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Sommario del 08/11/2010

Il Papa e la Santa Sede

  • Il congedo di Benedetto XVI dalla Spagna: preservate il vostro patrimonio spirituale. La commovente visita tra i bambini ospiti del "Nen Deu"
  • Testimonianze e bilanci del 18.mo viaggio apostolico del Papa nelle parole del cardinale Sistach e di padre Lombardi
  • "Drogati e vittime di ogni forma di dipendenza": la Chiesa chiede di pregare in particolare per loro in questo mese di novembre
  • Cinque vescovi anglicani si uniscono alla Chiesa cattolica
  • Il cardinale Tauran a Teheran per il settimo Colloquio interreligioso con l'"Islamic Culture and Relations Organisation"
  • Messa del Pontificio Consiglio per i Migranti in suffragio del cardinale Fumio Hamao, a tre anni dalla morte
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Elezioni in Myanmar, denunce di brogli ai seggi. Intervista con l'inviato europeo, Piero Fassino
  • A Milano, l'apertura della Conferenza nazionale sul tema "Famiglia, storia e futuro di tutti"
  • “Noi l’Italia”: in mostra le opere de “Gli Amici” della Comunità di Sant’Egidio
  • Chiesa e Società

  • Conclusi a Sofia i lavori dell'incontro dei vescovi orientali cattolici d'Europa
  • Pakistan. La denuncia della società civile: "Gli aiuti non arrivano agli alluvionati"
  • Apertura dei lavori della Conferenza panafricana sul tema: “La Chiesa in Africa, 50 anni dopo le indipendenze. Riflessioni teologiche e pastorali”
  • Sudan: assemblea dei vescovi sul referendum sulla separazione del Sud del Paese
  • Cile: il patriarca Twal chiede preghiere per la pace in Terra Santa
  • Paraguay: Lettera pastorale dei vescovi per il bicentenario dell’indipendenza
  • Argentina: la Chiesa chiede la “riabilitazione etica della politica”
  • Cuba: la Chiesa punta sulle “case di missione” per una presenza più attiva nella società
  • Sri Lanka: i vescovi chiedono al Governo un futuro di pace e unità dopo 25 anni di guerra civile
  • L’Onu denuncia violenze sessuali sui congolesi espulsi dall’Angola
  • Congo: almeno otto morti per una nuova epidemia simile alla polio
  • Siria: in aumento il fenomeno del lavoro minorile tra le famiglie dei piccoli agricoltori
  • Il Jesuit Refugee Service celebra 30 anni di attività al fianco dei rifugiati
  • Francia: i vescovi danno il via ad un anno di mobilitazione sulla famiglia
  • Prima donna-rabbino in Germania dopo la Shoah
  • Spagna: è morta a Pamplona la teologa tedesca Jutta Burggraf
  • Laici testimoni della fede nel nuovo libro sulla storia del cristianesimo in Corea del Sud
  • Inondazioni in Veneto. Il patriarca di Venezia: “Riconsiderare la natura come creato”
  • Macerata: al via il ciclo di concerti per il IV centenario della morte di padre Matteo Ricci
  • 24 Ore nel Mondo

  • Sì degli Usa al seggio permanente dell’India all’Onu: lo annuncia Obama al Parlamento di New Delhi. Forti critiche per le elezioni rubate in Birmania
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il congedo di Benedetto XVI dalla Spagna: preservate il vostro patrimonio spirituale. La commovente visita tra i bambini ospiti del "Nen Deu"

    ◊   "Rientro a Roma dopo aver visitato solo due luoghi della vostra meravigliosa terra. Ma con la preghiera ho desiderato abbracciare tutti gli spagnoli, senza eccezione alcuna”. Sono parole pronunciate dal Papa ieri sera, durante la cerimonia di congedo all’aeroporto internazionale di Barcellona, alla presenza dei re di Spagna e dell’arcivescovo di Barcellona, il cardinale Sistach. Poco prima, la visita all’Obra Benefico Social del Nen Deu, dove Benedetto XVI ha auspicato che gli sviluppi nel campo medico non vadano mai a discapito del rispetto della vita e della dignità umana. Prima della partenza per Roma, in aeroporto un breve incontro privato con il premier spagnolo Zapatero. Il servizio del nostro inviato a Barcellona Paolo Ondarza.

    (Canto bimbi Nen Deu)

    Un incontro gioioso e commovente ha chiuso il 18.mo viaggio apostolico di Benedetto XVI in Spagna. Il Papa è stato introdotto nell’intimità familiare del Nen Deu, un istituto che dal 1892 a Barcellona significa “casa” per i piccoli pazienti disabili che lo abitano con le loro famiglie. Queste ultime – come ricordato dalla superiora responsabile della comunità suor Maria Rosario – pur nelle difficoltà hanno detto “sì alla vita”. Incontrando la comunità dell’Obra Benefico Social, il Papa ha voluto esprimere riconoscenza alle autorità e a tutti coloro che sostengono entità assistenziali di questo tipo, invitando nel contempo a non stancarsi mai nel servire il prossimo:

    “En aquests moments, en els quals moltes llars...
    In questi momenti, in cui molte famiglie sperimentano serie difficoltà economiche dobbiamo moltiplicare, come discepoli di Cristo, i gesti concreti di solidarietà, tangibile e continua, mostrando così che la carità è il distintivo del nostro essere cristiani”.

    Per il cristiano – ha spiegato Benedetto XVI – ogni uomo è un vero santuario di Dio, che deve essere trattato con sommo rispetto e affetto, soprattutto quando si trova nel bisogno e nella malattia. “Tutto quello che avrete fatto a uno solo di questi miei piccoli, l’avete fatto a me”: le parole di Gesù – ha proseguito – hanno spinto molti figli della Chiesa a dedicare la vita ai malati e ai diversamente abili. E se nella cura molto hanno contribuito i progressi della medicina – ha ammonito il Papa – è bene che questi non vadano mai a detrimento del rispetto per la vita e la dignità umana. In questo modo – ha proseguito - coloro che soffrono disabilità psichiche o fisiche potranno ricevere l’amore e l’attenzione e così sentirsi valorizzati come persone.

    Toccante la testimonianza di una delle piccole ospiti dell’Obra Benefico Social:

    “En nombre de mis compañeros del Niño Dios...
    A nome dei miei compagni, voglio ringraziarla per essere venuto a casa nostra e per averci fatto sentire felici: perché anche se siamo diversi, il nostro cuore ama come tutti gli altri cuori e desideriamo essere amati”.

    Il sorriso dei piccoli pazienti si è riflesso in quello del Papa che così ha lasciato l’Istituto:

    “Queridos niños y jovenes, me despido de vosotros...
    Cari bambini e giovani, mi congedo da voi rendendo grazie a Dio per le vostre vite, così preziose ai suoi occhi, e assicurandovi che occupate un posto molto importante nel cuore del Papa. Prego per voi tutti i giorni e vi chiedo di aiutarmi con la vostra preghiera a compiere con fedeltà la missione che Cristo mi ha affidato”.

    (applauso)

    Incontenibile l’entusiasmo nell’Istituto, così come grande è stato il calore con cui la gente ha abbracciato il Papa nel percorso che lo ha condotto in automobile all’aeroporto di Barcellona.

    (applausi e cori)

    Qui, salutato da re Juan Carlos I e dai cori dei numerosi fedeli accorsi, Benedetto XVI ha ringraziato per l’ospitalità ricevuta, poi ha ripercorso le tappe del viaggio a partire da Santiago, pellegrino tra i pellegrini, per confermare come successore di Pietro i fratelli nella fede e rinvigorire le radici cristiane dell’Europa:

    “Preservar y fomentar ese rico patrimonio espiritual...
    Preservare e accrescere questo ricco patrimonio spirituale è segno non solo dell’amore di un Paese verso la propria storia e cultura, ma è anche una via privilegiata per trasmettere alle giovani generazioni quei valori fondamentali necessari per edificare un futuro di convivenza armoniosa e solidale”.

    I pellegrini giungevano a Santiago da tutta Europa, ma avevano il linguaggio comune del Vangelo al di là delle differenze nazionali. “La fede – ha auspicato Benedetto XVI – trovi nuovo vigore in questo Continente e si trasformi in fonte di ispirazione, facendo crescere la solidarietà e il servizio verso tutti.

    Quindi, il Santo Padre ha ricordato la dedicazione della Basilica della Sagrada Familia a Barcellona: l’opera di Gaudí – ha detto – insegna che la bellezza, la santità e l’amore di Dio portano l’uomo a vivere nel mondo con speranza.

    (Applausi e cori)

    Ad una folla che lo acclamava ininterrottamente il Papa ha risposto con sguardi e gesti, segni eloquenti di gioia e affetto per una terra tanto amata.

    Al rientro dal viaggio apostolico in Spagna, Benedetto XVI ha avuto il tradizionale scambio di telegrammi con i capi di Stato dei Paesi sorvolati. In quello al presidente francese, Nicolas Sarkozy, il Papa ha augurato “abbondanti benedizioni” per il Paese, mentre al presidente italiano, Giorgio Napolitano, il Pontefice ha assicurato “una speciale preghiera per il bene e la concordia della nazione”. “La sua missione – è stata la replica del presidente italiano – è stata, anche in questa circostanza, fonte d’ispirazione attraverso parole che hanno toccato i sentimenti di tutti gli uomini di buona volontà”.

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    Testimonianze e bilanci del 18.mo viaggio apostolico del Papa nelle parole del cardinale Sistach e di padre Lombardi

    ◊   L’affetto che ha circondato Benedetto XVI sia in Galizia che in Catalogna è rimasto come un segno per quanti, in Spagna, hanno seguito da vicino le parole e i gesti del Papa, durante la sua visita. L'arcivescovo di Barcellona, il cardinale Lluíz Martínez Sistach ne dà una testimonianza a caldo al microfono del nostro inviato nel capoluogo catalano, Paolo Ondarza:

    R. – Sono molto soddisfatto di questo viaggio di Benedetto XVI a Barcellona. Lui è venuto con uno spirito di affetto per la nostra città, per la nostra Chiesa, per le altre Chiese, per tutta la Spagna. Anche l’accoglienza dei cittadini di Barcellona è stata molto affettuosa. La celebrazione della dedicazione della chiesa della Sagrada Familia, adesso basilica, è stata una celebrazione molto bella liturgicamente, un po’ come se la Gerusalemme celeste fosse presente in questo mondo.

    D. – Eminenza, da quello che ha potuto vedere e constatare in questi giorni tra la visita di Santiago de Compostela, prima, e poi quella nella sua diocesi a Barcellona, che cosa ha colpito di più la gente?

    R. – Ha colpito molto il Papa, che è un Papa molto aperto a tutti, che dà un messaggio lucidissimo, che capiscono tutti. E’ profondo e intellegibile. Non è facile riuscire ad armonizzare i due aspetti, ma il Papa questo lo fa. Credo che le persone che non hanno fatto molti studi, che non si considerano intellettuali, capiscano il messaggio di un intellettuale qual è il Papa. Questo è un dono, una grazia, un carisma del nostro Papa, come pure la sua vicinanza a tutte le persone, il suo affetto.

    D. – Anche le proteste, che qualcuno aveva annunciato per l’arrivo del Santo Padre, non hanno offuscato la visita…

    R. – No, grazie a Dio. Né a Santiago e, anche se c’è stata qualche protesta, neanche a Barcellona. Questo grazie anche alla capacità del Papa di stare come il Buon pastore, come Pietro che viene a visitare le Chiese. Lo hanno ricevuto tante persone: c’erano moltissimi giovani, moltissimi bambini e coppie - questo mi ha colpito e ha colpito anche il Papa - ed erano per le strade, non soltanto nella Sagrada Familia.

