabile è quella naturale, un bene civile da preservare e su cui lo Stato dovrebbe puntare e fare leggi.

    Somalia
    Tornano in azione i pirati somali. Hanno catturato un cargo con a bordo 29 marinai di nazionalità cinese. E’ successo ieri sera a largo delle coste del Paese africano. Intanto è sempre instabile la situazione a Mogadiscio. Nuovi scontri tra esercito e ribelli al Shabab, scoppiati nei giorni scorsi, hanno provocato la morte di almeno 11 persone. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 317

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