    D. – Eminenza, questa visita di due giorni ha mostrato il volto di quella parte della Spagna fiera delle proprie radici cristiane e di cui poco si parla però nei giornali. Questo volto adesso è stato mostrato ed è stato sotto gli occhi di tutti…

    R. - Sì, io penso soprattutto alla gioventù, che cerca un senso alla vita, cerca la verità, una verità che illumini il futuro. Il Papa parla loro e parla di Gesù. Certamente, sono giovani del nostro tempo, con tutte le contraddizioni, ma sempre con il desiderio di cercare e trovano nel Papa un’icona della verità. Forse, non capiscono tutto, ma vedono che c’è qualche cosa di autentico e di coerente che riempie il suo cuore. (bf)

    E per un bilancio complessivo di questo 18.mo viaggio apostolico internazionale di Benedetto XVI, Paolo Ondarza ha sentito il direttore della Sala Stampa Vaticana, e nostro direttore generale, padre Federico Lombardi:

    R. – Io partirei dal primato di Dio, che è una della priorità del Pontificato, anzi, la priorità di questo Pontificato - come il Papa ha detto già più volte. Dio è stato veramente al centro dei discorsi, sia della prima sia della seconda tappa, perché l’incontro con Dio è la meta del pellegrinaggio. Il Papa pensa molto al rischio dell’oblio di Dio e dell'indifferenza verso la trascendenza nella nostra cultura e nel nostro tempo e, quindi, si sente impegnato a ricordare agli uomini la relazione fondamentale con Dio. Questo viaggio per me è stato veramente uno dei viaggi più concentrati su questa tematica. Poi, da Santiago, il Papa ha avuto anche delle parole molto forti connesse al tema di Dio e delle radici cristiane per l’Europa. Questo mi ha fatto ricordare che Giovanni Paolo II, proprio da Santiago, aveva lanciato il suo grande appello all’Europa perché non perdesse le sue radici cristiane ma le ravvivasse, richiamando con questo verso Santiago innumerevoli pellegrini negli anni seguenti e facendo di Santiago un luogo in cui le radici cristiane ritrovano la loro vitalità. Benedetto XVI, anche da Santiago, ha ricordato all’Europa - con una certa appassionata ammonizione - che cosa sarebbe l’Europa se dimenticasse l’importanza della presenza di Dio nella nostra vita, se le croci che sono ai crocicchi delle nostre strade venissero dimenticate nel loro significato e fossero prive di senso di riferimento per il valore dell’amore e della dedizione di Dio a noi e di noi agli altri nella nostra vita. Quindi, nella tappa di Barcellona, mi sembra che il tema dell'unione tra verità e bellezza, tra fede e arte, tra fede, arte e liturgia della Chiesa sia stato veramente espresso in modo assolutamente unico per il luogo in cui la celebrazione è avvenuta. Non credo che durante il Pontificato ci sia stata un’altra liturgia di dedicazione in un ambiente simile e così espressiva della ricchezza dei significati che questa liturgia porta con sé. Poi, trattandosi di una celebrazione che avveniva nel tempio della Sacra Famiglia, naturalmente, c’è stato un appello forte del Papa per la tutela della famiglia. Inoltre, direi che anche la dimensione della carità sia stata presente in un modo forte in questo viaggio, in particolare nell’ultimo incontro, quello del pomeriggio, presso l’Istituto Nen Deu - anche se era già stata anticipata e annunciata in altri discorsi: non c’è vita cristiana, non c’è testimonianza cristiana, senza l’impegno fattivo per gli altri, in particolare i più piccoli e i più poveri.

    D. – "Verità e libertà" - un altro concetto espresso ieri dal Papa a Santiago de Compostela – non possono essere separate: la Chiesa è a servizio di entrambe…

    R. – Sì e direi che poi con la giornata di domenica la verità si è unita anche alla bellezza. Questo è un messaggio molto importante, perché si capisce come le dimensioni fondamentali, poi, si incontrano e quindi la verità, di cui la Chiesa parla, è qualcosa che permette veramente lo sviluppo pieno della persona umana nella sua libertà E questo è bello, si esprime nel modo migliore, in forme che affascinano e che attraggono.

    D. – Il Papa ha anche invitato a riscoprire il connubio arte e liturgia, perché la bellezza è una grande necessità dell’uomo in quanto rivelatrice di Dio…

    R. – Sì, la bellezza c’è quando c’è l’incontro tra l’uomo e Dio, ma aiuta anche ad attrarre chi non è ancora così profondamente entrato nella proposta della Chiesa e della fede a sentirne il fascino. Dobbiamo trovare - questo è un discorso spesso fatto dal Santo Padre e dalla Chiesa di oggi - i linguaggi adatti per annunciare la fede, e il linguaggio dell’arte è un linguaggio essenziale, perché esprime anche la dignità di ciò che avviene, la grandissima importanza di ciò che avviene: si parla di Dio, ci si incontra con Dio.

    D. – Padre Lombardi, guardando ai commenti dei giornali ritiene che i media e, attraverso loro, la gente, abbiano compreso il messaggio del Papa?

    R. – La gente, certo, se sta ad ascoltare, capisce. Credo che, però, qui abbiamo un messaggio che passa anche attraverso un evento con tutta la sua complessità e ricchezza. Questa è un po’ la bellezza misteriosa della liturgia della Chiesa, perché esprime attraverso atti, parole, attraverso canti - e in questo caso anche attraverso le forme artistiche della scultura e della architettura - la ricchezza di un messaggio. Io penso che questo evento avrà un significato importante: sarà veramente per la Chiesa un messaggio di impegno a curare sempre di più la dignità del linguaggio con cui esprime la realtà sacra, il rapporto con Dio e la vita della comunità cristiana. (bf)

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    "Drogati e vittime di ogni forma di dipendenza": la Chiesa chiede di pregare in particolare per loro in questo mese di novembre

    ◊   I tossicodipendenti sono al centro dell’intenzione generale di preghiera del Papa per questo mese di novembre, “perché quanti sono vittime della droga e di ogni altra forma di dipendenza, grazie al sostegno della comunità cristiana, trovino nella potenza di Dio Salvatore la forza di cambiare radicalmente la loro vita”. Roberta Gisotti ha intervistato il prof. Giovanni Paolo Ramonda, una vita spesa ad accogliere gli altri, responsabile della Comunità Giovanni XIII, succeduto al fondatore don Oreste Benzi:

    D. – Dott. Ramonda, ai nostri giorni si parla e si opera abbastanza, per prevenire il consumo della droga e per il recupero dei tossicodipendenti? Perché l’impressione è che i drogati siano diventati in gran parte invisibili e quindi siano dimenticati anche nelle preghiere…

    R. – Sì, è un disagio profondo, diffuso nei nostri giovani, è una carenza esistenziale. Proprio oggi che c’è la Conferenza nazionale sulla famiglia, ci tengo a ribadire che è la carenza del padre e della madre in fondo, che fa sì che, nella preadolescenza e nell’adolescenza, ci sia una crisi di identità che poi sfocia in questi disagi profondi, esistenziali, come possono essere la droga, la bulimia, l’anoressia e, a volte anche, purtroppo, molti suicidi nei nostri giovani. Come diceva don Oreste Benzi: un buon educatore, un buon padre è quello che ama la propria moglie; una buona madre è quella che ama il proprio marito. I nostri figli desiderano questo in profondità e quando questo non c’è – come ci dicono i nostri giovani tossicodipendenti, nelle nostre comunità terapeutiche – gridano e la faranno pagare a qualcuno: o ribellandosi con la violenza o autodistruggendosi.

    D. – Dott. Ramonda, c’è un’altra dipendenza che sta emergendo, a minare perfino le istituzioni, in Italia: quella di una sessualità esasperata, che fa mercimonio del corpo femminile, che non si vuole chiamare prostituzione, ma "stile di vita". Ma quale vita?

    R. – La dimensione dell’educazione sana, equilibrata, intelligente, la sessualità, anche qui, deve fondarsi nella prima educazione che devono dare i genitori, poi dovrà subentrare la scuola. Ma anche qui, è proprio l’esperienza della dimensione religiosa, cristiana, che insegna la bellezza della dimensione corporea: il corpo non è qualcosa di negativo, qualcosa di brutto, ma è qualcosa di positivo. Però è un dono di Dio, non è di nostra proprietà.

    D. – Dott. Ramonda, altra dipendenza è quella del gioco d’azzardo, una piaga forse sottovalutata, rilanciata su Internet e che vede anche lo Stato tra gli sponsor…

    R. – Sì, questo è un dramma. Ed è un dramma - come nel caso dell’alcol - che lo Stato promuova la diffusione addirittura attraverso la pubblicità: da una parte, lo Stato richiama i giovani ad una moralità e, dall’altra, è colui che finanzia queste attività. Anche qui, però, l’uomo odierno vive di istintività, di emotività. Anche i nostri giovani non sanno più controllare, orientare bene le proprie emozioni. Quindi, abbinando questa istintività, questa pulsionalità alla dimensione del denaro, dell’ottenere sempre di più senza un’attività di sacrificio, di responsabilità, si creano veramente dei drammi. Ed anche nelle nostre comunità abbiamo dei padri di famiglia che sono riabilitati in riferimento a questa dipendenza.

    D. – In questo mese di novembre, dunque, le preghiere della comunità cristiana per tutte le persone vittime di tante dipendenze malevoli…

    R. – Sì: la preghiera ti fa capire che non sei da solo ad educare, ma con te c’è il buon Dio. La preghiera, poi, soprattutto, ci coinvolge in un atteggiamento di grande responsabilità, sia come individui, ma soprattutto come comunità cristiana perché, come diceva sempre don Oreste Benzi: si educa come comunità, come popolo ed un popolo è tale soprattutto se sa accogliere i piccoli, i deboli e le persone in situazioni di emarginazione, altrimenti non è un popolo, ma è un’accozzaglia di gente, che pensa solo a se stessa. (ap)

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    Cinque vescovi anglicani si uniscono alla Chiesa cattolica

    ◊   Cinque vescovi appartenenti alla Comunione Anglicana hanno deciso di unirsi alla Chiesa cattolica. La Sala Stampa Vaticana ha confermato questa intenzione dei presuli, affermando che costoro si sono “ritenuti in obbligo di dimettersi dai loro attuali compiti pastorali nella Chiesa d’Inghilterra” e annunciando che "è allo studio la costituzione di un primo Ordinariato, secondo le norme stabilite dalla Costituzione apostolica Anglicanorum coetibus e che eventuali decisioni in proposito verranno comunicate a tempo opportuno".

    In una dichiarazione congiunta, i cinque presuli - Andrew Burnham, Keith Newton, John Broadhurst, Edwin Barnes e David Seta - affermano di aver seguito con interesse il dialogo tra anglicani e cattolici e di reputare la Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus uno “strumento ecumenico” fondamentale per ricercare l'unità con la Santa Sede. “Si tratta di un’unità - dicono in conclusione - che è possibile solo nella comunione eucaristica con il Successore di San Pietro”. Da parte sua, la Commissione della Conferenza episcopale cattolica di Inghilterra e Galles per l'attuazione della Costituzione apostolica “Anglicanorum coetibus”, con una nota a firma di mons. Alan Hopes, ha inoltre annunciato un caloroso benvenuto per i cinque presuli in occasione della riunione plenaria in programma per la prossima settimana. (A cura di Marco Guerra)

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    Il cardinale Tauran a Teheran per il settimo Colloquio interreligioso con l'"Islamic Culture and Relations Organisation"

    ◊   I vertici del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso saranno da domani in Iran per partecipare al settimo colloquio con il Centro per il Dialogo Interreligioso dell’“Islamic Culture and Relations Organisation”, in programma nella capitale Teheran. Il tema dell’incontro, “Religione e società: prospettive cristiane e musulmane”, che terminerà l’11 novembre, sarà sviluppato in tre sottotemi. Del dicastero vaticano saranno presenti il cardinale presidente, Jean-Louis Tauran, il segretario, mons. Pier Luigi Celata, e il capo ufficio per l’Islam, mons. Khaled Akasheh. La Chiesa locale sarà rappresentata dal presidente della Conferenza episcopale dell’Iran, l’arcivescovo di Teheran dei Caldei, Ramzi Garmou, e dal don Francesco Pirisi, vicario generale dell’arcidiocesi di Ispahan dei Latini.

    Dopo la sessione inaugurale, il Colloquio – informa una nota – si svolgerà a porte chiuse. Un comunicato stampa è previsto alla fine dei lavori. Una conferenza, che avrà luogo in una sede universitaria di Teheran, presenterà ad un pubblico di studenti e professori universitari il tema dell’incontro da un punto di vista cristiano. Dopo l’incontro è prevista una visita a Qom, città santa per gli sciiti, nonché centro principale di ricerca ed insegnamento religioso.

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    Messa del Pontificio Consiglio per i Migranti in suffragio del cardinale Fumio Hamao, a tre anni dalla morte

    ◊   A tre anni dalla scomparsa del cardinale Stephen Fumio Hamao, il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti – del quale il porporato è stato presidente dal 1998 al 2006 – ha celebrato oggi nella cappella del dicastero un Messa di suffragio, presieduta dal cardinale Giovanni Cheli, presidente emerito del Pontificio Consiglio e predecessore del cardinale Hamao. Alla concelebrazione hanno preso l’attuale presidente del dicastero, l'arcivescovo Antonio Maria Vegliò e gli arcivescovi Peter Paul Prabhu e Giuseppe De Andrea, già sottosegretari, oltre a sacerdoti e al personale dei vari uffici. Invitati anche rappresentanti di alcuni organismi della Curia Romana, dei quali il cardinale Hamao fu a suo tempo membro: la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, il Pontificio Consiglio Cur Unum, il Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali e un rappresentante della Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La foresta di Dio: in prima pagina, un editoriale del direttore sul viaggio di Benedetto XVI in Spagna.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, la difficile lotta di Haiti contro il colera, e le legislative nel Myanmar, cui nessuno crede.

    Nell’informazione religiosa, la prolusione del cardinale presidente Angelo Bagnasco all’assemblea generale della Conferenza episcopale italiana.

    L’intervento dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò alla 79.ma assemblea dell’Interpol, a Doha.

    In cultura, il cardinale Raffaele Farina e mons. Cesare Pasini sulla mostra - che sarà inaugurata l’’11 novembre al Braccio di Carlo Magno – “Conoscere la Biblioteca Vaticana”.

    Sette secoli di malintesi su Raimondo Lullo: Josep Perarnu i Espelt su interpretazioni sbagliate e falsificazioni vere e proprie che hanno messo in cattiva luce l’opera del filosofo catalano.

    Quei pensieri che non sopportano la luce piena: Cristiana Dobner recensisce "Accabadora”di Michela Murgia.

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    Oggi in Primo Piano



    Elezioni in Myanmar, denunce di brogli ai seggi. Intervista con l'inviato europeo, Piero Fassino

    ◊   In Myanmar, c’è attesa per l’esito delle elezioni politiche di ieri. Media statali stanno cominciando a diffondere i primi dati ufficiosi, sebbene molti osservatori ritengano scontata la vittoria del partito vicino alla giunta militare al potere. Intanto, mentre al confine con la Tahilandia si segnalano scontri tra l’esercito e gruppi di ribelli, si moltiplicano le denunce di irregolarità ai seggi con i partiti di opposizione che pensano al boicottaggio dei risultati in caso di evidenti irregolarità. In mattinata, anche il Giappone si è unito alle critiche sul processo elettorale avanzate in questi giorni dall’Occidente. Eugenio Bonanata ha raccolto la riflessione di Piero Fassino, inviato speciale dell'Unione europea per il Myanmar:

    R. – Quello che in ogni caso la comunità internazionale si attende è che dopo queste elezioni si apra una fase effettivamente nuova in Birmania: con la fine degli arresti domiciliari di Aung San Suu Kyi, con la liberazione dei prigionieri politici, soprattutto con l’apertura di un dialogo vero tra la giunta al potere, l’opposizione e le comunità etniche, per gestire la transizione e un processo di riconciliazione che consenta al Myanmar di approdare effettivamente ad una sponda democratica.

    D. – Sabato prossimo, la possibile liberazione di Aung San Suu Kyi: come cambierà, secondo lei, l’atteggiamento dell’opposizione birmana?

    R. – Intanto, bisogna agire, ancora in queste ore, perché effettivamente la liberazione di Aung San Suu Kyi avvenga nei prossimi giorni, come è stato più volte annunciato. Poi, naturalmente, il rientro alla vita politica di Aung San Suu Kyi peserà, e peserà molto per il ruolo che ha avuto fin qui, per la personalità che esprime e perché è punto di riferimento per milioni e milioni di cittadini del suo Paese. Si tratterà di valutare anche come Aung San Suu Kyi vorrà collocarsi in questa fase. Questo naturalmente lo sapremo quando sarà libera.

    D. – In queste ore, è arrivata la condanna da parte degli Stati Uniti, però nessun commento da parte dalle cancellerie dei Paesi asiatici: penso alla Thailandia, alla Cina e all’India...

    R. – E’ noto che i Paesi asiatici hanno un atteggiamento più prudente sul dossier birmano - ma non solo su questo - e che hanno teso a sviluppare una strategia più di “moral suasion” nei confronti dell’autorità birmana. Ci sono Paesi che sono naturalmente più attivi e altri meno: penso, per esempio, al ruolo importante che ha giocato e potrà giocare ancora di più in questa fase un Paese come l’Indonesia, che diventerà il presidente di turno dell’Asean. Ci sono Paesi asiatici – come il Giappone, come la Corea, come l’Australia e la Nuova Zelanda – che possono giocare un ruolo positivo. E naturalmente, dobbiamo sapere che c’è un’influenza della Cina molto grande e che, quindi, è chiaro che il peso di essa si fa sentire ed è un peso di un Paese che ha enormi interessi economici in Birmania e che ha un rapporto molto stretto con le autorità al potere. Per questo, io penso che Stati Uniti ed Unione Europea debbano continuare a sviluppare un’iniziativa di forte pressione, per favorire un’evoluzione in Birmania, sollecitando anche i Paesi asiatici a muoversi nella stessa direzione. (ap)

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    A Milano, l'apertura della Conferenza nazionale sul tema "Famiglia, storia e futuro di tutti"

    ◊   Inaugurata oggi a Milano la tre giorni di confronto per provare a rilanciare il tema della famiglia. La Conferenza nazionale sul tema: “Famiglia, storia e futuro di tutti”. Il servizio di Fabio Brenna:

    Un confronto a tutto campo sul tema della famiglia fra amministrazioni pubbliche, associazioni, privato sociale, imprese e organizzazioni dei lavoratori da cui dovrebbero scaturire indicazioni per quel Piano nazionale delle politiche per la famiglia, promesso dal governo per i primi mesi del 2011, sempre che la crisi politica italiana non renda tutto inutile. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel suo messaggio invita ad affrontare i nodi che ostacolano la famiglia: precarietà del lavoro e difficoltà di accesso ai servizi. Assente il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, la Conferenza è stata aperta dal sottosegretario con delega alla famiglia, Carlo Giovanardi, che ha evidenziato come alla famiglia non possa più essere chiesto di supplire alle mancanze del welfare, ribadendo l’intenzione del governo di mettere a punto interventi fiscali a misura di famiglia, che tengano conto, cioè, dei componenti del nucleo famigliare. Della necessità di passare dalla semplice proclamazione di valori a interventi concreti sulla rete delle famiglie, ha insistito l’arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi, nel suo intervento, invitando le forze politiche a porre al centro la famiglia, evidenziando come lo sforzo di sostenerla gravi oggi soprattutto sulle donne:

    “Ciò che caratterizza l’impegno politico, certo faticoso, e ciò che gli fa acquistare la sua specificità, è il lavoro quotidiano sulle condizioni concrete perché questi valori da tutti proclamati siano realmente compresi, ma soprattutto concretamente resi vivibili da parte della totalità delle nostre famiglie”.

    C’è un problema di giustizia al fondo di ogni richiesta di tutela e attenzione nei confronti della famiglia:

    “I diritti dei deboli non sono diritti deboli. Ora, forse, vale la pena di attuare una versione familiare di questa espressione: i diritti delle famiglie deboli non sono diritti deboli, tutt’altro”.

    Dopo gli interventi di altri membri del governo, via alle relazioni sugli argomenti di rilevanza familiare. Domani, giornata dedicata alle tavole rotonde di approfondimento, quindi mercoledì le conclusioni affidate ai ministri Rotondi ed Alfano. (ma)

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    “Noi l’Italia”: in mostra le opere de “Gli Amici” della Comunità di Sant’Egidio

    ◊   Uno sguardo inatteso e critico sulla storia d’Italia attraverso cinquanta opere di artisti disabili. E’ quanto emerge dalla mostra “Noi l’Italia”, in esposizione al museo di Roma in Trastevere che si è conclusa ieri, 7 novembre. L’evento è stato organizzato dal movimento “Gli Amici” della Comunità di Sant’Egidio, una realtà che raccoglie migliaia di disabili mentali e i loro amici e famigliari in tutta Europa. Il servizio di Michele Raviart:

    (musica)

    Pitture, installazioni, testi e video per raccontare l’Italia, sia attraverso i suoi fondamentali passaggi storici, sia attraverso l’attualità della crisi economica, del precariato, dell’immigrazione; momenti di memoria collettiva e personale, filtrati dalla sensibilità di chi molto spesso riesce a comunicare solo con l’arte le proprie emozioni. Come ci spiegano Maurizio Valentini e Daniela Boi, due degli artisti disabili de “Gli Amici”:

    R. - L’arte è una cosa bella, perché quando faccio le opere rappresento delle cose che mi hanno colpito.

    R. - Per me l’arte è questo: non è solo un bel quadro, ma è quello che poi tu ci vedi dentro. Molti di noi hanno anche delle difficoltà e tramite la pittura riusciamo un poco ad esprimerci.

    Sono oltre 30 anni che la comunità di Sant’Egidio aiuta e sostiene persone con handicap mentale, attraverso i laboratori sperimentali, un percorso non solo artistico, ma anche umano ed educativo. Filippo Sbrana coordinatore della mostra:

    R. – In questi laboratori, si sperimenta materiale di ogni genere, in modo che ciascuno possa trovare la tecnica e anche l’idea che vuole comunicare rispetto ad un tema. Molti degli artisti che espongono le loro opere sono persone non scolarizzate. Il lavoro che abbiamo fatto durante quest’anno nei laboratori è stato proprio quello di riappropriarci della scuola, della cultura, della storia dell’Italia che era stata negata, per costruire insieme un’Italia migliore.

    “Noi l’Italia” è una riflessione appassionata e critica sul nostro Paese, che afferma con forza come la diversità non possa essere in alcun modo una forma di esclusione sociale.

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    Chiesa e Società



    Conclusi a Sofia i lavori dell'incontro dei vescovi orientali cattolici d'Europa

    ◊   Si è conclusa ieri a Sofia, in Bulgaria, la riunione annuale dei vescovi orientali cattolici d’Europa, in occasione della celebrazione del 150 anniversario dall’unione della Chiesa cattolica orientale di Bulgaria con Roma sul tema: "I criteri di ecclesialità delle Chiese orientali cattoliche e realtà di oggi". L’evento, accogliendo l’invito dall’esarca di Sofia mons. Christo Proykov e patrocinato per la seconda volta dal Ccee, ha visto la partecipazione dei cardinali Péter Erdő, Presidente del Ccee, e Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, insieme a 35 vescovi rappresentanti diverse Chiese orientali cattoliche da varie parti dell’Europa, dalla Russia a Cipro, dalla Slovacchia alla Grecia. Erano presenti anche alcuni rappresentanti dei dicasteri vaticani. L’esito dell’incontro ha dimostrato che il criterio dell’ecclesialità delle Chiese Cattoliche Orientali si trova proprio nella loro piena comunione con la Sede Apostolica di Pietro. Il 4 novembre nella sede dell’esarcato di Sofia ha avuto luogo la commemorazione dei 150 anni di questa unione attraverso due presentazioni della storia della Chiesa cattolica di rito bizantino slavo mentre nella mattinata del 5 novembre è stato celebrato un breve ufficio per i defunti nella tradizione bizantina slava in ricordo e suffragio per il compianto mons. Eleuterio Fortino, deceduto il 22 settembre scorso e che avrebbe dovuto iniziare l’incontro con una conferenza sul tema “I criteri di ecclesialità delle Chiese orientali cattoliche in base ai documenti del Vaticano II e dei recenti documenti pontifici”. E' seguita la conferenza di mons. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per i migranti ed itineranti, il quale ha messo in risalto la realtà dell’accoglienza pastorale degli emigranti orientali cattolici ed i problemi di trovare o creare strutture pastorali che permettano loro uno svolgimento ed una continuità nella loro vita cristiana in diaspora. Nel pomeriggio è stata celebrata la Divina Liturgia presieduta dall’esarca Christo Proykov nella città di Plovdiv nella chiesa dei padri assunzionisti. Nella celebrazione sono stati commemorati i martiri greco cattolici della persecuzione comunista. Sabato 6 novembre si sono tenute altre due conferenze, quella di mons. Cyril Vasil, segretario della Congregazione per le Chiese Orientali, e quella di mons. Demetrio Salachas, esarca apostolico della Grecia. Mons. Vasil ha sviluppato come argomento “I rapporti della Congregazione per le Chiese Orientali con le Chiese Orientali in Europa e il loro futuro”. Mons. Salachas invece ha trattato il tema “Le Chiese orientali cattoliche alla luce del dialogo teologico ufficiale tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme”. Nel pomeriggio si è svolta la visita al museo nazionale, che raccoglie testimonianze ed opere d’arte sulla storia dell’antichità e del cristianesimo bulgaro. Successivamente è stata celebrata la Divina Liturgia alla presenza di numerosissimi fedeli; nell’omelia il cardinale Sandri ha sottolineato la fedeltà a Cristo e alla Sede Apostolica dei predecessori dell’esarcato ed ha esortato i presenti a dare una testimonianza autentica di fede ai giovani. Prima della benedizione finale il nunzio apostolico mons. Bolonek ha letto la lettera che il cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone a nome del Santo Padre ha inviato al cardinale Leonardo Sandri, in occasione della ricorrenza del 150. mo anniversario della Chiesa cattolica orientale in Bulgaria. Ieri, si è tenuta la seduta conclusiva e la celebrazione della Divina Liturgia nella chiesa dell’esarcato di Sofia. Il prossimo incontro dei vescovi orientali si svolgerà a Oradea, in Romania, sul tema: Sarete miei testimoni: l’evangelizzazione nelle Chiese orientali cattoliche d’Europa. (R.P.)

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    Pakistan. La denuncia della società civile: "Gli aiuti non arrivano agli alluvionati"

    ◊   Gli aiuti umanitari e i contributi donati dagli Stati esteri per la ricostruzione post-alluvioni si perdono nei rivoli della corruzione e non arrivano agli sfollati. È la denuncia che giunge all’agenzia Fides da organizzazioni della società civile pakistana. Secondo stime ufficiali, il governo degli Stati Uniti ha contribuito per oltre 463 milioni di dollari all’emergenza. Alcuni giorni fa è giunta in Pakistan anche una delegazione del governo cinese, che si è impegnato per la ricostruzione di ponti, strade, aree agricole, infrastrutture, scuole per un importo globale di 250 milioni di dollari: è il maggior contributo di sempre dato da Pechino per motivi umanitari a un paese estero. Ma, secondo le denunce delle Ong, ben pochi di questi fondi, che passano attraverso diversi enti governativi, arrivano agli alluvionati, che in molte aree affrontano un severo problema di sicurezza alimentare. Per questo un cartello di Ong ha proposto al governo di erogare prestiti a interessi zero ai piccoli contadini che, avendo perso raccolti e bestiame, sono al limite della sopravvivenza. “Il 50% delle aree colpite dalle inondazioni è ancora impossibile da coltivare e deve essere bonificato: questa situazione avrà un impatto grave sull’agricoltura e sulla produzione di cibo: per questo il governo deve prorogare il sostegno alimentare per sei mesi, o la fame è dietro l’angolo”, notano le Ong. Posizione, questa, condivisa anche dal “World Food Programme” dell’Onu. Intanto in numerosi villaggi nel Sindh e nel Punjab mancano acqua, elettricità, gas, cibo, “ma anche istruzione, servizi sociali e speranza per il futuro”, dicono fonti di Fides. “Il benessere e la vita normale sono ancora un miraggio e questa situazione persistente può essere terreno di coltura per l’estremismo islamico”. La gente dice che “il governo pensa solo ai ricchi e non si occupa della massa di poveri, colpiti dal disastro”. La protesta dei profughi percorre anche vie legali: tre denunce ufficiali sono state presentate all’Alta Corte contro il District Coordination Officer (Dco) della città di Larkana, nella provincia del Sindh, accusato di “corruzione e di discriminazione nella distribuzione di beni e servizi, che sono condizionati da influenze politiche”. Secondo centinaia di sfollati che hanno sottoscritto le denunce, alcune aree alluvionate sono state completamente ignorate dalla autorità, come i villaggi di Taluka Warrah, Mirpur e Khandoo, sommersi ma esclusi dalla lista dei beneficiari. In tale situazione di pena e sconforto, i cristiani continuano a dare prova di carità, sacrificio e servizio all’umanità sofferente. Nei giorni scorsi il vescovo di Karachi, mons. Evarist Pinto, a capo di una équipe della Caritas diocesana, si è recato in visita nelle zone più povere del Sindh, dove stazionano molte famiglie di alluvionati abbandonate a se stesse. “E’ stato scioccante vedere le condizioni di vita di questi disperati, la stanchezza e la sofferenza dipinta sui loro volti. E’ stato particolarmente triste vedere le donne e i bambini: molti di loro sono malati per mancanza di cibo, di medicine e per le condizioni igieniche. Bambini e ragazzi sono stati costretti a interrompere la scuola”, ha raccontato a Fides un membro della delegazione. Il vescovo ha detto agli sfollati, in maggioranza musulmani. “Siamo vostri fratelli e sorelle. Vi assicuriamo che non siete soli. Preghiamo per voi e cercheremo di assistervi tramite la Caritas in questo momento difficile. L’umanità è una sola famiglia: cercheremo di mantenere con voi un legame di amore e di armonia”. (R.P.)

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    Apertura dei lavori della Conferenza panafricana sul tema: “La Chiesa in Africa, 50 anni dopo le indipendenze. Riflessioni teologiche e pastorali”

    ◊   Si è aperta oggi a Nairobi, presso i locali dell’Università cattolica dell’Africa orientale, la Conferenza panafricana organizzata dall’Associazione dei teologi africani in collaborazione con la Facoltà di teologia dell’Università cattolica dell’Africa dell’Est. L’apertura della Conferenza è avvenuta alla presenza di mons. Damiano Franchin, arcivescovo di Luanda, in Angola, e sotto la presidenza di mons. Anselme Titianma Sanon, arcivescovo di Bobo-Dioulasso, presidente ad honorem nonché presidente della Commissione teologica del Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa. All’apertura della Conferenza, è stato sottolineato il contributo che i teologi devono dare, con la loro riflessione, ad una rinascita di un’Africa nuova. Nella prima relazione della giornata, padre Joseph Ballong ha fatto il bilancio politico-economico dei 50 anni di indipendenza di alcuni Paesi dell’Africa, quindi è seguito l’intervento del prof. Emeka Nwosuh della Nigeria, che ha parlato del ruolo della Chiesa nello sviluppo dell’Africa. La professoressa Mary Getui, dal Kenya, ha parlato delle sfide con cui si confrontano le donne in Africa, quindi sono seguite alcune testimonianze dei partecipanti.

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    Sudan: assemblea dei vescovi sul referendum sulla separazione del Sud del Paese

    ◊   La Conferenza episcopale del Sudan tiene da oggi un’assemblea plenaria straordinaria a Rumbek, in vista del referendum del 9 gennaio 2011 sulla separazione del Sud Sudan e della regione di Abyei dal nord del Paese. In preparazione alla consultazione, una celebrazione Eucaristica si è tenuta ieri presso l’Istituto Comboni, presieduta dal cardinale Polycarp Pengo, presidente del Secam (Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar), che partecipa all’incontro insieme ad esponenti dell’Amecea, l’Associazione delle Conferenze Episcopali dell’Africa Orientale. In apertura dell’incontro hanno preso la parola mons. Cesare Mazzolari, vescovo di Rumbek, il governatore dello Stato dei Laghi, Chol Tong Mayay e il presidente della Conferenza episcopale sudanese, mons. Rudolf Deng Majak, vescovo di Wau. La riflessione dell’assemblea - che si concluderà il 15 novembre - si concentrerà inizialmente su problematiche ecclesiali interne e su programmi di crescita spirituale della Chiesa, dopo l’impatto causato dai lunghi anni di conflitto interno non solo sulle attività ma anche sulla mentalità stessa dei leader religiosi e del laicato. Nella seconda parte dei lavori l’attenzione dei vescovi andrà al prossimo referendum, alla luce del messaggio pastorale dal titolo “Un futuro pieno di speranza” diffuso al termine della plenaria di luglio a Juba. Data la cruciale importanza delle prossime votazioni, l’episcopato desidera assicurare l’apporto ecclesiale al pacifico svolgimento delle operazioni di voto e di scrutinio delle schede. In tema di giustizia e di “buon vicinato”, i vescovi non mancheranno di offrire il loro contributo al miglioramento delle relazioni umane, incoraggiando i sudanesi ad evitare gli errori degli scorsi decenni, tra cui il tribalismo, l’esclusione, la corruzione e i costumi smodati. Un momento di particolare significato della plenaria è quello costituito dalla visita che i vescovi effettueranno domani ad un luogo di sepoltura di massa, dove circa quarant’anni fa furono inumate le vittime della guerra interna, molte delle quali uccise “in odio alla loro fede”. E’ ancora vivo il ricordo del padre Arkangelo Ali, ucciso brutalmente insieme ad altri 14 prigionieri nel luglio 1965 e sepolto in una fossa comune situata nei pressi dell’attuale Istituto scolastico “Loreto”; la visita, alla quale parteciperanno anche esponenti governativi e membri della comunità locale, intende onorare gli “eroi” e le “eroine” dell’immane conflitto - caduti per la libertà, la pace e la riconciliazione - e propiziare la generosità del cuore e la pratica del perdono. (A cura di Marina Vitalini)

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    Cile: il patriarca Twal chiede preghiere per la pace in Terra Santa

    ◊   Ieri, nella cattedrale di Santiago del Cile, durante la concelebrazione eucaristica il patriarca latino di Gerusalemme mons. Fouad Twal ha espresso la sua ferma speranza perché un giorno la Terra Santa conosca la pace e il dialogo. Insieme con il Patriarca ha concelebrato l’arcivescovo della capitale del Cile, cardinale Javier Errázuriz, e numerosi sacerdoti. In cattedrale erano presenti alcune autorità della Chiesa ortodossa e esponenti politici del governo e del parlamento. Dopo il caldo e affettuoso benvenuto al patriarca, da parte del cardinale di Santiago, nel corso dell’omelia mons. Twal ha ringraziato le attenzioni ricevute nel corso della sua visita in Cile, dove era arrivato alcun giorni fa dopo la prima tappa in Argentina, e poi ha ricordato che la “Fondazione Palestina Betlemme 2000” celebra dieci anni di vita nella cornice della grande festa di tutti i cileni: il Bicentenario dell’indipendenza nazionale. D’altra parte mons. Twal ha parlato a lungo sulla situazione in Terra Santa e in particolare su quella dei cristiani, citando diversi momenti delle recenti riflessioni fatte in Vaticano nel corso dell’Assemblea sinodale speciale per il Medio Oriente. Con riferimento “all’occupazione che si protrae da 60 anni”, il patriarca, ha commentato: “E’ un tempo troppo lungo anche perché sono 60 anni di sofferenze. Se c’è una cosa che posso chiedere al popolo cileno - ha aggiunto il patriarca - in particolare ai cristiani di questo Paese, sono preghiere affinché, presto, in Terra Santa possano regnare la pace e tutti possano svolgere una vita normale: che gli studenti possano studiare e che i pellegrini possano far visita ai Luoghi santi in pace”. Oggi, il Patriarca si trasferisce alla seconda città del Cile, Valparaíso, dove sarà ricevuto dai presidenti dei due rami del parlamento e poi, a mezzogiorno, concelebrerà nella cattedrale metropolitana della città. (A cura di Luis Badilla)

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    Paraguay: Lettera pastorale dei vescovi per il bicentenario dell’indipendenza

    ◊   “Una nuova evangelizzazione per un nuovo Paraguay” è il titolo della lettera pastorale dei vescovi del Paraguay, diffusa venerdì scorso, al termine della loro plenaria, e con la quale – scrivono i presuli – “vogliamo aprire l’anno pastorale 2011” implorando la protezione della Madonna di Caacupé, il cui santuario ha ospitato i lavori dell’assemblea episcopale. Nei sette capitoli dell’ampio documento i vescovi ricordano che il “ruolo della Chiesa in Paraguay è stato sempre strettamente vincolato ai processi storici e non solo nell’ambito dei responsabili della nazione ma soprattutto accanto al popolo semplice e umile”. Per i vescovi è evidente che sia le classi dirigenti sia il popolo “sono imbevute di cultura cattolica” e perciò la chiesa paraguayana col passare dei secoli “è divenuta la coscienza del popolo”. Dopo aver percorso sommariamente i diversi momenti della storia patria, il documento episcopale rileva che la Chiesa ha assunto sempre con più chiarezza non solo un ruolo di annuncio, cosa che fa parte intrinseca della missione che per volere di Cristo la chiama a proclamare le verità del Vangelo, ma anche un ruolo di “denuncia” in difesa costante della dignità umana e della vita, dono supremo del Creatore, poiché convinta che la “via della Chiesa è la via dell’uomo”. Così come ieri anche oggi, scrivono i vescovi, occorre rammentare “che non si può costruire la Repubblica, la nazione e la patria senza cittadini integrali. E così, alla luce del Vangelo, dobbiamo interpretare il senso dell’autorità politica, della cittadinanza e della democrazia. Questi concetti, aggiungono, fanno tutti parte del corpo della nazione e della crescita del popolo. Solo così è possibile la gestazione di un nuovo Paraguay”. I vescovi ritengono l’ora di “proporre un progetto-Paese che abbia come base la dignità della persona umana e il bene comune, andando oltre le ideologie partitiche. È urgente, specificano i presuli, “un’educazione integrale, uno sviluppo sostenibile, una economia solidale” che abbia particolare attenzione e cura per le famiglie, i contadini e le gli aborigeni. Nel documento dei vescovi del Paraguay rinnovano il loro impegno in favore della “libertà e la giustizia; l’unità e l’uguaglianza” che non solo perché fanno parte dei messaggi contenuti nell’inno nazionale, ma soprattutto perché “sono valori evangelici” che sino incarnati nella cultura nazionale. Guardando al futuro i vescovi rinnovano anche il loro impegno in favore di un’azione pastorale organica, incisiva e convinta, capace di fare di ogni discepolo di Cristo un suo missionario. “Crediamo - concludono i vescovi - che l’evangelizzazione deve formare un uomo nuovo in Paraguay, capace di amare Dio, la sua patria, la chiesa e i suoi fratelli, in particolare i più bisognosi. Come nazione unita nella giustizia, nell’uguaglianza e nella pace occorre progettare una visione di speranza affinché la patria si converta in una nazione santa e consacrata a Dio”. (L.B.)

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    Argentina: la Chiesa chiede la “riabilitazione etica della politica”

    ◊   Il vescovo di San Isidro e presidente della Commissione episcopale per la Pastorale sociale, mons. Jorge Casaretto, ha ricordato che "la nuova dirigenza non deve fermarsi alla gestione delle emergenze, né ai populismi o alle demagogie, ma deve orientarsi a realizzare opere concrete a favore del bene comune. Il presule - riferisce l'agenzia Fides - ha chiesto la "riabilitazione etica della politica" e ha affermato che "in un tempo esistenziale, pragmatico e di forti personalismi, abbiamo bisogno di tornare ai principi" perché "i principi sono validi se risolvono i problemi della gente" . Dopo aver affermato che "un buon leader è un uomo di dialogo, ma del dialogo che cerca il consenso", il vescovo ha aggiunto che "tutta la sua testimonianza dà senso ai suoi principi, perché un buon leader rende felice la gente”. Mons. Casaretto è intervenuto al Seminario organizzato dalla Commissione di Pastorale sociale che si è svolto sabato scorso, che ha riunito leader politici, sindacali e sociali della regione di Buenos Aires. Fra i partecipanti vi erano anche il vescovo di Merlo-Moreno e presidente di Caritas Argentina, mons. Fernando Bargalló, ed il vescovo di San Justo, mons. Baldomero Martini. I presuli dell’Argentina celebrano da oggi fino a sabato 13 novembre, la loro 100.ma Assemblea plenaria della Conferenza episcopale, che sarà presieduta dall'arcivescovo di Buenos Aires e Primate di Argentina, il cardinale Jorge Mario Bergoglio. Le sessioni inizieranno con uno "scambio pastorale" sulla realtà del paese e alle ore 19.30 con la Messa di apertura. Il tema centrale dell’Assemblea sarà "La missione e la vita dei sacerdoti", proposto dalla Commissione episcopale dei Ministeri. (R.P.)

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    Cuba: la Chiesa punta sulle “case di missione” per una presenza più attiva nella società

    ◊   Le case di missione sono uno dei punti di forza della Chiesa Cubana, secondo il piano globale pastorale 2006-2010 della Conferenza dei vescovi cattolici di Cuba (Cocc). L’agenzia Fides riporta un dato essenziale: per 50 anni non sono state costruite chiese cattoliche a Cuba, e questo ha spinto i fedeli a riunirsi nelle case private o “case missione” per celebrare regolarmente la Santa Messa. “ Siamo come ai giorni degli Atti degli Apostoli- dice mons. Aranguren, vescovo di Holguin (est di Cuba), e la casa di missione non è conosciuta tanto per il santo patrono, ma per la persona che ospita”. Nel suo intervento – riportato dalla Fides - sottolinea che le case di missione hanno cominciato a prender forza significativa nel 1993-1994. In molte case missione ci sono più fedeli che nelle chiese; sono curate dai missionari , dagli operatori pastorali, che non sono sempre sacerdoti e religiosi o religiose. A maggio 2011 saranno 50 anni dall’eliminazione delle scuole cattoliche a Cuba da parte del governo. In vista della ricorrenza mons. Aranguren ha ribadito l’importanza di “non escludere l’educazione religiosa ma far valere la propria fede”. Un padre cattolico - ha aggiunto il presule - ha tutto il diritto di educare suo figlio secondo i principi della propria fede. Il vescovo infine esorta la Chiesa cubana a “cercare nuove opportunità di presenza nella società tra i poveri, le ragazze madri, gli anziani e giovani che sono nati nei lunghi anni di ateismo strutturale”. (C.P)

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    Sri Lanka: i vescovi chiedono al Governo un futuro di pace e unità dopo 25 anni di guerra civile

    ◊   La Chiesa in Sri Lanka continua a fare sentire la sua voce nel difficile processo di riconciliazione nazionale avviato dopo la fine di 25 anni di guerra civile, chiedendo soluzioni politiche rapide per costruire un futuro di unità e di pace nel Paese. A tale scopo i vescovi hanno presentato diverse proposte alla Commissione per la Riconciliazione nazionale, istituita dal governo del Presidente Rajapaksa (la cosiddetta Lessons Learnt and Reconciliation Commission). Tra queste l’introduzione di un sistema educativo trilingue (inglese, tamil e cingalese), il decentramento amministrativo e la fine dello stato di emergenza. “La speranza di noi cristiani è che la Commissione prenda in seria considerazione queste raccomandazioni, perché aiuteranno a sanare le ferite della guerra e porranno le basi per la pace futura”, ha affermato il cardinale designato Malcolm Ranjith, arcivescovo di Colombo e presidente della Conferenza episcopale dello Sri Lanka, ripreso dall’agenzia Ucan. Tra le altre richieste avanzate dall’episcopato quella di fermare l’”invasione culturale” e l’occupazione militare delle aree nord-orientali abitate dalla minoranza tamil. Un altro nodo è poi quello degli scomparsi durante la guerra: “Di molte persone, compresi sacerdoti, non si sa più nulla”, ha affermato mons. Kingsley Swampillai, vescovo di Trincomalee-Batticaloa, citato sempre dalla Ucan. Dello stesso tenore le preoccupazioni delle altre Chiese cristiane e delle organizzazioni per i diritti umani. Proprio in questi giorni diverse Ong e settori della società civile srilankese hanno espresso forti critiche alla Commissione per la Riconciliazione nazionale, accusando l’Esecutivo di “mancanza di credibilità”. A loro dire, la Commissione non solo non risponde agli standard minimi di indipendenza e imparzialità, ma può diventare anche uno strumento per garantire l’impunità e continuare l’abuso dei diritti umani: nonostante le ripetute denunce dei mesi scorsi – affermano - non è stato compiuto alcun progresso dalla fine della guerra civile. Il conflitto armato tra le Tigri per la liberazione della patria tamil (Ltte) e le forze governative – lo ricordiamo - è iniziato nel 1983 ed è terminato nel maggio del 2009 con la sconfitta della guerriglia. Le elezioni presidenziali di quest’anno non hanno sinora dato una risposta e una soluzione alle legittime richieste della minoranza tamil, 4 milioni di persone residenti perlopiù nelle aree del nord e dell’est del Paese. (L.Z.)

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    L’Onu denuncia violenze sessuali sui congolesi espulsi dall’Angola

    ◊   Più di 600 congolesi (in maggioranza donne) hanno subìto violenze sessuali durante le operazioni di espulsione dall’Angola. Lo denuncia l’Ufficio di Coordinamento degli Affari Umanitari dell’Onu (Ocha). Un portavoce dell’Ocha ha affermato che secondo “rapporti affidabili” redatti da un gruppo di agenzie umanitarie dell’Onu e di Ong, l’Angola da ottobre ad oggi ha espulso più di 6mila persone in posizione irregolare, in maggioranza congolesi. La stampa congolese - riferisce l'agenzia Fides - ha raccolto le testimonianze di alcune delle vittime. I loro racconti sono impressionanti: gli immigrati sono fermati da agenti in borghese, riconosciuti dal fatto che non parlano portoghese, e se lo parlano, attraverso la cicatrice lasciata sulla spalla sinistra dalla vaccinazione contro la tubercolosi. Le persone fermate vengono condotte ad un posto di frontiera, dove vengono sequestrati i loro effetti personali. Le testimonianze più drammatiche provengono dalla provincia mineraria di Lunda Norte, dove uomini, donne e bambini, prima di essere espulsi, vengono rinchiusi in celle sotterranee. Di notte le donne vengono prese dai soldati e “violentante in serie”, riferiscono le testimonianze raccolte dal giornale congolese “Le Potentiel”. “Le espulsioni non sono illegali, ma devono essere fatte in maniera ordinata e coordinata, e soprattutto in condizioni accettabili dal punto di vista del diritto umano” ha dichiarato il portavoce dell’Ocha. Angola e Repubblica Democratica del Congo sono divise inoltre da un contenzioso sulla ripartizione delle zone petrolifere off-shore. Un arbitrato delle Nazioni Unite dovrebbe dirimere la controversia. (R.P.)

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    Congo: almeno otto morti per una nuova epidemia simile alla polio

    ◊   Nella Repubblica Democratica del Congo nuovo allarme per una epidemia simile alla polio, che ha già causato 8 morti e contagiato numerose persone . Questa epidemia è strettamente collegata a quella recente di polio. L’unica differenza è che questa volta la malattia colpisce adolescenti e adulti tra i 15 e 45 anni , mentre la polio colpisce principalmente i giovani e bambini. Il direttore sanitario consiglia vivamente di osservare ogni misura di sicurezza igienica. L’agenzia Fides conferma che l’Oms (l'Organizzazione Mondiale della Sanità) ha dichiarato la presenza di 120 casi di paralisi flaccida acuta (sindrome collegata alla polio) e 8 morti nella Repubblica Democratica del Congo. Due casi sono stati confermati come causati dal polio virus di tipo1 mentre si attendono i risultati degli esami sugli altri decessi. (C.P.)

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    Siria: in aumento il fenomeno del lavoro minorile tra le famiglie dei piccoli agricoltori

    ◊   Il lavoro minorile costituisce una grave emergenza in Siria, dove il governo e le agenzie internazionali si stanno impegnando per cercare di contrastare l'aumento del fenomeno, in particolare per 1,3 milione di famiglie di piccoli agricoltori colpite dalla grave siccità che li ha trascinati in situazioni di estrema povertà. Da qui la necessità di far lavorare anche i propri figli minori per contribuire all'economia della famiglia. Altri fattori che tendono ad incrementare il fenomeno sono le tradizioni e il sistema educativo. La Siria ha siglato la convenzione dell'International Labour Organization (Ilo) sul lavoro minorile che prevede l'istruzione scolastica obbligatoria fino a 15 anni. Tuttavia fino ad oggi sono in vigore solo poche misure pratiche, come la prevenzione dell'abbandono scolastico. Secondo l'Ilo, globalmente 215 milioni di bambini sono coinvolti nel lavoro minorile. In Siria e nelle regioni del Medio Oriente le statistiche sono frammentarie. Da una ricerca dell'Unicef del 2006, in Siria lavoravano il 4% dei bambini tra i 5 e i 14 anni di età, e secondo gli esperti queste cifre sono sicuramente aumentate. A fronte degli irrilevanti benefici economici di breve termine per le famiglie nelle quali lavorano anche i bambini vi sono implicazioni a lungo termine per i bambini e il Paese. Il governo e le agenzie delle Nazioni Unite stanno rispondendo a questa emergenza con workshop, studi per raccogliere dati, e programmi per tenere i bambini nelle scuole. In una nota dell'Ufficio regionale dell'Ilo per gli Stati Arabi si legge che la povertà è stata affrontata in modo decisivo nei Paesi che hanno ridotto significativamente il lavoro minorile. I governi dunque devono impegnarsi a contrastare efficacemente il lavoro minorile combattendo la povertà delle famiglie, e garantendo agli adulti un lavoro dignitoso e ai bambini una buona istruzione di qualità. (R.P.)

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    Il Jesuit Refugee Service celebra 30 anni di attività al fianco dei rifugiati

    ◊   Progetti in 51 Paesi del mondo tramite i quali si assistono ogni anno circa mezzo milione di rifugiati in diversi ambiti tra cui educazione, assistenza sanitaria, tutela dei diritti umani. Sono questi i numeri dell’attività del Jesuit Refugee Service (Jrs), l’organismo cattolico attivo nella difesa dei diritti di rifugiati e sfollati, creato il 14 Novembre 1980 dall’allora padre generale della Compagnia di Gesù, lo spagnolo Pedro Arrupe. Per celebrare questi primi 30 anni di attività tre organizzazioni della Compagnia di Gesù - il Jrs, il Centro Astalli e la Fondazione Magis - hanno organizzato a Roma alcune iniziative: domani, presso l’Università Gregoriana (ore 16.00), padre Mark Raper, già direttore di Jrs Internazionale, terrà una lectio magistralis sulla risposta dei Gesuiti alla questione dei rifugiati; nella stessa occasione sarà inaugurata una mostra fotografica sul lavoro del Jrs nel mondo; il 14 novembre nella chiesa del Gesù si terrà una celebrazione eucaristica, concelebrante il padre generale della Compagnia di Gesù, Adolfo Nicolas, seguita da un concerto dell’orchestra internazionale ‘Sonidos de tierra’. “L’accompagnamento è il cuore della nostra azione” ha detto all'agenzia Misna il direttore di Jrs Internazionale, Peter Balleis. “Il nostro posto – ha aggiunto – è vicino ai rifugiati, in contatto con la loro realtà: nei campi, nelle zone di conflitto e nei centri di detenzione… ai margini della società. La vicinanza ci insegna come servire i rifugiati e tutelarne al meglio i diritti, oltre che promuovere la giustizia e la riconciliazione tra i popoli”. (M.G.)

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    Francia: i vescovi danno il via ad un anno di mobilitazione sulla famiglia

    ◊   La chiesa cattolica di Francia apre un anno di riflessione e mobilitazione sulla famiglia con il lancio di un blog tematico ed una serie di eventi in varie città che culmineranno nel 2011 con un colloquio a Parigi su “Famiglie 2011: una forza di umanizzazione, un arte di vivere” ed un incontro nazionale delle famiglie e Lourdes in ottobre. A dare il via all’anno è stato il Consiglio episcopale Famiglia e società nell’ultima Assemblea plenaria dei vescovi francesi con il lancio del blog tematico, www.blogfamilles2011.fr. In un dossier per la stampa ripreso dall'agenzia Sir, i promotori spiegano così il motivo dell’iniziativa: “Oggi le famiglie hanno assunto volti molteplici. Famiglia classica, famiglia ricomposta, famiglia monoparentale: gli aggettivi, divenuti inevitabili, mostrano che la parola famiglia ricopre ormai realtà molto differenti”. Ed aggiungono: “a causa di tutti questi cambiamenti, i legami della famiglia sono divenuti fragili”. Insomma, “la famiglia sembra caracollare in tutti i sondaggi realizzati in Francia e in Europa”. “Eppure, la famiglia resta un valore molto importante, anche per i giovani. E’ questa contraddizione apparente tra famiglia, chiave della felicità, e famiglia crocevia di tutte le fragilità a motivare l’iniziativa ‘Famiglie 2011’”. (R.P.)

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    Prima donna-rabbino in Germania dopo la Shoah

    ◊   Per la prima volta dopo 75 anni, una donna rabbino è stata ordinata nei giorni scorsi in Germania. Alina Treiger, 31 anni, ha ricevuto l'ordinazione assieme a due colleghi maschi nella sinagoga liberale di Charlottenburg: l'ordinazione di donne rabbino — si ricorda — è accettata soltanto dalle sinagoghe di orientamento riformato. L'evento - riporta L'Osservatore Romano - è stato salutato dal presidente tedesco Christian Wulff, come segnale delle nuove forti radici dell'ebraismo in Germania. Soddisfazione è stata espressa dal presidente del Consiglio centrale degli ebrei tedeschi, Charlotte Knobloch. Alina Treiger, arrivata in Germania dieci anni fa dall'Ucraina, si prenderà cura delle comunità delle città di Oldenburg e Delmenhorst nella Germania settentrionale. È solo da due anni, dopo l’istituzione di appositi corsi accademici, che sono ricominciate le ordinazioni di rabbini in Germania dopo la fine della Seconda Guerra mondiale. La prima e ultima donna rabbino tedesca, Regina Jonas, venne ordinata nel 1935 nella città di Offenbach. Jonas morì all'età di 42 anni nelle camere a gas di Auschwitz, dopo essere stata deportata dal ghetto di Theresienstadt nel 1942. Treiger ha da oggi gli stessi diritti e le stesse responsabilità dei suoi colleghi rabbini, a differenza di Jonas che fu costretta a lottare per farsi riconoscere la sua carica e che comunque riuscì soltanto a ottenere di poter insegnare la religione. Vielen dank, «grazie», ha sospirato per due volte il nuovo rabbino, ricevendo commossa il taled, lo scialle bianco che gli ebrei indossano per la preghiera. Alina ha compiuto gli studi religiosi a Potsdam. «In me — ha dichiarato — convivono tre diverse culture: quelle ebraiche, la tedesca e quella dell’ex Unione Sovietica». Dopo la caduta del muro di Berlino, molti ebrei provenienti dall’Unione sovietica si sono trasferiti in Germania. Attualmente la comunità annovera circa centodiecimila membri. (R.P.)

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    Spagna: è morta a Pamplona la teologa tedesca Jutta Burggraf

    ◊   Jutta Burggraf, docente presso la Facoltà di Teologia dell'Università di Navarra, è morta il 5 novembre scorso a Pamplona a causa della malattia di cui soffriva negli ultimi mesi. La teologa tedesca, nata a Hildesheim nel 1952, era laureata in Psicopedagogia presso l'Università di Colonia (1979) e in Teologia presso l'Università di Navarra (1984). Dal suo arrivo in Navarra, nel 1996, proveniente dall'Istituto Accademico Internazionale di Kerkrade, in Olanda, aveva concentrato la sua attività di ricerca su vari campi, come l'ecumenismo, la teologia della creazione, la teologia della donna e il femminismo, pubblicando vari libri su tali temi. Oltre ad aver scritto più di 20 libri, alcuni dei quali tradotti in varie lingue, è stata codirettrice, insieme ai professori César Izquierdo e Félix María Arocena, del “Dizionario di Teologia”. Ha inoltre collaborato a circa 70 opere collettive e pubblicato più di 70 articoli su riviste specializzate e divulgative, ha partecipato a numerosi simposi e congressi internazionali e ha impartito conferenze in una ventina di Paesi. Era poi coeditrice della rivista tedesca “Mariologisches”, direttrice della collezione “Antropologia” della casa editrice Promesa (Costa Rica), membro del Consiglio Scientifico dell'Internationaler Mariologischer Arbeitskreis Kevelaer (Germania) e membro corrispondente della Pontificia Academia Mariana Internationalis. Nel 1987 era stata nominata da Giovanni Paolo II esperta nel Sinodo Ordinario dei vescovi su “Vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo”, celebrato a Roma. (R.P.)

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    Laici testimoni della fede nel nuovo libro sulla storia del cristianesimo in Corea del Sud

    ◊   Con il titolo “Dentro la Chiesa cattolica della Corea”, l’Istituto di ricerca della storia della Chiesa coreana (Research Institute for Korean Church History), ha pubblicato di recente il primo libro che riassume la storia del cattolicesimo nel Paese dalle prime persecuzioni nel XVIII secolo fino ad oggi. Secondo quanto riferisce Asianews, Il testo presenta, in modo sintetico, il percorso dell’evangelizzazione della Corea dai primi martiri ai nostri giorni. Nella prefazione don Joseph Kim, Seong Tae, direttore dell’istituto, sottolinea il valore del libro per quanti desiderano conoscere la Chiesa cattolica coreana. Nel volume viene dato ampio rilievo anche al ruolo dei laici, mentre invece l’ultima parte del libro tratta della storia moderna , concentrandosi sull’importante ruolo della Chiesa e del cristianesimo nella democratizzazione del Paese. Mons. Andrea Yom, Su Jeong , vescovo ausiliare di Seoul e presidente dell’istituto di ricerca della storia della Chiesa Coreana rivolge ai lettori un invito: “Chiediamoci come avremmo agito da cristiani, se fossimo vissuti in quel tempo di persecuzione”. (C.P.)

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    Inondazioni in Veneto. Il patriarca di Venezia: “Riconsiderare la natura come creato”

    ◊   Una “più approfondita riflessione sul nostro rapporto con l’ambiente”. A chiederlo è il cardinale patriarca di Venezia, Angelo Scola, a seguito delle alluvioni che nei giorni scorsi hanno messo in ginocchio il Veneto provocando due vittime e colpendo in particolare le province di Padova, Verona e Vicenza, mentre si teme una nuova piena del Po. In una nota pubblicata ieri sul sito della diocesi, e ripresa dal Sir, il patriarca scrive: “Davanti alle immagini delle nostre città e campagne venete devastate dall’acqua e ferite dal fango, esprimo la mia vicinanza alle persone che a causa delle alluvioni e inondazioni hanno perso i propri cari e hanno visto le loro case, le loro attività e imprese distrutte o gravemente danneggiate. Mentre l’acqua si ritira – prosegue il cardinale Scola - colgo con i segni della morte e del disastro anche l’emergere di un’espressione autentica di carità operosa che caratterizza l’azione di tante persone, che a diversi livelli, si stanno spendendo senza tregua per aiutare chi è in difficoltà”. Secondo il patriarca, “con l’aiuto di Dio l’esperienza di dolore e di impotenza, come quella che sta provando la nostra Regione, può trasformarsi nell’occasione per riscoprire il valore irrinunciabile delle buone relazioni per la vita in comune e per favorire una più approfondita riflessione sul nostro rapporto con l’ambiente, con il creato”. Occorre, ammonisce il cardinale Scola, “andare oltre due concezioni inadeguate del rapporto uomo-ambiente, inadeguate perché incapaci di rendere conto pienamente dell’esperienza umana: da una parte la pretesa dell’uomo di essere padrone assoluto del cosmo. Dall’altra il concepire la terra solo come qualcosa da conservare”. Di qui l’esortazione finale a “riconsiderare la natura come creato. Essa non è solo un puro insieme di cose, ma ci comunica un preciso significato: l’invito del Creatore a partecipare alla sua stessa attività finché, per il dono del Crocifisso Risorto, entreremo in ‘cieli nuovi e terra nuova’ ”. (M.G.)

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    Macerata: al via il ciclo di concerti per il IV centenario della morte di padre Matteo Ricci

    ◊   “Armonie fra Oriente e Occidente”, è il tema del ciclo di concerti che ha preso il via ieri a Macerata in occasione del IV centenario della morte in Cina di padre Matteo Ricci, il missionario gesuita di origine maceratese. Ad aprire l’iniziativa, in esclusiva nazionale, il concerto al Teatro Lauro Rossi del maestro di liuto cinese Dehai Liu, unica data italiana della tournée europea dell’artista, che ha eseguito un repertorio basato sui poemi di Ricci e sui cantici liturgici del gesuita Joseph-Marie Amiot. Il vescovo della diocesi di Macerata-Tolentino- Recanati-Cingoli-Treia, mons. Claudio Giuliodori, ha sottolineato che è stato lo stesso Liu a volere questo concerto, quasi un “segno della Provvidenza” della responsabilità della diocesi e della città natale di Ricci nel conservarne la memoria ma anche di “continuarne l’opera”. Un secondo appuntamento musicale ci sarà poi il 12 novembre in cattedrale, quando la diocesi, in collaborazione con il Centro culturale San Fedele di Milano, proporrà il concerto “Sounds of the Earth”, eseguito dalla Weltweite Klänge Orchestra di Norimberga diretta dal maestro Luis Szarán. Mons. Giuliodori, ha inoltre annunciato che il ciclo di concerti sarà solo l’inizio di un ricco calendario di eventi per le celebrazioni in onore di padre Matteo Ricci. (M.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Sì degli Usa al seggio permanente dell’India all’Onu: lo annuncia Obama al Parlamento di New Delhi. Forti critiche per le elezioni rubate in Birmania

    ◊   Gli Stati Uniti appoggeranno l’India nella richiesta di un seggio permanente all’Onu. Lo ha annunciato il presidente, Brack Obama, nel discorso al parlamento di New Delhi, durante il quale ha anche ribadito di volere un mondo senza armi nucleari e ha fortemente criticato le elezioni in Birmania definendole "rubate". La visita di Obama ha suscitato le proteste dei maoisti: nelle ultime ore, in due incidenti nello Stato del West Bengala e nel vicino Bihar sono morte cinque persone. Ma torniamo ai pronunciamenti di Obama in questo quinto e ultimo giorno di visita in India, con il servizio di Fausta Speranza

    Il presidente Barack Obama ha annunciato il pieno sostegno degli Stati Uniti all'ingresso dell'India nel Consiglio di sicurezza dell'Onu come membro permanente. “L'ordine internazionale giusto e sostenibile che l'America cerca – ha detto parlando al parlamento indiano – include Nazioni Unite che siano efficienti, efficaci, credibili e legittime”. Dunque, questo è il motivo – ha spiegato – per cui posso dire oggi che per gli anni a venire desideriamo un Consiglio di sicurezza riformato che includa l'India come suo membro permanente”. A proposito di equilibri mondiali, Obama ha detto: “La mia visione è quella di un mondo senza armi nucleari” e per questo bisogna che siano un successo i Trattati di non proliferazione nucleare”. Prima di recarsi nel parlamento di New Delhi, Obama ha ricevuto Sonia Gandhi, presidente del Partito del Congresso al potere e considerata una delle donne più potenti del mondo. Successivamente, Obama ha anche ricevuto Sushma Swaraj, leader in parlamento del Bjp, principale partito dell'opposizione (centro-destra) indiana. Prima ancora, c’era stato il colloquio con il premier Singh, nel quale Obama senza sbilanciarsi si era detto d’accordo sulla necessità che le istituzioni internazionali, compreso l'Onu, riflettano le realtà del 21.mo secolo”. Nell’incontro si era parlato anche di altro: situazione in Kashmir, imprese, lavoro ed economia. L'India ha detto il premier Singh non ha alcun interesse a "rubare" posti di lavoro agli Usa, a proposito della delocalizzazione di alcune industrie statunitensi in Oriente. Anzi: New Delhi e Washington, ha aggiunto, lavoreranno come “partner alla pari". Obama ha difeso l'operato della Federal Reserve di immettere nuova liquidità nei mercati. "Il mio mandato e quello della Fed ha detto il capo della Casa Bianca è quello di far crescere l'economia. Questo non va bene soltanto agli Stati Uniti ha aggiunto ma a tutto il mondo”. Rispondendo inoltre a una domanda sull’annosa questione del Kashmir, Obama ha precisato che Washington non può imporre una soluzione al riguardo, ma solo facilitare il raggiungimento di un’intesa, precisando di ritenere che "sia il Pakistan, sia l'India abbiano interesse a ridurre le tensioni”.

    Gli Usa respingono l’appello di Israele per una minaccia militare “credibile” all’Iran
    Gli Stati Uniti respingono l'appello di Israele che auspica una minaccia militare credibile contro l'Iran per evitare che il Paese si doti di armi nucleari. Lo ha detto il segretario americano alla Difesa, Robert Gates, a Melbourne, in occasione della riunione annuale dei ministri di Esteri e Difesa di Usa e Australia. “Non sarei d'accordo - ha affermato - nel dire che solo una minaccia militare credibile possa convincere l'Iran a prendere misure per mettere fine al suo programma di armi nucleari. Siamo pronti a fare quello che è necessario, ma in questo momento noi continuiamo a pensare che l'approccio economico e politico che abbiamo adottato abbia un impatto effettivo sull'Iran”.

    Iraq: ennesima domenica di violenze per la comunità cristiana di Baghdad
    Una settimana dopo la strage nella chiesa siro-cattolica di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso a Baghdad, costata la vita a 58 persone, la comunità cristiana irachena piange l’uccisione di altri due suoi fratelli. Colpite duramente anche le città sante sciite di Kerbala e Najaf. Il servizio di Marco Guerra:

    Ennesima domenica di sangue per la comunità cristiana irachena, colpita da due distinti agguati avvenuti ieri a Baghdad. Louay Daniel Yacoub, 49 anni, era davanti all’ingresso del suo appartamento, quando sconosciuti lo hanno freddato a colpi d’arma da fuoco. Un altro cristiano è stato ucciso con le stesse modalità, ma di lui non è stata ancora resa nota l’identità, riferiscono fonti locali di AsiaNews, anonime per motivi di sicurezza. Ma questa nuova fiammata di violenza non risparmia nemmeno i cittadini di fede musulmana, come dimostrano i due attentati di oggi nelle città sante sciite di Kerbala e Najaf. Due autobomba hanno causato la morte di almeno 13 persone, fra le quali si contano diversi pellegrini iraniani. Eppure, la scorsa settimana tutta la nazione si era stretta attorno alla comunità cattolica per dire no alle violenze settarie. Lo scorso 5 novembre, durante la preghiera del venerdì, le moschee a Kirkuk hanno condannato il “barbarico attentato” contro la chiesa della capitale. Gli imam sunniti e sciiti della città dell’Iraq del nord hanno chiesto a gran voce che venga preservato il “mosaico iracheno” di etnie e religioni. Gli stessi imam hanno chiesto ai musulmani di proteggere i cristiani, definendoli un “modello di lealtà”. E ieri cristiani di Baghdad hanno assistito alla prima Messa celebrata nella cattedrale siro-cattolica di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, dopo il massacro del 31 ottobre. A Margine della celebrazione il patriarca caldeo di Baghdad, mons. Warduni, ha chiesto nuovamente alla comunità internazionale di aiutare i cristiani iracheni a rimanere nel proprio Paese e a favorire l’integrazione di chi vive oltre confine.

    In questo clima di violenza, a livello politico si attende l’ufficializzazione dell’accordo tra i partiti per la formazione di un governo di unità nazionale, con lo sciita Al Maliki, confermato alla carica di premier, con l’appoggio dell’ex rivale, il sunnita Allawi. Nella città curda di Erbil è in corso il vertice che dovrebbe concludersi con l’annuncio del nuovo esecutivo. Ma quale scenari apre questa fase? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Don Renato Sacco di Pax Cristi, rientrato da poco dall’Iraq:

    R. - Non sono in grado di dire se sarà un governo che davvero cerca la pace. In Iraq ci sono molti interessi: qualcuno vuole quadruplicare l’estrazione del petrolio, e quindi interessi economici, interessi politici di vario genere. Sicuramente è trascorso troppo tempo, da marzo ad oggi, senza un governo, per cui ben venga un esecutivo anche se bisogna vedere se sarà davvero finalizzato al rispetto della democrazia, ad alcuni principi fondamentali, o se invece sarà condizionato in sostanza dai “poteri forti” non solo economici, ma in questo caso anche politici. Resta il fatto che, alla speranza di un governo, si unisce il dolore delle minoranze, in particolare dei cristiani.

    D. - Lei crede che tra le sfide che il nuovo governo deve affrontare, ci sia quella di riuscire a convogliare tutte le etnie, le parti irachene nel sentimento di sentirsi un’unica nazione?

    R. - Io lo spero. Ho qualche dubbio, perché qualcuno lavora per una divisione dell’Iraq in tre: infatti, nella divisione in tre, curdi, sunniti e sciiti, ancora di più le minoranze, ancora più i cristiani, pagheranno la distruzione di questo mosaico. Sarebbe una sconfitta non solo per l’Iraq, ma per tutto il Medio Oriente, darebbe origine ad una valanga che forse non riusciamo ad immaginare. (ma)

    Accordo Usa-Australia: si apre una nuova fase di alleanza
    Le forze armate Usa avranno un maggiore accesso ai porti e alle basi militari australiane, nel quadro di un accordo raggiunto oggi a Melbourne alla riunione ministeriale annuale di Esteri e Difesa, che conferma la volontà di Washington di giocare un ruolo più esteso nella regione dell'Asia-Pacifico. Alla riunione detta Ausmin hanno partecipato il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, nell'ultima tappa di un tour di 10 giorni in sei nazioni nella regione, il segretario alla Difesa, Robert Gates, e i ministri australiani degli Esteri, Kevin Rudd, e della Difesa, Stephen Smith. L'accordo di una nuova fase dell'alleanza prevede fra l'altro più frequenti visite di mezzi della marina e dell'aeronautica Usa e più esercitazioni congiunte, e una revisione dell'utilizzo delle basi in Australia per rifornimenti di mezzi militari. Nel corso dei colloqui, sono state prese in esame la crescita, anche a livello militare, della Cina e la "exit strategy" dall'Afghanistan. Fra gli argomenti in agenda, la cybersicurezza, la lotta al terrorismo e l'uso pacifico dello spazio cosmico.

    Scontri tra esercito birmano e un gruppo ribelle alla frontiera con la Thailandia
    Scontri a fuoco tra l'esercito birmano e la fazione fedele a un generale ribelle di etnia Karen sono scoppiati questa mattina a Myawaddy, alla frontiera con la Thailandia, costringendo circa 10 mila persone a rifugiarsi oltre confine e provocando, secondo fonti raccolte dai siti dell'informazione della diaspora birmana, alcuni morti. I combattimenti coinvolgono dei ribelli Karen che seguono il generale Na Kham Mwe, un dissidente del "Democratic Karen Buddhist Army" (Dkba), che dall'anno scorso non ha accettato la decisione del movimento di entrare a far parte delle "Guardie di confine", il nuovo corpo istituito dalle forze armate birmane nel tentativo di inglobare diversi gruppi ribelli etnici attivi lungo tutto il confine orientale.

    Droni in azione in Yemen contro il terrorismo
    Il ministro degli Esteri yemenita ha confermato alla Cnn che alcuni droni - aerei senza pilota – sono in azione nel suo Paese sotto il controllo dell'esercito di Sanàa. "Gli attacchi dei droni sono condotti dall'Aeronautica yemenita ma scambiamo informazioni di intelligence con gli americani sulla localizzazione dei terroristi", ha detto Abu Bakr Abdullah Al Qirbi all'emittente Usa. Se fosse vero, commenta la Cnn, si tratterebbe di una "rara" concessione degli Usa alle Forze Armate di un Paese straniero. Il ministro ha precisato che gli attacchi sono stati "interrotti in dicembre a causa della possibilità di danni collaterali (vittime civili, ndr)", ma non ha confermato che non ci siano stati attacchi nell'ultimo mese. Ieri, il Washington Post aveva rivelato che gli Stati Uniti hanno deciso di puntare sui droni per attaccare le basi di al Qaeda in Yemen. Le fonti citate dal quotidiano avevano però precisato che i bombardamenti da parte dei velivoli non erano ancora iniziati. Al Qirbi ha confermato che, al momento, i droni vengono utilizzati per operazioni di sorveglianza. Lo Yemen è il Paese dal quale sono partite recentemente le minacce terroristiche più pericolose: il ramo di al Qaeda (l'AQAP), guidato dall'estremista nato in Usa, Anwar al-Awlaki, ha rivendicato i pacchi-bomba sugli aerei ed è responsabile del tentato attentato di Natale su un volo della Delta Airlines.

    Gli Usa chiedono al Sudan di garantire regolarità nei referendum dei prossimi mesi
    Gli Stati Uniti toglieranno il Sudan dalla loro lista degli Stati sponsor del terrorismo già nel luglio 2011 se Khartoum garantirà che due referendum cruciali per il Paese si svolgeranno come previsto il prossimo gennaio e che i risultati delle consultazioni saranno rispettati. Lo hanno riferito fonti politiche americane. Il presidente Usa, Obama, ha avanzato la proposta tramite il senatore, John Kerry, presidente della Commissione esteri del Senato, che ha di recente visitato due volte il Paese africano. Le fonti hanno precisato che le sanzioni imposte dagli Stati Uniti al Sudan per il Darfur non saranno tolte finchè Khartoum non farà progressi per risolvere la drammatica situazione umanitaria nella regione. I due referendum paralleli sono in programma il 9 gennaio prossimo: il primo è sull'autodeterminazione del Sud Sudan, che potrebbe decidere per la secessione; il secondo riguarda la regione petrolifera contesa di Abyei, i cui abitanti devono decidere se restare con il Nord o passare al Sud Sudan. Le due consultazioni erano state decise con l'accordo di pace del 2005, che pose fine a una trentennale guerra civile fra il Nord arabo-musulmano e il Sud cristiano e animista nel più grande Paese africano. Il Dipartimento di Stato Usa ha inserito il Sudan nella lista degli Stati sostenitori del terrorismo nel 1993, accusando Khartoum di dare ospitalità a miliziani integralisti, incluso per un certo periodo il capo di Al Qaida Osama bin Laden.

    Sequestrati due stranieri in Nigeria
    Uomini armati hanno attaccato un impianto petrolifero nello Stato sudorientale nigeriano di Akwa Ibom, sequestrando diverse persone tra le quali due stranieri. Lo riferiscono fonti della sicurezza. L'attacco, è stato precisato, è avvenuto nell'impianto di Okoro. L'area di Akwa Ibom, nel Delta del Niger, è ricchissima di petrolio e gas: tra il 2008 e il 2010 sono stati registrati 100 rapimenti.

    Centodue immigrati irregolari sulle coste della provincia italiana di Crotone
    Sono complessivamente 102 gli immigrati giunti ieri sulle coste in provincia di Crotone, nel sud d’Italia, a bordo di un motoscafo di oltre 20 metri. Polizia, Carabinieri e Guardia di finanza nel corso delle ore hanno rintracciato altri immigrati. Sono stati portati nel centro Sant'Anna di Isola Capo Rizzuto. Gli immigrati sono tutti uomini. Tra loro ci sarebbero sei minorenni.

    In Irlanda il rischio debito sale a nuovi massimi
    Sale a nuovi massimi il rischio default dell’Irlanda per i timori legati al costo del salvataggio del sistema finanziario del Paese: in base ai dati citati dall'agenzia Bloomberg, i credit default swaps (cds) sul debito dell’Irlanda sono aumentati di 28 punti in base al nuovo record di 606 punti. Oggi, il commissario europeo agli Affari economici e monetari, Olli Rehn, è in missione a Dublino per esaminare il piano antideficit del governo e intanto i titoli di Stato irlandesi sono in ribasso per il decimo giorno di fila, come non accadeva da quasi due anni. Appesantito dai timori per i conti pubblici dell’Irlanda, l'euro resta sotto quota 1,39 dollari. La moneta europea è scivolata a 1,3893 dollari contro 1,4032 degli ultimi scambi di venerdì scorso a New York.

    Grecia, il partito socialista vince di un soffio le amministrative
    Il partito socialista greco Pasok ha vinto ieri di un soffio le elezioni amministrative, trasformatesi in referendum nazionale sulla politica del governo, in sette delle tredici mega-regioni, secondo i dati ufficiali su una media del 94% dei voti contati. Il premier, Giorgio Papandreou, si è dichiarato soddisfatto di un risultato che mantiene ancora leggermente in testa il Pasok, dopo un anno di crisi e proteste sociali per i tagli a salari e pensioni. E ha spazzando via l'ipotesi, da lui stesso evocata, di possibili elezioni anticipate in caso di sconfitta. “Il popolo che ci portò al potere un anno fa ha confermato che vuole il cambiamento, e quindi proseguiremo subito per la nostra strada e i nostri obiettivi” ha detto ieri sera Papandreou commentando a caldo i primi risultati. Ma l'opposizione sottolinea il magro risultato, che riduce dal 10% delle politiche al 2,5% il vantaggio del Pasok nei confronti del secondo partito Nuova Democrazia (ND, centrodestra) e fa crescere sensibilmente il Partito comunista (Kke), che supera l'11% contro il 7,5% delle politiche in mezzo ad una forte astensione di circa il 40%. Ciò dimostrerebbe, secondo l'opposizione di destra e di sinistra, che “gli elettori hanno respinto la politica di austerità” varata dal governo insieme a Ue e Fmi.

    In Azerbaigian largamente in testa il partito al potere alle legislative di ieri
    Il partito al potere in Azerbaigian con il presidente Ilham Aliev è largamente in testa alle elezioni legislative svoltesi ieri nel Paese e dovrebbe ottenere almeno 74 dei 125 seggi del parlamento. Lo ha riferito la Commissione elettorale, dopo lo spoglio di oltre l'80% dei voti. I risultati rafforzano il dominio di Aliev e del suo partito Yeni Azerbaigian sulla vita politica del Paese, al termine di elezioni che l'opposizione ha definito non democratiche e macchiate da frodi. I candidati indipendenti hanno ottenuto 36 seggi, secondo i risultati forniti dalla Commissione elettorale centrale. L'alleanza dell'opposizione formata dal Fronte popolare e dal partito Musavat con ogni probabilità non otterrà alcune seggio.

    Per le ultime eruzioni del vulcano Merapi sono morte 158 persone
    Sale a 158 morti il bilancio dell'eruzione del vulcano Merapi nell'isola indonesiana di Giava, iniziata il 26 ottobre scorso. Lo riferisce la Cnn citando fonti mediche locali. Ieri, intanto, dal vulcano si sono prodotte due estese colate piroclastiche, che producono una nuvola di cenere e lapilli che viaggia ad una velocità di 50-300 km/h. Le esplosioni sono state udite fino a 20 km dal vulcano. L'eruzione ha causato nei giorni scorsi la cancellazione di numerosi voli: oggi è previsto il ritorno alla normalità. Singapore Airlines, una delle principali compagnie che operano nell'area, annuncia sul proprio sito che, sulla base dei dati disponibili, tutti i voli in programma "sono confermati".

    Sale a 40 miliardi di dollari il costo per la Bp della marea nera nel Golfo del Messico
    I costi del disastro ecologico della Deepwater Horizone nel Golfo del Messico per la società petrolifera Bp hanno toccato quota 40 miliardi di dollari. Lo ha reso noto la stessa compagnia, comunicando i suoi risultati finanziari per il terzo trimestre dell'anno. La stima dei conti da pagare ha quindi subito un ulteriore rialzo di 7,7 miliardi di dollari rispetto ad una precedente valutazione. La bolletta, secondo Bp, è lievitata a causa dei ritardi nei tentativi di tappare la falla e dei costi elevati delle operazioni di pulizia, insieme alle spese legali. A fine luglio, Bp aveva messo da parte 32,2 miliardi di dollari per coprire i costi delle operazioni di pulizia, portando alla società un buco finanziario record di 17 miliardi di dollari per il secondo trimestre del 2010. Il costo finale del maggiore disastro ambientale potrebbe però salire ancora. La Bp ha spiegato che la bolletta finale di 39,9 miliardi di dollari costituisce “la migliore stima che è possibile effettuare al momento”. Finora, Bp ha pagato 11,6 miliardi di dollari di spese complessive dopo l'incidente, ma deve ancora fare fronte al pagamento di ripuliture, richieste di risarcimento e una probabile multa multimilionaria da parte del governo Usa. Secondo il nuovo amministratore delegato di Bp, Bob Dudley, la società è “sulla strada” della ripresa dal disastro. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 312

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